La vita di san Leopoldo Mandic
La vita di s. Leopoldo trascorse in massima parte nell’amministrazione del sacramento della riconciliazione. A Padova, San Leopoldo fu per 34 anni, intervallati da due anni (1917 1919) d’internamento nel Sud (Campania) durante la guerra. Le sue erano confessioni semplici: poche parole, anche a causa dello sdrucciolo; l’esortazione ad avere fede; un fermo e chiaro richiamo quando proprio occorreva, e l’assoluzione… Ma erano eccezionali l’amabilità e l’accoglienza e non comune l’esperienza della presenza di Dio che facevano quanti s ‘inginocchiavano davanti a lui per ricevere il perdono di Dio. Insieme ad esse c’erano la sola dottrina teologica e morale e la chiara capacità di guidare le anime sulla via della santità. La molla segreta della sua vita apostolica fu la consacrazione con voto di tutto se stesso con l’offerta di ogni gesto, preghiera, Eucaristia per l’unità tra la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa.
Per questo S. Leopoldo merita di essere chiamato apostolo dell’ecumenismo; un apostolo nascosto ma vivissimo davanti a Dio che aveva nel suo cuore una donazione cioè un amore senza riserve.
Padre Leopoldo Mandic da Castelnuovo morì il 30 luglio del 1942. Fin da quel giorno si poté toccare con mano, in un certo senso, la devozione che intorno a lui si era diffusa e la fama di santo, insieme alla convinzione che, per sua intercessione, si ottenevano grazie e miracoli. Nel 1946 si iniziarono le pratiche per il riconoscimento della sua santità, papa Paolo VI lo proclamò beato il 2 maggio 1976 e Giovanni Paolo II lo dichiarò santo il 16 ottobre 1983. La sua festa liturgica viene celebrata il 12 maggio. Nel convento di Padova vi è un flusso ininterrotto di pellegrini che vengono a cercare un riflesso della sua santità, a chiedere miracoli, o la conversione più profonda.
Confessarsi da lui era cosa breve. Anzi brevissima. Non si dilungava mai in parole, spiegazioni, discorsi. Aveva imparato dal Catechismo di san Pio X che la brevità è una delle caratteristiche di una buona confessione. Eppure il suo confessionale è stato per più di quarant’anni una specie di porto di mare per le anime. Tanti erano quelli che andavano, che assiduamente lo frequentavano. Padre Leopoldo era sempre lì, dodici, tredici, quindici ore al giorno. Confessava e assolveva oves et boves, cioè tutti. E di quella sua amabile delicatezza, di quell’umiltà semplicissima, fiduciosa nell’infinita misericordia di Dio e nell’azione della grazia che opera attraverso i sacramenti, sono testimoni quanti lo conobbero.
La sua celletta confessionale è rimasta com’era, lì dove tuttora si trova, accanto alla chiesa di Santa Croce, nel convento dei frati Cappuccini a Padova. Una piccola stanza con tutte le poche cose che hanno fatto la sua vita: un inginocchiatoio, un crocifisso, un’immagine della Madonna, la stola, la sedia. Neanche la furia dei bombardamenti, che nel maggio del 1944 rasero al suolo la chiesa e il convento, è riuscita a demolirla. Da tanta distruzione solo quel confessionale rimase miracolosamente illeso. Due anni prima della sua morte, avvenuta il 30 luglio 1942, padre Leopoldo, confidandosi con un amico, aveva predetto i bombardamenti che avrebbero colpito Padova.
«E questo convento?», chiese quel signore; «padre, anche questo convento sarà colpito?». «Purtroppo, anche il nostro convento sarà duramente colpito» rispose con un filo di voce padre Leopoldo.
«… Ma questa celletta no, questa no. Qui il Padrone Iddio ha usato tanta misericordia alle anime… deve restare a monumento della Sua bontà».
Leopoldo Mandic è stato proclamato santo il 16 ottobre 1983.
Davanti alla porticina del suo confessionale ogni giorno un folto gruppo di persone di tutte le classi sociali era lì ad attenderlo. Analfabeti e rozzi contadini, professionisti, sacerdoti e religiosi, magnati dell’industria e professori, tutti aspettavano in silenzio il loro turno e tutti padre Leopoldo accoglieva sempre con la stessa premura, la stessa delicata discrezione, specialmente chi si riavvicinava alla confessione dopo tanto tempo.
«Eccomi, entri pure, s’accomodi… l’aspettavo sa… » si sentì dire un signore di Padova che da molti anni non si accostava ai sacramenti. E tanto era impacciato e confuso che, entrato nel confessionale, invece di mettersi in ginocchio andò a sedersi sulla sedia del prete; padre Leopoldo non disse niente, si mise lui in ginocchio al posto del penitente e ascoltò così la sua confessione. Ed era, la sua, una delicatezza attenta a non umiliare inutilmente, comprensiva della fragilità umana: «Non abbia riguardo, veda, anch’io, benché frate e sacerdote, sono tanto misero» disse a un altro.
«Se il Padrone Iddio non mi tenesse per la briglia farei peggio degli altri … Non abbia nessun timore». E a quel tale che aveva grosse colpe da confessare e a cui costava molto vuotare il sacco, dire certe miserie: «Siamo tutti poveri peccatori: Dio abbia pietà di noi…». Glielo diceva con un tono tale che quell’uomo si sentì immediatamente incoraggiato ad accusarsi con sincerità.
Spesso ripeteva ai penitenti: «La misericordia di Dio è superiore a ogni aspettativa», «Dio preferisce il difetto che porta all’umiliazione piuttosto che la correttezza orgogliosa». «Non roviniamo con le nostre spiegazioni ciò che il Signore opera»
Preghiera a San Leopoldo Mandic
O Dio, che manifesti la tua onnipotenza soprattutto nella misericordia e nel perdono, e hai voluto che san Leopoldo fosse tuo fedele testimone, per i suoi meriti, concedi a noi di celebrare, nel sacramento della riconciliazione, la grandezza del tuo amore.
Per Cristo nostro Signore.
Amen.
Gloria al Padre.
San Leopoldo, prega per noi!
Io mi meraviglio tutti i momenti di come l’uomo
possa mettere a repentaglio la salvezza dell’anima sua
per motivi assolutamente futili e labili.
San Leopoldo Mandic