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Ven. Lug 4th, 2025

La condivisione è preghiera_dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena_

s_caterina da siena

La condivisione è preghiera, è dono,
è rendimento di grazie e di Lode a Colui che tutto può…
partendo da questo pensiero,
ecco una meditazione che giunge come carezza all’ anima :

“Quello che ci avviene,
Se Dio lo permette è solo per nostro bene e per nostra salute.
Sono ciechi e in inganno quelli che giudicano il contrario”.

Di seguito il breve stralcio tratto dal Dialogo della Divina Provvidenza di Santa Caterina da Siena, per l’ edificazione di tutti e per farne tesoro nell’ affidarsi totalmente a Lui.

Dice Gesù

<< Voglio che tu veda, dilettissima figliuola, con quanta pazienza mi convenga sopportare le mie creature, che ho create a mia immagine e somiglianza, con tanta dolcezza d’amore. Apri l’occhio dell’intelletto e fissalo in me. Io ti metto davanti il caso particolare di uno, al quale, se ben ricordi, tu mi pregasti che io provvedessi: io provvidi, come tu sai, perché egli riebbe senza pericolo di morte la sua posizione. E come é questo caso particolare, così sono generalmente tutti gli altri.

Allora quell’anima, aprendo l’occhio dell’intelletto col lume della santissima fede, lo fissava nella divina maestà con deside­rio ardente, poiché per le parole ascoltate conosceva una maggiore verità sulla dolce sua provvidenza. Per obbedire al co­mando, specchiavasi nell’abisso della sua carità, e vedeva come egli era somma ed eterna bontà, e come per solo amore ci ave­va creati e ricomprati col Sangue del suo Figliuolo, e con que­sto amore medesimo dava tutto quel che dava o permetteva: tribolazioni e consolazioni. Ogni cosa era data per amore e per provvedere alla salute dell’uomo, non per altro fine. Vedeva che il Sangue, sparso con tanto fuoco d’amore, manifestava questa verità.

Diceva il sommo ed eterno Padre: – Gli uomini sono come accecati dall’amor proprio, scandalizzandosi con molta impa­zienza. Io parlo ora in particolare e in generale, ripigliando quel che ti dicevo. Essi giudicano in male, in loro danno, in rovina e in odio, quello che io fo per amore, per loro bene, per privarli delle pene eterne, per loro guadagno, e per dar loro vita eterna.

Perché dunque si lagnano di me? Perché non sperano in me, ma in se stessi; per questo cadono in tenebre, sì che non conoscono niente. Anzi, odiano quel che devono avere in rive­renza, e, come superbi, vogliono giudicare i miei occulti giudi­zi, che sono tutti diritti. Fanno come il cieco, che col tatto del­la mano, col sapore del gusto, oppure col suono della voce, vorrà giudicare in bene e in male, secondo il suo basso, infer­mo e piccolo sapere. Non vogliono attenersi a me, che sono vero lume, a me che li nutro spiritualmente e corporalmente, e senza del quale non possono avere cosa alcuna.

Se qualche volta sono serviti dalla creatura, io sono colui che le ho dato la volontà, l’attitudine, il sapere, il potere di far­lo. Ma essi, come matti, imitano il cieco: vogliono regolarsi col sentimento della mano, la quale è ingannata nel suo toccare, non discerne il colore; e così il gusto s’inganna, perché il cieco non vede l’animale immondo che forse si è posato sul suo cibo; l’orecchio è ingannato dal diletto del suono, perché il cie­co non vede colui che canta, il quale col suo suono potrebbe dargli la morte, per il diletto che ne prova.

Così fanno costoro. Come acciecati, dopo aver perduto il lume della ragione, toccano con la mano del sentimento mate­riale i diletti del mondo che paiono loro buoni; ma, perché non vedono, non si accorgono che esso è un panno mescolato con molte spine, miseria, e grandi affanni, tanto che il cuore, che le possiede fuori di me, è insopportabile a se stesso.

Così alla bocca del desiderio, che disordinatamente ama questi diletti, paiono dolci e soavi; ma sopra vi è l’animale im­mondo dei molti peccati mortali, che fanno immonda l’anima, l’allontanano dalla mia somiglianza, e le tolgono la vita della grazia. Onde, se l’uomo non va col lume della santissima fede a purificarla nel Sangue, ne ha la morte eterna. L’udito non sente che l’amore di sé, che gli pare faccia un dolce suono. Perché gli pare? Perché la sua anima corre dietro all’amore della propria sensualità; ma, poiché non vede, è ingannato dal suono. E siccome gli andò dietro con disordinato diletto, trova­si condotto nella fossa, legato col legame della colpa, menato a mano dei suoi nemici; poiché, come acciecato dall’amor pro­prio e dalla confidenza posta in se stesso e nel proprio sapere, non s’attiene a me, che sono sua guida e via.

Per voi fu fatta questa via dal Verbo, mio Figliuolo, il quale disse che era «via, verità e vita». Egli è ancora lume. Chi va per lui non può essere ingannato né andare in tenebre. Nessu­no può venire a me se non per suo mezzo, perché egli è una cosa sola con me; e già ti dissi che io vi avevo fatto di lui un ponte, affinché tutti poteste giungere al vostro termine. E non­dimeno, con tutto questo, non si fidano di me, che non voglio altro che la loro santificazione.

Per questo fine, e con grande amore, do e permetto tutto quello che loro succede; ma essi si scandalizzano sempre di me; ed io con pazienza li sopporto, perché li amai senza essere riamato da loro. Sempre mi perseguitano con molta impazien­za, odio, mormorazioni, e con molta infedeltà, volendosi dare ad investigare col loro cieco vedere gli occulti miei giudizi, i quali sono fatti tutti giustamente e per amore. E non conosco­no ancora se stessi; perciò vedono falsamente, poiché chi non conosce se stesso non può davvero conoscere né me, né le mie giustizie.>>

Un capolavoro della letteratura mistica medievale, che Santa Caterina, illetterata, quando entrava in estasi dettava il «Dialogo» agli scrivani. (cap.138)
di Santa Caterina da Siena

sito web: L’Oasi di Engaddi

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