Ortodossia di G.K. Chesterton #6

Gilbert K. Chesterton

ORTODOSSIA

VI
I paradossi del cristianesimo

Il problema reale di questo nostro mondo non è che sia irragionevole e nemmeno che sia ragionevole. Il tipo di problema più comune è che il mondo è quasi ragionevole, ma non completamente. La vita non è illogica, eppure è una trappola per logici. Sembra solo un po’ più matematica e regolare di quanto non sia; la sua esattezza è ovvia, ma la sua inesattezza è nascosta, la sua stranezza sta in agguato. Con un esempio grossolano cercherò di spiegare ciò che intendo dire. Supponiamo che qualche creatura matematica, proveniente dalla luna, debba misurare il corpo umano: si accorgerebbe immediatamente che la sua caratteristica essenziale è la duplicità. Un uomo è due uomini, quello sulla destra assomiglia esattamente a quello sulla sinistra, una gamba a destra e una a sinistra. Il matematico potrebbe andare oltre e scoprire che vi è lo stesso numero di dita per ogni lato, lo stesso numero di alluci, un paio d’occhi, un paio di orecchie, un paio di narici e due lobi cerebrali. Alla fine, dichiarerebbe che questa duplicità è una legge; e poi, trovando il cuore da un lato, dedurrebbe l’esistenza di un secondo cuore dall’altro. E proprio allora, convinto di avere ragione, scoprirebbe di avere torto.

È questa tenue e silenziosa deviazione dalla precisione a essere l’elemento incomprensibile in ogni cosa. Sembra una specie di tradimento segreto dell’universo. Una mela e un’arancia sono rotonde abbastanza da essere definite rotonde, eppure, dopotutto, non sono rotonde. La terra stessa ha la forma di un’arancia allo scopo di convincere alcuni astronomi ingenui a chiamarla globo. Un filo d’erba si chiama così, come il filo di una spada, perché finisce a punta, ma non è una spada. Dovunque nelle cose esiste questo elemento silenzioso e incalcolabile. Sfugge ai razionalisti, ma sempre all’ultimo momento. Dalla grande curva del nostro pianeta si potrebbe facilmente dedurre che ogni suo pollice sia curvo. Sarebbe razionale pensare che, se un uomo ha un cervello su entrambi i lati, dovrebbe avere anche un cuore da tutte e due le parti. Alcuni scienziati stanno ancora organizzando spedizioni per cercare il Polo Nord, perché amano molto i territori piatti 1. Altri scienziati invece stanno ancora organizzando spedizioni per trovare un cuore umano e quando lo cercano, generalmente, lo fanno sul lato sbagliato.

L’autentica chiaroveggenza e l’ispirazione sono meglio dimostrate quando indovinano tali malformazioni o sorprese nascoste. Se il nostro matematico della luna vedesse le due braccia e le due orecchie, potrebbe dedurre l’esistenza delle due scapole e delle due metà del cervello. Ma se indovinasse la corretta posizione del cuore dell’uomo, allora lo definirei qualcosa di diverso da un matematico. Ora, questa è esattamente l’affermazione che nel tempo sono arrivato a proporre per il cristianesimo. Non è che deduca solamente delle verità logiche, ma quando improvvisamente la deduzione diventa illogica, ha scoperto, per così dire, una verità illogica. Non solo prende le cose nel modo giusto, ma se sbaglia (se così si può dire) lo fa esattamente quando le cose sono sbagliate. Il suo piano concorda con le irregolarità segrete e si aspetta l’inaspettato. È semplice riguardo alle verità semplici, ma è ostinato nel caso di verità complesse. Ammetterà che un uomo abbia due mani, ma non ammetterà (benché i modernisti se ne lamentino) l’ovvia deduzione che abbia due cuori. Il mio unico scopo nel presente capitolo è sottolineare questo: mostrare che ogni qual volta sentiremo che c’è qualcosa di strano nella teologia cristiana, generalmente finiremo per scoprire che c’è qualcosa di strano nella verità.

Ho accennato a una frase senza senso secondo la quale nella nostra epoca non si può aver fede nel tale o nel tal altro credo. Naturalmente, si può aver fede in qualsiasi cosa, in qualunque epoca. Ma, abbastanza stranamente, c’è davvero un senso in cui un credo, se si ha fede sino in fondo, può essere abbracciato più rigorosamente in una società complessa piuttosto che in una semplice. Se un uomo ritiene vero il cristianesimo a Birmingham, ha effettivamente delle ragioni più chiare in favore della fede che se lo ritenesse vero a Mercia 2. Perché più complicata sembra la coincidenza, meno può essere una coincidenza. Se i fiocchi di neve cadono nella forma, per esempio, del cuore di Midlothian 3, può essere un caso. Ma se i fiocchi di neve cadono nell’esatta forma del labirinto di Hampton Court 4, credo che si possa chiamarlo un miracolo. È proprio a partire da tale miracolo che ho cominciato a pensare alla filosofia del cristianesimo. La complicazione del nostro mondo moderno dimostra la verità del credo più perfettamente di un qualsiasi semplice problema dell’epoca medievale. È stato a Notting Hill e a Battersea 5v che ho cominciato a capire che il cristianesimo era vero. Perché la fede ha quella elaborazione di dottrine e dettagli che sconvolgono così tanto coloro che ammirano il cristianesimo senza credervi. Dal momento che ci si converte a una fede, si è orgogliosi della sua complessità, come gli scienziati sono fieri della complessità della scienza. Mostra quanto sia ricca di scoperte. Se tale fede è esatta, è un complimento affermare che essa è esatta in modo elaborato. Un bastone può andare bene per un buco, o una pietra per una cavità, per puro caso. Ma una chiave e una serratura sono entrambe complesse. E se la chiave si adatta alla serratura, sappiamo che è la chiave giusta.

Tuttavia, questa precisione complessa della cosa rende molto difficile fare ciò che adesso devo fare: descrivere tale accumulo di verità. Per un uomo è molto difficile difendere qualcosa di cui è completamente convinto. È relativamente facile quando ne è solo parzialmente convinto. Se è parzialmente convinto è perché ha scoperto questa o quella prova della cosa in questione e può spiegarla. Ma un uomo non è convinto di una teoria filosofica quando scopre che qualcosa la dimostra. Costui è realmente convinto solo quando trova che tutto la dimostra. Più scopre ragioni che convergono verso questa convinzione, e più risulta confuso se qualcuno gli chiede improvvisamente di riassumerle. Se si chiedesse a un uomo di intelligenza media, così su due piedi: «Perché preferisci la civiltà alla barbarie?», egli guarderebbe freneticamente gli oggetti che lo circondano, uno dopo l’altro, e riuscirebbe solo a rispondere in modo vago: «Perché c’è lo scaffale dei libri… e il carbone nel secchio… e i pianoforti… e i poliziotti». L’intera questione della civiltà è che si tratta di una faccenda complessa. Essa ha prodotto così tante cose. Ma proprio quella molteplicità di prove che dovrebbe rendere la risposta schiacciante la rende impossibile.

