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Ven. Lug 4th, 2025

Mons. Louis Vangeke

primo sacerdote e primo vescovo nativo della Papua Nuova Guinea

In Australia, il 3 dicembre, Paolo VI celebra nella Cattedrale di Sydney l’ordinazione episcopale del primo sacerdote e primo vescovo nativo della Papua Nuova Guinea, mons. Louis Vangeke (1904-1982), che dieci anni dopo (nel 1980) ho potuto intervistare a Bereina in Papua. Ricordava commosso Paolo VI e mi  raccontava la sua vita, che sintetizza bene il cammino del Vangelo agli estremi confini della terra.

Nato nel 1904, mons. Louis Vangeke diceva con molta semplicità che nella sua etnia e nel suo villaggio si praticava il cannibalismo. Lui si era convertito a Cristo a 17 anni, dopo aver frequentato la scuola dei Missionari del Sacro Cuore. Venne mandato in seminario nell’isola di Madagascar e tornò in Papua sacerdote nel 1938, accolto bene nel suo villaggio nativo. Ma, diceva, “mio padre era un famoso stregone e venivano a lui anche da lontano per farsi curare. Quando morì io ero già sacerdote e gli anziani del villaggio insistevano perché continuassi la sua professione. Allora ho preso tutti gli strumenti della sua stregoneria e li ho bruciati al centro del villaggio. Poi ho dovuto scappare perché volevano farmi la pelle. Quella volta ho proprio sbagliato! Sono rimasto assente per trent’anni, sono tornato da vescovo e il capo villaggio mi ha consegnato le insegne di “capo”, in segno dell’amicizia ritrovata (una collana con denti di pantera)”. E’ poi morto nel 1982 a Bereina, la città di cui è stato vescovo. (Si veda P. Gheddo, “La vita avventurosa del primo vescovo papua”, in “Mondo e Missione”, gennaio 1982, pagg. 57-58.

 

IL VESCOVO FIGLIO DI UNO STREGONE CANNIBALE

«MIO PADRE – mi dice Mons. Louis Vangeke – era un famoso stregone. Ve­nivano a lui anche da lontano per farsi curare. Quando morì, io ero già sacerdote, ma i vecchi del villaggio insistevano che io continuassi la sua profes­sione. Allora ho preso gli strumenti della stregoneria di mio padre, ho chiamato la gente sulla piazza del villaggio e li ho bruciati. Naturalmente poi ho dovuto scappare, perché volevano farmi la pelle».

«Sono stato assente dalla regione per trent’anni, poi, quando sono diventa­to Vescovo nel 1970, il mio villaggio mi ha perdonato ed i suoi rappresentanti sono venuti a portarmi le insegne di capo in segno di un’amicizia ritrovata. Ma debbo dire che quando ho bruciato i ricordi di mio padre ho sbagliato: ho offeso tutta la tribù, mentre potevo far capire in un altro modo la mia volontà di non fare lo stregone».

Luis Vangeke è un bel vecchietto sorridente, semplice e furbo. Ci tiene a farsi fotografare con le insegne di capo tribù (…). È il primo sacerdote e il primo Ve­scovo indigeno della Chiesa cattolica in Papua Nuova Guinea. L’ho intervistato nella sua casa episcopale a Bereina, una casetta in legno su palafitte, a luci spen­te, nel buio notturno, per non attirare moscerini e zanzare.

Mons. Vangeke mi confida che in casa sua, quando era giovane, prima di convertirsi a 18 anni, si mangiava carne umana quando c’erano sacrifici rituali. Poi è diventato cattolico frequentando la scuola delle suore francesi.

Dopo il fidanzamento con una ragazza della sua tribù, un missionario fran­cese gli disse: «Tu sarai il primo sacerdote della razza papua». «Non ne sono degno – rispose Luis Vangeke -, e poi mio padre è stregone e cannibale». «Sapessi quanti cannibali ci sono anche in Francia e in Europa – gli disse il mis­sionario -. Nessuno di noi è degno di essere sacerdote. Bisogna solo rispondere di sì alla chiamata del Signore». Così Luis Vangeke è diventato il primo sacerdote e Vescovo della razza papua (…). P. Gheddo  (da: Il Vangelo delle 7.19 -, Bologna 1991, pp. 86-87)

“L’Oasi di Engaddi” – “Il Regno è già in mezzo a voi”(Lc.17,20)

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