[pdf-embedder url=”https://www.oasidiengaddi.it/wp-content/uploads/2020/05/Santuario-S.-Maria-del-Fonte-di-Caravaggio.pdf” title=”Santuario S. Maria del Fonte di Caravaggio”]

 

 

Santuario Santa Maria del Fonte di Caravaggio

 

 Lombardia

XVI Secolo

 

Il Santuario Santa Maria del Fonte di Caravaggio, in provincia di Bergamo e diocesi di Cremona, è un immenso complesso eretto a partire dal XVI secolo sul luogo di una miracolosa apparizione della Vergine ad una contadinella.
Per secoli una pergamena antichissima che racconta l’apparizione della Madonna alla contadina Giannetta, è stata esposta in chiesa, nella sagrestia maggiore.
il vescovo di Cremona Cesare Speciano, in visita al Santuario il 27 aprile 1599, l’ha fatta trascrivere come “documento ufficiale” dell’Apparizione stessa e di quanto avvenne in seguito.

Questa “memoria”: ci presenta il dialogo tra Maria e la veggente Giannetta e i “segni” che caratterizzano l’Apparizione del 1432.

L’anno 1432 dalla nascita del Signore, il giorno 26 maggio alle ore cinque della sera, avvenne che una donna di nome Giannetta oriunda del borgo di Caravaggio, di 32 anni d’età, figlia di un certo Pietro Vacchie sposa di Francesco Varoli, conosciuta da tutti per i suoi virtuosissimi costumi, la sua cristiana pietà, la sua vita sinceramente onesta, si trovava fuori dall’abitato lungo la strada verso Misano, ed era tutta presa dal pensiero di come avrebbe potuto portare a casa i fasci d’erba che lì era venuta a falciare per i suoi animali.
Quand’ecco vide venire dall’alto e sostare proprio vicino a lei, Giannetta, una Signora bellissima e ammirevole, di maestosa statura, di viso leggiadro, di veneranda apparenza e di bellezza indicibile e non mai immaginata, vestita di un abito azzurro e il capo coperto di un velo bianco.
Colpita dall’aspetto così venerando della nobile Signora, stupefatta Giannetta esclamò: Maria Vergine!
E la Signora subito a lei: Non temere, figlia, perché sono davvero io. Fermati e inginocchiati in preghiera.
Giannetta ripose: Signora, adesso non ho tempo. I miei giumenti aspettano questa erba.
Allora la beatissima Vergine le parlò di nuovo: Adesso fa quello che voglio da te…
E così dicendo posò la mano sulla spalla di Giannetta e la fece stare in ginocchio. Riprese: Ascolta bene e tieni a mente, perché voglio che tu riferisca ovunque ti sarà possibile con la tua bocca o faccia dire questo…
E con le lacrime agli occhi, che secondo la testimonianza di Giannetta erano, e a lei parvero come oro luccicante, soggiunse:
L’altissimo onnipotente mio Figlio intendeva annientare questa terra a causa dell’iniquità degli uomini, perché essi fanno ciò che è male ogni giorno di più, e cadono di peccato in peccato. Ma io per sette anni ho implorato dal mio Figlio misericordia per le loro colpe. Perciò voglio che tu dica a tutti e a ciascuno che digiunino a pane ed acqua ogni venerdì in onore del mio Figlio, e che, dopo il vespro, per devozione a me festeggino ogni sabato.
Quella metà giornata devono dedicarla a me per riconoscenza per i molti e grandi favori ottenuti dal Figlio mio per la mia intercessione.
La Vergine Signora diceva tutte quelle parole a mani aperte e come afflitta. Giannetta disse: La gente non crederà a me.
La clementissima Vergine rispose: Alzati, non temere. Tu riferisci quanto ti ho ordinato. Io confermerò le tue parole con segni così grandi che nessuno dubiterà che tu hai detto la verità.
Detto questo, e fatto il segno di croce su Giannetta, scomparve ai suoi occhi.
Tornata immediatamente a Caravaggio, Giannetta riferì tutto quanto aveva visto ed udito. Perciò molti – credendo a lei – cominciarono a visitare quel luogo, e vi trovarono una fonte mai veduta prima da nessuno.
A quella fonte si recarono allora alcuni malati, e successivamente in numero sempre crescente, confidando nella potenza di Dio. E si diffuse la notizia che gli ammalati se ne tornavano liberati dalle infermità di cui soffrivano, per l’intercessione e i meriti della gloriosissima Vergine Madre di Dio e Signore nostro Gesù Cristo.
A Lui, al Padre e allo Spirito Santo sia sempre lode e gloria per la salvezza dei fedeli. Amen.