Dunque, intorno a ogni convinzione completa esiste una specie di enorme impotenza. Credere è una questione così grande che richiede molto tempo per entrare in azione. E tale esitazione nasce principalmente, il che è abbastanza strano, da un’indifferenza sul dove si dovrebbe iniziare. Tutte le strade portano a Roma: è uno dei motivi per cui molta gente a Roma non ci arriva mai. Nel caso di questa difesa della fede cristiana, confesso che vorrei iniziare subito la discussione con una cosa come un’altra. Comincerei con una rapa o con il tassametro di un taxi. Ma se devo essere assolutamente scrupoloso nel rendere con chiarezza ciò che intendo dire, sarà, credo, più saggio continuare le discussioni intraprese nel capitolo precedente, in cui mi interessava incoraggiare la prima di queste mistiche coincidenze, o piuttosto di queste conferme. Tutto ciò che fino a quel momento avevo sentito sulla teologia cristiana mi aveva allontanato da essa. A dodici anni ero pagano e a sedici completamente agnostico; non penso di poter concepire che qualcuno abbia superato i diciassette anni senza mai porsi un problema così semplice. Ricordo, a dire il vero, di avere provato una cupa devozione per una divinità cosmica e un grande interesse storico per il Fondatore del cristianesimo. Di sicuro, lo consideravo un uomo, anche se forse pensavo che, pure su questo punto, egli avesse un vantaggio su alcuni dei suoi moderni detrattori. Studiavo la letteratura scientifica e scettica del mio tempo, tutta, o almeno quella che riuscivo a trovare scritta in inglese e comoda da reperire, e non leggevo nient’altro. Intendo dire che non leggevo nient’altro che seguisse una corrente filosofica diversa. Anche i romanzi d’appendice che leggevo erano in realtà improntati a una sana ed eroica tradizione del cristianesimo, ma a quel tempo non lo sapevo. Non ho mai letto una riga dell’apologetica cristiana. Anche adesso ne leggo il meno possibile. Sono stati Huxley, Herbert Spencer e Bradlaugh 6 a riportarmi alla teologia ortodossa. Sono stati loro a seminare nella mia mente i primi forti dubbi sul dubbio. Le nostre nonne avevano proprio ragione quando dicevano che Tom Paine 7 e i liberi pensatori destabilizzavano la mente. È vero. Hanno turbato orribilmente anche la mia. I razionalisti mi inducevano a chiedermi se la ragione servisse a qualcosa; e quando ebbi finito di leggere Herbert Spencer arrivai a dubitare (per la prima volta) che l’evoluzione si fosse mai verificata. Quando posai l’ultima delle lezioni atee del colonnello Ingersoll 8, un pensiero terribile irruppe nella mia mente: «Sei stato tu ad avermi quasi convinto a diventare cristiano». Ero disperato.

Questo strano fenomeno per cui i grandi agnostici, nell’insinuare il dubbio, suscitano dubbi più profondi dei loro, potrebbe essere descritto in molti modi. Ne prendo in considerazione uno solo. Quando ho letto e riletto tutti i racconti non cristiani o anticristiani sulla fede, da Huxley a Bradlaugh, una lenta e spaventosa sensazione si è insinuata in modo graduale, ma vivido, nella mia mente: la sensazione che il cristianesimo debba essere qualcosa di estremamente straordinario. Perché non solo (come ho capito) il cristianesimo possiede i vizi in assoluto più infuocati, ma evidentemente ha un talento mistico per combinare vizi che sembravano incompatibili tra loro. È stato attaccato su tutti i fronti e per ragioni sempre contraddittorie. Un razionalista aveva appena fatto in tempo a dimostrare che era troppo lontano dall’Est, che un altro dimostrava, con identica chiarezza, che era troppo lontano dall’Ovest. Prima che la mia indignazione facesse in tempo ad attenuarsi di fronte alla sua severità intransigente e aggressiva, ero stato di nuovo chiamato a osservare e condannare la sua snervante e sensuale bonomia. Nel caso in cui qualche lettore non avesse mai sperimentato ciò che intendo, gli fornirò qualche esempio a casaccio, così come lo ricordo, di questo genere di critica scettica che si autocontraddice. Ne indicherò quattro o cinque. Ce ne sono più di cinquanta.

Per esempio, ero molto commosso dagli eloquenti attacchi al cristianesimo accusato di essere qualche cosa di oscurità disumana; perché pensavo (e penso ancora) che il pessimismo sincero sia un peccato imperdonabile. Il pessimismo non sincero è un risultato sociale, nell’insieme piuttosto gradevole, e, fortunatamente, quasi tutti i pessimismi non sono sinceri. Ma se il cristianesimo fosse, come diceva questa gente, una cosa puramente pessimista e opposta alla vita, io sarei stato pronto a far esplodere la cattedrale di San Paolo. Tuttavia, la cosa straordinaria è questa. Essi mi hanno dimostrato nel primo capitolo (con mia grande soddisfazione) che il cristianesimo era troppo pessimista; poi, nel secondo capitolo, hanno cominciato a dimostrarmi che era di gran lunga troppo ottimista. Un’accusa contro il cristianesimo era che impediva agli uomini, tramite lacrime e terrori morbosi, di ricercare la gioia e la libertà nel grembo della natura. Ma un’altra accusa era che confortava gli uomini con una fittizia provvidenza, e li metteva in una stanza dei giochi tutta bianca e rosa. Un grande agnostico ha chiesto perché la natura non fosse abbastanza meravigliosa e perché fosse difficile essere liberi. Un altro agnostico famoso ha obbiettato che l’ottimismo cristiano, «l’abito di illusioni tessuto da mani pie», nasconde il fatto che la natura è cattiva e che essere liberi è impossibile. Un razionalista non aveva ancora finito di chiamare il cristianesimo un incubo, che un altro cominciava a definirlo il paradiso dei matti. Tutto ciò mi sconcertava; le accuse sembravano inconsistenti. Il cristianesimo non poteva essere una maschera nera su un mondo bianco e contemporaneamente una maschera bianca su un mondo nero. La condizione del cristiano non poteva essere tanto comoda da potersi aggrappare a essa con viltà e al tempo stesso tanto scomoda da essere una follia il fatto di trovarcisi. Se falsificava la visione umana, doveva falsificarla in un modo o in un altro; non poteva indossare sia occhiali rosa sia occhiali verdi. Recitavo con immensa gioia, come facevano tutti i giovani di quel tempo, gli insulti che Swinburne scagliava contro la mestizia del cristianesimo:

Hai vinto, o pallido Galileo
Il tuo respiro ha reso il mondo grigio. 9

Ma quando ho letto i racconti che lo stesso poeta scrisse sul paganesimo (come in Atalanta in Calydon ), ho dedotto che il mondo era, se possibile, più grigio prima del respiro del Galileo che dopo. Il poeta sosteneva in effetti, in astratto, che la vita stessa fosse nera come la pece. E tuttavia, in qualche modo, il cristianesimo l’aveva resa ancora più buia. Anche l’uomo che ha accusato il cristianesimo di pessimismo era egli stesso un pessimista. Pensavo che dovesse esserci qualcosa di sbagliato. E, per un momento, ho ritenuto che, forse, i migliori giudici della relazione tra religione e felicità non potevano essere coloro che non avevano né l’una né l’altra.

Naturalmente, non ho concluso in modo sbrigativo dicendo che quelle accuse fossero false o che gli accusatori fossero idioti. Semplicemente, ho dedotto che il cristianesimo dovesse essere qualcosa di ancora più assurdo e malvagio di quanto lo dipingevano. Una cosa potrebbe possedere questi due vizi opposti: ma in tal caso si tratterebbe di una cosa piuttosto anomala. Un uomo potrebbe essere troppo grasso in un posto e troppo magro in un altro, ma avrebbe una forma davvero bizzarra. A quel punto, i miei pensieri si sono focalizzati sulla forma bizzarra della religione cristiana; non trovavo invece alcuna forma bizzarra nel razionalismo.

