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Lettura e uso della Bibbia
LETTURA E USO DELLA BIBBIA
Accostarsi alla Sacra Scrittura secondo la Dei Verbum
PREAMBOLO
Dice S. Girolamo: «L’ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo».
L’evento decisivo per gli studi biblici nel nostro secolo è stata la promulgazione
della Costituzione «Dei Verbum», uno dei documenti più importanti del Concilio
Vaticano Il. E’ datata 18 novembre 1965 e quindi ha ormai i suoi anni. Eppure è
giovane questa costituzione! Ed ha bisogno ancora di essere accolta e recepita.
Essa ha affermato con solennità che la lettura della Bibbia nella vita della Chiesa è
importante; è importante che tutti nella Chiesa leggano la Bibbia, la conoscano, la
studino, la preghino. E’ un fatto decisivo perché da troppo tempo non era stato più
detto. Il Concilio invece raccomanda la lettura della Bibbia; comincia dicendolo ai
sacerdoti, ai religiosi e poi perfino ai laici (!). Perfino i laici è bene che prendano
in mano la Bibbia e la conoscano (DV 25)! Il primo fatto importante da osservare
è la solenne affermazione da parte del Magistero della Chiesa che nella lettura
della Bibbia noi incontriamo Dio che ci parla. La sacra Scrittura permette un
incontro con Dio; è quindi uno strumento, una mediazione importante. L’altro
elemento significativo è il fatto che questa Bibbia non è un libro autonomo,
indipendente, ma è della Chiesa, è nelle mani della Chiesa, e la Chiesa lo affida a
ciascuno di noi come parte della Chiesa. Non è un libro mio, è un libro della
comunità cristiana. Questo è un dato molto importante che ci servirà nei prossimi
passi per poter chiarire alcune cose nell’interpretazione.
La lettura della Bibbia non è impresa lineare; non si può leggere la Bibbia come
un qualsiasi romanzo. La Bibbia ha una realtà propria e per essere accostata
richiede una metodologia corretta; se la metodologia non è corretta il libro resta
muto. In questo corso cercheremo di sottolineare soprattutto la metodologia con
cui si deve accostare un testo, un problema, un tema biblico. La Bibbia, infatti,
non si può leggere dall’inizio alla fine; non è un libro, ma una biblioteca. E
nessuno legge i libri di una biblioteca solo secondo l’ordine della collocazione
negli scaffali; segue piuttosto un criterio conforme alla natura dei libri e
all’interesse della sua ricerca. Così la Bibbia richiede un metodo, richiede cioè un
corretto modo di approccio.
Prima di rispondere alla domanda: «Che cos’è la Bibbia?», dobbiamo affrontare
un’altra questione: «Come è composta la Bibbia?». Credo che il primo passo
necessario sia quello di prendere padronanza con il testo biblico, con una buona
edizione della Bibbia; averla poi tra le mani, sapere come è composta, conoscere i
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titoli dei libri, sapere più o meno dove si trovano e che cosa contengono. Il
miglior sussidio per studiare la Bibbia è la Bibbia. Per partire non è il caso di
andare a leggere grandi trattati. Prima leggiamo la Bibbia. Una buona edizione
con un buon commento e un po’ di introduzione è la lettura migliore.
La parola «BIBBIA» deriva dal greco: è un nome plurale che significa «LIBRI».
Si tratta, dunque, di una raccolta di molti testi diversi, una ricca antologia
letteraria. La Bibbia cristiana si divide in due parti: l’Antico Testamento e il
Nuovo Testamento.
L’ANTICO TESTAMENTO è composto da 46 libri, così suddivisi:
– PENTATEUCO (5 libri): Genesi; Esodo; Levitico; Numeri;
Deuteronomio;
– LIBRI STORICI E NARRATIVI (16 libri): Giosuè; Giudici; Rut; 1 e 2
Samuele; 1 e 2 Re; 1 e 2 Cronache; Esdra; Neemia; Tobia; Giuditta; Ester;
1 Maccabei; 2 Maccabei;
– LIBRI POETICI E SAPIENZIALI (7 libri): Giobbe; Salmi; Proverbi;
Qohelet (o Ecclesiaste); Cantico dei Cantici; Sapienza; Siracide (o
Ecclesiastico);
– LIBRI PROFETICI (18 libri): Isaia; Geremia; Lamentazioni; Baruc;
Ezechiele; Daniele; Osea; Gioele; Amos; Abdia; Giona; Michea; Naum;
Abacuc; Sofonia; Aggeo; Zaccaria; Malachia.
