Eternità nel mio tempo di p. W. Stinissen OCD – Analisi

Il padre Wilfrid Stinissen, dell’ordine carmelitano, nacque in Belgio nel 1927 e fondò il monastero di Norraby in Svezia, dove morì nel 2013.

Il libro “L’Eternità nel mio tempo”, come dice il titolo, tratta del tempo e di come l’eternità possa sostenerci a vivere in esso.

Nel primo capitolo si parla dell’enigma del tempo. Si inizia discutendo della oggettività e della soggettività del tempo. Nel  primo caso si parla del tempo come elemento fisico, misurato e studiato dalla scienza. Si  passa poi a parlare del tempo soggettivo, basandosi sul principio che la realtà esiste grazie all’essere umano, altrimenti sarebbe semplicemente meccanicistica. Grazie alla presenza umana ogni cosa assume molti altri significati. Il tempo ha un movimento a spirale, interazione tra il movimento ciclico (di ripetizione) con quello lineare (tutto avviene in modo nuovo). Siamo noi a determinare il tempo: come noi siamo, lui è.

Nel capitolo due si discute sul significato del tempo. Perché dobbiamo vivere nel tempo? Dobbiamo vivere nel tempo per poter partecipare della vita trinitaria, potendo non solo ricevere ma anche dare, fattore essenziale nell’amore. Il tempo è Dio che ci aspetta. Il tempo è la pazienza incarnata di Dio. Il tempo è la possibilità di crescita.

Nel terzo capitolo si tratta il tempo di Gesù. Gesù è Dio, ma  un Dio che si è fatto uomo, che rinuncia volontariamente al suo sapere e lo affida in custodia al Padre. Per questo suo libero volere, non sapendo ciò che gli accadrà, Gesù può essere il nostro modello. Il tempo di Gesù ricapitola quello di ogni uomo e lo abbraccia. Proprio così può liberare il tempo dalla schiavitù della caducità.

Il quarto capitola tratta del tempo cristiano. Per un cristiano il tempo è sempre propizio. Per sapere come rapportarci al tempo in quanto cristiani, possiamo osservare come Gesù abbia vissuto nel tempo. Per Gesù il tempo era un dono del Padre. Il tempo donato da Dio è sempre legato a un compito.  La frantumazione del tempo scompare quando si cercano le proprie radici. Un cristiano non va nel futuro ma è il futuro a venire a lui. Il nostro presente è un’incarnazione di quello eterno, senza tempo, di Dio.  Il tempo ha in tutto e per tutto un’impronta trinitaria: il Padre è il passato, l’origine; Il Figlio è il futuro, la missione; come lo Spirito unisce il Padre e il Figlio, così il presente unisce il passato e il futuro. Esiste una circuminsessio delle tre dimensioni del tempo. Tutto è in tutto.

Nel capitolo cinque il tema è la preghiera: stare davanti all’Eterno. Nella preghiera, rivolgendosi direttamente a Dio, scopriamo l’eternità nel tempo. Il nostro unico bisogno è quello dello Spirito Santo. Lo Spirito intercede per i credenti secondo i disegni di Dio. Tutto ciò che accade  è una cosa sola in lui, che conduce la storia alla meta. Dobbiamo solo “essere” eternamente in Dio.

Nel sesto capitolo, intitolato “Stop!”, si afferma che la nostra patria è in Dio.  Quando usciamo dalla preghiera, tornando alle nostre cose, rischiamo di farci di nuovo afferrare dalla fretta, dall’ansia di fare. Anthony Bloom dice che se ti fermi, non casca il mondo.

Nel settimo capitolo invece, che si intitola “Non ho tempo!”, si parla del trovare il proprio ritmo e nel vivere in armonia quindi con Dio. Lo stress fa sparire Dio dalla nostra vita, è necessario quindi trovare l’armonia col nostro ritmo naturale, per essere rilassati in profondità, nonostante la sofferenza e le  lacrime.