Ecco un altro esempio dello stesso genere. Sentivo che una forte accusa contro il cristianesimo consisteva nello spacciare tutto ciò che è definito cristiano, specialmente nel suo atteggiamento riguardo alla resistenza e alla lotta, come qualcosa di timoroso, di avvilente e poco virile. I grandi scettici del XIX secolo erano molto virili. Bradlaugh in modo espansivo e Huxley in maniera reticente erano decisamente uomini. Al confronto, sembrava ammissibile che ci fosse qualcosa di molle e troppo arrendevole nell’insegnamento cristiano. Il paradosso del Vangelo di porgere l’altra guancia, il fatto che i preti non abbiano mai combattuto e un altro centinaio di cose hanno reso plausibile l’accusa che il cristianesimo fosse un tentativo di rendere l’uomo troppo simile a una pecora. Io leggevo questo e ci credevo, e se non avessi letto niente di diverso avrei finito per crederci completamente. Ma ho letto qualcosa di molto differente, ho voltato la pagina del mio manuale agnostico e il mio cervello è andato sottosopra. Ho scoperto che avrei dovuto odiare il cristianesimo non perché è poco combattivo, ma perché lo è troppo. Sembrava che il cristianesimo fosse la madre di tutte le guerre, che avesse ridotto il mondo in un lago di sangue. Io ero estremamente in collera con il cristiano, perché lui non era mai in collera. E ora mi si diceva di esserlo perché la sua collera era stata la più orribile e violenta della storia umana, perché la sua ira aveva bagnato di sangue la terra e oscurato il sole. Coloro che rimproveravano il cristianesimo per la mansuetudine e la non violenza dei monasteri erano proprio le stesse persone che rimproveravano il cristianesimo per la violenza e la brutalità delle Crociate. Era colpa del povero, vecchio cristianesimo (in un modo o nell’altro) sia che Edoardo il Confessore non avesse combattuto, sia che Riccardo Cuor di Leone l’avesse fatto. I quaccheri (come dicevano) sono stati gli unici cristiani tipici; eppure, i massacri di Cromwell e del duca d’Alba erano crimini tipicamente cristiani. Che cosa potrebbe significare tutto ciò? Che cos’era questo cristianesimo che proibiva la guerra e continuava a scatenare guerre? Di che natura poteva essere una religione che prima condannava la violenza e poi era sempre coinvolta in qualche combattimento? In che mondo misterioso era nata una simile chimera che assassinava e predicava la mansuetudine? A ogni istante, il cristianesimo assumeva una forma via via più bizzarra.

Esamino un terzo caso: il più strano di tutti perché implica l’unica reale obiezione alla fede. La sola reale obiezione alla religione cristiana è semplicemente che è l’unica religione. Il mondo è grande, pieno di popoli di diverse razze. Il cristianesimo (si può ragionevolmente affermare) è una fede confinata a popoli di un’unica razza; è cominciato in Palestina e si è praticamente fermato in Europa. In gioventù questo argomento mi impressionava notevolmente ed ero molto attratto dalla dottrina predicata dalle Ethical Societies – intendo la dottrina secondo la quale esiste un’unica grande inconsapevole Chiesa di tutta l’umanità fondata sull’onnipresenza della coscienza umana. I vari credi, si diceva, dividono gli uomini, ma almeno li unisce la morale. L’anima poteva cercare nei luoghi e nelle epoche più strani e remoti e trovare sempre un essenziale, etico buonsenso. Sotto gli alberi d’oriente poteva trovare Confucio che scriveva: «Non rubare». Poteva decifrare i più oscuri geroglifici del deserto primitivo e, dopo averli compresi, trovare scritto: «I bambini devono dire la verità». Io credevo in questa dottrina della fratellanza universale tra tutti gli uomini in possesso di un senso morale, e ci credo ancora – insieme ad altre cose. Ed ero contrario fino in fondo al cristianesimo quando rammentava (come supponevo) che intere epoche e imperi degli uomini avevano completamente evitato questa luce di giustizia e di ragione. Ma poi, scoprii qualcosa di sconcertante. Scoprii che proprio coloro i quali avevano affermato che l’umanità fosse un’unica Chiesa da Platone a Emerson erano gli stessi che sostenevano che la morale è completamente cambiata, e che ciò che in un’epoca era giusto era sbagliato in un’altra. Se chiedevo, diciamo, un altare, mi rispondevano che non ne avevo bisogno, perché gli uomini nostri fratelli ci hanno dato oracoli chiari e una fede nelle loro tradizioni universali e nei loro ideali. Ma alla mia cauta obiezione che una delle tradizioni universali degli uomini è quella di possedere un altare, i miei maestri agnostici si affrettavano a rispondere che quegli uomini hanno sempre conosciuto le tenebre e le superstizioni dei selvaggi. Ho scoperto che la loro quotidiana provocazione nei confronti del cristianesimo consisteva nel dire che esso era stato luce per un popolo e aveva lasciato tutti gli altri a morire nell’oscurità. Ma ho scoperto anche che per loro era motivo di grande vanto il fatto che la scienza e il progresso fossero scoperte di un solo popolo mentre tutti gli altri erano morti nell’oscurità. Il loro principale insulto al cristianesimo era in realtà il loro principale elogio verso se stessi, e sembrava esserci una strana disonestà nella loro insistenza sulle due questioni. Quando parlavamo di un pagano o di un agnostico dovevamo ricordare che tutti gli uomini avevano un’unica religione; quando parlavamo di qualche mistico o spiritualista, dovevamo solo considerare quali assurde religioni avessero certi uomini. Potevamo confidare nell’etica di Epitteto, perché la morale era sempre la stessa. Non dobbiamo fidarci dell’etica di Bossuet 10, perché la morale è cambiata. È cambiata in duecento anni, ma non in duemila.

Questo cominciava a essere allarmante. Sembrava non tanto che il cristianesimo fosse così cattivo da contenere qualche vizio, quanto invece che ogni bastone fosse buono per picchiare il cristianesimo. Com’era dunque questo fatto sorprendente che alcuni erano tanto ansiosi di contraddire, da non preoccuparsi di contraddire se stessi nel farlo? Ho visto la stessa cosa da tutti i lati. Non posso dare ulteriore spazio ai dettagli in questa discussione, ma per timore che qualcuno immagini che io abbia scelto in malafede i tre esempi passerò a parlare brevemente degli altri. Certi scettici hanno scritto che il grande delitto del cristianesimo è stato il suo attacco alla famiglia: ha trascinato molte donne verso la solitudine e la contemplazione del chiostro, lontano dalle loro case e dai loro figli. Ma poi, altri scettici (leggermente più evoluti) hanno affermato che il grande delitto del cristianesimo è stato costringere alcune donne al matrimonio e alla famiglia, condannandole al peso della casa e dei figli e impedendo loro la solitudine e la contemplazione. L’accusa era sorprendentemente rovesciata. O, ancora, certe frasi nelle Epistole o nella messa nuziale erano utilizzate dagli anticristiani per dimostrare il disprezzo del cristianesimo verso l’intelletto della donna. Ma ho scoperto che gli anticristiani stessi nutrivano disprezzo per l’intelletto della donna perché si facevano beffe della Chiesa del Continente dicendo che solo le donne ci andavano. O ancora, condannavano le abitudini alla nudità e alla fame del cristianesimo, con i suoi abiti di stracci e i piselli secchi. Ma solo un minuto dopo lo rimproveravano per le sue cerimonie pompose e il suo ritualismo, i suoi santuari di porfido e i suoi paramenti d’oro. Era criticato per essere troppo scarno o perché troppo colorato. Ancora, il cristianesimo è stato sempre accusato di reprimere troppo la sessualità, fino a quando Bradlaugh il malthusiano ha scoperto che la reprimeva troppo poco. È spesso accusato nello stesso istante di rigido perbenismo e di stravaganza religiosa. Sotto la copertina dello stesso pamphlet ateo ho scoperto che la fede era rimproverata per la sua incoerenza – «Uno pensa una cosa e l’altro un’altra» – e anche per la sua coerenza: «È la differenza di opinione che impedisce al mondo di andare a rotoli». Un mio amico, libero pensatore, durante la stessa conversazione ha biasimato il cristianesimo per il suo disprezzo verso gli ebrei, e poi l’ha disprezzato per essere ebraico.

