Commento al Vangelo di Giovanni di S. Agostino

 

OMELIA 8
 Le nozze di Cana

Invitato, il Signore è andato alle nozze. Nessuna meraviglia che sia andato alle nozze in Cana di Galilea, lui che è venuto alle nozze in questo mondo. Il Verbo è lo sposo, e la carne umana è la sposa.

  1. Il miracolo con cui nostro Signore Gesù Cristo cambiò l’acqua in vino, non sorprende se si considera che fu Dio a compierlo. Infatti, chi in quel banchetto di nozze fece comparire il vino in quelle sei anfore che aveva fatto riempire di acqua (Gv 2, 6-11), è quello stesso che ogni anno fa ciò nelle viti. Quel che i servi avevano versato nelle anfore, fu cambiato in vino per opera del Signore, come per opera del medesimo Signore si cambia in vino ciò che cade dalle nubi. Se questo non ci meraviglia, è perché avviene regolarmente ogni anno: la regolarità con cui avviene impedisce la meraviglia. Eppure questo fatto meriterebbe maggior considerazione di quanto avvenne dentro le anfore piene d’acqua. Come è possibile, infatti, osservare le risorse che Dio dispiega nel reggere e governare questo mondo, senza rimanere ammirati e come sopraffatti da tanti prodigi? Che meraviglia, ad esempio, e quale sgomento prova chi considera la potenza anche d’un granello di un qualsiasi seme! Ma siccome gli uomini, ad altro intenti, trascurano di considerare le opere di Dio, e trarne argomento di lode quotidiana per il Creatore, Dio si è come riservato di compiere alcune cose insolite, per scuotere gli uomini dal loro torpore e richiamarli al suo culto con nuove meraviglie. Risuscita un morto, e tutti rimangono meravigliati; eppure ogni giorno ne nascono tanti, e nessuno ci bada. Ma se consideriamo più attentamente, è un miracolo più grande creare ciò che non era, che risuscitare ciò che era. Ed è il medesimo Dio, Padre del Signore nostro Gesù Cristo, che compie tutte queste cose per mezzo del suo Verbo, e lui che le ha create, le regge. I primi miracoli li ha fatti per mezzo del suo Verbo, che è presso di lui e Dio egli stesso; gli altri per mezzo del suo Verbo incarnato e fatto uomo per noi. Come ammiriamo le cose fatte per mezzo di Gesù uomo, così dobbiamo ammirare quelle fatte per mezzo di Gesù Dio. Per mezzo di lui sono stati fatti il cielo e la terra, il mare, ogni ornamento del cielo, l’ubertà della terra, la fecondità del mare: tutte queste cose che ci circondano sono state fatte per mezzo di Gesù Dio. Noi contempliamo queste cose, e se in noi c’è il suo Spirito, ci piacciono e c’invitano a lodare l’artefice; eviteremo così di volgerci a queste opere allontanandoci dal loro artefice o di rivolgere, per così dire, il volto a queste creature voltando le spalle al loro creatore.
  2. Queste sono le cose che vediamo e che tocchiamo con mano; ma che dire di quelle che non vediamo, come sono gli Angeli, le Potestà, le Virtù, le Dominazioni, ogni abitante di quella dimora sopraceleste, che non ci è dato di vedere? Sebbene anche gli angeli, all’occorrenza, siano apparsi agli uomini. Non è Dio che, sempre per mezzo del suo Verbo, cioè del suo Figlio Unigenito nostro Signore Gesù Cristo, ha creato tutti questi esseri? La stessa anima umana, che non si vede e che mediante le sue manifestazioni nella carne riempie di ammirazione chi ben la consideri, da chi è stata fatta se non da Dio? e per mezzo di chi è stata fatta, se non per mezzo del Figlio di Dio? Né parlo soltanto dell’anima dell’uomo: guardate l’anima di un qualsiasi animale, come regge il suo corpo! Rende attivi tutti i sensi: gli occhi per vedere, le orecchie per udire, le narici per fiutare, il gusto per discernere i sapori, le membra stesse, infine, per compiere le loro funzioni. Forse che tutto questo lo compie il corpo, e non invece l’anima che abita nel corpo? Non si vede con gli occhi, e tuttavia la sua attività suscita ammirazione. Si rivolga ora in particolare l’attenzione all’anima dell’uomo, cui Dio ha accordato la capacità di conoscere il suo Creatore, di discernere e distinguere il bene dal male, il giusto da ciò che non è giusto: che cosa non compie essa per mezzo del corpo! Osservate l’ordine che regna nell’universo della società umana: l’ordinamento amministrativo, la gerarchia dei poteri, le istituzioni, le leggi, i costumi, le arti. È l’anima che compie tutto, e nessuno vede la potenza dell’anima. Appena viene sottratta al corpo, questo giace cadavere; finché gli è unita, è come se ne impedisse la corruzione, come se lo imbalsamasse. Ogni carne, difatti, è corruttibile e si decompone, se non viene conservata e sostentata dall’anima. Ma questo potere lo ha anche l’anima dei bruti. Più mirabili sono le cose che ho detto prima, quelle che son proprie dello spirito e dell’intelligenza, dove l’uomo, che fu fatto a immagine del suo Creatore (cf. Col 3, 10), secondo questa immagine è rinnovato. Quale sarà la potenza dell’anima, quando anche questo nostro corpo si sarà rivestito dell’incorruttibilità e, mortale qual’è si sarà rivestito dell’immortalità (cf. 1 Cor 15, 53)? Se tanto è il suo potere anche servendosi della carne corruttibile, che cosa non potrà quando, in seguito alla resurrezione dei morti, potrà servirsi d’un corpo spirituale? Quest’anima, tuttavia, di natura e sostanza mirabili, invisibile e intelligibile com’è, è stata fatta anch’essa per mezzo di Gesù Dio, poiché egli è il Verbo di Dio, e le cose tutte furono fatte per mezzo di lui, e senza di lui nulla fu fatto (Gv 1, 3).

