Da: La mistica citta’ di Dio di suor Maria d’Agreda

CAPITOLO 7 Come l’Altissimo diede inizio alle sue opere

 

Come l’Altissimo diede inizio alle sue opere, creò tutte le cose materiali per l’uomo e gli angeli e gli uomini perché formassero un popolo, di cui il Verbo incarnato fosse capo.

 

80. Causa di tutte le cause, e creatore di tutto quello che esiste, fu Dio. Egli, col potere del suo braccio, volle dare inizio a tutte le sue ammirabili opere ad extra quando e come fu sua volontà. L’ordine e l’inizio di questa creazione viene da Mosè riferito nel primo capitolo del libro della Genesi e poiché il Signore me ne ha dato la comprensione, dirò qui quello che conviene, per indagare sin dal loro principio le opere e i misteri dell’incarnazione del Verbo e della nostra redenzione.

81. Il capitolo primo della Genesi alla lettera dice così: In principio Dio creò il cielo e la terra. Ora la terra era informe e deserta e le tenebre ricoprivano l’abisso e lo spirito di Dio aleggiava sulle acque. Dio disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Dio vide che la luce era cosa buona e separò la luce dalle tenebre e chiamò la luce giorno e le tenebre notte. E fu sera e fu mattina: primo giorno. In questo primo giorno, la Genesi dice che in principio Dio creò il cielo e la terra, perché da ciò il Dio potente incominciò ad operare, stando nel suo essere immutabile e quasi uscendone per creare fuori da se stesso le creature, che in quel momento cominciarono ad esistere in se stesse. E in certo qual modo Dio cominciò a ricrearsi nelle sue creature, quali opere adeguatamente perfette. Inoltre, affinché anche il loro ordine fosse perfettissimo, prima di creare creature intellettuali e razionali, formò il cielo per gli angeli e gli uomini, e la terra, dove i mortali dovevano essere viatori. Tali luoghi erano così proporzionati ai loro fini e così perfetti, che, come dice Davide, i cieli narrano la gloria di Dio e il firmamento e la terra annunziano le opere delle sue mani. I cieli, con la loro armonia, manifestano la magnificenza e la gloria, perché sono deposito del premio preparato per i santi; il firmamento della terra annunzia che devono esservi creature e uomini che l’abitino, innalzandosi per suo mezzo al Creatore. Ma prima di crearli, l’Altissimo volle preparare loro, creandolo, tutto il necessario per questo e per la vita che li avrebbe mandati a vivere, affinché da ogni parte si trovino costretti ad ubbidire e ad amare il loro Creatore e benefattore, e conoscano, per mezzo delle sue opere, l’ammirabile suo nome e le infinite sue perfezioni.

82. Della terra, la Genesi dice che era informe e non lo dice del cielo, perché in esso Dio creò gli angeli nell’istante in cui disse: «Sia la luce!». E la luce fu. Infatti non parla della luce materiale soltanto, ma anche delle luci angeliche e intellettuali. Né volle far più chiara menzione di loro che chiamandoli con questo nome (luci), per l’indole degli ebrei troppo facile ad attribuire la divinità a cose nuove ed altresì inferiori agli spiriti angelici. Tuttavia molto appropriata fu la metafora della luce nell’indicare la natura degli angeli e, misticamente, la luce della scienza e della grazia con cui nella loro creazione furono illuminati. Unitamente al cielo empireo Dio creò la terra, per formare nel suo centro l’inferno, poiché, nell’istante in cui fu creata, per divina disposizione rimasero nel mezzo di questo globo molte profonde e spaziose caverne, adatte per l’inferno, il limbo e il purgatorio. Nell’inferno ad un tempo fu creato fuoco materiale e le altre cose che lì, al presente, servono di pena ai dannati. Il Signore doveva dividere subito la luce dalle tenebre e chiamare la luce giorno, come le tenebre notte. Questo non avvenne solo tra la notte e il giorno naturali, bensì anche tra gli angeli buoni e i cattivi, dando ai buoni, che chiamò giorno, e giorno eterno, l’eterna luce della sua visione; al contrario, chiamò i cattivi notte del peccato, precipitandoli nelle tenebre eterne dell’inferno, affinché comprendiamo tutti quanto nel castigo andarono congiunte la liberal misericordia del Creatore e vivificatore e la giustizia del rettissimo giudice.

