Mons. Louis Vangeke
primo sacerdote e primo vescovo nativo della Papua Nuova Guinea
In Australia, il 3 dicembre, Paolo VI celebra nella Cattedrale di Sydney l’ordinazione episcopale del primo sacerdote e primo vescovo nativo della Papua Nuova Guinea, mons. Louis Vangeke (1904-1982), che dieci anni dopo (nel 1980) ho potuto intervistare a Bereina in Papua. Ricordava commosso Paolo VI e mi raccontava la sua vita, che sintetizza bene il cammino del Vangelo agli estremi confini della terra.
Nato nel 1904, mons. Louis Vangeke diceva con molta semplicità che nella sua etnia e nel suo villaggio si praticava il cannibalismo. Lui si era convertito a Cristo a 17 anni, dopo aver frequentato la scuola dei Missionari del Sacro Cuore. Venne mandato in seminario nell’isola di Madagascar e tornò in Papua sacerdote nel 1938, accolto bene nel suo villaggio nativo. Ma, diceva, “mio padre era un famoso stregone e venivano a lui anche da lontano per farsi curare. Quando morì io ero già sacerdote e gli anziani del villaggio insistevano perché continuassi la sua professione. Allora ho preso tutti gli strumenti della sua stregoneria e li ho bruciati al centro del villaggio. Poi ho dovuto scappare perché volevano farmi la pelle. Quella volta ho proprio sbagliato! Sono rimasto assente per trent’anni, sono tornato da vescovo e il capo villaggio mi ha consegnato le insegne di “capo”, in segno dell’amicizia ritrovata (una collana con denti di pantera)”. E’ poi morto nel 1982 a Bereina, la città di cui è stato vescovo. (Si veda P. Gheddo, “La vita avventurosa del primo vescovo papua”, in “Mondo e Missione”, gennaio 1982, pagg. 57-58.
IL VESCOVO FIGLIO DI UNO STREGONE CANNIBALE
«MIO PADRE – mi dice Mons. Louis Vangeke – era un famoso stregone. Venivano a lui anche da lontano per farsi curare. Quando morì, io ero già sacerdote, ma i vecchi del villaggio insistevano che io continuassi la sua professione. Allora ho preso gli strumenti della stregoneria di mio padre, ho chiamato la gente sulla piazza del villaggio e li ho bruciati. Naturalmente poi ho dovuto scappare, perché volevano farmi la pelle».
«Sono stato assente dalla regione per trent’anni, poi, quando sono diventato Vescovo nel 1970, il mio villaggio mi ha perdonato ed i suoi rappresentanti sono venuti a portarmi le insegne di capo in segno di un’amicizia ritrovata. Ma debbo dire che quando ho bruciato i ricordi di mio padre ho sbagliato: ho offeso tutta la tribù, mentre potevo far capire in un altro modo la mia volontà di non fare lo stregone».
Luis Vangeke è un bel vecchietto sorridente, semplice e furbo. Ci tiene a farsi fotografare con le insegne di capo tribù (…). È il primo sacerdote e il primo Vescovo indigeno della Chiesa cattolica in Papua Nuova Guinea. L’ho intervistato nella sua casa episcopale a Bereina, una casetta in legno su palafitte, a luci spente, nel buio notturno, per non attirare moscerini e zanzare.
Mons. Vangeke mi confida che in casa sua, quando era giovane, prima di convertirsi a 18 anni, si mangiava carne umana quando c’erano sacrifici rituali. Poi è diventato cattolico frequentando la scuola delle suore francesi.
Dopo il fidanzamento con una ragazza della sua tribù, un missionario francese gli disse: «Tu sarai il primo sacerdote della razza papua». «Non ne sono degno – rispose Luis Vangeke -, e poi mio padre è stregone e cannibale». «Sapessi quanti cannibali ci sono anche in Francia e in Europa – gli disse il missionario -. Nessuno di noi è degno di essere sacerdote. Bisogna solo rispondere di sì alla chiamata del Signore». Così Luis Vangeke è diventato il primo sacerdote e Vescovo della razza papua (…). P. Gheddo (da: Il Vangelo delle 7.19 -, Bologna 1991, pp. 86-87)
“L’Oasi di Engaddi” – “Il Regno è già in mezzo a voi”(Lc.17,20)