La volontà di Dio non toglie alle cose la loro contingenza né le rende assolutamente necessarie

Tommaso d´Aquino

1269-1273

Contra Gentiles, Libro I, cap. 85

Sempre nel quadro della discussione della conoscenza che Dio ha del futuro, in un mondo in divenire contingente, Tommaso chiarisce che la conoscenza che Dio di tutti gli stadi futuri del cosmo non priva le cose della loro contingenza (diremo oggi casualità), né le rende per questo necessarie e deterministiche. Conoscenza del Creatore e sviluppo della realtà creata si realizzano su due piani ontologici diversi.

La volontà di Dio non toglie alle cose la loro contingenza né le rende assolutamente necessarie

Da quanto abbiamo già spiegato si può concludere che la volontà di Dio non toglie alle cose la loro contingenza né le rende assolutamente necessarie. Infatti

1. Dio, come abbiamo detto[cap. 83], vuole tutto ciò che la cosa voluta richiede. Ora, per certe cose il grado della loro natura richiede che siano contingenti e non necessarie. Quindi egli vuole che certe cose siano contingenti. Inoltre l’efficacia della volontà divina esige non solo che esista quanto Dio vuole, ma che esista nel mondo da lui voluto: poiché anche nelle cause naturali, quando la virtù attiva e più forte produce la propria somiglianza negli effetti non solo quando alla specie ma anche quanto agli accidenti, che sono quasi le modalità delle cose stesse. Perciò l’efficacia della volontà divina non può togliere la contingenza

2. La cosa che Dio vuole principalmente non è costituita dai singoli beni particolari, ma dalla perfezione cumulativa dei suoi effetti: nella misura in cui si riscontra più completa in questa la somiglianza della sua bontà [cap. 75]. Ora la perfezione dell’universo esige che ci siano delle cose contingenti: altrimenti nell’universo non ci sarebbero tutti i gradi dell’essere. Dunque Dio vuole che certe cose siano contingenti.

3. Il bene dell’universo risulta da un certo ordine, come spiega Aristotele [Metafisica, XI, 10,1]. Ora l’ordine dell’universo richiede che ci siano delle cause variabili, poiché nella perfezione dell’universo rientrano anche i corpi, i quali muovono solo se mossi. Ma da una causa variabile seguono effetti contingenti: poiché un effetto non può essere più stabile della propria causa. Ecco perché si riscontra che, anche quando la causa remota è necessaria, se la causa prossima e contingente, l’effetto è contingente: come è evidente in ciò che avviene nei corpi inferiori, le cui vicende sono contingenti per la contingenza delle cause prossime, sebbene le cause remote, che sono i moti dei corpi celesti, siano di ordine necessario. Dio quindi vuole che certe cose avvengano in maniera contingente

4. La necessità ipotetica esistente nella causa non basta per affermare la necessità assoluta dei suoi effetti. Ebbene, Dio vuole che delle cose nelle creature non per una necessità assoluta ma solo per necessità ipotetica, come sopra abbiamo dimostrato. Perciò dalla volontà divina non si può dedurre una necessità assoluta nelle cose create. Ed e solo quest’ultima a escludere la contingenza: poiché anche ciò che è contingente o indifferente a due alternative, fatta l’ipotesi diviene necessario. Se, p. es., Socrate corre, è necessario che corra. Perciò la volontà divina non esclude dalle cose la contingenza.

Dunque se Dio vuole una cosa, non ne segue che questa avvenga per necessità; ma solo che è vera e necessaria la condizione seguente: «se Dio vuole una cosa, essa avverrà». Ma con ciò il fatto conseguente non risulta necessario.

Somma contro i Gentili, Libro I, cap. LXXXV, tr. it. di Tito S. Centi, Utet, Torino 1997, pp. 233-234.

 

«Era prossima la solennità delle Palme, quando la fanciulla (Chiara) con cuore ardente si reca dall’uomo di Dio, per chiedergli che cosa debba fare e come, ora che intende cambiare vita. Il padre Francesco le ordina che il giorno della festa, adorna ed elegante, vada a prendere la palma in mezzo alla folla, e la notte seguente, uscendo dall’accampamento, converta la gioia mondana nel pianto della passione del Signore. Venuta dunque la domenica, la fanciulla entra in chiesa con le altre, radiosa di splendore festivo tra il gruppo delle nobildonne. E li avvenne – come per un significativo segno premonitore – che, affrettandosi tutte le altre a prendere la palma, Chiara, quasi per un senso di riserbo, rimane ferma al suo posto: ed ecco che il vescovo discende i gradini, va fìno a lei e le pone la palma tra le mani. La notte seguente, pronta ormai ad obbedire al comando del Santo, attua la desiderata fuga, in degna compagnia. E poiché non ritenne opportuno uscire dalla porta consueta, riuscì a schiudere da sola, con le sue proprie mani, con una forza che a lei stessa parve prodigiosa, una porta secondaria ostruita da mucchi di travi e di pesanti pietre. Abbandonati, dunque, casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, ac-colse la vergine Chiara con torce accese» (FONTI FRANCESCANE, n. 3168-3170).