Il NUOVO TESTAMENTO è composto da 27 libri, così suddivisi:
– VANGELI (4 libri): Matteo; Marco; Luca; Giovanni;
– ATTI DEGLI APOSTOLI (1 libro);
– LETTERE DI SAN PAOLO (14 libri):Lettera ai Romani; 1 e 2 Lettera ai
Corinzi; Lettera ai Galati; Lettera agli Efesini; Lettera ai Filippesi; Lettera
ai Colossesi; 1 e 2 Lettera ai Tessalonicesi; 1 e 2 Lettera a Tirnoteo;
Lettera a Tito; Lettera a Filemone Lettera agli Ebrei (*);
– LETTERE COSIDDETTE CATTOLICHE (7 libri): 1 e 2 e 3 Lettera di
Giovanni; 1 e 2 Lettera di Pietro; Lettera di Giacomo; Lettera di Giuda;
– APOCALISSE DI GIOVANNI (1 libro).
Tutti questi libri sono stati composti nel corso di un migliaio di anni e sono stati
raccolti in unità definitiva nei primi secoli dell’era cristiana. Questo insieme di
libri si chiama CANONE: l’elenco riportato sopra costituisce il canone biblico
della Chiesa Cattolica, solennemente definito dal Concilio di Trento.
Ma quando noi abbiamo compreso come è fatta, quando sappiamo i titoli dei libri,
non sappiamo ancora che cos’è la Bibbia. Soprattutto dobbiamo cogliere l’idea
fondamentale sulla identità della Bibbia. La Bibbia è infatti una realtà tutta di
Dio e tutta dell’uomo. Fa parte del mistero cristiano questa apparente
contraddizione. E’ molto più facile dire che ci sono tre dei oppure che ce n’è uno
solo, ma andare a parlare di Trinità, tre persone una sostanza… E’ più facile dire
che Gesù Cristo è un Dio che sembrava un uomo oppure che era un uomo poi
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assunto alla gloria di Dio, ma andare a dire che è contemporaneamente Dio e
uomo fa problema. La Bibbia partecipa di questa realtà doppia eppure unitaria!
Nella Bibbia noi incontriamo la mirabile condiscendenza di Dio, di un Dio cioè
che è sceso a livello dell’uomo. Il mistero dell’incarnazione è iniziato nella
Rivelazione. La parola eterna che ha creato il mondo si è fatta carne in Gesù
Cristo. Prima si era fatta parola, parola umana, parola rozza, primitiva, di pastori
nomadi, parola sussurrata e appena abbozzata; è una umiltà meravigliosa di Dio
l’esser sceso a livello delle deboli menti umane e del primitivo linguaggio di
uomini semplici e poco colti. La Bibbia come registro della Rivelazione è un seme
nella storia, è la presenza di Dio nella storia in forma seminale, in potenza. Dio
partecipa alla dinamica storica dell’umanità, si mette in cammino con l’uomo ed
accetta di fare piccoli passi, ma sempre diretti ad una meta ben precisa. Facciamo
un paragone con l’Islam: mentre il Corano dice di essere caduto dal cielo, la
Bibbia no, e noi cristiani riteniamo che essa sia opera degli uomini tanto quanto è
opera di Dio. Ma c’è un altro particolare importante che ci fa comprendere la
differenza fra le due impostazioni religiose: l’Islam ritiene una bestemmia
attribuire a Dio qualcosa di umano; la partecipazione di Dio a ciò che è umano
sarebbe blasfemo. Per un musulmano l’incarnazione è una bestemmia madornale;
ritengono Gesù Cristo un grande profeta e ne parlano e dicono anche che è citato e
stimato nel Corano. E’ vero, ma è ritenuto uomo, semplicemente un uomo profeta;
Dio invece è completamente diverso, è il totalmente altro.