83. Gli angeli furono creati nel cielo empireo e nello stato di grazia affinché, per mezzo di essa, il merito precedesse il premio della gloria. Infatti, quantunque fossero nel luogo di tale gloria, tuttavia la Divinità non si era manifestata loro faccia a faccia, né con chiarezza, fino a che, per mezzo della grazia, quelli che obbedirono alla divina volontà lo meritarono. E così questi angeli santi, non altrimenti che gli altri apostati, rimasero assai poco nello stato di viatori, perché la creazione, lo stato e il termine loro consistettero in tre stazioni, divise con qualche intervallo in tre stadi o momenti. Nel primo furono tutti creati e adornati di grazia e doni, restando bellissime e perfette creature. A questo momento seguì una stazione, nella quale a tutti fu proposta e intimata la volontà del loro Creatore e fu loro ordinato di operare riconoscendolo come supremo Signore, adempiendo così al fine per cui li aveva creati. In questa stazione, si verificò, tra san Michele con i suoi angeli e il drago con i suoi, quella grande battaglia, che san Giovanni riporta nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse: gli angeli buoni, perseverando nella grazia, meritarono la felicità eterna, mentre i disobbedienti, levandosi contro Dio, meritarono la pena che scontano.

84. Ora, benché in questa seconda stazione tutto poté succedere molto brevemente, in considerazione della natura angelica e del potere divino, nondimeno intesi che la pietà dell’Altissimo si trattenne alquanto, e con qualche intervallo presentò loro il bene e il male, la verità e la falsità, il giusto e l’ingiusto, la sua grazia ed amicizia e la malizia del peccato e l’inimicizia di Dio, il premio e il castigo eterno, nonché la perdizione per Lucifero e per coloro che lo avessero seguito. Mostrò loro anche l’inferno con le sue pene ed essi lo videro tutto, perché nella loro natura tanto superiore ed eccellente si possono vedere tutte le cose come sono in se stesse, essendo create e limitate, di modo che, prima di decadere dalla grazia, videro chiaramente il luogo del castigo. E sebbene non abbiano conosciuto in egual misura il premio della gloria, tuttavia ebbero di essa un’altra conoscenza e la promessa manifesta ed esplicita del Signore. Con questo l’Altissimo giustificò la sua causa ed operò con somma equità e rettitudine. Ma poiché tutta questa bontà e giustificazione non bastò a trattenere Lucifero e i suoi seguaci, essi furono puniti come pertinaci e precipitati nel profondo delle caverne infernali, mentre i buoni furono confermati in grazia e in gloria eterna. Tutto questo avvenne nel terzo momento, nel quale si conobbe, con tale fatto, che nessuna creatura fuori di Dio è per sua natura impeccabile, dal momento che l’angelo, che la possiede tanto eccellente e che la ricevette adorna con tanti doni di scienza e di grazia, alla fine peccò e fu perduto. Ora, che farà la fragilità umana, se il potere divino non la difende qualora essa lo obblighi ad abbandonarla?

85. Resta da sapere la motivazione di Lucifero e dei suoi seguaci nel loro peccato, motivazione che vado cercando e da cui presero l’occasione per la loro disubbidienza e caduta. Riguardo a ciò compresi che poterono commettere molti peccati secundum reatum, benché non abbiano commesso gli atti di tutti, ma, da quelli che con la loro volontà depravata commisero, rimase loro un’abituale inclinazione per tutti gli atti malvagi, inducendovi altri ed approvando quei peccati che non potevano operare da soli. Per il malvagio desiderio che allora ebbe Lucifero, incorse in un disordinatissimo amore di se stesso; questo gli venne dal vedersi con doni maggiori e con maggiore bellezza di natura e di grazia rispetto a tutti gli altri angeli inferiori. In tale cognizione si trattenne soverchiamente, e la còmpiacenza, che provò di se stesso, lo ritardò e intiepidi nella riconoscenza che doveva al suo Dio, come alla causa unica di tutto quello che aveva ricevuto. E rivolgendosi di nuovo a rimirarsi, si compiacque nuovamente della sua bellezza e delle sue grazie, le attribuì a se stesso e le amò come sue. Questo disordinato amor proprio non solamente lo fece peccare di vanagloria per quello che aveva ricevuto da un’altra superiore virtù, ma altresì lo spinse ad invidiare e a bramare altri doni ed eccellenze altrui, che egli non possedeva. Quindi, non potendole conseguire, concepi un odio ed uno sdegno mortale contro Dio – che lo aveva creato dal niente – e contro tutte le sue creature.