«”Questo è uno dei veri segni di esser figliuolo di Dio, quando si lascia la propria VOLONTÀ per far la SUA: e questo non mica nelle prosperità – che ciò sarebbe assai poco – ma nelle avversità, dove assai più vale un “Gran mercé a Dio”, un “Benedetto sia Dio”, che tre mila ringraziamenti, ed altrettante benedizioni, quando ci ritroviamo in buona prosperità”» (GIOVANNI D’AVILA, Lettere spirituali, Roma, 1669, parte 1, lett. 41).

«Il popolo di Dio, mosso dalla fede con cui crede di essere condotto dallo Spirito del Signore che riempie l’universo, cerca di discernere negli avvenimenti, nelle richieste e nelle aspirazioni, cui prende parte insieme con gli altri uomini del nostro tempo, quali siano i veri segni della presenza o del disegno di Dio. La fede infatti tutto rischiara di una luce nuova, e svela le intenzioni di Dio sulla vocazione integrale dell’uomo, orientando così lo spirito verso soluzioni pienamente umane». (Cfr. CONCILIO VATICANO II, Costituz. Pastorale Gaudium et Spes, n.11).


«Quanto poi ai genitori e ai maestri, e in genere a tutti coloro cui spetta in un modo o nell’altro l’educazione dei bambini e dei giovani, essi devono istruirli in modo tale che, conoscendo la sollecitudine del Signore per il suo gregge e avendo presenti i bisogni della Chiesa, siano pronti a rispondere con generosità alla chiamata del Signore dicendogli con il profeta: “Eccomi qui, manda me” (Is 6,8). Ma si badi che questa voce del SIGNORE CHE CHIAMA non va affatto attesa come se dovesse giungere all’orecchio del futuro presbitero in qualche modo straordinario. Essa va piuttosto riconosciuta ed esaminata attraverso quei segni di cui si serve ogni giorno il Signore PER FAR CAPIRE LA SUA VOLONTÀ ai cristiani che sanno ascoltare; e ai presbiteri spetta di studiare attentamente questi segni!». (CONC. VAT. II, Decr. Presbiterorum Ordinis n. 11).

«Attenzione ai segni di Dio … Dio continua a rivelarci il suo progetto mediante “eventi e parole”. Ascoltare la sua parola e discernere i suoi segni deve essere pertanto l’impegno di ogni cristiano e di ciascuna comunità. Il più immediato dei segni di Dio è certamente l’attenzione al prossimo, secondo quanto Gesù ha detto: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me” ( Mt 25,40 ).. segno del Dio vivo.. Deve esserlo in primo luogo il sacerdote.. altresì, ogni persona consacrata e ogni battezzato». (PAPA BENEDETTO XVI, Osservatore Romano, [7-8 settembre 2009]).

«L’uomo religioso cerca di riconoscere i segni di Dio nelle esperienze quotidiane della sua vita». (PAPA FRANCESCO, Lumen fidei, n° 35, LEV, Città del Vaticano 2013, 51).

 

Come Dio parlò al Profeta SAMUELE:

«In quel tempo Eli stava riposando in casa, perché i suoi occhi cominciavano a indebolirsi e non riusciva più a vedere. La lampada di Dio non era ancora spenta e Samuele era coricato nel tempio del Signore, dove si trovava l’arca di Dio. Allora il Signore chiamò: «Samuele!» e quegli rispose: «Eccomi», poi corse da Eli e gli disse: «Mi hai chiamato, eccomi!». Egli rispose: «Non ti ho chiamato, torna a dormire!». Tornò e si mise a dormire. Ma il Signore chiamò di nuovo: «Samuele!» e Samuele, alzatosi, corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Ma quegli rispose di nuovo: «Non ti ho chiamato, figlio mio, torna a dormire!». In realtà Samuele fino allora non aveva ancora conosciuto il Signore, né gli era stata ancora rivelata la parola del Signore. Il Signore tornò a chiamare: «Samuele!» per la terza volta; questi si alzò ancora e corse da Eli dicendo: «Mi hai chiamato, eccomi!». Allora Eli comprese che il Signore chiamava il giovinetto. Eli disse a Samuele: «Vattene a dormire e, se ti si chiamerà ancora, dirai: Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta». Samuele andò a coricarsi al suo posto. Venne il Signore, stette di nuovo accanto a lui e lo chiamò ancora come le altre volte: «Samuele, Samuele!». Samuele rispose subito: «Parla, perché il tuo servo ti ascolta » (1 Sam 3, 2-10).