La sobria ebbrezza

  1. Di fronte a tanti prodigi compiuti per mezzo di Gesù Dio, c’è da meravigliarsi se l’acqua è mutata in vino per mezzo di Gesù uomo? Diventando uomo, egli non ha cessato di essere Dio: si è aggiunto l’uomo, non è venuto meno Dio. Chi ha compiuto questo prodigio è colui che ha creato tutte le cose. Non dobbiamo meravigliarci che Dio abbia fatto questo, ma piuttosto ringraziarlo perché lo ha fatto in mezzo a noi, e per la nostra salvezza. Attraverso le stesse circostanze egli ci vuole suggerire qualcosa, poiché ritengo che non senza una ragione il Signore intervenne alle nozze. A parte il miracolo, il contesto stesso adombra qualche mistero, qualche sacramento. Bussiamo perché ci apra e c’inebri del vino invisibile. Anche noi eravamo acqua e ci ha convertiti in vino, facendoci diventare sapienti; gustiamo infatti la sapienza che viene dalla fede in lui, noi che prima eravamo insipienti. Credo sia proprio mediante la sapienza – non disgiunta dall’onore reso a Dio, dalla lode della sua maestà e dall’amore della sua potentissima misericordia – è proprio mediante la sapienza che potremo pervenire all’intelligenza spirituale di questo miracolo.

