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Ven. Lug 4th, 2025

La Trinità

Così si esprime il Catechismo della Chiesa Cattolica a proposito della Trinità:

III. La Santissima Trinità nella dottrina della fede.

LA FORMAZIONE DEL DOGMA TRINITARIO

249 – La verità rivelata della Santissima Trinità è stata, fin dalle origini, alla radice della fede vivente della Chiesa, principalmente per mezzo del Battesimo. Trova la sua espressione nella regola della fede battesimale, formulata nella predicazione, nella catechesi e nella preghiera della Chiesa. Simili formulazioni compaiono già negli scritti apostolici, come ad esempio questo saluto, ripreso nella liturgia eucaristica: «La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13,13),

250 – Nel corso dei primi secoli, la Chiesa ha cercato di formulare in maniera più esplicita la sua fede trinitaria, sia per approfondire la propria intelligenza della fede, sia per difenderla contro errori che la alteravano. Fu questa l’opera degli antichi Concili, aiutati dalla ricerca teologica dei Padri della Chiesa e sostenuti dal senso della fede del popolo cristiano.

251 – Per la formulazione del dogma della Trinità, la Chiesa ha dovuto sviluppare una terminologia propria ricorrendo a nozioni di origine filosofica: «sostanza», «persona» o «ipostasi o, «relazione», ecc. Così facendo, non ha sottoposto la Fede ad una sapienza umana, ma ha dato un significato nuovo, insolito a questi termini assunti ora a significare anche un mistero inesprimibile, «infinitamente al di là di tutto ciò che possiamo concepire a misura d’uomo ».

252 – La Chiesa adopera il termine «sostanza» (reso talvolta anche con «essenza» o «natura») per designare l’Essere divino nella sua unità, il termine «persona o « ipostasi per designare il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo nella loro reale distinzione reciproca, il termine «relazione» per designare il fatto che la distinzione tra le Persone divine sta nel riferimento delle une alle altre.

IL DOGMA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ

253 – La Trinità è Una. Noi non confessiamo tre dèi, ma un Dio solo in tre Persone: «la Trinità consostanziale».« Le Persone divine non si dividono l’unica divinità, ma ciascuna di esse è Dio tutto intero: «Il Padre è tutto ciò che è il Figlio, il Figlio tutto ciò che è il Padre, lo Spirito Santo tutto ciò che è il Padre e il Figlio, cioè un unico Dio quanto alla natura». «Ognuna delle tre Persone è quella realtà, cioè la sostanza, l’essenza o la natura divina.

254 – Le Persone divine sono realmente distinte tra loro. «Dio è unico ma non solitario. «Padre», «Figlio» e «Spirito Santo» non sono semplicemente nomi che indicano modalità dell’Essere divino; essi infatti sono realmente distinti tra loro: «Il Figlio non è il Padre, il Padre non è il Figlio, e lo Spirito Santo non è il Padre o il Figlio». Sono distinti tra loro per le loro relazioni di origine: «È il Padre che genera, il Figlio che è generato, lo Spirito Santo che procede». L’Unità divina é Trina.

255 – Le Persone divine sono relative le une alle altre. La distinzione reale delle Persone divine tra loro, poiché non divide l’unità divina, risiede esclusivamente nelle relazioni che le mettono in riferimento le une alle altre: «Nei nomi relativi delle Persone, il Padre è riferito al Figlio, il Figlio al Padre, lo Spirito Santo all’uno e all’altro; quando si parla di queste tre Persone considerandone le relazioni, si crede tuttavia in una sola natura o sostanza». Infatti «tutto è una cosa sola in loro, dove non si opponga la relazione». «Per questa unità il Padre è tutto nel Figlio, tutto nello Spirito Santo; il Figlio tutto nel Padre, tutto nello Spirito Santo; lo Spirito Santo è tutto nel Padre, tutto nel Figlio».