 

Come Dio parlò al Profeta ELIA:

«( Elia, giunto sul monte di Dio, l’Oreb ) entrò in una caverna per passarvi la notte, quand’ecco il Signore gli disse: “Che fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”. Gli fu detto: “Esci e fermati sul monte alla presenza del Signore”. Ecco, il Signore passò. Ci fu un vento impetuoso e gagliardo da spaccare i monti e spezzare le rocce davanti al Signore, ma il Signore non era nel vento. Dopo il vento ci fu un terremoto, ma il Signore non era nel terremoto. Dopo il terremoto ci fu un fuoco, ma il Signore non era nel fuoco. Dopo il fuoco ci fu il mormorio di un vento leggero. Come l’udì, Elia si coprì il volto con il mantello, uscì e si fermò all’ingresso della caverna. Ed ecco, sentì una voce che gli diceva: “Che fai qui, Elia?”. Egli rispose: “Sono pieno di zelo per il Signore, Dio degli eserciti, poiché gli Israeliti hanno abbandonato la tua alleanza, hanno demolito i tuoi altari, hanno ucciso di spada i tuoi profeti. Sono rimasto solo ed essi tentano di togliermi la vita”» (1Re 19, 9-14).

 

Come Dio parlò a GEDEONE:

«L’angelo del Signore apparve a Gedeone e gli disse: “ Il Signore è con te, uomo forte e valoroso!.. Và con questa forza e salva Israele dalla mano di Madian; non ti mando forse io? ”.. (Gedeone) gli disse allora: “ Se ho trovato grazia ai tuoi occhi, dammi un segno che proprio tu mi parli ”.. Allora l’angelo del Signore stese l’estremità del bastone che aveva in mano e toccò la carne e le focacce azzime; salì dalla roccia un fuoco che consumò la carne e le focacce azzime e l’angelo del Signore scomparve dai suoi occhi.. Gedeone disse a Dio: “ Se tu stai per salvare Israele per mia mano, come hai detto, ecco, io metterò un vello di lana sull’aia: se c’è rugiada soltanto sul vello e tutto il terreno resta asciutto, io saprò che tu salverai Israele per mia mano, come hai detto”. Così avvenne. La mattina dopo, Gedeone si alzò per tempo, strizzò il vello e ne spremette la rugiada: una coppa piena d’acqua. Gedeone disse a Dio: “Non adirarti contro di me; io parlerò ancora una volta. Lasciami fare la prova con il vello, solo ancora una volta: resti asciutto soltanto il vello e ci sia la rugiada su tutto il terreno». Dio fece così quella notte: il vello soltanto restò asciutto e ci fu rugiada su tutto il terreno.. (Una notte) il Signore disse a Gedeone: “Alzati e piomba sul campo, perché io te l’ho messo nelle mani. Ma se hai paura di farlo, scendivi con Pura tuo servo e udrai quello che dicono; dopo, prenderai vigore per piombare sul campo”. Egli scese con Pura suo servo fino agli avamposti dell’accampamento. I Madianiti, gli Amaleciti e tutti i figli dell’oriente erano sparsi nella pianura e i loro cammelli erano senza numero come la sabbia che è sul lido del mare. Quando Gedeone vi giunse, ecco un uomo raccontava un sogno al suo compagno e gli diceva: “Ho fatto un sogno. Mi pareva di vedere una pagnotta di orzo rotolare nell’accampamento di Madian: giunse alla tenda, la urtò e la rovesciò e la tenda cadde a terra”. Il suo compagno gli rispose: “Questo non è altro che la spada di Gedeone, figlio di Ioas, uomo di Israele; Dio ha messo nelle sue mani Madian e tutto l’accampamento”. Quando Gedeone ebbe udito il racconto del sogno e la sua interpretazione, si prostrò; poi tornò al campo di Israele e disse: “Alzatevi, perché il Signore ha messo nelle vostre mani l’accampamento di Madian”». (Gdc 6, 11-17.36- 40; 7, 9-15).

 

Come Dio parlò a MARIA SANTISSIMA:

«Al sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nàzaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, di nome Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: “Rallégrati, piena di grazia: il Signore è con te”. A queste parole ella fu molto turbata e si domandava che senso avesse un saluto come questo. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ed ecco, concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e verrà chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”. Allora Maria disse all’angelo: “Come avverrà questo, poiché non conosco uomo?”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te e la potenza dell’Altissimo ti coprirà con la sua ombra. Perciò colui che nascerà sarà santo e sarà chiamato Figlio di Dio. Ed ecco, Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia ha concepito anch’essa un figlio e questo è il sesto mese per lei, che era detta sterile: nulla è impossibile a Dio”. Allora Maria disse: “Ecco la serva del Signore: avvenga per me secondo la tua parola”» (Lc 1,26-39).

Come Dio parlò a S. GIUSEPPE:

«Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati” … Destatosi dal sonno, Giuseppe fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa, la quale, senza che egli la conoscesse, partorì un figlio, che egli chiamò Gesù » (Mt 1, 20-25) « … un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e fuggi in Egitto, e resta là finché non ti avvertirò, perché Erode sta cercando il bambino per ucciderlo”. Giuseppe, destatosi, prese con sé il bambino e sua madre nella notte e fuggì in Egitto … «Morto Erode, un angelo del Signore apparve in sogno a Giuseppe in Egitto e gli disse: “Alzati, prendi con te il bambino e sua madre e và nel paese d’Israele; perché sono morti coloro che insidiavano la vita del bambino”. Egli, alzatosi, prese con sé il bambino e sua madre, ed entrò nel paese d’Israele. Avendo però saputo che era re della Giudea Archelào al posto di suo padre Erode, ebbe paura di andarvi. Avvertito poi in sogno, si ritirò nelle regioni della Galilea e, appena giunto, andò ad abitare in una città chiamata Nazareth, perché si adempisse ciò che era stato detto dai profeti: «Sarà chiamato Nazareno» (cfr Mt 2, 13.19-23).

