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Ven. Lug 4th, 2025

TOMMASO D’AQUINO

 

LA SOMMA TEOLOGICA

 

 

 

I PARTE

 

11 – L‘unità di Dio

12 – La nostra conoscenza di Dio

13 – I nomi di Dio

14 – La scienza di Dio

15 – Le idee

16 – La verità

 

 

 

Argomento 11 – L’unità di Dio

 

  • Se l‘uno aggiunga qualcosa all‘ente. L‘uno non aggiunge nulla all‘ente. L‘uno non aggiunge all‘ente alcuna realtà, ma solo la negazione della divisione: infatti uno non significa altro che ente indiviso.

 

  • Se ci sia opposizione tra l‘uno e i molti. L‘uno si oppone ai molti, ma in maniere diverse. L‘uno infatti che è principio del numero si oppone alla pluralità numerica come la misura al misurato: infatti l‘uno include il concetto di prima misura, e il numero è la moltitudine misurata dall‘uno.

 

 

  • Se Dio sia uno. Che Dio sia uno viene dimostrato in tre modi. Primo, in base alla sua semplicità. Secondo, in base all‘infinità della sua perfezione. Terzo, in base all‘unità del mondo.

 

  • Se Dio sia sommamente uno. Siccome l‘uno è l‘ente indiviso, perché una cosa sia massimamente una bisogna che sia e massimamente ente e massimamente indivisa. Ora, l‘una e l‘altra condizione si verificano in Dio.

 

Argomento 12 – La nostra conoscenza di Dio

 

  • Se qualche intelletto creato possa vedere l‘essenza di Dio.

Ogni infinito, in quanto tale, è sconosciuto. Dio è infinito. S. Giovanni però dice: [1GV 3,2] “Lo vedremo come Egli è.”

Non può quindi essere vano il desiderio naturale della creatura, di giungere alla causa suprema.

 

 

  • Se l‘essenza di Dio sia vista dall‘intelletto mediante una specie creata. S. Paolo dice. [1Cor 13,12] “Ora vediamo come in uno specchio e in enigma.”  Vedere Dio per essenza non è una visione enigmatica o speculare, ripetendo il senso di [1GV 3,2]. Per vedere l’essenza di Dio si richiede una certa somiglianza, cioè la luce della gloria. Però l’essenza di Dio non può essere vista mediante un’immagine creata. L’essenza divina è lo stesso essere, si unisce all’intelletto creato come oggetto attualmente disponibile.

 

  • Se l‘essenza di Dio possa essere vista dagli occhi corporei. E’ impossibile che si possa percepire Dio con il senso della vista o con qualche altro senso o potenza della parte sensitiva. Dio è incorporeo e può essere visto solo dall’intelletto.

 

 

  • Se una sostanza intellettuale creata sia capace con le sue forze naturali di vedere l‘essenza di Dio. L’intelletto creato non può vedere Dio per essenza se non in quanto, Dio si unisce ad esso con la sua grazia, quale oggetto di conoscenza. L’intelletto creato può venire elevato dalla grazia, sino alla conoscenza di Dio.

 

  • Se l‘intelletto creato necessiti, per vedere l‘essenza di Dio, di un lume creato. Salmi [35,10]: “Nella tua luce vediamo la luce.” Bisogna che all’intelletto creato si aggiunga una qualche disposizione soprannaturale perché possa elevarsi a tanta sublimità. [Ap 21,23] “La gloria di Dio la illumina. La società dei beatiu, contemplatori di Dio. Questa luce è il perfezionamento dell’intelletto per tale visione.

 

 

  • Se tra coloro che vedono l‘essenza di Dio uno veda più perfettamente di un altro. L’intelletto che partecipa maggiormente di questo lume di gloria, vedrà più perfettamente Dio. Parteciperà poi più largamente di questo lume di gloria, colui che ha un grado superiore di carità. “Vedremo che egli è così come è.”

 

  • Se qualche intelletto creato possa comprendere l‘essenza di Dio. E’ impossibile che un’intelligenza creata conosca Dio infinitamente . Quindi è impossibile che conosca Dio. Dio è incomprensibile, nel senso che è impossibile vederlo nella sua infinitezza. E’ infinitamente conoscibile.