256 – Ai catecumeni di Costantinopoli san Gregorio Nazianzeno, detto anche «il Teologo», consegna questa sintesi della fede trinitaria: «Innanzi tutto, conservatemi questo prezioso deposito, per il quale io vìvo e combatto, con il quale voglio morire, che mi rende capace di sopportare ogni male e di disprezzare tutti i piaceri: intendo dire la professione di fede nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. Io oggi ve la affido. Con essa fra poco vi immergerò nell’acqua e da essa vi trarrò. Ve la dono, questa professione, come compagna e patrona di tutta la vostra vita. Vi do una sola divinità e potenza, che è Uno in Tre, e contiene i Tre in modo distinto. Divinità senza differenza di sostanza o di natura, senza grado superiore che eleva, o inferiore che abbassa […]. Di tre infiniti è l’infinita connaturalità. Ciascuno considerato in sé e Dio tutto intiero […]. Dio le tre Persone considerate insieme […]. Ho appena incominciato a pensare all’Unità ed eccomi immerso nello splendore della Trinità. Ho appena incominciato a pensare alla Trinità ed ecco che l’Unità mi sazia…

IV. Le operazioni divine e le missioni trinitarie.

257 – «O lux, beata Trinitas et principalis Unitas – O luce, Trinità beata e originaria Unità!». Dio è eterna beatitudine, vita immortale, luce senza tramonto. Dio è amore: Padre, Figlio e Spirito Santo. Dio liberamente vuole comunicare la gloria della sua vita beata. Tale è il disegno della «sua benevolenza» (Ef 1,9), disegno che ha concepito prima della creazione del mondo nel suo Figlio diletto, «predestinandoci ad essere suoi figli adottivi per opera di Gesù Cristo» (Ef 1,5), cioè «ad essere conformi all’immagine del Figlio suo» (Rm 8,29), in forza dello «Spirito da figli adottivi» (Rm 8,15). Questo progetto è una «grazia che ci è stata data… fin dall’eternità» (2 Tm 1,9) e che ha come sorgente l’amore trinitario. Si dispiega nell’opera della creazione, in tutta la storia della salvezza dopo la caduta, nella missione del Figlio e in quella dello Spirito, che si prolunga nella missione della Chiesa.

258 – Tutta l’Economia divina è l’opera comune delle tre Persone divine. Infatti, la Trinità, come ha una sola e medesima natura, così ha una sola e medesima operazione. «Il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo non sono tre principi della creazione, ma un solo principio». Tuttavia, ogni Persona divina compie l’operazione comune secondo la sua personale proprietà. Così la Chiesa rifacendosi al Nuovo Testamento professa: «Uno infatti è Dio Padre, dal quale sono tutte le cose; uno il Signore Gesù Cristo, mediante il quale sono tutte le cose; uno è lo Spirito Santo, nel quale sono tutte le cose. Le missioni divine dell’incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo sono quelle che particolarmente manifestano le proprietà delle Persone divine.

259 – Tutta l’economia divina, opera comune e insieme personale, fa conoscere tanto la proprietà delle Persone divine, quanto la loro unica natura. Parimenti, tutta la vita cristiana è comunione con ognuna delle Persone divine, senza in alcun modo separarle. Chi rende gloria al Padre lo fa per il Figlio nello Spirito Santo; chi segue Cristo, lo fa perché il Padre lo attira e perché lo Spirito lo guida.

260 – Il fine ultimo dell’intera economia divina è che tutte le creature entrino nell’unità perfetta della Beatissima Trinità. Ma fin d’ora siamo chiamati ad essere abitati dalla Santissima Trinità. Dice infatti il Signore: «Se uno mi ama, osserverà la mia parola e il Padre mio lo amerà e noi verremo a lui e prenderemo dimora presso di lui» (Gv 14,23): «O mio Dio, Trinità che adoro, aiutami a dimenticarmi completamente, per stabilirmi in te, immobile e serena come se la mia anima fosse già nell’eternità; nulla possa turbare la mia pace né farmi uscire da te, o mio Immutabile, ma che ogni minuto mi porti più addentro nella profondità del tuo mistero! Pacifica la mia anima; fanne il tuo cielo, la tua dimora amata e il luogo del tuo riposo. Che io non ti lasci mai sola, ma che sia lì, con tutta me stessa, tutta vigile nella mia fede, tutta adorante, tutta offerta alla tua azione creatrice».