 

Il messaggio dell’Apparizione è l’appello alla conversione, un invito alla fede in Dio. In Santuario non si può non cantare il Magnificat “per la misericordia che di generazione in generazione si stende su chi ha il santo timor di Dio. Il Santuario è meta di numerosi pellegrinaggi dall’Italia e dall’estero. Uno dei più grandi avvenimenti della storia plurisecolare del Santuario si è realizzato con la visita di Papa Giovanni Paolo II il 19-20-21 giugno 1992

 

La posa della prima pietra della cappellina iniziale sul luogo dell’apparizione risale al 1432. Nel 1516, la piccola cappella era diventata un tempio veramente insigne.
Il tempio attuale cominciò ad essere edificato – dopo la demolizione della “chiesa vecchia”, salva la cappella originaria dell’Apparizione e il Sacro Fonte – a partire dalla seconda metà del mese di luglio 1571.
Il progetto prescelto, sostanzialmente rispettato nonostante l’aggiunta di un altro corpo di fabbrica nei primi decenni del Seicento, rimane quello di Pellegrino Tibaldi (Puria in Valsolda 1527 – Milano 1596). La costruzione, che richiese l’opera di molte maestranze, ebbe come “capomastro” il caravaggino Bartolomeo Merisio, il quale vi spese dal 1571 al 1620 tutta una vita.
A partire dalla monumentale Porta Nuova, che ha nel suo fastigio il gruppo marmoreo della Vergine che appare a Giannetta (scultori Sanpietro e Melone) ed è come protetta dagli Angeli in pietra arenaria posti ai lati, si apre un largo viale alberato che conclude al Santuario con percorso di circa 2000 metri ombreggiati da quattro filari di ippocastani.
E’ un bene protetto da circa un secolo con vincolo della Soprintendenza per i beni ambientali.

 

Opere d’Arte

 

Una chiostra di portici circonda la Basilica quasi ad abbracciarla. Costituiscono un suggestivo spazio coperto di complessivi 800 metri.
Servì lungo i secoli e serve tuttora – insieme con il viale – come introduzione preparatoria all’incontro con i luoghi più sacri del Santuario, che sono il Sacro Fonte e – dentro la chiesa – l’altare delle celebrazioni eucaristiche, i confessionali per il sacramento della riconciliazione e penitenza, il Sacro Speco per il colloquio con la Vergine e Giannetta.
Per il completamento di tutto il porticato ci sono voluti circa tre secoli. Sotto il triportico di ponente, davanti alla facciata principale è stata collocata nel 1942 la Via Cricis. Nello stesso anno, al centro del piazzaletto fu eretto un Crocifisso a ricordo del giubileo episcopale di Papa Pio XII. Il piazzale è di norma riservato alle celebrazioni all’aperto e alla benedizione degli ammalati.
La basilica sorge nella vasta piazza cinta dai portici simmetrici che corrono con 200 arcate. L’esterno della chiesa è grandioso: l’edificio è lungo 93 metri, largo 33, alto 22 senza la cupola, la quale si innalza dal suolo per 64 metri. Il Santuario, rispetto al viale, volge il fianco e non la facciata.
Nel piazzale antistante il viale si trovano un obelisco e una fontana lunga quasi 50 metri. L’acqua di questa fontana passa sotto il Santuario, raccoglie nel suo corso quella del Sacro Fonte ed esce nel piazzale Sud accolta in una piscina dove i fedeli fanno bagnature.
L’interno è a una sola navata, a croce latina, di stile classico con pilastri dai capitelli ionici. Il tempio è in un certo qual modo diviso in due corpi. Uno, quello a ponente, più vasto; qui ci sono le cappelle, quattro per lato, le cantorie e l’ingresso principale. L’altro, posteriore, ha la discesa al Sacrario. Proprio sopra il sacrario e sotto la cupola, in modo da essere visto da tutti i punti del tempio, si trova l’altare maggiore, l’elemento più ricco e grandioso tra i complessi monumentali del Santuario. E’ di marmo, rotondo, con colonne che, alternate con le statue delle quattro virtù della fede, speranza, carità e umiltà, sorreggono un trono, anch’esso di marmo, che si slancia verso la cupola terminando in una gloria di angeli che portano una corona di stelle.
L’altare, progettato dall’architetto Filippo Juvarra che si ispirò agli studi per l’altare della Confessione della Basilica Vaticana, fu portato a compimento nel 1750 dall’ingegner Carlo Giuseppe Merlo di Milano.
La cupola viene eretta su disegno esecutivo di Giovan Battista Quadrio, architetto della fabbrica del duomo di Milano; Alessio Bolzano è l’autore della statua in rame posta sopra la cupola, mentre del 1695 è il pagamento ai vetrai Domenico Cantini e Giovanni Bonassoli per le otto invetriate e i quattro occhi delle finestre della lanterna. La cupola verrà ricoperta in rame solo nel 1722.

