Giuliana di Norwich
Una rivelazione dell’amore
Capitolo 47
(Dobbiamo avere uno stupore riverente, e soffrire con umiltà, e rallegrarci
sempre in Dio. E come la nostra cecità, che ci impedisce di vedere Dio, sia la
causa del nostro peccato)
La nostra anima ha un duplice debito. Uno è che noi dobbiamo meravigliarci
con riverenza, l’altro è che dobbiamo soffrire in umiltà, continuando a
rallegrarci in Dio. Poiché egli i vuole che noi sappiamo che entro breve tempo
vedremo in lui chiaramente tutto quello che desideriamo.
E nonostante tutto ciò, io contemplavo e mi meravigliavo grandemente
chiedendomi che e cosa fossero mai la misericordia e il perdono di Dio. Poiché
secondo l’insegnamento precedentemente ricevuto io pensavo che la misericordia
di Dio fosse il placarsi della sua ira dopo che noi avevamo peccato.
Poiché mi sembrava che per un’anima il cui proposito e desiderio è l’amore,
non vi sia pena più dura dell’ira di Dio. E perciò ritenevo che l’allentarsi della
sua ira fosse uno dei principali aspetti della sua misericordia. Ma per quanto
io potessi riflettere e cercare, non riuscivo a vedere questo aspetto in nessuna
rivelazione. Però di quello che vidi e compresi circa il modo di operare della
misericordia dirò qualcosa, secondo la grazia che Dio mi concederà.
Questo dunque compresi. L’uomo in questa vita è un essere mutevole, e
per la sua ingenuità e ignoranza cade nel peccato. Egli non è forte né saggio
in se stesso, e anche la sua volontà è appesantita nel momento in cui si trova
nella tempesta, nel dolore e nell’afflizione. E la causa è la cecità, perché egli
non vede Dio: perché se egli vedesse Dio continuamente non avrebbe senti-
menti cattivi, né alcun tipo di impulso o di afflizione che conduce al peccato.
Questo io vidi e sentii nel medesimo tempo, emi sembrò che la visione e
il sentimento fossero acuti e ricchi e pieni di grazia rispetto a quello che è il
suo sentire comune in questa vita. E pur tuttavia mi sembrò che fosse un
sentire piccolo e meschino a confronto del grande desiderio che ha l’anima
di vedere Dio, 1 Poiché io sentivo in me cinque specie di sentimenti, e sono
questi: gioia, dolore, desiderio, timore e vera speranza. Gioia, perché Dio
mi dava di conoscere e comprendere che quello che vedevo era lui. Dolore, e
questo a causa della mia debolezza. Desiderio, di poterlo cioè vedere sempre
più, comprendendo e imparando che il nostro riposo non sarà mai pieno fino
a che non lo vedremo chiaramente e realmente in cielo. Il timore era perché
mi sembrò in tutto quel tempo che la visione dovesse svanire lasciandomi
sola con me stessa. La vera speranza era nell’amore infinito nel quale vidi
che sarei stata custodita per la sua misericordia e portata poi alla felicità.
E il rallegrarmi davanti a lui in questa fiduciosa speranza della sua misericordiosa
protezione mi fece nascere una sensazione di conforto, cosi che
il dolore e il timore non erano una grande pena. E però in tutto ciò io contemplai
nella rivelazione di Dio che questo modo di vederlo non può essere
continuo in questa vita, e questo sia per la sua gloria che per l’aumento della
nostra gioia infinita. E perciò spesso ci viene meno la visione di lui, e subito
ricadiamo su noi stessi”, e allora scopriamo di non sentire altro se non ciò
che in noi è contrario a lui, e questo viene dall’antica radice del nostro primo
peccato e tutto ciò che ne consegue per la nostra ostinazione. E in questo noi
siamo travagliati e tentati con una sensazione di peccato e di pena in molte
diverse maniere, nello spirito e nel corpo, come sappiamo bene in questa vita.