Lo sposo avanza

  1. Invitato, il Signore si reca ad un festino di nozze. C’è da meravigliarsi che vada alle nozze in quella casa, lui che è venuto a nozze in questo mondo? Se non fosse venuto a nozze, non avrebbe qui la sposa. E che senso avrebbero allora le parole dell’Apostolo: Vi ho fidanzati ad uno sposo unico, come una vergine pura da presentare a Cristo? Che cosa teme l’Apostolo? Che la verginità della sposa di Cristo venga corrotta dall’astuzia del diavolo. Temo – dice – che come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall’amore sincero e casto verso Cristo. Il Signore ha qui, dunque, una sposa che egli ha redento col suo sangue, e alla quale ha dato come pegno lo Spirito Santo (2 Cor 11, 2-3; 1, 22). L’ha strappata alla tirannia del diavolo, è morto per le sue colpe, è risuscitato per la sua giustificazione (cf. Rm 4, 25). Chi può offrire tanto alla sua sposa? Offrano pure gli uomini quanto c’è di meglio al mondo: oro, argento, pietre preziose, cavalli, schiavi, ville, possedimenti: ci sarà forse qualcuno che può offrire il suo sangue? Se uno offrisse il suo sangue per la sposa, come potrebbe sposarla? Il Signore invece affronta serenamente la morte, dà il suo sangue per colei che sarà sua dopo la risurrezione, colei che già aveva unito a sé nel seno della Vergine. Il Verbo, infatti, è lo sposo e la carne umana è la sposa; e tutti e due sono un solo Figlio di Dio, che è al tempo stesso figlio dell’uomo. Il seno della vergine Maria è il talamo dove egli divenne capo della Chiesa, e donde avanzò come sposo che esce dal talamo, secondo la profezia della Scrittura: Egli è come sposo che procede dal suo talamo, esultante come campione nella sua corsa (Sal 18, 6). Esce come sposo dalla camera nuziale e, invitato, si reca alle nozze.
  2. Non è certo senza un motivo recondito che egli sembra non riconoscere la madre, dalla quale era uscito come sposo, quando le dice: Che c’è tra me e te, o donna? La mia ora non è ancora giunta (Gv 2, 4). Cosa significano queste parole? Ha forse presenziato alle nozze per insegnarci a disprezzare la madre? Era andato alle nozze d’un uomo che prendeva moglie per generare dei figli, e che certamente aspirava ad essere onorato dai figli che avrebbe generato. E Gesù avrebbe partecipato alle nozze per mancare di rispetto alla madre, mentre le nozze vengono celebrate e ci si sposa per avere dei figli, ai quali Dio comanda di rendere onore ai genitori? Certamente, fratelli, c’è qui nascosto un mistero. E si tratta di cosa tanto importante che taluni – contro cui, come già abbiamo ricordato, ci ha messo in guardia l’Apostolo dicendo: Temo che, come nel caso di Eva, il serpente nella sua astuzia corrompa i vostri sentimenti, deviandoli dall’amore sincero e casto verso Gesù Cristo (2 Cor 11, 3) – i quali, contraddicendo il Vangelo, sostengono che Gesù Cristo non è nato da Maria Vergine, credono d’aver trovato una conferma al loro errore proprio in queste parole del Signore. Come poteva essere sua madre – essi dicono – colei alla quale Cristo disse: Che c’è tra me e te, o donna? Bisogna rispondere a costoro spiegando il significato della frase del Signore, affinché non credano d’aver trovato, sragionando, un argomento contro la fede, che corrompa la purezza della sposa vergine, cioè la fede della Chiesa. E davvero si corrompe, o fratelli, la fede di coloro che preferiscono la menzogna alla verità. Costoro infatti che credono di onorare Cristo negando la realtà della sua carne, lo fanno passare per bugiardo. Coloro che costruiscono negli uomini la menzogna, che altro eliminano da essi se non la verità? Vi introducono il diavolo e ne escludono Cristo; vi fanno entrare l’adultero e ne fanno uscire lo sposo. Sono paraninfi o, meglio, agenti