Papa: Dante, cantore del riscatto umano dalla “selva oscura”
di Papa Francesco – Messaggio per i 750 anni dalla nascita di Dante Alighieri, lunedì 4 maggio 2015
Un “profeta di speranza” e un “annunciatore” della liberazione per ogni uomo e donna. È quanto Papa
Francesco scrive di Dante Alighieri, nel giorno in cui in Italia si celebrano solennemente i 750 anni dalla
nascita del sommo poeta. In un messaggio inviato al cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio
Consiglio della Cultura, Francesco ricorda l’ammirazione nutrita nei secoli dai Pontefici nei riguardi
dell’Alighieri.
Dante Alighieri, ovvero il poeta della “possibilità di riscatto”, del “cambiamento profondo”, per il quale
nessuna “natural burella” – nessuna umana debolezza – potrà risultare così impraticabile da impedire
all’uomo che lo vuole di riuscire “a riveder le stelle”. C’è un’eco forte delle sue convinzioni nel ritratto che
Francesco fa del celeberrimo autore della “Commedia”.
Pellegrinaggio in versi
Il Papa della misericordia ravvisa nei versi immortali di Dante un aspetto potente di quel rinnovamento che
nasce in un cuore che si apre a una dimensione più grande. “Ci invita ancora una volta – scrive nel suo
messaggio – a ritrovare il senso perduto o offuscato del nostro percorso umano e a sperare di rivedere
l’orizzonte luminoso in cui brilla in pienezza la dignità della persona umana”. Del resto, osserva, tutta
la Commedia può essere letta “come un grande itinerario, anzi come un vero pellegrinaggio, sia personale e
interiore, sia comunitario, ecclesiale, sociale e storico”. Come un “paradigma di ogni autentico viaggio in
cui l’umanità è chiamata a lasciare quella che Dante definisce”, in una strofa del Purgatorio, “l’aiuola che ci
fa tanto feroci”.
Lettura non riduttiva
Il Messaggio del Papa è un compendio di quanto in passato i suoi predecessori abbiano detto, citato e attinto
dal Vate fiorentino per conferire un tratto di bellezza a un aspetto del loro magistero e soprattutto per
ammirare come la fede avesse potuto ispirare parole così intramontabili. Ad esempio Benedetto XV, che per
il sesto centenario della morte di Dante, proprio indicando il “ben poderoso slancio d’ispirazione” che “egli
trasse dalla fede divina”, esortò a considerare “l’importanza di una corretta e non riduttiva lettura dell’opera
di Dante soprattutto nella formazione scolastica ed universitaria”.
Paolo VI: “Nostro è Dante!”
O Paolo VI che 50 anni fa, chiudendo il Vaticano II impresse nella sua Lettera Apostolica Altissimi
cantus quell’affermazione recisa: “Nostro è Dante! Nostro, vogliamo dire, della fede cattolica”,
individuando nella Commedia un fine “pratico e trasformante”, poiché – affermò – l’opera “non si propone
solo di essere poeticamente bella e moralmente buona, ma in alto grado di cambiare radicalmente l’uomo e
di portarlo dal disordine alla saggezza, dal peccato alla santità, dalla miseria alla felicità, dalla
contemplazione terrificante dell’inferno a quella beatificante del paradiso”.
“Dilata in fiamma poi vivace”
Anche San Giovanni Paolo II – rammenta il Papa – ha fatto “spesso” riferimento alle opere dell’Alighieri e
nella prima Enciclica, Lumen fidei, scrive Francesco, “ho scelto anch’io di attingere a quell’immenso
patrimonio di immagini, di simboli, di valori costituito dall’opera dantesca” quando per “descrivere la luce
della fede, luce da riscoprire e recuperare affinché illumini tutta l’esistenza umana, mi sono basato proprio
sulle suggestive parole del Poeta, che la rappresenta come «favilla, / che si dilata in fiamma poi vivace / e
come stella in cielo in me scintilla”.
Luce nella “selva oscura”
In definitiva, conclude Papa Francesco, “onorando Dante Alighieri come già ci invitava a fare Paolo VI, noi
potremo arricchirci della sua esperienza per attraversare le tante selve oscure ancora disseminate nella nostra
terra e compiere felicemente il nostro pellegrinaggio nella storia, per giungere alla méta sognata e desiderata
da ogni uomo: ‘L’amor che move il sole e l’altre stelle’”.