In sintesi

261 – Il mistero della Santissima Trinità è il mistero centrale della fede e della vita cristiana. Soltanto Dio può darcene la conoscenza rivelandosi come Padre, Figlio e Spirito Santo.

262 – L’incarnazione del Figlio di Dio rivela che Dio è il Padre eterno e che il Figlio è consostanziale al Padre, cioè che in lui e con lui è lo stesso unico Dio.

263 – La missione dello Spirito Santo, che il Padre manda nel nome del Figlio e che il Figlio manda «dal Padre» (Gv 15,26), rivela che egli e con loro lo stesso unico Dio. «Con il Padre e il Figlio e adorato e glorificato».

264 – «Lo Spirito Santo procede, primariamente, dal Padre e, per il dono eterno che il Padre ne fa al Figlio, procede dal Padre e dal Figlio in comunione».

265 – Attraverso la grazia del Battesimo «nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo» (Mt 28,19), siamo chiamati ad aver parte alla vita della Beata Trinità, quaggiù nell’oscurità della fede, e, oltre la morte, nella luce eterna.

266 – «Fides autem catholica haec est, ut unum Deuni in Trinitate, et Tnnitatem in unitate veneremur, ne que confundentes Personas, ne que substantiam separantes: alia enim est Persona Patris, alia Filii, alia Spiritus Sancti; sed Patris et Filii et Spiritus Sancti est una divinitas, aequalis gloria, coaeterna maiestas – La fede cattolica consiste nel venerare un Dio solo nella Trinità, e la Trinità nell’Unità, senza confusione di Persone né separazione della sostanza: altra infatti e la Persona del Padre, altra quella del Figlio, altra quella dello Spirito Santo; ma unica è la divinità del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, uguale la gloria, coeterna la maestà ».

267 – Inseparabili nella loro sostanza, le Persone divine sono inseparabili anche nelle loro operazioni. Ma nell’unica operazione divina ogni Persona manifesta ciò che le è proprio nella Trinità, soprattutto nelle missioni divine dell’incarnazione del Figlio e del dono dello Spirito Santo.


 

San Tommaso d’Aquino così, in sintesi (parsonale) si esprime circa la missione delle Tre Persone:

Questione 43, parte I – La missione delle Persone divine.

1) Se a qualche Persona divina spetti di essere inviata. A una Persona divina può convenire la missione in quanto questa comporta una missione di origine dal mittente e dall’altro un nuovo modo di essere in qualche luogo. Come dice il Vangelo di Giovanni [1,10] nel Prologo a proposito di Gesù Cristo, il Figlio mandato dal Padre e incarnatosi come uomo: “Egli era, in principio, presso Dio.”

2) Se la missione sia eterna o soltanto temporale. In Dio, missione e donazione sono denominazioni soltanto temporali. Generazione e spirazione sono denominazioni esclusivamente eterne. Processione e uscita sono insieme temporali ed eterne: il Figlio è proceduto da tutta l’eternità per essere Dio; è proceduto invece nel tempo per essere anche uomo, secondo una missione visibile o invisibile.

3) Se la missione invisibile di una Persona divina avvenga solo mediante il dono della grazia santificante. Solo mediante la grazia santificante la Persona divina è mandata e procede nel tempo. Lo stesso Spirito Santo è dato e inviato.

4) Se il Padre possa essere inviato. Il Padre, non derivando da altri, in nessun modo può essere inviato ma lo possono solo il Figlio e lo Spirito Santo, che derivano da altri.

5) Se il Figlio possa essere inviato in modo invisibile. Tanto al Figlio, quanto allo Spirito Santo, conviene di inabitare per grazia e di derivare da altri: tutt’e due possono essere mandati invisibilmente.

6) Se la missione invisibile sia diretta a tutti coloro che sono in grazia. Per conoscere chi è colui al quale è indirizzata la missione, bisogna considerare due cose: l’inabitazione mediante la grazia e un qualche rinnovamento causato dalla grazia stessa. La missione invisibile è dunque diretta principalmente a tutti coloro nei quali si riscontrano queste due cose.