del diavolo: con le loro parole aprono la porta al diavolo e scacciano Cristo. In che modo il serpente s’impossessa dell’uomo? Facendo sì che l’uomo ceda alla menzogna. Quando la menzogna domina, domina il serpente; quando la verità domina, domina Cristo. Egli infatti ha detto: Io sono la verità (Gv 14, 6); del diavolo invece ha detto: Non rimase nella verità, perché in lui non c’è verità (Gv 8, 44). Ora, Cristo è talmente la verità che tutto in lui è vero: Egli è il vero Verbo, Dio uguale al Padre, vera anima, vera carne, vero uomo, vero Dio; vera è la sua nascita, vera la sua passione, la sua morte, la sua risurrezione. Se neghi una sola di queste verità, entra il marcio nella tua anima, il veleno del diavolo genera i vermi della menzogna, e nulla rimarrà integro in te.
  3. Qual è, dunque, il significato della frase del Signore: Che c’è tra me e te, donna? Forse in ciò che segue il Signore ci mostra perché si è espresso così: Non è ancora giunta la mia ora. Questa è, infatti, l’intera frase: Che c’è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Cerchiamo di capire perché si è espresso così. Prima, però, confutiamo gli eretici. Che cosa dice l’inveterato serpente, l’antico istigatore e iniettatore di veleni? Che cosa dice? Che Gesù non ebbe per madre una donna. Come puoi provarlo? Con le parole, tu mi dici, del Signore: Che c’è tra me e te, donna? Ma, rispondo, chi ha riportato queste parole, perché possiamo credere che davvero si sia espresso così? Chi? L’evangelista Giovanni. Ma è proprio l’evangelista Giovanni che ha detto: E la madre di Gesù si trovava là. Questo è infatti il suo racconto: Il terzo giorno in Cana di Galilea si celebrò un festino di nozze, e la madre di Gesù si trovava là. Alle nozze fu invitato anche Gesù con i suoi discepoli (Gv 2, 1-2). Abbiamo qui due affermazioni dell’evangelista. Egli dice: la madre di Gesù si trovava là; ed egli stesso riferisce le parole di Gesù a sua madre. Affinché voi possiate custodire la verginità del cuore di fronte alle insinuazioni del serpente, notate, o fratelli, come nel riferire la risposta di Gesù a sua madre, l’evangelista cominci col dire: Sua madre gli dice… Nella medesima narrazione, nel medesimo Vangelo, il medesimo evangelista riferisce: La madre di Gesù si trovava là, e: Sua madre gli disse. Di chi è questa narrazione? Dell’evangelista Giovanni. E che cosa Gesù risponde alla madre? Che c’è tra me e te, o donna? Ed è lo stesso evangelista Giovanni a narrarcelo. O evangelista fedelissimo e veracissimo, tu mi racconti che Gesù disse a sua madre: Che c’è tra me e te, donna? Perché hai dato l’appellativo di madre a colei che non riconosce tale? Tu infatti hai detto che là si trovava la madre di Gesù, e che sua madre gli disse… Perché non hai detto piuttosto: Là si trovava Maria, e Maria gli disse? Tu riferisci tutte e due le espressioni: e sua madre gli disse, e Gesù le rispose: Che c’è tra me e te, donna? Perché questo, se non perché tutte e due le espressioni sono vere? Gli eretici, invece, credono all’evangelista quando narra che Gesù disse a sua madre: Che c’è tra me e te, donna?, e non vogliono credere all’evangelista che riferisce: Là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse… Ebbene, chi è che resiste al serpente e custodisce la verità, e la cui integrità spirituale non è violata dall’astuzia del diavolo? Certamente chi ritiene vere ambedue le cose: che là si trovava la madre di Gesù, e che Gesù rispose a sua madre in quel modo. Se ancora non riesci a capire come mai Gesù abbia risposto: Che c’è tra me e te, donna?, tuttavia credi che Gesù ha detto queste parole, e che le ha dette a sua madre. Se la fede è fondata sulla pietà, anche l’intelligenza raccoglierà il suo frutto.

