Alla sequela di Cristo

 Cosa vuol dire mettersi alla sequela di Cristo?

Qualcuno certamente penserà a una certa forma di impegno sociale per migliorare il mondo:

cose soprattutto dell’età ideale, della gioventù dove si unisce l’utile al dilettevole, facendo prevalere il dilettevole.

Oltre quest’età, o già da allora se qualcosa o qualcuno ne attivasse il pensiero, se il nostro cuore aspirasse ad una via uscita, guardando il cielo, non vedremmo il dolce volto di una persona ma, sentendo la nostra misera condizione attuale, destinata a svanire, vorremmo che quel cielo avesse un messaggio per noi.

E il cielo parla sempre, usando spesso una lingua che bisogna seguire con attenzione, come quando si ascolta o si parla una lingua straniera e la nostra mente sfoglia man mano il dizionario.

“Dio”, come dice 1Don Giussani: “ è il ‘ciò’ di cui ultimamente tutto è fatto, è il ‘ciò’ cui finalmente tutto tende e in cui tutto si compie. E’ insomma ciò per cui la vita ‘vale’, ‘consiste’, ‘dura’.”

E noi, che si creda più o meno in Dio, abbiamo saputo un giorno che Dio, in ultimo, nel momento più alto, ha parlato agli uomini attraverso Gesù. Quindi, la cosa migliore da fare per noi, sarebbe quella di seguire Gesù, di far nostre le sue parole, i suoi gesti, affinché possano costruire in noi quegli abiti necessari a sostenere questa vita così tragicamente splendida. E che la vita sia splendida, ce lo dice già il fatto che tutto dentro di noi grida perché essa si perpetui in eterno.

E mentre scaldiamo il nostro pensiero all’idea di intraprendere questo cammino, sovviene in noi la scena di Gesù che dice: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio» (Lc 9, 62). E allo stesso modo, mentre indugiamo, presi dai nostri ragionamenti, divenuti cartelli emblematici della nostra al fine squallida esistenza di usufruttuario di una vita possibile, Egli ci ricorda che, seguendo Lui e perseverando fino alla fine, saremo salvi (Mt 10,22).

La mia vita scorrerà in qualche rigolo stagnante, soprattutto nei momenti di solitudine, ne sono certo, non scegliendo di giocare la vita, mettendoci il cuore e seguendo la vita. L’orgoglio umano, dal primo istante decisivo, sceglie più facilmente di fare a modo suo, rivendicando una libertà che ha avuto però in dono.

Cos’è che ci fa scegliere, così come fece Gesù, come fece Maria e come fecero i santi, di inchinare la propria testa dinanzi all’Amore in persona?

C’è una cosa che fa crollare i tanti muri che ci siamo costruiti, che fa in modo di farci approdare in una vasta ed ampia radura piena di luce: è il sentirsi amati.

Gustando l’amore si sciolgono tutti i lacci che tengono legato il cuore, si lasciano cadere tanti ragionamenti, si vive per corrispondere a quei sentimenti: si sceglie di seguire Gesù!

Si possono fare tanti bei ragionamenti sull’amore, e lo sappiamo, son favole a cui prestiamo pur l’orecchio per qualche minuto ma, solo quando saremo oggetto dell’amore, capiremo il dono che abbiamo ricevuto e del quale ci sentiamo desiderosi, come febbricitanti da tale impulso, di rendere partecipi altri di questa folle malattia chiamata amore, di cui cogliamo l’effetto ma di cui non sappiamo, per spiegarlo, trovarne le parole.

  • L’amore è sapere tutto su qualcuno, e avere la voglia di essere ancora con lui più che con ogni altra persona.
    (Albert Einstein)
  • L’amore è il nostro vero destino. Non troviamo il significato della vita da soli. Lo troviamo insieme a qualcun altro.
    (Thomas Merton)

Remo Rosati,

da “Dialoghi nell’Oasi”

per L’Oasi di Engaddi

1Luigi Giussani, All’origine della pretesa cristiana. Ed. BUR 2004