La croce
Ci lamentiamo di soffrire; avremmo maggiore ragione di lamentarci di non soffrire, poiché niente ci rende piu’ simili a Nostro Signore. Oh, bella unione dell’anima con Nostro Signore Gesu’ Cristo mediante l’amore della sua croce! Nostro Signore e’ il nostro modello: prendiamo la nostra croce e seguiamolo. Se il buon Dio ci invia delle croci, ci scoraggiamo, ci lamentiamo, mormoriamo, siamo talmente nemici di tutto quello che ci contraria, che vorremmo sempre essere in una scatola di bambagia.
Nel vostro battesimo avete accettato una croce che dovete lasciare soltanto alla morte.
Puo’ essere la vita di un buon cristiano altra cosa che quella di un uomo attaccato alla croce con Gesu’ Cristo? Se qualcuno vi dicesse: «Vorrei volentieri diventar ricco, cosa devo fare?», gli rispondereste: «Bisogna lavorare». Ebbene!, per andare in cielo, bisogna soffrire. Non bisogna mai guardare da dove vengono le croci: vengono da Dio. E’ sempre Dio che ci da’ questo mezzo per provargli il nostro amore. La croce e’ il libro piu’ sapiente che si possa leggere. Coloro che non conoscono questo libro sono ignoranti, anche se conoscono tutti gli altri libri. I veri sapienti sono soltanto colo ro che lo amano, lo consultano, l’approfondiscono… Quanto piu’ si e’ alla sua scuola, tanto piu’ si vuole rimanervi. Il tempo vi passa senza noia. Si sa tutto quello che si vuole sapere, e non si e’ mai sazi di cio’ che vi si gusta. Le persone del mondo si affliggono quando hanno delle croci, i cristiani veri si affliggono soltanto quando non ne hanno. Nella via della croce, soltanto il primo passo costa.La paura delle croci e’ la nostra grande croce. Tutto va bene se portiamo bene la nostra croce.
Ci sono due modi di soffrire: soffrire amando e soffrire senza amare. I santi soffrivano tutti con pazienza, gioia e perseveranza, perché amavano. Noi soffriamo con rabbia, dispetto e noia, perché non amiamo. Se amassimo Dio, saremmo felici di poter soffrire per amore di Colui che ha accettato di soffrire per noi. Voi dite che e’ duro? No, e’ dolce, e’ consolante, e’ soave: e’ la felicita’… Soltanto, bisogna amare quando si soffre, e soffrire amando.
Colui che va incontro alla croce, cammina in senso inverso alle croci: egli le incontra forse, ma e’ contento di incontrarle: le ama, le porta con coraggio. Lo uniscono a Nostro Signore. Lo purificano. Lo distaccano da questo mondo. Tolgono gli ostacoli dal suo cuore e lo aiutano ad attraversare la vita come un ponte aiuta a passare l’acqua. La maggior parte degli uomini gira le spalle alle croci e scappa davanti ad esse. Quanto piu’ essi corrono, tanto piu’ la croce li insegue. Dovremmo correre dietro alla croce come l’avaro corre dietro al denaro. Sembra che perché si ama un po’ il buon Dio, non si debba avere niente che ci contrari, niente che ci faccia soffrire… E’ perché non capiamo il valore e la felicita’ delle croci. Non capisco come mai un cristiano possa non amare la croce e fuggirla! Non significa fuggire allo stesso tempo colui che ha voluto esservi appeso e morire per noi? La croce e’ la lampada che illumina il cielo e la terra. Bisogna chiedere l’amore per le croci: allora diventano dolci. Ne ho fatto l’esperienza: durante quattro o cinque anni sono stato calunniato, contraddetto molto, scompigliato assai. Oh, ne avevo delle croci… ne avevo quasi piu’ di quello che ne potevo portare! Mi son messo a chiedere l’amore per le croci… allora sono stato felice. Lo dico sul serio: non c’e’ felicita’ che la’…
Quando si amano le croci, non se ne ha mai, ma, quando si respingono, vi si rimane schiacciati. Fuggire le croci, e’ volerne essere oppresso; desiderarle, e’ non sentirne l’amarezza La croce!, la croce! Fa perdere la pace? E’ lei che da’ la pace al mondo; e’ lei che deve portarla nel nostro cuore. Tutte le nostre miserie provengono dal fatto che non l’amiamo. E’ la paura delle croci che aumenta le croci. Una croce portata semplicemente e senza questi ritorni dell’amor proprio che esagerano i dolori, non e’ piu’ una croce, una sofferenza. La croce e’ un dono che il buon Dio fa ai suoi amici. Cio’ che fa si che non amiamo Dio e’ che non siamo arrivati a quel grado in cui tutto quello che costa ci fa piacere. Una lunga malattia e’ vantaggiosa per un cristiano che sa approfittarne. Bisogna gia’ essere arrivato ad un certo grado di perfezione per sopportare la malattia con pazienza. Non si ha il coraggio di portare la propria croce! Si ha ben torto, poiché, checché facciamo, la croce ci tiene, non possiamo sfuggirle.
Importunate il buon DIO (pensieri e discorsi del curato d’Ars) ed. Città Nuova