Cercate la verità senza polemizzare

  1. Domando a voi, fedeli cristiani: C’era la madre di Gesù alle nozze? Voi rispondete che c’era. Come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che cosa rispose Gesù a sua Madre? Voi dite: Che c’è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. E anche questo come lo sapete? Voi rispondete: Lo dice il Vangelo. Che nessuno vi corrompa questa fede, se volete conservare per lo sposo una casta verginità. Se poi qualcuno vi domanda perché Gesù rispose così a sua madre, parli chi è riuscito a capire; e chi non è ancora riuscito a capire, creda fermissimamente che Gesù ha dato questa risposta, e l’ha data a sua madre. Questo spirito di pietà gli otterrà anche di capire il senso di quella risposta, se busserà pregando, e non si accosterà alla porta della verità solo discutendo. Soltanto eviti, mentre ritiene di sapere o si vergogna di non sapere il motivo di quella risposta, di ridursi a credere che l’evangelista riferendo che là si trovava la madre di Gesù, ha mentito; oppure che Cristo ha sofferto per le nostre colpe una morte fittizia, ha mostrato per la nostra giustificazione false cicatrici, ed ha affermato il falso quando disse: Se voi rimanete nella mia parola, siete veramente miei discepoli; e conoscerete la verità, e la verità vi farà liberi (Gv 8, 31-32). Perché se la madre è fittizia, fittizia è la carne, fittizia è la morte, fittizie le ferite della passione, fittizie le cicatrici della risurrezione; allora non sarà la verità a liberare quelli che credono in lui, ma piuttosto la falsità. E invece la falsità ceda il passo alla verità, e siano confusi tutti quelli che vorrebbero sembrare veraci proprio mentre si sforzano di dimostrare che Cristo è menzognero, e non vogliono sentirsi dire: – Non vi crediamo perché mentite -, mentre loro vanno dicendo che la verità stessa ha mentito. Se poi domandiamo a costoro come fanno a sapere che Cristo ha detto: Che c’è tra me e te, donna?, essi rispondono che hanno creduto al Vangelo. Ma perché allora non credono al Vangelo, quando dice: là si trovava la madre di Gesù, e sua madre gli disse…? Che se dicendo questo il Vangelo mentisce, come gli si può credere quando riferisce le parole di Gesù: Che c’è tra me e te, donna? Non farebbero molto meglio, questi miserabili, a credere sinceramente che il Signore ha dato questa risposta a sua madre e non ad una estranea? e cercare religiosamente il senso di questa risposta? C’è infatti una grande differenza tra chi dice: – Vorrei sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, e chi dice: – Io so che questa risposta Cristo non l’ha data a sua madre -. Altro è voler chiarire ciò che è oscuro, altro è rifiutare di credere ciò che è chiaro. Chi dice: – Voglio sapere perché Cristo ha risposto così a sua madre -, desidera gli sia chiarito il Vangelo, al quale crede; chi invece dice: – So che Cristo non ha dato questa risposta a sua madre -, accusa di menzogna il Vangelo, dal quale ha appreso che Cristo ha risposto così.

