La verità sull’avvenimento di La Salette

LA VERITÀ DELL’AVVENIMENTO DI LA SALETTE

del 19 settembre 1846

OVVERO RAPPORTO PRESENTATO A MONS. VESCOVO DI GRENOBLE DAI DUE COMMISSARI INCARICATI DI RACCOGLIERE E VERIFICARE I FATTI COMPROVANTI L’APPARIZIONE DELLA B. VERGINE A DUE PASTORELLI SULLA MONTAGNA DI LA SALETTE, CANTONE DI CORPS (ISÉRE)

TRADUZIONE DAL FRANCESE del CAV. ANTONIO RE

Die 27 Aug. 1852.

Admittitur

Pro Excell. et Reverend. D. D. Archiep. Mediol. Antonius Turri Archipr. Antonius Turri Archipr

Con in APPENDICE: IL SEGRETO RITROVATO NEL 1999

INTRODUZIONE.

Alcuni, al primo scorgere dal solo titolo di questo opuscolo, che si tratta d’un avvenimento soprannaturale, come quelli che non prestano fede a miracoli di nessuna sorta, crolleranno tosto disdegnosi il capo, gridando al pregiudizio ed all’impostura.

Altri, sebbene, come cattolici, non neghino essersi operati e potersi operare prodigi superiori alle forze della natura, pure, perché dall’umana ignoranza e malizia se ne spacciarono tanti di falsi con grande discredito della religione, crederanno obbedire alla prudenza, non dando il loro assenso all’apparizione della B. Vergine di La Salette e temendo, se non frode, almeno inganno od illusione. Noi ci rallegriamo con noi stessi di non essere obbligati a spendere né per quelli, né per questi le poche e semplici

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linee, che premettiamo a questo libro. Le questioni discusse e con tanta sapienza sciolte prima della relazione del fatto, le prove estrinseche dello stesso, e, se possiamo così esprimerci, i suoi caratteri intrinseci, sono tali che non sc ne potrebbe dubitare senza dar bando ad ogni criterio logico. Noi adunque ci limitiamo a pregare in cortesia i primi ed i secondi, che vogliano spendere qualche brev’ora nello scorrere questo volumetto, e poi dirci dietro quali ragioni credono poter negare il fatto che vi è narrato, e, posta la verità del fatto, come pensano poterlo spiegare colle leggi della natura. Chi sa? o il sincero e vivo desiderio del bene altrui ci illude, o a ragione portiamo ferma fiducia che chi farà la consigliata lettura con animo posato, coscienzioso, amico del vero, inchinerà anch’egli il suo intelletto ad ammettere

l’apparizione della B. Vergine di La Salette. Il che sarà certo per lui di grande giovamento.

Noi non dobbiamo nemmeno distenderci con molte parole, per rispondere a certuni di piena buona fede, ma eccessivamente prudenti, diremo anzi scrupolosi, i quali non approveranno la pubblicazione d’un nuovo miracolo in tempi di miscredenza, in cui si mettono in derisione gli antichi, stimeranno anzi imprudenza il porgere con essa occasione di bestemmiare la vera fede.

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Ma non vedono costoro con chi se la pigliano? Se la pigliano, non dirò con Vescovi chiari per pietà e sapienza, non dirò colla Francia cattolica, ma con Dio. Iddio stesso ha operato il miracolo; ed il miracolo non è egli tale, che richiedeva vi si desse pubblicità? Non ha ottenuta in breve tempo una pubblicità prodigiosa? Non vedi in tutto il dito di Dio? Del resto, guai a noi se dovessimo astenerci dal bene, ogni volta che i cattivi ne abuseranno al male! La religione e la virtù avrebbero sempre i ceppi alle mani ed ai piedi, e dovrebbero ancora seppellirsi nelle catacombe. Ma Gesù Cristo ha preceduto questa sorta di scandalo, e ci ha intimato di non farne caso, dicendo de’ Farisei, dai quali quello scandalo piglia il nome: Sinite eos, cæci enim sunt. Compiangiamo adunque chi converte la medicina in veleno, ma non neghiamo la medicina a chi ne userà a salute. L’apparizione della B. Vergine di La Salette fu una medicina per la Francia, dove è avvenuta, e può, deve esserlo anche per noi.

Anche tra noi quei delitti, cui la B. Vergine rinfaccia ai Francesi, anche tra noi il vizio orrendo della bestemmia, ed una impudente profanazione dei giorni festivi; e però perché non diremo che il pietoso avviso dato ai Francesi riguarda pur noi? Perché quindi non sarà cosa salutare il dar opera a pubblicarlo anche nel

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l’Italia nostra? Tornano qui opportune le seguenti parole di monsignor Vescovo di Grenoble (4):

“Parole (quelle di Maria), discese tanto dall’alto, dovevano avere un eco immenso, ed essere intese da tutte le nazioni, come il luogo, ove essa apparve, doveva, sembrami, essere abbastanza elevato, perché fosse veduto da tutti i popoli La B. Vergine

apparve a La Salette pel bene di tutto il mondo: chi potrebbe dubitarne?»

Noi indirizziamo il nostro discorso a quelle anime, le quali congiungendo alla prudenza del serpente la semplicità della colomba, se da un canto, come vuole l’Apostolo, niente ammettono che non sia provato, dall’altro canto non dubitano dovere il cristiano ritenere per abbastanza provato ciò a cui l’ecclesiastica autorità ha posto il suo suggello. E ci è pur caro il parlare a costoro, perché, resa inutile ogni

polemica, possiamo solo distenderci in pie riflessioni, e additare come questo libro debba servire non a pascolo di curiosità, ma ad edificazione.

E certamente dal fatto dell’apparizione della B. Vergine di La Salette può derivarsi gran frutto

(1) Per essere giunta assai tardi a nostra cognizione la pastorale qui citata di monsignor Vescovo di Grenoble, non si è potuta aggiungere in fine di questa traduzione. Perché però è di somma importanza, le diam posto subito dopo questa introduzione.

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di gratitudine a Dio, di fiducia nella divina misericordia, di timore della divina giustizia, d’emendazione di vita, di confidenza tenera e figliale nella divina nostra madre Maria. Volere a lungo descrivere i mali morali dell’età presente sarebbe opera quanto facile, altrettanto inutile: parlano abbastanza chiaramente i fatti, e gli sforzi che si fanno per porre a quelli un rimedio. Ora i fatti sono manifestamente tali, che a torto sarebbe accusato qual uomo d’umore malinconico e bilioso, qual profeta di sciagure, chi dicesse che non sono i più efficaci a renderci propizio il Signore.

Dunque che farà il Signore?… La sua mano ha già pesato e pesa ancora sui popoli: non li colpirà con nuovi e più gravi flagelli? Sono pure tremende queste parole della

B. Vergine ai due pastorelli di La Salette: «Se il mio popolo non si vuol sottomettere, sono costretta di lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla». Elle significano chiaramente, da un lato che è quasi colma la misura de’ nostri peccati, dall’altro lato, che già fuma il calice della vendetta e sta per versarsi in capo agli impenitenti. Dunque?… Se temiamo, n’abbiamo ben d’onde; ma sia benedetto il Signore, che rimette in nostra mano le nostre sorti! Lo sappiamo dalla Fede che il Signore nostro è il Dio propiziabile, che egli

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non indugia a convertirsi a chi si converte a lui, che se il peccatore si umilia e si pente, Ei ripone nel fodero la spada del suo rigore, che se è giusto del nostro, è del suo infinitamente misericordioso. Ma perché sovrabbondi la sua grazia dove abbonda il nostro delitto, per iscuotere la nostra Fede languida ed assopita, per toccarci più sensibilmente, Egli pietoso ci richiama alla mente e conferma quelle consolanti verità con un prodigio in sé stesso sì grande, e suggellato da cen to altri miracoli; con un prodigio, che si chiaramente ci rivela che cosa Egli vuole da noi; con un prodigio fra tanti che avvennero in passato, e si raccontano avvenuti a’ nostri giorni, de’ più efficaci a scuotere le menti e i cuori. Il Signore che invia la B. Vergine ad avvertirci della sua collera vicina a scoppiare, e delle cause, che l’hanno provocata, con questo fatto mostra il cuore d’un padre che non vorrebbe punire, e severo perché amoroso avvisa i figli dei colpi che loro sovrastano, perché sappiano a tempo evitarli. Con esso ci ripete quella promessa scritta in Geremia al capo XVIII: Se quella nazione farà

penitenza del suo male che io le rimproverai, mi ripentirò io pure del male che pensava di farle. Sicché l’avvenimento di La Salette è sì una minaccia di giustizia, ma ancora, anzi per questo specialmente, un pegno ed una promessa

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di misericordia, è uno stimolo di timore ed un eccitamento di speranza, è un invito a ridurci a miglior luogo; è una grazia che richiede viva gratitudine e pronta e fedele corrispondenza. Chi to leggesse, e non ne pigliasse occasione di migliorare la vita, egli, bisogna dirlo, avrebbe fatta una lettura inutile, vorrei anzi aggiungere, una lettura, per l’abuso del dono di Dio, perniciosa.

I lettori di queste pagine non saranno rei di que’ delitti, contro i quali tuona sì terribile per mezzo di Maria la divina Giustizia; ma non avranno anch’essi bisogno di qualche riforma? E a questa devono dar opera sincera e fervorosa. Non possono essi studiarsi di santificare con più ardente pietà i giorni del Signore, e d’onorare con più viva fede il santo nome di Gesù Cristo, massimamente lodandolo, almeno nel lor cuore, quando odono altri profanarlo? Che ciò facciano lo vuole la carità di Dio e degli uomini.

Perché poi non potrebbero, tutti coll’orazione e col buon esempio, molli ben usando dei diritti cui dà l’amicizia, l’autorità, la condizione dello stato e con altri mezzi, che sono in lor mano, adoperarsi, per impedire quei disordini, ridurre a miglior luogo i traviati, promuovere il culto divino? In Francia è già sorta, e produce non pochi frutti, una pia associazione, il cui scopo è appunto promuovere la santifica-

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zione de’ giorni festivi. E noi imiteremo solo il male di quel paese e non il bene? Oh, quanto una simile associazione sarebbe salutare anche tra noi! Oh, se i buoni non congiurano santamente a togliere gli scandali e a diffondere il bene, non andranno anch’ essi avvolti ne’ castighi de’ cattivi? Buon lettore, medita queste parole.

Ma l’avvenimento di La Salette dee produrre in noi un altro saluberrimo frutto. I divoti di Maria ci hanno già intesi. Lo so, o figli di sì amabile madre, voi non avete bisogno di nuovi argomenti per convincervi quanto ella sia buona, amorosa, potente; voi vi compiacete di ripetere a voi stessi, che quanto Iddio può col comando, la Vergine lo può colla preghiera; ma se novelli fatti nulla possono aggiungere alla convinzione, sarà pur vero che non possano rinfocare il sentimento? Che se non portano nuova luce alla mente, non valgano ad infiammare l’affetto? Se non accrescono la certezza del credere, non giovino a raddoppiare il fervore dell’operare? E perché Iddio sceglie Maria a strumento delle sue misericordie? Perché ci fa sapere da lei, che è dessa quella che perora per noi e tien sospesi i suoi flagelli? La risposta non può essere né dubbia né tarda, ed anch’essa ci manifesta quanto preme al Signore, che noi schiviamo i fulmini della sua Giustizia. Per condurci per mezzo di Maria a

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sé, per offrirci un mezzo sì facile e sì potente di conversione, per darci in tempi, in cui n’abbiamo tanto bisogno, un’arra di scampo e di salute. Nessuno, credo io, leggerà questo libro, senza toccar con mano queste due verità, che cioè Maria ci vuole e ci può fare tutto il bene. Chi legge queste parole: «è del tempo che soffro per voi altri!

Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, devo pregarlo costantemente. Voi

potete ben pregare, ben fare, giammai non potrete ricompensare la sollecitudine che mi sono data per voi altri» chi, dico, legge queste parole non potrà non restarne intenerito e consolato. Parmi vedere una madre che si pone tra il figlio colpevole ed il padre giustamente sdegnato, e prega, e piange, e facendo dolce violenza ferma in aria la mano già levata a percuotere. Quanta bontà di cuore! Quanta efficacia di mediazione! Sia benedetto Iddio che, nella sua misericordia, ci diede tanta mediatrice, ma siate benedetta, ancor voi, o Maria! Se non fummo schiacciati dalla divina Giustizia, noi ne siamo debitori a voi, rifugio de’ peccatori, ajuto de’ cristiani, madre di grazia e di misericordia. Che se la Vergine tanto fece ed ottenne per noi assonnati nella colpa, che non farà, che non otterrà, se confidenti a lei ricorreremo con un cuore mutato? Ve lo diranno le molte grazie miracolose, che, come

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leggerete in questo volumetto, furono per la sua intercessione conseguite, ve lo dirà il concorso straordinario d’innumerevoli pellegrini, che da tutte le parti pieni di singolare fiducia, opera del cielo, si recarono a visitare il luogo dell’apparizione; ve lo dirà la confidenza de’ vescovi e de’ pii che s’adoprano con tanto zelo a levare un tempio, che sia come il trono della misericordia di Maria. Se non che grande speranza nella intercessione della B. Vergine di La Salette Iddio ha suscitata anche tra noi, anche nella nostra Milano, e non indarno. A tacere per ora d’altre grazie singolari ottenute dietro l’invocazione della Madonna di La Salette, e l’uso dell’acqua della fonte miracolosa, molte e molte persone degnissime di fede possono rendere testimonianza della istantanea guarigione d’una giovane da più anni inferma d’una malattia gravissima e ribelle a tutti i rimedi dell’arte. Rideranno all’annunzio di tal fatto (1) taluni, i quali pure ammettono colla

(1) Questo ed altri fatti di simil natura, venuti a nostra notizia, per quanta sia la nostra persuasione che, almeno alcuni, sono miracolosi, confessiamo però che per ora non possono essere ritenuti tali se non per fede umana. Quando agli argomenti della logica s’aggiungesse il peso d’un giudizio ecclesiastico, noi ci recheremo a dovere di pubblicarlo, e di dare ad un tempo un elenco delle grazie prodigiose concesse anche tra noi per l’intercessione della Beata Vergine di La Salette.

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credulità la più superstiziosa tutte le stranezze attribuite al magnetismo animale; ma col riso non si scioglie nessuna questione, e al riso, d’ordinario prova non di ricchezza, ma di povertà di ragioni, non si risponde. Noi quindi rifletteremo piuttosto,

al nostro proposito, che, per tutte le cose discorse è evidente che il Signore col prodigioso avvenimento di La Salette, e con tutti quei fatti che vi tennero dietro, volle invitare i popoli a riaccendersi nell’amore di Maria, a mettere in lei una singolare confidenza, a riparare sotto il manto della sua protezione. Beata la Francia che intese la voce di Dio, e tutta è calda di zelo per offrire più splendido culto alla B. Vergine, e perpetuare la memoria della pietosa sua apparizione! Per quanto gravi siano i mali da cui è percossa, fino a quando la durerà in sì bella e fervorosa divozione, vi sarà tutto a sperare per lei. Beati i popoli che, come pur troppo hanno presa la Francia a modello in ciò che da nessuno dovrebbe mai essere imitato, così vorranno seguire il suo esempio nell’onorare la gran madre di Dio e degli uomini! Non può essere che non sia per risplendere un avvenire più bello. Il tutto intanto, il tutto sta qui: arrendersi ai disegni pietosi di Dio, e, lasciando quei peccati che provocano la sua giustizia, gettarsi in seno a Maria, come figli ravveduti in braccio alla madre. Il re-

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sto lo farà Maria. Tale adunque, o lettore, tale sia per te il frutto della lettura di questo libro. Ringrazia con cuore la Vergine di quanto fa continuamente per allontanare dal nostro capo i flagelli di Dio, pregala senza interruzione, che non si stanchi di perorare per noi, scongiurala che ci ottenga specialmente la conversione del cuore, promovi, quanto sta in poter tuo, il suo culto, concorri con quei mezzi, de’ quali puoi disporre, ad alzarle templi ed altari. Dopo che Iddio parlò sì chiaro, non accendersi, lo dirò, di uno straordinario entusiasmo per la divina Maria, e non offrirne degne prove, ci parrebbe ingratitudine, indifferenza, avversione del vero nostro bene. E se poi i tempi non si facessero migliori?… Se Iddio stanco desse mano ai castighi? la colpa, o

lettore, di chi sarebbe? Ma lasciamo da parte i sinistri presagi: noi vogliamo entrare nelle mire del Signore; noi vogliamo affidarci a Maria, e per Maria tutto ci lice sperare.

Sacerdote LUIGI SPERONI Professore nel Seminario Arcivescovile,

Parroco di S. Sepolcro.

Lettera Pastorale e Mandamento di Monsignor Vescovo di Grenoble, che partecipa la posizione della prima pietra del Santuario della Beata Vergine di La Salette (1).

FILIBERTO DI BRUILLARD PER LA GRAZIA DIVINA

E LA GRAZIA DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA VESCOVO DI GRENOBLE

Al Clero e ai fedeli della nostra Diocesi salute e benedizione nel nostro Signore Gesù Cristo.

Carissimi Fratelli.

Dall’origine del Cristianesimo a questa parte è accaduto ben di rado che un Vescovo avesse a proclamare la verità d’una apparizione dell’augusta Madre di Dio. Questa fortuna il Cielo la riservava a noi, senza che ne avessimo il merito personale, come una prova sensibile della sua bontà misericordiosa verso i nostri diletti Diocesani. È una missione onorevo-

(1) Del Santuario che si sta costruendo, il solo coro avrà circa 250 metri quadrati; ed ultimato che esso sia conterrà circa tremila persone. Due fabbricati perfettamente regolari saranno contigui al Santuario; l’uno servirà per abitazione dei Missionari e l’altro per ricevere i pellegrini.

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lissima cui ci è dato di adempire; è un dovere sacro del quale noi dovevamo sdebitarci; è un diritto che ci è conferito dai santi canoni e del quale abbiamo dovuto far uso per non renderci punibili di una resistenza colpevole alla voce del Cielo è di una opposizione biasimevole ai voti che ci venivano da ogni parte espressi.

Perciò il nostro Mandamento del 19 settembre è stato accolto con una soddisfazione universale. L’opinione generale aveva preceduto la nostra decisione, e il nostro giudizio dottrinale non ha fatto che dargli la sanzione che gli mancava per diventare una certezza piena ed intera.

Abbiamo ricevute delle adesioni, delle felicitazioni, diversi doni e delle promesse di soccorso per il Santuario di La Salette, da molti Principi della Chiesa e da un gran numero dei nostri venerabili Colleghi. Molti anzi di essi hanno fatto pubblicare nella loro Diocesi il nostro Mandamento, e specialmente il dispositivo nel quale provochiamo il concorso generale dei sacerdoti e dei fedeli tanto della Francia che dell’estero. Noi non parliamo qui delle adesioni del Clero del secondo ordine, dei fedeli pii ed istruiti; esse sono senza numero. Ve ne sono di molte Diocesi, di tutti i paesi, dell’oriente e dell’occidente, del nord e del mezzogiorno.

Il nostro Mandamento è stato anche riprodotto dalla stampa religiosa della Capitale e dei Dipartimenti. Otto giorni dopo la sua pubblicazione nella nostra Diocesi, il venerabile Vescovo di Gand lo faceva tradurre in fiammingo e lo diffondeva in tutto il Belgio. Poco dopo appariva tradotto in inglese in un foglio cattolico di Londra. Un foglio religioso di Soletta (Svizzera), e due

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altri di Augusta lo pubblicavano in tedesco. Tradotto in italiano apparve prima a Milano e Genova, ed in fine il primo di questo mese l’Osservatore romano riceveva il permesso di darvi luogo nelle sue colonne. Così doveva essere, carissimi fratelli. Non è invano che la Madre misericordiosa si è degnata visitare i figli degli uomini. Non è invano che alla vista dei disordini che eccitano la collera di suo Figlio, Ella è venuta, direbbesi, a rifugiarsi nelle nostre montagne, a versare delle lagrime, ed avvertirci de’ castighi che ci erano riservati, se non ci convertivamo, a ricordarci il timor di Dio, il rispetto per il santo suo nome, la santificazione della domenica, l’osservanza di tutti i comandamenti di Dio e della sua Chiesa. Parole discese tanto dall’alto dovevano sommamente risuonare ed essere intese da tutte le nazioni, come il luogo. ove Essa apparve mi sembra dovesse essere abbastanza elevato per essere veduto da tutti i popoli. Riportatevi, all’origine di questo grande avvenimento: vedete il suo nascere quasi incognito, la sua diffusione pronta, rapida attraverso la Francia e l’Europa, il suo volo nelle quattro parti del mondo, infine il provvidenziale suo arrivo nella capitale del mondo cristiano. A Dio onore e gloria! Noi non siamo stati che un debole istromento dell’adorabile sua volontà. All’augusta Ver-, gine di La Salette è dovuto questo successo inaudito, prodigioso; Essa sola aveva tutto disposto per conseguire questo non isperato risultato; Essa sola aveva trionfato di tutti gli ostacoli, risolte tutte le obbiezioni, annichilate tutte le difficoltà; Essa sola aveva preparata la riuscita; Essa sola saprà coronare la sua opera. Per parte nostra non abbiamo che a ringraziarla mille volte della scelta tutta gratuita ch’ Essa

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ha fatto di noi per essere l’araldo della sua gloria e della misericordiosa protezione colla quale Le piace di sempre tutelare la nostra diletta Diocesi, la nostra cara patria ed il mondo intero.

  1. Frattanto, nostri carissimi Fratelli, noi non abbiamo finora adempiuto se non una parte della grande missione che il cielo ci ha affidata; un’altra non meno bella, non meno importante alla gloria di Dio, alla Vergine senza macchia, alla felicità della nostra Diocesi ed al bene della Francia intera, ce ne resta a compire; e per compirla noi non risparmieremo né cure, né pene, né sacrifici; troppo fortunati di consacrare il restante della nostra lunga carriera alla fondazione di un nuovo pellegrinaggio, all’onore di Quella che tanto giustamente è proclamata soccorso de’ cristiani, rifugio

de’ peccatori, consolatrice degli afflitti e salute degli infermi; pellegrinaggio che coll’andar de’ tempi, sarà per il popolo cristiano la fortezza di Sionne, una città di rifugio, un asilo contro i castighi della giustizia del Cielo così spesso provocati dai delitti della terra.

Richiamate qui alla vostra mente l’epoca alla quale Maria apparve sopra la montagna di La Salette. Questa apparizione, il 19 settembre 1846, non è stata essa il preludio de’ più grandi avvenimenti? Mirate le agitazioni popolari, i troni rovesciati, l’Europa scompigliata, la società sul declive della sua rovina. Chi ci ha preservati, chi ci préserverà ancora da più grandi disgrazie, se non Quella che venne dall’alto sulle nostre Montagne per piantarvi in certo modo un segnale di riunione e di salute, un faro luminoso, un serpenté di bronzo, verso il quale le animé pie

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rivolsero lo sguardo per scongiurare la collera celeste e guarirci da incurabili ferite?

Il pellegrinaggio della Beata Vergine di La Salette esiste dunque di già, e dall’apparizione della B. V. Maria in poi è in piena attività. Non v’ebbe finora, è vero, che una misera cappella di tavole senza sacerdoti specialmente incaricati di servirla.

Ma tutti hanno sentito il bisogno di erigere un tempio in quel luogo privilegiato; ciascuno si è creato il suo tempio su quel solitario monte. La pietà, i sospiri, le lagrime ne hanno costituito l’ornamento. Con quale fiducia, con qual fede migliaia di pellegrini sono venuti annualmente a chinare le loro fronti sopra questa terra benedetta, a baciare rispettosamente le pedate di Maria! Quali sacrifizi in viaggi non hanno essi fatti per venire a cantare col Re profeta: Fundamenta ejus in montibus sanctis. Essa ha fissata la sua dimora sopra un monte che ha santificato». Noi la veneriamo in un luogo ove ha posati i suoi sacri piedi: Adorabimus in loco ubi steterunt pedes ejus! E quante volte abbiam pure veduto dei pii pellegrini deporre anticipatamente e per un santuario che non esiste ancora che nei loro voti, degli ornamenti di valore ed anche de’ ricordi di affezione? Non ci hanno essi richiamati alla memoria quei doni spontanei offerti dai figli d’Israele per il tabernacolo di Mosé e per il tempio di Salomone? Se il fatto di La Salette avesse ancora d’uopo di conferma, la troverebbe in questo concorso, in questa pietà, in questa gioia celeste, in un numero così grande di sacrifizii. E quali meraviglie di ogni genere non sono state la ricompensa di tanta fede, di tanta divozione!

Voi lo comprendete, carissimi Fratelli; si tratta ora XX

della costruzione di un Santuario in onore della nostra augusta Madre sopra la montagna privilegiata che Ella si è degnata di onorare della sua presenza sulla quale ha risuonato la celeste sua voce.

Questo Santuario deve essere degno della Regina del Cielo, degno della nostra riconoscenza verso di Lei, degno della privilegiata nostra Diocesi, del pio concorso che ci edifica, e delle generose offerte che ci pervengono; giacché, diciamolo, non è per una località più o meno ristretta, è per l’universo che noi fabbrichiamo. Ed infatti, in qual luogo non ha risuonato il nome della Beata Vergine di La Salette? In qual luogo non è stata Essa invocata? E qual paese, proclamiamolo altamente, non si è reso noto per qualche favore temporale o spirituale dovuto alla sua intercessione?

In mezzo al concorso generale che tutto ci fa sperare per questa nobile intrapresa, la nostra Diocesi, ne siamo certi, non verrà superata; e si manterrà al contrario alla testa del gran movimento che si manifesta da tutte le parti. La nostra Diocesi, che ha tante volte risposto al nostro invito anche in favore di opere straniere, sentirà la nostra voce, risponderà all’invito che noi le indirizziamo in favore di un’opera che essa è stata la prima a conoscere, ch’essa ama, e della quale ha risentiti i fortunati effetti, di un’ opera che è veramente la sua per volontà dell’Altissimo e per la scelta tutta gratuità di Quella che riconosce da più secoli per sua principale protettrice, per avvocata e per madre.

La facilità che i nostri cari Diocesani hanno di attingere a questa sorgente di grazie e la prossimità de’ luoghi assicurano loro sopra i pellegrini stranieri

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dei vantaggi economici di cui le costruzioni progettate devono trar profitto.

Eccoci arrivati al bel mese di maggio, a quel mese consacrato in un modo specialissimo al culto di Maria, a quel mese nel quale tanti omaggi le sono diretti da tutte le parti della terra, a quel mese di conversioni fra i peccatori, di grazia per i giusti, di buone opere moltiplicate in onore di Quella che non è mai invano invocata. Ebbene, miei cari fratelli, è questo il mese che noi abbiamo voluto scegliere per la posizione e la benedizione della prima pietra del santuario di Nostra Signora di La Salette. Noi abbiamo voluto che questa cerimonia si facesse con un apparato degno del soggetto; Noi abbiamo invitato uno de’ nostri più cari Colleghi a fare ciò che ci sarebbe stato ben dolce di fare noi stessi in persona, se ancor più che l’età lo stato abituale della nostra infermità ce lo avesse permesso (1). In ciò noi abbiamo dovuto rassegnarci alla volontà di Dio e fare un sacrificio delle nostre affezioni.

Vi invitiamo però egualmente, carissimi e diletti fratelli, a trasferirvi voi stessi sul santo monte, e aumentare col vostro pio concorso la magnificenza ‘ di questo giorno che deve rallegrare il Cielo, far esultare la terra di allegrezza.

Sì, è pure durante questo mese di Maria che in tutte le chiese e cappelle della nostra Diocesi saranno raccolte le offerte della pietà per la costruzione del nuovo edificio.

 

(1) Monsignor di Bruillard è ottuagenario, affetto da molti anni da una neuralgia al volto che è causa di dolori acuti ed abituali.

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  1. Ma, miei carissimi fratelli, per quanto importante sia l’erezione di un Santuario, vi è qualche cosa di più importante ancora: sono dei ministri della religione destinati a servirlo, a raccogliere i pii pellegrini, a far loro sentire la parola di Dio, a esercitare verso di loro il ministero della riconciliazione 9 ad amministrare loro l’augusto Sacramento dei nostri altari, ad essere per tutti i dispensatori fedeli dei misteri di Dio e dei tesori spirituali della Chiesa.

Questi sacerdoti si denomineranno Missionari di Nostra Signora di La Salette; la loro creazione e la loro esistenza, egualmente che il Santuario stesso, saranno un monumento eterno, un ricordo perpetuo della misericordiosa apparizione di Maria.

Questi sacerdoti, scelti fra molti altri per essere i modelli e li ausiliari del Clero della città e delle campagne, avranno una residenza abituale nella città episcopale.

Soggiorneranno sulla montagna durante la stagione del pellegrinaggio; e durante l’inverno evangelizzeranno le differenti parrocchie della Diocesi.

Sì, è adunque un corpo di Missionari Diocesani che noi istituiamo fin d’ora, che vogliamo vivificare ed estendere quanto da noi si potrà a costo di tutti i sacrifici e col concorso dei pii nostri Diocesani, e soprattutto del nostro diletto Clero.

Questi Missionari suppliranno a ciò che non possono fare le Corporazioni religiose che noi abbiamo chiamate ed accolte, dalle quali abbiamo ricevuto tanti servigi eminenti, e delle quali noi proclamiamo altamente l’interessamento alla Diocesi, le virtù religiose, il sapere, lo zelo ed i successi. Degnisi la Vergine Immacolata, il gran

s. Domenico, l’illustre sant’Ignazio far discendere sopra i loro diletti figli una XXIII

pioggia abbondante di grazie! Pure non possiamo noi dire col Divin Maestro, la messe è abbondante, ma gli operai in piccol numero: Messis quidem multa, operarii autem pauci? Possano essi trovarsi presto abbastanza numerosi, affinché le parrocchie della nostra Diocesi godano a vicenda, dopo un certo numero di anni, dei benefizi inestimabili di una missione! Già molte altre Diocesi posseggono questo prezioso vantaggio.

Questo corpo di Missionari è come il suggello che vogliamo mettere alle altre opere, che per la grazia di Dio ci è stato concesso di creare. È, per così dire, l’ultima pagina del nostro testamento, è l’ultimo legato che vogliamo istituire a vantaggio dei nostri diletti Diocesani. È un ricordo vivente che vogliamo lasciare a tutte ed a ciascuna delle nostre parrocchie; noi vogliamo rivivere in mezzo di voi, carissimi fratelli, per

l’opera di questi uomini rispettabili che, parlandovi di Dio, vi ricorderanno di pregare per noi.

Già, nostri carissimi Cooperatori, voi avete accolto con acclamazioni di gioia il nostro pensiero tostoché venne a vostra cognizione: prova luminosa dell’accordo di viste e di sentimenti che esistono tra voi e colui che Dio ha posto alla vostra testa.

Questa società di sacerdoti destinati ad essere efficaci vostri ausiliari, e che per divenirlo fanno il sacrificio della loro persona, della loro vantaggiosa posizione e abbracciano la vita povera, dura, laboriosa dell’uomo apostolico, reclama il vostro generoso concorso, non meno che quello dei vostri onorevoli parrocchiani. Essi devono necessariamente avere in Grenoble una casa che serva loro di noviziato per istruire i giovani sacerdoti e per prepararli nel raccoglimento

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e nello studio a nuove fatiche, e nella quale possano trovare un onorevole ricovero nella loro vecchiezza. Abbisognano di un modesto mobigliare, di biancherie, di una biblioteca, ec,, tutto ciò lo otterranno dalla vostra generosità che ci è ben conosciuta! Tante altre opere nella nostra Diocesi hanno avuto principio senz’ altre risorse, che quelle che loro erano riservate dalla Provvidenza, e sono attualmente in progresso di prosperità.

Una delle più belle opere che voi possiate creare, miei cari Collaboratori, e ciò è possibile in molte parrocchie, è qualche fondazione che assicuri al vostro gregge una missione ogni otto o dieci anni. Ne esistono già di questo genere, e si può riuscire ad aumentarne il numero. Non si dirà mai abbastanza di qual prezzo sia agli occhi di Dio un’opera simile e di qual merito sia pel suo fondatore.

La Santissima Vergine è apparsa a La Salette per l’universo intero, chi può dubitarne? Ma essa apparve anche specialmente per la Diocesi di Grenoble, che ne ritrarrà due vantaggi inapprezzabili: un nuovo Santuario a Maria, un corpo di Missionari diocesani; queste due opere non sono divenute possibili che in conseguenza dell’apparizione, e ne perpetueranno per sempre la memoria.

Per questi motivi, invocato il santo Nome di Dio, abbiamo dato le seguenti disposizioni.

Art. I. La benedizione solenne e il collocamento. della prima pietra che si faranno coll’opera di monsignor Vescovo di Valenza, assistito da una deputazione del nostro Capitolo e da un numeroso Clero, avranno luogo il martedì 25 maggio.

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Art. II. Vi sarà discorso, vesperi e benedizione del Santissimo Sacramento all’ora la più convenevole, cioè a dire verso mezzogiorno.

Art. III. Una questua sarà fatta in questo giorno fra i pellegrini da qualche sacerdote scelto a questo fine.

Art. IV. La domenica che seguirà la lettura del nostro Mandamento si farà una questua nelle chiese e cappelle della nostra Diocesi a favore del Santuario e dei Missionari. Tal questua potrà anche farsi al domicilio, se i parrochi lo crederanno convenevole. Frattanto i doni che ci pervengono dalle Diocesi estere alla nostra restano sempre ed esclusivamente consacrati alla conservazione del pellegrinaggio.

Art. V. I doni in vasi sacri, ornamenti e biancherie di chiesa verranno, del pari che quelli che verranno fatti in danaro, di mano in mano descritti in un registro, ed i nomi dei benefattori saranno in seguito riportati sopra il registro generale che già trovasi depositato nell’archivio del vescovato, il cui duplicato sarà consegnato all’archivio del Santuario di La Salette. Si faranno in perpetuo delle preghiere per i benefattori tanto del Santuario quanto dei sacerdoti destinati a servirlo.

Noi accogliamo con piacere quest’occasione di ringraziare nel modo il più distinto i nostri venerabili Colleghi, i sacerdoti ́ zelanti ed i pii fedeli di ogni paese, i quali ci hanno già dirette o promesso di mandarci delle generose offerte. Questi doni ispirati dalla fede unitamente a preci fervorose non dubitiamo che siano il mezzo più proprio ad onorare l’augusta Regina del Cielo, ed a disarmare il braccio di suo Figlio giustamente irritato dai molti ed enormi nostri

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peccati. Ogni giorno noi alziamo le nostre mani supplichevoli verso il Cielo per implorare le benedizioni più abbondanti sopra tutti e ciascuno dei benefattori presenti e futuri, cogniti ed incogniti.

Il nostro presente Mandamento sarà letto e pubblicato in tutte le chiese e cappelle della nostra Diocesi alla messa parrocchiale o di comunità, la domenica immediatamente susseguente al ricevimento.

Dato a Grenoble sotto la nostra segnatura, il suggello delle nostre armi e la contro segnatura del nostro segretario, il 1° maggio 1852.

(L. S.)

+ FILIBERTO

Vescovo di Grenoble. Per commissione AUVERGNE Canon, onor. Segretario.

APPROVAZIONE DI MONSIGNOR VESCOVO DI GRENOBLE CHE AUTORIZZA LA STAMPA DEL RAPPORTO

PHILIBERT DE BRUILLARD, per la misericordia divina e la grazia della Santa Sede Apostolica, Vescovo di Grenoble.

Abbiamo letto, attentamente ed abbiamo fatto leggere, esaminare e discutere alla nostra presenza in una numerosa Commissione composta dei M. R. nostri Vicari generali, dei Membri del nostro Capitolo, del Superiore del nostro Seminario diocesano e dei cinque Curati della nostra città episcopale, il manoscritto intitolato; La Verità sopra l’Avvenimento di La Salette del 19 settembre 1846, ovvero Rapporto a Monsignor Vescovo di Grenoble sopra l’Apparizione della Beata Vergine a due piccoli pastori sulla montagna di La Salette, Cantone di Corps (Isére).

Noi siamo stati costantemente dell’opinione della grande maggiorità della Commissione, la quale ha successivamente adottati tutti gli articoli di questo Rapporto.

In conseguenza noi permettiamo all’Autore di pubblicare col mezzo della stampa il suo lavoro assieme all’introduzione, e le pezze giustificative.

Questo Rapporto, vivamente desiderato ed impazientemente da molto tempo aspettato, mi sembra proprio a dissipare molte prevenzioni, ad illuminare l’opinione pubblica, ed a portare la convinzione negli spiriti retti. Quelli che credono, quelli che dubitano, ed anche quelli che non credono, non lo leggeranno senza interesse, e noi lo speriamo, non senza qualche profitto.

Le persone pie vedranno, che esse hanno potuto ammettere il fatto senza meritare il rimprovero d’imprudenza o di debolezza di spirito. Quelli che hanno creduto sospendere il loro giudizio saranno senza alcun dubbio colpiti dalle numerose prove, che corredano questo fatto straordinario. Quelli in fine, che strascinati dai pregiudizi, tacciano di falsità tutto ciò che esce dell’ordine comune, tutto ciò che è meraviglioso, si rammenteranno senza dubbio che il vero può qualche volta non essere verosimile, e che un avvenimento il quale da oltre venti mesi risuona nel mondo cattolico, ed ha già messi in movimento più di cento mila pellegrini, non vuol essere reietto senza esame.

INTRODUZIONE OVVERO

RAPPORTO SOPRA LA SALETTE.

Avanti di pubblicare la nostra relazione sopra l’avvenimento di La Salette, ci è sembrato utile di premettere l’esame di alcuni quesiti importanti, che vi hanno rapporto, e che molte persone hanno potuto o potranno fare. Noi ci accingiamo adunque a rispondere a quattro quesiti.

1° Quali sono i principii di certezza dietro i quali devesi apprezzare il fatto di La Salette?

2° Dovrassi ammettere che si facciano ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica?

3° In qual modo si riconosce che un fatto straordinario è veramente soprannaturale e miracoloso?

4° Quale è stata l’opinione della Commissione episcopale sopra ciascun punto della relazione del fatto di La Salette?

Le risposte che daremo a ciascuno di questi quesiti, saranno atte a dissipare certi pregiudizi, a far superare certe ripugnanze, ed a spargere maggior luce sopra un avvenimento, del quale noi ci proponiamo di dimostrare la verità.

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§ I. QUESITO 1. – Quali sono i principi di certezza dietro i quali devesi apprezzare il FATTO DI La Salette? Quando un fatto ci sembra riunire tutti i caratteri della certezza morale; che è accompagnato da tutte le circostanze atte a determinare il nostro assentimento; che è arrivato a quell’alto grado di probabilità, che basta a far risguardare come impossibile, o chimerica qualunque supposizione del contrario; che in fine è ammesso da un gran numero di persone gravi, giudiziose, che l’hanno esaminato senza precipitazione, senza prevenzione e senza entusiasmo; allora noi pronunciamo senza timore, che questo fatto è vero; noi diciamo che appartiene al dominio della verità; e da quell’istante noi lo prendiamo per base e per regola della nostra condotta é dei nostri rapporti cogli altri uomini.

Questa regola di certezza è ammessa dai logici, e noi la leggiamo nell’arte di pensare, opera eccellente di Porto Reale. Per giudicare della verità di un avvenimento, dice l’autore di essa, e determinarci a crederlo o a non crederlo, non bisogna considerarlo

«nudamente ed in sé medesimo, come si farebbe di una proposizione di geometria; ma bisogna fare attenzione a tutte le circostanze che l’accompagnano, tanto interne che esterne. Chiamo circostanze interne, quelle che appartengono al fatto medesimo ed esterne quelle che risguardano le persone, dietro la cui testimonianza noi siamo indotti a crederlo. Ciò posto, se tutte le circostanze sono tali, che non succede mai o molto raramente, che esse siano accompagnate da falsità, il nostro spirito è

naturalmente inclinato a credere che ciò è vero, ed ha ragione di farlo specialmente nella condotta della vita, che non domanda maggior certezza di questa

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certezza morale, e che deve accontentarsi in molti casi della più grande probabilità!

Il giudizioso autore aggiunge: «La regola che abbiamo esposta è molto importante per guidare il proprio raziocinio nella credenza dei fatti particolari, e, non osservandola, si è in pericolo di cadere in estremi pericolosi di credulità o d’incredulità».

Questa regola, si domanderà, è ella applicabile ai fatti soprannaturali e miracolosi? Perché no? Un miracolo è un fatto sensibile che racchiude una derogazione esterna alle leggi che regolano il mondo fisico. Ora sentiamo l’autore che abbiamo or ora citato nell’applicare esso medesimo la regola che ha data in proposito dei fatti miracolosi. Perché vi sono, dic’egli, per esempio, di quelli che si farebbero scrupolo di dubitare di un miracolo, perché si sono messi nella mente che sarebbero obbligati di dubitare di tutti, se dubitassero di alcuno, e si persuadono, che a loro basta di sapere che tutto è possibile a Dio, per credere tutto ciò che si dice degli effetti dell’infinita sua potenza. Altri, al contrario, s’immaginano ridicolosamente che è proprio degli spiriti forti di dubitare di tutti i miracoli, senza aver altro titolo, se non questo, che spesse volte ne sono stati raccontati di quelli che non si sono riconosciuti veritieri, e che non vi è maggior fondamento di credere agli uni più che agli altri…

La disposizione dei primi è molto migliore di quella degli ultimi; ma ciò nulla meno è vero che tanto gli uni, che gli altri ragionano egualmente male. La certezza di un miracolo, come quella di ogni altro fatto, si ottiene adunque coll’esame di tutte le circostanze interne ed esterne che hanno accompa-

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gnato. Il miracolo è la conseguenza di due fatti sensibili, egualmente facili a constatare. Per esempio, tutti hanno veduto LAZZARO nella tomba morto da quattro giorni; tutti lo vedono ora pieno di vita: eccovi due fatti, la cui conseguenza necessaria è: Lazzaro è dunque risuscitato.

Ma si dirà nel fatto di La Salette si tratta di una apparizione, e per stabilirne la realtà abbiamo soltanto la testimonianza di due poveri pastorelli grossolani ed ignoranti.

Noi risponderemo cogli autori che hanno scritto sopra i veri principi della certezza, e specialmente coll’autore della filosofia di Bayeux stampata nel 1842. «Anche la testimonianza di un solo può essere certa in sé stessa, quantunque incerta rapporto a noi. Ciò non ostante non è neppur raro il caso che ci teniamo sicuri di non essere ingannati anche da un solo testimonio. Ed in fatto ogni giorno noi facciamo delle grandi intraprese sopra la fede di un sol uomo senza essere perciò temerari. Un figlio

crede ad un padre buono e prudente che egli giudica non essere né ingannato né ingannatore. — La certezza usuale che ci serve di regola nella maggior parte delle nostre azioni, non deve necessariamente racchiudere tutte le condizioni che si richiedono per l’assoluta certezza morale, cioè a dire per quella certezza che diversifica soltanto nei motivi dalla certezza fisica basata sopra la testimonianza costante ed uniforme dei sensi e dalla certezza metafisica basata sopra l’essenza delle cose. Chi ha giammai pretesa l’assoluta certezza morale per una condanna alla pena capitale? Chi la pretende pei contratti, dai quali dipende la sostanza dei

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cittadini, per i trattati di pace fra le nazioni? ecc.» (Instit. philos. in sem. Bajocensi habite à D. Noget-Lacoudre, tom. I, 1842).

Si è, seguendo queste regole tanto sagge, che noi abbiamo giudicato il fatto di La Salette, che noi lo crediamo vero, e che è sembrato tale alla Commissione incaricata di esaminarlo discuterlo su tutte le circostanze. Se adunque noi proviamo nel nostro rapporto, che i due pastorelli non sono né ingannati, né ingannatori, e sopra tutto se noi possiamo presentare un numero grandissimo di fatti miracolosi ben constatati, e che sono stati operati in conseguenza del loro racconto, converrà allora necessariamente ammettere la loro testimonianza, e credere alla realtà. dell’apparizione.

§ II. QUESITO 2° Devesi ammettere, che si operino ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica?

Noi non ci rivolgiamo agli increduli; è per essi un partito preso di respingere senza esame tutti i miracoli, compresi quelli che servono di fondamento al Cristianesimo; ci basta di consigliarli a consultare i numerosi apologisti della religione. Noi vogliamo unicamente disingannare od illuminare alcuni cristiani che si immaginano che il tempo dei miracoli è passato, e che non se ne operano più, dopo che la Religione è stabilita nel mondo; che Iddio non si manifesta più agli uomini col mezzo straordinario de’ miracoli. Da ciò una diffidenza generale per tutto ciò che esce dall’ordine comune della natura; da ciò una prevenzione tale contro i fatti soprannaturali, dei quali ad essi si parla, che respingono tutto senza esame alcuno.

Tentiamo di disingannare questi spiriti prevenuti o poco riflessivi. 8

Egli è certo che i miracoli tanto necessari e tanto moltiplicati durante i primi cinque o sei secoli della Chiesa, sono divenuti in seguito molto più rari. Ma hanno essi totalmente cessato? Ma il braccio di Dio si è egli raccorciato? Dio si è egli interdetto questo mezzo straordinario, meraviglioso e potentissimo a con fermare la sua Religione, a confondere gli increduli, a fortificare i fedeli, a vendicare la sua gloria od

a fondare quella dei suoi servi? No certamente. Sentiamo Sant’Agostino: Si sono operati dei miracoli, dice questo gran dottore, per convertire il mondo, se ne operano anche dopo che il mondo è convertito. Se i primi hanno convertito il mondo, hanno per opera di questa conversione acquistato una celebrità ed uno splendore, che i susseguenti non hanno potuto avere». In seguito egli racconta un gran numero di miracoli operati nei tempi suoi, la maggior parte sotto i suoi occhi, ovvero a sua piena conoscenza. Lib. 22, De Civit. Dei, cap. 8.

S. Gregorio il Grande narra pure un gran numero di miracoli, ch’egli dà come certi, è particolarmente quelli di S. Benedetto patriarca de Monaci d’Occidente. in Altri autori non meno gravi ci hanno trasmessi i fatti meravigliosi operati di secolo in secolo, nelle differenti parti del mondo cattolico

Dall’anno 1172, epoca in cui il pontefice Alessandro III riservò alla Santa Sede tutte le procedure relative alla beatificazione ed alla canonizzazione dei servi di Dio sino a giorni nostri, gran numero di Santi sono stati solennemente inscritti sopra il catalogo degli Eletti, ma nessuno lo è stato senza che il cielo non ne abbia preventivamente proclamata la santità col mezzo di miracoli numerosi sorprendenti e

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constatati con quella diligenza e lentezza, e con quella saggia diffidenza che i sovrani pontefici mettono nella condotta di affari di una così alta importanza per l’universo cattolico. Ci vogliono almeno due miracoli per la beatificazione, e quattro per la canonizzazione. Ora da Alessandro III sino a giorni nostri la santità di un considerevole numero di cristiani, di tutti i gradi e di tutti gli stati, venne dai romani pontefici solennemente proclamata in seguito ad un esame severo e giuridico dei miracoli operati. Nel diciottesimo secolo soltanto 33 Santi ed 11 Sante sono stati beatificati o canonizzati, seguendo le ordinarie procedure, e con tutta la pompa usitata in casi simili. Fu d’uopo che ciascuno di essi avesse operati almeno due o quattro miracoli giuridicamente provati avanti un tribunale celebre pei suoi lumi, le sue sagge lentezze, l’estrema sua precauzione e la sua formidabile severità. Si operano adunque continuamente dei miracoli nella Chiesa. Possiamo citare in prova della perpetuità dei miracoli e delle regole osservate per constatarli, l’opera immortale di Benedetto XIV: De Beatificatione et Canonizatione servorum Dei, 4 vol. in fol.

Ma cosa importa che i miracoli siano diminuiti di numero? Un solo, sì un solo che riunisca tutte le prove della certezza storica non basta per distruggere tutti i sistemi anticristiani, per far distinguere la vera Chiesa di Gesù Cristo da tutte le sétte eretiche e scismatiche che se ne sono separate?

Egli è dunque invincibile il ragionamento che noi formiamo contro i protestanti. Nel corso di oltre trecento anni vale a dire dopo l’origine della pretesa riforma, sono stati operati nel seno della Chiesa cattolica in favore dei dogmi rigettati dai protestanti e

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dagli increduli, ma ammessi, difesi altamente, professati e pubblicamente predicati e fra noi ed in mezzo agli infedeli, un numero prodigioso di miracoli incontestabili. Ora il miracolo è la voce del cielo; è il mezzo corto ed abbreviato, popolare ed al coperto di ogni discussione, di cui Dio si serve per manifestare la sua volontà agli uomini.

Chi può rivocare in dubbio i miracoli di un S. Francesco Saverio, che portò alle Indie e al Giappone la fede della Chiesa romana? Chi può negare la santità ed i miracoli di un S. Carlo Borromeo, opponentesi con tutte le sue forze all’invasione dell’eresia nelle montagne della Svizzera? Di un S. Francesco di Sales che riconduce nel seno della Chiesa settantamila discepoli di Calvino? Di una S. Teresa, che scongiura colle sue preghiere e con quelle delle angeliche sue compagne il nembo che minacciava la sua patria? ecc. E durante questi tre secoli quali miracoli si operarono nei paesi invasi dall’eresia ed in favore dei suoi ardenti propagatori? Se ne citi un solo. A queste prove di fatto aggiungiamone un’altra, e diciamo: vi saranno continuamente dei miracoli nella Chiesa, perché la Chiesa deve per sempre essere santa, cattolica e militante. Ora sotto questo triplice rapporto, i miracoli non hanno giammai mancato, né mancheranno alla Chiesa.

1° La Chiesa è e sarà sempre santa. Essa ha missione di formare dei Santi; essa ne formerà fino alla fine del mondo, e per la fede viva delle verità, delle quali è depositaria, e per la pratica dei precetti divini e dei consigli evangelici, che essa insegna in tutta la loro purezza. Ora si è colla voce de’ miracoli che Dio ha sempre manifestata la santità dei suoi servi; si è colla voce dei miracoli che li rende venerabili al

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l’universo si è infine colla voce dei miracoli che egli confermerà sino alla consumazione dei secoli la santità dei dogmi, della morale e dei sacramenti della sua Chiesa. Perciò non più miracoli in quelle regioni dell’oriente in oggi separate dalla Chiesa, ed un tempo illustrate da’ Basilii, dagli Atanasii, dai Crisostomi, ecc.; non più miracoli in Inghilterra, strappata all’unità da tre secoli, ed una volta l’isola de’ Santi.

2° La Chiesa è necessariamente cattolica; essa abbraccia tutti i tempi, tutti i luoghi, tutte le nazioni. Essa sola dispiega uno zelo costante e tanto ammirabile, quanto inimitabile per la conversione dei popoli infedeli, e delle orde le più selvagge di tutte le parti del globo. Ora i miracoli necessari allo stabilimento del Cristianesimo, non lo sono meno per la sua propagazione. Da ciò gli innumerevoli prodigi che accompagnarono la predicazione di S. Patrizio in Irlanda, di Sant’Agostino in Inghilterra, di S. Bonifacio in Germania, ecc. Nel decimosesto secolo non si videro rinnovati i prodigi dei tempi apostolici nella conversione delle Indie e del Giappone per opera dell’illustre S. Francesco Saverio?

3° La Chiesa sarà sempre militante; essa hạ delle lotte incessanti a sostenere, e contro le potestà della terra che cercano di opprimerla, e contro le eresie che inalberano il vessillo della rivolta, e contro l’incredulità ed i disordini che corrompono una parte de’ suoi figli. In questi combattimenti ad ogni istante rinascenti la Chiesa riceve dal suo divin capo una duplice assistenza, l’una invisibile, potentissima e fondata sulle promesse divine; io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli (S. Matt. v. 28); l’altra visi bile, splendida e miracolosa. Ora, durante il periodo di

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diciotto secoli, questa duplice assistenza non ha giammai mancato alla Chiesa, che in virtù della assistenza invisibile ha trionfato della persecuzione dei tiranni, degli artifici di oltre duecento eresie, della defezione di un gran numero de’ suoi figli. Essa ricevette una assistenza straordinaria e miracolosa al tempo di Giuliano l’Apostata, il quale nell’insensato suo tentativo di rialzare gli idoli del paganesimo e di dare una smentita alla profezia del Salvatore sopra la rovina del tempio di Gerusalemme, fa ad un tratto trattenuto e da un orribile tremuoto, e da globi di fuoco, e da una morte funesta e prematura, riguardata come un effetto della vendetta divina sopra quell’apostata, e di una provvidenza speciale per i fedeli. Essa ricevette una assistenza straordinaria e miracolosa durante la persecuzione d’Unnerico re de’ Vandali ed ostinato ariano. Questo principe avendo fatto mozzare la lingua ad un certo numero di cattolici, questi si sparsero nell’impero romano, e continuarono a parlare miracolosamente con grande sorpresa dello stesso imperatore Giustiniano, che ha registrato questa sorprendente meraviglia nella raccolta delle sue leggi (Cod., lib. I tit. 27).

Del resto tutta la storia ecclesiastica non è altro che un seguito non interrotto di testimonianze di questa duplice assistenza accordata alla Chiesa.

E ai giorni nostri non siamo noi stati testimoni oculari di questa duplice protezione di Dio verso la sua Chiesa?

– Infatti non abbiamo noi veduto la nave della Chiesa salvata due volte da un naufragio imminente? Nel 1799 Pio VI strappato dalla sua sede incontra la morte in esilio, i suoi Stati sono invasi, il sacro Collegio disperso,

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l’Italia conquistata, i re dell’Europa attoniti per lo stupore. La incredulità ha emesso un grido di gioia: Ecco l’ultimo papa. Che farà la Provvidenza? Con un sol fischio, seguendo l’energica espressione d’Isaia, essa chiamerà a soccorso della Sede apostolica il più grande inimico della stessa Sede; essa chiamerà le orde scismatiche del Nord; esse verranno a presiedere all’elezione di Pio VII; e compita la loro missione saranno forzati di rientrare nelle loro steppe selvagge. Qualche anno

trascorre, e il Gigante dei tempi moderni stende il suo scettro di ferro sulla Chiesa; mette la mano sopra lo stesso pontefice, dal quale ricevette l’unzione dei re; Pio VII prigioniero a Savona non ha per difendersi che il suo diritto, le sue preghiere e le sue lagrime. Pure il suo oppressore fa tremare il suolo europeo sotto i passi di un milione di guerrieri fino allora riputati invincibili. Eccovi adunque per la seconda volta nello spazio di dodici anni la nave della Chiesa senza pilota ed al punto di essere sommersa. Che farà Colui che ha detto: Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa? Questa volta egli scatenerà l’aquilone, che con soffio micidiale annichilerà in breve ora la più formidabile armata che si sia veduta; il colosso che tiene avvinta l’Europa nelle sue braccia, fino allora giudicato invincibile, cade!… e l’umile pontefice, reso libero, rimonta sulla cattedra di S. Pietro per continuare a dettar leggi all’universo.

Ecco ciò che il mondo cattolico ha veduto al principio di questo secolo; ecco il braccio possente che sostiene la Chiesa. Ma questo medesimo braccio si è manifestato anche nei giorni nostri, come ne’ secoli passati col mezzo di opere soprannaturali e prodigiose. Due pontefici, Pio VII e Gregorio XVI, in un intervallo

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di trentadue anni hanno solennemente inscritti al cospetto dell’universo dieci predestinati nel catalogo dei Santi. Ora chi non sa che ci vogliono per la canonizzazione di un servo di Dio almeno quattro miracoli bene e debitamente constatati? Quanti altri miracoli saranno registrati negli annali ecclesiastici del tempo nostro a gloria di Dio e della Religione? Chi sa se anche il fatto di La Salette colle sue meravigliose conseguenze non vi figurerà ben presto, rivestito delle più alte approvazioni assieme alla guarigione di madamigella De Maistre, colla conversione del signor Ratisbonne, e molti altri?

D’altronde quando mai i miracoli furono essi più utili o più necessari quanto in questo secolo di incredulità? Le dimostrazioni ordinarie della verità della Religione sembrano divenute insufficienti, o poco degne di attenzione per degli uomini immersi nella materia, i quali secondo il dire della Scrittura avendo corretto il loro cammino sdegnano la saggezza de loro padri, bestemmiano una religione che ha coperta la terra de’ suoi benefici, profetizzano altamente la sua fine, ed invitano il genere umano a’ suoi funerali.

Ebbene si è agli increduli dei giorni nostri che Iddio intraprende a parlare il linguaggio de’ miracoli; si è in favore di un secolo infermo che la Regina del cielo e della terra vuole intercedere presso il suo di vin Figlio; si è a dei cristiani infelici e degenerati che fa sentire dei lamenti e delle minacce; la Vergine di La Salette fa risuonare gli accenti della sua voce materna a quella Francia, sopra la quale essa

amava regnare assieme col divin Figlio; si è dalla vetta delle Alpi che ha gettato uno sguardo propizio su questo bel paese che gli era specialmente consacrato; si è in

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mezzo di noi che Essa vuole avere un nuovo santuario, il quale eguaglierà ben presto la gloria di quelli che si era scelti ne’ tempi passati.

§ III. QUESITO 3° – In qual modo si riconosce che un fatto straordinario è veramente soprannaturale miracoloso?

Al seguito del fatto di La Salette, e come una prova convincente di questo fatto, noi produciamo delle guarigioni straordinarie operate ad Avignone, a Blois, ad Avallon, a Saint-Dizier, ecc.

Il concilio di Trento, nella sessione XXV, ha saggiamente vietato il proclamare nessun miracolo, il quale non sia avverato ed autentico. In una materia così delicata il falso farebbe dubitare del vero. Indubitatamente il braccio di Dio non è raccorciato; ciò che Egli ha potuto, lo potrà sempre; e quantunque i prodigi non siano più necessari a confermare la nostra fede, sarebbe temerità ed anche empietà a negargli un potere di cui ha spesso usato per la gloria dei giusti, per la conversione dei peccatori, pel sollievo delle miserie umane, e per altri fini degni della sua sapienza.

L’importante in ciò è il saper distinguere un fatto risultante dalla intervenzione divina, da un fatto unicamente prodotto dalla natura. Ora si è per la riunione di tre circostanze che si può considerare una guarigione come miracolosa: 1° Quando essa è immediata e totalmente straordinaria nel modo di prodursi; 2° Quando non sono stati impiegati che dei mezzi spirituali, come preghiere, novene, messe, comunioni, pellegrinaggi od altre pratiche approvate dalla Chiesa; 3° Quando la malattia era inveterata e ritenuta caso disperato dagli uomini dell’arte: tale è lo stato dei zoppi, dei ciechi, dei sordomuti dalla nascita, e di quelli che

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hanno qualche membro totalmente preso da atrofia o gangrenato; o quando vi sono delle lesioni organiche fisicamente comprovabili. La potenza dell’immaginazione e della sensibilità nervosa non opera effetti cosi prodigiosi, e non ristabilisce improvvisamente degli organi distrutti o profondamente alterati. Fatti simili appartengono all’ordine soprannaturale, e non saprebbero essere il risultato di una fiducia entusiastica. Così si esprime l’abate Dieulin nell’eccellente sua opera intitolata: Il buon curato nel secolo XIX, tom. II, pag. 143.

Benedetto XIV, di già citato, esige sette condizioni, perché le guarigioni siano ammesse nel rango dei miracoli: 1° Che le infermità siano rilevanti, inveterate e che

resistano all’efficacia dei rimedii conosciuti; 2° Che non possa aspettarsi ragionevolmente che la malattia giunta al suo ultimo periodo andrà diminuendo ed incamminandosi verso la convalescenza; 3° Che non siano stati ancora impiegati, o che siano stati impiegali inutilmente i soccorsi della medicina e della farmacia; 4. Che la guarigione sia improvvisa ed istantanea; 5° Ch’essa sia completa e perfetta, e non abbozzata; 6° Che non sia l’effetto di una crisi felice e capace di operare da sé sola; 7° In fine, ch’essa sia costante, e che la ricaduta non sussegua tutto ad un tratto; altrimenti non sarebbe che un istante di tregua, un sollievo passeggero.

Su questa ultima condizione però lo stesso Papa osserva che si danno certe occasioni, nelle quali si può essere guariti miracolosamente, quantunque si ricada poco dopo, e che la risurrezione di quelli che perdono la vita poco tempo dopo averla ricuperata per mezzo di un miracolo, non cessa per questo di essere miracolosa.

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Secondo lo stesso papa, secondo Bergier ed altri, il giudizio dei medici sopra la gravità o la incurabilità di una malattia, quantunque molto utile, quantunque desiderabile, non è sempre necessario. I miracoli evangelici hanno convertito il mondo senza che la medicina si sia data la pena di constatare che gli ammalati guariti erano di natura incurabili. La testimonianza dei medici è certamente di un gran peso; la Chiesa nelle sue canonizzazioni dei Santi ama ricorrervi; ma in fine non è necessaria per provare che dei malati che andavano sempre peggiorando, sempre indebolendosi malgrado i rimedii, non hanno potuto essere ridonati ad una salute completa ed istantanea senza un miracolo evidente ed incontrastabile. Una cecità completa, una malattia di petto nel suo ultimo periodo, ec., possono essere evidenti per tutto il mondo, ed essere completamente constatati, senza l’intervenzione dei maestri nell’arte di guarire. Anche nelle malattie non incurabili, come era la febbre della suocera di S. Pietro, se vi è guarigione istantanea e senza convalescenza alcuna, è vero miracolo, e i più abili dottori non potrebbero disconvenirne.

Questi sono i principi che ci hanno diretti nell’adottare dei fatti miracolosi, che noi diamo come prove esteriori od estrinseche dell’apparizione di La Salette.

§ IV. QUESITO: 4° Quale è stata l’opinione dei membri della Commissione episcopale sopra ciascuna parte della relazione del fatto di LA SALETTE?

La nostra convinzione personale sopra la verità del fatto di La Salette è stata costantemente comune alla quasi totalità della Commissione istituita da monsignor vescovo di Grenoble, presieduta personalmente da questo venerabile prelato, e composta di sedici

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membri, cioè dei MM. RR. due Vicari generali titolari, dei MM. RR. Canonici della cattedrale, del Superiore del gran seminario e dei MM. RR. cinque Curati della città episcopale. Molte relazioni erano già venute alla luce sopra questo avvenimento. La nostra identica pel fondo differente per la forma; è più completa sotto il rapporto delle informazioni che ci siamo procurate e delle prove giustificative che abbiamo richiamate da tutte le parti, acquista una tutt’altra forza di persuasione, perché essa rappresenta la convinzione del nostro venerato Prelato e quella della numerosa Commissione che ne ha esaminate, discusse e adottate le singole parti.

I relatori erano il M. R. Russelot, canonico e vicario generale onorario, ed il M. R. Orcel, canonico ordinario e superiore del gran seminario. Mediante un’ordinanza del 19 luglio precedente, questi due signori erano stati nominati commissari delegati per istituire una inquisizione, e raccogliere tutte le informazioni relative al fatto di La Salette. Era il risultato delle loro investigazioni, che sottomettevano al giudizio della Commissione.

Ecco il riassunto delle otto conferenze tenute al vescovato sotto la presidenza di monsignor vescovo.

1° CONFERENZA, 8 novembre 1847. – Un regolamento e delle osservazioni generali tracciale preventivamente da monsignore per la tenuta delle conferenze, vengono lette in questa prima riunione; vengono prescritte delle preghiere ai membri della Commissione per implorare i lumi del cielo, e ciascuna seduta comincia e finisce colla preghiera.

Si fa in seguito lettura di quella parte del rapporto che si riferisce alla topografia dei luoghi, al carattere

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dei due pastorelli, al loro racconto ed al loro ́segreto. Una sola obbiezione di qualche importanza viene fatta, ed è la 12a nel rapporto.

2a. CONFERENZA, 15 novembre. Il signor Melin, curato di Corps, chiamato da monsignore è presente.

Si riconosce in questa sezione, 1° che la superiora delle Sorelle della Providenza di Corps, ben lungi dal circonvenire i due fanciulli e dal prepararli alle interrogazioni probabili che potrebbero venir loro fatte, non parla quasi mai ad essi dell’apparizione, e che essa è rare volte presente quando vengono interrogati. 2° Che il disinteresse dei fanciulli è reale, ed anzi sorprendente; che bene spesso convien sollecitarli per far che accettino qualche cosa, e che in fine rimettono fedelmente alla superiora tutto ciò che loro dà qualche pellegrino senza informarsi dell’impiego che essa ne fa.

3° Che Maximin non è mentitore per aver aggiunto al suo racconto un fatto accessorio ed esplicativo delle profanazioni commesse nel luogo santo (questa obbiezione è la 12a nel rapporto).

4° Che l’interesse non ha alcuna parte nella conversione degli abitanti di Corps e dei contorni, e che la famiglia, la quale in seguito ha ottenuto i migliori benefici, è la sola forse che non ha approfittato del benefizio dell’apparizione.

Il relatore legge in seguito l’articolo intitolato: Opinione sopra il fatto di La Salette; egli stabilisce rigorosamente, che i due pastori non hanno potuto essere né ingannati né ingannatori.

Si obbietta, seguendo la regola della critica e secondo i teologi, che la testimonianza di due ragazzi era insufficiente.

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Ma è stato risposto, che qui non si tratta né di una certezza assoluta, né di una decisione di fede, ma solamente di una pia credenza fondata sopra una grandissima probabilità, la quale, secondo la dottrina di Benedetto XIV e l’uso della Chiesa basta quando si tratta di apparizione, e che non vi è stato nulla di più per l’apparizione di Nostra Signora di Osien, di Laus ecc., né nella conversione del sig. Di Ratisbonne.

In questa seduta monsignore ha fatto entrare Massimino, che si è fatto conoscere incolto, distratto, senza premura, ma però senza grande imbarazzo, e quale lo rappresenta il rapporto. Al suo racconto fatto metà in francese e metà in vernacolo, si è fatta l’obbiezione dell’indifferenza del fanciullo a comunicare ciò che ha veduto ed inteso agli altri pastori suoi compagni, ciò che sarebbe di natura a mettere in dubbio la sua testimonianza. La risposta a questa difficoltà, si trova al seguito del rapporto. Obbiezione 11a

3a. CONFERENZA, 16 novembre. Melanie in questa seduta è introdotta ed all’obbiezione fatta il giorno avanti sul silenzio osservato dai due pastori verso dei loro compagni della montagna, essa risponde con ingenuità, che si era creduta obbligata di parlare della meraviglia in primo luogo ai suoi padroni, e ch’essa aveva dovuto domandar loro qual era il popolo, al quale doveva comunicare il racconto della Dama.

L’obbiezione sopra le condizioni della certezza sono riprodotte; vi si risponde come nella seduta precedente, e si riconferma la risposta col fatto dei due discepoli di Emmaus.

Melanie subisce in seguito un interrogatorio condotto con molta destrezza, e capace di imbarazzare il più determinato mentitore; essa risponde a tutto con

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modestia e convinzione senza contraddire in nulla Maximin, stato interrogato il giorno precedente.