86. Da qui ebbero origine la disobbedienza, la presunzione, l’ingiustizia, l’infedeltà, la bestemmia ed anzi quasi una specie di idolatria, perché desiderò per sé l’adorazione e la riverenza dovute a Dio solo. Bestemmiò la sua grandezza e santità, venne meno alla fede e alla lealtà che doveva e pretese di distruggere tutte le creature e presunse di potere tutto questo e molto di più; ne derivò che la sua superbia cresce sempre e persevera, benché la sua arroganza sia maggiore della sua fortezza, perché in questa non può crescere, mentre nel peccato un abisso chiama un altro abisso. Il primo angelo che peccò fu Lucifero, come consta dal capitolo quattordicesimo di Isaia; egli indusse altri a seguirlo e così si chiama principe dei demoni non già per natura, giacché per essa non poté avere questo titolo, ma per la colpa. D’altra parte quelli che peccarono non furono solamente di una gerarchia o di un ordine, ma furono in molti a cadere.

87. Ora per rendere manifesto, come mi fu dimostrato, quale fu l’onore e l’eccellenza che con tanta superbia bramò e invidiò Lucifero, faccio presente che, come nelle opere di Dio vi fu equità, peso e misura, così, prima che gli angeli si potessero orientare a diversi fini, la sua provvidenza decise di manifestare loro, immediatamente dopo la loro creazione, il fine per cui li aveva creati di una così alta ed eccellente natura. Di tutto ciò ricevettero spiegazione in questa forma: prima ebbero intelligenza molto chiara dell’essere di Dio, uno nella sostanza e trino nelle Persone, e ricevettero ordine di adorarlo e riverirlo come loro creatore e sommo Signore, infinito nel suo essere e nei suoi attributi. A quell’ordine si arresero tutti, seppure con qualche differenza; infatti gli angeli buoni ubbidirono per amore e per un principio di giustizia, assoggettando il loro affetto di buona volontà, ammettendo e credendo ciò che era superiore alle loro forze, e ubbidendo con gioia. Lucifero invece si assoggettò perché gli pareva che fosse impossibile il contrario. Non lo fece dunque con carità perfetta, perché divise la volontà dandone parte a se stesso e parte alla verità infallibile del Signore. Questo fece sì che il precetto gli riuscisse alquanto violento e arduo e che non lo compisse con affetto pieno di amore e di giustizia; così si dispose a non perseverare in esso. Sebbene questa remissione e tiepidezza nell’operare questi primi atti con ritrosia non gli togliesse la grazia, nondimeno di qui cominciò la sua cattiva disposizione, riportandone una certa debolezza nella virtù e svogliatezza nello spirito, tanto che la sua bellezza non rifulse come doveva. L’effetto che questa rilassatezza e difficoltà, a mio parere, procurò in Lucifero, fu somigliante a quello che fa nell’anima un peccato veniale avvertito. Non affermo con questo che abbia allora peccato mortalmente né venialmente, poiché adempì il precetto di Dio, ma questo adempimento fu debole ed imperfetto, e più per esservi spinto dalla forza della ragione che per amore e volontà di ubbidire; così si dispose a cadere.

88. In secondo luogo, Dio manifestò loro che avrebbe creato una natura umana e creature razionali inferiori perché amassero, temessero e riverissero Dio, come loro autore e bene eterno. Manifestò loro che avrebbe molto favorito tale natura, che anzi la seconda Persona della stessa Trinità santissima si sarebbe incarnata e fatta uomo, innalzando la natura umana all’unione ipostatica e alla persona divina e che essi dovevano riconoscere come capo quella persona, uomo e Dio, non solo in quanto Dio, ma anche in quanto uomo; lo avrebbero dovuto riverire e adorare, dovendo essere essi, gli angeli, inferiori a lui in dignità e grazia, e suoi servi. Inoltre fece loro comprendere la convenienza, l’equità, la giustizia e la ragione che c’era in questo, perché era appunto l’accettazione dei meriti previsti di quell’uomo-Dio che aveva loro meritato la grazia che possedevano e la gloria che avrebbero posseduto; per la sua gloria essi stessi erano stati creati e sarebbero state create le altre creature, dovendo egli essere a tutte superiore e dovendo, quelle che fossero capaci di conoscere e godere Dio, essere tutte popolo e membra di quel capo per riconoscerlo e riverirlo. Tutto questo, senza indugio, fu ordinato agli angeli.

89. A tale comando tutti gli angeli ubbidienti e santi si arresero e prestarono ossequioso assenso, con umile ed amoroso affetto e con tutta la loro volontà. Ma Lucifero con superbia ed invidia oppose resistenza e provocò gli angeli suoi seguaci perché facessero altrettanto, come di fatto fecero, seguendo lui e disobbedendo al divino mandato. Il reo principe li persuase che sarebbe stato loro capo e che avrebbe costituto un principato indipendente e separato da Cristo. L’invidia e la superbia poterono causare in un angelo tanta cecità e un affetto così disordinato da essere origine e contagio, perché si comunicasse a tanti altri il peccato.