 

 

  • Se l‘intelletto creato vedendo l‘essenza di Dio conosca in essa tutte le cose. Gli angeli vedono Dio ma conoscono tutte le cose.  Nessuna mente creata, vedendo Dio, può conoscere ciò che Dio fa o può fare. Tuttavia, delle cose che Dio fa o può fare, ne vede quanto più la sua intelligenza è perfetta.

 

  • Se ciò che ivi conosce lo conosca mediante delle immagini. Coloro che vedono Dio per essenza, vedono ciò che contemplano nell’essenza di Dio, non mediante alcuna specie, ma mediante la stessa essenza divina, unita al loro intelletto.

 

 

  • Se le cose che vede in Dio le conosca tutte insieme. Le cose che sono viste nel Verbo, sono viste non successivamente ma simultaneamente. Solo gli uomini, con una sola specie e gli angeli, con le diverse specie loro infuse, sono mossi da Dio nel tempo, cioè nei pensieri e negli affetti. Gli angeli, vedendo le cose in Dio, le vedono però tutte con un solo sguardo.

 

  • Se qualche uomo nello stato di viatore possa vedere l‘essenza di Dio. Un puro uomo non può vedere Dio per essenza se non viene tolto da questa vita mortale. Dio si trova come oggetto intelligibile nell’anima dei beati, non nella nostra, dove si trova solo per essenza, per presenza e per potenza.

 

 

  • Se in questa vita con la ragione naturale possiamo conoscere Dio. Mediante la conoscenza delle realtà sensibili non si può avere la piena conoscenza della potenza di Dio e perciò, neppure quella della sua essenza. Quindi noi conosciamo di Dio, la sua relazione con le creature, di cui è, di tutte, la causa. Egli tutto supera e non è nulla di quanto egli causa.

 

  • Se al disopra della conoscenza della ragione naturale si dia nella vita presente una conoscenza di Dio mediante la grazia. Mediante la grazia noi possediamo una conoscenza di Dio più perfetta che mediante la ragione naturale. L’intelletto determinato dalla fede ad aderire ad un oggetto conoscibile, lo fa in virtù della visione di colui al quale si crede. Per mezzo della rivelazione divina, attribuiamo all’essenza divina, perfezioni quali quella del Dio, Uno e Trino, non raggiungibili dalla ragione naturale.

 

Argomento 13 – I nomi di Dio

 

  • Se possiamo dare dei nomi a Dio. Dio può essere da noi nominato per nomi desunti dalle creature però, non in maniera tale che il nome usato, esprima l’essenza di Dio quale egli è.

 

  • Se alcuni nomi detti di Dio designino la sua sostanza. Tali nomi, quali per esempio “Dio è buono”, significano la sostanza divina e vengono attribuiti all’essenza di Dio, ma lo rappresentano in modo insufficiente.

 

 

  • Se alcuni nomi si dicano di Dio in senso proprio, o se invece tutti gli vengano attribuiti in senso metaforico. Tali nomi convengono a Dio in senso proprio, più che alle creature. Sul loro modo di significare invece, non si dicono di Dio in senso proprio, avendo un modo di significare che conviene più alle creature.

 

  • Se i vari nomi che si dicono di Dio siano sinonimi. I nomi attribuiti a Dio, sebbene significano realmente una cosa sola, tuttavia, siccome la significano attraverso concetti molteplici e diversi, non sono sinonimi. Dipende dalla perfetta unità di Dio, che si trovi in Dio in maniera semplice e unitaria, ciò che è molteplice e diviso nelle cose.

 

  • Se alcuni nomi vengano attribuiti a Dio e alle creature univocamente o equivocamente. E’ impossibile che si predichi qualcosa di Dio e delle creature in senso univoco. Quando il termine sapiente lo attribuiamo all’uomo, indichiamo una perfezione distinta dall’essenza dell’uomo, dalla sua potenza, dalla sua esistenza e via dicendo. Quando invece attribuiamo questo nome a Dio, non intendiamo indicare nulla di distinto dalla sua essenza, dalla sua potenza e dal suo essere. Bisogna però dire che ciò vale nemmeno in senso del tutto equivoco, altrimenti nulla si potrebbe conoscere o dimostrare intorno a Dio partendo dalle creature. Concludendo, tali termini vengono affermati di Dio e delle creature in modo analogico, proporzionale: il rapporto che le creature hanno col loro principio, Dio.