Melanie fa il racconto dell’apparizione con molta. chiarezza. La superiora che è presente, assicura che il racconto ora inteso è identicamente lo stesso di quello fatto nei primi giorni che susseguirono l’avvenimento. Interrogata da monsignore sulla memoria di Melanie, la superiora risponde che da più di un anno essa dura molta fatica a farle imparare i tre atti di fede, di speranza e di carità, e ch’essa non affermerebbe d’esservi riuscita.

Maximin è introdotto. E sempre lo stesso ragazzo, distratto, disinvolto, indifferente come se fosse nella sua famiglia. Gli si fanno delle interrogazioni sopra un incidente che non ha sembrato di natura ad infirmare in nulla il fatto principale.

4a. CONFERENZA, 17 novembre. — I due fanciulli sono interrogati sopra diverse particolarità del loro racconto, come pure sopra delle circostanze, le quali senza farne parte, sembrano dover affievolire la verità. I due fanciulli si spiegano con soddisfazione generale dell’assemblea.

5a. CONFERENZA, 22 novembre. La discussione s’impegna di nuovo sopra la questione della certezza morale. Il M. R. superiore del gran seminario, secondo relatore, stabilisce rigorosamente; 1° che la certezza morale ed una grande probabilità sono perfettamente identiche ed hanno assolutamente lo stesso significato; 2° che per la certezza di un fatto non è necessario di avere un gran numero di testimoni, ma che un piccolo numero basta, quando offrano d’altronde le altre condizioni di critica, che rendono la testimonianza indubitabile.

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Un membro dell’assemblea, applicando opportuna mente questi principi all’Eucaristia, fa benissimo comprendere che la presenza reale, benché sia di una certezza teologica ed assoluta come dogma rivelato, non è pertanto che di una certezza morale, o di una grandissima probabilità relativamente ad un’ostia o ad un tabernacolo.

Monsignore chiede l’opinione della commissione: sopra diverse parti del rapporto fin qui stato discusso; sono tutte adottate ad una grande maggioranza; alcune riuniscono l’unanimità dei suffragi.

6a CONFERENZA. 29 novembre. — Questa seduta è consacrata alla lettura di molti miracoli e delle pezze giustificative in appoggio. La guarigione di suora SaintCharles in Avignone, e quella di Melanie Gámon a S. Feliciano (Ardèche) sono state riconosciute riunire le condizioni richieste dai teologi per essere veramente miracolose. Altri fatti sono stati accolti come rispettabili in verità, ma non come sufficienti, se fossero soli ed isolati dagli altri, per stabilire una dimostrazione:

rigorosa. Convien notare che alla fine di novembre, epoca alla quale si tennero le conferenze, i miracoli di Digne, d’Avallon, di Saint-Dizier, di Bar-sur-Aube, di Clichy, ec., o non erano ancora avvenuti, o non erano ancora conosciuti. Si ritroveranno raccontati sommariamente nel rapporto, con rinvio alle pezze giustificative.

7a CONFERENZA, 6 dicembre. Essa è consacrata alla lettura dei documenti relativi alla guarigione della cieca di Lalley (Isére), Victorine Sauvet.

Si appone a questo fatto, 1° il silenzio dei medici; 2° l’opinione d’una persona rispettabile di Corps, la quale non crede a questo miracolo; 3° una guarigione

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analoga accaduta a Eybens presso Grenoble. La maggiorità risponde, che indipendentemente dai medici, i quali non prestano sempre volentieri, il loro concorso a ciò che è soprannaturale, vi è una moltitudine di testimoni capaci di produrre il convincimento che l’opinione di una persona, per quanto rispettabile; essa sia, non può essere contrapposta a cinquanta altre non meno degne di confidenza (1), e finalmente, che se la guarigione del cieco d’Eybens è vera, confermerebbe quella della cieca di Lalley; ma che in tutti i casi essa non racchiude certe circostanze essenziali che raccomandano il fatto di Lalley.

Dopo questa sessione, delle nuove testimonianze confermative e della cecità completa e della perfetta guarigione di Victorine Sauvet, ci sono pervenute. Si troveranno tra le pezze giustificative.

8a. ED ULTIMA CONFERENZA, 13 dicembre. Questa seduta è consacrata alla lettura di obbiezioni, le cui soluzioni sono adottate dalla più grande maggioranza.

Monsignore dichiara le conferenze chiuse, ringrazia i membri dell’assemblea del loro zelo e della loro assiduità, e si riserva di pronunciare un giudizio dottrinale a tempo opportuno.

Il rapporto che ci accingiamo a leggere è dunque l’espressione fedele e sincera della convinzione dei commissari delegati alla compilazione, e della commissione che l’ha discusso ed adottato, e di molte persone sagge ed illuminate alle quali è stato comunicato. Esso

(1) Si è per errore e dietro fallaci informazioni che è stata messa in campo la persona pretesa incredula. Il suo nome, Maria Aglot, figura unitamente ai segnatari del processo verbale steso sul monte il giorno stesso della guarigione.

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presenterà, noi lo speriamo, la convinzione di migliaia di persone accorse sul luogo per esaminare il fatto da sé stesse. Comparirà adunque rivestito di un carattere

particolare che non hanno potuto offrire le pubblicazioni fatte sino a questo giorno sopra lo stesso avvenimento.

Possa esso rianimare o consolidare la fede dei figli della Chiesa, commuovere qualche peccatore, e contribuire a diffondere sempre più il culto dell’augusta Protettrice della Francia, e particolarmente della diocesi di Grenoble.

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RAPPORTO

fatto a Monsignor Vescovo dai due commissari delegati in forza di un’ordinanza del prefato monsignor del 19 luglio 1847 incaricati di raccogliere i documenti e le notizie concernenti il fatto di La Salette.

Monsignore,

I sottoscritti commissari, delegati da V. S. I. e R. ad istituire una inquisizione e raccogliere, sia sui luoghi, sia nei contorni, tutte le notizie relative al fatto di La Salette, hanno l’onore di renderle conto della loro missione e di esporle ciò che segue:

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Partiti da Grenoble il 27 luglio 1847, abbiamo percorse le diocesi di Vallence, di Viviers, d’Avignone, di Nîmes, di Montpellier, di Marsiglia, di Fréjus, di Digne e di Gap. Abbiamo soggiornato nella maggior parte di queste città episcopali e siamo stati ammessi all’udienza di sei vescovi. Questi illustri prelati ebbero la compiacenza d’intrattenersi con noi sul soggetto della nostra missione. Dappertutto siamo stati accolti con molto favore, dappertutto risuonava la fama della celebre apparizione di La Salette, dell’acqua della meravigliosa fonte, dei pellegrinaggi fatti o da farsi alla montagna santa, dei miracoli operati o delle grazie ottenute per intercessione di Nostra Signora di La Salette e mediante l’uso dell’acqua di La Salette.

Abbiamo vedute ed interrogate molte persone, che si dicevano essere state guarite; dappertutto noi abbiamo chieste, e ci sono state date o promesse delle relazioni di tutta autenticità di questo meraviglioso fatto.

Il 25 agosto susseguente, dopo un viaggio felice, facevamo la nostra entrata nella diocesi di Corps, borgo ove convien far capo quando si vuol visitare il teatro del meraviglioso avvenimento, il quale da oltre un anno occupa la Francia intera, ed ha risuonato sino nei paesi stranieri.

La sera dello stesso giorno noi interrogavamo l’un. dopo l’altro i due pastorelli diventati senza che fin ora sembra che se ne accorgano, tanto celebri, causa principale del prodigioso concorso che ha luogo senza interruzione da oltre un anno su quell’alta montagna, estrema frontiera sud-est della diocesi di Grenoble.

Il giorno dopo, 26 agosto, con un tempo freddo e nebbioso, salivamo per sentieri stretti, difficili, ardui,

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coi due fanciulli sino alla piccola spianata dell’apparizione, accompagnati dai MM. RR. signori Mélin, cu rato arciprete di Corps; Perrin, curato di La Salette; Paquet,

curato di Tréminis, di molti altri ecclesiastici, della diocesi, di un curato della diocesi di Fréjus, dia un curato della diocesi di Gap e di trenta a quaranta pii pellegrini accorsi la maggior parte da lontano, el che istruiti dello scopo principale della nostra missione, si affrettarono ad unirsi a noi per essere del tutto testimoni.

§ I. DESCRIZIONE DEI LUOGHI – La Salette è un comune abbastanza ragguardevole del cantone, alla distanza di 8 chilometri da Corps; di 71 chilometri da Grenoble, ed a 1124 metri al disopra del livello del mare. Essa costituisce una parrocchia, antica di circa 800 abitanti, disseminati in dieci casali, a piccola distanza l’uno dall’altro. La montagna dell’apparizione è ancora distante dalla chiesa di La Salette di 8 chilometri circa.

Isolata e situata nel centro di un cerchio di montagne che le servono di riparo e che la dominano in anfiteatro, questa contrada è rimasta sino al presente impraticabile pei ruotanti; il tragitto si fa a piedi o a cavallo per una strada abbastanza facile sino alla chiesa ed anco sino alla estremità dei terreni lavorati. Da questo punto la strada, quantunque sempre praticabile con bestie da soma, diviene di più in più ardua e difficile, ma non pericolosa, sino alla piccola spianata della des Baisses o sotto les Baisses. Questo monticello spianato, formato da tre montagne posate su la stessa base e che si confondono sino alla metà della loro altezza totale e si estende dal settentrione al mezzogiorno, ha poca estensione è tutto smaltato

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di erbe, del pari che le tre montagne, le quali, dopo la loro separazione e sino alla loro sommità, non offrono all’occhio che dei pascoli verdi e posti in declive. Non una pietra, non il più piccolo arbusto a mille metri all’ingiro.

A fianco di questo monticello spianato trovasi un burrone poco profondo, formato da due poggi od eminenze, che si distendono dal settentrione al mezzo. giorno, nel cui fondo scorre il piccolo ruscello chiamato la Sézia. Si è precisamente al fondo di questo burrone, sulla riva destra del ruscello e nel luogo ove ora scorre senza interruzione la celebre fontana, che fu veduta la bella Dama, come si esprime la relazione; si è a due o tre passi più al basso e dalla medesima parte che parlò ai due ragazzi, rassicurati ed invitati ad avvicinarsi; ma si è dopo aver valicato di un sol passo il ruscello, e fatti venticinque o trenta passi rimontando il poggio opposto, ch’ella scomparve a poco a poco agli occhi dei fanciulli attoniti che l’avevano seguita, e che si trovavano a meno di tre passi discosti da lei quando si elevò nell’aria.

Alcuni giorni dopo l’apparizione, dietro l’indicazione dei fanciulli, due croci di legno molto semplici furono erette, l’una vicino alla fonte chiamata d’allora in poi Croce della Conversazione; e l’altra al luogo della disparizione che ha preso il nome di Croce dell’Assunzione.

Poco dopo sono state erette in scaglioni quattordici croci lungo il cammino percorso dalla Dama. I pellegrini fanno orazione con un fervore particolare avanti le due prime, ed avanti alle altre fanno con molta devozione la Via Crucis, benché non sia stata canonicamente eretta. Alle due prime croci trovansi appesi

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diversi oggetti, come fiori, corone, stampelle. Degli oggetti di valore, delle catene d’oro, dei gioielli, dei cuori, degli anelli, degli orecchini, ec., vi sono stati egualmente appesi per divozione e riconoscenza; ma sono stati trasportali e depositati presso il signor curato di La Salette, per fino a tanto che l’autorità diocesana abbia pronunciato sopra il fatto, ed esaudendo i voti di innumerevoli pellegrini abbia permesso la costruzione di una cappella sopra questi luoghi venerati.

Le coste del burrone erano avanti l’avvenimento, del pari che il monticello e le tre montagne, ricoperte di un bel verde. Da molto tempo ne sono totalmente spogli e non presentano più all’occhio che un suolo assolutamente nudo ed una roccia scagliosa.

Questo luogo non è solamente calpestato dai piedi di innumerevoli -pellegrini; ma è continuamente raschiato da mani avide di portar seco come reliquie e ricordo di questo luogo riverito, un pizzico d’erba, un fiore, un po’ di terra, e qualche pezzetto di pietra. Le croci stesse non sono risparmiate; esse vengono giornalmente mutilate dalla folla, trasportata dal rispetto o dalla riconoscenza. Quanto alla fonte, tutti vi bevono, arrivando sulla montagna, ed è invalso presso i pellegrini, che la sua acqua ghiacciata, bevuta anche in quantità e nella più abbondante traspirazione, non fa mai male; tutti ne fanno provvisione, e ne portano con loro a più centinaia di leghe.

Quanto all’ammasso di pietre, sopra le quali i fanciulli videro dapprima la bella Dama seduta, melanconica ed il volto nascosto nelle sue mani, è scomparso interamente. I pellegrini e la gente del paese le hanno portate via e raccolte con rispetto. Il M. R. curato di

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Corps però fece fin da principio trasportare presso di sé, e per essere gelosamente conservata, la pietra, sopra la quale sedeva immediatamente la Dama. Questa pietra è stata in seguito riportata a La Salette, alla quale essa deve naturalmente appartenere.

§ II. I PASTORI. Questi due pastorelli sono i soli attori nell’avvenimento straordinario che preoccupa così vivamente tutti gli spiriti. È molto importante perciò di conoscere il loro carattere, i loro difetti, la loro educazione, la loro istruzione. Da questa cognizione dipende il grado di confidenza che si può, o che si deve ragionevolmente accordare al loro racconto. È necessario di scoprire se hanno potuto essere ingannatori e capaci di comporre una favola, ovvero siano stati vittima di una allucinazione mentale almeno momentanea, ed in fine, il zimbello di qualche

soperchieria. Nulla abbiamo pertanto trascurato per procurarci le informazioni le più esatte, le più precise ed anche le più minuziose sopra ciò che erano questi fanciulli avanti l’avvenimento e su ciò che sono stati dappoi.

Il sig. abate Bez nel suo Pellegrinaggio a la Salette ha tracciato di questi due fanciulli un ritrattò, che ci è sembrato abbastanza fedele. Noi copiamo, abbreviandolo, questo ritratto; vi aggiungeremo le nostre informazioni attinte alle migliori fonti. 1° MAXIMIN. Pietro Maximin Giraud è nato a Corps il 27 agosto, 1835 da parenti poveri, che guadagnano il loro vitto col sudore della loro fronte. Suo padre è falegname costruttore di carri. Maximin è piuttosto piccolo, ha una faccia rotonda che annuncia salute; ha uno sguardo dolce, fissa senza tema e senza arrossire le persone che lo interrogano; non sta un momento senza agitare e braccia e mani. Gestisce naturalmente quando parla, e

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qualche volta si anima al segno di battere sull’oggetto che si trova alla di lui portata, soprattutto quando si ha l’aria di non aderire a ciò che dice. Non va mai in collera, neppur quando lo si tratta da mentitore ne’ lunghi interrogatori che gli si fanno subire. Qualche volta però, estenuato dalla fatica e stanco di vedersi sofisticato sopra ciò che dice, si dimostra impaziente, ciò almeno è quanto assicurano alcune persone. Questo naturale incolto ci sembra una miglior prova contro la supposizione che farebbe credere i fanciulli ingannatori. Alcuni di quelli che hanno trovato i fanciulli un poco sgarbati, potrebbero imputarsi il difetto di cui si lagnano; perché, al dire dei testimoni, avevano messo alla tortura i poveri fanciulli con numerosi cavilli e con interrogazioni minuziose, che avrebbero imbarazzato ed anche indispettito persone ragionevoli.

Degli altri ancora avranno potuto trovare i fanciulli non abbastanza compiacenti in conseguenza degli interrogatori precedenti, come si dovette notare più d’una volta. Quando Maximin ha fatto il suo racconto e risposto alle principali difficoltà che gli vengono opposte, cerca di fuggire per ritornare a’ suoi divertimenti. Prima dell’avvenimento Maximin non andava in chiesa; non sapeva né leggere, né scrivere, era senza educazione e senza istruzione. Condotto alla chiesa, se ne fuggiva di sovente per andare a giuocare coi suoi piccoli compagni, di maniera che mancando di ogni istruzione religiosa, non aveva potuto essere compreso nel numero dei fanciulli che il curato apparecchiava per la prima comunione. Suo padre dichiara che non aveva potuto fargli imparare il Pater e l’Ave, che con grande fatica in tre o quattro anni (1)

(1) È soltanto in quest’ anno 1848, il 7 maggio, seconda domenica dopo Pasqua, che Maximin e Melanie sono stati ammessi a fare la loro prima comunione assieme agli altri fanciulli della parrocchia di Corps. 32

Se Maximin ha dei difetti che derivano dalla sua età, non gli si conoscono vizi, se non è, forse, qualche tendenza alla ghiottoneria. Pierre Selme, detto Bruite, proprietario in Ablandins, casale di La Salette, interrogato da noi sopra ciò che avesse rimarcato in Maximin durante i pochi giorni che lo aveva avuto al suo servizio, ci ha risposto: Maximin era un innocente senza malizia, senza previdenza. Prima che partisse per condurre le vacche alla montagna, noi gli facevamo mangiare la minestra; indi fornivamo la sua blouse od il suo sacco di provvigioni per la giornata. Ebbene!

Abbiamo sorpreso Maximin che cammin facendo aveva di già mangiate le sue provvigioni della giornata, dividendole largamente coi cani. E quando noi gli dicevamo: ma che mangerai tu nella giornata? Maximin ci rispondeva: ma io non ho fame!

Maximin è senza amor proprio; confessa con una grande ingenuità la miserabile sua condizione, la bassezza delle sue prime occupazioni. Quando noi gli domandammo: Ove eri tu, che facevi avanti di entrare al servizio di Pierre Selme? ha risposto con ingenuità; Stava presso i miei genitori, ed andava a raccogliere il letame sulla strada maestra, Egli va più avanti, confessa i suoi difetti, le sue cattive inclinazioni. Lo feci venire per due volte nella mia camera il 15 ed il 19 novembre. Gli dissi: Maximin, mi è stato riferito che avanti l’apparizione di La Salette tu eri un poco mentitore?

Maximin sorridendo e con un’aria di candore: Non siete stato ingannato, vi è stata detta la

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verità: mentiva e giurava nel trar de’ sassi, alle mie vacche quando si sbandavano.

Dopo l’avvenimento del 19 settembre 1846 Maximin va alla scuola dalle Suore della Provvidenza, virtuose e zelanti istitutrici, vi passa la giornata e vi prende i suoi pasti. La rispettabile superiora delle suore, donna di buon senso e di età matura, ha voluto, col consenso di monsignor vescovo di Grenoble, incaricarsi dell’educazione di Maximin. Interrogata da noi che mai da quasi dieci mesi scorga in questo fanciullo, ella ci rispose: Maximin non dimostra che talenti ordinari; egli impara a leggere e scrivere, impara il catechismo, ec. È abbastanza obbediente, ma leggiero, amante del giuoco, ed irrequieto. Egli non ci ha mai parlato dell’affare di La Salette, e noi abbiamo evitato di farlo parlare su di ciò, perché non si dia dell’importanza.

Giammai, dopo i molti interrogatori che gli si fanno subire dice a chicchessia, né a noi, né agli altri fanciulli, chi sia il personaggio che l’ha domandato, e quali interrogazioni gli siano state fatte. Dopo le sue andate a La Salette, dopo i subiti interrogatori, riede con tanta semplicità e tanta bonarietà come se non si fosse trattato di lui. Non ho voluto ch’egli riceva il denaro che gli si offre da qualche pellegrino.

Quando qualche volta è obbligato di accettarne, me lo rimette fedelmente, e per nulla si cura se l’impiego per lui o pei suoi parenti. Quanto agli oggetti di pietà, come libri, croci, corone, medaglie, immagini, ecc., che gli vengono regalati, non se ne cura più

niente affatto, spesso li dona al primo piccolo camerata col quale s’incontra; sovente anche li perde, o dimentica per la sua naturale leggerezza, Maximin non è di sua natura

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pio, pure assiste volentieri alla messa, e prega di buon cuore tutte le volte che gli si rammenta questo dovere. In una parola, questo ragazzo non sembra accorgersi ch’egli è da dieci mesi oggetto di curiosità, di premura, di attenzione e di carezze d’un numeroso pubblico s egli non si accorge del prodigioso concorso che ha luogo ogni giorno a La Salette. In questi termini ci ha parlato con un senso squisito la degna superiora. Possiamo aggiungere che sino a quest’oggi Maximin non ha cambiato di carattere, quantunque siano trascorsi venti mesi dopo l’avvenimento.

I sedici novembre la superiora di Corps ha detto, presente la commissione, a monsignor vescovo: Dopo un anno Maximin, quantunque esercitato tutti i giorni, non ha potuto imparare a ben servire la messa, né Melanie a recitare a memoria gli atti di fede, di speranza e di carità, quantunque glieli facciano ripetere ogni giorno.

Indipendentemente dal fatto di La Salette, ecco quali sono i due piccoli pastorelli!

Aggiungiamo che è una fortuna per i due poveri pastorelli, i quali da principio fissarono l’attenzione degli abitanti di Corps e dei contorni, l’essere attualmente in una specie di dimenticanza in mezzo ai loro concittadini cambiati e convertiti. I loro parenti stessi, poveri come sono, non sembra che vogliano trar profitto del privilegio accordato ai loro figli.

2° MELANIE. La giovane pastorella Francesca Melanie Mathieu è nata anch’essa a Corps il 7 novembre 1831 da parenti molto poveri. Giovine ancora, fu messa a servire per guadagnarsi il vitto, col custodire il bestiame. Essa non andava che raramente alla chiesa, perché i suoi padroni l’occupavano le domeniche e le feste come negli altri giorni della settimana. Essa non

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aveva quasi cognizione alcuna della religione, e la sua memoria infelice, non poteva ritenere due righe di catechismo; e perciò non aveva potuto essere ammessa a fare la sua prima comunione. Quantunque prossima al sedicesimo anno, Melanie non è né robusta, né grande, né sviluppata in proporzione della sua età; il suo aspetto è dolce e gradevole. Si rimarca una grande modestia nel suo contegno, nell’atteggiamento della sua testa e nel suo sguardo. Quantunque un poco timida, essa non è né avvilita, né imbarazzata colle persone estranee. Nei nove mesi che precedettero l’apparizione di La Salette, essa era al servizio di Battista Pra, altro dei proprietari di Ablandins, uno dei casali di La Salette. Interrogato sopra il carattere di Melanie, questo brav’uomo la

dipinse come di una timidità eccessiva e talmente non curante, che ritornando la sera dalla montagna tutta bagnata dalla pioggia, non domandava neppure di cambiarsi.

Qualche volta, e sempre, per la natura del suo carattere, essa s’addormentava nella stalla; altre volte, se non ce ne fossimo accorti, avrebbe passata la notte alla serena. Battista Pra ha deposto altresì che Melanie avanti l’apparizione era poltrona inobbediente, e dispettosa al segno di non volere qualche volta rispondere a quelli che le indirizzavano la parola. Ma dopo l’apparizione era divenuta attiva ed obbediente; e diceva meglio le sue orazioni. (Lettera del signor Perrin, curato di La Salette, del 17 novembre 1847).

Quanto esponemmo è confermato dalle seguenti pezze giustificative: 36

Dichiarazione di Battista Pra, proprietario di Ablandins, casale di La Salette:

“Io sottoscritto agricoltore, domiciliato al casale: di Ablandins, comune di La Salette, cantone di Corps (Isére), dichiaro che Melanie Mathieu è entrata al mio servizio nel mese di marzo 1846, e che è restata al casale di Ablandins sino al principio di dicembre dell’anno stesso. Durante i sei giorni che il piccolo Maximin Giraud di Corps ha custodite le vacche di Pietro Selme mio vicino, il cui pastore era ammalato, non mi sono accorto che questi ragazzi si conoscessero. Hanno potuto però incontrarsi sia nel mio campo, che confina con quello, di Pietro Selme, sia abbeverando il loro bestiame sul versante settentrionale della montagna alle Baisses. Il sabato 19 settembre 1846 vennero entrambi a raccontarmi ciò che avevano visto e sentito sulla piccola spianata. Il giorno susseguente essi andarono assieme dal signor curato di La Salette, il quale nello stesso giorno alla messa ne fece parte dal pulpito a’ suoi parrocchiani. Il piccolo Maximin si è restituito lo stesso giorno a Corps. Egli non è più ritornato nel nostro casale. La piccola Melanie vi è rimasta, e d’allora in poi è stata interrogata da un gran numero di persone.

In fede di che ho sottoscritto la presente, che dichiaro contenere la verità. – Fatto al casale di Ablandins il 28 settembre 1847. Aggiungo avanti di firmare, che nei primi giorni non ho prestato fede al racconto dei fanciulli, e che più volte cercai di indurre la piccola Melanie a ricevere il denaro che le veniva offerto, affinché conservasse il silenzio. Questa fanciulla ha costantemente rifiutato il denaro che le veniva presentato; essa

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ha costantemente resistito alle minacce, come alle promesse di ricompensa. Il maire di La Salette tra gli altri, ha impiegato inutilmente ogni sorta di mezzi per mettere la ragazza in contraddizione con sé medesima; non ha potuto riuscirvi. Gli ha in seguito

offerto del denaro essa lo ha ricusato ed ha risposto alle sue minacce, che sempre e costantemente ripeterebbe ovunque ciò che la Vergine Santissima gli aveva detto. Il maire di La Salette l’ha interrogata durante un’ora, la domenica 20 settembre 1846. Fatto al casale di Ablandins il 28 settembre 1847.

“GIOVANNI BATTISTA PRA”.

“Dichiaro per la conoscenza che ne ho, che la presente attestazione di Battista Pra, buon cattolico e degno di fede, è conforme alla verità.

La Salette Falavaux, 27 novembre 1847.

PERIN curato

Dichiarazione di Pietro Selme, agricoltore, domiciliato a Ablandins, casale di La Salette.

Io sottoscritto Pietro Selme, agricoltore, domiciliato a Ablandins, comune di La Salette, cantone di Corps (Isére) certifico il fatto seguente:

La domenica 13 settembre 1847 sono andato a Corps per cercarmi un ragazzo che potesse custodire le mie vacche. Il pastore che aveva al mio servizio era ammalato da molti giorni. Non avendo potuto trovarne, mi rivolsi ad uno dei miei amici, Giraud padre, falegname di carri a Corps, e lo pregai di affidarmi suo figlio per otto giorni.

Egli vi si ricusò da principio, ma finì coll’arrendersi alle mie istanze. Giraud aveva mandato suo figlio Maximin, comune-

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mente chiamato Germain o Mèmin, a Saint-Julien con una commissione per il signor Vieux. Questi, avendo veduto arrivare da lui questo fanciullo al cominciar della notte, non volle lasciarlo partire, e lo tenne a dormire in casa sua. Andai a prenderlo l’indomani lunedì 14 dello stesso mese a tre ore del mattino, e lo condussi a Ablandins. Questo fanciullo condusse lo stesso giorno le mie quattro vacche nel campo che ho sul versante del mezzogiorno della montagna alle Baisses a poca distanza della croce stata ultimamente eretta sopra la sommità della montagna. Delle proprietà private si estendono sopra tutto questo versante. La comune di La Salette possiede in proprietà la piccola spianata che trovasi sul versante di settentrione, e sulla quale ebbero luogo gli avvenimenti dei quali parlano Maximin Giraud e Melanie Mathieu. Temendo che il piccolo Maximin non sorvegliasse con abbastanza diligenza le mie vacche, le quali potevano facilmente precipitare nei numerosi burroni della montagna, sono andato io stesso a lavorare in quel campo il lunedì 14 dello stesso mese, martedì, mercoledì e venerdì della stessa settimana. Dichiaro che nel corso di tutti i detti giorni non ho perduto un istante di vista il piccolo ragazzo;

facile essendomi di vederlo in qualunque luogo del mio campo egli si trovasse, perché non vi sono eminenze. Devo solamente aggiungere che il primo giorno lunedì lo condussi sulla spianata sopraccennala per indicargli una piccola sorgente, ove doveva far bere le mie vacche. Ve le conduceva tutti i giorni a mezzogiorno e ritornava immediatamente a rimettersi sotto la mia sorveglianza. Il venerdì 18 lo vidi divertirsi colla piccola Melanie Mathieu, la quale custodiva le vacche di Battista Pra, mio vicino, ed il cui

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campo confina, col mio. Ignoro se questo fanciullo, la conoscesse prima di venire da me, o se ha fatta la sua conoscenza al casale di Ablandins. Non li ho mai veduti assieme. Si trasferivano tutti e due di gran mattino al loro campo, e ritornavano soltanto la sera ed andavano a coricarsi dopo aver mangiato la loro minestra. Il sabato 19 settembre ritornai al mio campo, secondo il solito, col piccolo Maximin. Verso le undici ore, undici ore e mezzo antimeridiane, gli dissi di condurre le mie vacche alla fontana della piccola spianata sul versante settentrionale della montagna. Il ragazzo mi disse allora: «Vado a chiamare la piccola Melanie Mathieu per andarvi assieme». In quel giorno non ritornò da me nel mio campo dopo aver fatto bevere le mie vacche. Non lo rividi, che la sera a casa, allor ché le ricondusse in istalla. Gli dissi allora Ebbene Massimino, tu non sei tornato a ritrovarmi nel, mio. campo. Oh! mi disse egli, voi non sapete che cosa è accaduto”. Che è dunque accaduto? gli domandai, e mi rispose: Noi abbiamo trovala vicino al ruscello una bella dama che ci ha divertiti lungamente, e che m’ha fatto chiacchierare assieme a Melanie; da principio ho avuto paura; non ardiva andare a prendere il mio pane, che era vicino a lei, ma ella ci disse: non abbiate paura i miei ragazzi, avvicinatevi, sono qui venuta per annunciarvi una gran nuova». E questo ragazzo mi fece allora il racconto che ha ripetuto in seguito a tutti quelli che l’hanno interrogato. La mattina del giorno susseguente mandammo io ed i miei vicini i due fanciulli dal signor curato di La Salette, il quale nel giorno stesso alla messa fece parte ai suoi parrocchiani di ciò che questi avevano veduto ed inteso. Questo è quanto mi riferirono i miei vicini, perché io

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non assistetti alla messa di La Salette, ma ricondussi il piccolo Maximin da suo padre a Corps, come glielo aveva promesso. Questo ragazzo non è più ritornato al nostro casale, ove la piccola Melanie è sempre rimasta sino al principio del mese di dicembre. Esso non faceva che attraversarlo quando andava ad accompagnare i numerosi pellegrini che si rendevano sulla montagna. Dichiaro inoltre, secondo il mio convinci mento, che nel raccontare ciò che dissero aver veduto ed inteso non recitano una lezione che abbiano imparata. Durante i quattro giorni e mezzo che il piccolo ragazzo ha custodite le mie vacche, e nei quali non l’ho mai perduto di vista, non ho

mai veduto né un prete, né un laico avvicinarsi a lui per discorrergli. La piccola Melanie è andata più volte a custodire le vacche nel campo del suo padrone, mentre Maximin era con me. La vidi costantemente sola, e se qualcuno fosse venuto per parlarle, me ne sarei certamente accorto, perché il mio campo e quello di Battista Pra sono situati l’uno accanto all’altro sopra lo stesso fianco della montagna e presentano entrambi una superficie piana, per cui basta tenersi in piedi per dominarlo intieramente e vederne ogni parte. Potrei dare ancora degli altri dettagli sopra questo fanciullo; ma sarebbe inutile il ripeterli qui, perché sono da molto tempo di pubblica notorietà. — In fede di che ho sottoscritta la presente che dichiaro contenere la verità. Fatto al casale di Ablandins, il 28 settembre 1847.

PIETRO SELME».

Aggiungo, che in uno de’ giorni della settimana che il piccolo Massimino è rimasto con me, è andato colle mie vacche al campo di Babon; non è però rimasto solo neppur quel giorno, ma è stato sorvegliato come gli altri giorni da mia moglie, o da me.

PIETRO SELME».

“Dichiaro che la presente attestazione di Pietro Selme, uomo degno di fede, è in tutto conforme all’esatta verità. I dettagli che racchiude sono perfettamente d’accordo con quelli che mi erano stati dati prima da altre persone.

La Salette Fallavaux 27 novembre 1847.

“PERRIN, curato».

Queste due dichiarazioni sono state compilate dal sig. Dumanoir, dottore in legge, giudice supplente al tribunale di Montelimar, il quale ha fatto molte volte delle gite a La Salette, vi ha soggiornato, ed ha raccolte sul luogo le informazioni le più precise e le più minuziose sopra tutto ciò che ha rapporto all’apparizione.

La veracità dei due deponenti attestata dal signor abbate Perrin, curato di La Salette, è anche confermata dal signor Peytard, maire di questa comune, in un rapporto fatto a me medesimo in data del 9 dicembre 1847. Eccone un estratto:

“E per ultimo, signor vicario generale, dico, che si può prestar fede alle deposizioni di Battista Pra e di Pietro Selme, antichi padroni dei due fanciulli; sono brava gente e li credo incapaci di mentire.

Eccole, signor vicario generale, tutte le notizie che posso fornire su questo affare.

Vostro umilissimo servitore, Il maire de La Salette Fallavaux

P. PEYTARD

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Maximin e Melanie non avevano potuto vedersi che rare volte a Corps, sia perché i loro genitori abitavano le due estremità del villaggio, sia perché Melanie prima di entrare al servizio di Battista Pra aveva servito due anni a Quet, e due anni a Ste- Luce. Essi non incominciarono a vedersi ad Ablandins, che durante i quattro o cinque giorni nei quali Maximin vi è stato a servire; dippiù essi si vedevano raramente ed indifferentemente giuocando a’ giuochi adattati alla loro età. Fu adunque per puro accidente, che il giorno 18 settembre 1846 vigilia del grande avvenimento, s’incontrarono sul monte alle Baisses. La sera, al loro ritorno, Melanie disse a Maximin: domani, chi sarà il primo a trovarsi sulla montagna? Ed all’indomani 19, che era un sabato, vi salivano assieme conducendo ciascuno quattro vacche ed una capra che appartenevano al padre di Maximin.

Aggiungiamo perché meglio spicchi il loro carattere, che dopo l’avvenimento i due fanciulli sono rimasti indifferenti l’uno per l’altro; che né si cercano, né si fuggono; che chiamati ed interrogati ogni giorno separatamente, non si dicono né, chi, gli ha chiamati, né quali domande siano loro state indiritte. Il carattere indifferente ed anzi antipatico de’ due fanciulli l’uno per l’altro, è stato attestato al vescovado il 16 novembre 1847 dalla Superiora della Provvidenza di Corps, la quale da oltre un anno dava loro delle lezioni. Essa ha parimenti testificato che Melanie ha meno apertura d’ingegno, meno altitudine allo studio, in confronto a Maximin, ed ha altrettanto indifferenza pel danaro; che essa dimostra della disposizione alla pietà, ma che da circa un mese incominciava a temere che Melanie non tirasse vanità dalla posizione nella quale l’avvenimento l’aveva posta.

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§ III. RACCONTO DI MELANIE – Il 19 settembre 1846, che era un sabato (1) Maximin e Melanie conducevano il loro bestiame sulla piccola spianata della Sousles-Batsses. La giornata era bella e senza nubi, il sole brillante. Verso l’ora del mezzogiorno che i due pastori riconoscono al suono della campana dell’Angelus, prendono le loro piccole provvigioni e vanno a fare la loro refezione ad una piccola fontana detta degli uomini a sinistra del ruscello. Finita la loro refezione, discendono, attraversano il ruscello e depongono i loro sacchi separatamente vicino ad una fontana disseccata, ma che ben presto diverrà il luogo per sempre celebre dell’apparizione. Discendono ancora qualche passo, e contro il consueto, essi dicono, si addormentano a qualche distanza l’uno dall’altro. Melanie si sveglia per la prima, e non vedendo le sue vacche, sveglia Maximin. Tutti e due attraversano il ruscello, rimontano in linea retta il poggio opposto, si rivolgono e scorgono le loro vacche sopra un dolce pendio del monte Gargas. Ridiscendono allora per andar a riprendere le loro bisacce rimaste presso la fontana inaridita, ma appena i loro occhi incominciano a rivolgersi da quella parte, sono colpiti da un chiarore abbagliante, al

quale succede ben tosto la vista di una Dama sfolgoreggiante di luce seduta sopra le pietre della fontana, in un’attitudine che indica una profonda tristezza. I fanciulli ne sono atterriti; Melanie lascia cadere il suo bastone;

(1) Vigilia della festa della Beata Vergine Addolorata, la quale seguendo la liturgia romana si celebra la terza domenica di settembre. Questa coincidenza coll’avvenimento è sorprendente; essa non è sfuggita alla moltitudine dei pellegrini di La Salette.

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Maximin gli dice di conservarlo per difendersi in caso di bisogno. Ma non anticipiamo sopra il racconto de’ fanciulli. Eccolo tal quale essi lo fecero il 19 a sera ai loro padroni, ed il giorno susseguente, domenica, al curato del luogo, tal quale lo fece il medesimo giorno Melanie al sig. Peylard, maire di La Salette; tal quale lo ripeterono il giorno seguente agli abitanti di La Salette e di Corps; e tal quale lo hanno costantemente ripetuto dappoi.

Ecco adunque il racconto di Melanie:

“Noi ci eravamo addormentati… io mi svegliai per la prima e non ho veduto le mie vacche. Svegliai Maximin, dicendogli, Maximin vieni presto per andare a ricercare le nostre vacche. Abbiamo passato il ruscello, siamo saliti di facciata a noi e vedemmo le nostre vacche dall’altra parte coricate; esse non erano lontane. Io sono ridiscesa la prima, ed a cinque o sei passi avanti di arrivare al ruscello, vidi un chiarore come il sole; ancora più brillante, ma non del medesimo colore e dissi a Maximin: vieni, vieni presto a vedere là abbasso un chiarore; Maximin è subito disceso, dicendomi: oce è egli, e glielo indicai col dito rivolto alla piccola fontana, e si fermò quando lo vide.

Allora noi vidimo una Dama in mezzo alla luce; essa sedeva col viso tra le sue mani. Ne ebbimo paura; lasciai cadere il mio bastone. Maximin mi disse, conserva il tuo bastone; se la ci fa qualche cosa, le darò un buon colpo.

“In seguito questa Dama si levò ritta in piedi, incrocicchiò le braccia, e ci disse: Avanzatevi, i miei ragazzi, non abbiate paura, sono qui per darvi una gran nuova.

Allora noi passammo il ruscello, ed essa si avanzò 45

sino al luogo dove ci eravamo addormentati. Essa era in mezzo a noi due; e ci disse, piangendo tutto il tempo che ci parlò (ho veduto benissimo le sue lagrime):

«Se il mio popolo non si vuol sottomettere sono costretta di lasciar libera la mano di mio figlio.

Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla.

È del tempo che soffro per voi altri! Se voglio che mio figlio, non vi abbandoni, devo pregarlo costantemente.

E voi altri non ne tenete conto.

“Voi potrete ben pregare, ben fare, giammai potrete ricompensare la sollecitudine che mi sono data per voi altri.

Vi ho dati sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo. Questo è ciò che rende tanto pesante la mano di mio figli. I carrettieri non sanno giurare senza intromettervi il nome di mio figlio.

“Sono le due cose che appesantiscono tanto la mano di mio figlio.

“Se la raccolta perisce è solo per causa vostra. Ve lo feci vedere l’anno scorso coi pomi di terra; voi non ne avete fatto caso. E si è appunto quando voi trovavate dei pomi di terra guasti, che giuravate e vi associavate il nome di mio figlio.

Continueranno a guastarsi in modo che quest’anno per Natale non ne avrete più

«Io non intendeva bene cosa significava, dei pomi di terra (1).

(1) A Corps, ed in molte parti del Delfinato, i pomi di terra si chiamano truffes. 46

Voleva domandare a Maximin, che volesse dire dei pomi di terra; e la Dania ci disse:

«Ah! i miei ragazzi, voi non capite, ve lo dirò in altra maniera». Indi proseguì:

Melanie continua effettivamente il suo racconto in vernacolo. Noi mettiamo questo vernacolo a fronte del francese (1).

“Se i pomi di terra si guastano, è solamente per causa vostra. Ve lo feci vedere l’anno scorso; voi non avete voluto farne caso. Al contrario, quando voi trovavate dei pomi di terra guasti, giuravate, mettendovi fra mezzo il nome di mio figlio.

Continueranno a guastarsi, e quest’anno, pel Natale, non ne avrete più.

“Se avete del grano non dovete seminarlo; tutto ciò che voi seminerete i vermi lo mangeranno, e quello che nascerà andrà in polvere quando lo batterete. «Verrà una grande carestia.

Avanti che venga la carestia i fanciulli al disotto di sette anni saranno presi da un tremore, e moriranno fra le mani delle persone che li terranno; gli altri faranno penitenza per la carestia.

“Le noci si guasteranno, le uve marciranno.

“Se si convertono, le pietre ed i scogli si cambieranno in mucchi di grano; e i pomi di terra saranno prodotti dalla terra stessa.

Dite voi bene le vostre orazioni, miei ragazzi?

Noi risposimo entrambi: Non troppo, o Signora “Dovete ben dirle la sera e la mattina. Quando voi non potrete far meglio dite solamente un Pater ed

(1) La traduzione si attiene al francese. 47

un’Ave Maria. E quando avrete il tempo ditene di più.

«Alla Messa non vanno che alcune donne vecchie, le altre lavorano la domenica tutta l’estate, e all’inverno i giovani quando non sanno che fare, vanno alla Messa per mettere in ridicolo la religione. Alla quaresima si va alla macelleria a guisa dei cani.

“Non hai tu veduto, il mio ragazzo, del grano guasto?”

«Maximin rispose: Oh! no, signora. Io non sapevo a chi facesse questa domanda, risposi sottovoce: No, Signora, non ne ho ancor veduto».

Voi dovete averne veduto, il mio ragazzo (rivolgendosi a Maximin) una volta verso il territorio di Coin, con vostro padre.

“Il padrone del campo, disse a vostro padre, che andasse a vedere il suo grano guasto; voi ci siete andati entrambi. Prendeste due o tre spighe nelle vostre mani, e strofinate andarono tutte in polvere, in seguito voi ritornaste. Quando eravate ancora una mezz’ora distante da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane, e vi disse: prendi il mio ragazzo, mangia ancora del pane in quest’anno; non so chi ne mangerà l’anno venturo se il grano continua ancora a guastarsi in questo stato».

Mazimin rispose: «Oh! sì, signora, me ne ricordo presentemente, poco fa non me ne sovveniva”.

Dopo ciò la Dama ci disse in francese:

“Ebbene, i miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo”. Indi essa salì sino al luogo ove noi eravamo andati per cercar conto delle nostre vacche.

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“Essa non toccava l’erba; camminava sopra la cima di essa. Noi la seguivamo con Maximin; io passai davanti la Dama e Maximin un poco di fianco a due otre passi di distanza. E la bella Dama si è innalzata un poco (Melanie fa un gesto elevando la mano di un metro o poco più al disopra della terra), dopo ciò essa rivolse lo sguardo al cielo, indi alla terra; dopo non vidimo più la testa, non più le braccia, non più i piedi; non si vide più che un chiarore nell’aria; dopo il chiarore disparve. Dissi a Maximin: è forse una gran santa. E Maximin mi rispose: Se noi avessimo saputo che era una gran santa, noi gli avressimo detto di condurci con essa. E io gli dissi Oh! se essa vi fosse ancora! Allora Maximin slanciò la mano per raggiungere un poco del chiarore; ma tutto era scomparso. Osservammo bene per scorgere se non la vedevamo

più. E dissi essa non vuol farsi vedere per ascondere ove essa vada. Dopo di ciò andammo dietro le nostre vacche.

(1) Qui viene addomandato a Melanie: Non ti ha essa detto nient’altro? Melanie. – No, signore

D. Non ti disse essa un segreto?

Melanie. – Sì, signore, ma essa ci ha proibito di dirlo.

D. Sopra di che ti ha essa parlato?

Melanie. – Se vi dico sopra di che, voi comprendereste presto ciò che è!

D. Quando ti disse essa il tuo segreto?

(1) È impossibile il qui indicare le migliaia di persone che fecero ad essi delle domande, marcate nel testo colla lettera D.

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Melanie. – Dopo aver parlato delle noci e delle uve. Ma avanti ch’essa me lo dicesse, mi sembrava che parlasse a Maximin, e non capivo nulla.

D. Ti diede essa il tuo segreto in francese? Melanie. Essa me lo disse in dialetto.

D. Come era essa vestita?

Melanie. – Aveva delle scarpe bianche con delle rose attorno di esse; ve n’erano di tutti i colori; delle calze gialle; un grembiale giallo; un vestito bianco tutto cosperso di perle; un fazzoletto da collo bianco, contornato di rose; un berretto alto un poco, pendente in avanti; una corona con delle rose attorno del berretto. Essa aveva una piccolissima catena alla quale era appesa una croce col suo Cristo; a diritta eravi uua tenaglia, a sinistra un martello; all’estremità della croce un’altra gran catena pendeva come le rose intorno al suo fazzoletto da collo. Aveva il volto bianco allungato; non poteva riguardarla per molto tempo, perché essa ci abbagliava.

Il racconto che noi diamo qui, è il più esatto, il più completo di tutti quelli che sono stati pubblicati sino a questo giorno: esso racchiude testualmente ciò che i fanciulli dissero il primo giorno, e che hanno ripetuto in séguito a migliaia di persone. Lo ripetono ora come una lezione imparata a memoria; ma i padroni dei due fanciulli, ma i loro genitori, ma il maire di La Salette, signor Pietro Peytard, ma gli abitanti di Corps e di La Salette, del pari che un gran numero di sacerdoti e di persone distinte, estranee alla località, assicurano tutti che fino da principio hanno detto le stesse cose, se non colla medesima facilità, e colla medesima volubilità, almeno senza cambiamenti per la

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sostanza, o per le espressioni, siano essi stati interrogati separatamente o simultaneamente.

Noi abbiamo sotto gli occhi le prime relazioni manoscritte, fatte da persone di merito e degne di tutta la confidenza; e queste relazioni provano sino all’evidenza, che i pastorelli nulla aggiunsero o tolsero in seguito a ciò che dissero fin dal principio.

Eccone del resto le prove:

1° Il signor abbate Lagier, curato di Saint-Pierrede-Chérennes, cantone di Pont-en- Royans, diocesi di Grenoble, nativo di Corps, è andato a passare una quindicina di giorni presso la sua famiglia nel febbraio 1847, quattro mesi dopo l’apparizione.

Arrivato incredulo a Corps, volle esaminare il fatto da se medesimo. Ciascun giorno adunque faceva venire i due fanciulli, gli interrogava talora assieme, talora separatamente; e teneva in seguito nota di ciascun interrogatorio. Il suo manoscritto si compone di una quarantina di pagine; noi l’abbiamo avuto fra le mani, e ne abbiamo estratto il dialetto del racconto di Melanie. Fra i documenti che racchiude troviamo una copia della relazione fatta da Battista Pra il 20 settembre 1846, giorno susseguente all’apparizione. Ecco la copia scritta di mano del signor Lagier, e da esso certificata conforme.

Noi la diamo col singolare suo titolo e gli errori di redazione e di lingua, poco sorprendenti in un bravo campagnolo, che ha voluto tradurre per suo uso il vernacolo spacciato dai due piccoli pastori. L’originale, dopo d’aver passato da una mano all’altra a La Salette e a Corps, fu da ultimo portato via da un pellegrino,

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Copia della relazione scritta da Battista Pra il 20 settembre 1846, il giorno susseguente all’apparizione, collazionala coll’originale dal signor Lagier, curato di Saint-Pierre-de-Chérennes.

Lettera dettata dalla beata Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La Salette Fallavaux.

“Avanzatevi, i miei ragazzi, non abbiate paura, sono qui per raccontarvi una grande novità: Se il mio popolo non vuol sottomettersi, sono costretta a lasciar libera la mano di mio figlio; essa è sì forte e sì pesante, che non posso più trattenerla; da che soffro per voi altri, se voglio che mio figlio non vi abbandoni, devo pregarlo continuamente io stessa; voi altri non ne fate caso, avrete bel fare, ma giammai potrete ricompensare le mie sollecitudini per voi altri.

“Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo, è questo che rende tanto pesante la mano di mio figlio, ed anche i carrettier non sanno giurare senza intromettervi il nome di mio figlio, sono queste le due cose che rendono tanto pesante la di lui mano.

“Se la raccolta si guasta, ne siete voi soli la causa, ve lo feci vedere l’anno scorso coi pomi di terra, ma voi altri non ne faceste caso, ed al contrario quando trovavate dei pomi di terra guasti, giuravate e vi intromettevate il nome di mio figlio.

“Continuerà anche in quest’ anno, e per il Natale, non ce ne saranno più. Voi non intendete i miei fanciulli, vado a dirvelo altrimenti. Se avete del grano non bisogna seminarlo, tutto ciò che seminerete, i vermi lo mangeranno, e quello che resterà, che le bestie non

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avranno mangiato, l’anno che viene nel battersi andrà tutto in polvere.

«Verrà una grande carestia, e prima che essa incominci, i fanciulli al disotto dei sette anni saranno presi da un tremore, e moriranno fra le mani delle persone che li terranno.

“Gli altri faranno penitenza per la carestia, le noci si guasteranno, le uve marciranno, e se si convertono, le pietre e gli scogli diventeranno ammassi di grano, ed i pomi di terra si troveranno seminati (per l’anno venturo). Nell’estate non vanno alla Messa la festa che alcune vecchie, e le altre lavorano. All’inverno la gioventù quando non sa che cosa fare, va alla Messa per farsi beffe della religione. Nessuno osserva la quaresima; vanno alla macelleria come i cani. Fate voi la vostra preghiera, i miei fanciulli? Non molto, o Signora. Bisogna ben farla sera e mattina e dire almeno un Pater ed un’Ave, quando non potrete far meglio.

Non avete mai veduto, i miei fanciulli, del grano guasto? No, Signora. Ma, il mio fanciullo, voi dovete bene averne veduto una volta che siete andato con vostro padre a Coin, ove un uomo disse a vostro padre di andar a vedere il suo grano che era guasto, vostro padre vi è andato, prese alcune spiche nella sua mano, le strofinò e si sciolsero in polvere, dippoi al suo ritorno quando era ancora una mezz’ora distante da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane e vi disse tieni, mio figlio, mangia ancora del pane quest’anno, che non sappiamo chi ne mangerà l’anno venturo se la cosa continua così.

“Ebbene, i miei ragazzi, fate che lo sappia tutto il mio popolo.

Firmato PRA (BAPTISTE), J. MOUSSIER

SELME (PIERRE)».

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“Per copia conforme all’originale, che mi è stato comunicato da Pra, uno de’ segnatari presso il quale serviva Melanie, e che ha testificato di avere scritto l’atto qui sopra il giorno dopo dell’apparizione.

Corps il 28 febbrajo 1847

LAGIER, prete

Noi crediamo inutile di qui riportare il racconto fatto al signor Lagier stesso da ciascuno de’ fanciulli, esso differisce in nulla dai nostri.

2° Il signor abbate Lambert, nativo di Beaucaire, venne a La Salette nel maggio 1847, ove, durante sei giorni consecutivi, interrogò i due fanciulli in presenza di un gran numero di testimoni, molti dei quali erano sacerdoti di Grenoble, e tenne un giornale esatto di ciascuna seduta. Egli ebbe la compiacenza di leggerci i suoi sei giorni passati a Corps, di darci anzi una copia di questa parte del racconto, che i due pastorelli fanno in dialetto. Noi riproduciamo qui sotto questo dialetto nel racconto di Maximin. Ora, non la più piccola differenza tra la relazione del signor Lambert e quella raccolta tre mesi prima con tanta cura dal signor Lagier.

3° La relazione del signor Dumanoir, dottore in legge e giudice supplente a Montelimar, scritta sul luogo in seguito di lunghi interrogatori, è eguale per il fondo a tutte le altre, quantunque più corretta e meglio redatta per la forma. Essa è seguita da una breve, ma buona dissertazione sulla verità dell’apparizione.

  1. Il 10 novembre 1846, un mese e mezzo dopo l’avvenimento, il signor abbate Chambon, ora canonico di Grenoble, ed in allora superiore del piccolo seminario, fece espressamente il viaggio di La Salette con tre de’ suoi professori per verificare il fatto. La sua relazione, senza dare il testo medesimo delle parole della santissima Vergine, ne contiene esattamente il fondo. Essa è sottoscritta da lui e dai suoi tre compagni di viaggio.

  2. Tutti quelli, che sino dai primi giorni, dopo l’apparizione, interrogarono i fanciulli e presero delle note, attesteranno al bisogno, che i due fanciulli hanno tenuto costantemente il medesimo linguaggio, senza variazione alcuna, né per il fondo, e neppure per la forma.

Ecco ora il racconto del giovine, Maximin, interrogato separatamente.

§ IV. RACCONTO DI MAXIMIN. «Dopo aver fatto bevere le nostre vacche ed aver fatto la nostra refezione, ci siamo addormentati accanto del ruscello, vicinissimi ad una piccola fontana diseccata, Melanie si è svegliata per la prima e mi ha pure svegliato per andar in cerca delle nostre vacche, Siamo andati per vedere le nostre

vacche e nel rivolgerci le abbiamo vedute sdraiate dall’altra parte. In seguito Melanie nel discendere ha veduto un chiarore verso la fontana, e mi disse: Maximin, vieni a vedere questo chiarore! Sono andato verso Melanie e vidimo il chiarore aprirsi, e dentro abbiamo veduto una Dama seduta in questo modo (il fanciullo si siede co’ gomiti sulle ginocchia ed il volto nelle mani) e noi ebbimo paura. Melanie esclamò: Oh! mio Dio, e lasciò cadere il suo bastone: io le dissi: tienti il tuo bastone; io tengo il mio, se essa ci fa qualche cosa gli dò una buona bastonata (il fanciullo sorride nel raccontare questa circostanza)!

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La Dama si levò, incrocicchiò le braccia e ci disse: Avanzatevi, i miei fanciulli; non abbiate paura, sono qui per contarvi una grande nuova. E noi non abbiamo avuto più paura; e siamo andati avanti, abbiamo, passato il ruscello e la Dama si è avanzata, verso di noi alla distanza di qualche passo dal luogo ove, erasi seduta, e ci disse:

«Se il mio popolo non vuol sottomettersi sono obbligata di lasciar libero il braccio di mio figlio; egli è così pesante, che non posso più trattenerlo. Dacché soffro per voi altri se voglio che mio figlio non vi abbandoni, devo pregarlo continuamente per voi altri che non ne fate caso.

«Vi ho concessi sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo! Ciò è che rende così pesante il braccio di mio figlio…

“Anche quelli che conducono i carri non sanno più giurare senza aggiungervi il nome di mio figlio. Sono queste le due cose che appesantiscono tanto il di lui braccio.

Se la raccolta si guasta, ne siete voi soli la causa. Ve lo feci vedere l’anno scorso colla raccolta de’ pomi di terra, quando ne trovavate di guasti, voi giuravate e vi aggiungevate il nome di mio figlio; continueranno a marcire e a Natale non ve ne

saranno più”.

“Melanie non intendeva bene, e cominciava a domandarmi di che si trattasse; la Dama subito rispose;

“Ah voi non intendete il francese, i miei fanciulli, aspettate che vado a dirvelo diversamente. E ci parlò in dialetto:

“Se la raccolta si guasta non è che per causa vostra; ve l’ho fatto vedere l’anno scorso coi pomi di terra, voi non ne avete fatto caso; all’incontro quando

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ne trovavate dei guasti giuravate e vi aggiungevate il nome di mio figlio. Essi continueranno a marcire, e per Natale non ve ne saranno più.

“Chi ha del grano non lo semini, ché i vermi lo mangeranno, e se ne nascerà qualche pianta, nel battersi andrà tutto in polvere.

«Verrà una gran carestia, e prima che la carestia venga, i piccoli fanciulli al disotto di sette anni saranno presi da un tremore e moriranno tra le braccia delle persone che li terranno, e i grandi faranno la loro penitenza per la carestia. Le uve marciranno, e le noci si guasteranno.

Se si convertiranno, le pietre, gli scogli si cambieranno in grano; i pomi di terra si troveranno seminati».

«In seguito ci disse:

Dite voi le vostre orazioni, i miei ragazzi?

“Noi rispondemmo entrambi: Oh! no, signora, per nulla. “Ed essa ci disse:

«Ah! i miei fanciulli, bisogna ben dirle sera e mattina; quando non avrete tempo, dite solamente un Pater ed un’Ave Maria, e quando avrete tempo ditene dippiù.

“Alla Messa non ci va che qualche donna un poco vecchia, e le altre travagliano tutta l’estate, e vanno poi l’inverno alla Messa per null’altro che per beffeggiare la religione. Vanno alla macelleria come i cani». “In seguito ella disse:

«Non avete voi mai visto del grano guasto, i miei fanciulli? “Io risposi Oh! no, Signora, noi non ne abbiamo mai veduto». 57

“Allora essa mi disse:

«Ma tu, il mio ragazzo, devi bene averne veduto una volta verso Coin, assieme a tuo padre; il padrone del campo disse a tuo padre, venite a vedere il mio grano guasto? Voi vi andaste; prese due o tre spiche in mano, poi le strofinò e tutte caddero in polvere. E poi ritornandovene, quando non eravate più che una mezz’ora lontani da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di pane, dicendoti: tieni il mio ragazzo; mangia questo pane, che non so chi ne mangerà l’anno che viene».

«Le risposi:

È verissimo, signora, non me ne ricordava più». Dopo di ciò essa ci disse in francese:

“Ebbene, i miei fanciulli, voi lo comunicherete a tutto il mio popolo».

“Indi ella passò il ruscello, ed a due passi di distanza senza rivolgersi verso di noi ci disse di nuovo: Ebbene, i miei fanciulli, voi ne parteciperete a tutto il mio popolo».

«Ella salì in seguito una quindicina di passi, scorrendo sopra l’erba, come se fosse sospesa, e che venisse spinta; i suoi piedi non toccavano che la cima dell’erba; noi la seguimmo sul poggio; Melanie passò avanti la Dama, ed io a fianco a due o tre passi di distanza.

Avanti di sparire, questa bella Dama si è innalzata così (Maximin indica una altezza di un metro e mezzo), essa rimase cosi sospesa nell’aria un momento, indi noi non vedemmo più la testa, più le braccia, più il resto del corpo; sembrava che si fondesse. Restò un gran chiarore che voleva afferrare con la mano assieme ai fiori ch’essa aveva a’ suoi piedi; ma non vi era più altro.

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«Melanie mi disse: Essa deve essere una gran santa. Ed io soggiunsi: Se noi avessimo saputo che era una gran santa, le avremmo detto di condurci seco.

Dopo noi eravamo ben contenti, ed abbiamo parlato di tutto ciò che avevamo veduto; ed in seguito siamo andati a sorvegliare le nostre vacche.

La sera, arrivando dai nostri padroni, era un poco melanconico; e siccome mi domandavano che cosa avessi, raccontai loro tutto ciò che la Dama ci aveva detto,

D. Dimmi, Maximin, quand’è che la Dama, ti diede il tuo segreto?

«R. Dopo che essa disse: Le uve marciranno e le noci diventeranno guaste. La Dama mi disse allora qualche cosa in francese, dicendomi: tu non dirai questo, né questo, né questo Essa stette alcun poco in silenzio; e mi sembrava che parlasse a Melanie.

«D. Che ora era quando vi siete svegliati e che avete veduta questa Dama?

«R. Era tra le due o le tre ore.»

Tale è il racconto di Maximin, conforme per il fondo, e quasi pei termini, a quello di Melanie. Qui noi dobbiamo tener conto di una osservazione impor tante fatta dai numerosi testimoni degli interrogatori che si fecero subire ai fanciulli sopra alcuna contraddizione apparente, che certi interrogatori hanno creduto di notare nelle risposte che venivano loro fatte.

1°. Noi diciamo, che queste contraddizioni sono talmente insignificanti, che non possono ragionevolmente essere contrapposte ai fatti innumerevoli dell’apparizione. Esse hanno sembrate tali allo stesso monsignore, al sig. curato di Corps, ed ai membri della Commissione che le hanno esaminate. Nella dodicesima obbiezione si tratterà della più importante di queste apparenti contraddizioni.

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2° Qualche volta i fanciulli non hanno ben intesi i termini de’ quali si è fatto uso, ed hanno risposto, all’azzardo, e subito si conchiuse che fossero in contraddizione. Per darne un esempio, in una delle conferenze tenute al Vescovado, uno de’ membri della Commissione domandò da prima a Maximin, ed in seguito a Melanie: Giurereste che dite la verità? L’uno e l’altro non seppero che rispondere; non intendevano che cosa fosse far un giuramento. Ma quando si spiegò loro la cosa, e che si disse: Alzereste voi la mano e direste senza timore, che Dio mi punisca se ciò che dico non è la verità, che Dio mi mandi all’inferno se mentisco, ec.; allora i fanciulli hanno capito, e senza esitare risposero: Sì, Signore.

3°. La memoria di questi fanciulli non è così prodigiosamente infallibile, che in qualche circostanza non abbia potuto farli cadere in qualche omissione. Vi é una grande distanza da una omissione ad una contraddizione.

4° I fanciulli hanno sempre detto, che questa Dama era abbagliante di chiarore, che faceva male ai loro occhi quando volevano fissarla. E egli dunque sorprendente che Melanie, per esempio, non abbia saputo rispondere a colui che le domandava se la catena della Dama era più gialla del suo grembiale; che Maximin non abbia rimarcato che la Dama avesse delle calze gialle, ciò che non è sfuggito a Melanie, ec.? È inutile il qui trascrivere le mille interrogazioni più o meno stravaganti, capziose o anche inutili, alle quali questi fanciulli o non hanno potuto né dovuto rispondere, o alle quali hanno risposto all’azzardo. Anzi un ecclesiastico di merito, testimonio di uno di questi interrogatori, nei quali si volevano mettere alle strette con

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delle interrogazioni minuziose questi poveri fanciulli, non ha saputo astenersi di dire a’ suoi confratelli: Mi pare che basti, noi cominciamo a rappresentare la scena della sinagoga in proposito del cieco nato. Potremmo nominare questo ecclesiastico.

5° Queste pretese contraddizioni non hanno potuto impedire che il fatto si estendesse da sé, di propagarsi con una sorprendente rapidità, e di ottenere un assentimento tanto generale, che gli opponenti non costituissero che una impercettibile minorità.

  1. SEGRETO DEI DUE PASTORELLI. – La bella Dama ha confidato a ciascuno dei fanciulli un segreto sul quale sono assolutamente impenetrabili. Quando essa confidava all’uno il suo segreto, l’altro non sentiva, e vedeva solamente muoversi le labbra della Dama. Il segreto è stato dato da prima a Maximin, in seguito a Melanie, ma l’uno non sapeva che l’altro ricevesse un segreto. Non è che dopo la disparizione, che Maximin disse a Melanie: Essa ha tardato molto a parlare! non vedeva altro che muoversi le labbra. Ma che cosa diceva essa? Melanie gli rispose: Essa mi ha detto qualche cosa; ma non voglio dirtelo, essa me lo ha proibito. Maximin le replicò immediatamente: Oh! quanto son contento, Melanie, Essa ha detto anche a me

qualche cosa; ma anch’io non te la voglio dire. Si è in questo modo che si accorsero che erano entrambi possessori di un segreto.

Ecco alcune delle sorprendenti risposte che fanno subitamente, e senza esitare, a quelli che vogliono ad essi strappare il loro segreto. Noi ne garantiamo la perfetta autenticità.

D. A Melanie. La Dama ti ha dato un segreto e ti ha proibito di dirlo. Alla buon’ora; ma dimmi almeno

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se questo segreto risguarda te, o se risguarda un altro?

Melanie. Chiunque sia che ciò risguardi, essa ci ha proibito di dirlo.

D. Il tuo segreto è qualche cosa che tu dovrai fare?

Melanie. Che sia una cosa che io abbia fare o no, ciò risguarda nessuno; essa ci ha proibito di dirlo.

D. Essa ti ha senza dubbio raccomandato di far qualche cosa, la farai tu?

Melanie. Che la faccia o no, ciò non risguarda alcuno. Il sig. abate Chambon. Dio ha manifestato il tuo segreto ad una Santa religiosa; ma amo meglio saperlo da te, ed assicurarmi così che tu non menti.

Melanie. Posto che questa religiosa lo sa, essa può dirvelo; io non lo dirò. Altre persone fanno le interrogazioni seguenti:

D. Verrà bene il momento nel quale tu dirai il tuo segreto? Melanie. Ne verrà, o non ne verrà alcuno.

D. Tu dirai il tuo segreto al tuo confessore, pel quale nulla deve essere tenuto nascosto?

Maximin. Il mio segreto non è un peccato; in confessione non vi è altro obbligo che di dire i peccati.

D. Se dovesti dire il tuo segreto o morire? Maximin, con fermezza: Morirei non lo dirò.

D. Se il Papa ti domandasse il tuo segreto, tu saresti ben obbligato di dirglielo, perché il Papa è molto più che la Vergine santissima?

Maximin. Il Papa più che la santissima Vergine!. Ma la Vergine santissima è la

Regina di tutti i Santi. Se il Papa fa bene il suo dovere, sarà santo, ma sarà sempre meno della Vergine santissima: se non fa il suo dovere, sarà punito più degli altri.

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D. Ma è forse il diavolo che ti ha confidato il tuo segreto?

Maximin (solo). No, perché il demonio non porta il Cristo, ed il demonio non proibirebbe di bestemmiare Melanie (sulla stessa domanda). Il demonio può ben parlare, ma non credo che sia lui, e che possa dire dei segreti come questo. Non proibirebbe di giurare; non porterebbe croce e non direbbe d’andare alla messa.

Un sacerdote di merito (il signor Gerente elemosiniere delle suore della Provvidenza di Corenc vicino a Grenoble) a Maximin: Non voglio domandarti il tuo segreto. Ma questo segreto risguarda senza dubbio la gloria di Dio è la salute delle anime.

Bisognerebbe che fosse conosciuto dopo la tua morte. Ecco ciò che ti consiglio: Scrivi il tuo segreto in una lettera, che suggellerai. Tu la farai rimettere alla curia del vescovado. Dopo la morte di Monsignore e la tua, questa lettera verrà letta, e tu avrai conservato il tuo segreto.

Maximin. Ma qualcuno potrebbe essere tentalo di disuggellare la mia lettera… E poi io non conosco quelli che vanno a quella curia. Mettendo di poi la mano sopra la sua bocca, ed in seguito sopra il suo cuore la mia miglior curia, disse con un gesto espressivo, è qui.

Un sacerdote di Grenoble dice a Maximin: Tu hai desiderio di essere prete, e bene, dimmi il suo segreto, e mi incarico di te; scriverò a Monsignore che tî faccia istruire gratuitamente.

Maximin. Se per essere prete devo dire il mio segreto, non lo sarò mai.