90. Qui segui la grande battaglia, di cui san Giovanni parla, che avvenne nel cielo. Poiché gli angeli obbedienti e santi, con ardente zelo di difendere la gloria dell’Altissimo e l’onore del Verbo contemplato già nella sua incarnazione, chiesero il permesso e il beneplacito al Signore per resistere e opporsi al drago e fu loro concesso. In questo, peraltro, si compì un nuovo mistero: quando a tutti gli angeli si propose di ubbidire al Verbo incarnato, si diede loro un terzo precetto, in forza del quale dovevano ritenere ugualmente superiore una donna, nelle membra della quale avrebbe assunto la natura umana l’Unigenito del Padre. Tale donna sarebbe stata loro regina e padrona di tutte le creature, distinta e avvantaggiata nei doni di grazia e di gloria più di tutte le creature angeliche ed umane. Gli angeli buoni, obbedendo a questo precetto del Signore, accrebbero la loro umiltà, per cui non solo lo accolsero, ma lodarono anche il potere e i misteri dell’Altissimo. Non così Lucifero e i suoi compagni: essi, per questo precetto e mistero, si levarono in superbia e in vanità anche maggiori, a tal punto che, disordinatamente furibondo, egli bramò per se stesso il privilegio di essere capo di tutta la stirpe umana e di tutti gli ordini angelici; e se ciò fosse avvenuto mediante l’unione ipostatica, che questa si operasse in lui stesso.

91. Quanto all’essere inferiore alla Madre del Verbo incarnato e signora nostra, vi si oppose con orrende bestemmie, prorompendo in uno sdegno sfrenato contro l’Autore di così grandi meraviglie. Di conseguenza, provocando anche gli altri, questo drago diceva loro: «Questi ordini sono ingiusti e si fa affronto alla mia grandezza; però questa natura a cui tu, Signore, guardi con tanto amore e che ti proponi di favorire tanto, io la perseguiterò e distruggerò, e in questo impiegherò il mio potere e la mia cura. Io precipiterò questa donna, Madre del Verbo, dallo stato in cui tu prometti di porla e nelle mie mani dovrà perire il tuo intento».

92. Questo superbo vaneggiare irritò il Signore al punto che, umiliando Lucifero, gli disse: «Questa donna, che tu non hai voluto rispettare, sarà quella che ti schiaccerà il capo, e da lei sarai vinto ed annientato. Infatti, se per la tua superbia facesti entrare la morte nel mondo, per l’umiltà di questa donna vi entrerà la vita e la salvezza di tutti i mortali; questi godranno il premio e la corona, che tu e i tuoi seguaci avete perduto». Ciononostante, a tutto questo il drago replicava con sdegnosa superbia contro quanto intendeva della divina volontà e dei suoi decreti e minacciava tutto il genere umano. Per questo gli angeli buoni, conoscendo il giusto sdegno dell’Altissimo contro Lucifero e i suoi apostati, con le armi dell’intelletto, della ragione e della verità combatterono contro di loro.

93. Un altro mirabile mistero operò qui l’Onnipotente. Manifestato per intelligenza a tutti gli angeli il grande mistero dell’unione ipostatica, mostrò loro la santissima Vergine in un segno, o figura, a somiglianza delle nostre visioni immaginarie, secondo il nostro modo d’intendere. E così presentò e fece conoscere loro la natura umana pura in una perfettissima donna, nella quale il braccio potente dell’Altissimo doveva rendersi più ammirabile che in tutto il resto delle creature, perché in lei depositava le grazie e i doni della sua destra in grado superiore ed eminente.

Questo segno, ossia questa visione della Regina del cielo e madre del Verbo incarnato, fu noto e manifesto a tutti gli angeli, sia buoni che cattivi. I buoni a quella vista ammutolirono di ammirazione, prorompendo in cantici di lode, e fin da allora cominciarono a difendere l’onore del Dio incarnato e della sua Madre santissima, armati di questo ardente zelo e dello scudo inespugnabile di quel segno. Il drago e i suoi alleati, invece, concepirono un implacabile furore e odio contro Cristo e la sua santissima Madre; avvenne così tutto ciò che si trova nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse, la cui spiegazione esporrò, come mi fu data, nel capitolo che segue.

 

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