 

  • Se tali nomi, supposto che si dicano analogicamente, siano attribuiti primariamente a Dio o alle creature. Tutti i nomi che si dicono di Dio metaforicamente, si dicono delle creature prima di Dio, poiché applicati  a Dio, non significano che delle somiglianze con tali creature. Esempio: Dio si comporta come un leone nelle sue opere.

 

  • Se alcuni nomi siano detti di Dio dall‘inizio del tempo. Certi nomi che comportano relazione alla creatura, sono detti di Dio a cominciare dal tempo e non dall’eternità. La relazione è reale a partire dalla creatura e di ragione dalla parte di Dio. Le relazioni sono secondo il tempo, in quanto secondo la creatura e il suo modo di concepire. Si dice che agiscono in senso eterno, in quanto sono direttamente da Dio verso la creatura.

 

  • Se il nome Dio sia un nome indicante la natura o l‘operazione. Dio non ci è noto nella sua natura ma si conosce attraverso le sue operazioni o effetti, quindi questo nome “Dio”, designa una certa operazione, la provvidenza su tutte le cose. Ora, il nome Dio, derivato da tale operazione, è stato destinato ad esprimere la natura divina.

 

  • Se il nome Dio sia un nome comunicabile. Il nome di Dio è incomunicabile realmente ma è comunicabile secondo una falsa opinione umana. Il nome di Dio può essere tuttavia comunicabile, almeno in parte, per una certa somiglianza: Salmo [81,6] Io ho detto: “Voi siete dèi”. Il termine Dio è stato imposto a partire da un’operazione esclusiva di Dio, che sperimentiamo per significare la natura divina.

 

 

  • Se venga preso univocamente o equivocamente secondo che significa Dio per natura o per partecipazione o secondo l‘opinione. Il termine Dio nei tre casi indicati, non è preso in senso univoco, né in senso equivoco ma in senso analogico. ono diverse le attribuzioni della parola “dio” e non così per i loro significati. I pagani, per esempio, chiamano “dio” una pietra.

 

  • Se il nome Colui che è sia per eccellenza il nome proprio di Dio. L’espressione “Colui che è”, è il nome più proprio di Dio per tre motivi:
  • Per il suo significato: esprime lo stesso “essere”. Ogni cosa viene denominata dalla propria essenza.
  • Per la sua universalità: con ogni altro nome si determina in qualche modo ciò che col nome “Colui che è”, conserva la sua indeterminatezza, l’oceano infinito di sostanza.
  • Per la modalità, inclusa nel suo significato: indica infatti l’essere al presente, poiché l’essere di Dio non conosce passato o futuro.

 

  • Se su Dio si possano formulare delle proposizioni affermative. Si possono con verità formulare, intorno a Dio, delle proposizioni affermative: Dio è Uno e Trino, Dio è Onnipotente. Dio è assolutamente uno e semplice ma il nostro intelletto lo conosce attraverso diversi concetti. Questa pluralità di concetti la rappresentiamo mediante la pluralità del predicato e del soggetto che, attraverso il loro congiungimento rappresentano invece l’unità.

 

 

 

Argomento 11 – L’unità di Dio

 

  • Se l‘uno aggiunga qualcosa all‘ente. L‘uno non aggiunge nulla all‘ente. L‘uno non aggiunge all‘ente alcuna realtà, ma solo la negazione della divisione: infatti uno non significa altro che ente indiviso.

 

  • Se ci sia opposizione tra l‘uno e i molti. L‘uno si oppone ai molti, ma in maniere diverse. L‘uno infatti che è principio del numero si oppone alla pluralità numerica come la misura al misurato: infatti l‘uno include il concetto di prima misura, e il numero è la moltitudine misurata dall‘uno.

 

 

  • Se Dio sia uno. Che Dio sia uno viene dimostrato in tre modi. Primo, in base alla sua semplicità. Secondo, in base all‘infinità della sua perfezione. Terzo, in base all‘unità del mondo.

 

  • Se Dio sia sommamente uno. Siccome l‘uno è l‘ente indiviso, perché una cosa sia massimamente una bisogna che sia e massimamente ente e massimamente indivisa. Ora, l‘una e l‘altra condizione si verificano in Dio.

 

Argomento 14 – La scienza di Dio

 

  • Se in Dio vi sia scienza. Essendo Dio nel sommo grado di immaterialità, ne viene che Egli è all’apice del conoscere. La scienza in Dio è sostanza ed atto puro: bisogna togliere tutto ciò che risente delle imperfezioni della creatura.