  1. OPINIONE SOPRA IL FATTO DI LA SALETTE. Cosa devesi pensare del fatto di La Salette? Devesi credere al racconto dei due pastorelli di Corps? La santissima Vergine è essa veramente apparsa sulla montagna di La Salette?

Noi crediamo di poterci dichiarare in favore della realtà di questa apparizione. Effettivamente il racconto dei due fanciulli è vero, e deve essere creduto, se essi non sono né ingannati, né ingannatori.

Essi non potevano essere ingannati che in due maniere.

O da una illusione, od allucinazione mentale di poca durata.

Oppure da un individuo furbo e destro, che ha sa puto rappresentare avanti di loro la parte attribuita alla bella Dama.

Due supposizioni difficili a provarsi, e facili ad abbattersi.

Non possono essere ingannatori che in due maniere. O perché hanno inventata e concertata la favola che recitano.

O perché si prestano scientemente ad un impostore sacrilego ed abile, che li ha addestrati, e che da lontano o da vicino loro suggerisce, e senza scoprirsi, la parte che rappresentano da venti mesi.

Due nuove supposizioni assurde ed impossibili. Dunque i fanciulli di La Salette non sono né ingannati, né ingannatori; dunque dicono la verità, ed il loro racconto deve essere ammesso come vero.

Eccovi ora le nostre prove ricavate: 1° dal fatto in sé stesso, 2° dalla credenza che ha ottenuto sul luogo, 3° da quella che ha ottenuto nello spirito di persone sagge ed illuminate, accorse sul luogo da tutte le parti, ed in gran numero, 4° dalle conseguenze straordinarie che susseguirono il fatto, e che ne sono dive nute le prove più irrefragabili.

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ARTICOLO PRIMO.

PROVE RICAVATE DAL FATTO IN SE STESSO.

1° IL FATTO IN SÉ MEDESIMO. Tutto respinge l’idea che i due pastorelli siano stati ingannati o ingannatori: 1° il loro carattere; 2° l’esame delle località; 3° la natura del loro racconto; 4° la loro sagacità straordinaria nel risolvere le difficoltà obbiettate al loro racconto.

§ I. Carattere dei due pastorelli.

Il loro carattere è tale che dopo più di venti mesi che parlano e che si fanno parlare, devono considerarsi come canali che trasmettono puramente e semplicemente (direbbesi anzi volentieri, e si esprimerebbe meglio il proprio pensiero, materialmente) l’acqua chiara e limpida che è arrivata ad essi senza comunicarle né colore, né sapore alcuno. Da oltre venti mesi essi non si accorgono né della celebrità che hanno acquistata, né del commovimento che hanno eccitato nelle popolazioni anche le più lontane. Dopo più di venti mesi i personaggi più distinti accorsi, e sovente molto di lontanò li fanno venire, li interrogano, li conducono con essi sul teatro dell’avvenimento, li volgono e risvolgono in tutti i sensi, impiegano verso di loro a vicenda promesse e minacce, carezze ed ingiurie, li stancano colle loro obbiezioni, cavillano soprattutto, li prendono unitamente, e poi l’uno dopo l’altro. E dopo più

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di venti mesi i fanciulli non si stancano di ripetere le medesime cose, di rispondere alle numerose difficoltà, colle quali si cerca di imbarazzarli, di subire degli interrogatori di cinque, sei e sette ore. Ordinariamente si dimostrano docili e calmi; quando sono stanchi e sfiniti, lasciano travedere il loro difetto di educa zione; si dimostrano poco compiacenti e quasi sgarbati. Ma non variano mai; mai non si contraddicono; ma all’uscire da questi lunghi, penosi e noiosi interrogatori, resi alla libertà, non pensano più a nulla, parlano di nulla, né tra di loro, né coi loro compagni, né ai loro parenti, né alle persone che conoscono. Non sembrano preoccupati né delle persone che li hanno chiamali, né delle interrogazioni che loro sono state indiritte, né delle difficoltà che loro furono fatte, né della lunghezza degli esami che dovettero subire, né della stanchezza della gita penosa e tanto spesso ripetuta di La Salette. Il papa stesso avrebbe potuto interrogarli, essi non lo direbbero né se ne vanterebbero con chicchessia. Quando uno è interrogato, non mai l’altro sembra inquieto né curioso di ciò che può essersi domandato al suo compagno; giammai dopo l’interrogatorio uno domanda all’altro ciò che gli è stato detto. La loro parte finita, se ne vanno tutto naturalmente alla loro scuola o ai loro giuochi. Il fatto di La Salette non sembra più risguardarli.

Si dica: è questo il carattere solito dei fanciulli? Dei fanciulli di questa tempra hanno essi potuto immaginare e concertare la favola che raccontano? E se fossero stati capaci di ordirla, non tremerebbero essi ogni volta che sono chiamati? Non crederebbero essi ad ogni istante di imbarazzarsi, di contraddirsi, d’essere colti in frode? Interrogati quasi sempre separatamente,

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non dovrebbero essi trovarsi alternativamente in continui tormenti, in immortali inquietudini? E non dovrebbero essi, sia per concertare le loro risposte, sia per iscoprire se non si sono sgraziatamente contraddetti, cercar di vedersi sia prima, sia dopo i loro interrogatori?

Un fatto che rese sin da principio impossibile ogni concerto da parte dei due fanciulli, si è che Maximin fu richiamato a Corps da suo padre, il giorno dopo il fatto, mentre Melanie rimase ancora al servizio del suo padrone sino presso al Natale. Ora come è accaduto che durante più di due mesi e mezzo, Maximin facesse tutti i giorni a Corps il medesimo racconto, che Melanie da parte sua faceva a La Salette? Come mai nelle mille interrogazioni che erano loro indiritte separatamente durante tutto questo tempo, i due fanciulli non sono giammai caduti in contraddizione? Si spieghi questo fatto.

E da che sono entrambi a Corps, e frequentano la medesima scuola non si rimarcano maggiori rapporti tra di loro di quelli che avevano avanti la loro unione. Richiamiamo qui ciò che abbiamo detto più sopra, che i due fanciulli lontani dal ricercarsi, si

fuggono piuttosto e sembrano antipatici l’uno all’altro. Questi singolari fanciulli pensano adunque a nulla, si preoccupano di niente avanti di essere interrogati; dimenticano tutto e s’inquietano di niente dopo l’interrogatorio.

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§ II. La natura stessa del racconto dei fanciulli

Come mai dei fanciulli grossolani, ignoranti, mancanti di ogni istruzione religiosa, non conoscendo che le loro montagne ed il loro bestiame hanno essi immaginato di servirsi di espressioni come quelle che compongono in gran parte il loro racconto?

“Se il mio popolo non vuol sottomettersi, sono forzata di lasciar libera la mano di mio Figlio… “Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni… «Vi ho concessi sei giorni (1) per lavorare; mi sono riservata il settimo… Ebbene! i miei fanciulli, voi lo far rete sapere a tutto il mio popolo».

Si dica, in qual modo questi ragazzi che non an davano alla scuola, raramente in chiesa, che sapevano appena il Pater e l’Ave, hanno potuto tutto ad un tratto nello spazio di una scarsa mezz’ora, e nel dopo mezzogiorno del 19 settembre elevarsi alla portata di questo linguaggio veramente biblico?

In qual modo dei fanciulli come questi hanno potuto attribuire alla bella Dama un costume del quale niente dava loro l’idea? Ove hanno essi preso quel martello e quelle tenaglie che hanno veduto a destra ed a sinistra della croce che la Dama portava sospesa

(1) Sino da principio si fece osservare a Melanie che questa maniera di esprimersi in prima persona non combinata col rimanente del racconto; essa si contentò di rispondere che essa ripeteva ciò che aveva inteso. Effettivamente questo modo è più dignitoso, e richiama l’Ego Dominus in bocca di Mosé.

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ad una piccola catena? Che abbiano veduto sul bordo di una strada maestra una croce con gli strumenti della passione, sia; ma chi ha dato loro l’idea di supporre una croce simile al collo di questa Dama? Chi ha dato loro l’idea di una seconda grande catena che pendeva attorno al suo fazzoletto da collo? E le rose di ogni colore che erano all’intorno del berretto, del fazzoletto da collo e delle scarpe: sopra quale donna del paese, e sopra quale dama forastiera le avevano vedute? Le statue della Santissima Vergine che avevano potuto vedere nelle chiese del paese, non portavano questo costume; esse non l’hanno neppure altrove.

Quale temerità in questi piccoli pastori che si suppongono per un momento ingannatori, di arrischiarsi a predire una grande carestia, la morte dei fanciulli piccoli per un tremore, la penitenza delle persone grandi per ragione della carestia? Chi ha fatto loro immaginare questa graduata disparizione della Dama?

Chi ha loro data l’idea di un segreto comunicato a ciascuno di essi con divieto di farlo conoscere a chicchessia?

Immaginare questo segreto non è egli crearsi delle difficoltà senza numero, degli imbarazzi d’ogni genere?

Ed il fatto della terra Coin, fatto isolato, interamente dimenticato da uno dei fanciulli, e totalmente estraneo all’altro, come mai questo fatto trovasi innestato col racconto dei due pastorelli? Questo episodio ha soprattutto colpito il padre di Maximin. Sino a questo momento incredulo al racconto di suo figlio, è commosso da questa circostanza; piange e si converte.

Più si riflette a questo meraviglioso racconto, tanto meno si scopre che possa essere d’invenzione dei pastorelli.

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§ III. Ispezione dei luoghi

I luoghi, tali quali sono stati fedelmente descritti più sopra, dimostrano sino all’evidenza all’osservatore, l’impossibilità di qualunque sorta di frode, di soperchieria, di lacci tesi, di macchinazioni occulte. Nessun luogo meno proprio ad una apparizione improvvisa, ad una disparizione subitanea o graduale di qualche avventuriera o zingara, che avesse tentato di ingannare i due poveri pastorelli, per ingannare in seguito il pubblico. Nessun luogo meno adattato alle illusioni dell’ottica, agli effetti di luce, al travestimento che bisogna necessariamente supporre quando si vuol contraddire o spiegare con delle ipotesi chimeriche, anzi stravaganti, il racconto cosi semplice, così innocente dei fanciulli di La Salette. Inutile il domandare chi sia questa pretesa avventuriera, come e da qual parte è ella arrivata sulla montagna; in qual maniera essa appare risplendente di luce, in qual modo può essa scomparire gradatamente, ec.

O la Dama è di Corps o dei contorni, o non lo è. Nel primo caso come mai dopo venti mesi non ne è essa conosciuta? Qual era il suo scopo? Come è dessa arrivata a La Salette senza essere veduta? Ove ha essa preso il martello e le tenaglie appese sopra di lei? In qual modo ha essa saputo l’episodio di Coin? Come non è essa stata veduta da quaranta altri pastori che si trovavano sulla stessa montagna egualmente che Maximin e Melanie? ecc.

Nel secondo caso, se essa è d’un paese lontano, come ha potuto parlare il dialetto di Corps? Da qual parte

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è passata per andare su la montagna? Che ne successe dopo la sua simulata apparizione? Come mai né a La Salette, né a Corps, né nei contorni non è stata veduta da persona alcuna? Quale scopo si è ella proposto? ecc.

Se si avesse il coraggio di dire che è il diavolo, il quale, per usare l’espressione di S. Paolo, si è trasformato in angelo di luce, noi risponderemmo che il diavolo si è stranamente ingannato, e che per la prima volta avrebbe lavorato contro sé medesimo. Voleva egli forse, poteva egli volere la conversione del cantone di Corps, la cessazione delle bestemmie, del lavoro nelle domeniche e della violazione delle leggi della Chiesa? Voleva egli quelle innumerevoli preghiere, quei pii cantici, tutti quegli atti di religione esercitati da cento mila pellegrini accorsi su la montagna da tutte le parti? Voleva egli questo generale raddoppiamento di divozione verso quella che gli schiacciò la testa? ecc.

Si dirà ancora che celato dietro il fatto di La Salette sta qualche impostore del quale sono complici i due pastori? Chi è dunque questo furbo, che non ebbe mai il suo simile? Sempre invisibile, e sempre suggerendo a proposito ai due suoi piccoli complici; facendosi giuoco della buona fede delle popolazioni, e ciò nulla meno riconducendole alla religione; confidandosi à dei ragazzi di loro natura indiscreti, e che non ne è mai scoperto; promettendo loro dell’oro e lasciandoli nella loro povertà; volendosi arricchire col loro mezzo, e non ricavandone alcun profitto; facendo loro vedere la gloria e lasciandoli nella loro oscurità; volendo per sé medesimo onore, gloria, riputazione e restando nascosto dietro la cortina; esercitando sopra i

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due piccoli ragazzi un impero, che nessuna altra per sona può prendere, cercando di renderli scellerati al pari di lui, mentre diventano di giorno in giorno sempre migliori? ecc. Ecco un furbo di una specie stravagante! Fuvvi mai il suo eguale? Il suo scopo è senza dubbio di nuocere alla religione, ed invece la consolida; di distruggere la pietà, e l’aumenta; di farne dei zimbelli, e lo è egli stesso; di infievolire il culto della santissima Vergine, e lo propaga, ecc.

Dimandiamo di nuovo chi è questo impostore. È egli un prete? è una religiosa? è un laico?

NON È UN PRETE. Da molti anni La Salette aveva per curato un vecchio rispettabile, uomo pio, ma semplice di costumi e di favella. Allorché la mattina del 20 settembre i due fanciulli vennero a raccontargli ciò che era accaduto la vigilia, il signor Perrin (era il nome del curato) ne è profondamente commosso, e nella sua semplicità crede poterne ricavare materia pel suo discorso alla messa parrocchiale.

Confondendo le sue lagrime con quelle del suo uditorio, egli racconta le minacce, le doglianze e le promesse della Santissima Vergine; parla della collera del figlio di Dio contro i bestemmiatori, i profanatori della domenica, ecc.; ed in questo modo fa una

prima pubblicazione autentica del falto di La Salette. Non verrà certo in pensiero ad alcuno, che questo buon curato abbia composta questa favola; egli non conosceva né Maximin, che non trovavasi nella di lui parrochia, né Melanie, la quale pel corso di nove mesi, non andò quasi mai alla chiesa. Egli non conosceva neppure il monte alle Baisses. Non aveva mai avuta occasione di salire ad un luogo di così difficile accesso, inabitato e frequentato solamente da pastori per tre o quattro mesi dell’anno. Dieci giorni dopo

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il signor Perrin venne mandato altrove, e gli fu dato a successore un giovane sacerdote del medesimo nome, che veniva dalla distanza di cinque leghe, e quindi era affatto ignaro dell’avvenimento. Si accuserà forse di questo monopolio il signor Mélin curato di Corps? Ma quelli che lo conoscono, e sono in gran numero, sanno che il suo presbitero è lontano 16 chilometri dalla montagna dell’Apparizione; che non conosceva i fanciulli he come due piccoli ignoranti ai quali aveva interdetta la prima comunione. Noi sfidiamo a nominare altri sacerdoti in quest’affare. E d’altronde il sacerdote, preteso autore di questa finzione, non poteva scegliere più malamente né i suoi istrumenti, né il terreno del suo intrigo sacrilego.

Si dirà che sia una religiosa di Corps, la superiora per esempio? Ma questa superiora non ha conosciuti Maximin e Melanie che tre mesi dopò che l’avvenimento era stato pubblicato nel cantone e nei contorni, e non mai forse, senza l’avvenimento, essa avrebbe avuto occasione di occuparsi di loro. Nessuno l’ha in sospetto di avere in alcun modo addottrinato i due fanciulli; essa è quasi mai presente agli interrogatori che subiscono; essa evita anzi saggiamente di parlare con essi o di farli parlare di questo avvenimento.

Infine, sarebbe mai stato un laico l’orditore di questo intrigo? Ma, o egli è cristiano, e deve in allora avere in orrore la frode, la menzogna, il sacrilegio; o egli non è cristiano, ed al contrario un incredulo, e allora a che gli serve il suo dramma? Qual profitto ne ritrae egli? E come, non credendo egli alla religione, e cercando piuttosto di nuocerle, non s’accorge che il suo giuoco, da oltre 20 mesi, serve la causa ch’egli non ama, aumenta una devozione che respinge, una fede che ha abiurata? ecc.

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Per negare la realtà dell’apparizione di La Salette, si ricorrerà ad una nuova supposizione, e si dirà che i due pastorelli sono sotto il peso di una illusione, volontaria, di una allucinazione mentale di corta o di lunga durata? Ma allora si respinge un prodigio per un altro più inesplicabile. Giacché, come ammettere: 1°. Una illusione perfettamente identica in due piccole creature che si conoscono appena, che non sentono alcuna simpatia l’una per l’altra? 2° Una illusione costante, durevole, perseverante, la quale dopo venti mesi li segue dappertutto e li fa ripetere dappertutto

e da tutti le medesime cose? 3° Una illusione talmente chiara e distinta, anzi talmente infallibile che è impossibile di farli cadere in contraddizione sopra la più piccola delle cose che dicono aver vedute, dette, fatte, ed intese? 4°. Una illusione talmente straordinaria, talmente contraria al loro carattere grossolano, al loro spirito incolto, alla loro anima estranea alle emozioni della pietà, che non si può concepirla e supporla con qualche apparenza di ragione, che in un Archimede assorto nella profondità del calcolo, o in una Santa Teresa sollevata alla sublimità dell’estasi e del rapimento? Pretendere di spiegare in questo modo il fatto di La Salette, non è egli volersi sottrarre ad un miracolo per un altro, combattere una realtà per delle chimere e mostrarsi irragionevole per comparire da spi rito forte?

In una parola, da qualunque parte si rivolga, qualunque supposizione faccia, chi vuol negare la verità del fatto entra in un labirinto di difficoltà insormontabili. Per non ammettere la verità del fatto di La Salette, si è costretto ad ammettere dei misteri incredibili; a forza di fare lo spirito forte, si cade nell’assurdità. Quelli che

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cercano un impostore nell’affare di La Salette, sono ridotti ad allegare delle semplici possibilità, spoglie perfino della più leggera probabilità.

Così, anche avanti di passare ad altre prove, noi possiamo di già conchiudere che i fanciulli non sono Re ingannati né ingannatori.

§. IV. La sagacità straordinaria dei due fanciulli a spiegare le difficoltà apposte al loro racconto.

Niente effettivamente di più sorprendete, di più straordinario che il modo pronto, decisivo, perentorio, col quale i piccoli pastori rispondono alle innumerevoli difficoltà che si studia di opporre al loro racconto, sia per il desiderio di essere convinti, sia per una saggia diffidenza per tutto ciò che è meraviglioso, sia per una prevenzione esagerata contro tutto ciò che è miracoloso. Le loro risposte contrastano particolarmente colla loro ruvidezza naturale e colla loro ignoranza soprattutto; esse non si fanno mai aspettare; sono certe, chiare e date con tanta modestia, ed altrettanta sicurezza.

Meno di una mezz’ora della giornata del 19 settembre 1846 ha bastato per imprimere con tratti indelebili nella loro ingrata memoria il racconto lungo e circostanziato che fanno ciascun giorno dopo più di venti mesi; e meno di un minuto basta per suggerir loro la risposta ad una difficoltà anticipatamente preparata e forse lungamente meditata da colui che la propone… Indichiamo qui una risposta di Melanie! al signor abate Lagier, uno dei più terribili scrutatori

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dei due fanciulli. Egli domandava adunque a Melanie: Tu non intendevi il francese; tu non andavi alla scuola: come hai potuto ricordarti ciò che la Dama ti diceva? Ella te lo disse più volte? essa t’insegnò a ben ricordartene?

Melanie. Oh! no, Essa non me lo disse che una sola volta, e me lo son tenuto ben a memoria. E poi quand’anche non comprendessi bene nel ripetere ciò ch’ella m’aveva detto, quelli che sapevano il francese lo avrebbero compreso bene: ciò bastava. E Mélanie si esprimeva in questo con un tuono e con un accento che da se indicavano piena convinzione. Noi riferiremo delle altre risposte che sembrano veramente inspirate, e che sono state sentite in riunioni spesse volte molto numerose è soprattutto bene assortite. Non dimentichiamo che è stato finora impossibile di sorprenderli in contraddizione.

D. La Dama ti ha ingannato, Maximin; essa ti ha predetto una carestia, eppure il raccolto è buono dappertutto.

Maximin. Che m’importa?… essa me lo ha detto ciò risguarda lei. A questa medesima domanda i fanciulli hanno altra volta risposto: Ma se si è fatta penitenza

D. La Dama che voi altri avete veduta è in prigione a Grenoble.

I fanciulli. È ben bravo chi la prenderà.

D. La Dama che tu hai veduta non era che una nube luminosa e brillante. Uno dei due risponde immediatamente: Ma una nube non parla.

Un sacerdote: Tu sei un piccolo mentitore, non ti credo. 76

Maximin, Che m’importa? Io sono incaricato di dirvelo, ma non di farvelo credere.

Un altro sacerdote. Vedi, io non ti credo, sei un mentitore.

Maximin con vivacità: Allora perché venite così da lontano per interrogarmi?

Noi stessi essendo il 26 agosto 1847 sul luogo della apparizione con trenta o quaranta pellegrini che ci avevano accompagnati, facemmo ripetere ai piccoli fanciulli tutta la scena del 19 settembre 1846. Arrivati alla croce dell’assunzione, luogo della disparizione, Melanie ci racconta la maniera colla quale la Dama disparve. Un curato de la Vallouise nella diocesi di Gap l’interrompe per dirle:

D. La Dama scomparve in una nube.

Melanie. Non vi era nube alcuna.

Il curato insiste: Ma è facile l’involgersi in una nube e scomparire.

Melanie con vivacità: Involgetevi voi in una nube e scomparite. E Melanie discomparve dal mezzo della folla attonita, dicendo: LA MIA MISSIONE È FINITÀ.

L’abate Albertin, professore del gran seminario di Grenoble: Non ti annoi il mio ragazzo di dover ripetere tutti i giorni la medesima cosa?

Maximin. E voi, o signore, non vi annoiate di dire tutti i giorni la Messa?

Il signor abate Repellin, professore del piccolo seminario di Embrun; il signor Bellier, missionario di Vallenza, ed altri personaggi commendevoli, attestano, esser loro state fatte delle risposte ancor più sorprendenti.

L’abate Repellin ci scriveva il 19 novembre 1847.

Si è in compagnia del signor curato di Serres (diocesi 77

di Gap) che feci il mio pellegrinaggio a La Salette. Era l’otto di settembre; noi visitammo le località. Fummo soddisfatti di questi siti pittoreschi e propizi alle meditazioni religiose.

L’affluenza de’ pellegrini in quel giorno, la testimonianza della gente del paese, dei padroni di Melanie e di una delle sue piccole compagne, l’impressione del luogo, aprirono l’animo mio ad una completa confidenza. Il giorno susseguente vedemmo i fanciulli e li trattenemmo successivamente per circa tre ore. Essi risposero alle nostre domande nel modo che sapevamo aver essi risposto a molti altri. Solamente quando domandai alla ragazza se il personaggio meraviglioso che aveva veduto non potesse essere un cattivo spirito che cercasse seminare la discordia nella Chiesa, essa mi rispose, come aveva risposto ad altri. Ma, signore, il demonio non porta la croce. — Proseguii, ma, la mia fanciulla, il demonio ha portato nostro Signore sul tempio, sulla montagna; potrebbe ben anche portare la sua croce. No, signore, diss’ella con una certa sicurezza, no, il buon Dio non lascerebbe portar così la sua croce. Si è sulla croce che Egli è morto. – Ma si è lasciato portare lui stesso. – Ma si è col mezzo della croce che ha salvato il mondo. La franchezza di questa fanciulla, la profondità di questa risposta, della quale non ne sentiva forse la bellezza, mi ammutolirono.

Il vostro Angelo Custode, sa egli il vostro secreto, o Melanie? – Sì, signore – Vi è dunque qualcuno che lo sa? – Ma il mio Angelo Custode non è del popolo. – Se gli Angeli Custodi lo sanno, finiremo, a saperlo anche noi. – Fatevelo dire, riprese ella sorridendo e levando le spalle

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Ecco una circostanza singolare relativamente al piccolo Maximin. Quando noi eravamo a Corps, erano quattro o cinque giorni, che questo vivace fanciullo era andato alla rappresentazione della Passione, data da comici ambulanti. Al suo ritorno, Maximin, un poco più animato del solito, disse ad una sorella: Oh! mia sorella, ho veduto qualche cosa del mio segreto. E ripeté questa espressione tre o quattro volte il giorno susseguente. Ma non volle mai dir altro. Questa sorella mi parlò di questo incidente, sul quale già ne aveva tenuto discorso col fanciullo. Lo richiamai. – Maximin, gli dissi, tu devi qui dire la verità avanti al buon Dio che ti giudicherà. Tu hai manifestato qualche cosa del tuo segreto, il mio ragazzo? – Io, signore, ho detto nulla… – Non sei andato tu l’altra sera alla rappresentazione della passione? Sì, signore, vi sono an dato. – Non hai tu detto al tuo ritorno a quella signora che era qui poco fa, che tu avevi veduto qualche cosa del tuo segreto? – Sì, signore, gli ho detto questo. – Il tuo secreto riguarda adunque la passione del nostro Signore? – Ah! ciò risguarda questa od altra cosa. – Ma giacché sei andato a questa rappresentazione, ciò deve risguardare quello che hai veduto? – Ma voi non sapete ciò che ho veduto avanti, durante o dopo la rappresentazione. – Ma potrei saperlo, informandomi dalla gente che ti hanno veduto quando andavi, che ti hanno veduto alla rappresentazione, e che ti hanno veduto al tuo ritorno. – Fate il possibile per saperlo, signore. – A questa risposta precisa e pronta noi non seppimo più cosa aggiungere, noi riconobbimo che era impossibile di riunire tutte queste circostanze e di scoprire quella che poteva aver rapporto a qualche cosa del suo secreto. Ci sembrò che Dio solo

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poteva ispirare questo modo di esprimersi a dei ragazzi.

Quindi è che, per quanto storditi abbiano potuto sembrare in certi incontri, e malgrado alcune difficoltà che si presentano nelle profezie, io sono inclinatissimo a credere. La mia adesione è una consolazione per me; ed è anche una conseguenza delle mie ricerche; non posso ammettere come verosimile né l’ipotesi di una speculazione, né quella di una intervenzione diabolica. La testimonianza ingenua di questi fanciulli, il concorso dell’anniversario, sono delle presunzioni molto forti.

Aggiungete a ciò la guarigione d’Avignone, che mi è stata confermata dall’elemosiniere delle dame di S. Giuseppe.

Maximin ha dato delle risposte quasi simili ad altri sacerdoti. In molte case rispettabili, che noi potremmo nominare, si fece entrare tutto ad un tratto Melanie, fu messa davanti ad una dama che essa non aveva mai veduta, e gli si disse: la Dama che tu hai veduta era essa più grande, o più piccola di questa. Melanie rispose senza esitanza: Ella era più grande. Si fece entrare in seguito Maximin, e gli si fece la medesima domanda, e rispose immediatamente; essa era più grande.

Il giorno susseguente il 19 settembre 1846 il maire di La Salette interrogò Melanie, rimasta sola in paese, e qualche giorno dopo Melanie, unitamente con Maximin, che era stato chiamato; senza credere ancora alle loro deposizioni, ma senza però respingerle, li esorta, li prega, loro impone di conservare il silenzio sopra questo avvenimento, ed immediatamente in fanciulli gli rispondono: Noi non possiamo astenerci di dire ciò che abbiamo veduto, ciò che abbiamo inteso ci è stato ordinato di dirlo. Questi fanciulli s’ immaginavano essi che tenessero il linguaggio degli Apostoli citati avanti

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al Sinedrio, coll’intimazione di tacere? Il signor Perrin, il nuovo curato di La Salette, era presente a questo secondo interrogatorio fatto dal maire.

ARTICOLO SECONDO.

IL FATTO DI LA SALETTE AMMESSO NEI LUOGHI MEDESIMI OVE È ACCADUTO.

Se è permesso di paragonare le cose di poco momento alle grandi, il fatto di La Salette concorda col più grande dei miracoli, col miracolo della risurrezione del Salvatore. Esso è stato creduto nei luoghi medesimi ove era più facile di smentirlo, di contraddirlo, di dimostrarne la falsità, l’illusione, la soperchieria.

Gli abitanti di Corps e di La Salette conoscevano i luoghi dell’azione ed i fanciulli. Essi non sono mancanti né di senso, né di giudizio. E dopo i dubbi, le esitazioni, ed i motteggi finiscono col credere e credono tuttora.

Un fatto materiale che noi non qualifichiamo, ma che ha vivamente colpito gli spiriti sino dai primi giorni, che contribui specialmente ad accreditare il racconto dei fanciulli, che dissipò ben presto tutti i dubbi, è quello che la fontana presso della quale si era riposato la bella Dama, cominciò subito dopo l’apparizione a zampillare ed emettere un’acqua chiara e limpida. Ora questa fontana era conosciuta da molto tempo dai pastori che frequentano quel pascolo, come intermittente; essa non dava acqua, come lo attestarono e come

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l’attestano ancora moltissimi del paese, se non dopo le grandi piogge e dopo lo scioglimento delle nevi. D’allora in poi, vale a dire, da venti mesi la fonte non ha cessato di dar acqua senza interruzione, il che prima ordinariamente non avveniva. Essa è perciò in gran venerazione tanto in paese che presso i pellegrini; tutti vogliono bevere di quell’acqua arrivando sopra la montagna; tutti ne prendono per portarla al loro paese. Se ne fa domanda da tutte le parti; gli ammalati ne bevono, ed è all’uso di quest’acqua, come pure alle preghiere, novene e buone opere fatte in onore di Nostra Signora di La Salette, che si attribuiscono da per tutto le numerose guarigioni, delle quali si parlerà in seguito.

Non solamente gli abitanti di Corps, di La Salette, di tutto il cantone e dei contorni, hanno creduto all’apparizione ai due piccoli pastorelli; ma ne sono stati colpiti, commossi, spaventati; ma si sono convertiti; hanno cessato di lavorare la domenica, di bestemmiare, ecc.; ma frequentano la chiesa, accorrono alla voce dei loro pastori, s’accostano ai sacramenti, ed adempiono con edificazione il precetto della Pasqua fino a quel momento generalmente negletto. La voce dei due piccoli fanciulli ignoranti avrebbe essa potuto produrre questo meraviglioso cambiamento, se non fosse stata riconosciuta come partita dal cielo?

Chi non sa quanto il popolo tanto avido di tutte le novità che lusingano i suoi interessi temporali, la sua curiosità, i suoi pregiudizi e le sue passioni, sia poco disposto ad adottare di slancio e senza esame qualunque fatto che combatta le sue sregolate tendenze? Solo adunque una profonda convinzione, solo essa ha

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potuto operare questo sublime ritorno alla religione ed ai buoni costumi, ritorno che fino allora non si era mai potuto ottenere. Bisogna aggiungere a loro lode, che si sono convertiti avanti che la commozione generale prodotta dal fatto, chiamasse un così prodigioso concorso di pellegrini; essi non previdero, né poterono prevedere l’effetto straordinario prodotto dal racconto così semplice di due poveri pastorelli delle loro montagne.

ARTICOLO TERZO.

IL RACCONTO DEI FANCIULLI, OVVERO IL FATTO DI LA SALETTE AMMESSO DA MIGLIAIA DI PERSONE ACCORSE SUL LUOGO DA OGNI PARTE.

Di pochi fatti risuonò la fama più prontamente, a maggior distanza e più universalmente. Gli abitanti di Corps, del cantone e dei contorni sono stati i primi pellegrini di La Salette; ma essi sono stati immediatamente seguiti da migliaia di stranieri, che, al primo annunzio dell’apparizione, si sono messi in viaggio ed hanno volato verso la celebre montagna. Nel loro numero vi si trovavano dei personaggi gravi, istruiti, per nulla portati all’entusiasmo, anzi armati di una saggia diffidenza ed animati dal solo desiderio di conoscere la verità.

Vi furono dei sacerdoti, degli avvocati, dei medici, delle persone di condizioni elevate. Essi interrogarono,

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scandagliarono i fanciulli, esaminarono le località e generalmente sono tornati convinti; appena potrebbesi citare qualche eccezione, ed ancora questa eccezione cadrebbe sopra persone che non avevano una convinzione religiosa ben pronunciata. E fra queste persone, capaci di giudicare in simile materia, potremmo noi ommettere di citare il venerabile e dotto vescovo della Rochelle, accorso da duecento leghe per vedere ed ascoltare i fanciulli? Ritornato alla sua diocesi, questo gran prelato scriveva a monsignor vescovo di Grenoble: SONO RITORNATO CON UNA CONVINZIONE CHE S’IDENTIFICA COLL’EVIDENZA. Noi potremmo citare

ancor un gran numero di sacerdoti egualmente distinti, non solo pei loro lumi e per le loro virtù, ma ancora per l’elevata loro posizione nella Chiesa. Noi potremmo citare in fine delle persone del gran mondo, desiderose di giudicare del fatto da sé stesse; tutte presso a poco ritornarono edificate e convinte.

Ma che diremo dei cento mila pellegrini, i quali in questo primo anno si sono trasferiti a La Salette con lo stesso ardore di devozione e di confidenza col quale si trasferiscono ai santuari i più venerati ed i più antichi? Qual è la potenza invisibile, la quale in un medesimo giorno (era il 19 settembre dell’anno 1847, anniversario dell’apparizione) ne ha riuniti sessantamila sulla montagna? E questi pellegrini d’ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione ed anche di ogni nazione presentavano lo spettacolo il più sorprendente, il più magnifico che si possa vedere. Non il più piccolo disordine in quella moltitudine; non soldati, non agenti di polizia per prevenire od impedire i delitti che si commettono cosi frequentemente nelle riunioni numerose, alle quali la religione non presiede. Qui si prega,

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si cantano dei cantici, e si praticano tutti gli esercizi di pietà. Eppure la natura non offre nessuna attrattiva sopra quel monte nudo, dirupato, spesso infocato, e più frequentemente freddo e nebbioso. Nessun santuario per orarvi, nessun tetto per mettersi al coperto; niente che colpisca i sensi, niente che esalti l’immaginazione, la natura sola vi si presenta nella sua imponente maestà.

Quattro gendarmi erano stati mandati sopra luogo per misura di prudenza. La loro presenza non è stata utile che per mantener l’ordine e far aprire un passaggio nel mezzo di una folla compatta, alle persone che volevano avvicinarsi alla santa mensa, o sentire la Messa, o attingere dell’acqua alla meravigliosa fontana. Non ebbero a reprimere alcun disordine. Sembravano essere sul luogo per rendere servigio al clero ed ai pellegrini. Al bisogno il signor Peytart maire, il brigadiere di Corps, 250 ecclesiastici all’incirca frammisti a quella immensa folla, attesteranno come hanno attestato, che nessun inconveniente turbò quella imponente riunione di pellegrini.

Pure fino a quel momento l’autorità ecclesiastica si era saggiamente astenuta di parlare, il clero si era tenuto silenzioso sopra un fatto che echeggiava in tutta la Francia e ne’ paesi esteri: l’Italia, la Svizzera, la Spagna, il Belgio, l’Inghilterra. Ma le popolazioni prendendo l’iniziativa, e mosse da una potenza invisibile, si mettono da ogni parte in movimento, coprono tutte le strade, salgono la montagna, pregando, piangendo, cantando; e dopo diverse ore passate su quelle selvatiche sommità ridiscendono piene di gioia, di confidenza e di riconoscenza. Buon numero di pellegrini si spogliano per devozione di oggetti preziosi, promettono

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dei doni pel nuovo Santuario, che desiderano di vedere eretto in onore di quella che hanno invocata come la salute degli infermi, il rifugio de’ peccatori, la consolatrice degli afflitti, il soccorso de’ Cristiani.

Questo movimento universale e spontaneo delle popolazioni non sarebbe esso la voce di Dio? Vox populi, vox Dei.

Aggiungiamo che in quel giorno, felice e solenne anniversario dell’apparizione, da 50 a 60 mila persone partite da tutti i punti anche i più lontani hanno formato la più bella deputazione che la Francia ed i paesi circonvicini abbiano inviata alla Regina del Cielo.

Inimici di ogni esagerazione in una materia così grave, noi non pronunciamo che questo numero, quantunque molti sacerdoti e laici istruiti, testimoni oculari, lo facciano salire ad ottanta mila ed anche più. In quella immensa folla si trovavano degli ingegneri, accostumati al calcolo delle, masse, che coprono una certa superficie

di terreno. Si è dietro il loro colpo d’occhio ed il loro giudizio che ci siamo attenuti a quel numero, sicuramente di già prodigioso.

Siccome il giorno anniversario era una domenica, monsignor arcivescovo di Grenoble, per non esporre questa moltitudine a mancare della Messa, aveva permesso la celebrazione dei santi Misteri. Da trenta a quaranta volte l’incruento Sacrificio fu offerto; delle migliaia di pellegrini fecero la comunione in una cappella costruita in fretta di semplici tavole, ed interamente aperta sul davanti, affinché da tutte le parti si potessero più facilmente vedere i sacerdoti, che si succedevano senza interruzione ai due altari.

Sino dalla vigilia, 1500 persone circa erano salite sulla montagna, malgrado la pioggia, il freddo, la

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nebbia, ed avevano passata la notte esposte alle ingiurie dell’aria, che la pietà fece loro sopportare coraggiosamente. Ma quanto fu bella, il giorno susseguente, la processione che incominciò ad un’ora dopo mezzanotte, al chiarore di fiaccole! copri durante tutta la giornata, i sedici chilometri da Corps alla montagna, e ad ogni ora versava quattro o cinque mila nuovi pellegrini in quel tempio, del quale il cielo costituiva la vôlta, ed il recinto abbracciava tre montagne! Diciamo adunque: tutta questa affluenza di popolo è dessa il zimbello d’una abbominevole impostura, d’una deplorabile illusione, d’una infernale macchinazione? E in questa folla compatta non vi erano se non degli ignoranti, della gente grossolana e superstiziosa? Non vi si distinguevano più di 250 sacerdoti, delle centinaia di laici istruiti, delle centinaia d’uomini mossi da una convinzione profonda e ponderata?

Un sacerdote mio amico, che faceva parte dell’immenso concorso di quel giorno, alzando la voce dal mezzo di quella folla, non poté trattenersi dall’esclamare: Se la santa Vergine non è apparsa sopra questa montagna, essa è in obbligo di farsi vedere quest’oggi. Se essa non si fa vedere, è una prova che già vi apparve. Tutti quelli che poterono sentire questa esclamazione, vi risposero col medesimo slancio: Sì, è vero. La fama del fatto di La Salette era già, fin dal principio, pervenuta sino alle alte regioni del potere. Avvertito dalla voce pubblica, egli aveva fatto assumere delle informazioni segrete; aveva fatto interrogare i fanciulli, aveva mandato sul luogo i suoi agenti; aveva cercato di trattenere, di impedire od almeno di diminuire la pubblicità del fatto.

Dei giornalisti abitualmente ostili alla religione, ave- 87

vano annunciato il fatto di La Salette come un attentato all’ordine pubblico; lo avevano denunciato come un delitto degno della vendetta de’ Tribunali; l’aveyano

dipinto come una sacrilega furberia del clero, degna di ogni punizione., Ebbene! da tutto questo fracasso, che ne è risultato? L’autorità si è tenuta in silenzio, i suoi agenti subalterni hanno cessato le loro pratiche; i giornali irreligiosi hanno spenti i loro fuochi; questa spaventevole fantasmagoria disparve, ed il fatto di La Salette è rimasto; le popolazioni continuano il loro movimento verso la montagna, il numero dei credenti va sempre crescendo, e quello degli increduli sempre più diminuendo.

Dopo ciò non avremmo noi il diritto di esclamare: il dito di Dio è qui, Digitus Dei est hic?

ARTICOLO IV.

CONSEGUENZE STRAORDINARIE DEL FATTO DI LA SALETTE CHE NE SONO DIVENUTE LA PROVA

Il fatto di La Salette è indubbiamente un’apparizione della santissima Vergine, se il Cielo si è dichiarato in suo favore, confermandolo e col mezzo di miracoli strepitosi, in gran numero, pubblici, bene e debitamente constatati, e col mezzo di grazie straordinarie, di segnalate conversioni, ec. In una parola, il fatto di La Salette è divino, se Iddio ha operato per confermarlo dei veri miracoli e nell’ordine della natura, e nell’ordine della grazia.

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Sotto questo articolo, nel testo originale, si dă il racconto di molti miracoli che avvennero tanto nell’ordine della NATURA, quanto nell’ordine della GRAZIA dietro l’invocazione della Beata Vergine di La Salette e dopo l’uso dell’acqua della prodigiosa fonte. Vi si aggiungono tutte le pezze giustificative, che vennero prodotte nei singoli processi istituiti per riconoscere la verità di quei fatti, e riportarne la canonica approvazione dai rispettivi Ordinari.

La dettagliata narrazione di que’ miracoli e la pubblicazione di que’ documenti, non che di altri che si stamparono posteriormente nel 1850 sotto il titolo di Nuovi documenti sopra l’avvenimento di La Salette era indispensabile qual corredo del rapporto della Commissione di inquisizione ordinata da Monsignor Vescovo di Grenoble, onde la competente autorità potesse pronunziare un ponderato e definitivo giudizio. Ora un tale giudizio è stato proferito con Mandamento o Decreto emanato da Monsignor Vescovo il 19 settembre 1851; questo Mandamento o Decreto è desso solo tal documento che basta a recidere ogni dubbio, a stabilire la morale certezza de’ miracolosi avvenimenti.

È per questo che, dandosi in questa versione fedelmente tradotto quel Mandamento, da cui chiara emerge la verità dell’Apparizione della Beata Vergine sul monte di La Salette, qui solo si aggiunge un semplice elenco dei principali miracoli accaduti in dodici diocesi della Francia.

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MANDAMENTO

DI MONSIGNOR VESCOVO DI GRENOBLE COL QUALE AUTORIZZA

L’EREZIONE DI UN NUOVO SANTUARIO A MARIA SULLA MONTAGNA DI LA SALETTE.

FILIBERTO DI BRUILLARD

per la divina Misericordia e per la grazia della S.a Sede apostol. Vescovo di Grenoble,

Al clero ed ai fedeli della diocesi, salute e benedizione nel Nostro Signore Gesù Cristo.

Carissimi Fratelli,

Un avvenimento dei più straordinari e che dapprima sembrava incredibile, Ci fu annunciato cinque anni sono, siccome accaduto su di una montagna della nostra diocesi. Non si trattava nientemeno che di una apparizione della Santa Vergine, che si diceva essersi presentata a due pastori (1) il giorno 19 settembre 1846.

(1) Maximin Giraud, nato a Corps il 27 agosto 1835; e Melanie Mathieu, nata a Corps il 7 novembre 1851. 90

Ella gli avrebbe intrattenuti delle disgrazie che minacciavano il suo popolo, principalmente per le bestemmie e per la profanazione delle domeniche, ed avrebbe confidato a ciascheduno di essi un particolare segreto, con proibizione di comunicarlo a chi che sia.

Malgrado il candore naturale dei due pastori; malgrado l’impossibilità di un accordo tra due fanciulli ignoranti e che appena si conoscevano; malgrado la costanza e la fermezza della loro testimonianza, che non ha variato giammai, né al cospetto dell’umana giustizia, né innanzi alle migliaia di persone che hanno esauriti tutti i mezzi di seduzione per farli cadere in contraddizione, o per ottenere la rivelazione del loro segreto; Noi abbiamo dovuto per lungo tempo mostrarci difficili ad ammettere siccome incontrastabile un avvenimento che ci sembrava così meraviglioso. La Nostra precipitazione sarebbe stata non solo contraria alla prudenza che il grande Apostolo raccomanda ad un vescovo, ma atta più a fortificare le prevenzioni dei nemici di nostra fede e di tanti cattolici che non lo sono più, per così dire, che di nome. Quindi, mentre un gran numero di anime pie accoglieva con grande sollecitudine questo fatto, Noi andavamo con diligenza in traccia dei motivi, che sarebbero stati atti a farcelo rigettare, se non doveva essere ammesso. Abbiamo altresì finora affrontato il biasimo, di cui nou ignoravamo di potere essere imputati da

parte di persone, certo le meglio intenzionate, ma che forse Ci accusavano di indifferenza od anche di incredulità sopra questo punto. Del resto Noi sappiamo che la religione di Gesù Cristo non abbisogna di questo fatto particolare per confermare la verità di mille altre apparizioni celesti, che non si saprebbero rigettare, senza una disposizione al

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l’empietà ed alla bestemmia in rapporto all’antico ed al nuovo Testamento. Il Nostro silenzio, è vero, non era l’effetto di un vano timore incusso dalle declamazioni, delle quali certi spiriti facevano risuonare la Francia, in riguardo a questo fatto, come in riguardo a molti altri che interessano la religione. No, tal silenzio proveniva dall’avviso dello Spirito Santo, il quale insegna che colui che crede con troppa prestezza è uno spirito leggiero: Qui credit cito, levis est corde (Eccl. XIX, 4). Questo è ciò che Ci imponeva il dovere della più severa circospezione, atteso principalmente la Nostra qualità di primo pastore.

Dall’altra parte eravamo strettamente tenuti a non riguardare come impossibile un avvenimento che il Signore (chi oserebbe negarlo?) aveva ben potuto permettere per la sua gloria; imperocché il suo braccio non si è accorciato e la sua possanza in oggi è la medesima che nei secoli passati.

Abbiamo anche spesse volte meditato a piedi dell’altare quelle parole che il grande Apostolo indirizzava ad un santo vescovo da lui medesimo ordinato: «Se non crediamo, egli rimane fedele, non può negare sé stesso: Si non credimus, ille fidelis permanet; negare seipsum non potest (2. Tim. II, 13). Dà questi avvertimenti ai fedeli e rendi testimonianza alla verità innanzi al Signore. Non perdere perciò il tempo a disputare di parole, imperocché ciò non è buono che a pervertire coloro che le ascoltano» (Ibid., v. 14 e 15).

Mentre il Nostro incarico episcopale Ci faceva un dovere di temporeggiare, di riflettere e di implorare con fervore i lumi dello Spirito Santo, il numero prodigioso dei fatti che da tutte parti si pubblicavano, andavano ogni giorno aumentando, si annunciavano guarigioni

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straordinarie avvenute in diversi luoghi della Francia ed all’estero anche in paesi assai lontani. Si trattava di ammalati privi d’ogni speranza di guarigione, e condannati dai medici ad una morte vicina o a perpetua infermità, i quali si dicevano resi a perfetta salute, in conseguenza della invocazione di nostra Signora di La Salette e per l’uso che avevano fatto con fede dell’acqua di una fontana, presso la quale la regina del cielo era apparsa ai due pastori. Sino dai primi giorni Ci era stato parlato di cotesta fonte. Eravamo stati assicurati che era dessa intermittente, e non gettava acqua, se

non dopo lo scioglimento delle nevi o dopo piogge abbondanti. Ella era asciutta il 19 settembre; il giorno dopo cominciò a zampillare e da quell’epoca l’acqua scorre senza interruzione. Acqua meravigliosa se non nella sua origine, certamente nei suoi effetti!

Numerose relazioni tanto sull’avvenimento di La Salette quanto sulle prodigiose guarigioni, che gli hanno tenuto dietro, Ci erano pervenute e Ci pervengono dai luoghi vicini e dalle diverse diocesi, le une manoscritte, stampate le altre. Una di queste relazioni è dettata da uno de’ nostri venerabili colleghi, che si è trasferito dalle rive dell’Oceano sulla detta montagna ed ha per quasi un intero giorno paternamente conversato coi due pastori (1).

Un altro fatto che Ci parve quasi prodigioso, è l’affluenza appena credibile, e nondimeno superiore ad ogni contestazione, che ha avuto luogo in diverse epoche su quella montagna, e principalmente nel giorno anniversario dell’apparizione: affluenza divenuta più sorprendente e per la lontananza dei luoghi e per

(1) Monsignore vescovo della Rochelle. 93

le altre difficoltà che presenta siffatto pellegrinaggio.

Scorsi appena alcuni mesi dopo l’avvenimento, avevamo digià consultato il Nostro Capitolo ed i professori del Nostro Seminario maggiore, ma dietro tutti i fatti indicati qui sopra, ed altri molti, che troppo lungo sarebbe l’enumerare, giudicammo conveniente di istituire una numerosa Commissione, composta di uomini per pietà e dottrina commendevolissimi, i quali dovessero con riflessione esaminare e discutere il fatto dell’apparizione e delle sue conseguenze. Le sedute di questa Commissione si tennero alla Nostra presenza. I due pastori, che si dicevano favoriti dalla visita della celeste Messaggera, vi furono separatamente e simultaneamente interrogati. Le loro risposte sono state ponderate e discusse. Tutte le obbiezioni che si potevano opporre ai fatti raccontati sono state liberamente presentate. Uno dei Nostri vicari generali, che era stato da Noi incaricato di raccogliere tutti i fatti, lo è stato parimente di render conto delle sedute della Commissione e di registrare le risposte alle obbiezioni.

Questo lavoro coscienzioso ed imparziale intitolato: La verità dell’avvenimento di La Salette che è stato stampato e munito della Nostra approvazione fa vedere sin a qual punto si è spinta l’attenzione e prolungato l’esame.

Benché la Nostra convinzione fosse di già intiera e chiara alla fine delle sedute della Commissione, che terminarono il 13 dicembre dell’anno 1847; non abbiamo ancora voluto pronunciare un giudizio definitivo sopra un fatto di sì grande importanza.

Tuttavia l’opera del signor abate Rousselot ricevette ben tosto l’adesione e riunì i voti di molti vescovi e di un gran numero di persone eminenti per scienza e per pietà.

Abbiamo saputo che questo libro era stato tradotto in

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tutte le lingue d’Europa. Nello stesso tempo ed in diverse contrade comparvero intorno a quel medesimo fatto molte opere nuove, pubblicate da uomini commendevoli, espressamente venuti sui luoghi a ricercarne la verità. Il concorso dei pellegrini non si diminuiva. -Personaggi autorevoli, vicari generali, professori in teologia, sacerdoti e laici distinti vennero da molte centinaja di leghe ad offrire alla Vergine potente e piena di bontà i divoti loro sentimenti di amore e di riconoscenza per le guarigioni, ed altri beneficii che avevano ottenuti. Questi fatti prodigiosi non cessano di essere attribuiti all’invocazione di Nostra Signora di La Salette, e sappiamo che molti di essi sono riguardati dai vescovi, nelle cui diocesi avvennero, siccome veramente miracolosi. Tutto ciò è provato in un secondo volume pubblicato dal signor Rousselot nel 1850, e che ha per titolo: Nuovi documenti sull’avvenimento di La Salette. L’autore avrebbe potuto aggiungere che illustri prelati della Chiesa predicavano l’apparizione della Santissima Vergine; che in molti luoghi, coll’approvazione almeno tacita dei nostri venerabili colleghi, alcune persone pie avevano fatto costruire delle cappelle di già assai frequentate, sotto il titolo di Nostra Signora di La Salette, o avevano fatto collocare nelle Chiese parrocchiali delle belle statue in di lei onore; che finalmente numerose domande venivano indirizzate per l’erezione di un Santuario, che perpetuasse la memoria di questo grande avvenimento.

Si sa che non sono mancati i contraddittori. E qual verità morale, qual fatto umano, od anche divino ne andò esente? Ma per cangiare la Nostra credenza intorno ad un avvenimento così straordinario, così inesplicabile, senza l’intervento divino, tutte le circo-

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stanze del quale e le conseguenze si riuniscono per mostrarci il dito di Dio, Ci sarebbe stato necessario un fatto contrario, altrettanto sorprendente ed inesplicabile quanto quello di La Salette, od almeno tale che lo spiegasse in un modo naturale. Ora ecco quello che non Ci fu dato trovare, e quindi altamente pubblichiamo la Nostra convinzione.

Noi abbiamo raddoppiate le nostre preghiere, supplicando lo Spirito Santo ad assisterci ed a comunicarci i suoi lumi divini. Abbiamo egualmente invocata con tutta fiducia la protezione dell’Immacolata Vergine Maria Madre di Dio, riguardando come uno dei Nostri più dolci e più sacri doveri il nulla omettere di ciò che potesse contribuire ad aumentare la divozione dei fedeli verso di lei, e a farci attestare la Nostra gratitudine pel favore speciale, di cui sarebbe stata oggetto la Nostra diocesi.

Del resto abbiamo sempre conservata la disposizione d’animo di contenerci scrupolosamente nelle sante regole che la Chiesa ci ha dettate colla penna de’ suoi più saggi dottori, ed anche di riformare su questo fatto, come su tutti gli altri, il Nostro

giudizio, ogni qual volta la cattedra di S. Pietro, la madre e la maestra di tutte le Chiese, stimasse pronunciare un giudizio contrario al Nostro.

Noi eravamo in tali disposizioni, ed animati da questi sentimenti, allorché la divina Provvidenza Ci ha fornito l’occasione di ingiungere ai due privilegiati fanciulli di far pervenire il loro segreto al beatissimo nostro Padre il papa Pio IX. Al nome del Vicario di Gesù Cristo i pastori hanno compreso che doveano obbedire. Essi si sono decisi a rivelare al Sommo Pontefice un secreto, che avevano sin allora conservato con una costanza invincibile, e che nulla aveva potuto

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loro strappare. L’hanno dunque scritto essi medesimi e ciascheduno separatamente, quindi piegarono e suggellarono la loro lettera alla presenza di persone riguardevoli elette da Noi a servire loro da testimoni. Dipoi inviamme due sacerdoti che godono di tutta la Nostra confidenza, a portare a Roma questo misterioso dispaccio. In questo modo cadde l’ultima obbiezione che si faceva contro l’apparizione: cioè che non vi fosse secreto, o che questo secreto fosse senza importanza, anzi puerile, e tale che i fanciulli non avrebbero voluto farlo conoscere alla Chiesa.

Per queste ragioni,

Appoggiandoci ai principii insegnati dal Pontefice Benedetto XIV; e seguendo le norme tracciate da lui nell’immortale sua opera della beatificazione e della canonizzazione dei Santi (lib. II, cap. XXXI, n. 12);

Veduta la relazione del signor abate Rousselot, uno dei Nostri vicari generali, e stampata sotto questo titolo: La verità sull’avvenimento di La Salette, Grenoble 1848;

Veduti anche I nuovi documenti sull’avvenimento di La Salette, pubblicati dallo stesso autore nell’anno 1850; l’una e l’altra opera corredata della Nostra approvazione;

Udite le discussioni e i diversi giudizi che si sono espressi innanzi a Noi intorno a questo affare nelle sedute dei giorni 8, 15, 16, 17, 22 e 29 novembre, 6 e 13 dicembre

1847;

Visto parimenti od inteso ciò che è stato detto o scritto da quell’epoca in poi pro e contro l’avvenimento;

Considerando in primo luogo l’impossibilità in cui Ci troviamo di spiegare il fatto di La Salette altrimenti che per mezzo dell’intervento divino, sotto qualunque aspetto che da Noi il si ravvisi, sia in sé stesso, sia nelle sue circostanze, sia nel suo fine essenzialmente religioso;

Considerando in secondo luogo, che le meravigliose conseguenze del fatto di La Salette, sono le testimonianze di Dio medesimo che si manifesta coi miracoli, e che cotesta testimonianza è superiore a quella degli uomini ed alle loro obbiezioni;

Considerando che questi due motivi presi separatamente ed a più forte ragione riuniti devono signoreggiare tutta la questione, e togliere ogni specie di valore a delle pretensioni o supposizioni contrarie, delle quali Noi dichiariamo avere una perfetta conoscenza;

Considerando infine, che la docilità e la sommissione agli avvertimenti del cielo, può preservarci dai nuovi castighi da cui siamo minacciati, nel mentre che una resistenza prolungata di troppo può esporci a mali senza rimedio;

Sulla domanda espressa di tutti i membri del venerabile Nostro Capitolo e della grandissima maggioranza dei sacerdoti della Nostra diocesi;

Ed altresì per soddisfare alla giusta aspettazione di un sì gran numero di anime divote, tanto della nostra patria, che stranieri, le quali stanche di più attendere potrebbero rimproverarci di tenere vincolata la verità; Invocato di nuovo lo Spirito Santo e l’assistenza della Vergine Immacolata,

Dichiariamo quanto segue,

ART. 1. Noi giudichiamo che l’apparizione della Santa Vergine ai due pastori, avvenuta il giorno 19 settembre 1846 sopra una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia di La Salette, dell’arcipretura di Corps, racchiude in sé stessa tutti i caratteri della verità, e che i fedeli possono crederla indubitabile e certa.

ART. 2. Noi crediamo che questo fatto acquisti un nuovo grado di certezza dall’immenso e spontaneo concorso de’ fedeli, sul luogo dell’apparizione, come dalla moltitudine dei prodigi che sono stati la conseguenza del detto avvenimento, e dei quali è impossibile il rivocarne in dubbio un grandissimo numero, senza violare le regole dell’umana testimonianza.

ART. 3. Affine pertanto di manifestare a Dio ed alla gloriosa Vergine Maria la viva Nostra riconoscenza, autorizziamo il culto di Nostra Signora di La Salette; permettiamo di predicarlo e di dedurne le pratiche e morali conseguenze, che emanano da questo grande avvenimento.

ART. 4. Nulla di meno proibiamo di pubblicare alcuna formola particolare di preghiera, alcun cantico, alcun libro di divozione senza avere prima ottenuta la Nostra approvazione in iscritto.

ART. 5. Proibiamo espressamente ai fedeli ed ai sacerdoti della Nostra diocesi di giammai insorgere pubblicamente o a viva voce o cogli scritti contro il fatto che in oggi pubblichiamo, e che d’ora in poi esige da tutti rispetto.

ART. 6. Noi abbiamo comperato il terreno favorito dalla celeste apparizione. Noi ci proponiamo di costruirvi tosto una chiesa che sia un monumento della misericordiosa bontà di Maria verso di noi e della nostra gratitudine verso di lei. Abbiamo anche

formato il progetto di stabilirvi un ospizio, per ricoverarvi i pellegrini. Ma siccome siffatte costruzioni in un luogo, di un accesso difficile e sprovveduto d’ogni mezzo esigono considerevoli spese, perciò Ci appoggiamo al generoso concorso dei sacerdoti e dei fedeli non solo della nostra diocesi, ma della Francia e dell’estero.

Quindi non esitiamo a far loro un appello, tanto più pressante perché di già ci sono pervenute numerose promesse, ma tuttavia insufficienti per l’opera da intraprendersi. Noi preghiamo le persone divote, che vorranno venirci in aiuto, ad indirizzare le loro offerte all’ufficio del segretario della Nostra curia. Una commissione composta di sacerdoti e di laici, è incaricata di sorvegliare le costruzioni e l’impiego delle offerte.

ART. 7. Finalmente, siccome il fine principale dell’apparizione è stato di richiamare i cristiani all’adempimento dei loro religiosi doveri, al culto divino, all’osservanza dei precetti di Dio e della Chiesa, all’orrore della bestemmia ed alla santificazione della domenica, Noi vi supplichiamo, o dilettissimi fratelli, in vista dei vostri spirituali, celesti ed anche temporali interessi, a rientrare seriamente in voi stessi, a fare penitenza dei vostri peccati, ed in particolar modo di quelli che avete commessi contro il secondo ed il terzo comandamento di Dio. Ve ne scongiuriamo, o amatissimi nostri fratelli, rendetevi docili alla voce di Maria, che vi chiama. a penitenza, e che da parte del suo figlio vi minaccia dei mali spirituali e temporali, se conservandovi insensibili a’ suoi materni avvertimenti, indurite i vostri cuori.

ART. 8. Noi vogliamo ed ordiniamo che il presente Nostro Mandamento sia letto e pubblicato in tutte le Chiese e cappelle della Nostra diocesi nella domenica che immediatamente susseguirà la ricevuta del medesimo.

Dato a Grenoble, munito della Nostra firma, del suggello delle Nostre armi e della sottoscrizione del Nostro segretario il 19 settembre 1851 (quinto anniversario della celeste apparizione).

L. S.

+ FILIBERTO VESCOVO DI GRENOBLE

per incarico Auvergne, Canon. Onorario

SEGRETARIO

ELENCO dei miracoli, avvenuti in dodici Diocesi della Francia, per l’intercessione della Beata Vergine di La Salette, e dopo l’uso dell’acqua della miracolosa sorgente, i quali furono dai rispettivi Ordinari riconosciuti e giudicati veri.

DIOCESI – INDIVIDUI GRAZIATI -ANNOTAZIONI.

  1. AVIGNON

    1. Suora Saint-Charles dai medici da quattro mesi religiosa ospitaliera di S. Giuseppe.

Etisia disperata, abbandonata dai medici da quattro mesi come insanabile.

    1. Suora Prouveze, coadiutrice della Comunità del Sacro Cuore.

Artritide nervosa cui l’arte medica non ha potuto vincere

    1. Suora Sainte-Antoine Granet religiosa del SS. Sacramento in Bedarides. Affezione cronica al cuore, e tumore scirroso al seno, insanabile se non mediante il taglio. La guarigione fu istantanea e completa; il medico dovette riconoscerla miracolosa, dichiarando che Chi toglieva con tanta destrezza un tumore scirroso senza dolore, senza effusione di sangue e senza bisturi, era un operatore molto abile, simile al quale non credeva che ve ne fossero mai stati su la terra.

  1. PERPIGNAN

    1. Suora Angelica Carbasse coadiutrice della Casa del Sacro Cuore.

Affetta da otto anni da grave (melæna), e minacciata da una vicina dissoluzione. Munita dei santi Sacramenti ed abbandonata dai medici, il nono giorno di una novena alla Beata Vergine di La Salette si trovò completamente guarita.

  1. VIVIERS Circond. di Tournon

1. Melania Gramon

Da oltre sei anni affetta da malattia alla spina dorsale; munita de’ santi Sacramenti, lasciata sola in casa con una sorella per ricevere l’ultimo suo respiro. Il nono giorno di una seconda novena alla Beata Vergine di La Salette, chiama la sorella, si leva, si veste, radicalmente guarita.

  1. GRENOBLE Comune di Corps

  1. Maria Gaillard, moglie di Franc. Laurent, fornajo

Affetta da artritide da 22 anni, paralizzata nelle membra ed obbligata spesso al letto, non poteva camminare se non mediante due stampelle, e costantemente addolorata, non poteva né alzarsi né sedersi da sé sola. Invocata la Beata Vergine di La Salette repentinamente guarisce, cammina senza stampelle, attende alle faccende di casa, non rimanendo se non le gonfiezze alle articolazioni le quali attestano la sofferta malattia

CANTONE DI CLELLES

  1. Vittorina Sauvet

Divenuta interamente cieca, si fa condurre sul monte di La Salette e vi ricupera immediatamente la vista dopo aver invocata la Beata Vergine e lavati gli occhi coll’acqua della miracolosa fontana,

  1. DIGNE – A LINCEL Silvia Julien

Da 15 anni affetta da gastralgia nervosa, per totale esaurimento di forze, non poteva più abbandonare il letto, né parlare. Avendo bevuta l’acqua di La Salette, e, piena di confidenza nella Vergine, implorata la sua assistenza, ricupera improvvisamente la favella, ed intera- mente risanata, discende senza appoggio dalla sua stanza ad abbracciare la famiglia.

SAINT- MICHEL

Luigia Almaric

Affetta da diversi anni da clorosi e da attacchi nervosi allo stomaco ed alla testa con enfiagione alle estremità, che la privavano della facoltà di camminare; si fa trasportare sul monte di La Salette. Ivi giunta, dopo breve preghiera alla Beata Vergine, bevuti due o tre bicchieri dell ‘ acqua, e strofinate con essa anche le gambe, si rialza talmente risanata e forte da essere in grado di intraprendere a piedi il tragitto dalla montagna a Corps, che è di 16 chilometri

FORCAL-QUIER.

Paolo Reynier, d’anni 55

In conseguenza di un reuma mal curato e di un tumore al femore, con carie all’osso da 22 anni, non poteva camminare se non coll’uso di due stampelle. Facendosi

trasportare intraprende il viaggio di La Salette, fa l’orazione, beve dell’acqua della miracolosa fontana, lava la parte ammalata, si alza guarito, e da quell’epoca cammina senza bastone e lavora la campagna senza dolori.

MANE

Veronica Andoyer

4. Da nove anni affetta da una malattia nervosa e complicata, e che i medici, in numero di cinque, d’accordo dichiararono insanabile. Si fa trasportare sulla montagna, con gravi patimenti, ricorre alla Beata Vergine, beve abbondantemente dell’acqua della sorgente santificata, ed ottiene immediatamente una guarigione completa.

  1. QUIMPER A MORLAIX

1-2 Elisa de Pinguern e Francine Le Bourdonnec, educande nel convento della B. Vergine della Vittoria.

L’una e l’altra dell’età di circa 17 anni. La prima affetta da tosse nervosa continua, da singhiozzo e da una febbre lenta costante. La seconda da violenti dolori di stomaco e da tosse continua. Di nessun giovamento essendo riuscita la cura medica, come dovette attestare lo stesso medico del convento, guariscono radicalmente in seguito alle novene fatte alla B. Vergine di La Salette ed all’uso dell’acqua di quella sorgente

  1. PARIGI A CLICHY

1. Giovanna Laurent, servente

Le si era conficcata una spilla in un orecchio. Non riuscirono ad estrarla diversi chirurghi e fra questi quelli dell’ospedale. Pei dolori atroci, che avea dovuto soffrire si era determinata a morire piuttosto che assoggettarsi a nuove operazioni. Nello stato di disperazione nel quale si trovava, ricorre con fervore alla B. Vergine, mette nell’orecchio un pezzetto di pietra della montagna di La Salette, e beve dell’acqua di quella fonte, che le era stata data da una religiosa della Carità, e tutto ad tratto emette dal petto un grosso grumo di sangue e di materie, ed in esso trova la fatale spilla.

  1. BORDEAUX A BLAYE

Madamigella Imbert

Da un anno e più non poteva mangiare, il suo stomaco si sconvolgeva alla vista di qualunque alimento: la lingua si era annerita come il carbone. I medici dichiararono la malattia incurabile, e per tentativo le ordinarono una bibita ferruginosa. Più novene furono infruttuose, beveva dell’acqua di La Salette, ma con poca fede, perché non volle interrompere la bibita delle acque ferruginose. Risoltasi a lasciarle ed a mettere tutta la sua fiducia nella sola acqua della fonte miracolosa, intraprende una novena; il terzo giorno prova un notabile miglioramento e si trova in grado di recarsi, senza farsi accompagnare, alla chiesa. Invocata fervorosamente la Beata Vergine, tutt’ad un tratto prova una forte scossa, si sente guarita e spogliata la lingua della pelle nera che la involgeva.