Fede e intelligenza

  1. E adesso, fratelli, che abbiamo risposto a costoro, che nella loro cecità son destinati a rimanere nell’errore fin quando umilmente accetteranno di essere guariti, se volete, noi cercheremo di sapere perché nostro Signore abbia risposto in quel modo a sua madre. Caso unico, egli è nato dal Padre senza madre, dalla madre senza padre: senza madre come Dio, senza padre come uomo; senza madre prima dei tempi, senza padre nella pienezza dei tempi. Questa risposta l’ha data proprio a sua madre, perché là c’era la madre di Gesù, e la madre di Gesù gli disse… Tutto questo lo dice il Vangelo. Dal Vangelo sappiamo che là c’era la madre di Gesù, e dallo stesso Vangelo sappiamo che Gesù disse a sua madre: Che c’è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora. Crediamo tutto, e mettiamoci a cercare ciò che ancora non abbiamo capito. E anzitutto state attenti che, come i manichei han trovato pretesto alla loro incredulità nel fatto che il Signore disse: Che c’è tra me e te, donna?, così gli astrologhi non trovino pretesto per la loro ciarlataneria nel fatto che il Signore disse: Non è ancora giunta la mia ora. Se il Signore ha detto questo nel senso degli astrologi, noi abbiamo commesso un sacrilegio bruciando i loro scritti. Se, invece, abbiamo fatto bene, seguendo il costume del tempo degli Apostoli (cf. At 19, 19), è perché le parole del Signore: Non è ancora giunta la mia ora, non sono da interpretare nel senso che pretendono loro. Infatti, questi ciarlatani, sedotti e seduttori, vanno dicendo: Come vedete, Cristo era soggetto al fato, poiché dice: Non è ancora giunta la mia ora. A chi risponderemo prima: agli eretici, o agli astrologi? Sia gli uni che gli altri provengono dal serpente, e si propongono di violare la verginità spirituale della Chiesa, che consiste nell’integrità della sua fede. Se volete, prima rispondiamo a coloro ai quali per primi mi sono riferito, ai quali peraltro in gran parte abbiamo già risposto. Ma affinché non pensino che noi non sappiamo che dire in merito alla risposta che il Signore ha dato a sua madre, vi vogliamo documentare meglio contro di loro; perché, a confutarli, credo bastino le cose già dette.
  2. Perché dunque il figlio ha detto alla madre: Che c’è tra me e te, donna? Non è ancora giunta la mia ora? Nostro Signore Gesù Cristo era Dio e uomo. Come Dio non aveva madre, come uomo l’aveva. Maria, quindi, era madre della carne di lui, madre della sua umanità, madre della debolezza che per noi assunse. Ora, il miracolo che egli stava per compiere, era opera della sua divinità, non della sua debolezza: egli operava in quanto era Dio, non in quanto era nato debole. Ma la debolezza di Dio è più forte degli uomini (1 Cor 1, 25). La madre esigeva un miracolo ed egli, accingendosi a compiere un’opera divina, sembra insensibile ai sentimenti di tenerezza filiale. È come se dicesse: Quel che di me compie il miracolo, non l’hai generato tu: tu non hai generato la mia divinità; ma siccome hai generato la mia debolezza, allora ti riconoscerò quando questa mia infermità penderà dalla croce. È questo il senso della frase: Non è ancora giunta la mia ora. Sulla croce riconobbe la madre, lui che da sempre la conosceva. Conosceva sua madre prima di nascere da lei, quando la predestinò; e prima di creare, come Dio, colei della quale come uomo sarebbe stato creatura. Tuttavia, in una certa ora misteriosamente non la riconosce, e poi in un’altra ora, che ancora doveva venire, di nuovo misteriosamente la riconosce. La riconobbe nell’ora in cui stava morendo ciò che ella aveva partorito. Moriva, infatti, non il Verbo per mezzo del quale Maria era stata creata, ma la carne che Maria aveva plasmato; non moriva Dio che è eterno, ma la carne che è debole. Con quella risposta, dunque, il Signore vuole aiutare i credenti a distinguere, nella loro fede, la sua persona dalla sua origine temporale. È venuto per mezzo di una donna, che gli è madre, lui che è Dio e Signore del cielo e della terra. In quanto Signore del mondo, Signore del cielo e della terra, certamente egli è anche Signore di Maria; in quanto creatore del cielo e della terra, è anche creatore di Maria; ma in quanto nato da donna e fatto sotto la legge (Gal 4, 4) – secondo l’espressione dell’Apostolo -, egli è il figlio di Maria. È