Ottavo capitolo: “Santo dimenticare, santo ricordare”. Senza memoria non otterremo mai una vera identità ma allo stesso tempo deforma la realtà, quando ci ostiniamo a ricordare le cose come erano, così come le persone, non accettando i loro cambiamenti. Bisogna lasciare che Dio guida la nostra memoria, facendo emergere quanto è importante in quel momento. I Sacramenti, rendono attuale ogni tempo, così come l’Eucarestia rende presente tutto allo stesso tempo.

Nono capitolo: “Riscattare il tempo”.  Dobbiamo liberare, come dice San Paolo, il tempo dalla schiavitù della corruzione (Rm 8,21). Ogni volta che impieghiamo il nostro tempo per lavorare per l’amore, contribuiamo alla liberazione del tempo e lo trasformiamo in vita eterna. Perdonando trasformiamo il nostro passato, trasformandolo in una nuova creazione.

Nel decimo capitolo si tratta della “Fedeltà”. Scegliere una persona “per sempre” dimostra che si è capaci di prendere decisioni definitive. Attraverso la fedeltà creiamo noi stessi e ci creiamo a vicenda.  E’ segno di maturità mantenere immutabilmente la decisione presa in mezzo ai cambiamenti esterni. Anche in questo l’essere umano assomiglia a Dio. Agire come una creatura fatta a immagine e somiglianza di Dio significa riprodurre un po’ della fedeltà eterna di Dio.

Nel capitolo 11 si parla dell’ Adesso: “L’Adesso: l’asse del tempo”. Ocatvio Paz ha parlato della nostra “cacciata dal presente”. Il nostro difetto però è “l’assenza” nel presente: arriviamo in anticipo o in ritardo. Un cristiano è rivolto alla vita eterna, va in cerca della “città futura” (Eb 13,14). L’adesso fa passare l’eternità, è il punto di contatto con Dio.

Capitolo 12: “Mettiti lungo disteso nel presente”. L’unica cosa necessaria è che tu sia interamente presente nella realtà in questo momento. Mettersi “lunghi distesi nel presente”, significa essere totalmente presenti in ciò che si fa. Il presente è la porta dell’eternità e l’eternità contiene tutto.

Nel capitolo successivo, il 13, si dice che “Nel tempo pulsa l’eternità”. Ciò che caratterizza il tempo è il moto, il cambiamento, la frantumazione, mentre l’eternità si contraddistingue attraverso la stabilità, la densità e la perfezione. Per molte persone l’eternità è collegata alla noia. Dio è eterno, è tanto pieno di quiete e di pace: l’armonia totale della vita. Nelle profondità più intime la presa del tempo viene allentata e tutto viene raccolto nell’unità che non passa mai. Siamo fatti per l’amore, per riprodurre Dio come comunione unitrina d’amore. Questa è la nostra vita eterna.

Capitolo 14: Il tempo della Chiesa. La Chiesa gioca con le tre dimensioni del tempo. Il tempo della Chiesa è segnato dal tempo di Gesù. “Prima che Abramo fosse, Io Sono”. Così Gesù mescola le determinazioni temporali. Il passato è qui e ora: quando ricevo il perdono dei miei peccati, il passato viene “transustanzializzato” (trasformato nella sua sostanza). Il futuro è qui e ora: quando ci mettiamo nudi davanti a Dio, veniamo catturati dal suo sguardo e il peccato e la morte non esistono più. Allora il presente e il futuro sono una cosa sola.

Il capitolo quindici si intitola: “La sintesi della liturgia”. La liturgia come sintesi di tempo ed eternità. Uno dei tratti caratteristici della liturgia è la ripetizione, che apporta un contributo importante alla trasmissione dell’esperienza dell’eternità. Le parole degli uomini sono segnate dalla fugacità del mondo. Il silenzio e il raccoglimento si raggiungono più facilmente se si ripetono spesso le stesse parole. L’eternità è proprio ciò che è raccolto in un punto.

Epilogo: “Il tempo del Cielo”. Il tempo e l’eternità non sono antipodi, si includono a vicenda, come il creato con il suo Creatore. Il tempo eterno sarà il nostro elemento vitale. Dio sarà sempre più grande e noi, andremo “da inizio a inizio, attraverso inizi sempre nuovi che non finiscono mai.” (Gregorio Nisseno)

 

L’Oasi di Engaddi

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