  1. SENS

Antonietta Bollenat

Ammalata da circa 14 anni, pei mali trattamenti subíti all’età di dodici anni da una donna che le compresse con un ginocchio il petto e la sede epigastrica. Assalita da prima da mali di stomaco, e soggetta in seguito a vomiti con rare intermittenze, il più leggero alimento, un cucchiaio di latte, di brodo ed anche di acqua, veniva quasi sempre rigettato. Si manifestò in seguito un tumore alla regione epigastrica, il quale da tre anni la obbligava al letto. Il decubito, la dieta assoluta avevano ridotta l’ammalata a tale stato che un movimento qualunque, il solo sfiorare colla mano la parte affetta dal tumore le causava delle sincopi che duravano qualche volta delle ore. Il medico dichiarò il 19 nov. 1847 che la morte era prossima ed inevitabile; non là vide il giorno 20, ed il giorno susseguente fu avvertito che l’ammalata era guarita. Il

giorno 23 con sorpresa vide l’ammalata andargli incontro allegra e restar in piedi durante tutta la visita, esplora anche il ventre, ed assicuratosi che il tumore era totalmente scomparso, non esitò a dichiarare la guarigione soprannaturale e miracolosa. Essa aveva intrapresa una novena alla Beata Vergine di La Salette e la bibita dell’acqua della miracolosa fonte il 14 novembre.

SENS

Maria Pieretta Gagniard

Bambina ancora aveva perso un occhio pel vaiuolo. All’età di trentadue anni incominciò a soffrire violenti dolori di capo, e da quell’epoca fece frequenti gravi malaltic con pericolo della vita, e perdette l’altr’occhio. La costanza è la violenza dei dolori faceano credere al medico che esistesse una gangrena nella testa. Venne in seguito presa anche da una paralisia alla parte sinistra del corpo: questi attacchi si rinnovavano spesse volte. Da circa otto mesi emetteva dalla bocca del sangue purulento, e, per impedire questi sbocchi di sangue, si ricorreva al salasso od alle mignatte. Ridotta a questo stato, intraprende una novena alla B. Vergine di La Salette il 29 novembre, ed in quel giorno ebbe uno sbocco di sangue ancor più copioso. Il medico, trovandola più aggravata, le disse che sarebbe ritornato il giorno susseguente per salassarla. Un viaggio glielo impedì, vi andò il giorno dopo, il salasso non era più necessario. Ritrovò l’ammalata in istato molto migliore e specialmente più allegra; e siccome aveva veduta Antonietta Bollenat guarire subitaneamente con mezzi che non si era immaginati, fece alla Gagniard la domanda, se beveva anch’essa dell’acqua di La Salette. Sulla risposta affermativa, la esortò ad avere gran confidenza nella Beata Vergine «perché credeva che Dio, nello stabilire le leggi nella natura, non aveva rinunciato al diritto ed al potere di derogarvi quando gli piace».

XI. TROYES – ARCHIS-SUR-AUBE

Costanza Bouquet

Inferma da 16 anni e mezzo. Il suo stomaco non poteva digerire, ed era soggetta a continui dolori di capo fortissimi. Da alcuni anni era talmente priva di forze, che non poteva muoversi senza l’assistenza di due persone, e non usciva mai dalla sua camera. Persona molto pia, conosciuta l’apparizione di La Salette, si procura dell’acqua di quella miracolosa fonte, ed il giorno 28 dicembre 1847 intraprende una novena, ed ogni mattina beve un poco di quell’acqua. Il 29 senti uno scroscio in tutte le sue membra, ed il 30 una commozione simile. Il 5 gennaio 1848, piena del sentimento di essere stata esaudita, durante l’assenza della sua servente, fa prova a camminare da sé sola. Vi riesce senza stento, e lo stesso giorno alle tre ore pomeridiane si trasferisce alla vicina chiesa senza bisogno di appoggio.

  1. LANGRES A SAINT DIZIER

Eugenia Viciot

Da oltre due anni presa da una malattia di cuore i cui violenti movimenti si rendevano manifesti al tatto, all’occhio ed all’orecchio; il camminare le causava soffocamento; soffriva mali di capo violenti e periodici, non poteva nutrirsi perché lo stomaco non faceva le sue funzioni, ed era ridotta ad uno stato di estrema debolezza e magrezza.

La digitale ed il salasso erano gli unici palliativi che s’impiegavano dal medico, ma ciò non faceva che accrescere lo sfinimento. L’ultimo salasso le era stato fatto il 5 marzo primo giorno di una novena intrapresa in onore della Beata Vergine di La Salette coll’uso dell’acqua della fonte miracolosa. Il giorno 11 prova tutto ad un tratto un grande miglioramento, e si sente in grado di poter camminare liberamente. Il medico della cura che la visitò alcuni giorni più tardi non esitò a dichiararla perfettamente guarita.

Eugenia Navet

Sino dalla sua infanzia era soggetta ad agitazioni nervose per le quali sommamente soffriva. Dai 16 ai 18 anni vi fu una interruzione, di poi la malattia divenne più violenta e la ridusse al punto da poter a pena stare in ginocchio, ed il deperimento andava sempre crescendo. Incominciò una novena il 2 maggio alla Beata Vergine di La Salette; durante la notte del 4 soffrì una forte agitazione, ed il 5, un’altra ancora più forte; due giorni dopo, l’agitazione cessò interamente e si manifestò una completa guarigione.

  1. BLOIS MAUS

Giuseppina Leblais

Nubile giunta al trentunesimo anno era da circa dodici anni affetta da malattia assai grave, la quale dopo aver presentato sintomi diversi, la ridusse a tale stato di patimenti; da non poter camminare da sé sola, né mettersi in ginocchio: bene spesso soffriva svenimenti che “duravano anche più ore. Negli ultimi cinque anni le si manifestò una gonfiezza straordinaria al seno destro, con piaghe dolorosissime; lo stomaco era ridotto a tale debolezza da non poter prendere alcun liquido. I soccorsi i più assidui e più intelligenti dell’arte non avevano potuto non che guarire, neppur mitigare una malattia così tenace, così straordinaria.

Si è in questo stato che la Leblais venne ricevuta come per esperimento nel convento delle Carmelitane di Blois, nel mese di agosto 1847, più per soddisfare in qualche

modo al desiderio che aveva di entrare nell’ordine del Carmelo che per la speranza che potesse farvi professione. Malgrado la consolazione che provò per l’ottenuta ammissione, la sua salute non migliorò.

Dopo due novene e molte preghiere, la madre priora ne raccomandò una terza in

onore della Beata Vergine di La Salette ai due fanciulli ai quali era apparsa: durante questa novena, la malata prese tutti i giorni dell’acqua della miracolosa fonte. Il nono giorno si fa trasportare nella cappella, e durante la messa, al momento della comunione, si leva da sedere, come ispirata si incammina da sé sola, ricusando l’appoggio della sua compagna, verso la santa mensa, e quantunque soffrendo forti dolori, vi giunge e riesce pure ad inginocchiarsi. Dopo la santa comunione ritorna al suo posto, si mette con facilità in ginocchio e vi rimane senza soffrire durante tutto il ringraziamento. Nella stessa giornata l’ammalata prova un notabile miglioramento; può prendere degli alimenti liquidi senza soffrire, e pochi giorni dopo la guarigione si manifesta completa, e si trova in grado di seguire la regola molto severa dell’ordine.

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Oltre i miracoli riportati nel presente elenco, molti altri sono stati operati posteriormente alla pubblicazione del Rapporto dei due Commissari, per l’intercessione della B. Vergine di La Salette, in altre quattordici Diocesi della Francia, e stati parimenti riconosciuti e giudicati dai rispettivi Ordinari, e trovansi registrati nella Raccolta dei Nuovi Documenti, stampati nel 1850.

Fra questi se ne descrivono due avvenuti nella Diocesi di Cambrai, l’uno il 10 febbraio 1848, l’altro il 10 febbraio 1849 alla medesima ora, le cui relazioni sono state dirette all’Eminentiss. Cardinale Giraud Arcivescovo di quella città, che trovavasi in febbrajo a Gaeta, e dal quale sono state presentate al Sommo Pontefice.

S. Santità le lesse con visibile emozione, e dimostrò una grande soddisfazione nel conoscere i nuovi prodigi operati mediante l’invocazione della B. Vergine di La Salette congiuntamente all’uso dell’acqua della meravigliosa fontana, e permise di parlare di queste soprannaturali guarigioni, sempre però nei limiti di una prudente riserva.

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Nei Nuovi Documenti sopra l’Avvenimento di La Salette, che si stamparono nel 1850, tra gli altri viene riferita una lettera dell’attuale Arcivescovo di Orleans, monsignor Dupanloup, allora vicario generale. Ella versa interamente su quel prodigioso fatto, ed è tale per sé stessa, e per l’autorità di chi l’ha scritta, che merita ne sia pubblicata la versione.

Mio caro amico,

“Voi m’avete incoraggiato a visitare la montagna di La Salette, ed io ne discendo in questo istante. Spero, che mi permetterete di rendervi conto, con tutta semplicità, delle osservazioni che vi ho fatte e di tutte le impressioni che vi ho ricevute: egli è giusto che divida tutto ciò con voi.

«Aveva intrapreso questo pellegrinaggio, devo confessarlo, senza alcuna favorevole impressione. Non voglio diminuire in nulla il merito delle diverse relazioni che sono state pubblicate su questo argomento, e che aveva lette con attenzione; ma lo stile, l’entusiasmo, la vivacità di quelle relazioni mi avevano, devo dirlo, ispirati dei pregiudizi contrari.

“Ho passati tre giorni circa sia a Corps, sia a La Salette; le impressioni personali che ne ho ricevute, sono state, devo ripeterlo, senza alcun diletto e quasi senza emozione alcuna. Eccomi finalmente di ritorno.

«Ne sono ritornato quale vi era andato, senza commozione, e dirò quasi senza interesse; od almeno senza

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quell’interesse che nasce dall’entusiasmo. Ciò non per tanto più mi allontano da quei luoghi, più rifletto a tutto ciò che ho veduto ed udito, più la riflessione produce in me una convinzione, la quale mi fa in certo modo violenza. Non posso trattenermi di ripetere a me stesso continuamente: È ben difficile che non vi sia qui il dito di Dio.

Tre circostanze particolari mi sembrano essere indizi della verità: 1° Il carattere invariabile de’ fanciulli; 2° Le numerose risposte assolutamente al di sopra della loro età e della loro portata, che hanno fatte spontaneamente nei diversi interrogatori ai quali sono stati sottoposti; 3° La fedeltà colla quale conservano il segreto, che pretendono esser loro stato confidato.

Il carattere invariabile de’ fanciulli.

«Ho veduto questi due fanciulli: il primo esame che ne feci mi è stato molto disaggradevole. Il piccolo ragazzo soprattutto mi ha stranamente dispiaciuto. Ho veduti molti fanciulli in vita mia; ne ho veduti pochi o nessuno che mi abbia prodotto un’impressione tanto spiacevole; le sue maniere, i suoi gesti, il suo sguardo, tutto il suo esteriore è ributtante, almeno a’ miei occhi.

Ciò, che forse ha accresciuta la cattiva impressione che mi fece, si è la sua singolare rassomiglianza ad un fanciullo il più disaggradevole e il più cattivo che io m’ abbia mai allevato.

Nell’esporre così l’impressione disaggradevole che mi ha fatta questo fanciullo, non pretendo distruggere in nulla le impressioni più favorevoli che la sua

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vista ha prodotte in altri. Mi limito semplicemente a dire ciò che sono sicuro d’aver provato in me medesimo. Convien confessare, che se la mia testimonianza in fine divenisse favorevole a questi fanciulli, non sarà almeno una testimonianza sospetta;

non sarò certamente stato da essi sedotto. La sgarbatezza di Maximin è poco comune, la sua agitazione soprattutto è veramente straordinaria: è una natura singolare, bizzarra, mobile, leggera; ma d’una leggerezza così rozza, d’una mobilità qualche volta così violenta, d’una bizzarria così insopportabile, che il primo giorno nel quale lo vidi, non ne fui solamente rattristato, ma scoraggiato. A qual fine, diceva a me stesso, far un viaggio per vedere un fanciullo di questa fatta? Quale sciocchezza fu la mia? Aveva tutte le pene del mondo ad impedire, che s’impadronissero del mio spirito i più gravi sospetti.

“Quanto alla fanciulla, essa mi sembrò pure molto spiacevole nel suo genere. I suoi modi, devo dirlo, sono migliori di quelli del fanciullo. I diciotto mesi ch’essa ha passati presso le religiose di Corps, l’hanno un poco, a ciò che si dice, migliorata; ciò non pertanto essa mi è sembrata ancora un essere dispettoso, sgarbato, stupidamente silenzioso, non dicendo ordinariamente che dei sì o dei no, quando risponde. Se essa dice qualche cosa di più, vi è sempre una certa secchezza nelle sue risposte ed una timidezza di mal umore, che è ben lontana dall’ispirare della famigliarità. “Del resto, dopo aver veduti questi due fanciulli, ciascuno di essi più volte, non ho trovato mai in loro alcuna delle attrattive della loro età; essi non hanno, o almeno non sembrano avere né quella pietà, né quel candore dell’infanzia che commuove, che attira ed inspira la confidenza.

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“Ho veduto il fanciullo, specialmente, per molto tempo di seguito, e particolarmente il giorno nel quale sono asceso con esso a La Salette. Noi abbiamo in quel giorno passate assieme all’incirca quattordici ore; venne a prendermi al mio albergo a cinque ore del mattino, mi accompagnò alla montagna dell’Apparizione, e non ci siamo separati che alle sette ore della sera. Ho avuto certamente tutto il tempo di vederlo da vicino, di studiarlo con diligenza, di esplorarlo severamente e svolgerlo in tutte le maniere; non mi sono in ciò risparmiato. Egli non cessò un momento, devo dirlo, di essere per me l’oggetto delle osservazioni le più attente, e nel tempo stesso della più profonda diffidenza. Egli non ha cessato un momento di spiacermi, e soltanto il dopo pranzo molto tardi, a poco a poco, e come contro mia voglia, l’impressione favorevole vinse l’impressione contraria. Quasi a mia insaputa, e contro tutte le mie previsioni, nell’osservare ed ascoltare tutto ciò che vedeva sentiva, fui indotto a dire a me stesso:

  • Non è spiegabile che colla verità del racconto.

“A Grenoble era stato messo in diffidenza contro la narrazione, che questi fanciulli mi farebbero su ciò che era loro accaduto, e su ciò che avevano veduto sulla montagna. Mi era stato detto che ripetevano il tutto come una lezione. Si aggiungeva, è vero, con molta ragione, che bisognava essere un poco indulgenti, ritenuto che per il lasso di diciotto mesi avevano fatto questo racconto migliaia di volte, e che quindi non doveva sorprendere che fosse per essi divenuta un’abitudine. Era abbastanza

disposto a scusarli su questo proposito, purché il metodo e lo stile della narrazione non andasse sino al ridicolo; ma succedette tutt’altri-

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menti. Ancorché questi fanciulli mi spiacessero sommamente avanti questo racconto, ed abbiano continuato a spiacermi anche dopo, devo confessare che lo fecero e l’uno e l’altro con una semplicità, una gravità, una serietà ed un certo rispetto religioso, il cui contrasto col loro fare sempre volgare, abitualmente sgarbato del piccolo fanciullo, ed abitualmente dispettoso della fanciulla, mi colpì fortemente.

«Devo aggiungere sin d’ora, che questa sorpresa si rinnovò per me durante questi due giorni quasi costantemente, specialmente col piccolo fanciullo, il quale passò, come dissi, un’intera giornata con me. Lo misi dopo ciò in una perfetta indipendenza; gli lasciai prendere ogni sorta di libertà; in questo modo tutti i suoi difetti, tutte le sue sgarbatezze mi si presentarono sotto tutte le forme.

Eppure tutte le volte che questo rozzo fanciullo veniva ricondotto anche nella maniera la più inaspettata a parlare del grande Avvenimento, succedeva in lui un cambiamento singolare, profondo, improvviso, istantaneo, e lo stesso è della fanciulla. Il ragazzo conserva il suo sguardo, il suo esteriore tanto spiacevole; ma tutto ciò che vi è di eccessivo nella sua rozzezza è interamente soggiogato.

Divengono anzi tutt’ad un tratto così gravi, così seri; assumono quasi involontariamente qualche cosa di così singolarmente semplice ed ingenuo, qualche cosa anzi di così rispettoso per sé stessi, e nello stesso tempo per tutto ciò che dicono, che lo ispirano anche a quelli che li ascoltano, e loro impongono una specie di religioso timore per le cose delle quali parlano, ed un certo qual rispetto per le loro persone. Ho provate costantemente e qualche volta molto vivamente queste impressioni,

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senza cessare però un momento di ritrovarli fanciulli molto disaggradevoli.

“Do luogo qui ad una osservazione che si riferisce a ciò che or ora ho rimarcato; quando parlano del grande Avvenimento, del quale si pretendono essere i testimoni, oppure che rispondono alle interrogazioni che gli si fanno a questo proposito, il rispetto singolare per ciò che dicono cresce tanto, che quando loro accade di fare qualcheduna delle risposte veramente sorprendenti, inaspettate, che confondono gli interrogatori, troncano bruscamente tutte le questioni indiscrete, risolvono semplicemente, profondamente, ed in modo assoluto le più gravi difficoltà, e non sembrano trionfarne. Qualche volta si è stupefatti; ed essi restano impassibili.

Neppure un legger sorriso apparisce sulle loro labbra.

Del resto essi non rispondono mai alle interrogazioni che lor vengono dirette, se non nella maniera la più semplice, la più breve. La semplicità è qualche volta rustica, ma la giustezza e la precisione sono sempre straordinarie. Quando si tratta del grande Avvenimento non sembrano aver più alcuno dei difetti co› muni alla loro età: soprattutto essi non appaiono per nulla ciurmadori e chiacchieroni. Maximin parla molto di solito, e quando è in libertà è un vero ciarlone. Durante le quattordici ore che noi abbiamo passato assieme, mi ha date di questo difetto tutte le prove possibili; mi ha parlato di ogni sorta di cose con grande abbondanza di parole, interrogandomi senza alcun ritegno, dicendomi pel primo il suo parere, contraddicendo il mio. Ma sopra l’Avvenimento che egli racconta, sopra le sue impressioni, sopra i suoi timori o le sue speranze per l’avvenire, sopra tutto ciò che ha rapporto

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all’Apparizione non è più il medesimo fanciullo. Sopra questo soggetto egli non prende giammai l’iniziativa, non commette giammai un’inconvenienza.

Egli non dà giammai un dettaglio al di là di quello che precisamente gli si domanda. Quando ha detto il fatto che è incaricato di dire, quando ha risposto alla domanda che gli vien, diretta, tace. Si è avidi, si vorrebbe che parlasse sempre, che aggiungesse dei dettagli, che parlasse delle sensazioni che ha provate e prova tuttora; ma no, egli non aggiunge una parola alla risposta necessaria. Poco dopo riprende il filo della conversazione interrotta, parla abbondantemente d’altra cosa, se gli si dà occasione, o parte.

“Ciò che è certo si è che né l’uno né l’altro hanno desiderio di parlare dell’Avvenimento che li rende, per altro, tanto celebri.

«Secondo tutte le informazioni che ho raccolte sul luogo, essi non ne parlano giammai inutilmente con chi che sia, né coi loro piccoli camerata, né colle religiose che li istruiscono, né cogli stranieri. Quando vengono interrogati rispondono; raccontano il fatto semplicemente se è il fatto che loro si domanda, danno semplicemente la soluzione se è una difficoltà che viene loro proposta; nulla aggiungono a ciò che è necessario, e nulla parimenti ne sottraggono. Non si rifiutano mai di rispondere alle domande che vengono loro fatte, ma non si riesce di farli parlare al di là di una certa misura. Potete moltiplicare quanto volete le domande indiscrete, la loro risposta non l’è mai. La discrezione, la più difficile di tutte le virtù, è loro naturale (su questo punto solamente), in grado sommo. Si può stringerli quanto si vuole, si incontra in essi qualche cosa di invincibile, di cui essi stessi non si

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rendono conto, che respinge tutti gli sforzi, e che delude involontariamente ed inalterabilmente tutte le tentazioni le più vive e le più forti.

“Chiunque conosce i fanciulli, queste nature leggere, mobili, vane, ciarliere, indiscrete, curiose, e farà gli esperimenti che io ho fatti, dividerà lo stupore che ho provato io, e domanderà a sé stesso se è vinto dai due fanciulli, oppure da una forza superiore divina.

“Non aggiungerò, che, dopo due anni, questi due fanciulli e le loro famiglie sono rimasti poveri come prima. È un fatto che ho verificato bastantemente per mio conto, e che è facile di constatare colla maggiore certezza.

«Ciò che aggiungerò, per l’osservazione che ne ho fatta, si è che i fanciulli ed il piccolo Maximin in particolare, che ho veduto più davvicino e più lungamente, mi sembrano avere conservata una semplicità, e dirò anzi una umiltà assoluta, malgrado l’onore che hanno avuto e la celebrità, che per questo onore, hanno ottenuto; ma una semplicità ed un’umiltà, che non mi sembrano in essi virtù gran fatto pregevoli: sono fatti così ed hanno l’aria di non poter essere altrimenti, e lo sono con una semplicità passiva che fa stupire quando la si esamina e vi si riflette.

Il fatto è che non comprendono neppure l’onore che hanno ricevuto, e sembrano non avere alcuna idea della celebrità che d’ora in poi si lega ai loro nomi. Hanno veduto delle migliaia di pellegrini, 60,000 in un giorno, venire dietro la loro voce su la montagna di La Salette. Essi non sono stati né più fieri, né più studiati nelle loro parole e nelle loro maniere. Contemplano tutto ciò senza sorpresa, senza un pensiero,

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senza riferirlo a sé stessi. Ed infatti, se ciò che raccontano è vero, sono ben penetrati della loro parte, come la santa Vergine ne è stata penetrata essa medesima. Essa non ha preteso di far loro un onore, essa ha preteso scegliersi dei testimoni, che fossero al disopra d’ogni sospetto con una semplicità così profonda, così assoluta, così straordinaria, che nulla vi fosse di paragonabile, e che naturalmente non si sapesse né spiegare, né comprendere; essa vi è riuscita.

“Questo è il primo tratto di verità che ho rimarcato in questi fanciulli.

2°. Io trovo il secondo nelle numerose risposte assolutamente al disopra della loro età e della loro portata, che hanno date spontaneamente nei diversi interrogatori ai quali sono stati assoggettati.

“Devesi rimarcare che nessun accusato fu mai dalla giustizia vessato con tante interrogazioni sopra un delitto, con quante questi due poveri villanelli lo sono pel corso di due anni sopra la visione che essi raccontano. A delle difficoltà spesso anticipatamente preparate e qualche volta lungamente ed insidiosamente meditate banno sempre opposto delle risposte pronte, brevi, chiare, precise, perentorie. È evidente che sarebbero radicalmente incapaci di tanta presenza di spirito, se tutto ciò

che dicono non fosse la verità. Sono stati condotti come si condurrebbero dei malfattori sopra il luogo o delle loro rivelazioni o delle loro imposture; i personaggi i più gravi, i più distinti non li sconcertano, né le minacce e le ingiurie li sgomentano, né le carezze e la dolcezza li fanno piegare, né

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i lunghi interrogatori li stancano, né alla ripetizione di tutti questi esperimenti cadono in contraddizione, né ciascuno con sé medesimo, né l’uno coll’altro. Non si può aver meno l’aria di complici, e se lo fossero, converrebbe che avessero un ingegno senza esempio, per essere in tal modo costantemente conformi a sé medesimi, dopo il corso di più di due anni che dura e si continua senza interruzione questa strana e rigorosa investigazione. Ciò non toglie che non vi associno i contrasti i più bizzarri; ora la rozzezza della loro educazione, qualche volta l’impazienza ed un certo mal umore, altre volte la dolcezza, la calma ed un sangue freddo imperturbabile, ed in qualche incontro, o piuttosto sempre una discrezione, una riserva impenetrabile a tutti, ai parenti, compagni, conoscenze, all’universo intero.

“Ecco, pertanto, delle interrogazioni e delle risposte che ricavo ad un tempo dalla mia memoria personale e dai processi verbali in buona e debita forma depositati al Vescovado di Grenoble, e dei quali vi garantisco l’autenticità.

– D. A Melanie. La Dama ti ha confidato un segreto, e ti ha proibito di dirlo. Alla buon’ora; ma dimmi almeno se questo segreto riguarda te, o qualche altra persona.

  • Melanie. Chiunque ciò riguardi, Essa ci ha proibito di dirlo.

  • D. Il tuo segreto è qualche cosa che tu dovrai fare?

  • Melanie. Che sia una cosa che abbia a fare o no, ciò non riguarda alcuno; ci ha proibito di dirlo.

  • Il signor abate Chambon, superiore del piccolo seminario di Grenoble: Dio ha rivelato il tuo segreto

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ad una santa religiosa; ma amo meglio saperlo da te, ed assicurarmi che tu non menti.

  • Melanie. Giacché questa religiosa lo sa, essa può dirvelo; ma io non lo dirò.

  • D. Tu devi dire il tuo segreto al tuo confessore, al quale nulla si deve tenere nascosto?

  • Maximin. Il mio segreto non è un peccato, in confessione non si è obbligati a dire che i peccati.

  • D. Se tu dovesti dire il tuo segreto o morire? Maximin. (con fermezza). Morirò….

non lo dirò.

  • D. Se il papa ti domandasse il tuo segreto, fu saresti obbligato di dirglielo; perché il papa è ben più che la santa Vergine.

  • Maximin. Il papa più che la santa Vergine!. Se il papa fa bene il suo dovere sarà

santo, ma sarà sempre meno che la santa Vergine.

  • D. Ma è forse il demonio che ti ha confidato il tuo segreto?

  • Maximin (solo). No, perché il demonio non ha dei crocifissi, ed il demonio non proibirebbe la bestemmia.

  • Melanie (sola alla medesima interrogazione). Il demonio può ben parlare, ma non credo che esso possa dire dei segreti di questa natura. Egli non proibirebbe di giurare, non porterebbe la croce, e non direbbe d’andare alla messa.

  • Il signor Gerente, elemosiniere delle suore della Provvidenza di Corenc vicino a Grenoble, a Maximin: Non voglio domandarti il tuo segreto. Ma questo segreto riguarda senza dubbio la gloria di Dio e la salute delle anime. Converrebbe che esso fosse conosciuto dopo la tua morte. Ecco ciò che ti consiglio: scrivi il tuo segreto in una lettera, che tu suggellerai; e la farai rimettere all’ufficio della curia. Dopo la morte

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di Monsignore e la tua, si leggerà questa lettera, e tu avrai conservato il tuo segreto.

  • Maximin. Ma qualcuno potrebbe essere tentato di aprire la mia lettera. E poi io

non conosco quelli che vanno alla curia. (Indi mettendosi la mano sulla bocca ed in seguito sopra il cuore): il mio miglior ufficio, diss’egli, con un gesto espressivo, è qui!

Un altro sacerdote disse a Maximin:

  • Tu hai desiderio di diventar prete; Ebbene! dimmi il tuo segreto, e m’incarico di te; scriverò a Monsignore che ti farà istruire gratuitamente.

  • Maximin. Se per diventar prete devo dire il mio segreto, non lo sarò mai.

Il signor abate Lagier, curato, oriondo di Corps, dimandava a Melanie: Tu non intendevi il francese, tu non andavi alla scuola; come mai hai potuto ritenere ciò che la Dama ti diceva? Essa te lo disse più volte?

  • Melanie. Oh! no; Essa non me lo disse che una volta, e l’ho ben ritenuto a memoria. E poi qualora anche non comprendessi bene, nel ripetere ciò ch’Ella mi aveva detto,

quelli che sapevano il francese lo intendevano, quantunque non lo intendessi io: ciò ba

  • D. La Dama ti ha ingannato, Maximin; Essa ti ha predetta una carestia, eppure la raccolta è buona dappertutto.

  • Maximin. Che importa a me! Essa me lo ha detto, ciò riguarda lei.

A questa interrogazione i fanciulli risposero altre volte: Ma se si è fatta penitenza….

  • D. La Dama che tu hai veduta non era che una nube luminosa e brillante…

  • Maximin. Ma una nube non parla. 125

  • Un sacerdote. Tu sei un piccolo mentitore: non ti credo.

  • Maximin. Che m’importa? Sono incaricato di dirvelo e non di farvelo credere.

  • Un altro sacerdote. Vedi, io non ti credo, tu sei un mentitore.

  • Maximin (con vivacità). Allora perché siete venuto da lontano per interrogarmi?

  • Un curato della Valloise diocesi di Gap. La Dama scomparve in una nube?

  • Melanie. Non vi era nube alcuna.

  • Il curato insiste: Ma è cosa facile l’avvilupparsi in una nube e scomparire.

  • Melanie (con vivacità): Signore, involgetevi dunque in una nube e scomparite.

  • L’abate Albertin, professore del seminario grande di Grenoble: Non ti annoi, il mio ragazzo, di dover ripetere tutti i giorni la medesima cosa?

  • Maximin. E voi non vi annoiate di dire tutti i giorni la messa?

  • «Il signor abate Repellin scriveva il 19 dic. 1847: Dimandai alla fanciulla se la persona meravigliosa che essa aveva veduto non poteva essere uno spirito cattivo, che volesse seminare il disordine nella Chiesa. Essa mi rispose come aveva risposto ad altri: – Ma, signore, il demonio non porta una croce. – Io proseguii: ma, la mia fanciulla, il demonio ha portato il Nostro Signore sul tempio, sulla montagna, potrebbe ben portare anche la sua croce. No, signore, disse essa con una certa franchezza; no, il buon Dio non lascerebbe portare la sua croce in questo modo. È sopra la croce che egli è morto. Ma si è lasciato portare lui stesso. Ma è sulla croce che ha sal-

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vato il mondo. La franchezza di questa fanciulla, la profondità di questa risposta, della quale essa non sentiva forse la bellezza, mi chiusero la bocca. In un’altra

circostanza essa si spiegò più categoricamente. Le si diceva che il demonio aveva portato Nostro Signore lui stesso in persona. Si, disse essa, MA NON ERA ANCORA GLORIFICATO.

  • Il vostro Angelo custode sa egli il vostro segreto, Melanie?

  • Sì, signore. Vi è dunque qualcuno che lo sa? – Ma il mio Angelo custode non appartiene al popolo.

“Uno de’ miei amici, due giorni prima che io facessi il viaggio di La Salette, disse a Maximin: Noi dobbiamo tutti obbedienza al Papa. Ebbene, se il Papa ti dicesse: mio fanciullo, tu devi creder nulla di tutto ciò: che gli diresti tu? Il fanciullo rispose colla più grande dolcezza ed il più grande rispetto: Gli direi che vedrà.

Eccovi, mio caro amico, alcune delle innumerevoli risposte di questi fanciulli. Non so se voi le giudicherete, come le giudico io; ma esse sono certamente, ed è il meno che si possa pensarne, molto sorprendenti, e questa sorpresa si aumenterà ancora colle ultime osservazioni che ho fatte sopra questi fanciulli, e che mi accingo a raccontarvi, e finisco.

3°. Ecco il terzo carattere di verità che ho rimarcato in questi fanciulli.

È già noto che ciascuno pretende essere possessore di un segreto che l’altro ignora, e che non devono e non vogliono dire ad alcuno.

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“Non ho potuto evitare di vedere nella loro fedeltà a conservare questo segreto, un segno caratteristico della loro veracità.

“Sono due, possedono ciascuno un segreto, e ciò quasi da due anni. Avendo ciascuno il proprio, giammai l’uno si è vantato di sapere quello dell’altro. I loro parenti, i loro maestri, i loro curati, i loro camerata, delle migliaia di pellegrini gli hanno interrogati sopra questo segreto, ne hanno loro dimandata una rivelazione qualunque, si sono fatti per ciò degli sforzi inauditi: né l’amicizia, né l’interesse, né le promesse, né l’autorità civile, né l’autorità ecclesiastica hanno potuto carpir loro qualche cosa su questo argomento in un grado qualunque; e oggi ancora dopo due anni di tentativi costanti, se ne sa niente, assolutamente niente.

“Io stesso ho fatto grandi sforzi per penetrare questo segreto. Alcune circostanze particolari mi hanno aiutato a spingere i miei sforzi più in là di molti altri; anzi ho creduto un momento di riuscirvi; ecco in qual modo.

Aveva condotto, come ho detto, il piccolo Maximin alla montagna. Ad onta della ripugnanza che questo piccolo fanciullo m’ispirava, aveva cercato cionullameno di

essere buono e grazioso con lui, gli usava tutte le gentilezze possibili, per tentare di aprire e guadagnare il suo cuore. Non vi era riuscito. Ma arrivando alla sommità della montagna, qualcuno che vi si trovava gli diede due cartine, una delle quali rappresentava il combattimento del 24 febbraio nelle contrade di Parigi. In mezzo ai combattenti vi si vedeva un prete che assisteva i feriti. Il piccolo fanciullo si immagina di trovare qualche rassomiglianza di quell’ecclesiastico con

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me; e benché io gli dicessi che si ingannava completamente, conservò la sua persuasione che fossi io, ed a datare da quel momento mi dimostrò la più viva e la rustica amicizia. D’allora in poi parve totalmente libero ed in grande famigliarità. Ne profittai con gran premura, e noi divenimmo i migliori amici del mondo, senza però che cessasse, devo confessarlo, di essermi perfettamente disaggradevole. D’allora in poi si appese al mio braccio e non lo abbandonò più per tutta la giornata. Noi discendemmo così uniti la montagna, fece collezione e pranzò con me. Si mise a parlare di ogni sorta di cose col più grande abbandono; della repubblica, degli alberi della libertà, ecc. Quando riconduceva la conversazione su ciò che mi interessava unicamente, mi rispondeva, come dissi, brevemente, semplicemente; tutto ciò ch’aveva relazione all’apparizione della SS. Vergine era come una cosa a parte nella nostra conversazione. Interrompeva ad un tratto l’ardore del suo cicalio. Il fondo di ciò che mi diceva, la forma, il tono, la voce, tutto allora diveniva subitaneamente e specialmente grave e religioso. Passava poi ben presto ad un altro soggetto e a tutto l’abbandono della conversazione la più famigliare e la più vivace.

“Rinnovava allora i miei sforzi e le insinuazioni le più abili per profittare di quest’ abbandono e di questa apertura, e farlo parlare sopra ciò che mi interessava, ed in particolare sopra il suo segreto, senza che se ne accorgesse e senza che lo volesse. Mi importava sommamente di leggere in quell’anima, di sorprenderla in difetto e di strappare, buon grado o malgrado, la verità dal fondo di quel cuore; ma devo confessarlo, tutti i miei sforzi incominciati dal mattino erano stati

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perfettamente inutili: al momento ove io credeva di raggiungere il mio scopo e di ottenere qualche cosa, tutte le mie speranze svanivano, tutto ciò che mi immaginava di avere in mano mi sfuggiva ad un tratto, ed una risposta del fanciullo mi faceva ricadere nelle mie incertezze. Questa determinata riserva mi parve così straordinaria in un fanciullo, e dirò anzi in un essere umano qualunque, che senza fargli una violenza, alla quale la mia propria coscienza avrebbe ripugnato, volli spingere la cosa più lontano che mi fosse possibile e tentare gli ultimi sforzi per vincerlo in qualche cosa é sorprendere in fine il suo segreto. Questo segreto singolare mi stava soprattutto

a cuore. Per vincerlo su questo punto non risparmiai alcuna seduzione sino a quella misura che mi parve permesso.

Dopo molti tentativi e sforzi assolutamente inutili, una circostanza ben insignificante in apparenza mi offerse un’occasione che ho creduto per un momento favorevole.

“Aveva con me una borsa da viaggio, il cui lucchetto si chiudeva e si apriva col mezzo di un segreto che facea le veci di chiave. Siccome questo fanciullo è molto curioso, mette le mani su tutto, guarda tutto, e nel modo più indiscreto, non mancò di esaminare la mia borsa da viaggio, e vedendo ch’ io l’apriva senza chiave, mi domandò come io facessi. Gli risposi che era un segreto. Insistette vivamente perché glielo facessi conoscere. La parola segreto risvegliò nel mio spirito l’idea del suo.

Profittai della circostanza, e gli dissi: Mio fanciullo, questo è il segrelo mio, voi non avete voluto dirmi il vostro, io non vi dirò il mio, tutto ciò fu detto metà sul serio e metà scherzando.

“Non è la stessa cosa, mi rispose egli immediata- 130

mente. E perché? gli dissi. Perché mi è stato vie tato di dire il mio segreto: e non hanno vietato a voi di dire il vostro. La risposta era perentoria. Non mi tenni però per battuto; e senza aver l’aria di averlo ben compreso, gli dissi sul medesimo tuono: Postocché voi non mi avete voluto dire il vostro io non vi dirò il mio. Insistette; eccitai io medesimo le sue istanze e la sua curiosità. Apriva e chiudeva misteriosamente il mio lucchetto senza che potesse scoprire il mio segreto. Ebbi l’indegnità di tenerlo in questo modo riscaldato, appassionato ed in sospeso per più ore; dieci volte in questo frattempo il piccolo fanciullo ritornò violentemente alla carica. Volentieri, gli diceva io, ma ditemi anche voi il vostro segreto.

A queste parole tentatrici il fanciullo ricompariva immediatamente religioso, e tutta la sua curiosità sembrava svanirsi. Qualche tempo dopo mi pressava di nuovo. Gli faceva la medesima risposta ed incontrava sempre la medesima resistenza. Vedendolo immutabile, gli dissi in fine: Ma almeno, mio ragazzo, postocché volete che io vi dica il mio segreto, ditemi qualche cosa del vostro. Io non vi domando che me lo diciate interamente; ditemi: almeno quanto potete dirmene. Ditemi almeno se è una cosa favorevole od una sventura? non sarà dirmi il vostro segreto.

«Non lo posso. Fu, la sola sua risposta. Siccome eravamo in amicizia, rimarcai soltanto nel suo rifiuto e nel parlare un senso di dispiacere.

«Cedetti infine, e gli mostrai il segreto del mio lucchetto. Ne fu meravigliato, fece un salto di gioia, aprì, e chiuse più volte la borsa da viaggio. Gli dissi: vedete, io vi ho detto il mio segreto, e voi non mi avete detto, il vostro. Parve afflitto di questa nuova insistenza:

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e di questa specie di rimprovero. Credetti di non dover più insistere. Rimasi convinto, come lo sarà chiunque conosce l’indiscrezione umana, ed in particolare l’indiscrezione dei fanciulli, rimasi, dico, convinto che questo piccolo ragazzo avea vittoriosamente subito uno dei tentativi, una violenza morale delle più forti che si possano immaginare.

«Ciò non ostante presi quasi subito la cosa sopra un tuono più serio ancora e gli feci sostenere un nuovo assalto. Ecco quale ne fu l’occasione.

«Gli aveva dato qualche immagine, comperata sulla sommità della montagna. Non aveva che un cattivissimo cappello di paglia. Gliene comperai un altro rientrando nel borgo di Corps. Di più gli offrii di dargli inoltre ciò che desiderasse. Mi domandò una blouse. Gli dissi di andare a comperarne una. Essa costava cinquantotto soldi (di Francia) che io pagai. Andò a far vedere le immagini, la blouse ed il cappello di paglia a suo padre e ritornò a dirmi che suo padre era contentissimo. Mi aveva digià parlato con una certa affezione delle sventure e dei dispiaceri di suo padre; profittai pure dell’occasione della morte recente di sua madre, e nell’atto che mi rimproverava nel mio interno le tentazioni che faceva subire a questo fanciullo, gli dissi: Ma, mio fanciullo, se voi volete dirmi del vostro segreto ciò che potete dirne, si potrebbe fare del gran bene a vostro padre. Spinsi la cosa più in là. Io stesso, mio caro fanciullo, potrò procurargli molte cose e fare che stia con voi a casa sua tranquillo e felice senza mancare di nulla. Perché vi ostinate in questo modo a ricusare di dire del vostro segreto ciò che potete dirne, quando ciò potrebbe essere di tanto vantaggio a vostro padre e sollevarlo dall’afflizione?

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“Certamente la tentazione era molto forte. Il fanciullo era in piena confidenza. Non poteva dubitare della mia sincerità, e per la verità era disposto a fare tutto ciò che gli diceva. Egli lo vedeva, era cosa manifesta. Mi rispose a voce più bassa: No, signore, non lo posso.

Bisogna confessare che se egli avesse inventato una prima favola non gli era difficile di inventarne una seconda e di dirmi un segreto qualunque analogo al suo grande racconto, e la cui confidenza avrebbe avuto immediatamente per lui così grandi vantaggi.

“Preferì di fare la risposta che ho indicata, o piuttosto senza nulla preferire, mi fece questa risposta spontaneamente, semplicemente.

Non mi tenni ancora come interamente battuto, e spinsi la tentazione ancora più oltre, troppo in là forse, ma certamente sino agli ultimi confini; voi ne giudicherete e forse mi biasimerete.

“Una particolar circostanza faceva che io avessi con me una somma abbastanza rilevante in oro. Mentre girava intorno di me nella camera del mio albergo, esaminando tutti i miei effetti, mettendo le mani dappertutto come un vero mariuolo, caddero sotto i di lui occhi la mia borsa e quest’oro; se ne impossessò con gran premura, lo distese sopra la tavola, si mise a contarlo ed a farne dei mucchietti, dopo di averli fatti si divertiva disfarli e rifarli. Quando lo vidi ben contento e sorpreso dalla vista e dal maneggio di quest’oro, pensai che il momento era venuto per metterlo alla prova e conoscere con certezza la di lui sincerità. Gli dissi con amicizia: Ebbene! mio fanciullo, se voi mi diceste del vostro segreto ciò che potete dirmene, potrei darvi tutto quest’ oro per voi e per vostro padre. Ve

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lo darei tutto e subito, non siale in inquietudine, perché ho altro denaro per continuare il mio viaggio.

“Vidi allora un fenomeno morale, certamente molto singolare, e ne sono ancora colpito nel raccontarvelo. Il fanciullo era intieramente assorto dall’oro, godeva di vederlo, di toccarlo, di contarlo. Tutto, ad un tratto alle mie parole divien malinconico, si allontana bruscamente dalla tavola e dalla tentazione, e mi dice: Signore, non posso. Insistetti: Eppure vi sarebbe qui con che fare la vostra felicità e quella di vostro padre. Mi rispose ancora una volta: Non posso, in un modo e con una espressione ferma, quantunque molto semplice, che mi sentii vinto. Ciò non ostante per non dimostrarlo aggiunsi con un tuono che affettasse il malcontento, le spregio, l’ironia: Ma forse voi non volete dirmi il vostro segreto perché non ne avete. È uno scherzo. – Egli non mi parve offeso da queste parole, e mi rispose vivamente: Oh! sì, ne ho uno, ma non posso dirlo. Chi ve lo ha vietato? La Vergine Santa.

“Da quel momento cessai una lotta inutile. Sentii che la dignità del fanciullo era maggiore della mia; posai con amicizia e rispetto una mano sul suo capo; tracciai una croce sulla sua fronte e gli dissi: Addio, mio caro fanciullo, spero che la Santissima Vergine mi scuserà tutte le istanze che vi ho fatte. Siate per tutto il tempo di vostra vita fedele alla grazia che avete ricevuta. Dopo qualche momento ci lasciammo per non più rivederci.

“A delle interrogazioni, a delle offerte del medesimo genere, la piccola fanciulla mi aveva risposto: Oh! noi abbiamo abbastanza, non è necessario di esser così ricchi.

“Questo è il terzo segno di verità che ho rimarcato in questi fanciulli. Ora cosa pensare di tutto questo? E verità, errore o impostura?

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Tutto ciò non può spiegarsi ragionevolmente che con una delle quattro seguenti proposizioni.

Bisogna, 1° o ammettere la verità soprannaturale della apparizione, del racconto e del segreto de’ fanciulli. Ma è cosa assai grave e di una grande conseguenza. Se vi è nascosta una frode e che si scopra un giorno o dai fanciulli o da altri, la sincerità di tanti cuori religiosi ingannata, non avrà essa a soffrirne?

«2° O dire che sono stati ingannati, e che sono ancora il zimbello di una allucinazione. Ma chiunque ha fatto il viaggio di La Salette, ed esaminata ogni cosa non esiterà ad affermare che questa supposizione è assolutamente ridicola ed inammissibile.

3° Oppure che i fanciulli sono gli inventori di questa favola, che l’hanno immaginata da essi soli, e che soli la sostengono verso e contrò tutti pel corso di due anni senza contraddirsi, né smentirsi giammai. Da parte mia mi è assolutamente impossibile l’ammettere questa terza supposizione. La favola mi sembrerebbe qui più sorprendente che la verità.

4°. Oppure finalmente che vi è stato un inventore, un impostore nascosto dietro ai fanciulli, e che essi si sono prestati a rappresentare la parte che ha preparata per loro nella sua impostora, e che loro insegna ogni giorno a nuovamente rappresentarla.

Senza andare al fondo delle cose, come lo ha fatto il signor Rousselot, mi limiterò a rispondere che tutto ciò che precede ripugna a questa supposizione. L’inventore mi sembrerebbe tutt’assieme molto incapace nello scegliere per attori e testimoni d’una impostura così straordinaria degli esseri di quella natura, è molto abile nel far loro rappresentare una parte simile per lo spazio di due anni al cospetto di due o trecento mila spetta-

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tori successivi, osservatori, investigatori, interrogatori di ogni specie, senza che questi due fanciulli si siano mai traditi in nulla, una volta o l’altra; senza che alcuno abbia scoperto queste imposture; senza che una sola indiscrezione l’abbia fatto sospettare; e senza che ne sia apparso alcun indizio sino a questo giorno.

“Rimane adunque la prima supposizione, cioè a dire la prima verità soprannaturale, che si trova d’altronde molto solidamente confermata.

“1° Dal carattere sostenuto dai fanciulli;

2° Dalle risposte assolutamente al di sopra della loro età e della loro portata, che hanno fatte nei diversi interrogatori ai quali sono stati assoggettati;

“3° Dalla fedeltà straordinaria colla quale hanno conservato il segreto che pretendono essere stato loro confidato.

“Se io fossi obbligato di pronunciare e di dire sì, ovvero no, sopra questa rivelazione, e che dovessi essere giudicato per questo fatto nella sincerità rigorosa della mia

coscienza, direi piuttosto si che no. La prudenza umana e cristiana mi farebbe dire piuttosto si che no, e non crederei di avere a temere di essere condannato al giudizio di Dio, come colpevole di imprudenza e di leggerezza.

“Tutto vostro

APPENDICE: IL SEGRETO RITROVATO NEL 1999

Di seguito il contenuto della lettera di Melania al papa.

«Segreto che mi ha dato la Santa Vergine sulla Montagna di La Salette il 19 settembre 1846

Segreto

«Melania, sto per dirti qualcosa che non dirai a nessuno. Il tempo della collera di Dio è arrivato, se, quando avrai detto ai popoli ciò che ho detto adesso e che ti dirò di dire ancora; se, dopo ciò, essi non si convertiranno, non si farà penitenza e non si cesserà di lavorare la domenica e si continuerà a bestemmiare il santo nome di Dio, in una parola, se la faccia della terra non cambia, Dio si vendicherà contro il popolo ingrato e schiavo del demonio. Il mio Figlio sta per manifestare la sua potenza.

Parigi, questa città macchiata da ogni sorta di crimini, perirà infallibilmente, Marsiglia sarà distrutta in poco tempo. Quando queste cose succederanno, il disordine sarà completo sulla terra; il mondo si abbandonerà alle sue empie passioni.

Il Papa sarà perseguitato da ogni parte, gli si sparerà addosso, lo si vorrà mettere a morte, ma non gli potranno far nulla. Il Vicario di Dio trionferà ancora una volta.

I sacerdoti, i religiosi e i vari servi del mio Figlio saranno perseguitati e molti moriranno per la fede in Gesù Cristo. Regnerà in quel tempo una grande fame.

Dopo che saranno avvenute tutte queste cose, molte persone riconosceranno la mano di Dio su di loro e si convertiranno e faranno penitenza dei loro peccati.

Un grande re salirà sul trono e regnerà per alcuni anni.

La religione rifiorirà e si spanderà su tutta la terra e la fertilità sarà grande, il mondo, contento di non mancare di nulla, ricomincerà con i suoi disordini e abbandonerà Dio e si darà alle sue passioni criminali.

Vi saranno anche dei ministri di Dio e delle spose di Gesù Cristo che si abbandoneranno al disordine e questa sarà una cosa terribile; infine un inferno regnerà sulla terra: sarà allora che nascerà l’Anticristo da una religiosa, ma guai ad essa; molte persone gli crederanno perché si dirà venuto dal cielo, guai a coloro che gli crederanno; il tempo non è molto lontano, non passeranno due volte 50 anni.

Figlia mia, tu non dirai ciò che ti ho detto, non lo dirai a nessuno, se devi dirlo un giorno, tu non dirai quello che riguarda ciò, in definitiva non dirai più nulla finché non ti dico di dirlo.

Prego il nostro Santo Padre il Papa di darmi la sua Santa Benedizione.

Melania Mathieu, pastorella de La Salette. Grenoble, 6 luglio 1851»

Nel 1879 sotto l’egida e l’approvazione di monsignor Salvatore Luigi Zola, arcivescovo di Lecce, la pastorella di La Salette pubblica il messaggio completo:

«Melania, ciò che ti dirò adesso, non sarà sempre un segreto: lo potrai pubblicare nel 1858.

I Sacerdoti, ministri di mio Figlio, i Sacerdoti dico, per la loro cattiva condotta, le loro irriverenze e la loro empietà nel celebrare i santi misteri, per l’amore del denaro, l’amore degli onori e dei piaceri, i Sacerdoti sono diventati cloache d’impurità. Sì, i Sacerdoti chiedono vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Guai ai preti e alle persone consacrate a Dio che per la loro infedeltà e la loro cattiva condotta, crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio gridano verso il Cielo, attirano la vendetta, ed ecco che questa batte alla loro porta, perché non vi sono più anime generose, non vi è più alcuno degno di offrire all’Eterno la Vittima senza macchia in favore del mondo.

Dio colpirà in maniera senza pari.

Guai agli abitanti della terra! Dio sfogherà la sua collera e nessuno potrà sfuggire a tanti mali messi insieme. I capi, i condottieri del popolo di Dio, hanno trascurato la preghiera e la penitenza e il demonio ha ottenebrato la loro intelligenza; sono diventati quelle stelle erranti che il vecchio diavolo trascinerà con la sua coda per farli perire. Dio permetterà al vecchio serpente di mettere divisione fra i regnanti, in ogni società e in ogni famiglia; soffrirete pene fisiche e morali, Dio abbandonerà gli uomini a se stessi, e manderà dei castighi che si susseguiranno per più di trentacinque anni.

La società è alla vigilia dei più tremendi flagelli e di grandi avvenimenti; ci si deve aspettare di essere governati con verga di ferro e bere il calice della collera di Dio.

Il Vicario di mio Figlio, il Sovrano Pontefice Pio IX che non esca da Roma dopo l’anno 1859, ma che sia fermo e generoso, che combatta con le armi della fede e dell’amore; io sarò con lui. Che non si fidi di Napoleone; il cuore di costui è doppio, e quando vorrà essere contemporaneamente Papa e Imperatore, Dio si ritirerà da lui; egli è quell’aquila che volendo innalzarsi sempre di più, cadrà sulla spada di cui voleva servirsi per obbligare i popoli ad innalzarlo.

L’Italia sarà punita per l’ambizione di voler scuotere il giogo del Signore dei Signori; per questo sarà consegnata alla guerra; il sangue colerà da tutte le parti; le chiese saranno chiuse o profanate; i preti, i religiosi, saranno cacciati via; esse saranno messi a morte, e a una morte crudele. Molti abbandoneranno la fede, e il numero dei preti e religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande; fra costoro vi saranno anche dei Vescovi.

E che il Papa si guardi dagli operatori di miracoli, poiché è venuto il tempo in cui avverranno i più strabilianti prodigi in terra e nell’aria.

Nell’anno 1864 Lucifero e un gran numero di demoni saranno sciolti dall’inferno: aboliranno poco a poco la fede perfino nei consacrati a Dio; li accecheranno in modo tale che solo per una grazia particolare essi non prenderanno lo spirito di questi angeli cattivi; alcune case religiose perderanno interamente la fede e causeranno la dannazione di molte anime.

I libri cattivi abbonderanno sulla terra, e gli spiriti delle tenebre diffonderanno dappertutto un totale rilassamento per quel che riguarda il servizio di Dio. Essi avranno un grandissimo potere sulla natura; vi saranno delle chiese per servire questi spiriti. La gente sarà trasportata da un luogo all’altro da questi spiriti cattivi, anche i sacerdoti perché essi non hanno vissuto secondo lo spirito del Vangelo che è spirito di umiltà, carità e zelo per la gloria di Dio. I morti e i giusti saranno fatti risorgere (cioè: questi morti assumeranno l’aspetto di anime giuste che erano vissute sulla terra, con lo scopo di sedurre meglio gli uomini, ma non saranno altro che il demonio stesso sotto queste facce, predicheranno un altro Vangelo contrario a quello del vero Gesù Cristo, negando l’esistenza del Cielo. Tutte queste anime appariranno come unite ai loro corpi).

Vi saranno prodigi straordinari ovunque, poiché la vera fede s’è spenta e una falsa luce illumina il mondo. Guai ai Principi della Chiesa che si saranno occupati ad accumulare ricchezze su ricchezze, a salvaguardare la loro autorità e a dominare con orgoglio!

Il Vicario di mio Figlio soffrirà molto, poiché per un certo tempo la Chiesa sarà abbandonata a grandi persecuzioni. Sarà il tempo delle tenebre. La Chiesa passerà una spaventosa crisi.

Essendo dimenticata la santa fede di Dio, ogni individuo vorrà guidarsi da solo, ed essere superiore ai suoi simili. L’autorità civile ed ecclesiastica sarà abolita, ogni ordine ed ogni giustizia sarà messa sotto i piedi, non si vedranno che omicidi, odi, gelosie, menzogne e discordie, senza amore per la patria e per la famiglia.

Il S. Padre soffrirà molto. Io sarò con lui fino alla fine per ricevere il suo sacrificio.

I malvagi attenteranno più volte alla sua vita senza però poter nuocere ai suoi giorni; ma lui, il suo successore (che non regnerà molto) vedranno il trionfo della Chiesa di Dio.

I governanti civili avranno tutti il medesimo scopo, di abolire cioè e far scomparire ogni principio religioso, per dar posto al materialismo, all’ateismo, allo spiritismo, e ad ogni specie di vizio.

Nell’anno 1865 si vedrà l’abominazione nei luoghi santi; nei conventi, i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio sarà il re dei cuori. Quelli che sono a capo delle comunità religiose, stiano attenti a quelli che dovranno ricevere, perché il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone viziose, perché il disordine e l’amore ai piaceri carnali saranno diffusi su tutta la terra.

La Francia, l’Italia, la Spagna e l’Inghilterra, saranno in guerra, il sangue scorrerà per le strade; il francese si batterà col francese, l’italiano con l’italiano. Infine vi sarà una guerra generale, che sarà spaventosa. Per un certo tempo, Dio non si ricorderà più della Francia, né dell’Italia, perché il Vangelo di Gesù Cristo non sarà più conosciuto. I cattivi useranno tutta la loro malizia; si uccideranno, mi massacreranno a vicenda, perfino nelle case.

Al primo colpo della sua spada sfolgorante, le montagne e tutta la natura tremeranno dallo spavento, perché i disordini e i delitti degli uomini squarceranno la volta del cielo. Parigi sarà bruciata e Marsiglia inghiottita; diverse grandi città

saranno scosse e inghiottite dai terremoti, si crederà che tutto è perduto; non si vedranno che omicidi, non si sentirà che rumore di armi e bestemmie. I giusti soffriranno molto; le loro preghiere, le loro penitenze e le loro lacrime saliranno fino al Cielo, e tutto il popolo di Dio domanderà perdono e misericordia, e chiederà il mio aiuto e la mia intercessione. Allora Gesù Cristo, con un atto della sua giustizia e della sua grande misericordia per i giusti, comanderà ai suoi Angeli, che tutti i suoi nemici siano messi a morte. Ad un tratto, i persecutori della Chiesa di Gesù Cristo e tutti gli uomini votati al peccato periranno e la terra diventerà come un deserto.

Allora vi sarà la pace, la riconciliazione di Dio con gli uomini; Gesù Cristo sarà servito, adorato e glorificato; la carità fiorirà dappertutto. I nuovi Re saranno il braccio della Santa Chiesa, che sarà forte, umile, pia, povera, piena di zelo e imitatrice delle virtù di Gesù Cristo. Il Vangelo sarà predicato dappertutto, e gli uomini faranno grandi progressi nella fede, poiché vi sarà unione fra gli operai di Gesù Cristo e gli uomini vivranno nel timor di Dio.

Questa pace fra gli uomini non durerà a lungo; venticinque anni di raccolto abbondante saranno sufficienti per far loro dimenticare che i peccati degli uomini sono la causa di tutte le pene che piombano sulla terra.

Un precursore dell’Anticristo, con le truppe di diverse nazioni, combatterà il vero Cristo, il solo Salvatore del mondo; spargerà molto sangue e vorrà annientare il culto di Dio per farsi considerare come Dio.

La terra sarà colpita da ogni specie di castighi (oltre la peste, la fame) che saranno generali; le guerre si susseguiranno fino all’ultima che sarà condotta dai dieci re dell’Anticristo, i quali avranno tutti un unico intento e saranno i soli a governare il mondo. Prima che ciò si verifichi, vi sarà una specie di falsa pace nel mondo, si penserà soltanto a divertirsi, i cattivi si abbandoneranno ad ogni specie di peccato; ma i figli della Santa Chiesa, i figli della Fede, i miei veri imitatori, cresceranno nell’amor di Dio e nelle virtù che mi sono più care. Beate le anime umili, condotte dallo Spirito Santo! Io combatterò con loro finché non saranno arrivate alla pienezza della loro età.

La natura chiede vendetta per gli uomini, e freme di spavento in attesa di ciò che deve accadere alla terra insozzata di delitti!!

Tremate, terra, e voi che fate professione di servire Gesù Cristo e che al di dentro adorate voi stessi! Tremate; poiché Dio vi consegnerà al suo nemico, perché i luoghi santi sono nella corruzione; molti conventi non sono più case di Dio, ma pascolo di Asmodeo e dei suoi.

Durante questo tempo nascerà l’Anticristo, da una religiosa ebrea, da una falsa vergine che sarà in comunicazione con il vecchio serpente, il maestro di impurità; suo padre sarà Vescovo; nascendo vomiterà bestemmie, avrà dei denti; in una parola sarà l’incarnazione del diavolo, emetterà grida spaventose, farà prodigi, non si nutrirà che d’impudicizia. Avrà dei fratelli che, sebbene non saranno come lui dei demoni incarnati, saranno figli del male; a 12 anni si faranno notare per le valorose vittorie che riporteranno; in poco tempo ciascuno sarà alla testa di armate, assistiti da legioni infernali.

Le stagioni cambieranno; la terra produrrà soltanto frutti cattivi; gli astri

perderanno i loro movimenti regolari, la luna metterà solo una debole luce rossastra; l’acqua ed il fuoco daranno al globo terrestre dei movimenti convulsi ed orribili terremoti che faranno inghiottire montagne, città, ecc.

Roma perderà la fede e diverrà la sede dell’Anticristo.

I demoni dell’aria con l’Anticristo faranno grandi prodigi sulla terra e nell’aria, e gli uomini si pervertiranno sempre più. Dio avrà cura dei suoi fedeli servitori e degli uomini di buona volontà; il vangelo sarà predicato ovunque, tutti i popoli e tutte le nazioni avranno conoscenza della verità!’ “Rivolgo un pressante appello alla terra: chiamo i veri discepoli del Dio vivente e regnante nei Cieli; chiamo i veri imitatori del Cristo fatto uomo, il solo vero Salvatore degli uomini, chiamo i miei figli, i miei veri devoti, coloro che si sono dati a me perché li conduca al mio divin Figlio, coloro che io porto per così dire nelle mie braccia, coloro che sono vissuti del mio spirito; chiamo infine gli Apostoli degli Ultimi Tempi, i fedeli discepoli di Gesù Cristo, che sono vissuti nel disprezzo del mondo e di se stessi, nella povertà e nell’umiltà, nel disprezzo e nel silenzio, nella preghiera e nella mortificazione, nella castità e nell’unione con Dio, nella sofferenza e sconosciuti dal mondo. E’ tempo che escano e vengano a rischiarare la terra. Andate, e mostratevi come i miei figli prediletti; io sono con voi, perché la vostra fede sia la luce che vi rischiari in questi giorni di sventura. Che il vostro zelo vi renda come degli affamati della gloria e dell’onore di Gesù Cristo. Combattete, figli della luce, piccolo numero che ci vedete; poiché ecco il tempo dei tempi, la fine delle fini. La Chiesa sarà eclissata, il mondo sarà nella costernazione: Ma ecco Enoch ed Elia ripieni dello Spirito di Dio; essi predicheranno con la forza di Dio, e gli uomini di buona volontà crederanno in Dio e molte anime saranno consolate; faranno grandi progressi in virtù dello Spirito Santo e condanneranno gli errori diabolici dell’Anticristo.

Guai agli abitanti della terra! Vi saranno guerre sanguinose e carestie, epidemie di peste e di malattie contagiose; vi saranno delle piogge di una spaventosa grandine di animali, dei tuoni che scuoteranno le città, dei terremoti che inghiottiranno i paesi; si sentiranno delle voci nell’aria; gli uomini sbatteranno la testa contro i muri; invocheranno la morte, e d’altro canto, la morte farà il loro supplizio; il sangue scolerà ovunque. Chi potrà vincere, se Dio non accorcia il tempo della prova? Per mezzo del sangue, delle preghiere e delle lacrime dei giusti, Dio si lascerà piegare; Enoch ed Elia saranno uccisi; Roma pagana sparirà; cadrà il fuoco dal cielo e consumerà tre città; l’intero universo sarà colpito dal terrore, e molti si lasceranno sedurre, perché non hanno adorato il vero Cristo vivente in mezzo a loro. E tempo; il sole si oscura; la fede soltanto vivrà.

Ecco il tempo; l’abisso si apre. Ecco il re delle tenebre. Ecco la bestia coi suoi sudditi, che si dice salvatore del mondo. S’innalzerà con orgoglio nell’aria per andare fino al cielo, sarà però soffocato dal soffio di San Michele Arcangelo. Cadrà, e la terra che, da tre giorni sarà in continue evoluzioni, aprirà il suo seno pieno di fuoco; egli sarà scaraventato per sempre, con tutti i suoi, negli abissi eterni dell’inferno.

Allora l’acqua ed il fuoco purificheranno la terra, e consumeranno tutte le opere dell’orgoglio degli uomini, e tutto sarà rinnovato: Dio sarà servito e glorificato».

INDICE

DEI CAPITOLI PRINCIPALI E DE’ PARAGRAFI PIU’INTERESSANTI DELLA RELAZIONE.

    • Decreto dell’Illustr. e Rever. Mons. Vescovo di Grenoble, che autorizza la stampa del Rapporto.1

    • Introduzione al Rapporto sopra La Salette.3

    • Quali sono i principi di certezza, dietro i quali devesi apprezzare il Fatto di La Salette 4

    • Se debba ammettersi che si operino ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica 7

    • Santi e Sante state canonizzati solennemente nel secolo diciottesimo 9

    • Prove della costante assistenza accordata alla Chiesa cattolica 12

    • In qual modo si riconosca, che un fatto straordinario è veramente straordinario e miracoloso 15

    • Quale sia stata l’opinione dei membri della Commissione episcopale sopra la relazione del fatto di La Salette 17

    • La Verità sopra l’Avvenimento di La Salette. – Rapporto de’ Commissari delegati a raccoglierne i documenti 25

    • Descrizione de’ luoghi 27

    • I pastori. Loro qualità fisiche e morali 30

    • Racconto di Melanie su quanto precedette l’apparizione e sui termini coi quali la B. Vergine diresse la parola ai fanciulli 43

    • Ascensione della B. Vergine dopo il dialogo 48

    • Descrizione delle vesti e degli ornamenti che portava la B. Vergine 49

    • Racconto di Maximin che riconferma quello fatto da Melanie 54

    • Segreto dei due pastorelli.60

    • ART. I. Prove ricavate dal fatto in stesso 64

    • » II. Il fatto di La Salette ammesso nei luoghi medesimi ove è accaduto 80

    • » III. Il racconto dei fanciulli, ovvero il fatto di La Salette ammesso da migliaia di persone accorse sul luogo da ogni parte 82

    • » IV. Conseguenze straordinarie del fatto di La Salette che ne sono divenute la prova 87

    • Mandamento di Mons. Vescovo di Grenoble col quale autorizza l’erezione di un nuovo Santuario a Maria sulla montagna di La Salette 89

    • Elenco dei miracoli avvenuti in dodici diocesi della Francia per l’intercessione della B. Vergine di La Salette 101

    • Nota interessante sui miracoli avvenuti posteriormente al Rapporto dei Commissari, dai rispettivi Ordinari, riconosciuti e giudicati veri.112

    • Lettera di Mons. Dupanloup Arcivescovo di Orleans sulle verificazioni ed indagini da esso fatte sul luogo in seguito alla prodigiosa apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette 113

    • Carattere invariabile dei fanciulli 114

    • Risposte date dai fanciulli nei diversi interrogatori riconosciute al di sopra della loro età, e della loro portata 121

    • Fermezza e fedeltà de’ fanciulli nel conservare il segreto. Coscienzioso giudizio di Monsignor Dupanloup in allora vicario generale.126

      LA VERITÀ DELL’AVVENIMENTO DI LA SALETTE

      del 19 settembre 1846

      OVVERO RAPPORTO PRESENTATO A MONS. VESCOVO DI GRENOBLE DAI DUE COMMISSARI INCARICATI DI RACCOGLIERE E VERIFICARE I FATTI COMPROVANTI L’APPARIZIONE DELLA B. VERGINE A DUE PASTORELLI SULLA MONTAGNA DI LA SALETTE, CANTONE DI CORPS (ISÉRE)

      TRADUZIONE DAL FRANCESE del CAV. ANTONIO RE

      Die 27 Aug. 1852.

      Admittitur

      Pro Excell. et Reverend. D. D. Archiep. Mediol. Antonius Turri Archipr. Antonius Turri Archipr

      Con in APPENDICE: IL SEGRETO RITROVATO NEL 1999

      INTRODUZIONE.

      Alcuni, al primo scorgere dal solo titolo di questo opuscolo, che si tratta d’un avvenimento soprannaturale, come quelli che non prestano fede a miracoli di nessuna sorta, crolleranno tosto disdegnosi il capo, gridando al pregiudizio ed all’impostura.