 

Come Dio parlò a S. PIETRO:

«… Pietro, verso mezzogiorno, salì sulla terrazza a pregare. Gli venne fame e voleva prendere cibo. Mentre glielo preparavano, fu rapito in estasi: vide il cielo aperto e un oggetto che scendeva, simile a una grande tovaglia, calata a terra per i quattro capi. In essa c’era ogni sorta di quadrupedi, rettili della terra e uccelli del cielo. Allora risuonò una voce che gli diceva: “Coraggio, Pietro, uccidi e mangia!”. Ma Pietro rispose: “Non sia mai, Signore, perché io non ho mai mangiato nulla di profano o di impuro”. E la voce di nuovo a lui: “Ciò che Dio ha purificato, tu non chiamarlo profano”» ( At 10,9-15 ).

 

Come Dio parlò a S. GIUSTINO tramite una persona misteriosa:

Racconta S. GIUSTINO (100 – † 163/167): «Mentre mi trovano in queste condizioni [di impotenza], pensai un giorno di isolarmi nella quiete assoluta e di “fuggire la calca degli uomini” e, quindi, andai in un luogo non lontano dal mare. Ero nei pressi di quel luogo, dove mi ero proposto di stare solo con me stesso, quando un anziano di età molto avanzata, ma di aspetto per nulla sgradevole, ma anzi che ispirava dolcezza e venerazione, poco lontano da me, mi seguiva. Mi voltai verso di lui e lo guardai, stando fermo di fronte a lui. Lui mi disse: “Mi conosci?”. Risposi di no. “Perché, allora – disse a sua volta – mi guardi in questo modo?”. Io risposi: “Mi meraviglio che tu sia capitato nel mio stesso luogo: non mi sarei mai aspettato, infatti, di incontrare uomini proprio qui” […]. Allora gli chiesi: “Chi mai si potrà prendere come maestro e dove si potrà trarre vantaggio, se neanche in uomini come questi [filosofi] si trova la verità?” E lui: “Molto tempo fa, prima ancora di tutti questi presunti filosofi, sono esistiti uomini beati, giusti e amici di Dio, che hanno parlato per ispirazione dallo Spirito divino e hanno previsto il futuro, che ora si è avverato: si chiamano profeti. Essi sono i soli che hanno visto la verità e l’hanno annunciata agli uomini senza remore o riguardo per nessuno, e senza farsi dominare dal l’ambizione, ma proclamando solo ciò che avevano visto e udito, ispirati dallo Spirito Santo. I loro scritti ci sono stati tramandati e chi li legge può trarne un enorme profitto, sia sui principi, sia sul fine, e su tutto ciò che il filosofo deve sapere, se crede ad essi. Essi, infatti, non hanno presentato i loro argomenti in forma dimostrativa, in quanto rendono alla verità una testimonianza degna di fede e superiore ad ogni dimostrazione: gli eventi passati e presenti costringono ad accettare ciò che è stato detto tramite loro. Essi, inoltre, si sono dimostrati degni di fede grazie ai miracoli che hanno compiuto, perché hanno glorificato Dio Padre, Creatore dell’universo e hanno annunciato Suo Figlio, Cristo che viene da Lui […]. Prega, quindi, perché prima di tutto ti siano aperte le porte della luce: non tutti, infatti, possono percepire e comprendere queste verità, se non per dono di Dio e del suo Cristo”. Dopo aver detto queste e altre cose, che ora non è opportuno riferire, se ne andò esortandomi a non lasciarle cadere: non l’ho più rivisto. Per quel che mi riguarda, un fuoco divampò al l’istante nella mia anima, fui preso dal l’amore per i profeti e per quegli uomini che sono amici di Cristo: riflettendo tra me e me sui suoi discorsi, trovai che questa era l’unica filosofia certa e salvifica» (SAN GIUSTINO, Dialogo con Trifone III, 1-2; VII, 1 – VIII, 2).