ad un tempo Signore e figlio di Maria, ad un tempo creatore e creatura di Maria. Non meravigliarti del fatto che è ad un tempo figlio e Signore: Vien detto figlio di Maria come vien detto figlio di Davide, ed è figlio di Davide perché è figlio di Maria. Ascolta la testimonianza esplicita dell’Apostolo: Egli è nato dalla stirpe di Davide secondo la carne (Rm 1, 3). Ma egli è altresì il Signore di Davide. È lo stesso Davide che lo afferma. Ascolta: Parola del Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra (Sal 109, 1). Gesù pose i Giudei di fronte a questa testimonianza, e con essa li ridusse al silenzio. Come dunque egli è insieme figlio e Signore di Davide (Mt 22, 45), figlio secondo la carne e Signore secondo la divinità, così è figlio di Maria secondo la carne e Signore di Maria secondo la maestà. E poiché Maria non era madre della divinità, e il miracolo che ella chiedeva doveva compiersi in virtù della divinità, per questo disse: Che c’è tra me e te, donna? Non credere però, o Maria, che io voglia rinnegarti come madre; gli è che non è ancora giunta la mia ora; allora, quando l’infermità di cui sei madre penderà dalla croce, io ti riconoscerò. Ecco la prova di questa verità. Narrando la passione del Signore, il medesimo evangelista, che conosceva la madre del Signore e che come tale ce l’ha presentata in queste nozze, dice così: Stava là, presso la croce, la madre di Gesù, e Gesù disse a sua madre: Donna, ecco tuo figlio; poi al discepolo: Ecco tua madre (Gv 19, 25-27). Affida la madre al discepolo; affida la madre, egli che stava per morire prima di lei e che sarebbe risorto prima che ella morisse: egli, uomo, raccomanda ad un uomo una creatura umana. Ecco la natura umana che Maria aveva partorito. Era venuta l’ora alla quale si riferiva quando aveva detto: Non è ancora giunta la mia ora.
  3. Mi pare che abbiamo risposto sufficentemente agli eretici; rispondiamo ora, fratelli, agli astrologi. Che prova adducono, costoro, per convincere che Gesù era soggetto al fato? La parola stessa del Signore: Non è ancora giunta la mia ora; e noi – continuano – crediamo alla sua parola. Se egli avesse detto: “Non ho alcuna ora”, avrebbe liquidato gli astrologi; e invece egli ha detto: Non è ancora giunta la mia ora. Ripeto, se avesse detto: “Non ho alcuna ora”, avrebbe liquidato gli astrologi, e le loro calunnie sarebbero senza fondamento; ma siccome ha detto: Non è ancora giunta la mia ora, che possiamo opporre alle loro parole? È davvero strano che gli astrologi ricorrano alle parole di Cristo per convincere i cristiani che Cristo visse soggetto ad un’ora fatale. Allora credano a Cristo quando dice: Ho il potere di dare la mia vita, per riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la do da me, e di nuovo la riprendo (Gv 10, 18). Anche questo potere, forse, è soggetto al fato? Mi mostrino un uomo che abbia il potere di morire quando vuole, di vivere quanto gli pare; non me lo potranno mostrare. Credano dunque a Dio che dice: Ho il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo; e cerchino di capire la frase: Non è ancora giunta la mia ora, e di conseguenza non assoggettino al fato il Creatore del cielo, il Creatore e ordinatore degli astri. Se esistesse questo fato che viene dagli astri, il Creatore degli astri non potrebbe essere soggetto al loro influsso. Aggiungi, che non solo Cristo non fu soggetto al fato: ma neppure tu, né io, né quello lì, né alcun uomo.
  4. Essi tuttavia, sedotti seducono, e spacciano i loro errori, tentando di accalappiare gli uomini perfino nelle pubbliche piazze. Coloro che tendono lacci per catturare le belve, lo fanno nelle foreste o in luoghi deserti: come sono da compiangere quei semplicioni che si lasciano accalappiare perfino nelle piazze! Quando un uomo si vende ad un altro, viene pagato; costoro, invece, pagano per vendersi alle menzogne. Ricorrono all’astrologo per comprarsi dei padroni, quelli che all’astrologo piacerà loro assegnare: Saturno, Giove, Mercurio, o altro nome sacrilego. Quest’uomo è entrato libero, ed ha pagato per uscire schiavo. Veramente, se fosse stato libero non sarebbe entrato; è entrato dove lo hanno spinto quei tiranni che sono l’errore e la cupidigia. Per questo la Verità dice: Chi commette il peccato, diventa schiavo del peccato (Gv 8, 34).