Volevo essere assolutamente giusto allora, come voglio esserlo adesso, quindi non ho concluso che l’attacco al cristianesimo fosse sbagliato. Ho concluso soltanto che se il cristianesimo era sbagliato, lo era davvero molto. Tali orribili ostilità si potrebbero riassumere in un’unica cosa, ma dovrebbe essere alquanto strana e singolare. Ci sono uomini allo stesso tempo avari e prodighi, ma sono rari. Ci sono uomini allo stesso tempo carnali e ascetici, ma sono rari. Ma se questo ammasso di pazze contraddizioni esistesse realmente, quaccheri e assetati di sangue, gente che vive nel lusso sfrenato e gente troppo miserabile, uomini castigati e uomini troppo inclini alla lussuria, nemici delle donne e loro insensati rifugi, grevi pessimisti e stolti ottimisti: se tutto questo male esistesse, allora in esso ci sarebbe davvero qualcosa di supremo e unico. Perché non ho scoperto nei miei maestri razionalisti alcuna giustificazione a una depravazione eccezionale come questa. Il cristianesimo (parlando teoricamente) era ai loro occhi solo uno dei tanti miti e dei tanti errori dei mortali. Essi non mi hanno dato la chiave di questa contorta e innaturale malvagità. Un simile paradosso si è elevato a livello del soprannaturale. Era, davvero, quasi soprannaturale quanto l’infallibilità del papa. Un’istituzione storica che non ha mai agito bene è di sicuro tanto miracolosa quanto un’istituzione che non può sbagliare mai. L’unica spiegazione che mi è subito venuta in mente era che il cristianesimo non veniva dal cielo ma dall’inferno. Se Gesù di Nazareth non fosse stato davvero il Cristo, avrebbe dovuto essere l’Anticristo.

E allora, in un momento di tranquillità, uno strano pensiero mi ha colpito come un fulmine a ciel sereno. All’improvviso, mi è venuta in mente un’altra spiegazione. Supponiamo di avere sentito molti uomini parlare di uno sconosciuto. Supponiamo di rimanere sconcertati nel sentire certe persone dire che era troppo alto e altre troppo basso, alcuni obiettavano che fosse grasso, altre si lamentavano perché era troppo magro; alcuni pensavano che fosse troppo scuro, altri lo vedevano troppo chiaro. Una spiegazione (come ho già affermato) sarebbe stata dire che costui aveva uno strano aspetto. Ma esiste un’altra spiegazione. Il suo aspetto potrebbe essere giusto. Gli uomini molto alti potrebbero trovarlo esageratamente basso. Quelli molto bassi, viceversa, lo troverebbero troppo alto. Tipi di corporatura robusta che col tempo tendono a ingrassare lo considererebbero non abbastanza in carne; uomini dal fisico snello che invecchiando diventano troppo asciutti potrebbero pensare che la sua corporatura vada un po’ oltre i limiti dell’eleganza. Forse gli svedesi (che hanno capelli chiari come la stoppa) lo definirebbero scuro, mentre i neri lo considererebbero indubbiamente biondo. Forse (in breve) questa cosa straordinaria è davvero l’ordinario, o perlomeno la normalità, il centro. Forse, dopotutto, è il cristianesimo a essere ragionevole e tutti i suoi detrattori sono pazzi – in vari modi. Ho messo alla prova quest’idea chiedendo a me stesso se in qualcuno degli accusatori ci fosse qualcosa di morboso che potesse spiegare l’accusa. Scoprendo che tale chiave si adattava a una serratura, sono rimasto sorpreso. Per esempio, era sicuramente strano il fatto che il mondo moderno accusasse il cristianesimo di austerità nei confronti del corpo e al tempo stesso di ostentare una grande sontuosità nell’arte. Ma allora, anche il fatto che lo stesso mondo moderno combinasse un lusso esagerato per il corpo a una totale assenza di sfarzo artistico era strano, molto strano. L’uomo moderno considera gli abiti di Becket 11 troppo ricchi e i suoi pasti troppo poveri. Ma allora l’uomo moderno è davvero un’eccezione nella storia: nessun uomo prima di lui ha consumato pranzi così elaborati vestito con indumenti così dimessi. L’uomo moderno trovava la Chiesa troppo semplice esattamente dove la vita moderna è troppo complessa, trovava la Chiesa troppo sfarzosa esattamente dove la vita moderna è troppo scialba. L’uomo che detestava i sobri digiuni e i banchetti andava pazzo per gli antipasti. L’uomo che detestava i paramenti indossava un ridicolo paio di pantaloni. E se in questa situazione c’è della pazzia, sta di sicuro nei pantaloni e non in un semplice manto che ricade. Se c’era qualche cosa di assolutamente folle era negli antipasti stravaganti e non nel pane e nel vino.

Ho concluso tutti gli esempi e ho scoperto che la chiave finora si adattava alla serratura. Il fatto che Swinburne fosse infastidito dall’infelicità dei cristiani e ancora più seccato dalla loro felicità trova una facile spiegazione: le complicazioni malsane non erano nel cristianesimo ma in Swinburne. Le restrizioni dei cristiani lo rattristavano semplicemente perché lui era più edonista di quanto dovrebbe essere un uomo assennato. La fede dei cristiani lo incolleriva perché era più pessimista di quanto dovrebbe essere un uomo assennato. Nello stesso modo i malthusiani attaccavano i cristiani per istinto; non perché ci sia qualcosa di particolarmente antimalthusiano nel cristianesimo, ma perché c’è qualcosa di un po’ antiumano nel malthusianismo.

Tuttavia, non poteva essere del tutto vero, pensavo, che il cristianesimo fosse semplicemente sensato e stesse nel mezzo. In esso c’era davvero un elemento di enfasi e persino di frenesia che aveva motivato le critiche superficiali dei laicisti. Poteva essere saggio, e ho cominciato a pensare sempre di più che lo fosse; ma non era la semplice saggezza del mondo, non era soltanto moderato e rispettabile. I suoi feroci crociati e i suoi santi mansueti potevano compensarsi a vicenda; eppure i crociati erano molto crudeli e i santi molto mansueti, di una mitezza che oltrepassava ogni decenza. È stato proprio a questo punto dell’indagine che mi sono ricordato delle mie riflessioni sul martirio e sul suicidio. A quel proposito c’era stata la combinazione tra due posizioni quasi patologiche che tuttavia equivalevano in qualche modo all’assennatezza. Si trattava di un’altra contraddizione dello stesso genere e avevo già scoperto che era vera. Questo era proprio uno dei paradossi con cui gli scettici vogliono dimostrare che la fede cristiana è sbagliata; in questo, invece, io avevo scoperto che era giusta. Per quanto i cristiani possano amare follemente il martire oppure odiare il suicida, non hanno mai considerato tali passioni più pazze di quanto le abbia considerate io molto tempo prima di sognare che mi sarei convertito al cristianesimo. Allora si è aperta la fase più difficile e interessante del processo mentale, e ho cominciato a seguire quest’idea alla cieca, attraverso tutti gli immensi pensieri della nostra teologia. L’idea era quella a cui avevo accennato parlando dell’ottimista e del pessimista; quella di non volere un miscuglio, né un compromesso, ma entrambe le cose al massimo della loro energia; bruciare sia d’amore sia di odio. Qui lo accennerò soltanto in relazione all’etica. Ma non ho bisogno di ricordare al lettore che l’idea di questa combinazione è davvero fondamentale nella teologia ortodossa. Perché la teologia ortodossa ha insistito particolarmente sul fatto che Cristo non era un essere diverso da Dio e dall’uomo, come un elfo, e neppure un essere mezzo uomo e mezzo animale, come un centauro, ma era fino in fondo entrambe le essenze, contemporaneamente, vero uomo e vero Dio. Ora vorrei delineare questa concezione così come l’ho scoperta.