Tenendo dunque conto di questo dato fondamentale, bisogna escludere con forza
due modi di lettura che sono sbagliati e dannosi. Il primo è quello della lettura
fondamentalista, che si attiene alla sola lettera; «C’è scritto così», dicono, «quindi
deve essere per forza così». La Bibbia diventa in questo modo un repertorio di
frasi per sostenere delle opinioni, e ogni versetto ha un suo valore sulla tua vita di
oggi. E’ una lettura terribile. L’altro aspetto è quello della lettura spiritualista.
Non si tratta del contrasto fra lettera e spirito, per cui se la lettera uccide lo spirito
dà vita. Con lettura spiritualista intendiamo qualcosa di diverso: una lettura dove
prevale solo il lettore. La Bibbia interessa solo per quello che dice a me. La
Bibbia diventa semplicemente uno strumento, un’occasione come qualsiasi altra
per poter ripetere noi stessi. Sembra una lettura dello spirito; ma non è lo Spirito
di Dio, è il mio spirito. In questo modo la Bibbia non edifica, non costruisce, non
comunica, perché io così non studio la Bibbia. Qualunque frase che io trovo la
interpreto secondo la mia testa, quindi la Bibbia non mi ha detto niente, è sempre
e solo la mia testa che fa esercizio di retorica.
La lettura corretta viene invece definita tecnicamente con il termine esegesi. E’
termine greco e vuol dire «azione del condurre fuori, tirar fuori». Il
fondamentalista non tira fuori niente, prende tutto. Lo spiritualista non tifa fuori
niente, mette dentro qualcosa di suo. L’esegesi invece tira fuori, conduce fuori il
senso del testo e coglie il messaggio divino che esso contiene. Ma attenzione: per
poter condurre fuori qualcosa, prima bisogna entrare dentro. Prima dunque
dobbiamo entrare dentro la Bibbia! Non è possibile svuotare la nostra mente, fare
una tabula rasa, far finta di non avere idee, in modo da leggere la Bibbia senza
preconcetti; però, almeno teoricamente, noi dobbiamo entrare dentro la Bibbia,
dimenticando un po’ noi stessi. Per poter leggere seriamente la Bibbia abbiamo
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bisogno sostanzialmente di due cose: umiltà e impegno. L’umiltà è quella di
riconoscere che abbiamo davanti un testo diverso dalla nostra testa.
Ma un’altra osservazione molto importante si impone a questo punto. Ogni modo
di esprimersi ha la sua «verità». Non possiamo, infatti, parlare di una verità
astratta; ma quando una persona comunica qualcosa, secondo il genere letterario
che usa, comunica «una» verità. Ma non vuoi dire che tutto debba essere preso
alla lettera, così come suona. Bisogna invece riconoscere il genere letterario del
testo, per capire che cosa vuole comunicare chi parla. Mi viene in mente un
sonetto di Petrarca che inizia così: «Passa la nave mia colma d’oblio / per aspro
mare, a mezza notte, il verno …» (Rime, CLXXXIX). Da questo testo noi
possiamo dedurre che Petrarca aveva una nave, la faceva viaggiare a mezzanotte,
d’inverno, e commerciava in oblio… E’ scritto proprio così e c’è poco da ridere!
Petrarca è una persona seria e se ha scritto questo vuol dire che è vero. Ma no, dite
voi, si tratta di un modo allegorico di parlare! . . .ecco che l’uso dei generi letterari
ci chiarisce il senso della poesia e ci impedisce di fare proprio una brutta figura
interpretativa. Se leggessimo la letteratura italiana coi metodi usati da alcuni per
leggere la Bibbia, finiremmo per dire un’enorme quantità di sciocchezze; cosa
che, invece, a proposito del testo sacro viene fatta e non ci si accorge di dire
sciocchezze. Applicando questi metodi letterari al testo biblico non si ha alcuna
intenzione di distruggere il testo e il suo messaggio, ma solo quello di
comprenderlo meglio. Se qualcuno, infatti, volesse difendere come dato di fede
che Petrarca aveva davvero una nave e vendeva oblio e si irritasse con chi
interpreta allegoricamente quel sonetto, perché «cambia tutta la religione», non
dimostrerebbe certo molto acume.