Il capo e il corpo

  1. Perché dunque il Signore ha detto: Non è ancora giunta la mia ora? Soprattutto perché essendo in suo potere morire quando avesse voluto, giudicava che ancora non era giunto il momento di usare tale potere. Anche noi, o fratelli, ci esprimiamo in modo analogo quando, ad esempio, diciamo: È giunta l’ora di andare a celebrare i divini misteri. Se vi andassimo prima del tempo, dimostreremmo di essere precipitosi e intempestivi. Ma per il fatto che non operiamo se non al momento opportuno, si dirà perciò che compiendo queste azioni ed esprimendoci in questo modo, noi teniamo conto del fato? Che significa dunque: Non è ancora giunta la mia ora? Non è ancora giunta l’ora in cui ritengo opportuno patire, in cui ritengo utile la mia passione; quando sarà giunto il momento, allora patirò volontariamente. Devi tener conto dell’affermazione: Non è ancora giunta la mia ora; e dell’altra: Ho il potere di dare la mia vita, e di riprenderla di nuovo. Egli era venuto col potere di morire quando avesse voluto. Se però fosse morto prima di scegliere gli Apostoli, certamente la sua morte sarebbe stata prematura; se fosse stato uno che non potesse liberamente disporre della sua ora, poteva accadergli di morire anche prima di scegliere i discepoli; e se gli fosse accaduto di morire dopo aver scelto e formato i discepoli, ciò sarebbe stato un favore a lui concesso, non una cosa da lui decisa. Colui, invece, che era venuto col potere di decidere l’ora di lasciare questa vita e quella di ritornarvi, come pure il termine del suo cammino, e al quale erano aperti gli inferi non soltanto alla sua morte ma anche alla sua risurrezione, volendo rivelare a noi, che siamo la sua Chiesa, la speranza dell’immortalità, mostrò in se stesso, che era il Capo, ciò che le membra dovevano sperare. Colui che risuscitò come Capo, risorgerà anche nelle altre membra. Quindi, non era ancora giunta l’ora, non era ancora il momento opportuno. Si dovevano prima chiamare i discepoli, si doveva annunziare il regno dei cieli, si dovevano compiere i prodigi; si doveva prima confermare con i miracoli la divinità del Signore, e con i patimenti la sua umanità. Colui che soffriva la fame perché era uomo, sfamò migliaia di persone perché era Dio; colui che dormiva perché era uomo, comandava ai venti e ai flutti perché era Dio. Era necessario che prima fosse testimoniato tutto questo, affinché gli Evangelisti avessero di che scrivere e la Chiesa potesse ricevere il messaggio della salvezza. E allorché il Signore ebbe compiuto quanto ritenne necessario compiere, giunse l’ora sua, l’ora segnata, non dalla necessità ma dalla libera volontà, non l’ora della fatalità ma della sovrana potestà.
  2. E adesso, o fratelli, che abbiamo risposto agli uni e agli altri, non diremo nulla del significato misterioso delle anfore e dell’acqua mutata in vino, del maestro di tavola, dello sposo, della madre di Gesù e delle nozze stesse? Cose tutte di cui bisognerebbe parlare, ma non debbo affaticarvi. Avrei voluto farlo già ieri, giorno in cui siamo soliti tenere il sermone alla vostra Carità; avrei voluto nel nome di Cristo trattare questi temi, se non che impegni urgenti me lo hanno impedito. Se quindi piace alla Santità vostra, possiamo rimandare a domani ciò che si riferisce al mistero contenuto in questo fatto, avendo riguardo alla vostra debolezza e alla mia. Oggi forse ci sono molti che sono accorsi a motivo della solennità di questo giorno, più che per ascoltare un discorso. Quelli che verranno domani, verranno per ascoltare; così non defrauderemo i volenterosi e non appesantiremo chi è svogliato.

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