      Altri, sebbene, come cattolici, non neghino essersi operati e potersi operare prodigi superiori alle forze della natura, pure, perché dall’umana ignoranza e malizia se ne spacciarono tanti di falsi con grande discredito della religione, crederanno obbedire alla prudenza, non dando il loro assenso all’apparizione della B. Vergine di La Salette e temendo, se non frode, almeno inganno od illusione. Noi ci rallegriamo con noi stessi di non essere obbligati a spendere né per quelli, né per questi le poche e semplici

      IV

      linee, che premettiamo a questo libro. Le questioni discusse e con tanta sapienza sciolte prima della relazione del fatto, le prove estrinseche dello stesso, e, se possiamo così esprimerci, i suoi caratteri intrinseci, sono tali che non sc ne potrebbe dubitare senza dar bando ad ogni criterio logico. Noi adunque ci limitiamo a pregare in cortesia i primi ed i secondi, che vogliano spendere qualche brev’ora nello scorrere questo volumetto, e poi dirci dietro quali ragioni credono poter negare il fatto che vi è narrato, e, posta la verità del fatto, come pensano poterlo spiegare colle leggi della natura. Chi sa? o il sincero e vivo desiderio del bene altrui ci illude, o a ragione portiamo ferma fiducia che chi farà la consigliata lettura con animo posato, coscienzioso, amico del vero, inchinerà anch’egli il suo intelletto ad ammettere

      l’apparizione della B. Vergine di La Salette. Il che sarà certo per lui di grande giovamento.

      Noi non dobbiamo nemmeno distenderci con molte parole, per rispondere a certuni di piena buona fede, ma eccessivamente prudenti, diremo anzi scrupolosi, i quali non approveranno la pubblicazione d’un nuovo miracolo in tempi di miscredenza, in cui si mettono in derisione gli antichi, stimeranno anzi imprudenza il porgere con essa occasione di bestemmiare la vera fede.

      V

      Ma non vedono costoro con chi se la pigliano? Se la pigliano, non dirò con Vescovi chiari per pietà e sapienza, non dirò colla Francia cattolica, ma con Dio. Iddio stesso ha operato il miracolo; ed il miracolo non è egli tale, che richiedeva vi si desse pubblicità? Non ha ottenuta in breve tempo una pubblicità prodigiosa? Non vedi in tutto il dito di Dio? Del resto, guai a noi se dovessimo astenerci dal bene, ogni volta che i cattivi ne abuseranno al male! La religione e la virtù avrebbero sempre i ceppi alle mani ed ai piedi, e dovrebbero ancora seppellirsi nelle catacombe. Ma Gesù Cristo ha preceduto questa sorta di scandalo, e ci ha intimato di non farne caso, dicendo de’ Farisei, dai quali quello scandalo piglia il nome: Sinite eos, cæci enim sunt. Compiangiamo adunque chi converte la medicina in veleno, ma non neghiamo la medicina a chi ne userà a salute. L’apparizione della B. Vergine di La Salette fu una medicina per la Francia, dove è avvenuta, e può, deve esserlo anche per noi.

      Anche tra noi quei delitti, cui la B. Vergine rinfaccia ai Francesi, anche tra noi il vizio orrendo della bestemmia, ed una impudente profanazione dei giorni festivi; e però perché non diremo che il pietoso avviso dato ai Francesi riguarda pur noi? Perché quindi non sarà cosa salutare il dar opera a pubblicarlo anche nel

      VI

      l’Italia nostra? Tornano qui opportune le seguenti parole di monsignor Vescovo di Grenoble (4):

      “Parole (quelle di Maria), discese tanto dall’alto, dovevano avere un eco immenso, ed essere intese da tutte le nazioni, come il luogo, ove essa apparve, doveva, sembrami, essere abbastanza elevato, perché fosse veduto da tutti i popoli La B. Vergine

      apparve a La Salette pel bene di tutto il mondo: chi potrebbe dubitarne?»

      Noi indirizziamo il nostro discorso a quelle anime, le quali congiungendo alla prudenza del serpente la semplicità della colomba, se da un canto, come vuole l’Apostolo, niente ammettono che non sia provato, dall’altro canto non dubitano dovere il cristiano ritenere per abbastanza provato ciò a cui l’ecclesiastica autorità ha posto il suo suggello. E ci è pur caro il parlare a costoro, perché, resa inutile ogni

      polemica, possiamo solo distenderci in pie riflessioni, e additare come questo libro debba servire non a pascolo di curiosità, ma ad edificazione.

      E certamente dal fatto dell’apparizione della B. Vergine di La Salette può derivarsi gran frutto

      (1) Per essere giunta assai tardi a nostra cognizione la pastorale qui citata di monsignor Vescovo di Grenoble, non si è potuta aggiungere in fine di questa traduzione. Perché però è di somma importanza, le diam posto subito dopo questa introduzione.

      VII

      di gratitudine a Dio, di fiducia nella divina misericordia, di timore della divina giustizia, d’emendazione di vita, di confidenza tenera e figliale nella divina nostra madre Maria. Volere a lungo descrivere i mali morali dell’età presente sarebbe opera quanto facile, altrettanto inutile: parlano abbastanza chiaramente i fatti, e gli sforzi che si fanno per porre a quelli un rimedio. Ora i fatti sono manifestamente tali, che a torto sarebbe accusato qual uomo d’umore malinconico e bilioso, qual profeta di sciagure, chi dicesse che non sono i più efficaci a renderci propizio il Signore.

      Dunque che farà il Signore?… La sua mano ha già pesato e pesa ancora sui popoli: non li colpirà con nuovi e più gravi flagelli? Sono pure tremende queste parole della

      B. Vergine ai due pastorelli di La Salette: «Se il mio popolo non si vuol sottomettere, sono costretta di lasciar libera la mano di mio Figlio. Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla». Elle significano chiaramente, da un lato che è quasi colma la misura de’ nostri peccati, dall’altro lato, che già fuma il calice della vendetta e sta per versarsi in capo agli impenitenti. Dunque?… Se temiamo, n’abbiamo ben d’onde; ma sia benedetto il Signore, che rimette in nostra mano le nostre sorti! Lo sappiamo dalla Fede che il Signore nostro è il Dio propiziabile, che egli

      VIII

      non indugia a convertirsi a chi si converte a lui, che se il peccatore si umilia e si pente, Ei ripone nel fodero la spada del suo rigore, che se è giusto del nostro, è del suo infinitamente misericordioso. Ma perché sovrabbondi la sua grazia dove abbonda il nostro delitto, per iscuotere la nostra Fede languida ed assopita, per toccarci più sensibilmente, Egli pietoso ci richiama alla mente e conferma quelle consolanti verità con un prodigio in sé stesso sì grande, e suggellato da cen to altri miracoli; con un prodigio, che si chiaramente ci rivela che cosa Egli vuole da noi; con un prodigio fra tanti che avvennero in passato, e si raccontano avvenuti a’ nostri giorni, de’ più efficaci a scuotere le menti e i cuori. Il Signore che invia la B. Vergine ad avvertirci della sua collera vicina a scoppiare, e delle cause, che l’hanno provocata, con questo fatto mostra il cuore d’un padre che non vorrebbe punire, e severo perché amoroso avvisa i figli dei colpi che loro sovrastano, perché sappiano a tempo evitarli. Con esso ci ripete quella promessa scritta in Geremia al capo XVIII: Se quella nazione farà

      penitenza del suo male che io le rimproverai, mi ripentirò io pure del male che pensava di farle. Sicché l’avvenimento di La Salette è sì una minaccia di giustizia, ma ancora, anzi per questo specialmente, un pegno ed una promessa

      IX

      di misericordia, è uno stimolo di timore ed un eccitamento di speranza, è un invito a ridurci a miglior luogo; è una grazia che richiede viva gratitudine e pronta e fedele corrispondenza. Chi to leggesse, e non ne pigliasse occasione di migliorare la vita, egli, bisogna dirlo, avrebbe fatta una lettura inutile, vorrei anzi aggiungere, una lettura, per l’abuso del dono di Dio, perniciosa.

      I lettori di queste pagine non saranno rei di que’ delitti, contro i quali tuona sì terribile per mezzo di Maria la divina Giustizia; ma non avranno anch’essi bisogno di qualche riforma? E a questa devono dar opera sincera e fervorosa. Non possono essi studiarsi di santificare con più ardente pietà i giorni del Signore, e d’onorare con più viva fede il santo nome di Gesù Cristo, massimamente lodandolo, almeno nel lor cuore, quando odono altri profanarlo? Che ciò facciano lo vuole la carità di Dio e degli uomini.

      Perché poi non potrebbero, tutti coll’orazione e col buon esempio, molli ben usando dei diritti cui dà l’amicizia, l’autorità, la condizione dello stato e con altri mezzi, che sono in lor mano, adoperarsi, per impedire quei disordini, ridurre a miglior luogo i traviati, promuovere il culto divino? In Francia è già sorta, e produce non pochi frutti, una pia associazione, il cui scopo è appunto promuovere la santifica-

      X

      zione de’ giorni festivi. E noi imiteremo solo il male di quel paese e non il bene? Oh, quanto una simile associazione sarebbe salutare anche tra noi! Oh, se i buoni non congiurano santamente a togliere gli scandali e a diffondere il bene, non andranno anch’ essi avvolti ne’ castighi de’ cattivi? Buon lettore, medita queste parole.

      Ma l’avvenimento di La Salette dee produrre in noi un altro saluberrimo frutto. I divoti di Maria ci hanno già intesi. Lo so, o figli di sì amabile madre, voi non avete bisogno di nuovi argomenti per convincervi quanto ella sia buona, amorosa, potente; voi vi compiacete di ripetere a voi stessi, che quanto Iddio può col comando, la Vergine lo può colla preghiera; ma se novelli fatti nulla possono aggiungere alla convinzione, sarà pur vero che non possano rinfocare il sentimento? Che se non portano nuova luce alla mente, non valgano ad infiammare l’affetto? Se non accrescono la certezza del credere, non giovino a raddoppiare il fervore dell’operare? E perché Iddio sceglie Maria a strumento delle sue misericordie? Perché ci fa sapere da lei, che è dessa quella che perora per noi e tien sospesi i suoi flagelli? La risposta non può essere né dubbia né tarda, ed anch’essa ci manifesta quanto preme al Signore, che noi schiviamo i fulmini della sua Giustizia. Per condurci per mezzo di Maria a

      XI

      sé, per offrirci un mezzo sì facile e sì potente di conversione, per darci in tempi, in cui n’abbiamo tanto bisogno, un’arra di scampo e di salute. Nessuno, credo io, leggerà questo libro, senza toccar con mano queste due verità, che cioè Maria ci vuole e ci può fare tutto il bene. Chi legge queste parole: «è del tempo che soffro per voi altri!

      Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni, devo pregarlo costantemente. Voi

      potete ben pregare, ben fare, giammai non potrete ricompensare la sollecitudine che mi sono data per voi altri» chi, dico, legge queste parole non potrà non restarne intenerito e consolato. Parmi vedere una madre che si pone tra il figlio colpevole ed il padre giustamente sdegnato, e prega, e piange, e facendo dolce violenza ferma in aria la mano già levata a percuotere. Quanta bontà di cuore! Quanta efficacia di mediazione! Sia benedetto Iddio che, nella sua misericordia, ci diede tanta mediatrice, ma siate benedetta, ancor voi, o Maria! Se non fummo schiacciati dalla divina Giustizia, noi ne siamo debitori a voi, rifugio de’ peccatori, ajuto de’ cristiani, madre di grazia e di misericordia. Che se la Vergine tanto fece ed ottenne per noi assonnati nella colpa, che non farà, che non otterrà, se confidenti a lei ricorreremo con un cuore mutato? Ve lo diranno le molte grazie miracolose, che, come

      XII

      leggerete in questo volumetto, furono per la sua intercessione conseguite, ve lo dirà il concorso straordinario d’innumerevoli pellegrini, che da tutte le parti pieni di singolare fiducia, opera del cielo, si recarono a visitare il luogo dell’apparizione; ve lo dirà la confidenza de’ vescovi e de’ pii che s’adoprano con tanto zelo a levare un tempio, che sia come il trono della misericordia di Maria. Se non che grande speranza nella intercessione della B. Vergine di La Salette Iddio ha suscitata anche tra noi, anche nella nostra Milano, e non indarno. A tacere per ora d’altre grazie singolari ottenute dietro l’invocazione della Madonna di La Salette, e l’uso dell’acqua della fonte miracolosa, molte e molte persone degnissime di fede possono rendere testimonianza della istantanea guarigione d’una giovane da più anni inferma d’una malattia gravissima e ribelle a tutti i rimedi dell’arte. Rideranno all’annunzio di tal fatto (1) taluni, i quali pure ammettono colla

      (1) Questo ed altri fatti di simil natura, venuti a nostra notizia, per quanta sia la nostra persuasione che, almeno alcuni, sono miracolosi, confessiamo però che per ora non possono essere ritenuti tali se non per fede umana. Quando agli argomenti della logica s’aggiungesse il peso d’un giudizio ecclesiastico, noi ci recheremo a dovere di pubblicarlo, e di dare ad un tempo un elenco delle grazie prodigiose concesse anche tra noi per l’intercessione della Beata Vergine di La Salette.

      XIII

      credulità la più superstiziosa tutte le stranezze attribuite al magnetismo animale; ma col riso non si scioglie nessuna questione, e al riso, d’ordinario prova non di ricchezza, ma di povertà di ragioni, non si risponde. Noi quindi rifletteremo piuttosto,

      al nostro proposito, che, per tutte le cose discorse è evidente che il Signore col prodigioso avvenimento di La Salette, e con tutti quei fatti che vi tennero dietro, volle invitare i popoli a riaccendersi nell’amore di Maria, a mettere in lei una singolare confidenza, a riparare sotto il manto della sua protezione. Beata la Francia che intese la voce di Dio, e tutta è calda di zelo per offrire più splendido culto alla B. Vergine, e perpetuare la memoria della pietosa sua apparizione! Per quanto gravi siano i mali da cui è percossa, fino a quando la durerà in sì bella e fervorosa divozione, vi sarà tutto a sperare per lei. Beati i popoli che, come pur troppo hanno presa la Francia a modello in ciò che da nessuno dovrebbe mai essere imitato, così vorranno seguire il suo esempio nell’onorare la gran madre di Dio e degli uomini! Non può essere che non sia per risplendere un avvenire più bello. Il tutto intanto, il tutto sta qui: arrendersi ai disegni pietosi di Dio, e, lasciando quei peccati che provocano la sua giustizia, gettarsi in seno a Maria, come figli ravveduti in braccio alla madre. Il re-

      XIV

      sto lo farà Maria. Tale adunque, o lettore, tale sia per te il frutto della lettura di questo libro. Ringrazia con cuore la Vergine di quanto fa continuamente per allontanare dal nostro capo i flagelli di Dio, pregala senza interruzione, che non si stanchi di perorare per noi, scongiurala che ci ottenga specialmente la conversione del cuore, promovi, quanto sta in poter tuo, il suo culto, concorri con quei mezzi, de’ quali puoi disporre, ad alzarle templi ed altari. Dopo che Iddio parlò sì chiaro, non accendersi, lo dirò, di uno straordinario entusiasmo per la divina Maria, e non offrirne degne prove, ci parrebbe ingratitudine, indifferenza, avversione del vero nostro bene. E se poi i tempi non si facessero migliori?… Se Iddio stanco desse mano ai castighi? la colpa, o

      lettore, di chi sarebbe? Ma lasciamo da parte i sinistri presagi: noi vogliamo entrare nelle mire del Signore; noi vogliamo affidarci a Maria, e per Maria tutto ci lice sperare.

      Sacerdote LUIGI SPERONI Professore nel Seminario Arcivescovile,

      Parroco di S. Sepolcro.

      Lettera Pastorale e Mandamento di Monsignor Vescovo di Grenoble, che partecipa la posizione della prima pietra del Santuario della Beata Vergine di La Salette (1).

      FILIBERTO DI BRUILLARD PER LA GRAZIA DIVINA

      E LA GRAZIA DELLA SANTA SEDE APOSTOLICA VESCOVO DI GRENOBLE

      Al Clero e ai fedeli della nostra Diocesi salute e benedizione nel nostro Signore Gesù Cristo.

      Carissimi Fratelli.

      Dall’origine del Cristianesimo a questa parte è accaduto ben di rado che un Vescovo avesse a proclamare la verità d’una apparizione dell’augusta Madre di Dio. Questa fortuna il Cielo la riservava a noi, senza che ne avessimo il merito personale, come una prova sensibile della sua bontà misericordiosa verso i nostri diletti Diocesani. È una missione onorevo-

      (1) Del Santuario che si sta costruendo, il solo coro avrà circa 250 metri quadrati; ed ultimato che esso sia conterrà circa tremila persone. Due fabbricati perfettamente regolari saranno contigui al Santuario; l’uno servirà per abitazione dei Missionari e l’altro per ricevere i pellegrini.

      XVI

      lissima cui ci è dato di adempire; è un dovere sacro del quale noi dovevamo sdebitarci; è un diritto che ci è conferito dai santi canoni e del quale abbiamo dovuto far uso per non renderci punibili di una resistenza colpevole alla voce del Cielo è di una opposizione biasimevole ai voti che ci venivano da ogni parte espressi.

      Perciò il nostro Mandamento del 19 settembre è stato accolto con una soddisfazione universale. L’opinione generale aveva preceduto la nostra decisione, e il nostro giudizio dottrinale non ha fatto che dargli la sanzione che gli mancava per diventare una certezza piena ed intera.

      Abbiamo ricevute delle adesioni, delle felicitazioni, diversi doni e delle promesse di soccorso per il Santuario di La Salette, da molti Principi della Chiesa e da un gran numero dei nostri venerabili Colleghi. Molti anzi di essi hanno fatto pubblicare nella loro Diocesi il nostro Mandamento, e specialmente il dispositivo nel quale provochiamo il concorso generale dei sacerdoti e dei fedeli tanto della Francia che dell’estero. Noi non parliamo qui delle adesioni del Clero del secondo ordine, dei fedeli pii ed istruiti; esse sono senza numero. Ve ne sono di molte Diocesi, di tutti i paesi, dell’oriente e dell’occidente, del nord e del mezzogiorno.

      Il nostro Mandamento è stato anche riprodotto dalla stampa religiosa della Capitale e dei Dipartimenti. Otto giorni dopo la sua pubblicazione nella nostra Diocesi, il venerabile Vescovo di Gand lo faceva tradurre in fiammingo e lo diffondeva in tutto il Belgio. Poco dopo appariva tradotto in inglese in un foglio cattolico di Londra. Un foglio religioso di Soletta (Svizzera), e due

      XVII

      altri di Augusta lo pubblicavano in tedesco. Tradotto in italiano apparve prima a Milano e Genova, ed in fine il primo di questo mese l’Osservatore romano riceveva il permesso di darvi luogo nelle sue colonne. Così doveva essere, carissimi fratelli. Non è invano che la Madre misericordiosa si è degnata visitare i figli degli uomini. Non è invano che alla vista dei disordini che eccitano la collera di suo Figlio, Ella è venuta, direbbesi, a rifugiarsi nelle nostre montagne, a versare delle lagrime, ed avvertirci de’ castighi che ci erano riservati, se non ci convertivamo, a ricordarci il timor di Dio, il rispetto per il santo suo nome, la santificazione della domenica, l’osservanza di tutti i comandamenti di Dio e della sua Chiesa. Parole discese tanto dall’alto dovevano sommamente risuonare ed essere intese da tutte le nazioni, come il luogo. ove Essa apparve mi sembra dovesse essere abbastanza elevato per essere veduto da tutti i popoli. Riportatevi, all’origine di questo grande avvenimento: vedete il suo nascere quasi incognito, la sua diffusione pronta, rapida attraverso la Francia e l’Europa, il suo volo nelle quattro parti del mondo, infine il provvidenziale suo arrivo nella capitale del mondo cristiano. A Dio onore e gloria! Noi non siamo stati che un debole istromento dell’adorabile sua volontà. All’augusta Ver-, gine di La Salette è dovuto questo successo inaudito, prodigioso; Essa sola aveva tutto disposto per conseguire questo non isperato risultato; Essa sola aveva trionfato di tutti gli ostacoli, risolte tutte le obbiezioni, annichilate tutte le difficoltà; Essa sola aveva preparata la riuscita; Essa sola saprà coronare la sua opera. Per parte nostra non abbiamo che a ringraziarla mille volte della scelta tutta gratuita ch’ Essa

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      ha fatto di noi per essere l’araldo della sua gloria e della misericordiosa protezione colla quale Le piace di sempre tutelare la nostra diletta Diocesi, la nostra cara patria ed il mondo intero.

      1. Frattanto, nostri carissimi Fratelli, noi non abbiamo finora adempiuto se non una parte della grande missione che il cielo ci ha affidata; un’altra non meno bella, non meno importante alla gloria di Dio, alla Vergine senza macchia, alla felicità della nostra Diocesi ed al bene della Francia intera, ce ne resta a compire; e per compirla noi non risparmieremo né cure, né pene, né sacrifici; troppo fortunati di consacrare il restante della nostra lunga carriera alla fondazione di un nuovo pellegrinaggio, all’onore di Quella che tanto giustamente è proclamata soccorso de’ cristiani, rifugio

      de’ peccatori, consolatrice degli afflitti e salute degli infermi; pellegrinaggio che coll’andar de’ tempi, sarà per il popolo cristiano la fortezza di Sionne, una città di rifugio, un asilo contro i castighi della giustizia del Cielo così spesso provocati dai delitti della terra.

      Richiamate qui alla vostra mente l’epoca alla quale Maria apparve sopra la montagna di La Salette. Questa apparizione, il 19 settembre 1846, non è stata essa il preludio de’ più grandi avvenimenti? Mirate le agitazioni popolari, i troni rovesciati, l’Europa scompigliata, la società sul declive della sua rovina. Chi ci ha preservati, chi ci préserverà ancora da più grandi disgrazie, se non Quella che venne dall’alto sulle nostre Montagne per piantarvi in certo modo un segnale di riunione e di salute, un faro luminoso, un serpenté di bronzo, verso il quale le animé pie

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      rivolsero lo sguardo per scongiurare la collera celeste e guarirci da incurabili ferite?

      Il pellegrinaggio della Beata Vergine di La Salette esiste dunque di già, e dall’apparizione della B. V. Maria in poi è in piena attività. Non v’ebbe finora, è vero, che una misera cappella di tavole senza sacerdoti specialmente incaricati di servirla.

      Ma tutti hanno sentito il bisogno di erigere un tempio in quel luogo privilegiato; ciascuno si è creato il suo tempio su quel solitario monte. La pietà, i sospiri, le lagrime ne hanno costituito l’ornamento. Con quale fiducia, con qual fede migliaia di pellegrini sono venuti annualmente a chinare le loro fronti sopra questa terra benedetta, a baciare rispettosamente le pedate di Maria! Quali sacrifizi in viaggi non hanno essi fatti per venire a cantare col Re profeta: Fundamenta ejus in montibus sanctis. Essa ha fissata la sua dimora sopra un monte che ha santificato». Noi la veneriamo in un luogo ove ha posati i suoi sacri piedi: Adorabimus in loco ubi steterunt pedes ejus! E quante volte abbiam pure veduto dei pii pellegrini deporre anticipatamente e per un santuario che non esiste ancora che nei loro voti, degli ornamenti di valore ed anche de’ ricordi di affezione? Non ci hanno essi richiamati alla memoria quei doni spontanei offerti dai figli d’Israele per il tabernacolo di Mosé e per il tempio di Salomone? Se il fatto di La Salette avesse ancora d’uopo di conferma, la troverebbe in questo concorso, in questa pietà, in questa gioia celeste, in un numero così grande di sacrifizii. E quali meraviglie di ogni genere non sono state la ricompensa di tanta fede, di tanta divozione!

      Voi lo comprendete, carissimi Fratelli; si tratta ora XX

      della costruzione di un Santuario in onore della nostra augusta Madre sopra la montagna privilegiata che Ella si è degnata di onorare della sua presenza sulla quale ha risuonato la celeste sua voce.

      Questo Santuario deve essere degno della Regina del Cielo, degno della nostra riconoscenza verso di Lei, degno della privilegiata nostra Diocesi, del pio concorso che ci edifica, e delle generose offerte che ci pervengono; giacché, diciamolo, non è per una località più o meno ristretta, è per l’universo che noi fabbrichiamo. Ed infatti, in qual luogo non ha risuonato il nome della Beata Vergine di La Salette? In qual luogo non è stata Essa invocata? E qual paese, proclamiamolo altamente, non si è reso noto per qualche favore temporale o spirituale dovuto alla sua intercessione?

      In mezzo al concorso generale che tutto ci fa sperare per questa nobile intrapresa, la nostra Diocesi, ne siamo certi, non verrà superata; e si manterrà al contrario alla testa del gran movimento che si manifesta da tutte le parti. La nostra Diocesi, che ha tante volte risposto al nostro invito anche in favore di opere straniere, sentirà la nostra voce, risponderà all’invito che noi le indirizziamo in favore di un’opera che essa è stata la prima a conoscere, ch’essa ama, e della quale ha risentiti i fortunati effetti, di un’ opera che è veramente la sua per volontà dell’Altissimo e per la scelta tutta gratuità di Quella che riconosce da più secoli per sua principale protettrice, per avvocata e per madre.

      La facilità che i nostri cari Diocesani hanno di attingere a questa sorgente di grazie e la prossimità de’ luoghi assicurano loro sopra i pellegrini stranieri

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      dei vantaggi economici di cui le costruzioni progettate devono trar profitto.

      Eccoci arrivati al bel mese di maggio, a quel mese consacrato in un modo specialissimo al culto di Maria, a quel mese nel quale tanti omaggi le sono diretti da tutte le parti della terra, a quel mese di conversioni fra i peccatori, di grazia per i giusti, di buone opere moltiplicate in onore di Quella che non è mai invano invocata. Ebbene, miei cari fratelli, è questo il mese che noi abbiamo voluto scegliere per la posizione e la benedizione della prima pietra del santuario di Nostra Signora di La Salette. Noi abbiamo voluto che questa cerimonia si facesse con un apparato degno del soggetto; Noi abbiamo invitato uno de’ nostri più cari Colleghi a fare ciò che ci sarebbe stato ben dolce di fare noi stessi in persona, se ancor più che l’età lo stato abituale della nostra infermità ce lo avesse permesso (1). In ciò noi abbiamo dovuto rassegnarci alla volontà di Dio e fare un sacrificio delle nostre affezioni.

      Vi invitiamo però egualmente, carissimi e diletti fratelli, a trasferirvi voi stessi sul santo monte, e aumentare col vostro pio concorso la magnificenza ‘ di questo giorno che deve rallegrare il Cielo, far esultare la terra di allegrezza.

      Sì, è pure durante questo mese di Maria che in tutte le chiese e cappelle della nostra Diocesi saranno raccolte le offerte della pietà per la costruzione del nuovo edificio.

       

      (1) Monsignor di Bruillard è ottuagenario, affetto da molti anni da una neuralgia al volto che è causa di dolori acuti ed abituali.

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      1. Ma, miei carissimi fratelli, per quanto importante sia l’erezione di un Santuario, vi è qualche cosa di più importante ancora: sono dei ministri della religione destinati a servirlo, a raccogliere i pii pellegrini, a far loro sentire la parola di Dio, a esercitare verso di loro il ministero della riconciliazione 9 ad amministrare loro l’augusto Sacramento dei nostri altari, ad essere per tutti i dispensatori fedeli dei misteri di Dio e dei tesori spirituali della Chiesa.

      Questi sacerdoti si denomineranno Missionari di Nostra Signora di La Salette; la loro creazione e la loro esistenza, egualmente che il Santuario stesso, saranno un monumento eterno, un ricordo perpetuo della misericordiosa apparizione di Maria.

      Questi sacerdoti, scelti fra molti altri per essere i modelli e li ausiliari del Clero della città e delle campagne, avranno una residenza abituale nella città episcopale.

      Soggiorneranno sulla montagna durante la stagione del pellegrinaggio; e durante l’inverno evangelizzeranno le differenti parrocchie della Diocesi.

      Sì, è adunque un corpo di Missionari Diocesani che noi istituiamo fin d’ora, che vogliamo vivificare ed estendere quanto da noi si potrà a costo di tutti i sacrifici e col concorso dei pii nostri Diocesani, e soprattutto del nostro diletto Clero.

      Questi Missionari suppliranno a ciò che non possono fare le Corporazioni religiose che noi abbiamo chiamate ed accolte, dalle quali abbiamo ricevuto tanti servigi eminenti, e delle quali noi proclamiamo altamente l’interessamento alla Diocesi, le virtù religiose, il sapere, lo zelo ed i successi. Degnisi la Vergine Immacolata, il gran

      s. Domenico, l’illustre sant’Ignazio far discendere sopra i loro diletti figli una XXIII

      pioggia abbondante di grazie! Pure non possiamo noi dire col Divin Maestro, la messe è abbondante, ma gli operai in piccol numero: Messis quidem multa, operarii autem pauci? Possano essi trovarsi presto abbastanza numerosi, affinché le parrocchie della nostra Diocesi godano a vicenda, dopo un certo numero di anni, dei benefizi inestimabili di una missione! Già molte altre Diocesi posseggono questo prezioso vantaggio.

      Questo corpo di Missionari è come il suggello che vogliamo mettere alle altre opere, che per la grazia di Dio ci è stato concesso di creare. È, per così dire, l’ultima pagina del nostro testamento, è l’ultimo legato che vogliamo istituire a vantaggio dei nostri diletti Diocesani. È un ricordo vivente che vogliamo lasciare a tutte ed a ciascuna delle nostre parrocchie; noi vogliamo rivivere in mezzo di voi, carissimi fratelli, per

      l’opera di questi uomini rispettabili che, parlandovi di Dio, vi ricorderanno di pregare per noi.

      Già, nostri carissimi Cooperatori, voi avete accolto con acclamazioni di gioia il nostro pensiero tostoché venne a vostra cognizione: prova luminosa dell’accordo di viste e di sentimenti che esistono tra voi e colui che Dio ha posto alla vostra testa.

      Questa società di sacerdoti destinati ad essere efficaci vostri ausiliari, e che per divenirlo fanno il sacrificio della loro persona, della loro vantaggiosa posizione e abbracciano la vita povera, dura, laboriosa dell’uomo apostolico, reclama il vostro generoso concorso, non meno che quello dei vostri onorevoli parrocchiani. Essi devono necessariamente avere in Grenoble una casa che serva loro di noviziato per istruire i giovani sacerdoti e per prepararli nel raccoglimento

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      e nello studio a nuove fatiche, e nella quale possano trovare un onorevole ricovero nella loro vecchiezza. Abbisognano di un modesto mobigliare, di biancherie, di una biblioteca, ec,, tutto ciò lo otterranno dalla vostra generosità che ci è ben conosciuta! Tante altre opere nella nostra Diocesi hanno avuto principio senz’ altre risorse, che quelle che loro erano riservate dalla Provvidenza, e sono attualmente in progresso di prosperità.

      Una delle più belle opere che voi possiate creare, miei cari Collaboratori, e ciò è possibile in molte parrocchie, è qualche fondazione che assicuri al vostro gregge una missione ogni otto o dieci anni. Ne esistono già di questo genere, e si può riuscire ad aumentarne il numero. Non si dirà mai abbastanza di qual prezzo sia agli occhi di Dio un’opera simile e di qual merito sia pel suo fondatore.

      La Santissima Vergine è apparsa a La Salette per l’universo intero, chi può dubitarne? Ma essa apparve anche specialmente per la Diocesi di Grenoble, che ne ritrarrà due vantaggi inapprezzabili: un nuovo Santuario a Maria, un corpo di Missionari diocesani; queste due opere non sono divenute possibili che in conseguenza dell’apparizione, e ne perpetueranno per sempre la memoria.

      Per questi motivi, invocato il santo Nome di Dio, abbiamo dato le seguenti disposizioni.

      Art. I. La benedizione solenne e il collocamento. della prima pietra che si faranno coll’opera di monsignor Vescovo di Valenza, assistito da una deputazione del nostro Capitolo e da un numeroso Clero, avranno luogo il martedì 25 maggio.

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      Art. II. Vi sarà discorso, vesperi e benedizione del Santissimo Sacramento all’ora la più convenevole, cioè a dire verso mezzogiorno.

      Art. III. Una questua sarà fatta in questo giorno fra i pellegrini da qualche sacerdote scelto a questo fine.

      Art. IV. La domenica che seguirà la lettura del nostro Mandamento si farà una questua nelle chiese e cappelle della nostra Diocesi a favore del Santuario e dei Missionari. Tal questua potrà anche farsi al domicilio, se i parrochi lo crederanno convenevole. Frattanto i doni che ci pervengono dalle Diocesi estere alla nostra restano sempre ed esclusivamente consacrati alla conservazione del pellegrinaggio.

      Art. V. I doni in vasi sacri, ornamenti e biancherie di chiesa verranno, del pari che quelli che verranno fatti in danaro, di mano in mano descritti in un registro, ed i nomi dei benefattori saranno in seguito riportati sopra il registro generale che già trovasi depositato nell’archivio del vescovato, il cui duplicato sarà consegnato all’archivio del Santuario di La Salette. Si faranno in perpetuo delle preghiere per i benefattori tanto del Santuario quanto dei sacerdoti destinati a servirlo.

      Noi accogliamo con piacere quest’occasione di ringraziare nel modo il più distinto i nostri venerabili Colleghi, i sacerdoti ́ zelanti ed i pii fedeli di ogni paese, i quali ci hanno già dirette o promesso di mandarci delle generose offerte. Questi doni ispirati dalla fede unitamente a preci fervorose non dubitiamo che siano il mezzo più proprio ad onorare l’augusta Regina del Cielo, ed a disarmare il braccio di suo Figlio giustamente irritato dai molti ed enormi nostri

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      peccati. Ogni giorno noi alziamo le nostre mani supplichevoli verso il Cielo per implorare le benedizioni più abbondanti sopra tutti e ciascuno dei benefattori presenti e futuri, cogniti ed incogniti.

      Il nostro presente Mandamento sarà letto e pubblicato in tutte le chiese e cappelle della nostra Diocesi alla messa parrocchiale o di comunità, la domenica immediatamente susseguente al ricevimento.

      Dato a Grenoble sotto la nostra segnatura, il suggello delle nostre armi e la contro segnatura del nostro segretario, il 1° maggio 1852.

      (L. S.)

      + FILIBERTO

      Vescovo di Grenoble. Per commissione AUVERGNE Canon, onor. Segretario.

      APPROVAZIONE DI MONSIGNOR VESCOVO DI GRENOBLE CHE AUTORIZZA LA STAMPA DEL RAPPORTO

      PHILIBERT DE BRUILLARD, per la misericordia divina e la grazia della Santa Sede Apostolica, Vescovo di Grenoble.

      Abbiamo letto, attentamente ed abbiamo fatto leggere, esaminare e discutere alla nostra presenza in una numerosa Commissione composta dei M. R. nostri Vicari generali, dei Membri del nostro Capitolo, del Superiore del nostro Seminario diocesano e dei cinque Curati della nostra città episcopale, il manoscritto intitolato; La Verità sopra l’Avvenimento di La Salette del 19 settembre 1846, ovvero Rapporto a Monsignor Vescovo di Grenoble sopra l’Apparizione della Beata Vergine a due piccoli pastori sulla montagna di La Salette, Cantone di Corps (Isére).

      Noi siamo stati costantemente dell’opinione della grande maggiorità della Commissione, la quale ha successivamente adottati tutti gli articoli di questo Rapporto.

      In conseguenza noi permettiamo all’Autore di pubblicare col mezzo della stampa il suo lavoro assieme all’introduzione, e le pezze giustificative.

      Questo Rapporto, vivamente desiderato ed impazientemente da molto tempo aspettato, mi sembra proprio a dissipare molte prevenzioni, ad illuminare l’opinione pubblica, ed a portare la convinzione negli spiriti retti. Quelli che credono, quelli che dubitano, ed anche quelli che non credono, non lo leggeranno senza interesse, e noi lo speriamo, non senza qualche profitto.

      Le persone pie vedranno, che esse hanno potuto ammettere il fatto senza meritare il rimprovero d’imprudenza o di debolezza di spirito. Quelli che hanno creduto sospendere il loro giudizio saranno senza alcun dubbio colpiti dalle numerose prove, che corredano questo fatto straordinario. Quelli in fine, che strascinati dai pregiudizi, tacciano di falsità tutto ciò che esce dell’ordine comune, tutto ciò che è meraviglioso, si rammenteranno senza dubbio che il vero può qualche volta non essere verosimile, e che un avvenimento il quale da oltre venti mesi risuona nel mondo cattolico, ed ha già messi in movimento più di cento mila pellegrini, non vuol essere reietto senza esame.

      INTRODUZIONE OVVERO

      RAPPORTO SOPRA LA SALETTE.

      Avanti di pubblicare la nostra relazione sopra l’avvenimento di La Salette, ci è sembrato utile di premettere l’esame di alcuni quesiti importanti, che vi hanno rapporto, e che molte persone hanno potuto o potranno fare. Noi ci accingiamo adunque a rispondere a quattro quesiti.

      1° Quali sono i principii di certezza dietro i quali devesi apprezzare il fatto di La Salette?

      2° Dovrassi ammettere che si facciano ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica?

      3° In qual modo si riconosce che un fatto straordinario è veramente soprannaturale e miracoloso?

      4° Quale è stata l’opinione della Commissione episcopale sopra ciascun punto della relazione del fatto di La Salette?

      Le risposte che daremo a ciascuno di questi quesiti, saranno atte a dissipare certi pregiudizi, a far superare certe ripugnanze, ed a spargere maggior luce sopra un avvenimento, del quale noi ci proponiamo di dimostrare la verità.

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      § I. QUESITO 1. – Quali sono i principi di certezza dietro i quali devesi apprezzare il FATTO DI La Salette? Quando un fatto ci sembra riunire tutti i caratteri della certezza morale; che è accompagnato da tutte le circostanze atte a determinare il nostro assentimento; che è arrivato a quell’alto grado di probabilità, che basta a far risguardare come impossibile, o chimerica qualunque supposizione del contrario; che in fine è ammesso da un gran numero di persone gravi, giudiziose, che l’hanno esaminato senza precipitazione, senza prevenzione e senza entusiasmo; allora noi pronunciamo senza timore, che questo fatto è vero; noi diciamo che appartiene al dominio della verità; e da quell’istante noi lo prendiamo per base e per regola della nostra condotta é dei nostri rapporti cogli altri uomini.

      Questa regola di certezza è ammessa dai logici, e noi la leggiamo nell’arte di pensare, opera eccellente di Porto Reale. Per giudicare della verità di un avvenimento, dice l’autore di essa, e determinarci a crederlo o a non crederlo, non bisogna considerarlo

      «nudamente ed in sé medesimo, come si farebbe di una proposizione di geometria; ma bisogna fare attenzione a tutte le circostanze che l’accompagnano, tanto interne che esterne. Chiamo circostanze interne, quelle che appartengono al fatto medesimo ed esterne quelle che risguardano le persone, dietro la cui testimonianza noi siamo indotti a crederlo. Ciò posto, se tutte le circostanze sono tali, che non succede mai o molto raramente, che esse siano accompagnate da falsità, il nostro spirito è

      naturalmente inclinato a credere che ciò è vero, ed ha ragione di farlo specialmente nella condotta della vita, che non domanda maggior certezza di questa

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      certezza morale, e che deve accontentarsi in molti casi della più grande probabilità!

      Il giudizioso autore aggiunge: «La regola che abbiamo esposta è molto importante per guidare il proprio raziocinio nella credenza dei fatti particolari, e, non osservandola, si è in pericolo di cadere in estremi pericolosi di credulità o d’incredulità».

      Questa regola, si domanderà, è ella applicabile ai fatti soprannaturali e miracolosi? Perché no? Un miracolo è un fatto sensibile che racchiude una derogazione esterna alle leggi che regolano il mondo fisico. Ora sentiamo l’autore che abbiamo or ora citato nell’applicare esso medesimo la regola che ha data in proposito dei fatti miracolosi. Perché vi sono, dic’egli, per esempio, di quelli che si farebbero scrupolo di dubitare di un miracolo, perché si sono messi nella mente che sarebbero obbligati di dubitare di tutti, se dubitassero di alcuno, e si persuadono, che a loro basta di sapere che tutto è possibile a Dio, per credere tutto ciò che si dice degli effetti dell’infinita sua potenza. Altri, al contrario, s’immaginano ridicolosamente che è proprio degli spiriti forti di dubitare di tutti i miracoli, senza aver altro titolo, se non questo, che spesse volte ne sono stati raccontati di quelli che non si sono riconosciuti veritieri, e che non vi è maggior fondamento di credere agli uni più che agli altri…

      La disposizione dei primi è molto migliore di quella degli ultimi; ma ciò nulla meno è vero che tanto gli uni, che gli altri ragionano egualmente male. La certezza di un miracolo, come quella di ogni altro fatto, si ottiene adunque coll’esame di tutte le circostanze interne ed esterne che hanno accompa-

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      gnato. Il miracolo è la conseguenza di due fatti sensibili, egualmente facili a constatare. Per esempio, tutti hanno veduto LAZZARO nella tomba morto da quattro giorni; tutti lo vedono ora pieno di vita: eccovi due fatti, la cui conseguenza necessaria è: Lazzaro è dunque risuscitato.

      Ma si dirà nel fatto di La Salette si tratta di una apparizione, e per stabilirne la realtà abbiamo soltanto la testimonianza di due poveri pastorelli grossolani ed ignoranti.

      Noi risponderemo cogli autori che hanno scritto sopra i veri principi della certezza, e specialmente coll’autore della filosofia di Bayeux stampata nel 1842. «Anche la testimonianza di un solo può essere certa in sé stessa, quantunque incerta rapporto a noi. Ciò non ostante non è neppur raro il caso che ci teniamo sicuri di non essere ingannati anche da un solo testimonio. Ed in fatto ogni giorno noi facciamo delle grandi intraprese sopra la fede di un sol uomo senza essere perciò temerari. Un figlio

      crede ad un padre buono e prudente che egli giudica non essere né ingannato né ingannatore. — La certezza usuale che ci serve di regola nella maggior parte delle nostre azioni, non deve necessariamente racchiudere tutte le condizioni che si richiedono per l’assoluta certezza morale, cioè a dire per quella certezza che diversifica soltanto nei motivi dalla certezza fisica basata sopra la testimonianza costante ed uniforme dei sensi e dalla certezza metafisica basata sopra l’essenza delle cose. Chi ha giammai pretesa l’assoluta certezza morale per una condanna alla pena capitale? Chi la pretende pei contratti, dai quali dipende la sostanza dei

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      cittadini, per i trattati di pace fra le nazioni? ecc.» (Instit. philos. in sem. Bajocensi habite à D. Noget-Lacoudre, tom. I, 1842).

      Si è, seguendo queste regole tanto sagge, che noi abbiamo giudicato il fatto di La Salette, che noi lo crediamo vero, e che è sembrato tale alla Commissione incaricata di esaminarlo discuterlo su tutte le circostanze. Se adunque noi proviamo nel nostro rapporto, che i due pastorelli non sono né ingannati, né ingannatori, e sopra tutto se noi possiamo presentare un numero grandissimo di fatti miracolosi ben constatati, e che sono stati operati in conseguenza del loro racconto, converrà allora necessariamente ammettere la loro testimonianza, e credere alla realtà. dell’apparizione.

      § II. QUESITO 2° Devesi ammettere, che si operino ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica?

      Noi non ci rivolgiamo agli increduli; è per essi un partito preso di respingere senza esame tutti i miracoli, compresi quelli che servono di fondamento al Cristianesimo; ci basta di consigliarli a consultare i numerosi apologisti della religione. Noi vogliamo unicamente disingannare od illuminare alcuni cristiani che si immaginano che il tempo dei miracoli è passato, e che non se ne operano più, dopo che la Religione è stabilita nel mondo; che Iddio non si manifesta più agli uomini col mezzo straordinario de’ miracoli. Da ciò una diffidenza generale per tutto ciò che esce dall’ordine comune della natura; da ciò una prevenzione tale contro i fatti soprannaturali, dei quali ad essi si parla, che respingono tutto senza esame alcuno.

      Tentiamo di disingannare questi spiriti prevenuti o poco riflessivi. 8

      Egli è certo che i miracoli tanto necessari e tanto moltiplicati durante i primi cinque o sei secoli della Chiesa, sono divenuti in seguito molto più rari. Ma hanno essi totalmente cessato? Ma il braccio di Dio si è egli raccorciato? Dio si è egli interdetto questo mezzo straordinario, meraviglioso e potentissimo a con fermare la sua Religione, a confondere gli increduli, a fortificare i fedeli, a vendicare la sua gloria od

      a fondare quella dei suoi servi? No certamente. Sentiamo Sant’Agostino: Si sono operati dei miracoli, dice questo gran dottore, per convertire il mondo, se ne operano anche dopo che il mondo è convertito. Se i primi hanno convertito il mondo, hanno per opera di questa conversione acquistato una celebrità ed uno splendore, che i susseguenti non hanno potuto avere». In seguito egli racconta un gran numero di miracoli operati nei tempi suoi, la maggior parte sotto i suoi occhi, ovvero a sua piena conoscenza. Lib. 22, De Civit. Dei, cap. 8.

      S. Gregorio il Grande narra pure un gran numero di miracoli, ch’egli dà come certi, è particolarmente quelli di S. Benedetto patriarca de Monaci d’Occidente. in Altri autori non meno gravi ci hanno trasmessi i fatti meravigliosi operati di secolo in secolo, nelle differenti parti del mondo cattolico

      Dall’anno 1172, epoca in cui il pontefice Alessandro III riservò alla Santa Sede tutte le procedure relative alla beatificazione ed alla canonizzazione dei servi di Dio sino a giorni nostri, gran numero di Santi sono stati solennemente inscritti sopra il catalogo degli Eletti, ma nessuno lo è stato senza che il cielo non ne abbia preventivamente proclamata la santità col mezzo di miracoli numerosi sorprendenti e

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      constatati con quella diligenza e lentezza, e con quella saggia diffidenza che i sovrani pontefici mettono nella condotta di affari di una così alta importanza per l’universo cattolico. Ci vogliono almeno due miracoli per la beatificazione, e quattro per la canonizzazione. Ora da Alessandro III sino a giorni nostri la santità di un considerevole numero di cristiani, di tutti i gradi e di tutti gli stati, venne dai romani pontefici solennemente proclamata in seguito ad un esame severo e giuridico dei miracoli operati. Nel diciottesimo secolo soltanto 33 Santi ed 11 Sante sono stati beatificati o canonizzati, seguendo le ordinarie procedure, e con tutta la pompa usitata in casi simili. Fu d’uopo che ciascuno di essi avesse operati almeno due o quattro miracoli giuridicamente provati avanti un tribunale celebre pei suoi lumi, le sue sagge lentezze, l’estrema sua precauzione e la sua formidabile severità. Si operano adunque continuamente dei miracoli nella Chiesa. Possiamo citare in prova della perpetuità dei miracoli e delle regole osservate per constatarli, l’opera immortale di Benedetto XIV: De Beatificatione et Canonizatione servorum Dei, 4 vol. in fol.

      Ma cosa importa che i miracoli siano diminuiti di numero? Un solo, sì un solo che riunisca tutte le prove della certezza storica non basta per distruggere tutti i sistemi anticristiani, per far distinguere la vera Chiesa di Gesù Cristo da tutte le sétte eretiche e scismatiche che se ne sono separate?

      Egli è dunque invincibile il ragionamento che noi formiamo contro i protestanti. Nel corso di oltre trecento anni vale a dire dopo l’origine della pretesa riforma, sono stati operati nel seno della Chiesa cattolica in favore dei dogmi rigettati dai protestanti e

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      dagli increduli, ma ammessi, difesi altamente, professati e pubblicamente predicati e fra noi ed in mezzo agli infedeli, un numero prodigioso di miracoli incontestabili. Ora il miracolo è la voce del cielo; è il mezzo corto ed abbreviato, popolare ed al coperto di ogni discussione, di cui Dio si serve per manifestare la sua volontà agli uomini.

      Chi può rivocare in dubbio i miracoli di un S. Francesco Saverio, che portò alle Indie e al Giappone la fede della Chiesa romana? Chi può negare la santità ed i miracoli di un S. Carlo Borromeo, opponentesi con tutte le sue forze all’invasione dell’eresia nelle montagne della Svizzera? Di un S. Francesco di Sales che riconduce nel seno della Chiesa settantamila discepoli di Calvino? Di una S. Teresa, che scongiura colle sue preghiere e con quelle delle angeliche sue compagne il nembo che minacciava la sua patria? ecc. E durante questi tre secoli quali miracoli si operarono nei paesi invasi dall’eresia ed in favore dei suoi ardenti propagatori? Se ne citi un solo. A queste prove di fatto aggiungiamone un’altra, e diciamo: vi saranno continuamente dei miracoli nella Chiesa, perché la Chiesa deve per sempre essere santa, cattolica e militante. Ora sotto questo triplice rapporto, i miracoli non hanno giammai mancato, né mancheranno alla Chiesa.

      1° La Chiesa è e sarà sempre santa. Essa ha missione di formare dei Santi; essa ne formerà fino alla fine del mondo, e per la fede viva delle verità, delle quali è depositaria, e per la pratica dei precetti divini e dei consigli evangelici, che essa insegna in tutta la loro purezza. Ora si è colla voce de’ miracoli che Dio ha sempre manifestata la santità dei suoi servi; si è colla voce dei miracoli che li rende venerabili al

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      l’universo si è infine colla voce dei miracoli che egli confermerà sino alla consumazione dei secoli la santità dei dogmi, della morale e dei sacramenti della sua Chiesa. Perciò non più miracoli in quelle regioni dell’oriente in oggi separate dalla Chiesa, ed un tempo illustrate da’ Basilii, dagli Atanasii, dai Crisostomi, ecc.; non più miracoli in Inghilterra, strappata all’unità da tre secoli, ed una volta l’isola de’ Santi.

      2° La Chiesa è necessariamente cattolica; essa abbraccia tutti i tempi, tutti i luoghi, tutte le nazioni. Essa sola dispiega uno zelo costante e tanto ammirabile, quanto inimitabile per la conversione dei popoli infedeli, e delle orde le più selvagge di tutte le parti del globo. Ora i miracoli necessari allo stabilimento del Cristianesimo, non lo sono meno per la sua propagazione. Da ciò gli innumerevoli prodigi che accompagnarono la predicazione di S. Patrizio in Irlanda, di Sant’Agostino in Inghilterra, di S. Bonifacio in Germania, ecc. Nel decimosesto secolo non si videro rinnovati i prodigi dei tempi apostolici nella conversione delle Indie e del Giappone per opera dell’illustre S. Francesco Saverio?

      3° La Chiesa sarà sempre militante; essa hạ delle lotte incessanti a sostenere, e contro le potestà della terra che cercano di opprimerla, e contro le eresie che inalberano il vessillo della rivolta, e contro l’incredulità ed i disordini che corrompono una parte de’ suoi figli. In questi combattimenti ad ogni istante rinascenti la Chiesa riceve dal suo divin capo una duplice assistenza, l’una invisibile, potentissima e fondata sulle promesse divine; io sono con voi tutti i giorni fino alla consumazione dei secoli (S. Matt. v. 28); l’altra visi bile, splendida e miracolosa. Ora, durante il periodo di

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      diciotto secoli, questa duplice assistenza non ha giammai mancato alla Chiesa, che in virtù della assistenza invisibile ha trionfato della persecuzione dei tiranni, degli artifici di oltre duecento eresie, della defezione di un gran numero de’ suoi figli. Essa ricevette una assistenza straordinaria e miracolosa al tempo di Giuliano l’Apostata, il quale nell’insensato suo tentativo di rialzare gli idoli del paganesimo e di dare una smentita alla profezia del Salvatore sopra la rovina del tempio di Gerusalemme, fa ad un tratto trattenuto e da un orribile tremuoto, e da globi di fuoco, e da una morte funesta e prematura, riguardata come un effetto della vendetta divina sopra quell’apostata, e di una provvidenza speciale per i fedeli. Essa ricevette una assistenza straordinaria e miracolosa durante la persecuzione d’Unnerico re de’ Vandali ed ostinato ariano. Questo principe avendo fatto mozzare la lingua ad un certo numero di cattolici, questi si sparsero nell’impero romano, e continuarono a parlare miracolosamente con grande sorpresa dello stesso imperatore Giustiniano, che ha registrato questa sorprendente meraviglia nella raccolta delle sue leggi (Cod., lib. I tit. 27).

      Del resto tutta la storia ecclesiastica non è altro che un seguito non interrotto di testimonianze di questa duplice assistenza accordata alla Chiesa.

      E ai giorni nostri non siamo noi stati testimoni oculari di questa duplice protezione di Dio verso la sua Chiesa?

      – Infatti non abbiamo noi veduto la nave della Chiesa salvata due volte da un naufragio imminente? Nel 1799 Pio VI strappato dalla sua sede incontra la morte in esilio, i suoi Stati sono invasi, il sacro Collegio disperso,

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      l’Italia conquistata, i re dell’Europa attoniti per lo stupore. La incredulità ha emesso un grido di gioia: Ecco l’ultimo papa. Che farà la Provvidenza? Con un sol fischio, seguendo l’energica espressione d’Isaia, essa chiamerà a soccorso della Sede apostolica il più grande inimico della stessa Sede; essa chiamerà le orde scismatiche del Nord; esse verranno a presiedere all’elezione di Pio VII; e compita la loro missione saranno forzati di rientrare nelle loro steppe selvagge. Qualche anno

      trascorre, e il Gigante dei tempi moderni stende il suo scettro di ferro sulla Chiesa; mette la mano sopra lo stesso pontefice, dal quale ricevette l’unzione dei re; Pio VII prigioniero a Savona non ha per difendersi che il suo diritto, le sue preghiere e le sue lagrime. Pure il suo oppressore fa tremare il suolo europeo sotto i passi di un milione di guerrieri fino allora riputati invincibili. Eccovi adunque per la seconda volta nello spazio di dodici anni la nave della Chiesa senza pilota ed al punto di essere sommersa. Che farà Colui che ha detto: Le porte dell’inferno non prevarranno contro di essa? Questa volta egli scatenerà l’aquilone, che con soffio micidiale annichilerà in breve ora la più formidabile armata che si sia veduta; il colosso che tiene avvinta l’Europa nelle sue braccia, fino allora giudicato invincibile, cade!… e l’umile pontefice, reso libero, rimonta sulla cattedra di S. Pietro per continuare a dettar leggi all’universo.

      Ecco ciò che il mondo cattolico ha veduto al principio di questo secolo; ecco il braccio possente che sostiene la Chiesa. Ma questo medesimo braccio si è manifestato anche nei giorni nostri, come ne’ secoli passati col mezzo di opere soprannaturali e prodigiose. Due pontefici, Pio VII e Gregorio XVI, in un intervallo

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      di trentadue anni hanno solennemente inscritti al cospetto dell’universo dieci predestinati nel catalogo dei Santi. Ora chi non sa che ci vogliono per la canonizzazione di un servo di Dio almeno quattro miracoli bene e debitamente constatati? Quanti altri miracoli saranno registrati negli annali ecclesiastici del tempo nostro a gloria di Dio e della Religione? Chi sa se anche il fatto di La Salette colle sue meravigliose conseguenze non vi figurerà ben presto, rivestito delle più alte approvazioni assieme alla guarigione di madamigella De Maistre, colla conversione del signor Ratisbonne, e molti altri?

      D’altronde quando mai i miracoli furono essi più utili o più necessari quanto in questo secolo di incredulità? Le dimostrazioni ordinarie della verità della Religione sembrano divenute insufficienti, o poco degne di attenzione per degli uomini immersi nella materia, i quali secondo il dire della Scrittura avendo corretto il loro cammino sdegnano la saggezza de loro padri, bestemmiano una religione che ha coperta la terra de’ suoi benefici, profetizzano altamente la sua fine, ed invitano il genere umano a’ suoi funerali.

      Ebbene si è agli increduli dei giorni nostri che Iddio intraprende a parlare il linguaggio de’ miracoli; si è in favore di un secolo infermo che la Regina del cielo e della terra vuole intercedere presso il suo di vin Figlio; si è a dei cristiani infelici e degenerati che fa sentire dei lamenti e delle minacce; la Vergine di La Salette fa risuonare gli accenti della sua voce materna a quella Francia, sopra la quale essa

      amava regnare assieme col divin Figlio; si è dalla vetta delle Alpi che ha gettato uno sguardo propizio su questo bel paese che gli era specialmente consacrato; si è in

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      mezzo di noi che Essa vuole avere un nuovo santuario, il quale eguaglierà ben presto la gloria di quelli che si era scelti ne’ tempi passati.

      § III. QUESITO 3° – In qual modo si riconosce che un fatto straordinario è veramente soprannaturale miracoloso?

      Al seguito del fatto di La Salette, e come una prova convincente di questo fatto, noi produciamo delle guarigioni straordinarie operate ad Avignone, a Blois, ad Avallon, a Saint-Dizier, ecc.

      Il concilio di Trento, nella sessione XXV, ha saggiamente vietato il proclamare nessun miracolo, il quale non sia avverato ed autentico. In una materia così delicata il falso farebbe dubitare del vero. Indubitatamente il braccio di Dio non è raccorciato; ciò che Egli ha potuto, lo potrà sempre; e quantunque i prodigi non siano più necessari a confermare la nostra fede, sarebbe temerità ed anche empietà a negargli un potere di cui ha spesso usato per la gloria dei giusti, per la conversione dei peccatori, pel sollievo delle miserie umane, e per altri fini degni della sua sapienza.

      L’importante in ciò è il saper distinguere un fatto risultante dalla intervenzione divina, da un fatto unicamente prodotto dalla natura. Ora si è per la riunione di tre circostanze che si può considerare una guarigione come miracolosa: 1° Quando essa è immediata e totalmente straordinaria nel modo di prodursi; 2° Quando non sono stati impiegati che dei mezzi spirituali, come preghiere, novene, messe, comunioni, pellegrinaggi od altre pratiche approvate dalla Chiesa; 3° Quando la malattia era inveterata e ritenuta caso disperato dagli uomini dell’arte: tale è lo stato dei zoppi, dei ciechi, dei sordomuti dalla nascita, e di quelli che

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      hanno qualche membro totalmente preso da atrofia o gangrenato; o quando vi sono delle lesioni organiche fisicamente comprovabili. La potenza dell’immaginazione e della sensibilità nervosa non opera effetti cosi prodigiosi, e non ristabilisce improvvisamente degli organi distrutti o profondamente alterati. Fatti simili appartengono all’ordine soprannaturale, e non saprebbero essere il risultato di una fiducia entusiastica. Così si esprime l’abate Dieulin nell’eccellente sua opera intitolata: Il buon curato nel secolo XIX, tom. II, pag. 143.

      Benedetto XIV, di già citato, esige sette condizioni, perché le guarigioni siano ammesse nel rango dei miracoli: 1° Che le infermità siano rilevanti, inveterate e che

      resistano all’efficacia dei rimedii conosciuti; 2° Che non possa aspettarsi ragionevolmente che la malattia giunta al suo ultimo periodo andrà diminuendo ed incamminandosi verso la convalescenza; 3° Che non siano stati ancora impiegati, o che siano stati impiegali inutilmente i soccorsi della medicina e della farmacia; 4. Che la guarigione sia improvvisa ed istantanea; 5° Ch’essa sia completa e perfetta, e non abbozzata; 6° Che non sia l’effetto di una crisi felice e capace di operare da sé sola; 7° In fine, ch’essa sia costante, e che la ricaduta non sussegua tutto ad un tratto; altrimenti non sarebbe che un istante di tregua, un sollievo passeggero.

      Su questa ultima condizione però lo stesso Papa osserva che si danno certe occasioni, nelle quali si può essere guariti miracolosamente, quantunque si ricada poco dopo, e che la risurrezione di quelli che perdono la vita poco tempo dopo averla ricuperata per mezzo di un miracolo, non cessa per questo di essere miracolosa.

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      Secondo lo stesso papa, secondo Bergier ed altri, il giudizio dei medici sopra la gravità o la incurabilità di una malattia, quantunque molto utile, quantunque desiderabile, non è sempre necessario. I miracoli evangelici hanno convertito il mondo senza che la medicina si sia data la pena di constatare che gli ammalati guariti erano di natura incurabili. La testimonianza dei medici è certamente di un gran peso; la Chiesa nelle sue canonizzazioni dei Santi ama ricorrervi; ma in fine non è necessaria per provare che dei malati che andavano sempre peggiorando, sempre indebolendosi malgrado i rimedii, non hanno potuto essere ridonati ad una salute completa ed istantanea senza un miracolo evidente ed incontrastabile. Una cecità completa, una malattia di petto nel suo ultimo periodo, ec., possono essere evidenti per tutto il mondo, ed essere completamente constatati, senza l’intervenzione dei maestri nell’arte di guarire. Anche nelle malattie non incurabili, come era la febbre della suocera di S. Pietro, se vi è guarigione istantanea e senza convalescenza alcuna, è vero miracolo, e i più abili dottori non potrebbero disconvenirne.

      Questi sono i principi che ci hanno diretti nell’adottare dei fatti miracolosi, che noi diamo come prove esteriori od estrinseche dell’apparizione di La Salette.

      § IV. QUESITO: 4° Quale è stata l’opinione dei membri della Commissione episcopale sopra ciascuna parte della relazione del fatto di LA SALETTE?

      La nostra convinzione personale sopra la verità del fatto di La Salette è stata costantemente comune alla quasi totalità della Commissione istituita da monsignor vescovo di Grenoble, presieduta personalmente da questo venerabile prelato, e composta di sedici

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      membri, cioè dei MM. RR. due Vicari generali titolari, dei MM. RR. Canonici della cattedrale, del Superiore del gran seminario e dei MM. RR. cinque Curati della città episcopale. Molte relazioni erano già venute alla luce sopra questo avvenimento. La nostra identica pel fondo differente per la forma; è più completa sotto il rapporto delle informazioni che ci siamo procurate e delle prove giustificative che abbiamo richiamate da tutte le parti, acquista una tutt’altra forza di persuasione, perché essa rappresenta la convinzione del nostro venerato Prelato e quella della numerosa Commissione che ne ha esaminate, discusse e adottate le singole parti.

      I relatori erano il M. R. Russelot, canonico e vicario generale onorario, ed il M. R. Orcel, canonico ordinario e superiore del gran seminario. Mediante un’ordinanza del 19 luglio precedente, questi due signori erano stati nominati commissari delegati per istituire una inquisizione, e raccogliere tutte le informazioni relative al fatto di La Salette. Era il risultato delle loro investigazioni, che sottomettevano al giudizio della Commissione.

      Ecco il riassunto delle otto conferenze tenute al vescovato sotto la presidenza di monsignor vescovo.

      1° CONFERENZA, 8 novembre 1847. – Un regolamento e delle osservazioni generali tracciale preventivamente da monsignore per la tenuta delle conferenze, vengono lette in questa prima riunione; vengono prescritte delle preghiere ai membri della Commissione per implorare i lumi del cielo, e ciascuna seduta comincia e finisce colla preghiera.

      Si fa in seguito lettura di quella parte del rapporto che si riferisce alla topografia dei luoghi, al carattere

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      dei due pastorelli, al loro racconto ed al loro ́segreto. Una sola obbiezione di qualche importanza viene fatta, ed è la 12a nel rapporto.

      2a. CONFERENZA, 15 novembre. Il signor Melin, curato di Corps, chiamato da monsignore è presente.

      Si riconosce in questa sezione, 1° che la superiora delle Sorelle della Providenza di Corps, ben lungi dal circonvenire i due fanciulli e dal prepararli alle interrogazioni probabili che potrebbero venir loro fatte, non parla quasi mai ad essi dell’apparizione, e che essa è rare volte presente quando vengono interrogati. 2° Che il disinteresse dei fanciulli è reale, ed anzi sorprendente; che bene spesso convien sollecitarli per far che accettino qualche cosa, e che in fine rimettono fedelmente alla superiora tutto ciò che loro dà qualche pellegrino senza informarsi dell’impiego che essa ne fa.

      3° Che Maximin non è mentitore per aver aggiunto al suo racconto un fatto accessorio ed esplicativo delle profanazioni commesse nel luogo santo (questa obbiezione è la 12a nel rapporto).

      4° Che l’interesse non ha alcuna parte nella conversione degli abitanti di Corps e dei contorni, e che la famiglia, la quale in seguito ha ottenuto i migliori benefici, è la sola forse che non ha approfittato del benefizio dell’apparizione.

      Il relatore legge in seguito l’articolo intitolato: Opinione sopra il fatto di La Salette; egli stabilisce rigorosamente, che i due pastori non hanno potuto essere né ingannati né ingannatori.

      Si obbietta, seguendo la regola della critica e secondo i teologi, che la testimonianza di due ragazzi era insufficiente.

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      Ma è stato risposto, che qui non si tratta né di una certezza assoluta, né di una decisione di fede, ma solamente di una pia credenza fondata sopra una grandissima probabilità, la quale, secondo la dottrina di Benedetto XIV e l’uso della Chiesa basta quando si tratta di apparizione, e che non vi è stato nulla di più per l’apparizione di Nostra Signora di Osien, di Laus ecc., né nella conversione del sig. Di Ratisbonne.

      In questa seduta monsignore ha fatto entrare Massimino, che si è fatto conoscere incolto, distratto, senza premura, ma però senza grande imbarazzo, e quale lo rappresenta il rapporto. Al suo racconto fatto metà in francese e metà in vernacolo, si è fatta l’obbiezione dell’indifferenza del fanciullo a comunicare ciò che ha veduto ed inteso agli altri pastori suoi compagni, ciò che sarebbe di natura a mettere in dubbio la sua testimonianza. La risposta a questa difficoltà, si trova al seguito del rapporto. Obbiezione 11a

      3a. CONFERENZA, 16 novembre. Melanie in questa seduta è introdotta ed all’obbiezione fatta il giorno avanti sul silenzio osservato dai due pastori verso dei loro compagni della montagna, essa risponde con ingenuità, che si era creduta obbligata di parlare della meraviglia in primo luogo ai suoi padroni, e ch’essa aveva dovuto domandar loro qual era il popolo, al quale doveva comunicare il racconto della Dama.

      L’obbiezione sopra le condizioni della certezza sono riprodotte; vi si risponde come nella seduta precedente, e si riconferma la risposta col fatto dei due discepoli di Emmaus.

      Melanie subisce in seguito un interrogatorio condotto con molta destrezza, e capace di imbarazzare il più determinato mentitore; essa risponde a tutto con

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      modestia e convinzione senza contraddire in nulla Maximin, stato interrogato il giorno precedente.

      Melanie fa il racconto dell’apparizione con molta. chiarezza. La superiora che è presente, assicura che il racconto ora inteso è identicamente lo stesso di quello fatto nei primi giorni che susseguirono l’avvenimento. Interrogata da monsignore sulla memoria di Melanie, la superiora risponde che da più di un anno essa dura molta fatica a farle imparare i tre atti di fede, di speranza e di carità, e ch’essa non affermerebbe d’esservi riuscita.

      Maximin è introdotto. E sempre lo stesso ragazzo, distratto, disinvolto, indifferente come se fosse nella sua famiglia. Gli si fanno delle interrogazioni sopra un incidente che non ha sembrato di natura ad infirmare in nulla il fatto principale.