Tutti gli uomini sani di mente riescono a capire che la salute psichica consiste in una sorta di equilibrio, che uno può essere pazzo e mangiare troppo, oppure essere pazzo e mangiare troppo poco. Alcuni moderni hanno immaginato vaghe versioni di progresso ed evoluzione miranti a distruggere il µeðov o equilibrio di Aristotele. Costoro sembrano suggerire che siamo destinati progressivamente a morire di fame, o a continuare per sempre a consumare colazioni via via più abbondanti ogni mattina. Ma la grande verità del µeðov rimane tale per tutti gli uomini pensanti, e queste persone non hanno turbato nessun equilibrio eccetto il loro. Dato però per scontato che tutti dobbiamo mantenere un equilibrio, la domanda che si pone inevitabilmente è come mantenere tale equilibrio. Era questo il problema che il paganesimo ha cercato di risolvere e che il cristianesimo ha risolto, e l’ha risolto in modo molto strano.

Il paganesimo dichiarava che la virtù sta nel mezzo; il cristianesimo dichiarava che stava nel conflitto: lo scontro di due passioni apparentemente opposte. Di certo, non erano realmente incongruenti, ma tali da essere difficili da mantenere simultaneamente. Seguiamo per un momento le tracce del martire e del suicida; e prendiamo il caso del coraggio. Nessuna qualità ha mai confuso le idee e aggrovigliato le definizioni dei sapienti soltanto razionali. Il coraggio è quasi una contraddizione in termini. Significa un forte desiderio di vivere, proiettato nella possibilità di essere pronti a morire. «Chi perde la propria vita la salverà» non è una formula di misticismo per santi ed eroi. È un consiglio di vita quotidiana per marinai e scalatori. Potrebbe essere stampato su una guida delle Alpi o in un manuale di navigazione. Il principio del coraggio sta tutto in questo paradosso, anche se si tratta di un coraggio terreno o completamente istintivo. Un uomo isolato dal mare può salvarsi se rischia la vita sul precipizio. Solo restando continuamente a un passo dalla morte riesce a evitarla. Un soldato circondato dai nemici, se deve aprirsi un varco, deve provare un forte desiderio di vivere e al tempo stesso non curarsi di morire. Non deve soltanto aggrapparsi alla vita, perché in tal caso sarà un codardo, e non avrà scampo. Non deve semplicemente attendere la morte, perché finirà per suicidarsi, e non avrà scampo. Deve cercare la propria vita nello spirito di una furiosa indifferenza verso di essa; deve desiderare la vita come l’acqua, eppure bere la morte come il vino. Nessun filosofo, immagino, ha mai espresso questo romantico enigma con adeguata lucidità, e di certo non l’ho fatto nemmeno io. Ma il cristianesimo ha fatto di più: ne ha segnato i limiti sulle terrificanti tombe del suicida e dell’eroe, mostrando la distanza tra colui che muore per amore della vita e colui che muore per amore della morte. E da allora ha levato in alto le lance europee con lo stendardo del mistero della cavalleria: il coraggio cristiano, che è disprezzo della morte, e non il coraggio cinese, che è disprezzo della vita.

E adesso comincio a scoprire che questa duplice passione era la chiave cristiana per l’etica in ogni luogo. Dovunque il credo ha cambiato in moderazione questo scontro permanente di due emozioni impetuose. Prendete, per esempio, la questione della modestia, dell’equilibrio tra il semplice orgoglio e la pura prostrazione. Il pagano medio, come l’agnostico medio, direbbe semplicemente di essere contento di sé, senza essere insolentemente compiaciuto, che c’erano molti meglio e molti peggio, che i suoi meriti erano limitati, ma che era certo di averne. In breve, avrebbe camminato con la testa in aria, ma non necessariamente con il naso in aria. Questa è una posizione virile e razionale, ma è aperta all’obiezione che abbiamo sollevato contro il compromesso tra ottimismo e pessimismo – la «rassegnazione» di Matthew Arnold. Essendo una mescolanza di due cose che in questo modo risultano diluite, nessuna delle due è presente in tutta la sua forza né palesa la pienezza dei suoi colori. Tale misurato orgoglio non solleva il cuore come il suono delle trombe; non vi consente di andare vestiti di oro e di porpora. D’altra parte, la modestia di questo tiepido razionalista non purifica l’anima col fuoco per renderla limpida come cristallo; non trasforma un uomo (come farebbe una rigorosa e intensa umiltà) in un bambino, che possa stare seduto ai piedi dell’erba. Non gli fa sollevare lo sguardo e vedere cose meravigliose; perché Alice deve rimpicciolire se deve essere Alice nel Paese delle Meraviglie. È così che tale qualità perde sia la poesia dell’orgoglio sia quella dell’umiltà. Il cristianesimo ha cercato di salvare entrambe con questo stesso strano espediente.

Ha separato le due idee e poi le ha spinte entrambe all’esagerazione. In un certo senso l’Uomo dovrebbe essere più orgoglioso di quanto sia mai stato prima; in un altro senso dovrebbe essere più umile di quanto sia mai stato prima. In quanto Uomo, sono il primo delle creature. In quanto uomo, sono il primo dei peccatori. Ogni umiltà che avesse significato pessimismo, che avesse significato che l’uomo reputava tutto il suo destino qualcosa di vago o di squallido, doveva scomparire. Non avremmo più dovuto sentire il lamento dell’Ecclesiaste in cui si dice che l’umanità non ha predominio sulle creature selvagge, o lo spaventoso grido di Omero secondo il quale l’uomo è soltanto la più triste di tutte le bestie dei campi. L’Uomo era un simulacro di Dio che camminava nel giardino. L’Uomo aveva il predominio su tutte le creature selvagge, l’uomo era triste solo perché non era una bestia, ma un dio decaduto. I greci avevano parlato di uomini che strisciavano sulla terra come se si aggrappassero a essa. Ora l’Uomo avrebbe calpestato la terra come per sottometterla. Il cristianesimo dunque implicava un’idea della dignità umana che poteva essere espressa solo con corone raggiate come il sole e ventagli di piume di pavone. Tuttavia, allo stesso tempo avrebbe contemplato un’idea dell’abbietta piccolezza dell’uomo che poteva essere espressa nei digiuni e nelle inverosimili sottomissioni, nelle grigie ceneri di san Domenico e nelle nevi bianche di san Bernardo. Quando un uomo è giunto a prendere coscienza di se stesso, si fanno strada un panorama e un vuoto sufficienti per qualsiasi somma di desolata abnegazione e amara verità. Il gentiluomo realista poteva lasciarsi andare – finché lasciava andare se stesso a se stesso. C’era un campo aperto per il pessimista felice. Che dicesse pure qualunque cosa contro di sé, ma non bestemmiasse il fine originale del suo essere; che chiamasse se stesso idiota e anche maledetto idiota (anche se questo è un tratto calvinista), ma non dicesse che gli idioti non sono degni di salvezza. Non doveva dire che un uomo, in quanto uomo, può essere privo di valore. Ecco che di nuovo, in sintesi, il cristianesimo superava la difficoltà di unire opposti furiosi, mantenendoli entrambi, e mantenendo entrambi furiosi. La Chiesa era positiva su entrambi i punti. È difficile che si possa pensare troppo poco a se stessi. È difficile che si possa pensare troppo alla propria anima.