7) Se si può attribuire allo Spirito Santo una missione visibile. Dio, servendosi di certi indizi tratti dalle realtà visibili. Per questo, come Dio, servendosi delle realtà visibili, manifestò agli uomini se stesso e le altre processioni. Per questo era giusto che per mezzo di creature visibili, manifestasse anche le missioni invisibili delle Persone divine. Il Figlio fu mandato visibilmente come autore della santificazione; lo Spirito Santo invece come indizio di questa santificazione.

8) Se una Persona divina sia mandata solo da quella da cui procede eternamente. Se la Persona mittente è indicata come principio della Persona inviata, allora non qualsiasi Persona manda una ma soltanto quella che è il principio della Persona mandata. Se invece la Persona mittente è considerata come causa degli effetti cui mira la missione, allora tutta la Trinità manda la Persona inviata.


S.Agostino, da sempre interessato alla meditazione sulla trinità arriva a dire queste parole, su questo tema così mirabile e quasi incomprensibile a noi uomini, di cui Gesù ci parlò per primo:

Dio è qualcosa di molto migliore di ciò che c’è di meglio in noi

 

1. 2. Ci perdoneremo più facilmente a vicenda se avremo compreso, o almeno avremo creduto con fermezza, che tutto ciò che si afferma della natura immutabile e invisibile, vita somma e che basta a se stessa, si ha da giudicare con misura diversa da quella costituita dalle consuete realtà visibili, mutevoli, mortali, miserabili. Noi ci affanniamo per farci una conoscenza scientifica di ciò che cade sotto i nostri sensi corporei e di ciò che noi siamo nella nostra vita interiore, e non ci riusciamo. Tuttavia non c’è arroganza, se nella ricerca del divino ed ineffabile che ci supera si infiamma la pietà sincera, non quella che si gonfia per la presunzione delle proprie forze, ma quella che si infiamma per la grazia dello stesso Creatore e Salvatore. Con quale intelletto infatti conosce Dio l’uomo che non conosce ancora il suo stesso intelletto con il quale vuol conoscere Dio? E se lo comprende avverta con diligenza che non c’è nella sua natura nulla di migliore e veda se scopre in esso lineamenti di forme, splendore di colori, grandezza spaziale, distanza di parti, estensione di una mole, spostamenti spaziali, o qualsiasi cosa di questo genere. Certamente non troviamo nulla di questo in ciò che vi è di migliore in noi, cioè nel nostro intelletto, con il quale attingiamo la sapienza, quanta ne siamo capaci. Ebbene ciò che non troviamo in ciò che vi è di migliore in noi, non dobbiamo cercarlo in Colui che è molto migliore di ciò che vi è di migliore in noi. Concepiamo dunque Dio, se possiamo, per quanto lo possiamo, buono senza qualità, grande senza quantità, creatore senza necessità, al primo posto senza collocazione, contenente tutte le cose ma senza esteriorità, tutto presente dappertutto senza luogo 3, sempiterno senza tempo, autore delle cose mutevoli pur restando assolutamente immutabile ed estraneo ad ogni passività. Chiunque concepisce Dio a questo modo, sebbene non possa ancora scoprire perfettamente ciò che è, evita almeno con pia diligenza, per quanto può, di attribuirgli ciò che non è 4.

 


 

Proponiamo su questo tema della Trinità, un bel brano di p. Moliniè o.p. durante una conferenza ai giovani:

L’amore umano e la Trinità

N. 20

CONFERENZA AI GIOVANI N. 28 (1972)30

A sette, otto anni, quando mi parlavano della Trinità, ci vede-

vo soprattutto l’aspetto geometrico, che mi incuriosiva e affascinava
nel contempo: tre Persone distinte che non fanno tre dèi! Ho
dovuto aspettare i venticinque anni per scoprire Gesù Cristo, e

guardare la Trinità sotto tutt’altro aspetto. E non so dirvi come
sia stato vitale: come l’ossigeno senza di cui si muore.