      4a. CONFERENZA, 17 novembre. — I due fanciulli sono interrogati sopra diverse particolarità del loro racconto, come pure sopra delle circostanze, le quali senza farne parte, sembrano dover affievolire la verità. I due fanciulli si spiegano con soddisfazione generale dell’assemblea.

      5a. CONFERENZA, 22 novembre. La discussione s’impegna di nuovo sopra la questione della certezza morale. Il M. R. superiore del gran seminario, secondo relatore, stabilisce rigorosamente; 1° che la certezza morale ed una grande probabilità sono perfettamente identiche ed hanno assolutamente lo stesso significato; 2° che per la certezza di un fatto non è necessario di avere un gran numero di testimoni, ma che un piccolo numero basta, quando offrano d’altronde le altre condizioni di critica, che rendono la testimonianza indubitabile.

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      Un membro dell’assemblea, applicando opportuna mente questi principi all’Eucaristia, fa benissimo comprendere che la presenza reale, benché sia di una certezza teologica ed assoluta come dogma rivelato, non è pertanto che di una certezza morale, o di una grandissima probabilità relativamente ad un’ostia o ad un tabernacolo.

      Monsignore chiede l’opinione della commissione: sopra diverse parti del rapporto fin qui stato discusso; sono tutte adottate ad una grande maggioranza; alcune riuniscono l’unanimità dei suffragi.

      6a CONFERENZA. 29 novembre. — Questa seduta è consacrata alla lettura di molti miracoli e delle pezze giustificative in appoggio. La guarigione di suora SaintCharles in Avignone, e quella di Melanie Gámon a S. Feliciano (Ardèche) sono state riconosciute riunire le condizioni richieste dai teologi per essere veramente miracolose. Altri fatti sono stati accolti come rispettabili in verità, ma non come sufficienti, se fossero soli ed isolati dagli altri, per stabilire una dimostrazione:

      rigorosa. Convien notare che alla fine di novembre, epoca alla quale si tennero le conferenze, i miracoli di Digne, d’Avallon, di Saint-Dizier, di Bar-sur-Aube, di Clichy, ec., o non erano ancora avvenuti, o non erano ancora conosciuti. Si ritroveranno raccontati sommariamente nel rapporto, con rinvio alle pezze giustificative.

      7a CONFERENZA, 6 dicembre. Essa è consacrata alla lettura dei documenti relativi alla guarigione della cieca di Lalley (Isére), Victorine Sauvet.

      Si appone a questo fatto, 1° il silenzio dei medici; 2° l’opinione d’una persona rispettabile di Corps, la quale non crede a questo miracolo; 3° una guarigione

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      analoga accaduta a Eybens presso Grenoble. La maggiorità risponde, che indipendentemente dai medici, i quali non prestano sempre volentieri, il loro concorso a ciò che è soprannaturale, vi è una moltitudine di testimoni capaci di produrre il convincimento che l’opinione di una persona, per quanto rispettabile; essa sia, non può essere contrapposta a cinquanta altre non meno degne di confidenza (1), e finalmente, che se la guarigione del cieco d’Eybens è vera, confermerebbe quella della cieca di Lalley; ma che in tutti i casi essa non racchiude certe circostanze essenziali che raccomandano il fatto di Lalley.

      Dopo questa sessione, delle nuove testimonianze confermative e della cecità completa e della perfetta guarigione di Victorine Sauvet, ci sono pervenute. Si troveranno tra le pezze giustificative.

      8a. ED ULTIMA CONFERENZA, 13 dicembre. Questa seduta è consacrata alla lettura di obbiezioni, le cui soluzioni sono adottate dalla più grande maggioranza.

      Monsignore dichiara le conferenze chiuse, ringrazia i membri dell’assemblea del loro zelo e della loro assiduità, e si riserva di pronunciare un giudizio dottrinale a tempo opportuno.

      Il rapporto che ci accingiamo a leggere è dunque l’espressione fedele e sincera della convinzione dei commissari delegati alla compilazione, e della commissione che l’ha discusso ed adottato, e di molte persone sagge ed illuminate alle quali è stato comunicato. Esso

      (1) Si è per errore e dietro fallaci informazioni che è stata messa in campo la persona pretesa incredula. Il suo nome, Maria Aglot, figura unitamente ai segnatari del processo verbale steso sul monte il giorno stesso della guarigione.

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      presenterà, noi lo speriamo, la convinzione di migliaia di persone accorse sul luogo per esaminare il fatto da sé stesse. Comparirà adunque rivestito di un carattere

      particolare che non hanno potuto offrire le pubblicazioni fatte sino a questo giorno sopra lo stesso avvenimento.

      Possa esso rianimare o consolidare la fede dei figli della Chiesa, commuovere qualche peccatore, e contribuire a diffondere sempre più il culto dell’augusta Protettrice della Francia, e particolarmente della diocesi di Grenoble.

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      RAPPORTO

      fatto a Monsignor Vescovo dai due commissari delegati in forza di un’ordinanza del prefato monsignor del 19 luglio 1847 incaricati di raccogliere i documenti e le notizie concernenti il fatto di La Salette.

      Monsignore,

      I sottoscritti commissari, delegati da V. S. I. e R. ad istituire una inquisizione e raccogliere, sia sui luoghi, sia nei contorni, tutte le notizie relative al fatto di La Salette, hanno l’onore di renderle conto della loro missione e di esporle ciò che segue:

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      Partiti da Grenoble il 27 luglio 1847, abbiamo percorse le diocesi di Vallence, di Viviers, d’Avignone, di Nîmes, di Montpellier, di Marsiglia, di Fréjus, di Digne e di Gap. Abbiamo soggiornato nella maggior parte di queste città episcopali e siamo stati ammessi all’udienza di sei vescovi. Questi illustri prelati ebbero la compiacenza d’intrattenersi con noi sul soggetto della nostra missione. Dappertutto siamo stati accolti con molto favore, dappertutto risuonava la fama della celebre apparizione di La Salette, dell’acqua della meravigliosa fonte, dei pellegrinaggi fatti o da farsi alla montagna santa, dei miracoli operati o delle grazie ottenute per intercessione di Nostra Signora di La Salette e mediante l’uso dell’acqua di La Salette.

      Abbiamo vedute ed interrogate molte persone, che si dicevano essere state guarite; dappertutto noi abbiamo chieste, e ci sono state date o promesse delle relazioni di tutta autenticità di questo meraviglioso fatto.

      Il 25 agosto susseguente, dopo un viaggio felice, facevamo la nostra entrata nella diocesi di Corps, borgo ove convien far capo quando si vuol visitare il teatro del meraviglioso avvenimento, il quale da oltre un anno occupa la Francia intera, ed ha risuonato sino nei paesi stranieri.

      La sera dello stesso giorno noi interrogavamo l’un. dopo l’altro i due pastorelli diventati senza che fin ora sembra che se ne accorgano, tanto celebri, causa principale del prodigioso concorso che ha luogo senza interruzione da oltre un anno su quell’alta montagna, estrema frontiera sud-est della diocesi di Grenoble.

      Il giorno dopo, 26 agosto, con un tempo freddo e nebbioso, salivamo per sentieri stretti, difficili, ardui,

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      coi due fanciulli sino alla piccola spianata dell’apparizione, accompagnati dai MM. RR. signori Mélin, cu rato arciprete di Corps; Perrin, curato di La Salette; Paquet,

      curato di Tréminis, di molti altri ecclesiastici, della diocesi, di un curato della diocesi di Fréjus, dia un curato della diocesi di Gap e di trenta a quaranta pii pellegrini accorsi la maggior parte da lontano, el che istruiti dello scopo principale della nostra missione, si affrettarono ad unirsi a noi per essere del tutto testimoni.

      § I. DESCRIZIONE DEI LUOGHI – La Salette è un comune abbastanza ragguardevole del cantone, alla distanza di 8 chilometri da Corps; di 71 chilometri da Grenoble, ed a 1124 metri al disopra del livello del mare. Essa costituisce una parrocchia, antica di circa 800 abitanti, disseminati in dieci casali, a piccola distanza l’uno dall’altro. La montagna dell’apparizione è ancora distante dalla chiesa di La Salette di 8 chilometri circa.

      Isolata e situata nel centro di un cerchio di montagne che le servono di riparo e che la dominano in anfiteatro, questa contrada è rimasta sino al presente impraticabile pei ruotanti; il tragitto si fa a piedi o a cavallo per una strada abbastanza facile sino alla chiesa ed anco sino alla estremità dei terreni lavorati. Da questo punto la strada, quantunque sempre praticabile con bestie da soma, diviene di più in più ardua e difficile, ma non pericolosa, sino alla piccola spianata della des Baisses o sotto les Baisses. Questo monticello spianato, formato da tre montagne posate su la stessa base e che si confondono sino alla metà della loro altezza totale e si estende dal settentrione al mezzogiorno, ha poca estensione è tutto smaltato

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      di erbe, del pari che le tre montagne, le quali, dopo la loro separazione e sino alla loro sommità, non offrono all’occhio che dei pascoli verdi e posti in declive. Non una pietra, non il più piccolo arbusto a mille metri all’ingiro.

      A fianco di questo monticello spianato trovasi un burrone poco profondo, formato da due poggi od eminenze, che si distendono dal settentrione al mezzo. giorno, nel cui fondo scorre il piccolo ruscello chiamato la Sézia. Si è precisamente al fondo di questo burrone, sulla riva destra del ruscello e nel luogo ove ora scorre senza interruzione la celebre fontana, che fu veduta la bella Dama, come si esprime la relazione; si è a due o tre passi più al basso e dalla medesima parte che parlò ai due ragazzi, rassicurati ed invitati ad avvicinarsi; ma si è dopo aver valicato di un sol passo il ruscello, e fatti venticinque o trenta passi rimontando il poggio opposto, ch’ella scomparve a poco a poco agli occhi dei fanciulli attoniti che l’avevano seguita, e che si trovavano a meno di tre passi discosti da lei quando si elevò nell’aria.

      Alcuni giorni dopo l’apparizione, dietro l’indicazione dei fanciulli, due croci di legno molto semplici furono erette, l’una vicino alla fonte chiamata d’allora in poi Croce della Conversazione; e l’altra al luogo della disparizione che ha preso il nome di Croce dell’Assunzione.

      Poco dopo sono state erette in scaglioni quattordici croci lungo il cammino percorso dalla Dama. I pellegrini fanno orazione con un fervore particolare avanti le due prime, ed avanti alle altre fanno con molta devozione la Via Crucis, benché non sia stata canonicamente eretta. Alle due prime croci trovansi appesi

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      diversi oggetti, come fiori, corone, stampelle. Degli oggetti di valore, delle catene d’oro, dei gioielli, dei cuori, degli anelli, degli orecchini, ec., vi sono stati egualmente appesi per divozione e riconoscenza; ma sono stati trasportali e depositati presso il signor curato di La Salette, per fino a tanto che l’autorità diocesana abbia pronunciato sopra il fatto, ed esaudendo i voti di innumerevoli pellegrini abbia permesso la costruzione di una cappella sopra questi luoghi venerati.

      Le coste del burrone erano avanti l’avvenimento, del pari che il monticello e le tre montagne, ricoperte di un bel verde. Da molto tempo ne sono totalmente spogli e non presentano più all’occhio che un suolo assolutamente nudo ed una roccia scagliosa.

      Questo luogo non è solamente calpestato dai piedi di innumerevoli -pellegrini; ma è continuamente raschiato da mani avide di portar seco come reliquie e ricordo di questo luogo riverito, un pizzico d’erba, un fiore, un po’ di terra, e qualche pezzetto di pietra. Le croci stesse non sono risparmiate; esse vengono giornalmente mutilate dalla folla, trasportata dal rispetto o dalla riconoscenza. Quanto alla fonte, tutti vi bevono, arrivando sulla montagna, ed è invalso presso i pellegrini, che la sua acqua ghiacciata, bevuta anche in quantità e nella più abbondante traspirazione, non fa mai male; tutti ne fanno provvisione, e ne portano con loro a più centinaia di leghe.

      Quanto all’ammasso di pietre, sopra le quali i fanciulli videro dapprima la bella Dama seduta, melanconica ed il volto nascosto nelle sue mani, è scomparso interamente. I pellegrini e la gente del paese le hanno portate via e raccolte con rispetto. Il M. R. curato di

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      Corps però fece fin da principio trasportare presso di sé, e per essere gelosamente conservata, la pietra, sopra la quale sedeva immediatamente la Dama. Questa pietra è stata in seguito riportata a La Salette, alla quale essa deve naturalmente appartenere.

      § II. I PASTORI. Questi due pastorelli sono i soli attori nell’avvenimento straordinario che preoccupa così vivamente tutti gli spiriti. È molto importante perciò di conoscere il loro carattere, i loro difetti, la loro educazione, la loro istruzione. Da questa cognizione dipende il grado di confidenza che si può, o che si deve ragionevolmente accordare al loro racconto. È necessario di scoprire se hanno potuto essere ingannatori e capaci di comporre una favola, ovvero siano stati vittima di una allucinazione mentale almeno momentanea, ed in fine, il zimbello di qualche

      soperchieria. Nulla abbiamo pertanto trascurato per procurarci le informazioni le più esatte, le più precise ed anche le più minuziose sopra ciò che erano questi fanciulli avanti l’avvenimento e su ciò che sono stati dappoi.

      Il sig. abate Bez nel suo Pellegrinaggio a la Salette ha tracciato di questi due fanciulli un ritrattò, che ci è sembrato abbastanza fedele. Noi copiamo, abbreviandolo, questo ritratto; vi aggiungeremo le nostre informazioni attinte alle migliori fonti. 1° MAXIMIN. Pietro Maximin Giraud è nato a Corps il 27 agosto, 1835 da parenti poveri, che guadagnano il loro vitto col sudore della loro fronte. Suo padre è falegname costruttore di carri. Maximin è piuttosto piccolo, ha una faccia rotonda che annuncia salute; ha uno sguardo dolce, fissa senza tema e senza arrossire le persone che lo interrogano; non sta un momento senza agitare e braccia e mani. Gestisce naturalmente quando parla, e

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      qualche volta si anima al segno di battere sull’oggetto che si trova alla di lui portata, soprattutto quando si ha l’aria di non aderire a ciò che dice. Non va mai in collera, neppur quando lo si tratta da mentitore ne’ lunghi interrogatori che gli si fanno subire. Qualche volta però, estenuato dalla fatica e stanco di vedersi sofisticato sopra ciò che dice, si dimostra impaziente, ciò almeno è quanto assicurano alcune persone. Questo naturale incolto ci sembra una miglior prova contro la supposizione che farebbe credere i fanciulli ingannatori. Alcuni di quelli che hanno trovato i fanciulli un poco sgarbati, potrebbero imputarsi il difetto di cui si lagnano; perché, al dire dei testimoni, avevano messo alla tortura i poveri fanciulli con numerosi cavilli e con interrogazioni minuziose, che avrebbero imbarazzato ed anche indispettito persone ragionevoli.

      Degli altri ancora avranno potuto trovare i fanciulli non abbastanza compiacenti in conseguenza degli interrogatori precedenti, come si dovette notare più d’una volta. Quando Maximin ha fatto il suo racconto e risposto alle principali difficoltà che gli vengono opposte, cerca di fuggire per ritornare a’ suoi divertimenti. Prima dell’avvenimento Maximin non andava in chiesa; non sapeva né leggere, né scrivere, era senza educazione e senza istruzione. Condotto alla chiesa, se ne fuggiva di sovente per andare a giuocare coi suoi piccoli compagni, di maniera che mancando di ogni istruzione religiosa, non aveva potuto essere compreso nel numero dei fanciulli che il curato apparecchiava per la prima comunione. Suo padre dichiara che non aveva potuto fargli imparare il Pater e l’Ave, che con grande fatica in tre o quattro anni (1)

      (1) È soltanto in quest’ anno 1848, il 7 maggio, seconda domenica dopo Pasqua, che Maximin e Melanie sono stati ammessi a fare la loro prima comunione assieme agli altri fanciulli della parrocchia di Corps. 32

      Se Maximin ha dei difetti che derivano dalla sua età, non gli si conoscono vizi, se non è, forse, qualche tendenza alla ghiottoneria. Pierre Selme, detto Bruite, proprietario in Ablandins, casale di La Salette, interrogato da noi sopra ciò che avesse rimarcato in Maximin durante i pochi giorni che lo aveva avuto al suo servizio, ci ha risposto: Maximin era un innocente senza malizia, senza previdenza. Prima che partisse per condurre le vacche alla montagna, noi gli facevamo mangiare la minestra; indi fornivamo la sua blouse od il suo sacco di provvigioni per la giornata. Ebbene!

      Abbiamo sorpreso Maximin che cammin facendo aveva di già mangiate le sue provvigioni della giornata, dividendole largamente coi cani. E quando noi gli dicevamo: ma che mangerai tu nella giornata? Maximin ci rispondeva: ma io non ho fame!

      Maximin è senza amor proprio; confessa con una grande ingenuità la miserabile sua condizione, la bassezza delle sue prime occupazioni. Quando noi gli domandammo: Ove eri tu, che facevi avanti di entrare al servizio di Pierre Selme? ha risposto con ingenuità; Stava presso i miei genitori, ed andava a raccogliere il letame sulla strada maestra, Egli va più avanti, confessa i suoi difetti, le sue cattive inclinazioni. Lo feci venire per due volte nella mia camera il 15 ed il 19 novembre. Gli dissi: Maximin, mi è stato riferito che avanti l’apparizione di La Salette tu eri un poco mentitore?

      Maximin sorridendo e con un’aria di candore: Non siete stato ingannato, vi è stata detta la

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      verità: mentiva e giurava nel trar de’ sassi, alle mie vacche quando si sbandavano.

      Dopo l’avvenimento del 19 settembre 1846 Maximin va alla scuola dalle Suore della Provvidenza, virtuose e zelanti istitutrici, vi passa la giornata e vi prende i suoi pasti. La rispettabile superiora delle suore, donna di buon senso e di età matura, ha voluto, col consenso di monsignor vescovo di Grenoble, incaricarsi dell’educazione di Maximin. Interrogata da noi che mai da quasi dieci mesi scorga in questo fanciullo, ella ci rispose: Maximin non dimostra che talenti ordinari; egli impara a leggere e scrivere, impara il catechismo, ec. È abbastanza obbediente, ma leggiero, amante del giuoco, ed irrequieto. Egli non ci ha mai parlato dell’affare di La Salette, e noi abbiamo evitato di farlo parlare su di ciò, perché non si dia dell’importanza.

      Giammai, dopo i molti interrogatori che gli si fanno subire dice a chicchessia, né a noi, né agli altri fanciulli, chi sia il personaggio che l’ha domandato, e quali interrogazioni gli siano state fatte. Dopo le sue andate a La Salette, dopo i subiti interrogatori, riede con tanta semplicità e tanta bonarietà come se non si fosse trattato di lui. Non ho voluto ch’egli riceva il denaro che gli si offre da qualche pellegrino.

      Quando qualche volta è obbligato di accettarne, me lo rimette fedelmente, e per nulla si cura se l’impiego per lui o pei suoi parenti. Quanto agli oggetti di pietà, come libri, croci, corone, medaglie, immagini, ecc., che gli vengono regalati, non se ne cura più

      niente affatto, spesso li dona al primo piccolo camerata col quale s’incontra; sovente anche li perde, o dimentica per la sua naturale leggerezza, Maximin non è di sua natura

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      pio, pure assiste volentieri alla messa, e prega di buon cuore tutte le volte che gli si rammenta questo dovere. In una parola, questo ragazzo non sembra accorgersi ch’egli è da dieci mesi oggetto di curiosità, di premura, di attenzione e di carezze d’un numeroso pubblico s egli non si accorge del prodigioso concorso che ha luogo ogni giorno a La Salette. In questi termini ci ha parlato con un senso squisito la degna superiora. Possiamo aggiungere che sino a quest’oggi Maximin non ha cambiato di carattere, quantunque siano trascorsi venti mesi dopo l’avvenimento.

      I sedici novembre la superiora di Corps ha detto, presente la commissione, a monsignor vescovo: Dopo un anno Maximin, quantunque esercitato tutti i giorni, non ha potuto imparare a ben servire la messa, né Melanie a recitare a memoria gli atti di fede, di speranza e di carità, quantunque glieli facciano ripetere ogni giorno.

      Indipendentemente dal fatto di La Salette, ecco quali sono i due piccoli pastorelli!

      Aggiungiamo che è una fortuna per i due poveri pastorelli, i quali da principio fissarono l’attenzione degli abitanti di Corps e dei contorni, l’essere attualmente in una specie di dimenticanza in mezzo ai loro concittadini cambiati e convertiti. I loro parenti stessi, poveri come sono, non sembra che vogliano trar profitto del privilegio accordato ai loro figli.

      2° MELANIE. La giovane pastorella Francesca Melanie Mathieu è nata anch’essa a Corps il 7 novembre 1831 da parenti molto poveri. Giovine ancora, fu messa a servire per guadagnarsi il vitto, col custodire il bestiame. Essa non andava che raramente alla chiesa, perché i suoi padroni l’occupavano le domeniche e le feste come negli altri giorni della settimana. Essa non

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      aveva quasi cognizione alcuna della religione, e la sua memoria infelice, non poteva ritenere due righe di catechismo; e perciò non aveva potuto essere ammessa a fare la sua prima comunione. Quantunque prossima al sedicesimo anno, Melanie non è né robusta, né grande, né sviluppata in proporzione della sua età; il suo aspetto è dolce e gradevole. Si rimarca una grande modestia nel suo contegno, nell’atteggiamento della sua testa e nel suo sguardo. Quantunque un poco timida, essa non è né avvilita, né imbarazzata colle persone estranee. Nei nove mesi che precedettero l’apparizione di La Salette, essa era al servizio di Battista Pra, altro dei proprietari di Ablandins, uno dei casali di La Salette. Interrogato sopra il carattere di Melanie, questo brav’uomo la

      dipinse come di una timidità eccessiva e talmente non curante, che ritornando la sera dalla montagna tutta bagnata dalla pioggia, non domandava neppure di cambiarsi.

      Qualche volta, e sempre, per la natura del suo carattere, essa s’addormentava nella stalla; altre volte, se non ce ne fossimo accorti, avrebbe passata la notte alla serena. Battista Pra ha deposto altresì che Melanie avanti l’apparizione era poltrona inobbediente, e dispettosa al segno di non volere qualche volta rispondere a quelli che le indirizzavano la parola. Ma dopo l’apparizione era divenuta attiva ed obbediente; e diceva meglio le sue orazioni. (Lettera del signor Perrin, curato di La Salette, del 17 novembre 1847).

      Quanto esponemmo è confermato dalle seguenti pezze giustificative: 36

      Dichiarazione di Battista Pra, proprietario di Ablandins, casale di La Salette:

      “Io sottoscritto agricoltore, domiciliato al casale: di Ablandins, comune di La Salette, cantone di Corps (Isére), dichiaro che Melanie Mathieu è entrata al mio servizio nel mese di marzo 1846, e che è restata al casale di Ablandins sino al principio di dicembre dell’anno stesso. Durante i sei giorni che il piccolo Maximin Giraud di Corps ha custodite le vacche di Pietro Selme mio vicino, il cui pastore era ammalato, non mi sono accorto che questi ragazzi si conoscessero. Hanno potuto però incontrarsi sia nel mio campo, che confina con quello, di Pietro Selme, sia abbeverando il loro bestiame sul versante settentrionale della montagna alle Baisses. Il sabato 19 settembre 1846 vennero entrambi a raccontarmi ciò che avevano visto e sentito sulla piccola spianata. Il giorno susseguente essi andarono assieme dal signor curato di La Salette, il quale nello stesso giorno alla messa ne fece parte dal pulpito a’ suoi parrocchiani. Il piccolo Maximin si è restituito lo stesso giorno a Corps. Egli non è più ritornato nel nostro casale. La piccola Melanie vi è rimasta, e d’allora in poi è stata interrogata da un gran numero di persone.

      In fede di che ho sottoscritto la presente, che dichiaro contenere la verità. – Fatto al casale di Ablandins il 28 settembre 1847. Aggiungo avanti di firmare, che nei primi giorni non ho prestato fede al racconto dei fanciulli, e che più volte cercai di indurre la piccola Melanie a ricevere il denaro che le veniva offerto, affinché conservasse il silenzio. Questa fanciulla ha costantemente rifiutato il denaro che le veniva presentato; essa

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      ha costantemente resistito alle minacce, come alle promesse di ricompensa. Il maire di La Salette tra gli altri, ha impiegato inutilmente ogni sorta di mezzi per mettere la ragazza in contraddizione con sé medesima; non ha potuto riuscirvi. Gli ha in seguito

      offerto del denaro essa lo ha ricusato ed ha risposto alle sue minacce, che sempre e costantemente ripeterebbe ovunque ciò che la Vergine Santissima gli aveva detto. Il maire di La Salette l’ha interrogata durante un’ora, la domenica 20 settembre 1846. Fatto al casale di Ablandins il 28 settembre 1847.

      “GIOVANNI BATTISTA PRA”.

      “Dichiaro per la conoscenza che ne ho, che la presente attestazione di Battista Pra, buon cattolico e degno di fede, è conforme alla verità.

      La Salette Falavaux, 27 novembre 1847.

      PERIN curato

      Dichiarazione di Pietro Selme, agricoltore, domiciliato a Ablandins, casale di La Salette.

      Io sottoscritto Pietro Selme, agricoltore, domiciliato a Ablandins, comune di La Salette, cantone di Corps (Isére) certifico il fatto seguente:

      La domenica 13 settembre 1847 sono andato a Corps per cercarmi un ragazzo che potesse custodire le mie vacche. Il pastore che aveva al mio servizio era ammalato da molti giorni. Non avendo potuto trovarne, mi rivolsi ad uno dei miei amici, Giraud padre, falegname di carri a Corps, e lo pregai di affidarmi suo figlio per otto giorni.

      Egli vi si ricusò da principio, ma finì coll’arrendersi alle mie istanze. Giraud aveva mandato suo figlio Maximin, comune-

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      mente chiamato Germain o Mèmin, a Saint-Julien con una commissione per il signor Vieux. Questi, avendo veduto arrivare da lui questo fanciullo al cominciar della notte, non volle lasciarlo partire, e lo tenne a dormire in casa sua. Andai a prenderlo l’indomani lunedì 14 dello stesso mese a tre ore del mattino, e lo condussi a Ablandins. Questo fanciullo condusse lo stesso giorno le mie quattro vacche nel campo che ho sul versante del mezzogiorno della montagna alle Baisses a poca distanza della croce stata ultimamente eretta sopra la sommità della montagna. Delle proprietà private si estendono sopra tutto questo versante. La comune di La Salette possiede in proprietà la piccola spianata che trovasi sul versante di settentrione, e sulla quale ebbero luogo gli avvenimenti dei quali parlano Maximin Giraud e Melanie Mathieu. Temendo che il piccolo Maximin non sorvegliasse con abbastanza diligenza le mie vacche, le quali potevano facilmente precipitare nei numerosi burroni della montagna, sono andato io stesso a lavorare in quel campo il lunedì 14 dello stesso mese, martedì, mercoledì e venerdì della stessa settimana. Dichiaro che nel corso di tutti i detti giorni non ho perduto un istante di vista il piccolo ragazzo;

      facile essendomi di vederlo in qualunque luogo del mio campo egli si trovasse, perché non vi sono eminenze. Devo solamente aggiungere che il primo giorno lunedì lo condussi sulla spianata sopraccennala per indicargli una piccola sorgente, ove doveva far bere le mie vacche. Ve le conduceva tutti i giorni a mezzogiorno e ritornava immediatamente a rimettersi sotto la mia sorveglianza. Il venerdì 18 lo vidi divertirsi colla piccola Melanie Mathieu, la quale custodiva le vacche di Battista Pra, mio vicino, ed il cui

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      campo confina, col mio. Ignoro se questo fanciullo, la conoscesse prima di venire da me, o se ha fatta la sua conoscenza al casale di Ablandins. Non li ho mai veduti assieme. Si trasferivano tutti e due di gran mattino al loro campo, e ritornavano soltanto la sera ed andavano a coricarsi dopo aver mangiato la loro minestra. Il sabato 19 settembre ritornai al mio campo, secondo il solito, col piccolo Maximin. Verso le undici ore, undici ore e mezzo antimeridiane, gli dissi di condurre le mie vacche alla fontana della piccola spianata sul versante settentrionale della montagna. Il ragazzo mi disse allora: «Vado a chiamare la piccola Melanie Mathieu per andarvi assieme». In quel giorno non ritornò da me nel mio campo dopo aver fatto bevere le mie vacche. Non lo rividi, che la sera a casa, allor ché le ricondusse in istalla. Gli dissi allora Ebbene Massimino, tu non sei tornato a ritrovarmi nel, mio. campo. Oh! mi disse egli, voi non sapete che cosa è accaduto”. Che è dunque accaduto? gli domandai, e mi rispose: Noi abbiamo trovala vicino al ruscello una bella dama che ci ha divertiti lungamente, e che m’ha fatto chiacchierare assieme a Melanie; da principio ho avuto paura; non ardiva andare a prendere il mio pane, che era vicino a lei, ma ella ci disse: non abbiate paura i miei ragazzi, avvicinatevi, sono qui venuta per annunciarvi una gran nuova». E questo ragazzo mi fece allora il racconto che ha ripetuto in seguito a tutti quelli che l’hanno interrogato. La mattina del giorno susseguente mandammo io ed i miei vicini i due fanciulli dal signor curato di La Salette, il quale nel giorno stesso alla messa fece parte ai suoi parrocchiani di ciò che questi avevano veduto ed inteso. Questo è quanto mi riferirono i miei vicini, perché io

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      non assistetti alla messa di La Salette, ma ricondussi il piccolo Maximin da suo padre a Corps, come glielo aveva promesso. Questo ragazzo non è più ritornato al nostro casale, ove la piccola Melanie è sempre rimasta sino al principio del mese di dicembre. Esso non faceva che attraversarlo quando andava ad accompagnare i numerosi pellegrini che si rendevano sulla montagna. Dichiaro inoltre, secondo il mio convinci mento, che nel raccontare ciò che dissero aver veduto ed inteso non recitano una lezione che abbiano imparata. Durante i quattro giorni e mezzo che il piccolo ragazzo ha custodite le mie vacche, e nei quali non l’ho mai perduto di vista, non ho

      mai veduto né un prete, né un laico avvicinarsi a lui per discorrergli. La piccola Melanie è andata più volte a custodire le vacche nel campo del suo padrone, mentre Maximin era con me. La vidi costantemente sola, e se qualcuno fosse venuto per parlarle, me ne sarei certamente accorto, perché il mio campo e quello di Battista Pra sono situati l’uno accanto all’altro sopra lo stesso fianco della montagna e presentano entrambi una superficie piana, per cui basta tenersi in piedi per dominarlo intieramente e vederne ogni parte. Potrei dare ancora degli altri dettagli sopra questo fanciullo; ma sarebbe inutile il ripeterli qui, perché sono da molto tempo di pubblica notorietà. — In fede di che ho sottoscritta la presente che dichiaro contenere la verità. Fatto al casale di Ablandins, il 28 settembre 1847.

      PIETRO SELME».

      Aggiungo, che in uno de’ giorni della settimana che il piccolo Massimino è rimasto con me, è andato colle mie vacche al campo di Babon; non è però rimasto solo neppur quel giorno, ma è stato sorvegliato come gli altri giorni da mia moglie, o da me.

      PIETRO SELME».

      “Dichiaro che la presente attestazione di Pietro Selme, uomo degno di fede, è in tutto conforme all’esatta verità. I dettagli che racchiude sono perfettamente d’accordo con quelli che mi erano stati dati prima da altre persone.

      La Salette Fallavaux 27 novembre 1847.

      “PERRIN, curato».

      Queste due dichiarazioni sono state compilate dal sig. Dumanoir, dottore in legge, giudice supplente al tribunale di Montelimar, il quale ha fatto molte volte delle gite a La Salette, vi ha soggiornato, ed ha raccolte sul luogo le informazioni le più precise e le più minuziose sopra tutto ciò che ha rapporto all’apparizione.

      La veracità dei due deponenti attestata dal signor abbate Perrin, curato di La Salette, è anche confermata dal signor Peytard, maire di questa comune, in un rapporto fatto a me medesimo in data del 9 dicembre 1847. Eccone un estratto:

      “E per ultimo, signor vicario generale, dico, che si può prestar fede alle deposizioni di Battista Pra e di Pietro Selme, antichi padroni dei due fanciulli; sono brava gente e li credo incapaci di mentire.

      Eccole, signor vicario generale, tutte le notizie che posso fornire su questo affare.

      Vostro umilissimo servitore, Il maire de La Salette Fallavaux

      P. PEYTARD

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      Maximin e Melanie non avevano potuto vedersi che rare volte a Corps, sia perché i loro genitori abitavano le due estremità del villaggio, sia perché Melanie prima di entrare al servizio di Battista Pra aveva servito due anni a Quet, e due anni a Ste- Luce. Essi non incominciarono a vedersi ad Ablandins, che durante i quattro o cinque giorni nei quali Maximin vi è stato a servire; dippiù essi si vedevano raramente ed indifferentemente giuocando a’ giuochi adattati alla loro età. Fu adunque per puro accidente, che il giorno 18 settembre 1846 vigilia del grande avvenimento, s’incontrarono sul monte alle Baisses. La sera, al loro ritorno, Melanie disse a Maximin: domani, chi sarà il primo a trovarsi sulla montagna? Ed all’indomani 19, che era un sabato, vi salivano assieme conducendo ciascuno quattro vacche ed una capra che appartenevano al padre di Maximin.

      Aggiungiamo perché meglio spicchi il loro carattere, che dopo l’avvenimento i due fanciulli sono rimasti indifferenti l’uno per l’altro; che né si cercano, né si fuggono; che chiamati ed interrogati ogni giorno separatamente, non si dicono né, chi, gli ha chiamati, né quali domande siano loro state indiritte. Il carattere indifferente ed anzi antipatico de’ due fanciulli l’uno per l’altro, è stato attestato al vescovado il 16 novembre 1847 dalla Superiora della Provvidenza di Corps, la quale da oltre un anno dava loro delle lezioni. Essa ha parimenti testificato che Melanie ha meno apertura d’ingegno, meno altitudine allo studio, in confronto a Maximin, ed ha altrettanto indifferenza pel danaro; che essa dimostra della disposizione alla pietà, ma che da circa un mese incominciava a temere che Melanie non tirasse vanità dalla posizione nella quale l’avvenimento l’aveva posta.

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      § III. RACCONTO DI MELANIE – Il 19 settembre 1846, che era un sabato (1) Maximin e Melanie conducevano il loro bestiame sulla piccola spianata della Sousles-Batsses. La giornata era bella e senza nubi, il sole brillante. Verso l’ora del mezzogiorno che i due pastori riconoscono al suono della campana dell’Angelus, prendono le loro piccole provvigioni e vanno a fare la loro refezione ad una piccola fontana detta degli uomini a sinistra del ruscello. Finita la loro refezione, discendono, attraversano il ruscello e depongono i loro sacchi separatamente vicino ad una fontana disseccata, ma che ben presto diverrà il luogo per sempre celebre dell’apparizione. Discendono ancora qualche passo, e contro il consueto, essi dicono, si addormentano a qualche distanza l’uno dall’altro. Melanie si sveglia per la prima, e non vedendo le sue vacche, sveglia Maximin. Tutti e due attraversano il ruscello, rimontano in linea retta il poggio opposto, si rivolgono e scorgono le loro vacche sopra un dolce pendio del monte Gargas. Ridiscendono allora per andar a riprendere le loro bisacce rimaste presso la fontana inaridita, ma appena i loro occhi incominciano a rivolgersi da quella parte, sono colpiti da un chiarore abbagliante, al

      quale succede ben tosto la vista di una Dama sfolgoreggiante di luce seduta sopra le pietre della fontana, in un’attitudine che indica una profonda tristezza. I fanciulli ne sono atterriti; Melanie lascia cadere il suo bastone;

      (1) Vigilia della festa della Beata Vergine Addolorata, la quale seguendo la liturgia romana si celebra la terza domenica di settembre. Questa coincidenza coll’avvenimento è sorprendente; essa non è sfuggita alla moltitudine dei pellegrini di La Salette.

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      Maximin gli dice di conservarlo per difendersi in caso di bisogno. Ma non anticipiamo sopra il racconto de’ fanciulli. Eccolo tal quale essi lo fecero il 19 a sera ai loro padroni, ed il giorno susseguente, domenica, al curato del luogo, tal quale lo fece il medesimo giorno Melanie al sig. Peylard, maire di La Salette; tal quale lo ripeterono il giorno seguente agli abitanti di La Salette e di Corps; e tal quale lo hanno costantemente ripetuto dappoi.

      Ecco adunque il racconto di Melanie:

      “Noi ci eravamo addormentati… io mi svegliai per la prima e non ho veduto le mie vacche. Svegliai Maximin, dicendogli, Maximin vieni presto per andare a ricercare le nostre vacche. Abbiamo passato il ruscello, siamo saliti di facciata a noi e vedemmo le nostre vacche dall’altra parte coricate; esse non erano lontane. Io sono ridiscesa la prima, ed a cinque o sei passi avanti di arrivare al ruscello, vidi un chiarore come il sole; ancora più brillante, ma non del medesimo colore e dissi a Maximin: vieni, vieni presto a vedere là abbasso un chiarore; Maximin è subito disceso, dicendomi: oce è egli, e glielo indicai col dito rivolto alla piccola fontana, e si fermò quando lo vide.

      Allora noi vidimo una Dama in mezzo alla luce; essa sedeva col viso tra le sue mani. Ne ebbimo paura; lasciai cadere il mio bastone. Maximin mi disse, conserva il tuo bastone; se la ci fa qualche cosa, le darò un buon colpo.

      “In seguito questa Dama si levò ritta in piedi, incrocicchiò le braccia, e ci disse: Avanzatevi, i miei ragazzi, non abbiate paura, sono qui per darvi una gran nuova.

      Allora noi passammo il ruscello, ed essa si avanzò 45

      sino al luogo dove ci eravamo addormentati. Essa era in mezzo a noi due; e ci disse, piangendo tutto il tempo che ci parlò (ho veduto benissimo le sue lagrime):

      «Se il mio popolo non si vuol sottomettere sono costretta di lasciar libera la mano di mio figlio.

      Essa è così forte, così pesante, che non posso più trattenerla.

      È del tempo che soffro per voi altri! Se voglio che mio figlio, non vi abbandoni, devo pregarlo costantemente.

      E voi altri non ne tenete conto.

      “Voi potrete ben pregare, ben fare, giammai potrete ricompensare la sollecitudine che mi sono data per voi altri.

      Vi ho dati sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo. Questo è ciò che rende tanto pesante la mano di mio figli. I carrettieri non sanno giurare senza intromettervi il nome di mio figlio.

      “Sono le due cose che appesantiscono tanto la mano di mio figlio.

      “Se la raccolta perisce è solo per causa vostra. Ve lo feci vedere l’anno scorso coi pomi di terra; voi non ne avete fatto caso. E si è appunto quando voi trovavate dei pomi di terra guasti, che giuravate e vi associavate il nome di mio figlio.

      Continueranno a guastarsi in modo che quest’anno per Natale non ne avrete più

      «Io non intendeva bene cosa significava, dei pomi di terra (1).

      (1) A Corps, ed in molte parti del Delfinato, i pomi di terra si chiamano truffes. 46

      Voleva domandare a Maximin, che volesse dire dei pomi di terra; e la Dania ci disse:

      «Ah! i miei ragazzi, voi non capite, ve lo dirò in altra maniera». Indi proseguì:

      Melanie continua effettivamente il suo racconto in vernacolo. Noi mettiamo questo vernacolo a fronte del francese (1).

      “Se i pomi di terra si guastano, è solamente per causa vostra. Ve lo feci vedere l’anno scorso; voi non avete voluto farne caso. Al contrario, quando voi trovavate dei pomi di terra guasti, giuravate, mettendovi fra mezzo il nome di mio figlio.

      Continueranno a guastarsi, e quest’anno, pel Natale, non ne avrete più.

      “Se avete del grano non dovete seminarlo; tutto ciò che voi seminerete i vermi lo mangeranno, e quello che nascerà andrà in polvere quando lo batterete. «Verrà una grande carestia.

      Avanti che venga la carestia i fanciulli al disotto di sette anni saranno presi da un tremore, e moriranno fra le mani delle persone che li terranno; gli altri faranno penitenza per la carestia.

      “Le noci si guasteranno, le uve marciranno.

      “Se si convertono, le pietre ed i scogli si cambieranno in mucchi di grano; e i pomi di terra saranno prodotti dalla terra stessa.

      Dite voi bene le vostre orazioni, miei ragazzi?

      Noi risposimo entrambi: Non troppo, o Signora “Dovete ben dirle la sera e la mattina. Quando voi non potrete far meglio dite solamente un Pater ed

      (1) La traduzione si attiene al francese. 47

      un’Ave Maria. E quando avrete il tempo ditene di più.

      «Alla Messa non vanno che alcune donne vecchie, le altre lavorano la domenica tutta l’estate, e all’inverno i giovani quando non sanno che fare, vanno alla Messa per mettere in ridicolo la religione. Alla quaresima si va alla macelleria a guisa dei cani.

      “Non hai tu veduto, il mio ragazzo, del grano guasto?”

      «Maximin rispose: Oh! no, signora. Io non sapevo a chi facesse questa domanda, risposi sottovoce: No, Signora, non ne ho ancor veduto».

      Voi dovete averne veduto, il mio ragazzo (rivolgendosi a Maximin) una volta verso il territorio di Coin, con vostro padre.

      “Il padrone del campo, disse a vostro padre, che andasse a vedere il suo grano guasto; voi ci siete andati entrambi. Prendeste due o tre spighe nelle vostre mani, e strofinate andarono tutte in polvere, in seguito voi ritornaste. Quando eravate ancora una mezz’ora distante da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane, e vi disse: prendi il mio ragazzo, mangia ancora del pane in quest’anno; non so chi ne mangerà l’anno venturo se il grano continua ancora a guastarsi in questo stato».

      Mazimin rispose: «Oh! sì, signora, me ne ricordo presentemente, poco fa non me ne sovveniva”.

      Dopo ciò la Dama ci disse in francese:

      “Ebbene, i miei ragazzi, voi lo farete sapere a tutto il mio popolo”. Indi essa salì sino al luogo ove noi eravamo andati per cercar conto delle nostre vacche.

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      “Essa non toccava l’erba; camminava sopra la cima di essa. Noi la seguivamo con Maximin; io passai davanti la Dama e Maximin un poco di fianco a due otre passi di distanza. E la bella Dama si è innalzata un poco (Melanie fa un gesto elevando la mano di un metro o poco più al disopra della terra), dopo ciò essa rivolse lo sguardo al cielo, indi alla terra; dopo non vidimo più la testa, non più le braccia, non più i piedi; non si vide più che un chiarore nell’aria; dopo il chiarore disparve. Dissi a Maximin: è forse una gran santa. E Maximin mi rispose: Se noi avessimo saputo che era una gran santa, noi gli avressimo detto di condurci con essa. E io gli dissi Oh! se essa vi fosse ancora! Allora Maximin slanciò la mano per raggiungere un poco del chiarore; ma tutto era scomparso. Osservammo bene per scorgere se non la vedevamo

      più. E dissi essa non vuol farsi vedere per ascondere ove essa vada. Dopo di ciò andammo dietro le nostre vacche.

      (1) Qui viene addomandato a Melanie: Non ti ha essa detto nient’altro? Melanie. – No, signore

      D. Non ti disse essa un segreto?

      Melanie. – Sì, signore, ma essa ci ha proibito di dirlo.

      D. Sopra di che ti ha essa parlato?

      Melanie. – Se vi dico sopra di che, voi comprendereste presto ciò che è!

      D. Quando ti disse essa il tuo segreto?

      (1) È impossibile il qui indicare le migliaia di persone che fecero ad essi delle domande, marcate nel testo colla lettera D.

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      Melanie. – Dopo aver parlato delle noci e delle uve. Ma avanti ch’essa me lo dicesse, mi sembrava che parlasse a Maximin, e non capivo nulla.

      D. Ti diede essa il tuo segreto in francese? Melanie. Essa me lo disse in dialetto.

      D. Come era essa vestita?

      Melanie. – Aveva delle scarpe bianche con delle rose attorno di esse; ve n’erano di tutti i colori; delle calze gialle; un grembiale giallo; un vestito bianco tutto cosperso di perle; un fazzoletto da collo bianco, contornato di rose; un berretto alto un poco, pendente in avanti; una corona con delle rose attorno del berretto. Essa aveva una piccolissima catena alla quale era appesa una croce col suo Cristo; a diritta eravi uua tenaglia, a sinistra un martello; all’estremità della croce un’altra gran catena pendeva come le rose intorno al suo fazzoletto da collo. Aveva il volto bianco allungato; non poteva riguardarla per molto tempo, perché essa ci abbagliava.

      Il racconto che noi diamo qui, è il più esatto, il più completo di tutti quelli che sono stati pubblicati sino a questo giorno: esso racchiude testualmente ciò che i fanciulli dissero il primo giorno, e che hanno ripetuto in séguito a migliaia di persone. Lo ripetono ora come una lezione imparata a memoria; ma i padroni dei due fanciulli, ma i loro genitori, ma il maire di La Salette, signor Pietro Peytard, ma gli abitanti di Corps e di La Salette, del pari che un gran numero di sacerdoti e di persone distinte, estranee alla località, assicurano tutti che fino da principio hanno detto le stesse cose, se non colla medesima facilità, e colla medesima volubilità, almeno senza cambiamenti per la

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      sostanza, o per le espressioni, siano essi stati interrogati separatamente o simultaneamente.

      Noi abbiamo sotto gli occhi le prime relazioni manoscritte, fatte da persone di merito e degne di tutta la confidenza; e queste relazioni provano sino all’evidenza, che i pastorelli nulla aggiunsero o tolsero in seguito a ciò che dissero fin dal principio.

      Eccone del resto le prove:

      1° Il signor abbate Lagier, curato di Saint-Pierrede-Chérennes, cantone di Pont-en- Royans, diocesi di Grenoble, nativo di Corps, è andato a passare una quindicina di giorni presso la sua famiglia nel febbraio 1847, quattro mesi dopo l’apparizione.

      Arrivato incredulo a Corps, volle esaminare il fatto da se medesimo. Ciascun giorno adunque faceva venire i due fanciulli, gli interrogava talora assieme, talora separatamente; e teneva in seguito nota di ciascun interrogatorio. Il suo manoscritto si compone di una quarantina di pagine; noi l’abbiamo avuto fra le mani, e ne abbiamo estratto il dialetto del racconto di Melanie. Fra i documenti che racchiude troviamo una copia della relazione fatta da Battista Pra il 20 settembre 1846, giorno susseguente all’apparizione. Ecco la copia scritta di mano del signor Lagier, e da esso certificata conforme.

      Noi la diamo col singolare suo titolo e gli errori di redazione e di lingua, poco sorprendenti in un bravo campagnolo, che ha voluto tradurre per suo uso il vernacolo spacciato dai due piccoli pastori. L’originale, dopo d’aver passato da una mano all’altra a La Salette e a Corps, fu da ultimo portato via da un pellegrino,

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      Copia della relazione scritta da Battista Pra il 20 settembre 1846, il giorno susseguente all’apparizione, collazionala coll’originale dal signor Lagier, curato di Saint-Pierre-de-Chérennes.

      Lettera dettata dalla beata Vergine a due fanciulli sopra la montagna di La Salette Fallavaux.

      “Avanzatevi, i miei ragazzi, non abbiate paura, sono qui per raccontarvi una grande novità: Se il mio popolo non vuol sottomettersi, sono costretta a lasciar libera la mano di mio figlio; essa è sì forte e sì pesante, che non posso più trattenerla; da che soffro per voi altri, se voglio che mio figlio non vi abbandoni, devo pregarlo continuamente io stessa; voi altri non ne fate caso, avrete bel fare, ma giammai potrete ricompensare le mie sollecitudini per voi altri.

      “Vi ho dato sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo, è questo che rende tanto pesante la mano di mio figlio, ed anche i carrettier non sanno giurare senza intromettervi il nome di mio figlio, sono queste le due cose che rendono tanto pesante la di lui mano.

      “Se la raccolta si guasta, ne siete voi soli la causa, ve lo feci vedere l’anno scorso coi pomi di terra, ma voi altri non ne faceste caso, ed al contrario quando trovavate dei pomi di terra guasti, giuravate e vi intromettevate il nome di mio figlio.

      “Continuerà anche in quest’ anno, e per il Natale, non ce ne saranno più. Voi non intendete i miei fanciulli, vado a dirvelo altrimenti. Se avete del grano non bisogna seminarlo, tutto ciò che seminerete, i vermi lo mangeranno, e quello che resterà, che le bestie non

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      avranno mangiato, l’anno che viene nel battersi andrà tutto in polvere.

      «Verrà una grande carestia, e prima che essa incominci, i fanciulli al disotto dei sette anni saranno presi da un tremore, e moriranno fra le mani delle persone che li terranno.

      “Gli altri faranno penitenza per la carestia, le noci si guasteranno, le uve marciranno, e se si convertono, le pietre e gli scogli diventeranno ammassi di grano, ed i pomi di terra si troveranno seminati (per l’anno venturo). Nell’estate non vanno alla Messa la festa che alcune vecchie, e le altre lavorano. All’inverno la gioventù quando non sa che cosa fare, va alla Messa per farsi beffe della religione. Nessuno osserva la quaresima; vanno alla macelleria come i cani. Fate voi la vostra preghiera, i miei fanciulli? Non molto, o Signora. Bisogna ben farla sera e mattina e dire almeno un Pater ed un’Ave, quando non potrete far meglio.

      Non avete mai veduto, i miei fanciulli, del grano guasto? No, Signora. Ma, il mio fanciullo, voi dovete bene averne veduto una volta che siete andato con vostro padre a Coin, ove un uomo disse a vostro padre di andar a vedere il suo grano che era guasto, vostro padre vi è andato, prese alcune spiche nella sua mano, le strofinò e si sciolsero in polvere, dippoi al suo ritorno quando era ancora una mezz’ora distante da Corps, vostro padre vi diede un pezzo di pane e vi disse tieni, mio figlio, mangia ancora del pane quest’anno, che non sappiamo chi ne mangerà l’anno venturo se la cosa continua così.

      “Ebbene, i miei ragazzi, fate che lo sappia tutto il mio popolo.

      Firmato PRA (BAPTISTE), J. MOUSSIER

      SELME (PIERRE)».

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      “Per copia conforme all’originale, che mi è stato comunicato da Pra, uno de’ segnatari presso il quale serviva Melanie, e che ha testificato di avere scritto l’atto qui sopra il giorno dopo dell’apparizione.

      Corps il 28 febbrajo 1847

      LAGIER, prete

      Noi crediamo inutile di qui riportare il racconto fatto al signor Lagier stesso da ciascuno de’ fanciulli, esso differisce in nulla dai nostri.

      2° Il signor abbate Lambert, nativo di Beaucaire, venne a La Salette nel maggio 1847, ove, durante sei giorni consecutivi, interrogò i due fanciulli in presenza di un gran numero di testimoni, molti dei quali erano sacerdoti di Grenoble, e tenne un giornale esatto di ciascuna seduta. Egli ebbe la compiacenza di leggerci i suoi sei giorni passati a Corps, di darci anzi una copia di questa parte del racconto, che i due pastorelli fanno in dialetto. Noi riproduciamo qui sotto questo dialetto nel racconto di Maximin. Ora, non la più piccola differenza tra la relazione del signor Lambert e quella raccolta tre mesi prima con tanta cura dal signor Lagier.

      3° La relazione del signor Dumanoir, dottore in legge e giudice supplente a Montelimar, scritta sul luogo in seguito di lunghi interrogatori, è eguale per il fondo a tutte le altre, quantunque più corretta e meglio redatta per la forma. Essa è seguita da una breve, ma buona dissertazione sulla verità dell’apparizione.

      1. Il 10 novembre 1846, un mese e mezzo dopo l’avvenimento, il signor abbate Chambon, ora canonico di Grenoble, ed in allora superiore del piccolo seminario, fece espressamente il viaggio di La Salette con tre de’ suoi professori per verificare il fatto. La sua relazione, senza dare il testo medesimo delle parole della santissima Vergine, ne contiene esattamente il fondo. Essa è sottoscritta da lui e dai suoi tre compagni di viaggio.

      2. Tutti quelli, che sino dai primi giorni, dopo l’apparizione, interrogarono i fanciulli e presero delle note, attesteranno al bisogno, che i due fanciulli hanno tenuto costantemente il medesimo linguaggio, senza variazione alcuna, né per il fondo, e neppure per la forma.

      Ecco ora il racconto del giovine, Maximin, interrogato separatamente.

      § IV. RACCONTO DI MAXIMIN. «Dopo aver fatto bevere le nostre vacche ed aver fatto la nostra refezione, ci siamo addormentati accanto del ruscello, vicinissimi ad una piccola fontana diseccata, Melanie si è svegliata per la prima e mi ha pure svegliato per andar in cerca delle nostre vacche, Siamo andati per vedere le nostre

      vacche e nel rivolgerci le abbiamo vedute sdraiate dall’altra parte. In seguito Melanie nel discendere ha veduto un chiarore verso la fontana, e mi disse: Maximin, vieni a vedere questo chiarore! Sono andato verso Melanie e vidimo il chiarore aprirsi, e dentro abbiamo veduto una Dama seduta in questo modo (il fanciullo si siede co’ gomiti sulle ginocchia ed il volto nelle mani) e noi ebbimo paura. Melanie esclamò: Oh! mio Dio, e lasciò cadere il suo bastone: io le dissi: tienti il tuo bastone; io tengo il mio, se essa ci fa qualche cosa gli dò una buona bastonata (il fanciullo sorride nel raccontare questa circostanza)!

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      La Dama si levò, incrocicchiò le braccia e ci disse: Avanzatevi, i miei fanciulli; non abbiate paura, sono qui per contarvi una grande nuova. E noi non abbiamo avuto più paura; e siamo andati avanti, abbiamo, passato il ruscello e la Dama si è avanzata, verso di noi alla distanza di qualche passo dal luogo ove, erasi seduta, e ci disse:

      «Se il mio popolo non vuol sottomettersi sono obbligata di lasciar libero il braccio di mio figlio; egli è così pesante, che non posso più trattenerlo. Dacché soffro per voi altri se voglio che mio figlio non vi abbandoni, devo pregarlo continuamente per voi altri che non ne fate caso.

      «Vi ho concessi sei giorni per lavorare, mi sono riservato il settimo, e non si vuole accordarmelo! Ciò è che rende così pesante il braccio di mio figlio…

      “Anche quelli che conducono i carri non sanno più giurare senza aggiungervi il nome di mio figlio. Sono queste le due cose che appesantiscono tanto il di lui braccio.

      Se la raccolta si guasta, ne siete voi soli la causa. Ve lo feci vedere l’anno scorso colla raccolta de’ pomi di terra, quando ne trovavate di guasti, voi giuravate e vi aggiungevate il nome di mio figlio; continueranno a marcire e a Natale non ve ne

      saranno più”.

      “Melanie non intendeva bene, e cominciava a domandarmi di che si trattasse; la Dama subito rispose;

      “Ah voi non intendete il francese, i miei fanciulli, aspettate che vado a dirvelo diversamente. E ci parlò in dialetto:

      “Se la raccolta si guasta non è che per causa vostra; ve l’ho fatto vedere l’anno scorso coi pomi di terra, voi non ne avete fatto caso; all’incontro quando

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      ne trovavate dei guasti giuravate e vi aggiungevate il nome di mio figlio. Essi continueranno a marcire, e per Natale non ve ne saranno più.

      “Chi ha del grano non lo semini, ché i vermi lo mangeranno, e se ne nascerà qualche pianta, nel battersi andrà tutto in polvere.

      «Verrà una gran carestia, e prima che la carestia venga, i piccoli fanciulli al disotto di sette anni saranno presi da un tremore e moriranno tra le braccia delle persone che li terranno, e i grandi faranno la loro penitenza per la carestia. Le uve marciranno, e le noci si guasteranno.

      Se si convertiranno, le pietre, gli scogli si cambieranno in grano; i pomi di terra si troveranno seminati».

      «In seguito ci disse:

      Dite voi le vostre orazioni, i miei ragazzi?

      “Noi rispondemmo entrambi: Oh! no, signora, per nulla. “Ed essa ci disse:

      «Ah! i miei fanciulli, bisogna ben dirle sera e mattina; quando non avrete tempo, dite solamente un Pater ed un’Ave Maria, e quando avrete tempo ditene dippiù.

      “Alla Messa non ci va che qualche donna un poco vecchia, e le altre travagliano tutta l’estate, e vanno poi l’inverno alla Messa per null’altro che per beffeggiare la religione. Vanno alla macelleria come i cani». “In seguito ella disse:

      «Non avete voi mai visto del grano guasto, i miei fanciulli? “Io risposi Oh! no, Signora, noi non ne abbiamo mai veduto». 57

      “Allora essa mi disse:

      «Ma tu, il mio ragazzo, devi bene averne veduto una volta verso Coin, assieme a tuo padre; il padrone del campo disse a tuo padre, venite a vedere il mio grano guasto? Voi vi andaste; prese due o tre spiche in mano, poi le strofinò e tutte caddero in polvere. E poi ritornandovene, quando non eravate più che una mezz’ora lontani da Corps, tuo padre ti diede un pezzo di pane, dicendoti: tieni il mio ragazzo; mangia questo pane, che non so chi ne mangerà l’anno che viene».

      «Le risposi:

      È verissimo, signora, non me ne ricordava più». Dopo di ciò essa ci disse in francese:

      “Ebbene, i miei fanciulli, voi lo comunicherete a tutto il mio popolo».

      “Indi ella passò il ruscello, ed a due passi di distanza senza rivolgersi verso di noi ci disse di nuovo: Ebbene, i miei fanciulli, voi ne parteciperete a tutto il mio popolo».

      «Ella salì in seguito una quindicina di passi, scorrendo sopra l’erba, come se fosse sospesa, e che venisse spinta; i suoi piedi non toccavano che la cima dell’erba; noi la seguimmo sul poggio; Melanie passò avanti la Dama, ed io a fianco a due o tre passi di distanza.

      Avanti di sparire, questa bella Dama si è innalzata così (Maximin indica una altezza di un metro e mezzo), essa rimase cosi sospesa nell’aria un momento, indi noi non vedemmo più la testa, più le braccia, più il resto del corpo; sembrava che si fondesse. Restò un gran chiarore che voleva afferrare con la mano assieme ai fiori ch’essa aveva a’ suoi piedi; ma non vi era più altro.

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      «Melanie mi disse: Essa deve essere una gran santa. Ed io soggiunsi: Se noi avessimo saputo che era una gran santa, le avremmo detto di condurci seco.

      Dopo noi eravamo ben contenti, ed abbiamo parlato di tutto ciò che avevamo veduto; ed in seguito siamo andati a sorvegliare le nostre vacche.

      La sera, arrivando dai nostri padroni, era un poco melanconico; e siccome mi domandavano che cosa avessi, raccontai loro tutto ciò che la Dama ci aveva detto,

      D. Dimmi, Maximin, quand’è che la Dama, ti diede il tuo segreto?

      «R. Dopo che essa disse: Le uve marciranno e le noci diventeranno guaste. La Dama mi disse allora qualche cosa in francese, dicendomi: tu non dirai questo, né questo, né questo Essa stette alcun poco in silenzio; e mi sembrava che parlasse a Melanie.

      «D. Che ora era quando vi siete svegliati e che avete veduta questa Dama?

      «R. Era tra le due o le tre ore.»

      Tale è il racconto di Maximin, conforme per il fondo, e quasi pei termini, a quello di Melanie. Qui noi dobbiamo tener conto di una osservazione impor tante fatta dai numerosi testimoni degli interrogatori che si fecero subire ai fanciulli sopra alcuna contraddizione apparente, che certi interrogatori hanno creduto di notare nelle risposte che venivano loro fatte.

      1°. Noi diciamo, che queste contraddizioni sono talmente insignificanti, che non possono ragionevolmente essere contrapposte ai fatti innumerevoli dell’apparizione. Esse hanno sembrate tali allo stesso monsignore, al sig. curato di Corps, ed ai membri della Commissione che le hanno esaminate. Nella dodicesima obbiezione si tratterà della più importante di queste apparenti contraddizioni.

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      2° Qualche volta i fanciulli non hanno ben intesi i termini de’ quali si è fatto uso, ed hanno risposto, all’azzardo, e subito si conchiuse che fossero in contraddizione. Per darne un esempio, in una delle conferenze tenute al Vescovado, uno de’ membri della Commissione domandò da prima a Maximin, ed in seguito a Melanie: Giurereste che dite la verità? L’uno e l’altro non seppero che rispondere; non intendevano che cosa fosse far un giuramento. Ma quando si spiegò loro la cosa, e che si disse: Alzereste voi la mano e direste senza timore, che Dio mi punisca se ciò che dico non è la verità, che Dio mi mandi all’inferno se mentisco, ec.; allora i fanciulli hanno capito, e senza esitare risposero: Sì, Signore.

      3°. La memoria di questi fanciulli non è così prodigiosamente infallibile, che in qualche circostanza non abbia potuto farli cadere in qualche omissione. Vi é una grande distanza da una omissione ad una contraddizione.

      4° I fanciulli hanno sempre detto, che questa Dama era abbagliante di chiarore, che faceva male ai loro occhi quando volevano fissarla. E egli dunque sorprendente che Melanie, per esempio, non abbia saputo rispondere a colui che le domandava se la catena della Dama era più gialla del suo grembiale; che Maximin non abbia rimarcato che la Dama avesse delle calze gialle, ciò che non è sfuggito a Melanie, ec.? È inutile il qui trascrivere le mille interrogazioni più o meno stravaganti, capziose o anche inutili, alle quali questi fanciulli o non hanno potuto né dovuto rispondere, o alle quali hanno risposto all’azzardo. Anzi un ecclesiastico di merito, testimonio di uno di questi interrogatori, nei quali si volevano mettere alle strette con

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      delle interrogazioni minuziose questi poveri fanciulli, non ha saputo astenersi di dire a’ suoi confratelli: Mi pare che basti, noi cominciamo a rappresentare la scena della sinagoga in proposito del cieco nato. Potremmo nominare questo ecclesiastico.

      5° Queste pretese contraddizioni non hanno potuto impedire che il fatto si estendesse da sé, di propagarsi con una sorprendente rapidità, e di ottenere un assentimento tanto generale, che gli opponenti non costituissero che una impercettibile minorità.

      1. SEGRETO DEI DUE PASTORELLI. – La bella Dama ha confidato a ciascuno dei fanciulli un segreto sul quale sono assolutamente impenetrabili. Quando essa confidava all’uno il suo segreto, l’altro non sentiva, e vedeva solamente muoversi le labbra della Dama. Il segreto è stato dato da prima a Maximin, in seguito a Melanie, ma l’uno non sapeva che l’altro ricevesse un segreto. Non è che dopo la disparizione, che Maximin disse a Melanie: Essa ha tardato molto a parlare! non vedeva altro che muoversi le labbra. Ma che cosa diceva essa? Melanie gli rispose: Essa mi ha detto qualche cosa; ma non voglio dirtelo, essa me lo ha proibito. Maximin le replicò immediatamente: Oh! quanto son contento, Melanie, Essa ha detto anche a me

      qualche cosa; ma anch’io non te la voglio dire. Si è in questo modo che si accorsero che erano entrambi possessori di un segreto.

      Ecco alcune delle sorprendenti risposte che fanno subitamente, e senza esitare, a quelli che vogliono ad essi strappare il loro segreto. Noi ne garantiamo la perfetta autenticità.

      D. A Melanie. La Dama ti ha dato un segreto e ti ha proibito di dirlo. Alla buon’ora; ma dimmi almeno

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      se questo segreto risguarda te, o se risguarda un altro?

      Melanie. Chiunque sia che ciò risguardi, essa ci ha proibito di dirlo.

      D. Il tuo segreto è qualche cosa che tu dovrai fare?

      Melanie. Che sia una cosa che io abbia fare o no, ciò risguarda nessuno; essa ci ha proibito di dirlo.

      D. Essa ti ha senza dubbio raccomandato di far qualche cosa, la farai tu?

      Melanie. Che la faccia o no, ciò non risguarda alcuno. Il sig. abate Chambon. Dio ha manifestato il tuo segreto ad una Santa religiosa; ma amo meglio saperlo da te, ed assicurarmi così che tu non menti.

      Melanie. Posto che questa religiosa lo sa, essa può dirvelo; io non lo dirò. Altre persone fanno le interrogazioni seguenti:

      D. Verrà bene il momento nel quale tu dirai il tuo segreto? Melanie. Ne verrà, o non ne verrà alcuno.

      D. Tu dirai il tuo segreto al tuo confessore, pel quale nulla deve essere tenuto nascosto?

      Maximin. Il mio segreto non è un peccato; in confessione non vi è altro obbligo che di dire i peccati.

      D. Se dovesti dire il tuo segreto o morire? Maximin, con fermezza: Morirei non lo dirò.

      D. Se il Papa ti domandasse il tuo segreto, tu saresti ben obbligato di dirglielo, perché il Papa è molto più che la Vergine santissima?

      Maximin. Il Papa più che la santissima Vergine!. Ma la Vergine santissima è la

      Regina di tutti i Santi. Se il Papa fa bene il suo dovere, sarà santo, ma sarà sempre meno della Vergine santissima: se non fa il suo dovere, sarà punito più degli altri.

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      D. Ma è forse il diavolo che ti ha confidato il tuo segreto?

      Maximin (solo). No, perché il demonio non porta il Cristo, ed il demonio non proibirebbe di bestemmiare Melanie (sulla stessa domanda). Il demonio può ben parlare, ma non credo che sia lui, e che possa dire dei segreti come questo. Non proibirebbe di giurare; non porterebbe croce e non direbbe d’andare alla messa.

      Un sacerdote di merito (il signor Gerente elemosiniere delle suore della Provvidenza di Corenc vicino a Grenoble) a Maximin: Non voglio domandarti il tuo segreto. Ma questo segreto risguarda senza dubbio la gloria di Dio è la salute delle anime.

      Bisognerebbe che fosse conosciuto dopo la tua morte. Ecco ciò che ti consiglio: Scrivi il tuo segreto in una lettera, che suggellerai. Tu la farai rimettere alla curia del vescovado. Dopo la morte di Monsignore e la tua, questa lettera verrà letta, e tu avrai conservato il tuo segreto.

      Maximin. Ma qualcuno potrebbe essere tentalo di disuggellare la mia lettera… E poi io non conosco quelli che vanno a quella curia. Mettendo di poi la mano sopra la sua bocca, ed in seguito sopra il suo cuore la mia miglior curia, disse con un gesto espressivo, è qui.

      Un sacerdote di Grenoble dice a Maximin: Tu hai desiderio di essere prete, e bene, dimmi il suo segreto, e mi incarico di te; scriverò a Monsignore che tî faccia istruire gratuitamente.

      Maximin. Se per essere prete devo dire il mio segreto, non lo sarò mai.