 

Come Dio parlò a S. ANTONIO ABATE:

Su S. ANTONIO ( Abate ; 250 – † 356 ): « Non erano ancora trascorsi sei mesi dalla morte dei genitori, quando un giorno, mentre si recava, com’era sua abitudine, alla celebrazione eucaristica, andava riflettendo sulla ragione che aveva indotto gli apostoli a seguire il Salvatore, dopo aver abbandonato ogni cosa. Richiamava alla mente quegli uomini, di cui si parla negli Atti degli Apostoli che, venduti i loro beni, ne portarono il ricavato ai piedi degli apostoli, perché venissero distribuiti ai poveri. Pensava inoltre quali e quanti erano i beni che essi speravano di conseguire in cielo. Meditando su queste cose entrò in chiesa, proprio mentre si leggeva il vangelo e sentì che il Signore aveva detto a quel ricco: «Se vuoi essere perfetto, va’, vendi quello che possiedi, dallo ai poveri, poi vieni e seguimi e avrai un tesoro nei cieli» (Mt 19, 21). Allora Antonio, come se il racconto della vita dei santi gli fosse stato presentato dalla Provvidenza e quelle parole fossero state lette proprio per lui, uscì subito dalla chiesa, diede in dono agli abitanti del paese le proprietà che aveva ereditato dalla sua famiglia — possedeva infatti trecento campi molto fertili e ameni — perché non fossero motivo di affanno per sé e per la sorella. Vendette anche tutti i beni mobili e distribuì ai poveri la forte somma di denaro ricavata, riservandone solo una piccola parte per la sorella. Partecipando un’altra volta all’assemblea liturgica, sentì le parole che il Signore dice nel vangelo: «Non vi angustiate per il domani» (Mt 6, 34). Non potendo resistere più a lungo, uscì di nuovo e donò anche ciò che gli era ancora rimasto. Affidò la sorella alle vergini consacrate a Dio e poi egli stesso si dedicò nei pressi della sua casa alla vita ascetica, e cominciò a condurre con fortezza una vita aspra, senza nulla concedere a se stesso». (Cfr. SANT’ATANASIO, Vita di sant’Antonio, in Uff. delle lett., 17 Gennaio).

 

Come Dio parlò a S. MARTINO di TOURS:

Su S. MARTINO (316/317 – † 397): «Suo padre, che era un importante ufficiale dell’esercito dell’Impero Romano, gli diede il nome di Martino in onore di Marte, il dio della guerra. Con la famiglia si spostò a Pavia, e quindicenne, in quanto figlio di un ufficiale, dovette entrare egli stesso nell’esercito e venne, quindi, mandato in Gallia. Quando Martino era ancora un soldato ebbe la visione che diverrà l’episodio più narrato della sua vita. Si trovava alle porte della città di Amiens con i suoi soldati quando incontrò un mendicante seminudo. D’impulso tagliò in due il suo mantello militare e lo condivise con il mendicante. Quella notte sognò che Gesù si recava da lui e gli restituiva la metà di mantello che aveva condiviso. Udì Gesù dire ai suoi angeli: “Ecco qui Martino, il soldato romano che non è battezzato, egli mi ha vestito”. Quando Martino si risvegliò il suo mantello era integro. Questo mantello miracoloso venne conservato come reliquia, ed entrò a far parte della collezione di reliquie dei re Merovingi dei Franchi. Il sogno ebbe un tale impatto su Martino che egli si fece battezzare il giorno seguente e divenne cristiano» (Su SAN MARTINO di TOURS, Sito Vangelo del Giorno).

 

Come Dio parlò a S. GIROLAMO:

Racconta S. GIROLAMO (347 – † 420): «Molti anni fa quando mi privai della casa, dei genitori, della sorella, dei parenti e – cosa più difficile – della abitudine a cibi gustosi, per andare a Gerusalemme come soldato di Cristo, non ebbi la forza di liberarmi della biblioteca che avevo messo insieme a Roma con grande passione e dispendio. Tale la mia miseria, digiunavo e leggevo Cicerone! Dopo molte notti passate a vegliare, dopo tante lacrime profuse dal profondo del cuore al ricordo dei peccati passati, prendevo in mano Plauto. E quando tornavo in me stesso e cominciavo a leggere i profeti, il loro stile disadorno mi procurava disgusto: non vedendo la luce con gli occhi accecati, ritenevo che la colpa non fosse degli occhi ma del sole. Mentre così l’antico serpente si prendeva gioco di me, circa a metà quaresima una febbre penetratami fino alle midolla colpì il mio corpo già allo stremo. Senza darmi un attimo di tregua, cosa incredibile a dirsi, consumò le mie infelici membra a tal punto da ridurmi pelle e ossa. Si preparavano già le esequie, il corpo era tutto freddo e solo nel tiepido petto palpitava il calore vitale dell’anima, quand’ecco improvvisamente, rapito nello spirito, vengo (in visione) trascinato al tribunale del Giudice; qui la luce era tale e tale lo sfolgorante chiarore di tutti coloro che stavano attorno che io, prostrato a terra, non osavo neppure guardare in alto. Interrogato su chi fossi, risposi che ero un cristiano. Ma colui che presiedeva disse: “Menti, tu sei ciceroniano, non cristiano: dov’è il tuo tesoro, lì è anche il tuo cuore” (cfr. Mt 6,21). Ammutolii all’istante e pur sotto i colpi, aveva infatti ordinato di frustarmi, mi rivoltavo di più al fuoco dei rimorsi di coscienza e ripetevo dentro di me questo versetto: “Chi negli inferi canterà le tue lodi?” (Sal 6,6). Cominciai però a gridare e urlare: “Pietà di me, Signore, pietà di me”. Questa voce risuonava sotto le nerbate. Finalmente i presenti, gettatisi alle ginocchia del Giudice, lo supplicarono di perdonare alla mia giovinezza e di darmi la possibilità di scontare l’errore, portando a termine successivamente la punizione, se avessi ripreso la lettura dei libri dei gentili. Io, che in una situazione così angosciosa, avrei voluto fare promesse anche più grandi, cominciai a giurare e, supplicandolo in suo nome, a dire: “Signore, se avrò mai più libri profani o se ne leggerò, io ti avrò rinnegato!”. Rimesso in libertà dopo aver pronunciato questo giuramento, ritornai sulla terra e (dopo che la visione terminò), fra lo stupore di tutti, aprii gli occhi così pieni di lacrime da rendere testimonianza del mio dolore anche a chi non ci credeva.. Confesso di aver avuto le spalle livide e che dopo il sonno ho sentito le percosse: da allora mi sono dato con tanto impegno alla lettura delle Sacre Scritture quanto non ne avevo messo nella lettura dei testi profani» (Cfr. SAN GIROLAMO, Epistole 22,30, in PL 22, 416-417).