Se un giorno leggerete, nella Bibbia, un libro intitolato Cantico

dei Cantici, vedrete che ci si può chiedere se esso parli dell’amore
umano o dell’amore mistico. In realtà, la Bibbia insegna che non
ci sono che tre realtà interessanti nella vita: l’amore umano,
l’amore mistico e la Trinità.

Queste tre realtà sono sulla stessa linea. Finché non si è rice-
vuto quel non so che che ho chiamato l’aria di casa, l’acqua viva
promessa da Gesù, il fuoco che è venuto a portare, la cosa mi-
gliore che si possa fare, se non l’unica, è riflettere sull’amore u-
mano. Ma questa riflessione è una lotta a spada tratta, perché la
società in cui viviamo ci sta togliendo quasi ogni possibilità di
capire sia l’amore umano, che quello mistico.

La maggioranza, in effetti, non capisce più nemmeno l’amore
umano, e questa è la grande colpa dell’erotismo e del libero amore.
L’ambiente in cui vivete rischia di farvi conoscere solo l’aspetto
sordido dell’amore, nascondendovi, e forse impedendovi perfino
di supporlo, che c’è qualcos’altro.

Questo altro lo conoscono pochi e ancora meno lo vivono: ci
vuole molta attenzione per vivere un vero amore! Pochi sentono
che l’amore è una cosa fantastica, l’unica che valga la pena di es-
sere vissuta, a parte – certo – la vita mistica.

Da giovane non conoscevo Gesù Cristo, ma conoscevo

l’amore umano (anche se lo credevo più facile da vivere di quan-
to non lo sia). Questo mi ha preservato da molte cose, per esem-
pio da Nietzsche. Vi spiego perché. Avevo letto Tristano e Isotta, e
penso che tutti dobbiate leggerlo, è il romanzo d’amore per ec-
cellenza. Ma soprattutto avevo trovato, in un romanzo che mi

capitò tra le mani (un romanzo piuttosto mediocre, che si intito-
lava Ragazze in uniforme), una frase che mi colpì come una frase
del Vangelo, e che certamente mi ha preparato a comprendere,
più tardi, il Vangelo. Diceva pressappoco così: “Non si vive ve-
ramente, se non quando si prova una sensazione di dissolvimen-
to, per cui ci sembra di non essere più noi stessi, ma di essere in-
teramente versati in un altro.” Questa frase mi ha salvato da Nie-
tzsche, anche per il suo inizio: “Non si vive veramente.” Infatti è
proprio questo che tutti cercano: vivere intensamente. Anche i
drogati dicono “voi che non vi drogate non sapete nulla,” vo-
gliono appunto dire: non conoscete l’intensità della vita, non ne
avete l’esperienza, non l’avete mai gustata. Ora, ciò che Nie-
tzsche e molti altri ci insegnano è di vivere intensamente, ma da
soli: questo è la morte! Con del genio, della poesia, dell’azione, e
della droga si può vivere intensamente da soli, ma questa “intensi-
tà” è mortale.

Io invece ho capito subito che la vera intensità è proprio que-
sta sensazione di dissolvimento, per cui ci sembra di essere, o
meglio, siamo realmente versati in un altro. E questo mi preservò
anche, non dall’orgoglio, perché ero orgoglioso come gli altri, ma
dalla voglia di esserlo, perché è evidente che non si può voler vi-
vere versati in un altro e nello stesso tempo voler vivere da soli,
chiusi nella propria autonomia; per provare questa sensazione di
dissolvimento bisogna accettare di aprirsi, a uno in particolare, o
a tutti, ma in ogni modo aprirsi.

Credo che fosse già il Cristo a farmi capire queste cose, anche
se non lo sapevo, perché non l’avevo ancora incontrato.

Se rifletterete sull’amore, dunque, potrete permettervi (specie
se siete giovani) il lusso di dire: “Voglio vivere intensamente, vo-
glio vivere una vita che valga davvero la pena di essere vissuta.”
E non ci sono trenta possibilità: o sarà l’amore umano, coronato

da un certo amore mistico, che solo può conservarne il sale e il
sapore, o sarà l’amore mistico.