      1. OPINIONE SOPRA IL FATTO DI LA SALETTE. Cosa devesi pensare del fatto di La Salette? Devesi credere al racconto dei due pastorelli di Corps? La santissima Vergine è essa veramente apparsa sulla montagna di La Salette?

      Noi crediamo di poterci dichiarare in favore della realtà di questa apparizione. Effettivamente il racconto dei due fanciulli è vero, e deve essere creduto, se essi non sono né ingannati, né ingannatori.

      Essi non potevano essere ingannati che in due maniere.

      O da una illusione, od allucinazione mentale di poca durata.

      Oppure da un individuo furbo e destro, che ha sa puto rappresentare avanti di loro la parte attribuita alla bella Dama.

      Due supposizioni difficili a provarsi, e facili ad abbattersi.

      Non possono essere ingannatori che in due maniere. O perché hanno inventata e concertata la favola che recitano.

      O perché si prestano scientemente ad un impostore sacrilego ed abile, che li ha addestrati, e che da lontano o da vicino loro suggerisce, e senza scoprirsi, la parte che rappresentano da venti mesi.

      Due nuove supposizioni assurde ed impossibili. Dunque i fanciulli di La Salette non sono né ingannati, né ingannatori; dunque dicono la verità, ed il loro racconto deve essere ammesso come vero.

      Eccovi ora le nostre prove ricavate: 1° dal fatto in sé stesso, 2° dalla credenza che ha ottenuto sul luogo, 3° da quella che ha ottenuto nello spirito di persone sagge ed illuminate, accorse sul luogo da tutte le parti, ed in gran numero, 4° dalle conseguenze straordinarie che susseguirono il fatto, e che ne sono dive nute le prove più irrefragabili.

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      ARTICOLO PRIMO.

      PROVE RICAVATE DAL FATTO IN SE STESSO.

      1° IL FATTO IN SÉ MEDESIMO. Tutto respinge l’idea che i due pastorelli siano stati ingannati o ingannatori: 1° il loro carattere; 2° l’esame delle località; 3° la natura del loro racconto; 4° la loro sagacità straordinaria nel risolvere le difficoltà obbiettate al loro racconto.

      § I. Carattere dei due pastorelli.

      Il loro carattere è tale che dopo più di venti mesi che parlano e che si fanno parlare, devono considerarsi come canali che trasmettono puramente e semplicemente (direbbesi anzi volentieri, e si esprimerebbe meglio il proprio pensiero, materialmente) l’acqua chiara e limpida che è arrivata ad essi senza comunicarle né colore, né sapore alcuno. Da oltre venti mesi essi non si accorgono né della celebrità che hanno acquistata, né del commovimento che hanno eccitato nelle popolazioni anche le più lontane. Dopo più di venti mesi i personaggi più distinti accorsi, e sovente molto di lontanò li fanno venire, li interrogano, li conducono con essi sul teatro dell’avvenimento, li volgono e risvolgono in tutti i sensi, impiegano verso di loro a vicenda promesse e minacce, carezze ed ingiurie, li stancano colle loro obbiezioni, cavillano soprattutto, li prendono unitamente, e poi l’uno dopo l’altro. E dopo più

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      di venti mesi i fanciulli non si stancano di ripetere le medesime cose, di rispondere alle numerose difficoltà, colle quali si cerca di imbarazzarli, di subire degli interrogatori di cinque, sei e sette ore. Ordinariamente si dimostrano docili e calmi; quando sono stanchi e sfiniti, lasciano travedere il loro difetto di educa zione; si dimostrano poco compiacenti e quasi sgarbati. Ma non variano mai; mai non si contraddicono; ma all’uscire da questi lunghi, penosi e noiosi interrogatori, resi alla libertà, non pensano più a nulla, parlano di nulla, né tra di loro, né coi loro compagni, né ai loro parenti, né alle persone che conoscono. Non sembrano preoccupati né delle persone che li hanno chiamali, né delle interrogazioni che loro sono state indiritte, né delle difficoltà che loro furono fatte, né della lunghezza degli esami che dovettero subire, né della stanchezza della gita penosa e tanto spesso ripetuta di La Salette. Il papa stesso avrebbe potuto interrogarli, essi non lo direbbero né se ne vanterebbero con chicchessia. Quando uno è interrogato, non mai l’altro sembra inquieto né curioso di ciò che può essersi domandato al suo compagno; giammai dopo l’interrogatorio uno domanda all’altro ciò che gli è stato detto. La loro parte finita, se ne vanno tutto naturalmente alla loro scuola o ai loro giuochi. Il fatto di La Salette non sembra più risguardarli.

      Si dica: è questo il carattere solito dei fanciulli? Dei fanciulli di questa tempra hanno essi potuto immaginare e concertare la favola che raccontano? E se fossero stati capaci di ordirla, non tremerebbero essi ogni volta che sono chiamati? Non crederebbero essi ad ogni istante di imbarazzarsi, di contraddirsi, d’essere colti in frode? Interrogati quasi sempre separatamente,

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      non dovrebbero essi trovarsi alternativamente in continui tormenti, in immortali inquietudini? E non dovrebbero essi, sia per concertare le loro risposte, sia per iscoprire se non si sono sgraziatamente contraddetti, cercar di vedersi sia prima, sia dopo i loro interrogatori?

      Un fatto che rese sin da principio impossibile ogni concerto da parte dei due fanciulli, si è che Maximin fu richiamato a Corps da suo padre, il giorno dopo il fatto, mentre Melanie rimase ancora al servizio del suo padrone sino presso al Natale. Ora come è accaduto che durante più di due mesi e mezzo, Maximin facesse tutti i giorni a Corps il medesimo racconto, che Melanie da parte sua faceva a La Salette? Come mai nelle mille interrogazioni che erano loro indiritte separatamente durante tutto questo tempo, i due fanciulli non sono giammai caduti in contraddizione? Si spieghi questo fatto.

      E da che sono entrambi a Corps, e frequentano la medesima scuola non si rimarcano maggiori rapporti tra di loro di quelli che avevano avanti la loro unione. Richiamiamo qui ciò che abbiamo detto più sopra, che i due fanciulli lontani dal ricercarsi, si

      fuggono piuttosto e sembrano antipatici l’uno all’altro. Questi singolari fanciulli pensano adunque a nulla, si preoccupano di niente avanti di essere interrogati; dimenticano tutto e s’inquietano di niente dopo l’interrogatorio.

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      § II. La natura stessa del racconto dei fanciulli

      Come mai dei fanciulli grossolani, ignoranti, mancanti di ogni istruzione religiosa, non conoscendo che le loro montagne ed il loro bestiame hanno essi immaginato di servirsi di espressioni come quelle che compongono in gran parte il loro racconto?

      “Se il mio popolo non vuol sottomettersi, sono forzata di lasciar libera la mano di mio Figlio… “Se voglio che mio Figlio non vi abbandoni… «Vi ho concessi sei giorni (1) per lavorare; mi sono riservata il settimo… Ebbene! i miei fanciulli, voi lo far rete sapere a tutto il mio popolo».

      Si dica, in qual modo questi ragazzi che non an davano alla scuola, raramente in chiesa, che sapevano appena il Pater e l’Ave, hanno potuto tutto ad un tratto nello spazio di una scarsa mezz’ora, e nel dopo mezzogiorno del 19 settembre elevarsi alla portata di questo linguaggio veramente biblico?

      In qual modo dei fanciulli come questi hanno potuto attribuire alla bella Dama un costume del quale niente dava loro l’idea? Ove hanno essi preso quel martello e quelle tenaglie che hanno veduto a destra ed a sinistra della croce che la Dama portava sospesa

      (1) Sino da principio si fece osservare a Melanie che questa maniera di esprimersi in prima persona non combinata col rimanente del racconto; essa si contentò di rispondere che essa ripeteva ciò che aveva inteso. Effettivamente questo modo è più dignitoso, e richiama l’Ego Dominus in bocca di Mosé.

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      ad una piccola catena? Che abbiano veduto sul bordo di una strada maestra una croce con gli strumenti della passione, sia; ma chi ha dato loro l’idea di supporre una croce simile al collo di questa Dama? Chi ha dato loro l’idea di una seconda grande catena che pendeva attorno al suo fazzoletto da collo? E le rose di ogni colore che erano all’intorno del berretto, del fazzoletto da collo e delle scarpe: sopra quale donna del paese, e sopra quale dama forastiera le avevano vedute? Le statue della Santissima Vergine che avevano potuto vedere nelle chiese del paese, non portavano questo costume; esse non l’hanno neppure altrove.

      Quale temerità in questi piccoli pastori che si suppongono per un momento ingannatori, di arrischiarsi a predire una grande carestia, la morte dei fanciulli piccoli per un tremore, la penitenza delle persone grandi per ragione della carestia? Chi ha fatto loro immaginare questa graduata disparizione della Dama?

      Chi ha loro data l’idea di un segreto comunicato a ciascuno di essi con divieto di farlo conoscere a chicchessia?

      Immaginare questo segreto non è egli crearsi delle difficoltà senza numero, degli imbarazzi d’ogni genere?

      Ed il fatto della terra Coin, fatto isolato, interamente dimenticato da uno dei fanciulli, e totalmente estraneo all’altro, come mai questo fatto trovasi innestato col racconto dei due pastorelli? Questo episodio ha soprattutto colpito il padre di Maximin. Sino a questo momento incredulo al racconto di suo figlio, è commosso da questa circostanza; piange e si converte.

      Più si riflette a questo meraviglioso racconto, tanto meno si scopre che possa essere d’invenzione dei pastorelli.

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      § III. Ispezione dei luoghi

      I luoghi, tali quali sono stati fedelmente descritti più sopra, dimostrano sino all’evidenza all’osservatore, l’impossibilità di qualunque sorta di frode, di soperchieria, di lacci tesi, di macchinazioni occulte. Nessun luogo meno proprio ad una apparizione improvvisa, ad una disparizione subitanea o graduale di qualche avventuriera o zingara, che avesse tentato di ingannare i due poveri pastorelli, per ingannare in seguito il pubblico. Nessun luogo meno adattato alle illusioni dell’ottica, agli effetti di luce, al travestimento che bisogna necessariamente supporre quando si vuol contraddire o spiegare con delle ipotesi chimeriche, anzi stravaganti, il racconto cosi semplice, così innocente dei fanciulli di La Salette. Inutile il domandare chi sia questa pretesa avventuriera, come e da qual parte è ella arrivata sulla montagna; in qual maniera essa appare risplendente di luce, in qual modo può essa scomparire gradatamente, ec.

      O la Dama è di Corps o dei contorni, o non lo è. Nel primo caso come mai dopo venti mesi non ne è essa conosciuta? Qual era il suo scopo? Come è dessa arrivata a La Salette senza essere veduta? Ove ha essa preso il martello e le tenaglie appese sopra di lei? In qual modo ha essa saputo l’episodio di Coin? Come non è essa stata veduta da quaranta altri pastori che si trovavano sulla stessa montagna egualmente che Maximin e Melanie? ecc.

      Nel secondo caso, se essa è d’un paese lontano, come ha potuto parlare il dialetto di Corps? Da qual parte

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      è passata per andare su la montagna? Che ne successe dopo la sua simulata apparizione? Come mai né a La Salette, né a Corps, né nei contorni non è stata veduta da persona alcuna? Quale scopo si è ella proposto? ecc.

      Se si avesse il coraggio di dire che è il diavolo, il quale, per usare l’espressione di S. Paolo, si è trasformato in angelo di luce, noi risponderemmo che il diavolo si è stranamente ingannato, e che per la prima volta avrebbe lavorato contro sé medesimo. Voleva egli forse, poteva egli volere la conversione del cantone di Corps, la cessazione delle bestemmie, del lavoro nelle domeniche e della violazione delle leggi della Chiesa? Voleva egli quelle innumerevoli preghiere, quei pii cantici, tutti quegli atti di religione esercitati da cento mila pellegrini accorsi su la montagna da tutte le parti? Voleva egli questo generale raddoppiamento di divozione verso quella che gli schiacciò la testa? ecc.

      Si dirà ancora che celato dietro il fatto di La Salette sta qualche impostore del quale sono complici i due pastori? Chi è dunque questo furbo, che non ebbe mai il suo simile? Sempre invisibile, e sempre suggerendo a proposito ai due suoi piccoli complici; facendosi giuoco della buona fede delle popolazioni, e ciò nulla meno riconducendole alla religione; confidandosi à dei ragazzi di loro natura indiscreti, e che non ne è mai scoperto; promettendo loro dell’oro e lasciandoli nella loro povertà; volendosi arricchire col loro mezzo, e non ricavandone alcun profitto; facendo loro vedere la gloria e lasciandoli nella loro oscurità; volendo per sé medesimo onore, gloria, riputazione e restando nascosto dietro la cortina; esercitando sopra i

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      due piccoli ragazzi un impero, che nessuna altra per sona può prendere, cercando di renderli scellerati al pari di lui, mentre diventano di giorno in giorno sempre migliori? ecc. Ecco un furbo di una specie stravagante! Fuvvi mai il suo eguale? Il suo scopo è senza dubbio di nuocere alla religione, ed invece la consolida; di distruggere la pietà, e l’aumenta; di farne dei zimbelli, e lo è egli stesso; di infievolire il culto della santissima Vergine, e lo propaga, ecc.

      Dimandiamo di nuovo chi è questo impostore. È egli un prete? è una religiosa? è un laico?

      NON È UN PRETE. Da molti anni La Salette aveva per curato un vecchio rispettabile, uomo pio, ma semplice di costumi e di favella. Allorché la mattina del 20 settembre i due fanciulli vennero a raccontargli ciò che era accaduto la vigilia, il signor Perrin (era il nome del curato) ne è profondamente commosso, e nella sua semplicità crede poterne ricavare materia pel suo discorso alla messa parrocchiale.

      Confondendo le sue lagrime con quelle del suo uditorio, egli racconta le minacce, le doglianze e le promesse della Santissima Vergine; parla della collera del figlio di Dio contro i bestemmiatori, i profanatori della domenica, ecc.; ed in questo modo fa una

      prima pubblicazione autentica del falto di La Salette. Non verrà certo in pensiero ad alcuno, che questo buon curato abbia composta questa favola; egli non conosceva né Maximin, che non trovavasi nella di lui parrochia, né Melanie, la quale pel corso di nove mesi, non andò quasi mai alla chiesa. Egli non conosceva neppure il monte alle Baisses. Non aveva mai avuta occasione di salire ad un luogo di così difficile accesso, inabitato e frequentato solamente da pastori per tre o quattro mesi dell’anno. Dieci giorni dopo

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      il signor Perrin venne mandato altrove, e gli fu dato a successore un giovane sacerdote del medesimo nome, che veniva dalla distanza di cinque leghe, e quindi era affatto ignaro dell’avvenimento. Si accuserà forse di questo monopolio il signor Mélin curato di Corps? Ma quelli che lo conoscono, e sono in gran numero, sanno che il suo presbitero è lontano 16 chilometri dalla montagna dell’Apparizione; che non conosceva i fanciulli he come due piccoli ignoranti ai quali aveva interdetta la prima comunione. Noi sfidiamo a nominare altri sacerdoti in quest’affare. E d’altronde il sacerdote, preteso autore di questa finzione, non poteva scegliere più malamente né i suoi istrumenti, né il terreno del suo intrigo sacrilego.

      Si dirà che sia una religiosa di Corps, la superiora per esempio? Ma questa superiora non ha conosciuti Maximin e Melanie che tre mesi dopò che l’avvenimento era stato pubblicato nel cantone e nei contorni, e non mai forse, senza l’avvenimento, essa avrebbe avuto occasione di occuparsi di loro. Nessuno l’ha in sospetto di avere in alcun modo addottrinato i due fanciulli; essa è quasi mai presente agli interrogatori che subiscono; essa evita anzi saggiamente di parlare con essi o di farli parlare di questo avvenimento.

      Infine, sarebbe mai stato un laico l’orditore di questo intrigo? Ma, o egli è cristiano, e deve in allora avere in orrore la frode, la menzogna, il sacrilegio; o egli non è cristiano, ed al contrario un incredulo, e allora a che gli serve il suo dramma? Qual profitto ne ritrae egli? E come, non credendo egli alla religione, e cercando piuttosto di nuocerle, non s’accorge che il suo giuoco, da oltre 20 mesi, serve la causa ch’egli non ama, aumenta una devozione che respinge, una fede che ha abiurata? ecc.

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      Per negare la realtà dell’apparizione di La Salette, si ricorrerà ad una nuova supposizione, e si dirà che i due pastorelli sono sotto il peso di una illusione, volontaria, di una allucinazione mentale di corta o di lunga durata? Ma allora si respinge un prodigio per un altro più inesplicabile. Giacché, come ammettere: 1°. Una illusione perfettamente identica in due piccole creature che si conoscono appena, che non sentono alcuna simpatia l’una per l’altra? 2° Una illusione costante, durevole, perseverante, la quale dopo venti mesi li segue dappertutto e li fa ripetere dappertutto

      e da tutti le medesime cose? 3° Una illusione talmente chiara e distinta, anzi talmente infallibile che è impossibile di farli cadere in contraddizione sopra la più piccola delle cose che dicono aver vedute, dette, fatte, ed intese? 4°. Una illusione talmente straordinaria, talmente contraria al loro carattere grossolano, al loro spirito incolto, alla loro anima estranea alle emozioni della pietà, che non si può concepirla e supporla con qualche apparenza di ragione, che in un Archimede assorto nella profondità del calcolo, o in una Santa Teresa sollevata alla sublimità dell’estasi e del rapimento? Pretendere di spiegare in questo modo il fatto di La Salette, non è egli volersi sottrarre ad un miracolo per un altro, combattere una realtà per delle chimere e mostrarsi irragionevole per comparire da spi rito forte?

      In una parola, da qualunque parte si rivolga, qualunque supposizione faccia, chi vuol negare la verità del fatto entra in un labirinto di difficoltà insormontabili. Per non ammettere la verità del fatto di La Salette, si è costretto ad ammettere dei misteri incredibili; a forza di fare lo spirito forte, si cade nell’assurdità. Quelli che

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      cercano un impostore nell’affare di La Salette, sono ridotti ad allegare delle semplici possibilità, spoglie perfino della più leggera probabilità.

      Così, anche avanti di passare ad altre prove, noi possiamo di già conchiudere che i fanciulli non sono Re ingannati né ingannatori.

      §. IV. La sagacità straordinaria dei due fanciulli a spiegare le difficoltà apposte al loro racconto.

      Niente effettivamente di più sorprendete, di più straordinario che il modo pronto, decisivo, perentorio, col quale i piccoli pastori rispondono alle innumerevoli difficoltà che si studia di opporre al loro racconto, sia per il desiderio di essere convinti, sia per una saggia diffidenza per tutto ciò che è meraviglioso, sia per una prevenzione esagerata contro tutto ciò che è miracoloso. Le loro risposte contrastano particolarmente colla loro ruvidezza naturale e colla loro ignoranza soprattutto; esse non si fanno mai aspettare; sono certe, chiare e date con tanta modestia, ed altrettanta sicurezza.

      Meno di una mezz’ora della giornata del 19 settembre 1846 ha bastato per imprimere con tratti indelebili nella loro ingrata memoria il racconto lungo e circostanziato che fanno ciascun giorno dopo più di venti mesi; e meno di un minuto basta per suggerir loro la risposta ad una difficoltà anticipatamente preparata e forse lungamente meditata da colui che la propone… Indichiamo qui una risposta di Melanie! al signor abate Lagier, uno dei più terribili scrutatori

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      dei due fanciulli. Egli domandava adunque a Melanie: Tu non intendevi il francese; tu non andavi alla scuola: come hai potuto ricordarti ciò che la Dama ti diceva? Ella te lo disse più volte? essa t’insegnò a ben ricordartene?

      Melanie. Oh! no, Essa non me lo disse che una sola volta, e me lo son tenuto ben a memoria. E poi quand’anche non comprendessi bene nel ripetere ciò ch’ella m’aveva detto, quelli che sapevano il francese lo avrebbero compreso bene: ciò bastava. E Mélanie si esprimeva in questo con un tuono e con un accento che da se indicavano piena convinzione. Noi riferiremo delle altre risposte che sembrano veramente inspirate, e che sono state sentite in riunioni spesse volte molto numerose è soprattutto bene assortite. Non dimentichiamo che è stato finora impossibile di sorprenderli in contraddizione.

      D. La Dama ti ha ingannato, Maximin; essa ti ha predetto una carestia, eppure il raccolto è buono dappertutto.

      Maximin. Che m’importa?… essa me lo ha detto ciò risguarda lei. A questa medesima domanda i fanciulli hanno altra volta risposto: Ma se si è fatta penitenza

      D. La Dama che voi altri avete veduta è in prigione a Grenoble.

      I fanciulli. È ben bravo chi la prenderà.

      D. La Dama che tu hai veduta non era che una nube luminosa e brillante. Uno dei due risponde immediatamente: Ma una nube non parla.

      Un sacerdote: Tu sei un piccolo mentitore, non ti credo. 76

      Maximin, Che m’importa? Io sono incaricato di dirvelo, ma non di farvelo credere.

      Un altro sacerdote. Vedi, io non ti credo, sei un mentitore.

      Maximin con vivacità: Allora perché venite così da lontano per interrogarmi?

      Noi stessi essendo il 26 agosto 1847 sul luogo della apparizione con trenta o quaranta pellegrini che ci avevano accompagnati, facemmo ripetere ai piccoli fanciulli tutta la scena del 19 settembre 1846. Arrivati alla croce dell’assunzione, luogo della disparizione, Melanie ci racconta la maniera colla quale la Dama disparve. Un curato de la Vallouise nella diocesi di Gap l’interrompe per dirle:

      D. La Dama scomparve in una nube.

      Melanie. Non vi era nube alcuna.

      Il curato insiste: Ma è facile l’involgersi in una nube e scomparire.

      Melanie con vivacità: Involgetevi voi in una nube e scomparite. E Melanie discomparve dal mezzo della folla attonita, dicendo: LA MIA MISSIONE È FINITÀ.

      L’abate Albertin, professore del gran seminario di Grenoble: Non ti annoi il mio ragazzo di dover ripetere tutti i giorni la medesima cosa?

      Maximin. E voi, o signore, non vi annoiate di dire tutti i giorni la Messa?

      Il signor abate Repellin, professore del piccolo seminario di Embrun; il signor Bellier, missionario di Vallenza, ed altri personaggi commendevoli, attestano, esser loro state fatte delle risposte ancor più sorprendenti.

      L’abate Repellin ci scriveva il 19 novembre 1847.

      Si è in compagnia del signor curato di Serres (diocesi 77

      di Gap) che feci il mio pellegrinaggio a La Salette. Era l’otto di settembre; noi visitammo le località. Fummo soddisfatti di questi siti pittoreschi e propizi alle meditazioni religiose.

      L’affluenza de’ pellegrini in quel giorno, la testimonianza della gente del paese, dei padroni di Melanie e di una delle sue piccole compagne, l’impressione del luogo, aprirono l’animo mio ad una completa confidenza. Il giorno susseguente vedemmo i fanciulli e li trattenemmo successivamente per circa tre ore. Essi risposero alle nostre domande nel modo che sapevamo aver essi risposto a molti altri. Solamente quando domandai alla ragazza se il personaggio meraviglioso che aveva veduto non potesse essere un cattivo spirito che cercasse seminare la discordia nella Chiesa, essa mi rispose, come aveva risposto ad altri. Ma, signore, il demonio non porta la croce. — Proseguii, ma, la mia fanciulla, il demonio ha portato nostro Signore sul tempio, sulla montagna; potrebbe ben anche portare la sua croce. No, signore, diss’ella con una certa sicurezza, no, il buon Dio non lascerebbe portar così la sua croce. Si è sulla croce che Egli è morto. – Ma si è lasciato portare lui stesso. – Ma si è col mezzo della croce che ha salvato il mondo. La franchezza di questa fanciulla, la profondità di questa risposta, della quale non ne sentiva forse la bellezza, mi ammutolirono.

      Il vostro Angelo Custode, sa egli il vostro secreto, o Melanie? – Sì, signore – Vi è dunque qualcuno che lo sa? – Ma il mio Angelo Custode non è del popolo. – Se gli Angeli Custodi lo sanno, finiremo, a saperlo anche noi. – Fatevelo dire, riprese ella sorridendo e levando le spalle

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      Ecco una circostanza singolare relativamente al piccolo Maximin. Quando noi eravamo a Corps, erano quattro o cinque giorni, che questo vivace fanciullo era andato alla rappresentazione della Passione, data da comici ambulanti. Al suo ritorno, Maximin, un poco più animato del solito, disse ad una sorella: Oh! mia sorella, ho veduto qualche cosa del mio segreto. E ripeté questa espressione tre o quattro volte il giorno susseguente. Ma non volle mai dir altro. Questa sorella mi parlò di questo incidente, sul quale già ne aveva tenuto discorso col fanciullo. Lo richiamai. – Maximin, gli dissi, tu devi qui dire la verità avanti al buon Dio che ti giudicherà. Tu hai manifestato qualche cosa del tuo segreto, il mio ragazzo? – Io, signore, ho detto nulla… – Non sei andato tu l’altra sera alla rappresentazione della passione? Sì, signore, vi sono an dato. – Non hai tu detto al tuo ritorno a quella signora che era qui poco fa, che tu avevi veduto qualche cosa del tuo segreto? – Sì, signore, gli ho detto questo. – Il tuo secreto riguarda adunque la passione del nostro Signore? – Ah! ciò risguarda questa od altra cosa. – Ma giacché sei andato a questa rappresentazione, ciò deve risguardare quello che hai veduto? – Ma voi non sapete ciò che ho veduto avanti, durante o dopo la rappresentazione. – Ma potrei saperlo, informandomi dalla gente che ti hanno veduto quando andavi, che ti hanno veduto alla rappresentazione, e che ti hanno veduto al tuo ritorno. – Fate il possibile per saperlo, signore. – A questa risposta precisa e pronta noi non seppimo più cosa aggiungere, noi riconobbimo che era impossibile di riunire tutte queste circostanze e di scoprire quella che poteva aver rapporto a qualche cosa del suo secreto. Ci sembrò che Dio solo

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      poteva ispirare questo modo di esprimersi a dei ragazzi.

      Quindi è che, per quanto storditi abbiano potuto sembrare in certi incontri, e malgrado alcune difficoltà che si presentano nelle profezie, io sono inclinatissimo a credere. La mia adesione è una consolazione per me; ed è anche una conseguenza delle mie ricerche; non posso ammettere come verosimile né l’ipotesi di una speculazione, né quella di una intervenzione diabolica. La testimonianza ingenua di questi fanciulli, il concorso dell’anniversario, sono delle presunzioni molto forti.

      Aggiungete a ciò la guarigione d’Avignone, che mi è stata confermata dall’elemosiniere delle dame di S. Giuseppe.

      Maximin ha dato delle risposte quasi simili ad altri sacerdoti. In molte case rispettabili, che noi potremmo nominare, si fece entrare tutto ad un tratto Melanie, fu messa davanti ad una dama che essa non aveva mai veduta, e gli si disse: la Dama che tu hai veduta era essa più grande, o più piccola di questa. Melanie rispose senza esitanza: Ella era più grande. Si fece entrare in seguito Maximin, e gli si fece la medesima domanda, e rispose immediatamente; essa era più grande.

      Il giorno susseguente il 19 settembre 1846 il maire di La Salette interrogò Melanie, rimasta sola in paese, e qualche giorno dopo Melanie, unitamente con Maximin, che era stato chiamato; senza credere ancora alle loro deposizioni, ma senza però respingerle, li esorta, li prega, loro impone di conservare il silenzio sopra questo avvenimento, ed immediatamente in fanciulli gli rispondono: Noi non possiamo astenerci di dire ciò che abbiamo veduto, ciò che abbiamo inteso ci è stato ordinato di dirlo. Questi fanciulli s’ immaginavano essi che tenessero il linguaggio degli Apostoli citati avanti

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      al Sinedrio, coll’intimazione di tacere? Il signor Perrin, il nuovo curato di La Salette, era presente a questo secondo interrogatorio fatto dal maire.

      ARTICOLO SECONDO.

      IL FATTO DI LA SALETTE AMMESSO NEI LUOGHI MEDESIMI OVE È ACCADUTO.

      Se è permesso di paragonare le cose di poco momento alle grandi, il fatto di La Salette concorda col più grande dei miracoli, col miracolo della risurrezione del Salvatore. Esso è stato creduto nei luoghi medesimi ove era più facile di smentirlo, di contraddirlo, di dimostrarne la falsità, l’illusione, la soperchieria.

      Gli abitanti di Corps e di La Salette conoscevano i luoghi dell’azione ed i fanciulli. Essi non sono mancanti né di senso, né di giudizio. E dopo i dubbi, le esitazioni, ed i motteggi finiscono col credere e credono tuttora.

      Un fatto materiale che noi non qualifichiamo, ma che ha vivamente colpito gli spiriti sino dai primi giorni, che contribui specialmente ad accreditare il racconto dei fanciulli, che dissipò ben presto tutti i dubbi, è quello che la fontana presso della quale si era riposato la bella Dama, cominciò subito dopo l’apparizione a zampillare ed emettere un’acqua chiara e limpida. Ora questa fontana era conosciuta da molto tempo dai pastori che frequentano quel pascolo, come intermittente; essa non dava acqua, come lo attestarono e come

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      l’attestano ancora moltissimi del paese, se non dopo le grandi piogge e dopo lo scioglimento delle nevi. D’allora in poi, vale a dire, da venti mesi la fonte non ha cessato di dar acqua senza interruzione, il che prima ordinariamente non avveniva. Essa è perciò in gran venerazione tanto in paese che presso i pellegrini; tutti vogliono bevere di quell’acqua arrivando sopra la montagna; tutti ne prendono per portarla al loro paese. Se ne fa domanda da tutte le parti; gli ammalati ne bevono, ed è all’uso di quest’acqua, come pure alle preghiere, novene e buone opere fatte in onore di Nostra Signora di La Salette, che si attribuiscono da per tutto le numerose guarigioni, delle quali si parlerà in seguito.

      Non solamente gli abitanti di Corps, di La Salette, di tutto il cantone e dei contorni, hanno creduto all’apparizione ai due piccoli pastorelli; ma ne sono stati colpiti, commossi, spaventati; ma si sono convertiti; hanno cessato di lavorare la domenica, di bestemmiare, ecc.; ma frequentano la chiesa, accorrono alla voce dei loro pastori, s’accostano ai sacramenti, ed adempiono con edificazione il precetto della Pasqua fino a quel momento generalmente negletto. La voce dei due piccoli fanciulli ignoranti avrebbe essa potuto produrre questo meraviglioso cambiamento, se non fosse stata riconosciuta come partita dal cielo?

      Chi non sa quanto il popolo tanto avido di tutte le novità che lusingano i suoi interessi temporali, la sua curiosità, i suoi pregiudizi e le sue passioni, sia poco disposto ad adottare di slancio e senza esame qualunque fatto che combatta le sue sregolate tendenze? Solo adunque una profonda convinzione, solo essa ha

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      potuto operare questo sublime ritorno alla religione ed ai buoni costumi, ritorno che fino allora non si era mai potuto ottenere. Bisogna aggiungere a loro lode, che si sono convertiti avanti che la commozione generale prodotta dal fatto, chiamasse un così prodigioso concorso di pellegrini; essi non previdero, né poterono prevedere l’effetto straordinario prodotto dal racconto così semplice di due poveri pastorelli delle loro montagne.

      ARTICOLO TERZO.

      IL RACCONTO DEI FANCIULLI, OVVERO IL FATTO DI LA SALETTE AMMESSO DA MIGLIAIA DI PERSONE ACCORSE SUL LUOGO DA OGNI PARTE.

      Di pochi fatti risuonò la fama più prontamente, a maggior distanza e più universalmente. Gli abitanti di Corps, del cantone e dei contorni sono stati i primi pellegrini di La Salette; ma essi sono stati immediatamente seguiti da migliaia di stranieri, che, al primo annunzio dell’apparizione, si sono messi in viaggio ed hanno volato verso la celebre montagna. Nel loro numero vi si trovavano dei personaggi gravi, istruiti, per nulla portati all’entusiasmo, anzi armati di una saggia diffidenza ed animati dal solo desiderio di conoscere la verità.

      Vi furono dei sacerdoti, degli avvocati, dei medici, delle persone di condizioni elevate. Essi interrogarono,

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      scandagliarono i fanciulli, esaminarono le località e generalmente sono tornati convinti; appena potrebbesi citare qualche eccezione, ed ancora questa eccezione cadrebbe sopra persone che non avevano una convinzione religiosa ben pronunciata. E fra queste persone, capaci di giudicare in simile materia, potremmo noi ommettere di citare il venerabile e dotto vescovo della Rochelle, accorso da duecento leghe per vedere ed ascoltare i fanciulli? Ritornato alla sua diocesi, questo gran prelato scriveva a monsignor vescovo di Grenoble: SONO RITORNATO CON UNA CONVINZIONE CHE S’IDENTIFICA COLL’EVIDENZA. Noi potremmo citare

      ancor un gran numero di sacerdoti egualmente distinti, non solo pei loro lumi e per le loro virtù, ma ancora per l’elevata loro posizione nella Chiesa. Noi potremmo citare in fine delle persone del gran mondo, desiderose di giudicare del fatto da sé stesse; tutte presso a poco ritornarono edificate e convinte.

      Ma che diremo dei cento mila pellegrini, i quali in questo primo anno si sono trasferiti a La Salette con lo stesso ardore di devozione e di confidenza col quale si trasferiscono ai santuari i più venerati ed i più antichi? Qual è la potenza invisibile, la quale in un medesimo giorno (era il 19 settembre dell’anno 1847, anniversario dell’apparizione) ne ha riuniti sessantamila sulla montagna? E questi pellegrini d’ogni età, di ogni sesso, di ogni condizione ed anche di ogni nazione presentavano lo spettacolo il più sorprendente, il più magnifico che si possa vedere. Non il più piccolo disordine in quella moltitudine; non soldati, non agenti di polizia per prevenire od impedire i delitti che si commettono cosi frequentemente nelle riunioni numerose, alle quali la religione non presiede. Qui si prega,

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      si cantano dei cantici, e si praticano tutti gli esercizi di pietà. Eppure la natura non offre nessuna attrattiva sopra quel monte nudo, dirupato, spesso infocato, e più frequentemente freddo e nebbioso. Nessun santuario per orarvi, nessun tetto per mettersi al coperto; niente che colpisca i sensi, niente che esalti l’immaginazione, la natura sola vi si presenta nella sua imponente maestà.

      Quattro gendarmi erano stati mandati sopra luogo per misura di prudenza. La loro presenza non è stata utile che per mantener l’ordine e far aprire un passaggio nel mezzo di una folla compatta, alle persone che volevano avvicinarsi alla santa mensa, o sentire la Messa, o attingere dell’acqua alla meravigliosa fontana. Non ebbero a reprimere alcun disordine. Sembravano essere sul luogo per rendere servigio al clero ed ai pellegrini. Al bisogno il signor Peytart maire, il brigadiere di Corps, 250 ecclesiastici all’incirca frammisti a quella immensa folla, attesteranno come hanno attestato, che nessun inconveniente turbò quella imponente riunione di pellegrini.

      Pure fino a quel momento l’autorità ecclesiastica si era saggiamente astenuta di parlare, il clero si era tenuto silenzioso sopra un fatto che echeggiava in tutta la Francia e ne’ paesi esteri: l’Italia, la Svizzera, la Spagna, il Belgio, l’Inghilterra. Ma le popolazioni prendendo l’iniziativa, e mosse da una potenza invisibile, si mettono da ogni parte in movimento, coprono tutte le strade, salgono la montagna, pregando, piangendo, cantando; e dopo diverse ore passate su quelle selvatiche sommità ridiscendono piene di gioia, di confidenza e di riconoscenza. Buon numero di pellegrini si spogliano per devozione di oggetti preziosi, promettono

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      dei doni pel nuovo Santuario, che desiderano di vedere eretto in onore di quella che hanno invocata come la salute degli infermi, il rifugio de’ peccatori, la consolatrice degli afflitti, il soccorso de’ Cristiani.

      Questo movimento universale e spontaneo delle popolazioni non sarebbe esso la voce di Dio? Vox populi, vox Dei.

      Aggiungiamo che in quel giorno, felice e solenne anniversario dell’apparizione, da 50 a 60 mila persone partite da tutti i punti anche i più lontani hanno formato la più bella deputazione che la Francia ed i paesi circonvicini abbiano inviata alla Regina del Cielo.

      Inimici di ogni esagerazione in una materia così grave, noi non pronunciamo che questo numero, quantunque molti sacerdoti e laici istruiti, testimoni oculari, lo facciano salire ad ottanta mila ed anche più. In quella immensa folla si trovavano degli ingegneri, accostumati al calcolo delle, masse, che coprono una certa superficie

      di terreno. Si è dietro il loro colpo d’occhio ed il loro giudizio che ci siamo attenuti a quel numero, sicuramente di già prodigioso.

      Siccome il giorno anniversario era una domenica, monsignor arcivescovo di Grenoble, per non esporre questa moltitudine a mancare della Messa, aveva permesso la celebrazione dei santi Misteri. Da trenta a quaranta volte l’incruento Sacrificio fu offerto; delle migliaia di pellegrini fecero la comunione in una cappella costruita in fretta di semplici tavole, ed interamente aperta sul davanti, affinché da tutte le parti si potessero più facilmente vedere i sacerdoti, che si succedevano senza interruzione ai due altari.

      Sino dalla vigilia, 1500 persone circa erano salite sulla montagna, malgrado la pioggia, il freddo, la

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      nebbia, ed avevano passata la notte esposte alle ingiurie dell’aria, che la pietà fece loro sopportare coraggiosamente. Ma quanto fu bella, il giorno susseguente, la processione che incominciò ad un’ora dopo mezzanotte, al chiarore di fiaccole! copri durante tutta la giornata, i sedici chilometri da Corps alla montagna, e ad ogni ora versava quattro o cinque mila nuovi pellegrini in quel tempio, del quale il cielo costituiva la vôlta, ed il recinto abbracciava tre montagne! Diciamo adunque: tutta questa affluenza di popolo è dessa il zimbello d’una abbominevole impostura, d’una deplorabile illusione, d’una infernale macchinazione? E in questa folla compatta non vi erano se non degli ignoranti, della gente grossolana e superstiziosa? Non vi si distinguevano più di 250 sacerdoti, delle centinaia di laici istruiti, delle centinaia d’uomini mossi da una convinzione profonda e ponderata?

      Un sacerdote mio amico, che faceva parte dell’immenso concorso di quel giorno, alzando la voce dal mezzo di quella folla, non poté trattenersi dall’esclamare: Se la santa Vergine non è apparsa sopra questa montagna, essa è in obbligo di farsi vedere quest’oggi. Se essa non si fa vedere, è una prova che già vi apparve. Tutti quelli che poterono sentire questa esclamazione, vi risposero col medesimo slancio: Sì, è vero. La fama del fatto di La Salette era già, fin dal principio, pervenuta sino alle alte regioni del potere. Avvertito dalla voce pubblica, egli aveva fatto assumere delle informazioni segrete; aveva fatto interrogare i fanciulli, aveva mandato sul luogo i suoi agenti; aveva cercato di trattenere, di impedire od almeno di diminuire la pubblicità del fatto.

      Dei giornalisti abitualmente ostili alla religione, ave- 87

      vano annunciato il fatto di La Salette come un attentato all’ordine pubblico; lo avevano denunciato come un delitto degno della vendetta de’ Tribunali; l’aveyano

      dipinto come una sacrilega furberia del clero, degna di ogni punizione., Ebbene! da tutto questo fracasso, che ne è risultato? L’autorità si è tenuta in silenzio, i suoi agenti subalterni hanno cessato le loro pratiche; i giornali irreligiosi hanno spenti i loro fuochi; questa spaventevole fantasmagoria disparve, ed il fatto di La Salette è rimasto; le popolazioni continuano il loro movimento verso la montagna, il numero dei credenti va sempre crescendo, e quello degli increduli sempre più diminuendo.

      Dopo ciò non avremmo noi il diritto di esclamare: il dito di Dio è qui, Digitus Dei est hic?

      ARTICOLO IV.

      CONSEGUENZE STRAORDINARIE DEL FATTO DI LA SALETTE CHE NE SONO DIVENUTE LA PROVA

      Il fatto di La Salette è indubbiamente un’apparizione della santissima Vergine, se il Cielo si è dichiarato in suo favore, confermandolo e col mezzo di miracoli strepitosi, in gran numero, pubblici, bene e debitamente constatati, e col mezzo di grazie straordinarie, di segnalate conversioni, ec. In una parola, il fatto di La Salette è divino, se Iddio ha operato per confermarlo dei veri miracoli e nell’ordine della natura, e nell’ordine della grazia.

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      Sotto questo articolo, nel testo originale, si dă il racconto di molti miracoli che avvennero tanto nell’ordine della NATURA, quanto nell’ordine della GRAZIA dietro l’invocazione della Beata Vergine di La Salette e dopo l’uso dell’acqua della prodigiosa fonte. Vi si aggiungono tutte le pezze giustificative, che vennero prodotte nei singoli processi istituiti per riconoscere la verità di quei fatti, e riportarne la canonica approvazione dai rispettivi Ordinari.

      La dettagliata narrazione di que’ miracoli e la pubblicazione di que’ documenti, non che di altri che si stamparono posteriormente nel 1850 sotto il titolo di Nuovi documenti sopra l’avvenimento di La Salette era indispensabile qual corredo del rapporto della Commissione di inquisizione ordinata da Monsignor Vescovo di Grenoble, onde la competente autorità potesse pronunziare un ponderato e definitivo giudizio. Ora un tale giudizio è stato proferito con Mandamento o Decreto emanato da Monsignor Vescovo il 19 settembre 1851; questo Mandamento o Decreto è desso solo tal documento che basta a recidere ogni dubbio, a stabilire la morale certezza de’ miracolosi avvenimenti.

      È per questo che, dandosi in questa versione fedelmente tradotto quel Mandamento, da cui chiara emerge la verità dell’Apparizione della Beata Vergine sul monte di La Salette, qui solo si aggiunge un semplice elenco dei principali miracoli accaduti in dodici diocesi della Francia.

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      MANDAMENTO

      DI MONSIGNOR VESCOVO DI GRENOBLE COL QUALE AUTORIZZA

      L’EREZIONE DI UN NUOVO SANTUARIO A MARIA SULLA MONTAGNA DI LA SALETTE.

      FILIBERTO DI BRUILLARD

      per la divina Misericordia e per la grazia della S.a Sede apostol. Vescovo di Grenoble,

      Al clero ed ai fedeli della diocesi, salute e benedizione nel Nostro Signore Gesù Cristo.

      Carissimi Fratelli,

      Un avvenimento dei più straordinari e che dapprima sembrava incredibile, Ci fu annunciato cinque anni sono, siccome accaduto su di una montagna della nostra diocesi. Non si trattava nientemeno che di una apparizione della Santa Vergine, che si diceva essersi presentata a due pastori (1) il giorno 19 settembre 1846.

      (1) Maximin Giraud, nato a Corps il 27 agosto 1835; e Melanie Mathieu, nata a Corps il 7 novembre 1851. 90

      Ella gli avrebbe intrattenuti delle disgrazie che minacciavano il suo popolo, principalmente per le bestemmie e per la profanazione delle domeniche, ed avrebbe confidato a ciascheduno di essi un particolare segreto, con proibizione di comunicarlo a chi che sia.

      Malgrado il candore naturale dei due pastori; malgrado l’impossibilità di un accordo tra due fanciulli ignoranti e che appena si conoscevano; malgrado la costanza e la fermezza della loro testimonianza, che non ha variato giammai, né al cospetto dell’umana giustizia, né innanzi alle migliaia di persone che hanno esauriti tutti i mezzi di seduzione per farli cadere in contraddizione, o per ottenere la rivelazione del loro segreto; Noi abbiamo dovuto per lungo tempo mostrarci difficili ad ammettere siccome incontrastabile un avvenimento che ci sembrava così meraviglioso. La Nostra precipitazione sarebbe stata non solo contraria alla prudenza che il grande Apostolo raccomanda ad un vescovo, ma atta più a fortificare le prevenzioni dei nemici di nostra fede e di tanti cattolici che non lo sono più, per così dire, che di nome. Quindi, mentre un gran numero di anime pie accoglieva con grande sollecitudine questo fatto, Noi andavamo con diligenza in traccia dei motivi, che sarebbero stati atti a farcelo rigettare, se non doveva essere ammesso. Abbiamo altresì finora affrontato il biasimo, di cui nou ignoravamo di potere essere imputati da

      parte di persone, certo le meglio intenzionate, ma che forse Ci accusavano di indifferenza od anche di incredulità sopra questo punto. Del resto Noi sappiamo che la religione di Gesù Cristo non abbisogna di questo fatto particolare per confermare la verità di mille altre apparizioni celesti, che non si saprebbero rigettare, senza una disposizione al

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      l’empietà ed alla bestemmia in rapporto all’antico ed al nuovo Testamento. Il Nostro silenzio, è vero, non era l’effetto di un vano timore incusso dalle declamazioni, delle quali certi spiriti facevano risuonare la Francia, in riguardo a questo fatto, come in riguardo a molti altri che interessano la religione. No, tal silenzio proveniva dall’avviso dello Spirito Santo, il quale insegna che colui che crede con troppa prestezza è uno spirito leggiero: Qui credit cito, levis est corde (Eccl. XIX, 4). Questo è ciò che Ci imponeva il dovere della più severa circospezione, atteso principalmente la Nostra qualità di primo pastore.

      Dall’altra parte eravamo strettamente tenuti a non riguardare come impossibile un avvenimento che il Signore (chi oserebbe negarlo?) aveva ben potuto permettere per la sua gloria; imperocché il suo braccio non si è accorciato e la sua possanza in oggi è la medesima che nei secoli passati.

      Abbiamo anche spesse volte meditato a piedi dell’altare quelle parole che il grande Apostolo indirizzava ad un santo vescovo da lui medesimo ordinato: «Se non crediamo, egli rimane fedele, non può negare sé stesso: Si non credimus, ille fidelis permanet; negare seipsum non potest (2. Tim. II, 13). Dà questi avvertimenti ai fedeli e rendi testimonianza alla verità innanzi al Signore. Non perdere perciò il tempo a disputare di parole, imperocché ciò non è buono che a pervertire coloro che le ascoltano» (Ibid., v. 14 e 15).

      Mentre il Nostro incarico episcopale Ci faceva un dovere di temporeggiare, di riflettere e di implorare con fervore i lumi dello Spirito Santo, il numero prodigioso dei fatti che da tutte parti si pubblicavano, andavano ogni giorno aumentando, si annunciavano guarigioni

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      straordinarie avvenute in diversi luoghi della Francia ed all’estero anche in paesi assai lontani. Si trattava di ammalati privi d’ogni speranza di guarigione, e condannati dai medici ad una morte vicina o a perpetua infermità, i quali si dicevano resi a perfetta salute, in conseguenza della invocazione di nostra Signora di La Salette e per l’uso che avevano fatto con fede dell’acqua di una fontana, presso la quale la regina del cielo era apparsa ai due pastori. Sino dai primi giorni Ci era stato parlato di cotesta fonte. Eravamo stati assicurati che era dessa intermittente, e non gettava acqua, se

      non dopo lo scioglimento delle nevi o dopo piogge abbondanti. Ella era asciutta il 19 settembre; il giorno dopo cominciò a zampillare e da quell’epoca l’acqua scorre senza interruzione. Acqua meravigliosa se non nella sua origine, certamente nei suoi effetti!

      Numerose relazioni tanto sull’avvenimento di La Salette quanto sulle prodigiose guarigioni, che gli hanno tenuto dietro, Ci erano pervenute e Ci pervengono dai luoghi vicini e dalle diverse diocesi, le une manoscritte, stampate le altre. Una di queste relazioni è dettata da uno de’ nostri venerabili colleghi, che si è trasferito dalle rive dell’Oceano sulla detta montagna ed ha per quasi un intero giorno paternamente conversato coi due pastori (1).

      Un altro fatto che Ci parve quasi prodigioso, è l’affluenza appena credibile, e nondimeno superiore ad ogni contestazione, che ha avuto luogo in diverse epoche su quella montagna, e principalmente nel giorno anniversario dell’apparizione: affluenza divenuta più sorprendente e per la lontananza dei luoghi e per

      (1) Monsignore vescovo della Rochelle. 93

      le altre difficoltà che presenta siffatto pellegrinaggio.

      Scorsi appena alcuni mesi dopo l’avvenimento, avevamo digià consultato il Nostro Capitolo ed i professori del Nostro Seminario maggiore, ma dietro tutti i fatti indicati qui sopra, ed altri molti, che troppo lungo sarebbe l’enumerare, giudicammo conveniente di istituire una numerosa Commissione, composta di uomini per pietà e dottrina commendevolissimi, i quali dovessero con riflessione esaminare e discutere il fatto dell’apparizione e delle sue conseguenze. Le sedute di questa Commissione si tennero alla Nostra presenza. I due pastori, che si dicevano favoriti dalla visita della celeste Messaggera, vi furono separatamente e simultaneamente interrogati. Le loro risposte sono state ponderate e discusse. Tutte le obbiezioni che si potevano opporre ai fatti raccontati sono state liberamente presentate. Uno dei Nostri vicari generali, che era stato da Noi incaricato di raccogliere tutti i fatti, lo è stato parimente di render conto delle sedute della Commissione e di registrare le risposte alle obbiezioni.

      Questo lavoro coscienzioso ed imparziale intitolato: La verità dell’avvenimento di La Salette che è stato stampato e munito della Nostra approvazione fa vedere sin a qual punto si è spinta l’attenzione e prolungato l’esame.

      Benché la Nostra convinzione fosse di già intiera e chiara alla fine delle sedute della Commissione, che terminarono il 13 dicembre dell’anno 1847; non abbiamo ancora voluto pronunciare un giudizio definitivo sopra un fatto di sì grande importanza.

      Tuttavia l’opera del signor abate Rousselot ricevette ben tosto l’adesione e riunì i voti di molti vescovi e di un gran numero di persone eminenti per scienza e per pietà.

      Abbiamo saputo che questo libro era stato tradotto in

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      tutte le lingue d’Europa. Nello stesso tempo ed in diverse contrade comparvero intorno a quel medesimo fatto molte opere nuove, pubblicate da uomini commendevoli, espressamente venuti sui luoghi a ricercarne la verità. Il concorso dei pellegrini non si diminuiva. -Personaggi autorevoli, vicari generali, professori in teologia, sacerdoti e laici distinti vennero da molte centinaja di leghe ad offrire alla Vergine potente e piena di bontà i divoti loro sentimenti di amore e di riconoscenza per le guarigioni, ed altri beneficii che avevano ottenuti. Questi fatti prodigiosi non cessano di essere attribuiti all’invocazione di Nostra Signora di La Salette, e sappiamo che molti di essi sono riguardati dai vescovi, nelle cui diocesi avvennero, siccome veramente miracolosi. Tutto ciò è provato in un secondo volume pubblicato dal signor Rousselot nel 1850, e che ha per titolo: Nuovi documenti sull’avvenimento di La Salette. L’autore avrebbe potuto aggiungere che illustri prelati della Chiesa predicavano l’apparizione della Santissima Vergine; che in molti luoghi, coll’approvazione almeno tacita dei nostri venerabili colleghi, alcune persone pie avevano fatto costruire delle cappelle di già assai frequentate, sotto il titolo di Nostra Signora di La Salette, o avevano fatto collocare nelle Chiese parrocchiali delle belle statue in di lei onore; che finalmente numerose domande venivano indirizzate per l’erezione di un Santuario, che perpetuasse la memoria di questo grande avvenimento.

      Si sa che non sono mancati i contraddittori. E qual verità morale, qual fatto umano, od anche divino ne andò esente? Ma per cangiare la Nostra credenza intorno ad un avvenimento così straordinario, così inesplicabile, senza l’intervento divino, tutte le circo-

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      stanze del quale e le conseguenze si riuniscono per mostrarci il dito di Dio, Ci sarebbe stato necessario un fatto contrario, altrettanto sorprendente ed inesplicabile quanto quello di La Salette, od almeno tale che lo spiegasse in un modo naturale. Ora ecco quello che non Ci fu dato trovare, e quindi altamente pubblichiamo la Nostra convinzione.

      Noi abbiamo raddoppiate le nostre preghiere, supplicando lo Spirito Santo ad assisterci ed a comunicarci i suoi lumi divini. Abbiamo egualmente invocata con tutta fiducia la protezione dell’Immacolata Vergine Maria Madre di Dio, riguardando come uno dei Nostri più dolci e più sacri doveri il nulla omettere di ciò che potesse contribuire ad aumentare la divozione dei fedeli verso di lei, e a farci attestare la Nostra gratitudine pel favore speciale, di cui sarebbe stata oggetto la Nostra diocesi.

      Del resto abbiamo sempre conservata la disposizione d’animo di contenerci scrupolosamente nelle sante regole che la Chiesa ci ha dettate colla penna de’ suoi più saggi dottori, ed anche di riformare su questo fatto, come su tutti gli altri, il Nostro

      giudizio, ogni qual volta la cattedra di S. Pietro, la madre e la maestra di tutte le Chiese, stimasse pronunciare un giudizio contrario al Nostro.

      Noi eravamo in tali disposizioni, ed animati da questi sentimenti, allorché la divina Provvidenza Ci ha fornito l’occasione di ingiungere ai due privilegiati fanciulli di far pervenire il loro segreto al beatissimo nostro Padre il papa Pio IX. Al nome del Vicario di Gesù Cristo i pastori hanno compreso che doveano obbedire. Essi si sono decisi a rivelare al Sommo Pontefice un secreto, che avevano sin allora conservato con una costanza invincibile, e che nulla aveva potuto

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      loro strappare. L’hanno dunque scritto essi medesimi e ciascheduno separatamente, quindi piegarono e suggellarono la loro lettera alla presenza di persone riguardevoli elette da Noi a servire loro da testimoni. Dipoi inviamme due sacerdoti che godono di tutta la Nostra confidenza, a portare a Roma questo misterioso dispaccio. In questo modo cadde l’ultima obbiezione che si faceva contro l’apparizione: cioè che non vi fosse secreto, o che questo secreto fosse senza importanza, anzi puerile, e tale che i fanciulli non avrebbero voluto farlo conoscere alla Chiesa.

      Per queste ragioni,

      Appoggiandoci ai principii insegnati dal Pontefice Benedetto XIV; e seguendo le norme tracciate da lui nell’immortale sua opera della beatificazione e della canonizzazione dei Santi (lib. II, cap. XXXI, n. 12);

      Veduta la relazione del signor abate Rousselot, uno dei Nostri vicari generali, e stampata sotto questo titolo: La verità sull’avvenimento di La Salette, Grenoble 1848;

      Veduti anche I nuovi documenti sull’avvenimento di La Salette, pubblicati dallo stesso autore nell’anno 1850; l’una e l’altra opera corredata della Nostra approvazione;

      Udite le discussioni e i diversi giudizi che si sono espressi innanzi a Noi intorno a questo affare nelle sedute dei giorni 8, 15, 16, 17, 22 e 29 novembre, 6 e 13 dicembre

      1847;

      Visto parimenti od inteso ciò che è stato detto o scritto da quell’epoca in poi pro e contro l’avvenimento;

      Considerando in primo luogo l’impossibilità in cui Ci troviamo di spiegare il fatto di La Salette altrimenti che per mezzo dell’intervento divino, sotto qualunque aspetto che da Noi il si ravvisi, sia in sé stesso, sia nelle sue circostanze, sia nel suo fine essenzialmente religioso;

      Considerando in secondo luogo, che le meravigliose conseguenze del fatto di La Salette, sono le testimonianze di Dio medesimo che si manifesta coi miracoli, e che cotesta testimonianza è superiore a quella degli uomini ed alle loro obbiezioni;

      Considerando che questi due motivi presi separatamente ed a più forte ragione riuniti devono signoreggiare tutta la questione, e togliere ogni specie di valore a delle pretensioni o supposizioni contrarie, delle quali Noi dichiariamo avere una perfetta conoscenza;

      Considerando infine, che la docilità e la sommissione agli avvertimenti del cielo, può preservarci dai nuovi castighi da cui siamo minacciati, nel mentre che una resistenza prolungata di troppo può esporci a mali senza rimedio;

      Sulla domanda espressa di tutti i membri del venerabile Nostro Capitolo e della grandissima maggioranza dei sacerdoti della Nostra diocesi;

      Ed altresì per soddisfare alla giusta aspettazione di un sì gran numero di anime divote, tanto della nostra patria, che stranieri, le quali stanche di più attendere potrebbero rimproverarci di tenere vincolata la verità; Invocato di nuovo lo Spirito Santo e l’assistenza della Vergine Immacolata,

      Dichiariamo quanto segue,

      ART. 1. Noi giudichiamo che l’apparizione della Santa Vergine ai due pastori, avvenuta il giorno 19 settembre 1846 sopra una montagna della catena delle Alpi, situata nella parrocchia di La Salette, dell’arcipretura di Corps, racchiude in sé stessa tutti i caratteri della verità, e che i fedeli possono crederla indubitabile e certa.

      ART. 2. Noi crediamo che questo fatto acquisti un nuovo grado di certezza dall’immenso e spontaneo concorso de’ fedeli, sul luogo dell’apparizione, come dalla moltitudine dei prodigi che sono stati la conseguenza del detto avvenimento, e dei quali è impossibile il rivocarne in dubbio un grandissimo numero, senza violare le regole dell’umana testimonianza.

      ART. 3. Affine pertanto di manifestare a Dio ed alla gloriosa Vergine Maria la viva Nostra riconoscenza, autorizziamo il culto di Nostra Signora di La Salette; permettiamo di predicarlo e di dedurne le pratiche e morali conseguenze, che emanano da questo grande avvenimento.

      ART. 4. Nulla di meno proibiamo di pubblicare alcuna formola particolare di preghiera, alcun cantico, alcun libro di divozione senza avere prima ottenuta la Nostra approvazione in iscritto.

      ART. 5. Proibiamo espressamente ai fedeli ed ai sacerdoti della Nostra diocesi di giammai insorgere pubblicamente o a viva voce o cogli scritti contro il fatto che in oggi pubblichiamo, e che d’ora in poi esige da tutti rispetto.

      ART. 6. Noi abbiamo comperato il terreno favorito dalla celeste apparizione. Noi ci proponiamo di costruirvi tosto una chiesa che sia un monumento della misericordiosa bontà di Maria verso di noi e della nostra gratitudine verso di lei. Abbiamo anche

      formato il progetto di stabilirvi un ospizio, per ricoverarvi i pellegrini. Ma siccome siffatte costruzioni in un luogo, di un accesso difficile e sprovveduto d’ogni mezzo esigono considerevoli spese, perciò Ci appoggiamo al generoso concorso dei sacerdoti e dei fedeli non solo della nostra diocesi, ma della Francia e dell’estero.

      Quindi non esitiamo a far loro un appello, tanto più pressante perché di già ci sono pervenute numerose promesse, ma tuttavia insufficienti per l’opera da intraprendersi. Noi preghiamo le persone divote, che vorranno venirci in aiuto, ad indirizzare le loro offerte all’ufficio del segretario della Nostra curia. Una commissione composta di sacerdoti e di laici, è incaricata di sorvegliare le costruzioni e l’impiego delle offerte.

      ART. 7. Finalmente, siccome il fine principale dell’apparizione è stato di richiamare i cristiani all’adempimento dei loro religiosi doveri, al culto divino, all’osservanza dei precetti di Dio e della Chiesa, all’orrore della bestemmia ed alla santificazione della domenica, Noi vi supplichiamo, o dilettissimi fratelli, in vista dei vostri spirituali, celesti ed anche temporali interessi, a rientrare seriamente in voi stessi, a fare penitenza dei vostri peccati, ed in particolar modo di quelli che avete commessi contro il secondo ed il terzo comandamento di Dio. Ve ne scongiuriamo, o amatissimi nostri fratelli, rendetevi docili alla voce di Maria, che vi chiama. a penitenza, e che da parte del suo figlio vi minaccia dei mali spirituali e temporali, se conservandovi insensibili a’ suoi materni avvertimenti, indurite i vostri cuori.

      ART. 8. Noi vogliamo ed ordiniamo che il presente Nostro Mandamento sia letto e pubblicato in tutte le Chiese e cappelle della Nostra diocesi nella domenica che immediatamente susseguirà la ricevuta del medesimo.

      Dato a Grenoble, munito della Nostra firma, del suggello delle Nostre armi e della sottoscrizione del Nostro segretario il 19 settembre 1851 (quinto anniversario della celeste apparizione).

      L. S.

      + FILIBERTO VESCOVO DI GRENOBLE

      per incarico Auvergne, Canon. Onorario

      SEGRETARIO

      ELENCO dei miracoli, avvenuti in dodici Diocesi della Francia, per l’intercessione della Beata Vergine di La Salette, e dopo l’uso dell’acqua della miracolosa sorgente, i quali furono dai rispettivi Ordinari riconosciuti e giudicati veri.

      DIOCESI – INDIVIDUI GRAZIATI -ANNOTAZIONI.

      1. AVIGNON

        1. Suora Saint-Charles dai medici da quattro mesi religiosa ospitaliera di S. Giuseppe.

      Etisia disperata, abbandonata dai medici da quattro mesi come insanabile.

        1. Suora Prouveze, coadiutrice della Comunità del Sacro Cuore.

      Artritide nervosa cui l’arte medica non ha potuto vincere

        1. Suora Sainte-Antoine Granet religiosa del SS. Sacramento in Bedarides. Affezione cronica al cuore, e tumore scirroso al seno, insanabile se non mediante il taglio. La guarigione fu istantanea e completa; il medico dovette riconoscerla miracolosa, dichiarando che Chi toglieva con tanta destrezza un tumore scirroso senza dolore, senza effusione di sangue e senza bisturi, era un operatore molto abile, simile al quale non credeva che ve ne fossero mai stati su la terra.

      1. PERPIGNAN

        1. Suora Angelica Carbasse coadiutrice della Casa del Sacro Cuore.

      Affetta da otto anni da grave (melæna), e minacciata da una vicina dissoluzione. Munita dei santi Sacramenti ed abbandonata dai medici, il nono giorno di una novena alla Beata Vergine di La Salette si trovò completamente guarita.

      1. VIVIERS Circond. di Tournon

      1. Melania Gramon

      Da oltre sei anni affetta da malattia alla spina dorsale; munita de’ santi Sacramenti, lasciata sola in casa con una sorella per ricevere l’ultimo suo respiro. Il nono giorno di una seconda novena alla Beata Vergine di La Salette, chiama la sorella, si leva, si veste, radicalmente guarita.

      1. GRENOBLE Comune di Corps

      1. Maria Gaillard, moglie di Franc. Laurent, fornajo

      Affetta da artritide da 22 anni, paralizzata nelle membra ed obbligata spesso al letto, non poteva camminare se non mediante due stampelle, e costantemente addolorata, non poteva né alzarsi né sedersi da sé sola. Invocata la Beata Vergine di La Salette repentinamente guarisce, cammina senza stampelle, attende alle faccende di casa, non rimanendo se non le gonfiezze alle articolazioni le quali attestano la sofferta malattia

      CANTONE DI CLELLES

      1. Vittorina Sauvet

      Divenuta interamente cieca, si fa condurre sul monte di La Salette e vi ricupera immediatamente la vista dopo aver invocata la Beata Vergine e lavati gli occhi coll’acqua della miracolosa fontana,

      1. DIGNE – A LINCEL Silvia Julien

      Da 15 anni affetta da gastralgia nervosa, per totale esaurimento di forze, non poteva più abbandonare il letto, né parlare. Avendo bevuta l’acqua di La Salette, e, piena di confidenza nella Vergine, implorata la sua assistenza, ricupera improvvisamente la favella, ed intera- mente risanata, discende senza appoggio dalla sua stanza ad abbracciare la famiglia.

      SAINT- MICHEL

      Luigia Almaric

      Affetta da diversi anni da clorosi e da attacchi nervosi allo stomaco ed alla testa con enfiagione alle estremità, che la privavano della facoltà di camminare; si fa trasportare sul monte di La Salette. Ivi giunta, dopo breve preghiera alla Beata Vergine, bevuti due o tre bicchieri dell ‘ acqua, e strofinate con essa anche le gambe, si rialza talmente risanata e forte da essere in grado di intraprendere a piedi il tragitto dalla montagna a Corps, che è di 16 chilometri

      FORCAL-QUIER.

      Paolo Reynier, d’anni 55

      In conseguenza di un reuma mal curato e di un tumore al femore, con carie all’osso da 22 anni, non poteva camminare se non coll’uso di due stampelle. Facendosi

      trasportare intraprende il viaggio di La Salette, fa l’orazione, beve dell’acqua della miracolosa fontana, lava la parte ammalata, si alza guarito, e da quell’epoca cammina senza bastone e lavora la campagna senza dolori.

      MANE

      Veronica Andoyer

      4. Da nove anni affetta da una malattia nervosa e complicata, e che i medici, in numero di cinque, d’accordo dichiararono insanabile. Si fa trasportare sulla montagna, con gravi patimenti, ricorre alla Beata Vergine, beve abbondantemente dell’acqua della sorgente santificata, ed ottiene immediatamente una guarigione completa.

      1. QUIMPER A MORLAIX

      1-2 Elisa de Pinguern e Francine Le Bourdonnec, educande nel convento della B. Vergine della Vittoria.

      L’una e l’altra dell’età di circa 17 anni. La prima affetta da tosse nervosa continua, da singhiozzo e da una febbre lenta costante. La seconda da violenti dolori di stomaco e da tosse continua. Di nessun giovamento essendo riuscita la cura medica, come dovette attestare lo stesso medico del convento, guariscono radicalmente in seguito alle novene fatte alla B. Vergine di La Salette ed all’uso dell’acqua di quella sorgente

      1. PARIGI A CLICHY

      1. Giovanna Laurent, servente

      Le si era conficcata una spilla in un orecchio. Non riuscirono ad estrarla diversi chirurghi e fra questi quelli dell’ospedale. Pei dolori atroci, che avea dovuto soffrire si era determinata a morire piuttosto che assoggettarsi a nuove operazioni. Nello stato di disperazione nel quale si trovava, ricorre con fervore alla B. Vergine, mette nell’orecchio un pezzetto di pietra della montagna di La Salette, e beve dell’acqua di quella fonte, che le era stata data da una religiosa della Carità, e tutto ad tratto emette dal petto un grosso grumo di sangue e di materie, ed in esso trova la fatale spilla.

      1. BORDEAUX A BLAYE

      Madamigella Imbert

      Da un anno e più non poteva mangiare, il suo stomaco si sconvolgeva alla vista di qualunque alimento: la lingua si era annerita come il carbone. I medici dichiararono la malattia incurabile, e per tentativo le ordinarono una bibita ferruginosa. Più novene furono infruttuose, beveva dell’acqua di La Salette, ma con poca fede, perché non volle interrompere la bibita delle acque ferruginose. Risoltasi a lasciarle ed a mettere tutta la sua fiducia nella sola acqua della fonte miracolosa, intraprende una novena; il terzo giorno prova un notabile miglioramento e si trova in grado di recarsi, senza farsi accompagnare, alla chiesa. Invocata fervorosamente la Beata Vergine, tutt’ad un tratto prova una forte scossa, si sente guarita e spogliata la lingua della pelle nera che la involgeva.