Prendiamo un altro caso: la complicata questione della carità, che alcuni idealisti molto poco caritatevoli sembrano considerare assai semplice. La carità è un paradosso, come la modestia e il coraggio. Definita in modo nudo e crudo, carità significa certamente una delle due cose: perdonare atti imperdonabili o voler bene a persone che è impossibile amare. Ma se ci domandiamo (come abbiamo fatto nel caso dell’orgoglio) che cosa penserebbe un pagano sensato riguardo a questo argomento, probabilmente cominceremmo col partire dal fondo. Un pagano sensato direbbe che esistono persone che si possono perdonare e altre che non si possono perdonare: uno schiavo che ha rubato del vino potrebbe essere schernito; uno schiavo che ha tradito il suo benefattore potrebbe essere ucciso e insultato anche dopo essere stato ammazzato. Fin dove l’atto è perdonabile, l’uomo è perdonabile. Questo è altrettanto razionale e persino rasserenante, ma è un diluire. Non lascia spazio al puro orrore dell’ingiustizia. Non lascia spazio alla pura tenerezza verso gli uomini in quanto tali, che è ciò in cui risiede tutto il fascino di chi è caritatevole. Come prima, il cristianesimo è arrivato anche qui. È arrivato di colpo come una spada e ha separato una cosa dall’altra. Ha diviso il crimine dal criminale. Il criminale che dobbiamo perdonare fino a settanta volte sette. Il crimine che non dobbiamo perdonare affatto. Non era abbastanza che gli schiavi che rubavano il vino ispirassero in parte collera e in parte clemenza. Dobbiamo essere molto più intransigenti di prima verso il furto e tuttavia molto più clementi di prima con i ladri. L’amore e la collera hanno tutto lo spazio per esprimersi liberamente. E più studiavo il cristianesimo, più scoprivo che, mentre aveva stabilito ordine e regole, lo scopo principale di quell’ordine e di quelle regole era dare spazio alle cose buone affinché potessero esprimersi liberamente.

La libertà mentale ed emotiva non è tanto semplice quanto sembra. In realtà, richiede un attento equilibrio di leggi e condizioni quasi come la libertà politica e sociale. Il comune esteta anarchico che si propone di sentire ogni cosa liberamente, alla fine resta impigliato in un paradosso che gli impedisce di sentire del tutto. Egli rompe con i limiti imposti dalla famiglia per seguire la poesia. Ma nello smettere di sentire i limiti della famiglia, ha smesso di sentire l’ Odissea . È libero dai pregiudizi nazionali ed è lontano dal patriottismo. Ma essere lontano dal patriottismo vuol dire essere lontano dall’ Enrico V 12. Un simile letterato è semplicemente lontano da tutta la letteratura: è più prigioniero di un qualsiasi bigotto. Perché se c’è un muro tra voi e il mondo, non fa alcuna differenza se vi descrivete come chiusi dentro o chiusi fuori. Ciò che vogliamo non è l’universalità che sta fuori da tutti i sentimenti normali: vogliamo l’universalità che sta dentro tutti i sentimenti normali. La differenza è tutta tra l’essere liberi da essi come un uomo è libero da una prigione, ed essere liberi da essi come un uomo è libero da una città. Io sono libero dal castello di Windsor (cioè non vi sono detenuto forzatamente), ma non sono affatto libero dall’edificio. Come può un uomo essere più o meno libero dalle belle emozioni, capace di farle danzare in uno spazio sgombro da contrasti ed errori? Questa era la conquista del paradosso cristiano delle passioni parallele. Nell’ammettere il dogma primario della guerra tra ciò che è divino e ciò che è diabolico, la rivolta e la rovina del mondo, l’ottimismo e il pessimismo, in quanto pura poesia, potrebbero riversarsi come cateratte.

San Francesco, lodando tutte le cose buone, poteva essere un ottimista più acceso di Walt Whitman. San Girolamo, nel condannare ogni male, poteva dipingere il mondo più nero di Schopenhauer. Entrambe le passioni erano libere perché entrambe erano mantenute al loro posto. L’ottimista poteva spargere tutte le lodi che voleva sulle note allegre di una marcia militare, sulle trombe d’oro e sugli stendardi color porpora che vanno in battaglia. Ma non doveva definire inutile il combattimento. Il pessimista poteva dipingere a tinte le più fosche possibili le marce massacranti o le ferite insanguinate, ma non doveva definire la lotta senza speranza, così come tutti gli altri problemi morali: l’orgoglio, la disubbidienza e la compassione. Nel definire la sua principale dottrina, la Chiesa non solo ha tenuto cose apparentemente incoerenti una accanto all’altra, ma, più ancora, ha permesso loro di esplodere in una specie di artistica violenza altrimenti possibile solo agli anarchici. La mansuetudine è diventata ancora più drammatica della pazzia. Il cristianesimo storico è sorto con un clamoroso coup de théâtre morale di cose che stanno alla virtù come i crimini di Nerone stanno ai vizi. Gli spiriti dell’indignazione e della carità assumevano forme terribili e seducenti, che andavano da quella ferocia monastica che flagellava il primo e più grande dei plantageneti 13 come un cane, alla sublime pietà di santa Caterina, che baciava le teste insanguinate dei condannati ai pubblici patiboli. La poesia poteva essere recitata oltre che scritta. Questo modo eroico e monumentale di esprimere l’etica è completamente scomparso con la religione soprannaturale. Questi poeti, nella loro umiltà, potevano esibirsi, ma noi siamo troppo orgogliosi per esporci. I nostri maestri di etica scrivono cose ragionevoli sulla riforma delle prigioni, ma è molto improbabile che vedremo il signor Cadbury 14, o un qualsiasi filantropo di spicco, recarsi alle carceri di Reading e abbracciare il cadavere di un impiccato prima che lo buttino nella calce viva. I nostri maestri di etica scrivono moderatamente contro il potere dei milionari, ma è molto improbabile che vedremo Rockefeller, o un qualsiasi moderno tiranno, frustato pubblicamente nell’Abbazia di Westminster.

Così, la doppia accusa dei secolaristi, benché sia servita solo a gettare tenebre e confusione su loro stessi, getta una vera luce sulla fede. È vero che la Chiesa storica ha esaltato il celibato e nello stesso tempo la famiglia; essa è anche stata (per così dire) fortemente favorevole e fortemente contraria al fatto di avere figli. Ha tenuto queste due posizioni insieme una accanto all’altra, come due colori forti, bianco e rosso, come il rosso sul bianco dello scudo di san Giorgio. Ha sempre avuto una sana avversione per il rosa. Odia quella combinazione di due colori che è il fiacco espediente dei filosofi. Odia l’evoluzione del nero nel bianco che è l’equivalente di un grigio sporco. Infatti, l’intera teoria della Chiesa sulla verginità può essere simboleggiata dalla definizione che il bianco è un colore: non semplicemente l’assenza di un colore. Tutto ciò che voglio dimostrare qui può essere espresso dicendo che il cristianesimo cercava, nella maggior parte di questi casi, di mantenere i due colori insieme ma distinti. Non è una mescolanza come il rossastro o il viola; è piuttosto come la seta iridescente, perché la seta iridescente è sempre tessuta ad angoli retti e segue lo schema della croce.