Non vi interesserete mai troppo all’amore umano. Ci sono dei

libri, detti religiosi, sull’amore, sul rapporto tra ragazzi e ragazze,
sulla grande avventura… Sono così insipidi! Mancano di consi-
stenza, di forza!

L’amore umano va vissuto solo se, almeno all’inizio, ci fa vive-
re questa sensazione di dissolvimento e di vita intensa, questa
impressione (che può essere data dalla vita sessuale, ma che la
supera di molto) di essere interamente versati in un altro. Se que-
sto diventerà la vostra ossessione, se ne avrete un desiderio vio-
lento e tenace (e questo è raro perché la maggioranza ci ha rinun-
ciato, rinunciando insieme anche alla beatitudine) scoprirete, al di
là delle difficoltà, che non è qualcosa di puramente umano.

Due esseri non possono sentirsi completamente versati l’uno
nell’altro se non sono immersi ambedue nella stessa realtà, una
realtà che deve essere qualcosa di inaudito… e che ci riporta
all’acqua viva promessa da Gesù, al fuoco che è venuto a portare.
Non c’è infatti altra soluzione perché l’amore umano sia conser-
vato in tutto il suo splendore e in tutta la sua fedeltà: bisogna che
nell’amore umano ci sia un po’ di amore mistico. Ma questo a-
more mistico, cos’è?

Ve lo dico subito: è la vita trinitaria. Ecco perché, tra i cristia-

ni, ci si interessa tanto alla Trinità. Nella vita trinitaria si trova
perfettamente realizzato ciò che nell’amore umano si desidera o
si prova, ma non al grado promesso dalla Rivelazione (e cioè e-
terno e di un’intensità infinita), perché il Padre è totalmente ver-
sato nel Figlio e il Figlio nel Padre, e questo reciproco dissolvi-
mento è lo Spirito Santo.

Contemplando l’amore umano potrete intravedere ciò che
Cristo e la Chiesa ci insegnano della vita e dell’amore trinitario: è
la realtà divina nella quale si trova realizzato alla perfezione, e
all’infinito, ciò che noi presentiamo – confusamente – nei mo-
menti più belli, quelli in cui crediamo di più nell’amore umano.

Incontrerete molti che vi diranno: “Al grande amore io non ci
credo, l’amore c’è, ma non quello con la A maiuscola.” Ed è vero
che un grande amore è una cosa straordinaria e molto rara. Ma
non bisogna abdicare, non bisogna rinunciare, perché solo esso
può aiutarci a capire il dogma trinitario: c’è Uno che vive l’amore
in pienezza, l’Amore con la A maiuscola, Uno che è nello stesso
tempo Due e nello stesso tempo Tre…

Nell’amore umano, quello vero, coloro che si amano sentono
di essere una cosa sola perché sono interamente versati l’uno
nell’altro, provano questa sensazione di dissolvimento. E nello
stesso tempo sono due, perché l’amore rispetta la distinzione: un
vero amore è divorante, certo, ma deve essere anche infinitamen-
te delicato e rispettoso, se no non è più l’Amore con la A maiu-
scola, ma una passione selvaggia e distruttiva. Il vero amore è di-
vorante, ma divora soprattutto colui che ama; non divora, ma ri-
spetta la persona amata. Chi ama si lascia divorare dall’amore, si
lascia dissolvere nell’altro; chi ama non possiede, ma è posseduto
dall’altro.

Dunque, si è una sola cosa perché l’amore unisce, si è due per-
ché l’amore rispetta, e si è tre perché l’amore ci supera… ed è già il
mistero trinitario. Le Persone divine sono Una sola cosa perché
l’Amore le unisce. Sono Due, Il Padre e il Figlio, infinitamente
rispettosi della loro distinzione infinita: non si distinguono per
modo di dire o nel vago, si distinguono molto di più di quanto
non ci distinguiamo noi stessi (cosa può essere la nostra originali-
tà, la nostra personalità a confronto della personalità del Padre e

del Figlio!). E infine sono Tre perché, oltre al Padre e al Figlio,
c’è il loro amore reciproco, e questo Amore è una Persona.