Il problema, dunque, non è quello di «una religione che cambia» perché qualcuno
distrugge i testi, bensì di una chiarificazione serena che vuole rispettare i testi e
capirne il senso. Scrivendo quel testo Petrarca voleva comunicare una verità. Ma
qualcuno può obiettare: «Se non aveva una nave e non vendeva oblio, diceva delle
bugie». Invece, non intendeva certo dire il falso; voleva comunicare «qualcosa»
con quel tipo di linguaggio e il lettore deve avere l’umiltà di impegnarsi per capire
quel linguaggio; non può con la propria sola testa interpretare quella poesia e
senza capire l’intenzione dell’autore pretendere di dire qual è la verità che il testo
comunica. E’ questo il lavoro dell’interpretazione. E per ciò è indispensabile
capire qual è il genere letterario di un testo, in modo da poterne poi cogliere il
significato, cioè la verità che vuole essere comunicata. Si tratta il senso primo del
testo, vale a dire l’intenzione dell’autore, ed in seguito il senso pieno (o
spirituale), vale a dire il significato che la Parola di Dio trasmette vista nel suo
insieme, alla luce della tradizione della Chiesa e anche delle interpretazioni
autorevoli dei Padri.
4Lettura e uso della Bibbia
Procedendo sinteticamente e con ordine, ripercorriamo i punti fondamentali del
testo conciliare della Dei Verbum.
1. DIO PARLA AGLI UOMINI COME AD AMICI
A Dio è piaciuto nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso e far conoscere il
mistero della stia volontà. Con questa rivelazione Dio invisibile, nel suo immenso
amore, parla agli uomini come ad amici e si intrattiene con essi per invitarli e
ammetterli alla comunione con sé. Questa economia della rivelazione avviene con
eventi e parole intimamente connessi tra loro, in modo che le opere, compiute da
Dio nella storia della salvezza, manifestano e rafforzano la dottrina e le realtà
significate dalle parole, e le parole dichiarano le opere e chiariscono il mistero in
esse contenuto. Con la divina rivelazione Dio volle manifestare e comunicare se
stesso e i decreti eterni della stia volontà riguardo alla salvezza degli uomini, « per
renderli cioè partecipi dei beni divini, che trascendono assolutamente la
comprensione della mente umana».
2. LA SCRITTURA E’ UNITA ALLA TRADIZIONE
Dio, con la stessa somma benignità, dispose che quanto egli aveva rivelato per la
salvezza di tutte le genti, rimanesse sempre integro e venisse trasmesso a tutte le
generazioni. Perciò Cristo Signore, nel quale trova compimento tutta la
rivelazione del sommo Dio ordinò agli apostoli di predicare a tutti, comunicando
loro i doni divini, come la fonte di ogni verità salutare e di ogni regola morale, il
vangelo che, prima promesso per mezzo dei profeti, egli ha adempiuto e
promulgato di sua bocca. Ciò venne fedelmente eseguito, tanto dagli apostoli, i
quali nella predicazione orale, con gli esempi e le istituzioni trasmisero sia ciò che
avevano ricevuto dalla bocca, dal vivere insieme e dalle opere di Cristo, sia ciò
che avevano imparato per suggerimento dello Spirito santo, quanto da quegli
apostoli e uomini della loro cerchia, i quali, sotto l’ispirazione dello Spirito santo,
misero in iscritto l’annunzio della salvezza. Gli apostoli poi, affinché, il vangelo si
conservasse sempre integro e vivo nella Chiesa, lasciarono come successori i
vescovi, ad essi «affidando il loro proprio posto di Magistero». Questa sacra
Tradizione dunque e la Sacra Scrittura dell’uno e dell’altro testamento sono come
uno specchio nel quale la Chiesa pellegrina in terra contempla Dio, dal quale tutto
riceve, finché, giunga a vederlo faccia a faccia com’è.