 

Come Dio parlò a S. AGOSTINO:

Scrive S. AGOSTINO (354 – † 430): «Così parlavo e piangevo nell’amarezza sconfinata del mio cuore affranto. A un tratto dalla casa vicina mi giunge una voce, come di fanciullo o fanciulla, non so, che diceva cantando e ripetendo più volte: “Prendi e leggi, prendi e leggi”. Mutai d’aspetto al l’istante e cominciai a riflettere con la massima cura se fosse una cantilena usata in qualche gioco di ragazzi, ma non ricordavo affatto di averla udita da nessuna parte. Arginata la piena delle lacrime, mi alzai. L’unica interpretazione possibile era per me che si trattasse di un comando divino ad aprire il libro e a leggere il primo verso che vi avrei trovato. Avevo sentito dire di Antonio che ricevette un monito dal Vangelo, sopraggiungendo per caso mentre si leggeva: “Va’, vendi tutte le cose che hai, dalle ai poveri e avrai un tesoro nei cieli, e vieni, seguimi”. Egli lo interpretò come un oracolo indirizzato a se stesso e immediatamente si rivolse a Te. Così tornai concitato al luogo dove stava seduto Alipio e dove avevo lasciato il libro dell’Apostolo al l’atto di alzarmi. Lo afferrai, lo aprii e lessi tacito il primo versetto su cui mi caddero gli occhi. Diceva: “Non nelle crapule e nelle ebbrezze, non negli amplessi e nelle impudicizie, non nelle contese e nelle invidie, ma rivestitevi del Signore Gesù Cristo né assecondate la carne nelle sue concupiscenze” (Rm 13,13s). Non volli leggere oltre, né mi occorreva. Appena terminata infatti la lettura di questa frase, una luce, quasi, di certezza penetrò nel mio cuore e tutte le tenebre del dubbio si dissiparono» (SANT’AGOSTINO, Le Confessioni, VIII, 12).

 

Come S. Francesco d’Assisi capiva la Volontà di Dio

Nei Libri del Vangelo

«Finita – la preghiera -, Francesco prese il libro dei Vangeli ancora chiuso e, inginocchiandosi davanti all’altare, lo aprì. E subito gli cadde sott’occhio il consiglio del Signore: Se vuoi essere perfetto, va’ e vendi tutti i tuoi beni e distribuiscili ai poveri, e avrai un tesoro nel cielo. Francesco, dopo aver letto il passo, ne fu molto felice e rese grazie a Dio. Ma, vero adoratore della Trinità, volle l’appoggio di tre testimoni; per cui aprì il libro una seconda e una terza volta. Nella seconda, incontrò quella raccomandazione: Non portate nulla nei vostri viaggi ecc.; e nella terza: Chi vuole seguirmi, rinunzi a se stesso ecc. Ad ogni apertura del libro, Francesco rendeva grazie a Dio, che approvava l’ideale da lui lungamente vagheggiato. Alla terza conferma che gli fu mostrata, disse a Bernardo e Pietro: ” Fratelli, ecco la vita e la regola nostra, e di tutti quelli che vorranno unirsi a noi. Andate dunque e fate quanto avete udito “» (S. FRANCESCO D’ASSISI, Fonti Francescane, n. 1431).

Nella Santa Messa e nell’Interpretazione del Sacerdote

«Un giorno, mentre “ascoltava la Messa” udì le istruzioni date da Cristo quando inviò i suoi discepoli a predicare: che cioè per strada non dovevano portare né oro né argento, né pane, né bastone, né calzature, né veste di ricambio. Comprese meglio queste consegne dopo, facendosi spiegare il brano dal sacerdote. Allora, raggiante di gioia, esclamò: ” E proprio quello che bramo realizzare con tutte le mie forze! “. E fissando nella memoria quelle direttive, s’impegnò ad eseguirle lietamente. Senza por tempo in mezzo, si sbarazzò di tutto quello che possedeva di doppio, e inoltre del bastone, delle calzature, della borsa e della bisaccia. Si confezionò una tonaca misera e grossolana e, in luogo della cinghia di pelle, strinse i fianchi con una corda. Mise tutto il suo entusiasmo a bene intendere e realizzare i suggerimenti della nuova grazia. Ispirato da Dio cominciò ad annunziare la perfezione del Vangelo, predicando a tutti la penitenza, con semplicità» (Idem, F.F. n. 1427).