Tutto questo supera di molto la nostra esperienza, ma lo pos-

siamo presentire. È per questo che vi consiglio di leggere Tristano
e Isotta, di riflettere su ciò che questa lettura susciterà in voi, e di
prendere questa decisione, che è una vera risoluzione morale:
“Non voglio vivere al di sotto di questo livello, non voglio vivere
un piccolo amore o un amore banale, voglio vivere un grande amore.”
Ripeto che è una vera, anzi l’unica risoluzione morale: non voglio
vivere un piccolo amore, un amore mediocre. È una specie di
rinnovazione dei voti battesimali: promettete di essere fedeli a
questo presentimento, che certamente avete, o avrete sicuramen-
te un giorno… il presentimento di ciò che può essere un vero
amore.

Basta questo perché Cristo sia sicuro di prendervi, purché sia-
te fedeli a questa decisione: vivrò un grande amore o non vivrò
nulla, non vivrò al ribasso, non vivrò senza amore e non mi ac-
contenterò di un amore qualsiasi. Sarete nella Trinità senza nean-
che saperlo, sarete imbarcati nel mistero trinitario, che è esatta-
mente questo: due che si amano con un amore così grande e
consistente da essere una terza persona, che è il volto e insieme il
frutto del loro amore.

Ecco introdotta una nuova nozione, essenziale tanto nella vita
umana quanto nel mistero trinitario: la fecondità.

Il Padre genera il Figlio, e il Padre e il Figlio generano (non è il

termine esatto, diciamo producono) lo Spirito Santo, come un pa-
dre e una madre generano un figlio: è dello stesso ordine. O me-
glio: la fecondità dell’amore umano non è che un riflesso,
un’orma, un vago accenno della fecondità trinitaria, che ci prende

per le viscere per insegnarci ad amare. E in questo modo tra la
Santissima Trinità, così al di sopra di noi, e la nostra vita quoti-
diana, umile, ordinaria, semplice (ma non banale), c’è un profon-
do legame. L’amore tra due esseri, e la fecondità di questo amore,
non è dunque una cosa banale, purché questi due esseri abbiano
un po’ di nobiltà. E per questo basta che amino l’Amore con la A
maiuscola!

Chi cerca questo Amore scoprirà per forza, un giorno o
l’altro, che se è alla nostra portata desiderarlo, non è alla nostra
portata realizzarlo. E quando ci si accorge che non si riesce, che
ci sono in noi delle forze di ottusità, avidità, grettezza, aggressivi-
tà, egoismo, orgoglio, che ci impediscono di vivere in uno stato
permanente di dissolvimento (in uno stato reale e non solo im-
maginario e sensibile), quando si scopre che dell’amore non si
può fare a meno, ma che non lo si può neanche realizzare, allora
si è maturi per l’annuncio del Natale: “Oggi vi è nato un Salvatore.”

Quando sarete a questo punto, saprete che cosa significhi ave-
re bisogno di un Salvatore, aver bisogno di essere salvati. È come
accorgersi che non si può vivere senza ossigeno, e che non pos-
siamo fabbricarcelo da soli, ma abbiamo bisogno che qualcuno
ce lo porti.

Una volta mi sono trovato a mezzanotte alla porta del con-
vento senza le chiavi. Ho telefonato là dove le avevo dimenticate,
perché qualcuno venisse a portarmele. Aspettavo sull’uscio e non
faceva molto caldo… quando ho visto i fari della macchina, ho
capito cosa vuol dire la parola Salvatore, e ho capito anche che il
Salvatore non viene dal di dentro, ma dal di fuori… o dall’Alto.

Gesù Cristo ci mantiene in questa fedeltà, che consiste nel
non arrendersi, nel non volere vivere altro che l’amore: la sola vi-
ta autentica e intensa, essendo tutte le altre demoniache e distrut-
tive. Ma noi non ce la facciamo, e allora Lui ci dice: “Ciò che è
impossibile agli uomini, è possibile a Dio: venite a Me voi che

siete stanchi di non riuscirci, seguitemi, vi insegnerò l’Amore e
l’Amore Trinitario…”

Fr. M.D. Molinié, o.p.

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