5Lettura e uso della Bibbia
3. LA SCRITTURA E’ ISPIRATA DA DIO
Le cose divinamente rivelate, che nei libri della Sacra Scrittura sono contenute e
presentate, furono consegnate sotto l’ispirazione dello Spirito salito. La salita
madre Chiesa, per fede apostolica, ritiene sacri e canonici tutti interi i libri sia
dell’Antico che del Nuovo Testamento, con tutte le loro parti, perché, scritti sotto
ispirazione dello Spirito santo (cfr. Gv. 20, 31; 2 Tim. 3, 16; 2 Pt. 1, 19-21; 3, 15-
16), hanno Dio per autore e come tali sono stati consegnati alla Chiesa. Per la
composizione dei libri sacri, Dio scelse degli uomini di cui si servì nel possesso
delle loro facoltà e capacità, affinché, agendo egli in essi e per loro mezzo,
scrivessero come veri autori tutte e soltanto quelle cose che egli voleva. Poiché,
dunque tutto ciò, che gli autori ispirati o agiografi asseriscono, è da ritenersi
asserito dallo Spirito santo, si deve dichiarare, per conseguenza, che i libri della
Scrittura insegnano fermamente, fedelmente e senza errore la verità che Dio per la
nostra salvezza volle fosse consegnata nelle Sacre Scritture. Pertanto «ogni
Scrittura divinamente ispirata è anche utile per insegnare, per convincere, per
correggere, per educare alla giustizia, affinché, l’uomo di Dio sia perfetto,
addestrato a ogni opera buona» (2 Tini. 3, 10—17).
4. LA SCRITTURA DEVE ESSERE INTERPRETATA
Poiché Dio nella Sacra Scrittura ha parlato per mezzo di uomini alla maniera
umana, l’interprete della Sacra Scrittura, per vedere bene ciò che egli ha voluto
comunicarci, deve ricercare con attenzione, che cosa gli agiografi in realtà hanno
inteso significare e che cosa a Dio è piaciuto manifestare con le loro parole. Per
ricavare l’intenzione degli agiografi, si deve tener conto tra l’altro anche dei
generi letterari. La verità infatti viene diversamente proposta ed espressa nei testi
in varia maniera storici, o profetici, o poetici, o con altri generi di espressione. E’
necessario dunque che l’interprete ricerchi il senso che l’agiografo intese
esprimere ed espresse in determinate circostanze, secondo la condizione del suo
tempo e della sua cultura, per mezzo dei generi letterari allora in uso. Infatti per
comprendere esattamente ciò che l’autore sacro ha voluto asserire nello scrivere,
si deve far debita attenzione sia agli abituali e originari modi di intendere, di
esprimersi e di raccontare vigenti ai tempi dell’agiografo, sia a quelli che allora
erano in uso qua e là nei rapporti umani. Però, dovendo la Sacra Scrittura essere
letta e interpretata con l’aiuto dello stesso Spirito mediante il quale è stata scritta,
per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con non minore
diligenza al contenuto e alla unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della
viva Tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede. E’ compito degli
esegeti contribuire, secondo queste regole, alla più profonda intelligenza ed
esposizione del senso della Sacra Scrittura, affinché, con studi in qualche modo
preparatori, si maturi il giudizio della Chiesa. Tutto questo, infatti, che concerne il
modo di interpretare la Scrittura, è sottoposto in ultima istanza al giudizio della
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Chiesa, la quale adempie il divino mandato e ministero di conservare e
interpretare la parola di Dio.