      1. SENS

      Antonietta Bollenat

      Ammalata da circa 14 anni, pei mali trattamenti subíti all’età di dodici anni da una donna che le compresse con un ginocchio il petto e la sede epigastrica. Assalita da prima da mali di stomaco, e soggetta in seguito a vomiti con rare intermittenze, il più leggero alimento, un cucchiaio di latte, di brodo ed anche di acqua, veniva quasi sempre rigettato. Si manifestò in seguito un tumore alla regione epigastrica, il quale da tre anni la obbligava al letto. Il decubito, la dieta assoluta avevano ridotta l’ammalata a tale stato che un movimento qualunque, il solo sfiorare colla mano la parte affetta dal tumore le causava delle sincopi che duravano qualche volta delle ore. Il medico dichiarò il 19 nov. 1847 che la morte era prossima ed inevitabile; non là vide il giorno 20, ed il giorno susseguente fu avvertito che l’ammalata era guarita. Il

      giorno 23 con sorpresa vide l’ammalata andargli incontro allegra e restar in piedi durante tutta la visita, esplora anche il ventre, ed assicuratosi che il tumore era totalmente scomparso, non esitò a dichiarare la guarigione soprannaturale e miracolosa. Essa aveva intrapresa una novena alla Beata Vergine di La Salette e la bibita dell’acqua della miracolosa fonte il 14 novembre.

      SENS

      Maria Pieretta Gagniard

      Bambina ancora aveva perso un occhio pel vaiuolo. All’età di trentadue anni incominciò a soffrire violenti dolori di capo, e da quell’epoca fece frequenti gravi malaltic con pericolo della vita, e perdette l’altr’occhio. La costanza è la violenza dei dolori faceano credere al medico che esistesse una gangrena nella testa. Venne in seguito presa anche da una paralisia alla parte sinistra del corpo: questi attacchi si rinnovavano spesse volte. Da circa otto mesi emetteva dalla bocca del sangue purulento, e, per impedire questi sbocchi di sangue, si ricorreva al salasso od alle mignatte. Ridotta a questo stato, intraprende una novena alla B. Vergine di La Salette il 29 novembre, ed in quel giorno ebbe uno sbocco di sangue ancor più copioso. Il medico, trovandola più aggravata, le disse che sarebbe ritornato il giorno susseguente per salassarla. Un viaggio glielo impedì, vi andò il giorno dopo, il salasso non era più necessario. Ritrovò l’ammalata in istato molto migliore e specialmente più allegra; e siccome aveva veduta Antonietta Bollenat guarire subitaneamente con mezzi che non si era immaginati, fece alla Gagniard la domanda, se beveva anch’essa dell’acqua di La Salette. Sulla risposta affermativa, la esortò ad avere gran confidenza nella Beata Vergine «perché credeva che Dio, nello stabilire le leggi nella natura, non aveva rinunciato al diritto ed al potere di derogarvi quando gli piace».

      XI. TROYES – ARCHIS-SUR-AUBE

      Costanza Bouquet

      Inferma da 16 anni e mezzo. Il suo stomaco non poteva digerire, ed era soggetta a continui dolori di capo fortissimi. Da alcuni anni era talmente priva di forze, che non poteva muoversi senza l’assistenza di due persone, e non usciva mai dalla sua camera. Persona molto pia, conosciuta l’apparizione di La Salette, si procura dell’acqua di quella miracolosa fonte, ed il giorno 28 dicembre 1847 intraprende una novena, ed ogni mattina beve un poco di quell’acqua. Il 29 senti uno scroscio in tutte le sue membra, ed il 30 una commozione simile. Il 5 gennaio 1848, piena del sentimento di essere stata esaudita, durante l’assenza della sua servente, fa prova a camminare da sé sola. Vi riesce senza stento, e lo stesso giorno alle tre ore pomeridiane si trasferisce alla vicina chiesa senza bisogno di appoggio.

      1. LANGRES A SAINT DIZIER

      Eugenia Viciot

      Da oltre due anni presa da una malattia di cuore i cui violenti movimenti si rendevano manifesti al tatto, all’occhio ed all’orecchio; il camminare le causava soffocamento; soffriva mali di capo violenti e periodici, non poteva nutrirsi perché lo stomaco non faceva le sue funzioni, ed era ridotta ad uno stato di estrema debolezza e magrezza.

      La digitale ed il salasso erano gli unici palliativi che s’impiegavano dal medico, ma ciò non faceva che accrescere lo sfinimento. L’ultimo salasso le era stato fatto il 5 marzo primo giorno di una novena intrapresa in onore della Beata Vergine di La Salette coll’uso dell’acqua della fonte miracolosa. Il giorno 11 prova tutto ad un tratto un grande miglioramento, e si sente in grado di poter camminare liberamente. Il medico della cura che la visitò alcuni giorni più tardi non esitò a dichiararla perfettamente guarita.

      Eugenia Navet

      Sino dalla sua infanzia era soggetta ad agitazioni nervose per le quali sommamente soffriva. Dai 16 ai 18 anni vi fu una interruzione, di poi la malattia divenne più violenta e la ridusse al punto da poter a pena stare in ginocchio, ed il deperimento andava sempre crescendo. Incominciò una novena il 2 maggio alla Beata Vergine di La Salette; durante la notte del 4 soffrì una forte agitazione, ed il 5, un’altra ancora più forte; due giorni dopo, l’agitazione cessò interamente e si manifestò una completa guarigione.

      1. BLOIS MAUS

      Giuseppina Leblais

      Nubile giunta al trentunesimo anno era da circa dodici anni affetta da malattia assai grave, la quale dopo aver presentato sintomi diversi, la ridusse a tale stato di patimenti; da non poter camminare da sé sola, né mettersi in ginocchio: bene spesso soffriva svenimenti che “duravano anche più ore. Negli ultimi cinque anni le si manifestò una gonfiezza straordinaria al seno destro, con piaghe dolorosissime; lo stomaco era ridotto a tale debolezza da non poter prendere alcun liquido. I soccorsi i più assidui e più intelligenti dell’arte non avevano potuto non che guarire, neppur mitigare una malattia così tenace, così straordinaria.

      Si è in questo stato che la Leblais venne ricevuta come per esperimento nel convento delle Carmelitane di Blois, nel mese di agosto 1847, più per soddisfare in qualche

      modo al desiderio che aveva di entrare nell’ordine del Carmelo che per la speranza che potesse farvi professione. Malgrado la consolazione che provò per l’ottenuta ammissione, la sua salute non migliorò.

      Dopo due novene e molte preghiere, la madre priora ne raccomandò una terza in

      onore della Beata Vergine di La Salette ai due fanciulli ai quali era apparsa: durante questa novena, la malata prese tutti i giorni dell’acqua della miracolosa fonte. Il nono giorno si fa trasportare nella cappella, e durante la messa, al momento della comunione, si leva da sedere, come ispirata si incammina da sé sola, ricusando l’appoggio della sua compagna, verso la santa mensa, e quantunque soffrendo forti dolori, vi giunge e riesce pure ad inginocchiarsi. Dopo la santa comunione ritorna al suo posto, si mette con facilità in ginocchio e vi rimane senza soffrire durante tutto il ringraziamento. Nella stessa giornata l’ammalata prova un notabile miglioramento; può prendere degli alimenti liquidi senza soffrire, e pochi giorni dopo la guarigione si manifesta completa, e si trova in grado di seguire la regola molto severa dell’ordine.

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      Oltre i miracoli riportati nel presente elenco, molti altri sono stati operati posteriormente alla pubblicazione del Rapporto dei due Commissari, per l’intercessione della B. Vergine di La Salette, in altre quattordici Diocesi della Francia, e stati parimenti riconosciuti e giudicati dai rispettivi Ordinari, e trovansi registrati nella Raccolta dei Nuovi Documenti, stampati nel 1850.

      Fra questi se ne descrivono due avvenuti nella Diocesi di Cambrai, l’uno il 10 febbraio 1848, l’altro il 10 febbraio 1849 alla medesima ora, le cui relazioni sono state dirette all’Eminentiss. Cardinale Giraud Arcivescovo di quella città, che trovavasi in febbrajo a Gaeta, e dal quale sono state presentate al Sommo Pontefice.

      S. Santità le lesse con visibile emozione, e dimostrò una grande soddisfazione nel conoscere i nuovi prodigi operati mediante l’invocazione della B. Vergine di La Salette congiuntamente all’uso dell’acqua della meravigliosa fontana, e permise di parlare di queste soprannaturali guarigioni, sempre però nei limiti di una prudente riserva.

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      Nei Nuovi Documenti sopra l’Avvenimento di La Salette, che si stamparono nel 1850, tra gli altri viene riferita una lettera dell’attuale Arcivescovo di Orleans, monsignor Dupanloup, allora vicario generale. Ella versa interamente su quel prodigioso fatto, ed è tale per sé stessa, e per l’autorità di chi l’ha scritta, che merita ne sia pubblicata la versione.

      Mio caro amico,

      “Voi m’avete incoraggiato a visitare la montagna di La Salette, ed io ne discendo in questo istante. Spero, che mi permetterete di rendervi conto, con tutta semplicità, delle osservazioni che vi ho fatte e di tutte le impressioni che vi ho ricevute: egli è giusto che divida tutto ciò con voi.

      «Aveva intrapreso questo pellegrinaggio, devo confessarlo, senza alcuna favorevole impressione. Non voglio diminuire in nulla il merito delle diverse relazioni che sono state pubblicate su questo argomento, e che aveva lette con attenzione; ma lo stile, l’entusiasmo, la vivacità di quelle relazioni mi avevano, devo dirlo, ispirati dei pregiudizi contrari.

      “Ho passati tre giorni circa sia a Corps, sia a La Salette; le impressioni personali che ne ho ricevute, sono state, devo ripeterlo, senza alcun diletto e quasi senza emozione alcuna. Eccomi finalmente di ritorno.

      «Ne sono ritornato quale vi era andato, senza commozione, e dirò quasi senza interesse; od almeno senza

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      quell’interesse che nasce dall’entusiasmo. Ciò non per tanto più mi allontano da quei luoghi, più rifletto a tutto ciò che ho veduto ed udito, più la riflessione produce in me una convinzione, la quale mi fa in certo modo violenza. Non posso trattenermi di ripetere a me stesso continuamente: È ben difficile che non vi sia qui il dito di Dio.

      Tre circostanze particolari mi sembrano essere indizi della verità: 1° Il carattere invariabile de’ fanciulli; 2° Le numerose risposte assolutamente al di sopra della loro età e della loro portata, che hanno fatte spontaneamente nei diversi interrogatori ai quali sono stati sottoposti; 3° La fedeltà colla quale conservano il segreto, che pretendono esser loro stato confidato.

      Il carattere invariabile de’ fanciulli.

      «Ho veduto questi due fanciulli: il primo esame che ne feci mi è stato molto disaggradevole. Il piccolo ragazzo soprattutto mi ha stranamente dispiaciuto. Ho veduti molti fanciulli in vita mia; ne ho veduti pochi o nessuno che mi abbia prodotto un’impressione tanto spiacevole; le sue maniere, i suoi gesti, il suo sguardo, tutto il suo esteriore è ributtante, almeno a’ miei occhi.

      Ciò, che forse ha accresciuta la cattiva impressione che mi fece, si è la sua singolare rassomiglianza ad un fanciullo il più disaggradevole e il più cattivo che io m’ abbia mai allevato.

      Nell’esporre così l’impressione disaggradevole che mi ha fatta questo fanciullo, non pretendo distruggere in nulla le impressioni più favorevoli che la sua

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      vista ha prodotte in altri. Mi limito semplicemente a dire ciò che sono sicuro d’aver provato in me medesimo. Convien confessare, che se la mia testimonianza in fine divenisse favorevole a questi fanciulli, non sarà almeno una testimonianza sospetta;

      non sarò certamente stato da essi sedotto. La sgarbatezza di Maximin è poco comune, la sua agitazione soprattutto è veramente straordinaria: è una natura singolare, bizzarra, mobile, leggera; ma d’una leggerezza così rozza, d’una mobilità qualche volta così violenta, d’una bizzarria così insopportabile, che il primo giorno nel quale lo vidi, non ne fui solamente rattristato, ma scoraggiato. A qual fine, diceva a me stesso, far un viaggio per vedere un fanciullo di questa fatta? Quale sciocchezza fu la mia? Aveva tutte le pene del mondo ad impedire, che s’impadronissero del mio spirito i più gravi sospetti.

      “Quanto alla fanciulla, essa mi sembrò pure molto spiacevole nel suo genere. I suoi modi, devo dirlo, sono migliori di quelli del fanciullo. I diciotto mesi ch’essa ha passati presso le religiose di Corps, l’hanno un poco, a ciò che si dice, migliorata; ciò non pertanto essa mi è sembrata ancora un essere dispettoso, sgarbato, stupidamente silenzioso, non dicendo ordinariamente che dei sì o dei no, quando risponde. Se essa dice qualche cosa di più, vi è sempre una certa secchezza nelle sue risposte ed una timidezza di mal umore, che è ben lontana dall’ispirare della famigliarità. “Del resto, dopo aver veduti questi due fanciulli, ciascuno di essi più volte, non ho trovato mai in loro alcuna delle attrattive della loro età; essi non hanno, o almeno non sembrano avere né quella pietà, né quel candore dell’infanzia che commuove, che attira ed inspira la confidenza.

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      “Ho veduto il fanciullo, specialmente, per molto tempo di seguito, e particolarmente il giorno nel quale sono asceso con esso a La Salette. Noi abbiamo in quel giorno passate assieme all’incirca quattordici ore; venne a prendermi al mio albergo a cinque ore del mattino, mi accompagnò alla montagna dell’Apparizione, e non ci siamo separati che alle sette ore della sera. Ho avuto certamente tutto il tempo di vederlo da vicino, di studiarlo con diligenza, di esplorarlo severamente e svolgerlo in tutte le maniere; non mi sono in ciò risparmiato. Egli non cessò un momento, devo dirlo, di essere per me l’oggetto delle osservazioni le più attente, e nel tempo stesso della più profonda diffidenza. Egli non ha cessato un momento di spiacermi, e soltanto il dopo pranzo molto tardi, a poco a poco, e come contro mia voglia, l’impressione favorevole vinse l’impressione contraria. Quasi a mia insaputa, e contro tutte le mie previsioni, nell’osservare ed ascoltare tutto ciò che vedeva sentiva, fui indotto a dire a me stesso:

      • Non è spiegabile che colla verità del racconto.

      “A Grenoble era stato messo in diffidenza contro la narrazione, che questi fanciulli mi farebbero su ciò che era loro accaduto, e su ciò che avevano veduto sulla montagna. Mi era stato detto che ripetevano il tutto come una lezione. Si aggiungeva, è vero, con molta ragione, che bisognava essere un poco indulgenti, ritenuto che per il lasso di diciotto mesi avevano fatto questo racconto migliaia di volte, e che quindi non doveva sorprendere che fosse per essi divenuta un’abitudine. Era abbastanza

      disposto a scusarli su questo proposito, purché il metodo e lo stile della narrazione non andasse sino al ridicolo; ma succedette tutt’altri-

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      menti. Ancorché questi fanciulli mi spiacessero sommamente avanti questo racconto, ed abbiano continuato a spiacermi anche dopo, devo confessare che lo fecero e l’uno e l’altro con una semplicità, una gravità, una serietà ed un certo rispetto religioso, il cui contrasto col loro fare sempre volgare, abitualmente sgarbato del piccolo fanciullo, ed abitualmente dispettoso della fanciulla, mi colpì fortemente.

      «Devo aggiungere sin d’ora, che questa sorpresa si rinnovò per me durante questi due giorni quasi costantemente, specialmente col piccolo fanciullo, il quale passò, come dissi, un’intera giornata con me. Lo misi dopo ciò in una perfetta indipendenza; gli lasciai prendere ogni sorta di libertà; in questo modo tutti i suoi difetti, tutte le sue sgarbatezze mi si presentarono sotto tutte le forme.

      Eppure tutte le volte che questo rozzo fanciullo veniva ricondotto anche nella maniera la più inaspettata a parlare del grande Avvenimento, succedeva in lui un cambiamento singolare, profondo, improvviso, istantaneo, e lo stesso è della fanciulla. Il ragazzo conserva il suo sguardo, il suo esteriore tanto spiacevole; ma tutto ciò che vi è di eccessivo nella sua rozzezza è interamente soggiogato.

      Divengono anzi tutt’ad un tratto così gravi, così seri; assumono quasi involontariamente qualche cosa di così singolarmente semplice ed ingenuo, qualche cosa anzi di così rispettoso per sé stessi, e nello stesso tempo per tutto ciò che dicono, che lo ispirano anche a quelli che li ascoltano, e loro impongono una specie di religioso timore per le cose delle quali parlano, ed un certo qual rispetto per le loro persone. Ho provate costantemente e qualche volta molto vivamente queste impressioni,

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      senza cessare però un momento di ritrovarli fanciulli molto disaggradevoli.

      “Do luogo qui ad una osservazione che si riferisce a ciò che or ora ho rimarcato; quando parlano del grande Avvenimento, del quale si pretendono essere i testimoni, oppure che rispondono alle interrogazioni che gli si fanno a questo proposito, il rispetto singolare per ciò che dicono cresce tanto, che quando loro accade di fare qualcheduna delle risposte veramente sorprendenti, inaspettate, che confondono gli interrogatori, troncano bruscamente tutte le questioni indiscrete, risolvono semplicemente, profondamente, ed in modo assoluto le più gravi difficoltà, e non sembrano trionfarne. Qualche volta si è stupefatti; ed essi restano impassibili.

      Neppure un legger sorriso apparisce sulle loro labbra.

      Del resto essi non rispondono mai alle interrogazioni che lor vengono dirette, se non nella maniera la più semplice, la più breve. La semplicità è qualche volta rustica, ma la giustezza e la precisione sono sempre straordinarie. Quando si tratta del grande Avvenimento non sembrano aver più alcuno dei difetti co› muni alla loro età: soprattutto essi non appaiono per nulla ciurmadori e chiacchieroni. Maximin parla molto di solito, e quando è in libertà è un vero ciarlone. Durante le quattordici ore che noi abbiamo passato assieme, mi ha date di questo difetto tutte le prove possibili; mi ha parlato di ogni sorta di cose con grande abbondanza di parole, interrogandomi senza alcun ritegno, dicendomi pel primo il suo parere, contraddicendo il mio. Ma sopra l’Avvenimento che egli racconta, sopra le sue impressioni, sopra i suoi timori o le sue speranze per l’avvenire, sopra tutto ciò che ha rapporto

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      all’Apparizione non è più il medesimo fanciullo. Sopra questo soggetto egli non prende giammai l’iniziativa, non commette giammai un’inconvenienza.

      Egli non dà giammai un dettaglio al di là di quello che precisamente gli si domanda. Quando ha detto il fatto che è incaricato di dire, quando ha risposto alla domanda che gli vien, diretta, tace. Si è avidi, si vorrebbe che parlasse sempre, che aggiungesse dei dettagli, che parlasse delle sensazioni che ha provate e prova tuttora; ma no, egli non aggiunge una parola alla risposta necessaria. Poco dopo riprende il filo della conversazione interrotta, parla abbondantemente d’altra cosa, se gli si dà occasione, o parte.

      “Ciò che è certo si è che né l’uno né l’altro hanno desiderio di parlare dell’Avvenimento che li rende, per altro, tanto celebri.

      «Secondo tutte le informazioni che ho raccolte sul luogo, essi non ne parlano giammai inutilmente con chi che sia, né coi loro piccoli camerata, né colle religiose che li istruiscono, né cogli stranieri. Quando vengono interrogati rispondono; raccontano il fatto semplicemente se è il fatto che loro si domanda, danno semplicemente la soluzione se è una difficoltà che viene loro proposta; nulla aggiungono a ciò che è necessario, e nulla parimenti ne sottraggono. Non si rifiutano mai di rispondere alle domande che vengono loro fatte, ma non si riesce di farli parlare al di là di una certa misura. Potete moltiplicare quanto volete le domande indiscrete, la loro risposta non l’è mai. La discrezione, la più difficile di tutte le virtù, è loro naturale (su questo punto solamente), in grado sommo. Si può stringerli quanto si vuole, si incontra in essi qualche cosa di invincibile, di cui essi stessi non si

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      rendono conto, che respinge tutti gli sforzi, e che delude involontariamente ed inalterabilmente tutte le tentazioni le più vive e le più forti.

      “Chiunque conosce i fanciulli, queste nature leggere, mobili, vane, ciarliere, indiscrete, curiose, e farà gli esperimenti che io ho fatti, dividerà lo stupore che ho provato io, e domanderà a sé stesso se è vinto dai due fanciulli, oppure da una forza superiore divina.

      “Non aggiungerò, che, dopo due anni, questi due fanciulli e le loro famiglie sono rimasti poveri come prima. È un fatto che ho verificato bastantemente per mio conto, e che è facile di constatare colla maggiore certezza.

      «Ciò che aggiungerò, per l’osservazione che ne ho fatta, si è che i fanciulli ed il piccolo Maximin in particolare, che ho veduto più davvicino e più lungamente, mi sembrano avere conservata una semplicità, e dirò anzi una umiltà assoluta, malgrado l’onore che hanno avuto e la celebrità, che per questo onore, hanno ottenuto; ma una semplicità ed un’umiltà, che non mi sembrano in essi virtù gran fatto pregevoli: sono fatti così ed hanno l’aria di non poter essere altrimenti, e lo sono con una semplicità passiva che fa stupire quando la si esamina e vi si riflette.

      Il fatto è che non comprendono neppure l’onore che hanno ricevuto, e sembrano non avere alcuna idea della celebrità che d’ora in poi si lega ai loro nomi. Hanno veduto delle migliaia di pellegrini, 60,000 in un giorno, venire dietro la loro voce su la montagna di La Salette. Essi non sono stati né più fieri, né più studiati nelle loro parole e nelle loro maniere. Contemplano tutto ciò senza sorpresa, senza un pensiero,

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      senza riferirlo a sé stessi. Ed infatti, se ciò che raccontano è vero, sono ben penetrati della loro parte, come la santa Vergine ne è stata penetrata essa medesima. Essa non ha preteso di far loro un onore, essa ha preteso scegliersi dei testimoni, che fossero al disopra d’ogni sospetto con una semplicità così profonda, così assoluta, così straordinaria, che nulla vi fosse di paragonabile, e che naturalmente non si sapesse né spiegare, né comprendere; essa vi è riuscita.

      “Questo è il primo tratto di verità che ho rimarcato in questi fanciulli.

      2°. Io trovo il secondo nelle numerose risposte assolutamente al disopra della loro età e della loro portata, che hanno date spontaneamente nei diversi interrogatori ai quali sono stati assoggettati.

      “Devesi rimarcare che nessun accusato fu mai dalla giustizia vessato con tante interrogazioni sopra un delitto, con quante questi due poveri villanelli lo sono pel corso di due anni sopra la visione che essi raccontano. A delle difficoltà spesso anticipatamente preparate e qualche volta lungamente ed insidiosamente meditate banno sempre opposto delle risposte pronte, brevi, chiare, precise, perentorie. È evidente che sarebbero radicalmente incapaci di tanta presenza di spirito, se tutto ciò

      che dicono non fosse la verità. Sono stati condotti come si condurrebbero dei malfattori sopra il luogo o delle loro rivelazioni o delle loro imposture; i personaggi i più gravi, i più distinti non li sconcertano, né le minacce e le ingiurie li sgomentano, né le carezze e la dolcezza li fanno piegare, né

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      i lunghi interrogatori li stancano, né alla ripetizione di tutti questi esperimenti cadono in contraddizione, né ciascuno con sé medesimo, né l’uno coll’altro. Non si può aver meno l’aria di complici, e se lo fossero, converrebbe che avessero un ingegno senza esempio, per essere in tal modo costantemente conformi a sé medesimi, dopo il corso di più di due anni che dura e si continua senza interruzione questa strana e rigorosa investigazione. Ciò non toglie che non vi associno i contrasti i più bizzarri; ora la rozzezza della loro educazione, qualche volta l’impazienza ed un certo mal umore, altre volte la dolcezza, la calma ed un sangue freddo imperturbabile, ed in qualche incontro, o piuttosto sempre una discrezione, una riserva impenetrabile a tutti, ai parenti, compagni, conoscenze, all’universo intero.

      “Ecco, pertanto, delle interrogazioni e delle risposte che ricavo ad un tempo dalla mia memoria personale e dai processi verbali in buona e debita forma depositati al Vescovado di Grenoble, e dei quali vi garantisco l’autenticità.

      – D. A Melanie. La Dama ti ha confidato un segreto, e ti ha proibito di dirlo. Alla buon’ora; ma dimmi almeno se questo segreto riguarda te, o qualche altra persona.

      • Melanie. Chiunque ciò riguardi, Essa ci ha proibito di dirlo.

      • D. Il tuo segreto è qualche cosa che tu dovrai fare?

      • Melanie. Che sia una cosa che abbia a fare o no, ciò non riguarda alcuno; ci ha proibito di dirlo.

      • Il signor abate Chambon, superiore del piccolo seminario di Grenoble: Dio ha rivelato il tuo segreto

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      ad una santa religiosa; ma amo meglio saperlo da te, ed assicurarmi che tu non menti.

      • Melanie. Giacché questa religiosa lo sa, essa può dirvelo; ma io non lo dirò.

      • D. Tu devi dire il tuo segreto al tuo confessore, al quale nulla si deve tenere nascosto?

      • Maximin. Il mio segreto non è un peccato, in confessione non si è obbligati a dire che i peccati.

      • D. Se tu dovesti dire il tuo segreto o morire? Maximin. (con fermezza). Morirò….

      non lo dirò.

      • D. Se il papa ti domandasse il tuo segreto, fu saresti obbligato di dirglielo; perché il papa è ben più che la santa Vergine.

      • Maximin. Il papa più che la santa Vergine!. Se il papa fa bene il suo dovere sarà

      santo, ma sarà sempre meno che la santa Vergine.

      • D. Ma è forse il demonio che ti ha confidato il tuo segreto?

      • Maximin (solo). No, perché il demonio non ha dei crocifissi, ed il demonio non proibirebbe la bestemmia.

      • Melanie (sola alla medesima interrogazione). Il demonio può ben parlare, ma non credo che esso possa dire dei segreti di questa natura. Egli non proibirebbe di giurare, non porterebbe la croce, e non direbbe d’andare alla messa.

      • Il signor Gerente, elemosiniere delle suore della Provvidenza di Corenc vicino a Grenoble, a Maximin: Non voglio domandarti il tuo segreto. Ma questo segreto riguarda senza dubbio la gloria di Dio e la salute delle anime. Converrebbe che esso fosse conosciuto dopo la tua morte. Ecco ciò che ti consiglio: scrivi il tuo segreto in una lettera, che tu suggellerai; e la farai rimettere all’ufficio della curia. Dopo la morte

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      di Monsignore e la tua, si leggerà questa lettera, e tu avrai conservato il tuo segreto.

      • Maximin. Ma qualcuno potrebbe essere tentato di aprire la mia lettera. E poi io

      non conosco quelli che vanno alla curia. (Indi mettendosi la mano sulla bocca ed in seguito sopra il cuore): il mio miglior ufficio, diss’egli, con un gesto espressivo, è qui!

      Un altro sacerdote disse a Maximin:

      • Tu hai desiderio di diventar prete; Ebbene! dimmi il tuo segreto, e m’incarico di te; scriverò a Monsignore che ti farà istruire gratuitamente.

      • Maximin. Se per diventar prete devo dire il mio segreto, non lo sarò mai.

      Il signor abate Lagier, curato, oriondo di Corps, dimandava a Melanie: Tu non intendevi il francese, tu non andavi alla scuola; come mai hai potuto ritenere ciò che la Dama ti diceva? Essa te lo disse più volte?

      • Melanie. Oh! no; Essa non me lo disse che una volta, e l’ho ben ritenuto a memoria. E poi qualora anche non comprendessi bene, nel ripetere ciò ch’Ella mi aveva detto,

      quelli che sapevano il francese lo intendevano, quantunque non lo intendessi io: ciò ba

      • D. La Dama ti ha ingannato, Maximin; Essa ti ha predetta una carestia, eppure la raccolta è buona dappertutto.

      • Maximin. Che importa a me! Essa me lo ha detto, ciò riguarda lei.

      A questa interrogazione i fanciulli risposero altre volte: Ma se si è fatta penitenza….

      • D. La Dama che tu hai veduta non era che una nube luminosa e brillante…

      • Maximin. Ma una nube non parla. 125

      • Un sacerdote. Tu sei un piccolo mentitore: non ti credo.

      • Maximin. Che m’importa? Sono incaricato di dirvelo e non di farvelo credere.

      • Un altro sacerdote. Vedi, io non ti credo, tu sei un mentitore.

      • Maximin (con vivacità). Allora perché siete venuto da lontano per interrogarmi?

      • Un curato della Valloise diocesi di Gap. La Dama scomparve in una nube?

      • Melanie. Non vi era nube alcuna.

      • Il curato insiste: Ma è cosa facile l’avvilupparsi in una nube e scomparire.

      • Melanie (con vivacità): Signore, involgetevi dunque in una nube e scomparite.

      • L’abate Albertin, professore del seminario grande di Grenoble: Non ti annoi, il mio ragazzo, di dover ripetere tutti i giorni la medesima cosa?

      • Maximin. E voi non vi annoiate di dire tutti i giorni la messa?

      • «Il signor abate Repellin scriveva il 19 dic. 1847: Dimandai alla fanciulla se la persona meravigliosa che essa aveva veduto non poteva essere uno spirito cattivo, che volesse seminare il disordine nella Chiesa. Essa mi rispose come aveva risposto ad altri: – Ma, signore, il demonio non porta una croce. – Io proseguii: ma, la mia fanciulla, il demonio ha portato il Nostro Signore sul tempio, sulla montagna, potrebbe ben portare anche la sua croce. No, signore, disse essa con una certa franchezza; no, il buon Dio non lascerebbe portare la sua croce in questo modo. È sopra la croce che egli è morto. Ma si è lasciato portare lui stesso. Ma è sulla croce che ha sal-

      126

      vato il mondo. La franchezza di questa fanciulla, la profondità di questa risposta, della quale essa non sentiva forse la bellezza, mi chiusero la bocca. In un’altra

      circostanza essa si spiegò più categoricamente. Le si diceva che il demonio aveva portato Nostro Signore lui stesso in persona. Si, disse essa, MA NON ERA ANCORA GLORIFICATO.

      • Il vostro Angelo custode sa egli il vostro segreto, Melanie?

      • Sì, signore. Vi è dunque qualcuno che lo sa? – Ma il mio Angelo custode non appartiene al popolo.

      “Uno de’ miei amici, due giorni prima che io facessi il viaggio di La Salette, disse a Maximin: Noi dobbiamo tutti obbedienza al Papa. Ebbene, se il Papa ti dicesse: mio fanciullo, tu devi creder nulla di tutto ciò: che gli diresti tu? Il fanciullo rispose colla più grande dolcezza ed il più grande rispetto: Gli direi che vedrà.

      Eccovi, mio caro amico, alcune delle innumerevoli risposte di questi fanciulli. Non so se voi le giudicherete, come le giudico io; ma esse sono certamente, ed è il meno che si possa pensarne, molto sorprendenti, e questa sorpresa si aumenterà ancora colle ultime osservazioni che ho fatte sopra questi fanciulli, e che mi accingo a raccontarvi, e finisco.

      3°. Ecco il terzo carattere di verità che ho rimarcato in questi fanciulli.

      È già noto che ciascuno pretende essere possessore di un segreto che l’altro ignora, e che non devono e non vogliono dire ad alcuno.

      127

      “Non ho potuto evitare di vedere nella loro fedeltà a conservare questo segreto, un segno caratteristico della loro veracità.

      “Sono due, possedono ciascuno un segreto, e ciò quasi da due anni. Avendo ciascuno il proprio, giammai l’uno si è vantato di sapere quello dell’altro. I loro parenti, i loro maestri, i loro curati, i loro camerata, delle migliaia di pellegrini gli hanno interrogati sopra questo segreto, ne hanno loro dimandata una rivelazione qualunque, si sono fatti per ciò degli sforzi inauditi: né l’amicizia, né l’interesse, né le promesse, né l’autorità civile, né l’autorità ecclesiastica hanno potuto carpir loro qualche cosa su questo argomento in un grado qualunque; e oggi ancora dopo due anni di tentativi costanti, se ne sa niente, assolutamente niente.

      “Io stesso ho fatto grandi sforzi per penetrare questo segreto. Alcune circostanze particolari mi hanno aiutato a spingere i miei sforzi più in là di molti altri; anzi ho creduto un momento di riuscirvi; ecco in qual modo.

      Aveva condotto, come ho detto, il piccolo Maximin alla montagna. Ad onta della ripugnanza che questo piccolo fanciullo m’ispirava, aveva cercato cionullameno di

      essere buono e grazioso con lui, gli usava tutte le gentilezze possibili, per tentare di aprire e guadagnare il suo cuore. Non vi era riuscito. Ma arrivando alla sommità della montagna, qualcuno che vi si trovava gli diede due cartine, una delle quali rappresentava il combattimento del 24 febbraio nelle contrade di Parigi. In mezzo ai combattenti vi si vedeva un prete che assisteva i feriti. Il piccolo fanciullo si immagina di trovare qualche rassomiglianza di quell’ecclesiastico con

      128

      me; e benché io gli dicessi che si ingannava completamente, conservò la sua persuasione che fossi io, ed a datare da quel momento mi dimostrò la più viva e la rustica amicizia. D’allora in poi parve totalmente libero ed in grande famigliarità. Ne profittai con gran premura, e noi divenimmo i migliori amici del mondo, senza però che cessasse, devo confessarlo, di essermi perfettamente disaggradevole. D’allora in poi si appese al mio braccio e non lo abbandonò più per tutta la giornata. Noi discendemmo così uniti la montagna, fece collezione e pranzò con me. Si mise a parlare di ogni sorta di cose col più grande abbandono; della repubblica, degli alberi della libertà, ecc. Quando riconduceva la conversazione su ciò che mi interessava unicamente, mi rispondeva, come dissi, brevemente, semplicemente; tutto ciò ch’aveva relazione all’apparizione della SS. Vergine era come una cosa a parte nella nostra conversazione. Interrompeva ad un tratto l’ardore del suo cicalio. Il fondo di ciò che mi diceva, la forma, il tono, la voce, tutto allora diveniva subitaneamente e specialmente grave e religioso. Passava poi ben presto ad un altro soggetto e a tutto l’abbandono della conversazione la più famigliare e la più vivace.

      “Rinnovava allora i miei sforzi e le insinuazioni le più abili per profittare di quest’ abbandono e di questa apertura, e farlo parlare sopra ciò che mi interessava, ed in particolare sopra il suo segreto, senza che se ne accorgesse e senza che lo volesse. Mi importava sommamente di leggere in quell’anima, di sorprenderla in difetto e di strappare, buon grado o malgrado, la verità dal fondo di quel cuore; ma devo confessarlo, tutti i miei sforzi incominciati dal mattino erano stati

      129

      perfettamente inutili: al momento ove io credeva di raggiungere il mio scopo e di ottenere qualche cosa, tutte le mie speranze svanivano, tutto ciò che mi immaginava di avere in mano mi sfuggiva ad un tratto, ed una risposta del fanciullo mi faceva ricadere nelle mie incertezze. Questa determinata riserva mi parve così straordinaria in un fanciullo, e dirò anzi in un essere umano qualunque, che senza fargli una violenza, alla quale la mia propria coscienza avrebbe ripugnato, volli spingere la cosa più lontano che mi fosse possibile e tentare gli ultimi sforzi per vincerlo in qualche cosa é sorprendere in fine il suo segreto. Questo segreto singolare mi stava soprattutto

      a cuore. Per vincerlo su questo punto non risparmiai alcuna seduzione sino a quella misura che mi parve permesso.

      Dopo molti tentativi e sforzi assolutamente inutili, una circostanza ben insignificante in apparenza mi offerse un’occasione che ho creduto per un momento favorevole.

      “Aveva con me una borsa da viaggio, il cui lucchetto si chiudeva e si apriva col mezzo di un segreto che facea le veci di chiave. Siccome questo fanciullo è molto curioso, mette le mani su tutto, guarda tutto, e nel modo più indiscreto, non mancò di esaminare la mia borsa da viaggio, e vedendo ch’ io l’apriva senza chiave, mi domandò come io facessi. Gli risposi che era un segreto. Insistette vivamente perché glielo facessi conoscere. La parola segreto risvegliò nel mio spirito l’idea del suo.

      Profittai della circostanza, e gli dissi: Mio fanciullo, questo è il segrelo mio, voi non avete voluto dirmi il vostro, io non vi dirò il mio, tutto ciò fu detto metà sul serio e metà scherzando.

      “Non è la stessa cosa, mi rispose egli immediata- 130

      mente. E perché? gli dissi. Perché mi è stato vie tato di dire il mio segreto: e non hanno vietato a voi di dire il vostro. La risposta era perentoria. Non mi tenni però per battuto; e senza aver l’aria di averlo ben compreso, gli dissi sul medesimo tuono: Postocché voi non mi avete voluto dire il vostro io non vi dirò il mio. Insistette; eccitai io medesimo le sue istanze e la sua curiosità. Apriva e chiudeva misteriosamente il mio lucchetto senza che potesse scoprire il mio segreto. Ebbi l’indegnità di tenerlo in questo modo riscaldato, appassionato ed in sospeso per più ore; dieci volte in questo frattempo il piccolo fanciullo ritornò violentemente alla carica. Volentieri, gli diceva io, ma ditemi anche voi il vostro segreto.

      A queste parole tentatrici il fanciullo ricompariva immediatamente religioso, e tutta la sua curiosità sembrava svanirsi. Qualche tempo dopo mi pressava di nuovo. Gli faceva la medesima risposta ed incontrava sempre la medesima resistenza. Vedendolo immutabile, gli dissi in fine: Ma almeno, mio ragazzo, postocché volete che io vi dica il mio segreto, ditemi qualche cosa del vostro. Io non vi domando che me lo diciate interamente; ditemi: almeno quanto potete dirmene. Ditemi almeno se è una cosa favorevole od una sventura? non sarà dirmi il vostro segreto.

      «Non lo posso. Fu, la sola sua risposta. Siccome eravamo in amicizia, rimarcai soltanto nel suo rifiuto e nel parlare un senso di dispiacere.

      «Cedetti infine, e gli mostrai il segreto del mio lucchetto. Ne fu meravigliato, fece un salto di gioia, aprì, e chiuse più volte la borsa da viaggio. Gli dissi: vedete, io vi ho detto il mio segreto, e voi non mi avete detto, il vostro. Parve afflitto di questa nuova insistenza:

      131

      e di questa specie di rimprovero. Credetti di non dover più insistere. Rimasi convinto, come lo sarà chiunque conosce l’indiscrezione umana, ed in particolare l’indiscrezione dei fanciulli, rimasi, dico, convinto che questo piccolo ragazzo avea vittoriosamente subito uno dei tentativi, una violenza morale delle più forti che si possano immaginare.

      «Ciò non ostante presi quasi subito la cosa sopra un tuono più serio ancora e gli feci sostenere un nuovo assalto. Ecco quale ne fu l’occasione.

      «Gli aveva dato qualche immagine, comperata sulla sommità della montagna. Non aveva che un cattivissimo cappello di paglia. Gliene comperai un altro rientrando nel borgo di Corps. Di più gli offrii di dargli inoltre ciò che desiderasse. Mi domandò una blouse. Gli dissi di andare a comperarne una. Essa costava cinquantotto soldi (di Francia) che io pagai. Andò a far vedere le immagini, la blouse ed il cappello di paglia a suo padre e ritornò a dirmi che suo padre era contentissimo. Mi aveva digià parlato con una certa affezione delle sventure e dei dispiaceri di suo padre; profittai pure dell’occasione della morte recente di sua madre, e nell’atto che mi rimproverava nel mio interno le tentazioni che faceva subire a questo fanciullo, gli dissi: Ma, mio fanciullo, se voi volete dirmi del vostro segreto ciò che potete dirne, si potrebbe fare del gran bene a vostro padre. Spinsi la cosa più in là. Io stesso, mio caro fanciullo, potrò procurargli molte cose e fare che stia con voi a casa sua tranquillo e felice senza mancare di nulla. Perché vi ostinate in questo modo a ricusare di dire del vostro segreto ciò che potete dirne, quando ciò potrebbe essere di tanto vantaggio a vostro padre e sollevarlo dall’afflizione?

      132

      “Certamente la tentazione era molto forte. Il fanciullo era in piena confidenza. Non poteva dubitare della mia sincerità, e per la verità era disposto a fare tutto ciò che gli diceva. Egli lo vedeva, era cosa manifesta. Mi rispose a voce più bassa: No, signore, non lo posso.

      Bisogna confessare che se egli avesse inventato una prima favola non gli era difficile di inventarne una seconda e di dirmi un segreto qualunque analogo al suo grande racconto, e la cui confidenza avrebbe avuto immediatamente per lui così grandi vantaggi.

      “Preferì di fare la risposta che ho indicata, o piuttosto senza nulla preferire, mi fece questa risposta spontaneamente, semplicemente.

      Non mi tenni ancora come interamente battuto, e spinsi la tentazione ancora più oltre, troppo in là forse, ma certamente sino agli ultimi confini; voi ne giudicherete e forse mi biasimerete.

      “Una particolar circostanza faceva che io avessi con me una somma abbastanza rilevante in oro. Mentre girava intorno di me nella camera del mio albergo, esaminando tutti i miei effetti, mettendo le mani dappertutto come un vero mariuolo, caddero sotto i di lui occhi la mia borsa e quest’oro; se ne impossessò con gran premura, lo distese sopra la tavola, si mise a contarlo ed a farne dei mucchietti, dopo di averli fatti si divertiva disfarli e rifarli. Quando lo vidi ben contento e sorpreso dalla vista e dal maneggio di quest’oro, pensai che il momento era venuto per metterlo alla prova e conoscere con certezza la di lui sincerità. Gli dissi con amicizia: Ebbene! mio fanciullo, se voi mi diceste del vostro segreto ciò che potete dirmene, potrei darvi tutto quest’ oro per voi e per vostro padre. Ve

      133

      lo darei tutto e subito, non siale in inquietudine, perché ho altro denaro per continuare il mio viaggio.

      “Vidi allora un fenomeno morale, certamente molto singolare, e ne sono ancora colpito nel raccontarvelo. Il fanciullo era intieramente assorto dall’oro, godeva di vederlo, di toccarlo, di contarlo. Tutto, ad un tratto alle mie parole divien malinconico, si allontana bruscamente dalla tavola e dalla tentazione, e mi dice: Signore, non posso. Insistetti: Eppure vi sarebbe qui con che fare la vostra felicità e quella di vostro padre. Mi rispose ancora una volta: Non posso, in un modo e con una espressione ferma, quantunque molto semplice, che mi sentii vinto. Ciò non ostante per non dimostrarlo aggiunsi con un tuono che affettasse il malcontento, le spregio, l’ironia: Ma forse voi non volete dirmi il vostro segreto perché non ne avete. È uno scherzo. – Egli non mi parve offeso da queste parole, e mi rispose vivamente: Oh! sì, ne ho uno, ma non posso dirlo. Chi ve lo ha vietato? La Vergine Santa.

      “Da quel momento cessai una lotta inutile. Sentii che la dignità del fanciullo era maggiore della mia; posai con amicizia e rispetto una mano sul suo capo; tracciai una croce sulla sua fronte e gli dissi: Addio, mio caro fanciullo, spero che la Santissima Vergine mi scuserà tutte le istanze che vi ho fatte. Siate per tutto il tempo di vostra vita fedele alla grazia che avete ricevuta. Dopo qualche momento ci lasciammo per non più rivederci.

      “A delle interrogazioni, a delle offerte del medesimo genere, la piccola fanciulla mi aveva risposto: Oh! noi abbiamo abbastanza, non è necessario di esser così ricchi.

      “Questo è il terzo segno di verità che ho rimarcato in questi fanciulli. Ora cosa pensare di tutto questo? E verità, errore o impostura?

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      Tutto ciò non può spiegarsi ragionevolmente che con una delle quattro seguenti proposizioni.

      Bisogna, 1° o ammettere la verità soprannaturale della apparizione, del racconto e del segreto de’ fanciulli. Ma è cosa assai grave e di una grande conseguenza. Se vi è nascosta una frode e che si scopra un giorno o dai fanciulli o da altri, la sincerità di tanti cuori religiosi ingannata, non avrà essa a soffrirne?

      «2° O dire che sono stati ingannati, e che sono ancora il zimbello di una allucinazione. Ma chiunque ha fatto il viaggio di La Salette, ed esaminata ogni cosa non esiterà ad affermare che questa supposizione è assolutamente ridicola ed inammissibile.

      3° Oppure che i fanciulli sono gli inventori di questa favola, che l’hanno immaginata da essi soli, e che soli la sostengono verso e contrò tutti pel corso di due anni senza contraddirsi, né smentirsi giammai. Da parte mia mi è assolutamente impossibile l’ammettere questa terza supposizione. La favola mi sembrerebbe qui più sorprendente che la verità.

      4°. Oppure finalmente che vi è stato un inventore, un impostore nascosto dietro ai fanciulli, e che essi si sono prestati a rappresentare la parte che ha preparata per loro nella sua impostora, e che loro insegna ogni giorno a nuovamente rappresentarla.

      Senza andare al fondo delle cose, come lo ha fatto il signor Rousselot, mi limiterò a rispondere che tutto ciò che precede ripugna a questa supposizione. L’inventore mi sembrerebbe tutt’assieme molto incapace nello scegliere per attori e testimoni d’una impostura così straordinaria degli esseri di quella natura, è molto abile nel far loro rappresentare una parte simile per lo spazio di due anni al cospetto di due o trecento mila spetta-

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      tori successivi, osservatori, investigatori, interrogatori di ogni specie, senza che questi due fanciulli si siano mai traditi in nulla, una volta o l’altra; senza che alcuno abbia scoperto queste imposture; senza che una sola indiscrezione l’abbia fatto sospettare; e senza che ne sia apparso alcun indizio sino a questo giorno.

      “Rimane adunque la prima supposizione, cioè a dire la prima verità soprannaturale, che si trova d’altronde molto solidamente confermata.

      “1° Dal carattere sostenuto dai fanciulli;

      2° Dalle risposte assolutamente al di sopra della loro età e della loro portata, che hanno fatte nei diversi interrogatori ai quali sono stati assoggettati;

      “3° Dalla fedeltà straordinaria colla quale hanno conservato il segreto che pretendono essere stato loro confidato.

      “Se io fossi obbligato di pronunciare e di dire sì, ovvero no, sopra questa rivelazione, e che dovessi essere giudicato per questo fatto nella sincerità rigorosa della mia

      coscienza, direi piuttosto si che no. La prudenza umana e cristiana mi farebbe dire piuttosto si che no, e non crederei di avere a temere di essere condannato al giudizio di Dio, come colpevole di imprudenza e di leggerezza.

      “Tutto vostro

      APPENDICE: IL SEGRETO RITROVATO NEL 1999

      Di seguito il contenuto della lettera di Melania al papa.

      «Segreto che mi ha dato la Santa Vergine sulla Montagna di La Salette il 19 settembre 1846

      Segreto

      «Melania, sto per dirti qualcosa che non dirai a nessuno. Il tempo della collera di Dio è arrivato, se, quando avrai detto ai popoli ciò che ho detto adesso e che ti dirò di dire ancora; se, dopo ciò, essi non si convertiranno, non si farà penitenza e non si cesserà di lavorare la domenica e si continuerà a bestemmiare il santo nome di Dio, in una parola, se la faccia della terra non cambia, Dio si vendicherà contro il popolo ingrato e schiavo del demonio. Il mio Figlio sta per manifestare la sua potenza.

      Parigi, questa città macchiata da ogni sorta di crimini, perirà infallibilmente, Marsiglia sarà distrutta in poco tempo. Quando queste cose succederanno, il disordine sarà completo sulla terra; il mondo si abbandonerà alle sue empie passioni.

      Il Papa sarà perseguitato da ogni parte, gli si sparerà addosso, lo si vorrà mettere a morte, ma non gli potranno far nulla. Il Vicario di Dio trionferà ancora una volta.

      I sacerdoti, i religiosi e i vari servi del mio Figlio saranno perseguitati e molti moriranno per la fede in Gesù Cristo. Regnerà in quel tempo una grande fame.

      Dopo che saranno avvenute tutte queste cose, molte persone riconosceranno la mano di Dio su di loro e si convertiranno e faranno penitenza dei loro peccati.

      Un grande re salirà sul trono e regnerà per alcuni anni.

      La religione rifiorirà e si spanderà su tutta la terra e la fertilità sarà grande, il mondo, contento di non mancare di nulla, ricomincerà con i suoi disordini e abbandonerà Dio e si darà alle sue passioni criminali.

      Vi saranno anche dei ministri di Dio e delle spose di Gesù Cristo che si abbandoneranno al disordine e questa sarà una cosa terribile; infine un inferno regnerà sulla terra: sarà allora che nascerà l’Anticristo da una religiosa, ma guai ad essa; molte persone gli crederanno perché si dirà venuto dal cielo, guai a coloro che gli crederanno; il tempo non è molto lontano, non passeranno due volte 50 anni.

      Figlia mia, tu non dirai ciò che ti ho detto, non lo dirai a nessuno, se devi dirlo un giorno, tu non dirai quello che riguarda ciò, in definitiva non dirai più nulla finché non ti dico di dirlo.

      Prego il nostro Santo Padre il Papa di darmi la sua Santa Benedizione.

      Melania Mathieu, pastorella de La Salette. Grenoble, 6 luglio 1851»

      Nel 1879 sotto l’egida e l’approvazione di monsignor Salvatore Luigi Zola, arcivescovo di Lecce, la pastorella di La Salette pubblica il messaggio completo:

      «Melania, ciò che ti dirò adesso, non sarà sempre un segreto: lo potrai pubblicare nel 1858.

      I Sacerdoti, ministri di mio Figlio, i Sacerdoti dico, per la loro cattiva condotta, le loro irriverenze e la loro empietà nel celebrare i santi misteri, per l’amore del denaro, l’amore degli onori e dei piaceri, i Sacerdoti sono diventati cloache d’impurità. Sì, i Sacerdoti chiedono vendetta, e la vendetta è sospesa sulle loro teste. Guai ai preti e alle persone consacrate a Dio che per la loro infedeltà e la loro cattiva condotta, crocifiggono di nuovo mio Figlio! I peccati delle persone consacrate a Dio gridano verso il Cielo, attirano la vendetta, ed ecco che questa batte alla loro porta, perché non vi sono più anime generose, non vi è più alcuno degno di offrire all’Eterno la Vittima senza macchia in favore del mondo.

      Dio colpirà in maniera senza pari.

      Guai agli abitanti della terra! Dio sfogherà la sua collera e nessuno potrà sfuggire a tanti mali messi insieme. I capi, i condottieri del popolo di Dio, hanno trascurato la preghiera e la penitenza e il demonio ha ottenebrato la loro intelligenza; sono diventati quelle stelle erranti che il vecchio diavolo trascinerà con la sua coda per farli perire. Dio permetterà al vecchio serpente di mettere divisione fra i regnanti, in ogni società e in ogni famiglia; soffrirete pene fisiche e morali, Dio abbandonerà gli uomini a se stessi, e manderà dei castighi che si susseguiranno per più di trentacinque anni.

      La società è alla vigilia dei più tremendi flagelli e di grandi avvenimenti; ci si deve aspettare di essere governati con verga di ferro e bere il calice della collera di Dio.

      Il Vicario di mio Figlio, il Sovrano Pontefice Pio IX che non esca da Roma dopo l’anno 1859, ma che sia fermo e generoso, che combatta con le armi della fede e dell’amore; io sarò con lui. Che non si fidi di Napoleone; il cuore di costui è doppio, e quando vorrà essere contemporaneamente Papa e Imperatore, Dio si ritirerà da lui; egli è quell’aquila che volendo innalzarsi sempre di più, cadrà sulla spada di cui voleva servirsi per obbligare i popoli ad innalzarlo.

      L’Italia sarà punita per l’ambizione di voler scuotere il giogo del Signore dei Signori; per questo sarà consegnata alla guerra; il sangue colerà da tutte le parti; le chiese saranno chiuse o profanate; i preti, i religiosi, saranno cacciati via; esse saranno messi a morte, e a una morte crudele. Molti abbandoneranno la fede, e il numero dei preti e religiosi che si separeranno dalla vera religione sarà grande; fra costoro vi saranno anche dei Vescovi.

      E che il Papa si guardi dagli operatori di miracoli, poiché è venuto il tempo in cui avverranno i più strabilianti prodigi in terra e nell’aria.

      Nell’anno 1864 Lucifero e un gran numero di demoni saranno sciolti dall’inferno: aboliranno poco a poco la fede perfino nei consacrati a Dio; li accecheranno in modo tale che solo per una grazia particolare essi non prenderanno lo spirito di questi angeli cattivi; alcune case religiose perderanno interamente la fede e causeranno la dannazione di molte anime.

      I libri cattivi abbonderanno sulla terra, e gli spiriti delle tenebre diffonderanno dappertutto un totale rilassamento per quel che riguarda il servizio di Dio. Essi avranno un grandissimo potere sulla natura; vi saranno delle chiese per servire questi spiriti. La gente sarà trasportata da un luogo all’altro da questi spiriti cattivi, anche i sacerdoti perché essi non hanno vissuto secondo lo spirito del Vangelo che è spirito di umiltà, carità e zelo per la gloria di Dio. I morti e i giusti saranno fatti risorgere (cioè: questi morti assumeranno l’aspetto di anime giuste che erano vissute sulla terra, con lo scopo di sedurre meglio gli uomini, ma non saranno altro che il demonio stesso sotto queste facce, predicheranno un altro Vangelo contrario a quello del vero Gesù Cristo, negando l’esistenza del Cielo. Tutte queste anime appariranno come unite ai loro corpi).

      Vi saranno prodigi straordinari ovunque, poiché la vera fede s’è spenta e una falsa luce illumina il mondo. Guai ai Principi della Chiesa che si saranno occupati ad accumulare ricchezze su ricchezze, a salvaguardare la loro autorità e a dominare con orgoglio!

      Il Vicario di mio Figlio soffrirà molto, poiché per un certo tempo la Chiesa sarà abbandonata a grandi persecuzioni. Sarà il tempo delle tenebre. La Chiesa passerà una spaventosa crisi.

      Essendo dimenticata la santa fede di Dio, ogni individuo vorrà guidarsi da solo, ed essere superiore ai suoi simili. L’autorità civile ed ecclesiastica sarà abolita, ogni ordine ed ogni giustizia sarà messa sotto i piedi, non si vedranno che omicidi, odi, gelosie, menzogne e discordie, senza amore per la patria e per la famiglia.

      Il S. Padre soffrirà molto. Io sarò con lui fino alla fine per ricevere il suo sacrificio.

      I malvagi attenteranno più volte alla sua vita senza però poter nuocere ai suoi giorni; ma lui, il suo successore (che non regnerà molto) vedranno il trionfo della Chiesa di Dio.

      I governanti civili avranno tutti il medesimo scopo, di abolire cioè e far scomparire ogni principio religioso, per dar posto al materialismo, all’ateismo, allo spiritismo, e ad ogni specie di vizio.

      Nell’anno 1865 si vedrà l’abominazione nei luoghi santi; nei conventi, i fiori della Chiesa saranno putrefatti e il demonio sarà il re dei cuori. Quelli che sono a capo delle comunità religiose, stiano attenti a quelli che dovranno ricevere, perché il demonio userà tutta la sua malizia per introdurre negli ordini religiosi delle persone viziose, perché il disordine e l’amore ai piaceri carnali saranno diffusi su tutta la terra.

      La Francia, l’Italia, la Spagna e l’Inghilterra, saranno in guerra, il sangue scorrerà per le strade; il francese si batterà col francese, l’italiano con l’italiano. Infine vi sarà una guerra generale, che sarà spaventosa. Per un certo tempo, Dio non si ricorderà più della Francia, né dell’Italia, perché il Vangelo di Gesù Cristo non sarà più conosciuto. I cattivi useranno tutta la loro malizia; si uccideranno, mi massacreranno a vicenda, perfino nelle case.

      Al primo colpo della sua spada sfolgorante, le montagne e tutta la natura tremeranno dallo spavento, perché i disordini e i delitti degli uomini squarceranno la volta del cielo. Parigi sarà bruciata e Marsiglia inghiottita; diverse grandi città

      saranno scosse e inghiottite dai terremoti, si crederà che tutto è perduto; non si vedranno che omicidi, non si sentirà che rumore di armi e bestemmie. I giusti soffriranno molto; le loro preghiere, le loro penitenze e le loro lacrime saliranno fino al Cielo, e tutto il popolo di Dio domanderà perdono e misericordia, e chiederà il mio aiuto e la mia intercessione. Allora Gesù Cristo, con un atto della sua giustizia e della sua grande misericordia per i giusti, comanderà ai suoi Angeli, che tutti i suoi nemici siano messi a morte. Ad un tratto, i persecutori della Chiesa di Gesù Cristo e tutti gli uomini votati al peccato periranno e la terra diventerà come un deserto.

      Allora vi sarà la pace, la riconciliazione di Dio con gli uomini; Gesù Cristo sarà servito, adorato e glorificato; la carità fiorirà dappertutto. I nuovi Re saranno il braccio della Santa Chiesa, che sarà forte, umile, pia, povera, piena di zelo e imitatrice delle virtù di Gesù Cristo. Il Vangelo sarà predicato dappertutto, e gli uomini faranno grandi progressi nella fede, poiché vi sarà unione fra gli operai di Gesù Cristo e gli uomini vivranno nel timor di Dio.

      Questa pace fra gli uomini non durerà a lungo; venticinque anni di raccolto abbondante saranno sufficienti per far loro dimenticare che i peccati degli uomini sono la causa di tutte le pene che piombano sulla terra.

      Un precursore dell’Anticristo, con le truppe di diverse nazioni, combatterà il vero Cristo, il solo Salvatore del mondo; spargerà molto sangue e vorrà annientare il culto di Dio per farsi considerare come Dio.

      La terra sarà colpita da ogni specie di castighi (oltre la peste, la fame) che saranno generali; le guerre si susseguiranno fino all’ultima che sarà condotta dai dieci re dell’Anticristo, i quali avranno tutti un unico intento e saranno i soli a governare il mondo. Prima che ciò si verifichi, vi sarà una specie di falsa pace nel mondo, si penserà soltanto a divertirsi, i cattivi si abbandoneranno ad ogni specie di peccato; ma i figli della Santa Chiesa, i figli della Fede, i miei veri imitatori, cresceranno nell’amor di Dio e nelle virtù che mi sono più care. Beate le anime umili, condotte dallo Spirito Santo! Io combatterò con loro finché non saranno arrivate alla pienezza della loro età.

      La natura chiede vendetta per gli uomini, e freme di spavento in attesa di ciò che deve accadere alla terra insozzata di delitti!!

      Tremate, terra, e voi che fate professione di servire Gesù Cristo e che al di dentro adorate voi stessi! Tremate; poiché Dio vi consegnerà al suo nemico, perché i luoghi santi sono nella corruzione; molti conventi non sono più case di Dio, ma pascolo di Asmodeo e dei suoi.

      Durante questo tempo nascerà l’Anticristo, da una religiosa ebrea, da una falsa vergine che sarà in comunicazione con il vecchio serpente, il maestro di impurità; suo padre sarà Vescovo; nascendo vomiterà bestemmie, avrà dei denti; in una parola sarà l’incarnazione del diavolo, emetterà grida spaventose, farà prodigi, non si nutrirà che d’impudicizia. Avrà dei fratelli che, sebbene non saranno come lui dei demoni incarnati, saranno figli del male; a 12 anni si faranno notare per le valorose vittorie che riporteranno; in poco tempo ciascuno sarà alla testa di armate, assistiti da legioni infernali.

      Le stagioni cambieranno; la terra produrrà soltanto frutti cattivi; gli astri

      perderanno i loro movimenti regolari, la luna metterà solo una debole luce rossastra; l’acqua ed il fuoco daranno al globo terrestre dei movimenti convulsi ed orribili terremoti che faranno inghiottire montagne, città, ecc.

      Roma perderà la fede e diverrà la sede dell’Anticristo.

      I demoni dell’aria con l’Anticristo faranno grandi prodigi sulla terra e nell’aria, e gli uomini si pervertiranno sempre più. Dio avrà cura dei suoi fedeli servitori e degli uomini di buona volontà; il vangelo sarà predicato ovunque, tutti i popoli e tutte le nazioni avranno conoscenza della verità!’ “Rivolgo un pressante appello alla terra: chiamo i veri discepoli del Dio vivente e regnante nei Cieli; chiamo i veri imitatori del Cristo fatto uomo, il solo vero Salvatore degli uomini, chiamo i miei figli, i miei veri devoti, coloro che si sono dati a me perché li conduca al mio divin Figlio, coloro che io porto per così dire nelle mie braccia, coloro che sono vissuti del mio spirito; chiamo infine gli Apostoli degli Ultimi Tempi, i fedeli discepoli di Gesù Cristo, che sono vissuti nel disprezzo del mondo e di se stessi, nella povertà e nell’umiltà, nel disprezzo e nel silenzio, nella preghiera e nella mortificazione, nella castità e nell’unione con Dio, nella sofferenza e sconosciuti dal mondo. E’ tempo che escano e vengano a rischiarare la terra. Andate, e mostratevi come i miei figli prediletti; io sono con voi, perché la vostra fede sia la luce che vi rischiari in questi giorni di sventura. Che il vostro zelo vi renda come degli affamati della gloria e dell’onore di Gesù Cristo. Combattete, figli della luce, piccolo numero che ci vedete; poiché ecco il tempo dei tempi, la fine delle fini. La Chiesa sarà eclissata, il mondo sarà nella costernazione: Ma ecco Enoch ed Elia ripieni dello Spirito di Dio; essi predicheranno con la forza di Dio, e gli uomini di buona volontà crederanno in Dio e molte anime saranno consolate; faranno grandi progressi in virtù dello Spirito Santo e condanneranno gli errori diabolici dell’Anticristo.

      Guai agli abitanti della terra! Vi saranno guerre sanguinose e carestie, epidemie di peste e di malattie contagiose; vi saranno delle piogge di una spaventosa grandine di animali, dei tuoni che scuoteranno le città, dei terremoti che inghiottiranno i paesi; si sentiranno delle voci nell’aria; gli uomini sbatteranno la testa contro i muri; invocheranno la morte, e d’altro canto, la morte farà il loro supplizio; il sangue scolerà ovunque. Chi potrà vincere, se Dio non accorcia il tempo della prova? Per mezzo del sangue, delle preghiere e delle lacrime dei giusti, Dio si lascerà piegare; Enoch ed Elia saranno uccisi; Roma pagana sparirà; cadrà il fuoco dal cielo e consumerà tre città; l’intero universo sarà colpito dal terrore, e molti si lasceranno sedurre, perché non hanno adorato il vero Cristo vivente in mezzo a loro. E tempo; il sole si oscura; la fede soltanto vivrà.

      Ecco il tempo; l’abisso si apre. Ecco il re delle tenebre. Ecco la bestia coi suoi sudditi, che si dice salvatore del mondo. S’innalzerà con orgoglio nell’aria per andare fino al cielo, sarà però soffocato dal soffio di San Michele Arcangelo. Cadrà, e la terra che, da tre giorni sarà in continue evoluzioni, aprirà il suo seno pieno di fuoco; egli sarà scaraventato per sempre, con tutti i suoi, negli abissi eterni dell’inferno.

      Allora l’acqua ed il fuoco purificheranno la terra, e consumeranno tutte le opere dell’orgoglio degli uomini, e tutto sarà rinnovato: Dio sarà servito e glorificato».

      INDICE

      DEI CAPITOLI PRINCIPALI E DE’ PARAGRAFI PIU’INTERESSANTI DELLA RELAZIONE.

        • Decreto dell’Illustr. e Rever. Mons. Vescovo di Grenoble, che autorizza la stampa del Rapporto.1

        • Introduzione al Rapporto sopra La Salette.3

        • Quali sono i principi di certezza, dietro i quali devesi apprezzare il Fatto di La Salette 4

        • Se debba ammettersi che si operino ancora dei miracoli nella Chiesa cattolica 7

        • Santi e Sante state canonizzati solennemente nel secolo diciottesimo 9

        • Prove della costante assistenza accordata alla Chiesa cattolica 12

        • In qual modo si riconosca, che un fatto straordinario è veramente straordinario e miracoloso 15

        • Quale sia stata l’opinione dei membri della Commissione episcopale sopra la relazione del fatto di La Salette 17

        • La Verità sopra l’Avvenimento di La Salette. – Rapporto de’ Commissari delegati a raccoglierne i documenti 25

        • Descrizione de’ luoghi 27

        • I pastori. Loro qualità fisiche e morali 30

        • Racconto di Melanie su quanto precedette l’apparizione e sui termini coi quali la B. Vergine diresse la parola ai fanciulli 43

        • Ascensione della B. Vergine dopo il dialogo 48

        • Descrizione delle vesti e degli ornamenti che portava la B. Vergine 49

        • Racconto di Maximin che riconferma quello fatto da Melanie 54

        • Segreto dei due pastorelli.60

        • ART. I. Prove ricavate dal fatto in stesso 64

        • » II. Il fatto di La Salette ammesso nei luoghi medesimi ove è accaduto 80

        • » III. Il racconto dei fanciulli, ovvero il fatto di La Salette ammesso da migliaia di persone accorse sul luogo da ogni parte 82

        • » IV. Conseguenze straordinarie del fatto di La Salette che ne sono divenute la prova 87

        • Mandamento di Mons. Vescovo di Grenoble col quale autorizza l’erezione di un nuovo Santuario a Maria sulla montagna di La Salette 89

        • Elenco dei miracoli avvenuti in dodici diocesi della Francia per l’intercessione della B. Vergine di La Salette 101

        • Nota interessante sui miracoli avvenuti posteriormente al Rapporto dei Commissari, dai rispettivi Ordinari, riconosciuti e giudicati veri.112

        • Lettera di Mons. Dupanloup Arcivescovo di Orleans sulle verificazioni ed indagini da esso fatte sul luogo in seguito alla prodigiosa apparizione della Beata Vergine sulla montagna di La Salette 113

        • Carattere invariabile dei fanciulli 114

        • Risposte date dai fanciulli nei diversi interrogatori riconosciute al di sopra della loro età, e della loro portata 121

        • Fermezza e fedeltà de’ fanciulli nel conservare il segreto. Coscienzioso giudizio di Monsignor Dupanloup in allora vicario generale.126