Nella Preghiera

«Affidò alla santa vergine Chiara: indagare la volontà di Dio su un punto, sia pregando lei stessa con le altre sorelle, sia incaricando qualcuna fra le vergini più pure e semplici, che vivevano alla sua scuola. E furono meravigliosamente d’accordo nella risposta–poiché l’aveva rivelata lo Spirito Santo — il venerabile sacerdote e la vergine consacrata a Dio: il volere divino era che Francesco si facesse araldo di Cristo ed uscisse a predicare. Ritornarono i frati, indicando qual era la volontà di Dio, secondo quanto avevano saputo; ed egli subito si alzò si cinse le vesti, e, senza frapporre il minimo indugio, si mise in viaggio. Andava con tanto fervore ad eseguire il comando divino, correva tanto veloce, come se la mano del Signore, scendendo su di lui, lo avesse ricolmato di nuove energie» (Idem, F.F. n. 1205). «Era infatti abitudine del Santo, non solo quando era in procinto di recarsi a predicare in terre lontane, ma anche quando voleva percorrere una regione vicina, di pregare il Signore e invitare i fratelli a pregare affinché Dio dirigesse il suo cuore a portarsi là, dove fosse meglio secondo la volontà divina» (Idem, F.F. n. 1634). «Un giorno – Francesco d’Assisi – pieno di ammirazione per la misericordia del Signore in tutti i benefici a lui elargiti, “desiderava conoscere dal Signore che cosa sarebbe stato della sua vita” e di quella dei suoi frati. A questo scopo si ritirò, come spesso faceva, “in un luogo adatto per la preghiera”. Vi rimase a lungo invocando con timore e tremore il Dominatore di tutta la terra!» (Ib, F.F. n. 663). «Ma, mentre (Francesco) frequentava luoghi appartati, ritenendoli adatti alla preghiera, il diavolo tentò di allontanarlo con una astuzia maligna. Gli raffigurò nel cuore una donna.. Ma, confortato dal Signore, ebbe la gioia di una risposta piena di grazia e di salvezza: “Francesco,– gli disse Dio in spirito — lascia ormai i piaceri mondani e vani per quelli spirituali, preferisci le cose amare alle dolci e disprezza te stesso, se vuoi conoscermi. Perché gusterai ciò che ti dico, anche se l’ordine è capovolto”. Subito, si sentì come indotto a seguire il comando del Signore e spinto a farne la prova.». (Ib, F.F. n. 591).

Nel Sogno

«Una notte – dicono le Fonti Francescane – Colui che possiede la verga della giustizia, visitò in sogno Francesco con la dolcezza della grazia: e poiché era avido di gloria lo sedusse con il miraggio di una gloria più alta» (cfr. FF.326). «Infatti subito dopo gli apparve in una visione (in una visione in sogno – cfr FF.326), uno splendido palazzo, in cui scorge armi di ogni specie (armature da cavaliere, splendenti scudi e simili oggetti di guerra – cfr. FF 1399), ed una sposa bellissima. Nel sonno, Francesco si sente chiamare per nome e lusingare con la promessa di tutti quei beni» (cfr.FF586). «Svegliatosi, si alzò quel mattino pieno di entusiasmo. Interpretando il sogno secondo criteri mondani.. immaginava che sarebbe diventato un (gran) principe. Cosi… delibera di partire verso la Puglia per essere creato cavaliere (F.F.1399)» (Cfr. Ib, F.F. nn. 326.586.1399.). 

 

Come Dio donò a S. CHIARA un significativo segno premonitore

«Era prossima la solennità delle Palme, quando la fanciulla (Chiara) con cuore ardente si reca dall’uomo di Dio, per chiedergli che cosa debba fare e come, ora che intende cambiare vita. Il padre Francesco le ordina che il giorno della festa, adorna ed elegante, vada a prendere la palma in mezzo alla folla, e la notte seguente, uscendo dall’accampamento, converta la gioia mondana nel pianto della passione del Signore. Venuta dunque la domenica, la fanciulla entra in chiesa con le altre, radiosa di splendore festivo tra il gruppo delle nobildonne. E li avvenne – come per un significativo segno premonitore – che, affrettandosi tutte le altre a prendere la palma, Chiara, quasi per un senso di riserbo, rimane ferma al suo posto: ed ecco che il vescovo discende i gradini, va fino a lei e le pone la palma tra le mani. La notte seguente, pronta ormai ad obbedire al comando del Santo, attua la desiderata fuga, in degna compagnia. E poiché non ritenne opportuno uscire dalla porta consueta, riuscì a schiudere da sola, con le sue proprie mani, con una forza che a lei stessa parve prodigiosa, una porta secondaria ostruita da mucchi di travi e di pesanti pietre. Abbandonati, dunque, casa, città e parenti, si affrettò verso Santa Maria della Porziuncola, dove i frati, che vegliavano in preghiera presso il piccolo altare di Dio, ac-colse la vergine Chiara con torce accese» (FONTI FRANCESCANE, n. 3168-3170).

