La Nascita di Gesù, narrata da Maria SS.
3 luglio 1945
[…]
Venite. Andiamo alla grotta. In città è inutile entrare. I più grandi amici del mio Bambino non ci sono più. Resta la natura amica, nelle sue pietre, nel suo rio, nelle sue legna per fare fuoco. La natura che ha sentito venire il suo Signore… Ecco, venite sicuri. Si gira di qui… Ecco là le macerie della torre di Davide. Oh! cara a me più di una reggia! Benedette rovine! Benedetto rio! Benedetta pianta che come per miracolo ti spogliasti, col vento, di tanti rami perché noi trovassimo legna e potessimo far fuoco!».
Maria scende svelta verso la grotta, valica il piccolo rio su una tavola che fa da ponte, corre sullo spiazzo che è davanti alle macerie e cade in ginocchio sulla soglia della grotta, si curva e ne bacia il suolo. La seguono tutti gli altri. Sono commossi… Il bambino, che non la lascia un istante, sembra che ascolti una meravigliosa storia, e i suoi occhietti neri bevono parole e gesti di Maria non perdendone uno solo.
Maria si rialza ed entra dicendo: «Tutto, tutto come allora!… Ma allora era notte… Giuseppe fece lume al mio entrare. Allora, solo allora, smontando dall’asinello, sentii quanto ero stanca e gelata… Un bue ci salutò, andai ad esso, per sentire un poco di calore, per appoggiarmi al fieno… Giuseppe qui, dove io sono, stese il fieno a farmi letto e lo asciugò per me come per Te, Figlio, alla fiammata accesa in quell’angolo… perché era buono come un padre nel suo amore di sposo-angelo… E tenendoci per mano, come due fratelli spersi nel buio della notte, mangiammo il nostro pane e cacio, e poi egli andò là, ad alimentare il fuoco, levandosi il mantello per fare ostacolo all’apertura… In realtà calò il velo davanti alla gloria di Dio che scendeva dai Cieli, Tu, mio Gesù… ed io stetti sul fieno, al tepore dei due animali, ravvolta nel mio mantello e con la coperta di lana… Caro sposo mio!… In quell’ora trepida in cui ero sola davanti al mistero della prima maternità, sempre colma di ignoto per una donna, e per me, nella mia unica maternità, colma anche del mistero di che sarebbe stato vedere il Figlio di Dio emergere da carne mortale, egli, Giuseppe, mi fu come una madre, un angelo fu… il mio conforto… allora, sempre… E poi il silenzio e il sonno che caddero ad avviluppare il Giusto… perché non vedesse ciò che era per me il quotidiano bacio di Dio… E per me, dopo l’intermezzo delle umane necessità, ecco le onde smisurate dell’estasi, venienti dal mare paradisiaco, e che mi sollevavano di nuovo sulle creste luminose sempre più alte, portandomi su, su, con loro, in un oceano di luce, di luce, di gioia, di pace, di amore, fino a trovarmi persa nel mare di Dio, nel seno di Dio… Una voce dalla terra, ancora: “Dormi, Maria?”. Oh! così lontana!… Un’eco, un ricordo della terra!… E così debole che l’anima non si scuote, e non so con che rispondo, mentre salgo, salgo ancora in questo abisso di fuoco, di beatitudine infinita, di preconoscimento di Dio… fino a Lui, a Lui… Oh! ma sei Tu che mi sei nato, o sono io che sono nata dai trilli Fulgori, quella notte? Sono io che ho dato Te, o Tu mi hai aspirata per darmi? Non so… E poi la discesa, di coro in coro, di astro in astro, di strato in strato, dolce, lenta, beata, placida come quella di un fiore portato in alto da un’ aquila e poi lasciato andare, e che scende lentamente, sull’ali dell’aria, fatto più bello per una gemma di pioggia, per un briciolo di arcobaleno rapito al cielo, e si ritrova sulla zolla natia… Il mio diadema: Tu! Tu sul mio cuore…
Seduta qui, dopo averti adorato in ginocchio, ti ho amato. Finalmente ti ho potuto amare senza barriere di carne, e da qui mi sono mossa per portarti all’amore di quello che come me era degno d’amarti fra i primi. E qui, fra queste due rustiche colonne, ti ho offerto al Padre. E qui Tu hai riposato per la prima volta sul cuore di Giuseppe… E poi ti ho fasciato e insieme ti abbiamo deposto qui… Io ti cullavo mentre Giuseppe asciugava il fieno alla fiamma e lo teneva caldo poi mettendolo sul suo petto, e poi lì, ad adorarti tutti e due, così, così, curvi su Te come io ora, a bere il tuo respiro, a vedere a che annichilimento può condurre l’amore, a piangere le lacrime che si piangono certo in Cielo per la gioia inesausta di vedere Dio».
Maria, che è andata e venuta nella sua rievocazione, accennando i posti, affannata d’amore, con un bagliore di pianto nell’occhio azzurro e un sorriso di gioia sulla bocca, si curva realmente sul suo Gesù, che si è seduto su un grosso sasso mentre Lei rievoca, lo bacia fra i capelli, piangendo, adorando come allora…
«E poi i pastori… essi dentro, qui, ad adorare col loro animo buono e col gran sospiro della terra che entrava con loro, nel loro odore di umanità, di greggi, di fieni; e fuori, e ovunque, gli angeli, ad adorarti col loro amore, i loro canti non ripetibili da creatura umana, e con l’amore dei Cieli, con l’aere dei Cieli che entrava con essi, che portavano essi, fra i loro fulgori… La tua nascita, benedetto!…».
Maria si è inginocchiata a fianco del Figlio e piange di emozione col capo piegato sui ginocchi di Lui. Nessuno osa parlare per qualche tempo. Più o meno emozionati i presenti si guardano intorno, come se fra le ragnatele e le pietre scabre sperassero vedere dipinta la scena descritta…