 

  • Se Dio conosca se stesso. Dio conosce se stesso per mezzo di se stesso. L’intelletto divino, che non è in potenza, non viene perfezionato da un oggetto intelligibile ma è la propria perfezione ed il proprio intelligibile. Dio è atto puro tanto nell’ordine dell’esistenza quanto in quello della conoscenza, perciò intende se stesso per mezzo di se stesso.

 

  • Se Dio comprenda se stesso. Dio conosce se stesso tanto quanto è conoscibile. E così comprende perfettamente se stesso. Una cosa è conosciuta in quanto è in atto, non in potenza. Dio è in atto e separato da ogni materia e da ogni potenzialità. Si dice che Dio comprende se stesso perché nulla di se stesso gli è nascosto e on come noi intendiamo la parola “comprendere” che significa avere e includere una cosa, come qualcosa di finito e distinto.

 

  • Se il conoscere stesso di Dio sia la sua sostanza. Siccome la sua essenza è anche la sua specie intelligibile, se ne deduce che il conoscere di Dio è anche la sua essenza ed il suo essere.

 

  • Se Dio conosca le cose distinte da sé. E’ necessario che Dio conosca le cose distinte da sé. Siccome la potenza di Dio si estende a ciò che è fuori di lui, è logico che Dio conosca le cose distinte da sé. Le cose distinte da sé, Dio le vede non in se stesse ma in sé medesimo, in quanto la sua essenza contiene la somiglianza degli altri esseri distinte da Lui.

 

  • Se Dio conosca le cose con una conoscenza propria. E’ necessario dire che Egli conosce le cose con conoscenza propria, non solo in quanto enti ma in quanto l’una è distinta dall’altra. L’essenza divina è qualcosa che trascende tutte le creature: la si può considerare come l’essenza di ciascuna cosa.

 

  • Se la scienza di Dio sia discorsiva. Siccome Dio vede tutti gli effetti in se stesso come nella loro causa, ne segue che la sua scienza sia discorsiva.  Dio vede tutte le cose nell’unità che è Egli stesso e quindi, non va dai principi alle conclusioni, dalla cosa conosciuta a quella sconosciuta ma li considera simultaneamente.

 

  • Se la scienza di Dio sia causa delle cose. E’ necessario che la Sua scienza sia causa delle cose, in quanto è connessa con la volontà. Dio conosce antecedentemente le cose che esisteranno ma esse, non sono causa della conoscenza che Dio ne ha. Sebbene la scienza di Dio sia eterna, non ne segue che le cose esistano dall’eternità.

 

  • Se Dio abbia la scienza delle cose che non sono. Qualunque cosa possa essere detta, fatta o pensata, Dio la conosce. Alcune cose perché lo furono o lo saranno, Dio le conosce con la scienza di visione. Altre cose invece che sono nella potenza di Dio o della creatura, pur non esistendo, Dio le vede con la scienza di semplice intelligenza.

 

  • Se Dio conosca il male. Dio non conoscerebbe perfettamente il bene se non conoscesse anche il male. Per il fatto che Dio conosce così conosce anche il male, come mediante la luce si conoscono le tenebre. Il male non è conoscibile in se stesso, poiché è essenza del male essere privazione del bene. E così non può essere definito e conosciuto se non mediante il bene.

 

  • Se Dio conosce i singolari. Siccome la potenza attiva di Dio si estende, non solo alle forme , dalle quali si desume il concetto universale ma anche alla materia, di necessità la scienza di Dio deve estendersi fino ai singolari.

 

  • Se Dio possa conoscere infinite cose. S. Agostino dice: “Benchè non vi sia un limite per i numeri infiniti, tuttavia essi non sfuggono a colui la cui scienza è senza limiti.” Siccome Dio conosce non solo le cose che attualmente esistono ma anche quelle possibili e siccome queste sono infinite, è necessario dire che Dio conosce infinite cose.

 

  • Se la scienza di Dio si estende ai futuri contingenti. I contingenti sono conosciuti infallibilmente da Dio perché presenti al suo cospetto, anche se ancora futuri e contingenti in rapporto alle loro cause.