 

Come Dio Parlò a San FRANCESCO DI PAOLA fin da bambino:

SU S. Francesco di Paola ( Eremita e Fondatore dei Frati Minimi ; 1416 – † 1507 ): « (i futuri genitori di Francesco di Paola) dopo essere stati per lungo tempo senza figli, imploravano spesso l’aiuto di Dio e dei Santi di Assisi, pregando con insistenza e con lagrime piene di devozione, facendo generose elemosine e digiuni per l’amore di Dio, affinché si degnasse di mandar loro prole. Qualora fosse un maschio, decisero di consacrarlo al Signore per tutto il tempo della sua vita. E Dio li esaudì, donando loro un bel maschietto. Quando uscì dal seno materno, aveva un occhio solo. Ciò che avvenne dopo, ebbe del miracoloso. Appena la sua devota madre si diede alla preghiera, un po’ afflitta per quell’inconveniente – implorando il soccorso del glorioso S. Francesco d’Assisi e promettendo (dietro consiglio dell’ostetrica) che, se riavesse sano l’altro occhio, il bimbo avrebbe indossato l’abito di S. Francesco per un anno e anche più, se fosse portato dalla sua devozione a indossare un tale abito – istantaneamente ottenne la perfetta guarigione della vista, come se in essa prima non ci fosse stato alcun male. Per questo motivo, i suoi genitori, glorificando Dio e ringraziandolo unitamente a S. Francesco, gli diedero il nome del glorioso S. Francesco, per la cui intercessione credevano di averlo ottenuto da Dio.. allorché Francesco giunse all’età di quindici anni, fu avvisato del voto fatto dai suoi genitori, e senz’altro volle compierlo. A tale scopo fu accompagnato dai suoi genitori al Convento di S. Francesco in S. Marco, al quale sua madre lo aveva promesso a Dio con voto. Vestì devotamente il saio francescano.. all’età di quindici anni».

 

Come Dio parlò a Sant’IGNAZIO DI LOYOLA: una Gioia che non passa:

SU S. Ignazio di Loyola ( Sacerdote e Fondatore dei Gesuiti ; 1491 – † 1556 ): «Mentre (Ignazio) leggeva la vita di Cristo nostro Signore e dei santi, pensava dentro di sé e così si interrogava: “E se facessi anch’io quello che ha fatto san Francesco; e se imitassi l’esempio di san Domenico?”. Queste considerazioni duravano anche abbastanza a lungo avvicendandosi con quelle di carattere mondano.. Ma tra le prime e le seconde vi era una differenza. Quando pensava alle cose del mondo, era preso da grande piacere; poi subito dopo quando, stanco, le abbandonava, si ritrovava triste e inaridito. Invece quando immaginava di dover condividere le austerità che aveva visto mettere in pratica dai santi, allora non solo provava piacere mentre vi pensava, ma la gioia continuava anche dopo» (Cfr. Ludovico Consalvo, Atti raccolti dalla bocca di sant’Ignazio, in Uff. delle lett., 31 Luglio).

 

Come Dio parlò a S. LUIGI ORIONE:

SU S. LUIGI ORIONE ( Sacerdote e Fondatore della Piccola Opera della Divina Provvidenza; 1872 – † 1940 ): « Luigi Orione, chiede tre segni al Signore, attraverso l’intercessione di San Giovanni Bosco, che era morto da poco, per capire se doveva entrare nel Seminario diocesano. Dunque questi i 3 segni richiesti: PRIMO SEGNO: « Se entrerò in seminario, diceva Luigi, dovrà essermi permesso (di entrare, ma) senza l’inoltro della domanda scritta … » SECONDO SEGNO: Non si sarebbe mai fatto prendere delle misure per la veste; (ma) se glie l’avessero fatto ugualmente, voleva dire che doveva entrare in seminario. TERZO SEGNO: Luigi Orione chiedeva a Dio: « La conversione di mio padre ». INFINE COME ULTERIORE CONFERMA, Luigi Orione vide in sogno che Giovanni Bosco, mentre sorrideva, lo vestì della talare per entrare in seminario. (Cfr. AGRICOLA BROCCATI STATELLA, Don Orione, povero tra i poveri, Ediz. Messagero Padova, Padova 1978, pp. 19-22).

 

Come Dio parlò mediante la MADONNA ai tre pastorelli di Fatima

( Veggenti – Apparizione del 13 Maggio 1917 ): « Venite qui per 6 mesi consecutivi, e io vi dirò chi io sia, e cosa voglio da voi ». ( Messaggio della Madonna di Fatima, [13 Maggio 1917] ).

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