5. L’ANTICO TESTAMENTO E’ PAROLA DI DIO
Nel suo grande amore Dio, progettando e preparando con sollecitudine la salvezza
di tutto il genere umano, si scelse con singolare disegno un popolo, al quale
confidare le promesse. Infatti, una volta conclusa l’alleanza con Abramo e col
popolo d’Israele per mezzo di Mosè, egli si rivelò con parole ed azioni al popolo,
che s’era acquistato, come l’unico Dio vero e vivo, così che Israele sperimentasse
quali fossero le vie divine con gli uomini e, parlando Dio per bocca dei profeti, le
comprendesse con sempre maggiore profondità e chiarezza e le facesse conoscere
con maggiore ampiezza fra le genti. L’economia della salvezza preannunziata,
narrata e spiegata dai sacri autori, si trova come vera parola di Dio nei libri
dell’Antico Testamento; perciò questi libri divinamente ispirati conservano valore
perenne: « Quanto infatti fu scritto, per nostro ammaestramento fu scritto,
affinché mediante quella pazienza e quel conforto che vengono dalle Scritture
possiamo ottenere la speranza» (Rom 15, 4). L’economia dell’Antico Testamento
era soprattutto ordinata a preparare, ad annunciare profeticamente e a significare
con vari tipi l’avvento di Cristo redentore dell’universo e del regno messianico. I
libri poi dell’Antico Testamento, secondo la condizione del genere umano prima
dei tempi della salvezza instaurata da Cristo, manifestano a tutti la conoscenza di
Dio e dell’uomo e il modo con cui Dio giusto e misericordioso si comporta con gli
uomini. I quali libri, sebbene contengano anche cose imperfette e temporanee,
dimostrano tuttavia una vera pedagogia divina. Quindi i fedeli devono ricevere
con devozione questi libri, che esprimono un vivo senso di Dio, una sapienza
salutare per la vita dell’uomo e mirabili tesori di preghiere, nei quali infine è
nascosto il mistero della nostra salvezza.
6. I DUE TESTAMENTI SONO STRETTAMENTE UNITI
Dio, dunque, ispiratore e autore dei libri dell’uno e dell’altro testamento, ha
sapientemente disposto che il nuovo fosse nascosto nell’antico e l’antico
diventasse chiaro nel nuovo. Poiché, anche se Cristo ha fondato la nuova alleanza
nel sangue suo, tuttavia i libri dell’Antico Testamento, integrai mente assunti nel
la predicazione evangelica, acquistano e manifestano il loro completo significato
nel Nuovo Testamento (cfr. Mt 5, 17; Lc 24, 27; Rom 16, 25-26; 2 Cor 3, 14-16),
e a loro volta lo illuminano e lo spiegano.
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7. IL CONCILIO RACCOMANDA DI LEGGERE LA BIBBIA
E’ necessario che tutti i chierici, in primo luogo i sacerdoti di Cristo, siano
attaccati alle Scritture, mediante la sacra lettura assidua e lo studio accurato,
affinché qualcuno di loro non diventi «vano predicatore della parola di Dio
all’esterno, lui che non l’ascolta di dentro», mentre deve partecipare ai fedeli a lui
affidati le sovrabbondanti ricchezze della parola divina, specialmente nella sacra
liturgia. Parimenti, il santo concilio esorta con forza e insistenza tutti i fedeli,
soprattutto i religiosi, ad apprendere «la sublime scienza di Gesù Cristo» con la
frequente lettura delle divine Scritture. «L’ignoranza delle Scritture, infatti, è
ignoranza di Cristo». Si accostino dunque volentieri al sacro testo, sia per mezzo
della sacra liturgia ricca di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo
delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi, che con l’approvazione e a
cura dei pastori della Chiesa lodevolmente oggi si diffondono ovunque. Si
ricordino però che la lettura della Sacra Scrittura deve essere accompagnata dalla
preghiera, affinché, possa svolgersi il colloquio tra Dio e l’uomo; poiché «gli
parliamo quando preghiamo e lo ascoltiamo quando leggiamo gli oracoli divini».
In tal modo, dunque, con la lettura e lo studio dei libri sacri «la parola di Dio
compia la sua corsa e sia glorificata» e il tesoro della rivelazione, affidato alla
Chiesa riempia sempre più il cuore degli uomini. Come dall’assidua frequenza del
mistero eucaristico si accresce la vita della Chiesa, così è lecito sperare nuovo
impulso di vita spirituale dall’accresciuta venerazione della parola di Dio, che
«permane in eterno».
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