 

 

Il Sacro Speco

 

 

Sotto l’altare è posto il cuore del Santuario: il Sacro Speco
Discendendo per due scalinate marmoree inserite nel complesso dell’altare e della piazzetta antistante delimitata da marmi e da una cancellata semicircolare si può sostare in preghiera davanti all’immagine dell’Apparizione. Si trova sotto l’altare maggiore e sopra il luogo proprio dell’Apparizione, il Sacro Fonte sotterraneo. Quella attualmente venerata è una scultura in legno del gardenese Giuseppe Moroder di Ortisei, collocata nel Sacro Speco nell’anno centenario 1932 in sostituzione del gruppo antico. L’immagine della Madonna era rivestita con preziose vesti che si cambiavano lungo l’anno. Dal rivestimento in tela di diverso colore che sottostava ai manti di broccato o di raso si facevano reliquie fin dal secolo XVI, da tenere nella propria abitazione o da indossare o far indossare. Il vescovo di Novara Carlo Bascapè, già stretto collaboratore di san Carlo Borromeo, nel 1597 faceva dono del sacro velo ai confratelli dell’Oratorio dei disciplini, dove Nostra Signora di Caravaggio era già venerata da oltre un secolo.

 

 

 

Il Sacro Fonte

 

 

 

Sotto lo Speco si trova un sotterraneo, il Sacro Fonte, al quale si accede dall’esterno del tempio. Qui si trova una fontana da cui si può attingere l’acqua; qui è il luogo dove Giannetta ascoltò la Madonna e l’acqua sgorgò dal terreno.
Il sotterraneo, un grande corridoio di circa trenta metri, rivestito a mosaico dal pittore Mario Busini (1950 – 1952), appare diviso in cinque celle. Nella prima, tre nicchie ricavate dentro le pereti raccolgono una Madonna marmorea con bambino, la “ghigliottina” e il catenaccio spezzato che ricordano i miracoli più “famosi” (1520-1645).
La Madonnina: alla base della Madonna l’epigrafe gotica che parla dell’Apparizione e costituisce uno dei più importanti documenti dell’epoca del grande avvenimento. L’epigrafe, in sei esametri latini dice:”La terra di Caravaggio è stata recentemente resa davvero felice perché le apparve la Santissima Vergine nell’anno 1432 al tramonto del sesto giorno avanti le calende di giugno; ma Giannetta è assai più felice di ogni altra persona perché meritò di vedere la gran Madre del Signore”.

Le pitture di Giovanni Moriggia e Luigi Cavenaghi
Pellegrino Tibaldi aveva pensato l’unica navata coperta a botte, forse ingentilita con riquadri e rosoni. Se si osserva un acquarello del 1866 fatto da Emilio Cavenaghi, fratello di Luigi, morto prematuramente, troviamo che la volta e gran parte delle pareti sono solo intonacate e grigie, quasi squallide per contrasto con la policromia dell’altare maggiore e con l’accenno dei colori dei pennacchi della cupola e sulla controfacciata della navata grande.
Così doveva essere anche l’impressione dei responsabili del Santuario e degli innumerevoli devoti pellegrini, che potevano pure fare il confronto con la festa di ori, marmi, stucchi e colori delle cappelle.
I pennacchi della cupola dipinti dal Moriggia cominciano a prender vita dal 1846, con la raffigurazione di quattro “storie” dell’Antico Testamento in cui sono protagoniste quattro “donne forti”, modelli esemplari delle 4 virtù cardinali: prudenza (Abigail), giustizia (Ester), fortezza (Giuditta), temperanza (Rut).
Ospite del sacerdote patriota Giuseppe Mandelli, sagrista del Santuario, Giovanni Moriggia, al quale erano stati commissionati gli affreschi della cupola, lavora quasi in clandestinità dal 1851 al 1854, e quasi in clandestinità fa scalpellare le nervature della tazza cupolare per potervi dipingere senza discontinuità la apoteosi e gloria di Maria.