Così è anche, naturalmente, con le accuse contraddittorie degli anticristiani sulla sottomissione e il massacro. È vero che la Chiesa ha ordinato ad alcuni uomini di combattere e ad altri di non combattere; ed è vero che coloro che hanno combattuto erano come folgori e coloro che non hanno combattuto erano come statue. Tutto questo significa semplicemente che la Chiesa ha preferito servirsi dei suoi superuomini come dei suoi tolstoiani. Deve esserci qualcosa di buono nella vita militare, perché tanti uomini buoni hanno apprezzato il fatto di essere dei soldati. Deve esserci qualcosa di buono nell’idea di non violenza, perché tanti uomini buoni sembrano contenti di essere quaccheri. Tutto ciò che ha fatto la Chiesa (per quanto la riguarda) è stato impedire che ciascuna di queste due cose buone escludesse l’altra. Esistevano una di fianco all’altra. I tolstoiani, avendo tutti gli scrupoli dei monaci, sono semplicemente diventati monaci. I quaccheri sono diventati un club invece di diventare una setta. I monaci hanno detto tutto ciò che dice Tolstoj; hanno riversato lucide lamentazioni sulla crudeltà delle battaglie e la vanità della vendetta. Ma i tolstoiani non hanno abbastanza ragione per governare il mondo intero, e nel Medioevo non avrebbero avuto il permesso di farlo. Il mondo non ha perso l’ultima carica di Sir James Douglas 15 o lo stendardo di Giovanna la Pulzella. E talvolta questa bontà pura e questa ferocia pura si sono incontrate e hanno giustificato il loro legame; il paradosso di tutti i profeti è stato compiuto e, nell’anima di san Luigi 16, il leone ha giaciuto con l’agnello. Ma ricordiamoci che questo testo è interpretato con troppa leggerezza. È costantemente ribadito, specialmente nelle nostre associazioni tolstoiane, che quando il leone giace con l’agnello, il leone diventa simile all’agnello. Ma che da parte dell’agnello ci sarebbe una brutale attitudine imperialista. Vale a dire, semplicemente, che è l’agnello ad assorbire il leone invece che il leone a mangiare l’agnello. Il vero problema è: può il leone giacere con l’agnello e mantenere ancora la sua regale ferocia? Questo è il problema che la Chiesa ha risolto, questo è il miracolo che ha compiuto.

Questo è ciò che ho chiamato indovinare le eccentricità nascoste della vita. Questo è sapere che il cuore di un uomo è a sinistra e non al centro. Questo è non solo sapere che la terra è rotonda, ma sapere esattamente dove è piatta. La dottrina cristiana ha indagato le stranezze della vita. Non solo ha scoperto la legge, ma ha previsto le eccezioni. Sottovalutano il cristianesimo coloro che affermano che ha scoperto la pietà; chiunque può scoprire la pietà. Infatti, tutti l’hanno scoperta. Ma scoprire un modo per essere pietosi e anche severi: questo significava anticipare uno strano bisogno della natura umana. Perché nessuno vuole essere perdonato di un grave peccato come se si trattasse di un peccato da poco. Chiunque potrebbe dire che non dovremmo essere né completamente miserabili né completamente felici. Ma trovare fino a che punto si può essere completamente miserabili senza rendere impossibile l’essere completamente felici: questa è una scoperta della psicologia. Chiunque potrebbe dire: «Né spavaldi, né remissivi», e ciò sarebbe un limite. Ma dire: «Qui puoi essere spavaldo e lì puoi essere remissivo» è un’emancipazione.

Questo è il grosso fatto del cristianesimo: la scoperta del nuovo equilibrio. Il paganesimo è stato come un pilastro di marmo, dritto perché proporzionato in modo simmetrico. Il cristianesimo è stato come un’enorme e romantica roccia frastagliata, che, anche se toccandola oscilla sul suo piedestallo, tuttavia, poiché le sue esagerate irregolarità sono in equilibrio tra loro, si stagliava là da mille anni. In una cattedrale gotica le colonne sono tutte diverse, ma tutte necessarie. Ogni supporto sembra casuale e fantasioso, ogni arco è un arco rampante. Così nel cristianesimo le casualità apparenti si equilibrano. Becket indossava un cilicio sotto l’oro e la porpora, e c’è molto da dire riguardo a questa associazione, perché Becket aveva il beneficio del cilicio mentre la gente che passava per strada aveva il beneficio dell’oro e della porpora. Almeno, tale condotta è migliore di quella del moderno milionario, che ha il nero e l’avana all’esterno per gli altri e l’oro vicino al cuore. Ma l’equilibrio non sempre risiedeva nel corpo di un solo uomo come in Becket; l’equilibrio era spesso distribuito nel corpo dell’intera cristianità. Poiché un uomo pregava e digiunava tra le nevi del nord, dei fiori potevano essere lanciati alla sua festa nelle città del sud; e poiché dei fanatici bevevano dell’acqua sulle dune dei deserti della Siria, gli uomini potevano ancora bere sidro negli orti dell’Inghilterra. Questo è ciò che rende il cristianesimo molto più sconcertante e al tempo stesso molto più interessante dell’impero pagano; proprio come la cattedrale di Amiens non è più bella ma è più interessante del Partenone. Se qualcuno desidera una prova moderna di tutto ciò, consideri il fatto curioso che, sotto il cristianesimo, l’Europa (pur restando unita) si è frazionata in nazioni individuali. Il patriottismo è un perfetto esempio di questo deliberato equilibrio di un’esaltazione contro un’altra esaltazione. L’istinto dell’impero pagano avrebbe detto: «Sarete tutti cittadini romani, e diventerete uguali; che i tedeschi diventino meno lenti e rispettosi, i francesi meno rapidi ed empirici». L’istinto dell’Europa cristiana dice: «Che i tedeschi rimangano lenti e rispettosi; che i francesi possano essere più rapidi ed empirici in tutta sicurezza. Faremo in modo che si crei un equipoise 17 da tutti questi eccessi. L’assurdità chiamata Germania correggerà la follia chiamata Francia».

Ultimo e più importante, è quello che spiega ciò che è così inspiegabile per tutti i critici moderni della storia del cristianesimo. Intendo le guerre mostruose intorno a certi cavilli della teologia, i terremoti emotivi per un gesto o per una parola. Era solo una questione di un centimetro; ma un centimetro è tutto quando si cerca l’equilibrio. La Chiesa non poteva permettersi di sgarrare di un capello su alcune cose se desiderava continuare il suo grande e rischioso esperimento di equilibrio irregolare.È sufficiente che un’idea risulti meno forte, che qualche altra idea diventi subito più potente. Il cristianesimo non si stava prendendo cura di un gregge di pecore, ma di una mandria di tori e di un branco di tigri con ideali terribili e dottrine che divorano, ognuna di esse abbastanza forte per trasformarsi in una falsa religione e devastare il mondo. Non dimentichiamo che la Chiesa si è dedicata in modo specifico alle idee pericolose, è stata una domatrice di leoni. La nascita per mezzo dello Spirito Santo, la morte di un essere divino, il perdono dei peccati o il compiersi delle profezie sono idee che, chiunque lo può capire, basta un nulla perché si trasformino in qualcosa di blasfemo e feroce. Sarebbe stato sufficiente che gli artefici del Mediterraneo lasciassero cadere anche il più piccolo anello perché il leone del pessimismo ancestrale spezzasse la catena nelle foreste dimenticate del Nord. Ma di queste omologazioni teologiche parlerò più avanti. Qui mi basta sottolineare che se fosse stato commesso qualche piccolo errore nella dottrina, le conseguenze negative sulla felicità umana sarebbero state enormi. Una frase pronunciata in modo sbagliato sulla natura del simbolismo avrebbe fracassato le più belle statue d’Europa. Uno sproposito nelle definizioni avrebbe fermato tutte le danze; avrebbe potuto far seccare tutti gli alberi di Natale e rompere tutte le uova di Pasqua. Le dottrine dovevano essere definite entro limiti stretti, affinché anche l’uomo potesse godere delle fondamentali libertà umane. La Chiesa doveva essere prudente, se non altro perché il mondo poteva essere incauto.