 

  • Se Dio conosca i giudizi e le proposizioni. Nei Salmi [93,11] è scritto: “Il Signore conosce i pensieri dell’uomo.” Le proposizioni sono incluse nei pensieri umani. Dio conosce tutte le proposizioni che si possono formare. Dio però conosce i giudizi non sotto forma di proposizioni ma conosce tutte le cose attraverso una semplice intuizione.

 

  • Se la scienza di Dio sia variabile. S. Giacomo dice [1,17] che in Dio non c’è variazione, né ombra di cambiamento. Quindi la scienza di Dio è del tutto invariabile. Senza variazione della scienza divina si ha che Dio, conosce una cosa che ora è e ora non è, così come conosce che una proposizione ora è vera e ora è falsa.

 

  • Se Dio abbia delle cose una scienza speculativa. Dio ha di se stesso una conoscenza puramente speculativa, poiché Egli non è fattibile. Di tutte le altre cose ha una conoscenza speculativa e pratica. Dio, nella scienza speculativa di se medesimo, ha la conoscenza sia speculativa che pratica di tutte le altre cose.

 

 

Argomento 15 – Le idee

 

  • Se esistano le idee. Il mondo non è stato fatto a caso ma è stato creato da Dio quale causa intelligente. Ci deve essere, per necessità, nella mente divina una forma, a immagine della quale il mondo è stato creato. In ciò consiste appunto l’idea.

 

  • Se vi siano più idee. E’ necessario porre in Dio più idee. Se l’ordine dell’universo proviene da Dio, vuol dire necessariamente vi sia in Lui l’idea dell’ordine dell’universo. Non si può avere idea del tutto senza avere idea delle parti che lo compongono. Per cui S. Agostino afferma: [Lib. LXXXIII quaest.46] che “le singole cose sono state create da Dio secondo l’idea di ciascuna.”

 

  • Se per tutte le cose che vi siano delle idee distinte. L’idea presa nel senso di esemplare, riguarda tutte le cose che Dio effettua in qualsiasi tempo; presa invece come principio di conoscenza abbraccia tutte le cose che Dio intende, anche se non saranno mai effettuate nel tempo, che Dio conosce nella loro propria nozione e secondo che sono da Lui conosciute in modo speculativo.

 

 

Argomento 16 – La verità

 

  • Se la verità sia soltanto nell’intelletto. La verità è principalmente nell’intelletto e secondariamente nelle cose, per la relazione che esse hanno all’intelletto come al loro principio.

 

  • Se la verità sia soltanto nell’intelletto che unisce o che separa dei concetti. La verità è nell’intelletto che compone o divide e quindi giudica (forma il giudizio); non è invece nel senso e neppure nell’intelletto che percepisce nell’essenza (la quiddità).

 

  • Se il vero e l’ente si identificano. Ogni cosa è conoscibile nella misura in cui partecipa all’essere. Il vero si identifica con l’ente, così come il bene. Come il bene aggiunge all’ente l’appetibilità.

 

  • Se il bene sia concettualmente prima del vero. L’intelletto deve prima conoscere il  bene, ponendo così il vero prima del buono.

 

  • Se Dio sia la verità. Non solo in Dio v’è la verità ma Egli è la prima e somma verità. Tutto si trova in Dio in sommo grado. Egli stesso è il suo proprio essere e la sua intellezione.

 

  • Se vi sia una sola verità secondo la quale tutte le cose sono vere. Considerando la verità nell’intelletto, esistendo molte intelligenze create, allora vi sono molte verità. Così come in un solo intelletto vi sono più verità, data la pluralità degli effetti conosciuti. Considerando invece la verità rispetto alle cose, queste sono vere in forza dell’unica prima verità, a cui ognuna si conforma secondo il proprio essere.

 

  • Se la verità creata sia eterna. Come si è già dimostrato, solo Dio è terno. Le cose sono dette vere in base alla verità dell’intelletto. Se non vi fosse una mente eterna, non esisterebbe alcuna verità eterna. Poiché il solo intelletto divino è eterno, soltanto in esso la verità trova la sua eternità

 

  • Se la verità sia immutabile. Nei Salmi [11,2 Vg] si dice: “Le verità sono diminuite tra i figli degli uomini.” La verità nell’intelletto divino è immutabile mentre quella del nostro intelletto è mutevole. Il nostro intelletto passa dalla verità alla falsità, l’intelletto divino invece fa si che, essendo immutabile, le cose create possano dirsi vere.

 

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