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Lun. Giu 30th, 2025

Da: “Le Rivelazioni Celesti di Santa Brigida di Svezia”

Le qualità necessarie per compiere le opere di Dio

Il Figlio di Dio, generato prima del tempo, parlava alla sua sposa dicendo: «L’uomo non deve fare nulla per acquistare gli onori né per essere lodato dai suoi si-mili: spinto dall’amore, deve agire per avere una ricom-pensa eterna. Così l’uomo esamini con diligenza e precisione le proprie opere e le intenzioni, lo scopo e la ricompensa con cui le ha compiute; questo perché, qualora riscontri nelle proprie azioni una qualche vanità, possa strappar-la con la vanga della discrezione; così come all’esterno coltiva il suo prossimo – che è estraneo alla casa, ossia al di fuori della compagnia dei miei amici a causa dei suoi peccati -, similmente all’interno raccoglie i propri frutti attraverso la carità divina. Per questo occorre non sol-tanto arare con efficacia all’esterno, ma anche conside-rare accuratamente nel proprio intimo il modo e l’inten-zione con cui si agisce e si lavora. Nella terza casa ci devono essere degli strumenti animati, ad esempio i cavalli, per trasportare ciò che è morto e vivo. Tali strumenti indicano la vera confessio-ne; essa, infatti, fa andare avanti i vivi e i morti. Cosa significa ciò che è vivo, se non l’anima che ha creato la mia divinità e che vive in eterno? Attraverso la confessione, essa si avvicina sempre di più a Dio; infatti, l’animale nutrito meglio più di frequente trasporta i ca-richi con maggior facilità ed è più bello da guardare, e lo stesso dicasi per la confessione: ‘più è frequente, più è puntuale sia per le colpe grandi che quelle piccole ed è tanto più gradita a Dio in quanto introduce l’anima nel cuore di Dio stesso. Per questo mia sposa, nome con il quale mi rivolgo a tutti i miei amici buoni e fedeli, raccogliamo e accu-muliamo nelle nostre case le cose di cui nostro Signore Dio vuole dilettarsi spiritualmente nell’anima santa. Nella prima casa, dobbiamo accumulare il pane di una volontà sincera, desiderando esclusivamente quello che vuole Dio; la bevanda della meditazione divina che precede le azioni, in modo che ogni opera si prefigga l’onore di Dio e la carne della saggezza divina, pensan-do sempre a quello che ci deve succedere e al modo in cui disporre e ordinare le cose presenti. Nella seconda casa, dobbiamo accumulare: la pace con Dio, abbandonando il peccato, rifuggendo da qual-siasi disputa e discordia; le opere di misericordia, attra-verso cui ci rendiamo utili al prossimo; la completa asti-nenza, mediante la quale

reprimiamo e tratteniamo qualsiasi cosa possa turbare la nostra pace. Nella terza casa, dobbiamo accumulare: i pensieri buoni e ragionevoli, per arricchire e nobilitare interior-mente la nostra casa; i sensi composti e mortificati, per innalzare esteriormente i nostri amici; una confessione vera e buona, attraverso la quale se siamo morti, possia-mo tornare a vivere. Eppure, malgrado le persone abbiano delle case, non riescono a custodire al loro interno ciò che hanno accumulato se non con delle porte, che non possono aprirsi senza cardini, né essere chiuse senza serrature. Per rendere sicuro quello che è stato accumulato, oc-corre dunque che la casa abbia una porta, simbolo della speranza ferma, sicura, non indebolita dalle avversità, una speranza che deve essere fondata su questi due punti: non disperare di poter acquistare la gloria e non perdere la fiducia di evitare i supplizi dell’inferno. In ogni avversità, infatti, bisogna confidare sempre nella misericordia divina e sperare in cose migliori; la ser-ratura di questa porta è la carità divina, mediante la quale custodire la porta stessa affinché il nemico non entri in casa; infatti a cosa servirebbe una porta priva di serratu-ra? Sarebbe come nutrire una speranza priva di carità, perché se qualcuno spera nelle cose presenti e dispera della misericordia divina, non ha timor di Dio e non lo ama; ha una porta senza serratura attraverso cui il nemico entra quando vuole per massacrarlo ed ucciderlo. Ora, la speranza giusta e retta è che chi spera non si limiti a ciò ma faccia del bene nella misura del possibile; se infatti, pur potendo fare delle buone azioni, non le ha compiute, egli non gioirà delle cose celesti. Se qual-cuno non ha compiuto il bene nonostante ciò fosse nel-le sue possibilità, abbia la buona volontà di compiere il bene che potrà; quando non potrà farlo, speri ferma-mente di potersi avvicinare a Dio con la buona volontà e la carità divina. Occorre inoltre nutrire un fervore ardente nell’ama-re Dio, e molta cura del modo in cui lo si imiterà e pro-vare dolore per non poter fare tutto il bene che si vor-rebbe e che si dovrebbe. Bisogna infine avere l’umiltà, attraverso cui l’uomo stima meno di nulla le proprie azioni se pensa ai propri peccati. La serratura sia muni-ta dei necessari meccanismi che la fanno funzionare, per paura che il diavolo apra facilmente la serratura della carità, nella quale Dio riversa il proprio amore. Ora, la chiave con cui si chiude e si apre la serratura deve esse-re il desiderio di un solo Dio; tale desiderio deve ac-compagnarsi alla carità e all’opera divina, in modo che l’uomo desideri unicamente Dio grazie a un grandissi-mo amore nei suoi confronti, in quanto il desiderio rac-chiude Dio nei nostri cuori e i nostri cuori in Dio. Ora, la sposa e lo Sposo devono semplicemente ave-re con sé questa chiave, in altre parole Dio e l’anima, af-finché ogni volta che Dio desidera entrare nei nostri cuori e gioire dei beni e delle virtù dell’anima, abbia li-bero accesso grazie alla chiave dei desideri fermi e co-stanti del cuore stesso; da parte sua l’anima, ogni volta che vorrà entrare nel cuore di Dio, dovrà poterlo fare in piena libertà, poiché non desidera altro che Dio. Questa chiave va custodita anche attraverso la potenza di Dio e la carità divina, affinché il posto dell’anima non sia pre-so dal diavolo. Vedi, mia sposa, qual è l’amore che Dio nutre nei confronti dell’anima. Per questo rimani salda e compila mia volontà». Libro II, 27

 

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