Questo è il romanzo emozionante dell’ortodossia . La gente ha acquisito la stolta abitudine di parlare dell’ortodossia come di qualcosa di pesante, monotono e sicuro. Non c’è mai stato niente di così rischioso o di così emozionante come l’ortodossia. Era assennatezza: ed essere sani di mente è più drammatico dell’essere pazzi. Era l’equilibrio dell’uomo che tiene le redini di cavalli che corrono all’impazzata, il quale sembra pendere da una parte e oscillare dall’altra, eppure in ogni atteggiamento possiede la grazia di una statua scolpita ad arte e la precisione della matematica. La Chiesa nei suoi primi tempi era fiera e veloce come un cavallo da guerra; tuttavia, è estremamente antistorico affermare che sia impazzita inseguendo puramente un’idea, alla stregua di un volgare fanatismo. Deviava bruscamente a destra e a sinistra, in modo da evitare ostacoli immensi. Ha lasciato da parte l’enorme mole dell’arianesimo, sostenuto da tutti i poteri terreni che volevano rendere il cristianesimo troppo terreno. Subito dopo ha dovuto cambiare di nuovo direzione per evitare un orientalismo che l’avrebbe resa troppo ultraterrena. La Chiesa ortodossa non ha mai scelto di percorrere la via già battuta o di accettare le convenzioni; la Chiesa ortodossa non è mai stata conformista. Sarebbe stato facile accettare il potere terreno degli ariani. Sarebbe stato facile, nel XVII secolo calvinista, cadere nel pozzo senza fondo della predestinazione.

È facile essere un matto; è facile essere un eretico. È sempre facile seguire la mentalità del tempo, il difficile e continuare a ragionare con la propria testa. È sempre facile essere un modernista; è facile essere uno snob. Sarebbe stato davvero molto semplice cadere per errore ed eccesso in una di quelle trappole che, una moda dopo l’altra e una setta dopo l’altra, sono state poste nel corso della storia lungo il percorso della Chiesa. È sempre semplice cadere; vi è un’infinità di angoli ai quali si può cadere, ce n’è uno solo dove si sta in piedi. Cadere in una moda qualsiasi, dallo gnosticismo alla Christian Science 18, sarebbe stato davvero ovvio e conformista. Ma avere evitato tutto questo è stata un’esaltante avventura; e nella mia visione il carro celeste vola come un tuono attraverso le epoche, mentre le vane eresie crollano sconfitte, e la verità, indomita, oscilla ma resta in piedi.

1 La data di pubblicazione del libro è il 1908. È generalmente accettato il fatto che la prima spedizione al Polo Nord sia avvenuta nell’aprile 1909, da parte dell’afroamericano Matthew Henson e dell’ingegnere angloamericano Robert Edwin Peary, insieme a quattro inuit di nome Ootah, Seegloo, Egingway e Ooqueah. Benché Peary credesse ingenuamente di avere raggiunto il Polo Nord, alcune ricerche del 1990 suggeriscono che fosse in realtà arrivato a 40 chilometri dal Polo, lasciando il merito della prima indiscussa visita al Polo Nord all’esploratore norvegese Roald Amundsen e al suo sponsor americano Lincoln Ellsworth, nel 1926.

2 Uno dei sette antichi regni anglosassoni, in quella che ora è l’Inghilterra nella regione delle Midlands, il cui cuore era la valle del fiume Trent e dei suoi affluenti.

3 Il cuore di Midlothian è un mosaico a forma di cuore che si trova a Edimburgo a metà del Royal Mile,il celebre miglio che collega il palazzo reale di Holyrood al Castello della città, all’altezza della porta ovest della cattedrale di St. Giles (nella zona detta High Street).

4 Il più popolare dei labirinti di siepi britannico, nei giardini del palazzo reale di Hampton Court sul Tamigi, a circa 25 km a sud-ovest di Londra.

5 Quartieri nelle zone centro-occidentale e meridionale di Londra.

6 Charles Bradlaugh (1833-1891). Attivista politico e ateo militante inglese, diresse il giornale laicista «The National Reformer», accusato di blasfemia ed eversione, e nel 1866 fondò la National Secular Society, organizzazione per la promozione del secolarismo laico e della libertà religiosa. Sostenitore del repubblicanesimo, dell’antimperialismo e di cause sociali come il suffragio femminile e il controllo delle nascite, fu il primo ateo a diventare Membro del Parlamento inglese. Espulso dalla Camera dei Comuni per essersi rifiutato di giurare sulla Bibbia, condusse una grande campagna per consentire anche agli atei di sedere in Parlamento.

7 Thomas Paine (1737-1809). Rivoluzionario, politico, intellettuale, idealista e studioso inglese, è considerato uno dei Padri fondatori degli Stati Uniti d’America. La figura di Thomas Paine è legata, tra altre, alla Constitutional Society e alla Revolution Society, due associazioni radicali sostenute da gruppi religiosi non conformisti, i cui membri si ritenevano infatti discendenti della Rivoluzione inglese seicentesca.

8 Robert Green Ingersoll (1833-1899). Colonnello e veterano della Guerra Civile americana, fu un leader politico e un celebre oratore durante l’Età dell’oro del Libero pensiero. La sua difesa dell’agnosticismo e le sue idee radicali sulla religione, la schiavitù e il voto alle donne ne ostacolarono la carriera politica.

9 Charles Algernon Swinburne, Hymn to Proserpine (1866). Swinburne (1837-1909) è stato un poeta decadente inglese. Considerato l’erede di Tennyson e Browning, nella prima fase della sua carriera trattò numerosi temi controversi come il sadomasochismo e l’anticristianesimo, per poi dedicarsi essenzialmente a tematiche filosofiche e politiche.

10 Jacques Bénigne Bossuet (1627-1704). Scrittore, vescovo cattolico, teologo e predicatore francese.

11 Thomas Becket (1118-1170). Lord Cancelliere del Regno d’Inghilterra dal 1154, fu eletto arcivescovo di Canterbury e primate d’Inghilterra nel 1162. Ostile ai propositi di Enrico II di ridimensionamento dei privilegi ecclesiastici, venne ucciso (forse per ordine del sovrano) nel 1170. Nel 1173 fu proclamato santo e martire da papa Alessandro III.

12 Dramma storico di William Shakespeare composto tra il 1598 ed il 1599.

13 Riferimento alla penitenza pubblica inflitta a Enrico II d’Inghilterra (1133-1189), responsabile indiretto della morte di Thomas Becket. Dopo aver trascorso un giorno e una notte in preghiera davanti al feretro dell’arcivescovo, dovette denudarsi ed essere fustigato davanti ai 70 monaci del capitolo della cattedrale. Dopodiché ottenne l’assoluzione.

14 George Cadbury (1839-1922). Uomo d’affari liberale e filantropo, fondò la fabbrica di cioccolato che porta il suo nome. Era proprietario del «Daily News», con il quale Chesterton collaborava regolarmente.

15 Sir James Douglas (noto anche con il nome di Black Douglas, 1286-1330). Condottiero scozzese, prese parte alle Guerre di indipendenza scozzesi. Era figlio di Sir William Douglas il Coraggioso, uno dei sostenitori di William Wallace.

16 Luigi IX di Francia, canonizzato e conosciuto come il Santo (1214-1270), fu re di Francia dal 1226 alla sua morte.

17 Uguaglianza nella distribuzione, a partire da peso, rapporto o forze emotive; equilibrio. Un contrappeso; un bilanciamento (American Heritage Dictionary, Houhgton Miffin Company, 2000).

18 La Chiesa del Cristo Scientista (Christian Science) è un movimento religioso fondato nel 1879 negli Stati Uniti d’America da Mary Backer Eddy (1821-1910). D’obbedienza protestante e non trinitaria, ha come missione quella di ripristinare il cristianesimo primitivo e i suoi particolari aspetti taumaturgici. La chiesa madre di questo movimento, la Prima Chiesa del Cristo, Scientista, ha sede a Boston (Stati Uniti).

 

[…] continua