Moriggia, è autore anche dei dipinti sulle volte e controfacciata dei transetti. Nel braccio sinistro della croce (dov’è la sagrestia maggiore), quasi a far corona all’Immacolata del medaglione nella volta, sono raffigurate la Cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso terrestre e la Natività di Maria; nel braccio destro (dov’è la sagrestia verso mezzogiorno), la Presentazione al tempio e il Ritrovamento di Gesù si affiancano all’Assunzione di Maria, che a sua volta fa come da compimento all’Immacolata del transetto a sinistra.
Le quattro semilunette delle controfacciate sono lasciate dagli amministratori a tema libero. Eseguirà bozzetti e cartoni preparatori sul finire del 1857 e dal 1861 dipinge lo Sposalizio della Vergine, l’Annuncio a Maria, la Visita a santa Elisabetta, la Nascita di Gesù.
Nel 1891 l’amministrazione del Santuario propose al celebre caravaggino Luigi Cavenaghi,direttore della Scuola Superiore d’arte di Milano (Brera), restauratore del Cenacolo di Leonardo e successivamente soprintendente alle Gallerie Vaticane, di decorare la navata minore del Santuario. Luigi Cavenaghi si dispose all’opera studiando accuratamente le pitture nel chiostro e nella libreria dell’Escurial in Spagna dove appunto Pellegrino Tibaldi si era recato su chiamata dell’imperatore Filippo II interrompendo la direzione dei lavori della “nuova chiesa” della Madonna di Caravaggio da lui progettata.
In due anni Luigi Cavenaghi, divisi e nello stesso tempo uniti gli spazi in vari campi, riesce ad armonizzare senza confondervisi la sua pittura con quella del Moriggia e a superare le insidie della prospettiva con una profusione di ornamentazioni, figure di angeli (22) e di putti (40), raffigurazioni di profeti e di dottori della Chiesa e una schiera di santi. Molto lusinghieri i giudizi sia della Commissione Governativa sia della critica più autorevole.
Stesse valutazioni compiaciute e ammirate nei due sopralluoghi del 1901 e 1903 vengono espresse per le decorazioni nella navata grande, che Luigi Cavenaghi porta a compimento con gli aiuti Mazzucchelli e Longhetti. I risultati sono da vedere e godere. Si sa che il pittore, cristiano convinto e devoto, tornava volentieri al Santuario da lui reso più luminoso e festevole, suggestivo e orante: basti guardare non solo alle figurazioni ma anche alle lodi e alle invocazioni – quasi una “litania” alla Vergine, propria di Caravaggio – scritte nelle cartelle della navata antistante il Sacro Speco.

La sagrestia

 


Di notevole interesse artistico è la Sagrestia realizzata nella seconda metà del Seicento e nei primi del Settecento, un’opera unitaria, recentemente restaurata. Vicino all’ingresso è possibile osservare una grande tavola attribuita al Bergognone (Ambrogio da Fossano, 1481 – 1522), raffigurante una Deposizione. Sul soffitto un’Assunzione della Vergine affrescata da Giuseppe Procaccini, verso la fine del secolo (1698), con lo stesso ritmo e la stessa cromia della Certosa di Pavia. Del medesimo pittore sono anche gli Episodi evangelici e gli Apostoli affrescati tra le mensole del soffitto. Giacomo Carminati costruì i grandi armadi intagliati nei quali veniva custodito il “tesoro” del Santuario (1730), depredato poi durante la dominazione dei Francesi.
In fondo alla Sagrestia non si manchi di osservare una ricca ancona con una Deposizione di Stefano Maria Legnani, detto il Legnanino, tela proveniente dal convento dei Cappuccini di Caravaggio, che era stato soppresso.
Anche il Santuario di Caravaggio possiede un suo “tesoro”: si tratta di oggetti e di paramenti sacri di notevole pregio, donati dai fedeli e da alcuni nobili lombardi, qui custoditi e a volte utilizzati nelle solennità maggiori, anche se gli oggetti di maggior valore vennero requisiti dagli Austriaci per sovvenzionare la guerra contro la Francia e dai Francesi per ordine della Repubblica Cisalpina.
Nella Navata posteriore, oltre agli affreschi della volta già citati, si possono ammirare ai lati del Portale Orientale due grandi statue lignee raffiguranti S. Pietro e S. Paolo, scolpite dal caravaggino Gianbattista Carminati verso il 1750. Alle pareti sono collocati due pregevoli dipinti raffiguranti l’Apparizione della Madonna: quello di destra è opera di Camillo Procaccini (1551 – 1629), quello di sinistra di Giovanni Stefano Danedi, detto il Montalto (1609 – 1690).

Le cappelle minori

 

Come struttura muraria le 8 cappelle laterali erano realizzate già sul finire del Cinquecento.
La più antica è la prima, a destra entrando dal portone d’ingresso, dedicata a sant’Antonio abate, raffigurato nella pala, opera di Gianbattista Secco, originario di Caravaggio, autore anche degli stucchi e delle medaglia raffiguranti la vita del Santo.
Nella seconda è possibile ammirare una bella Deposizione del pittore modenese Giacomo Cavedoni (1577-1660), proveniente da Imola, concessa in deposito fin dal 1813 dalla Pinacoteca di Brera; una composizione con forme pulite e rigorose, con cromia caratteristica che va dal rosato, al grigio.
La terza cappella è dedicata alla Madonna con i santi Filippo e Giacomo Apostoli, la cui storia è illustrata dal Secco nei pannelli della volta; anche la pala dell’altare è opera sua.
La quarta cappella vede ancora all’opera Gianbattista Secco (1602): vi si può ammirare una Madonna del Rosario con due persone in preghiera, il pontefice Sisto V e il suo “scutifero” Soccino Secco, parente del pittore. Degni di nota sono gli stucchi e i raffinati pannelli che illustrano i misteri del Rosario.
Passando alle cappelle di sinistra, si incrocia il maestoso tempietto circolare con l’altare maggiore. Nella quinta cappella si può osservare un’Educazione della Vergine, graziosa opera eseguita da Moriggia in età giovanile (1825) a Roma, dove il pittore si era trasferito dopo le prime esperienze vissute a Bergamo alla scuola del Diotti, per perfezionarsi alla scuola del Camucci. I putti o angeli dell’arco di volta sono opera (1931) di Ferruccio Baruffi, caravaggino.
La tela della sesta cappella è attribuita a Giacomo Trécourt (1812-82), che dipinse la Pesca miracolosa degli Apostoli Pietro e Andrea insieme a Cristo. Nei cassettoni della volta, dipinti a tempera, episodi della vita dei due Santi apostoli, di Ambrogio Bolgiani (1931).
Di Carlo Preda è la bella pala della settima cappella, che raffigura la Madonna che mostra il bambino a S.Antonio da Padova e a Santa Lucia (1710). Nei cassettoni della cappella episodi della vita di S.Lucia, opera di Galliano Cresseri (1931).
L’ottava cappella (è la prima per chi entra dalla porta principale di ponente) presenta una bella copia dell’Arcangelo Gabriele di Guido Reni, eseguita da Paolo Gallinoni. Nelle nicchie ai lati del portale le statue di S.Fermo e di S.Rustico, patroni della città di Caravaggio.
La Soprintendenza ai beni architettonici e ambientali di Milano negli ultimi tre anni ha curato il restauro conservativo delle otto cappelle e delle pareti laterali, con risultati splendidi che danno il risalto che merita al valore artistico di ciascuna di esse.

 

 

 

 

 

A cura de L’ Oasi di Engaddi

 

Per la Vigna del Signore

2011

Gratuitamente avete ricevutogratuitamente date (Mt. 10,8)

 

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