Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi Settembre-2023

Lectio Divina: venerdì, 1 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 25,1-13  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. 

A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.

3) Riflessione 

  • Matteo 25,1ª: L’ inizio: “In quel tempo”. La parabola inizia con queste due parole: “In quel tempo”. Si tratta della venuta del Figlio dell’Uomo (cf Mt 24,37). Nessuno sa quando verrà questo giorno, questo tempo, “nemmeno gli angeli del cielo, né il figlio stesso, ma solamente il Padre” (Mt 24, 36). Non ci riusciranno gli indovini a fare calcoli. Il Figlio dell’Uomo verrà di sorpresa, quando la gente meno se lo aspetta (Mt 24,44). Può essere oggi, può essere domani, per questo l’avviso finale della parabola delle dieci vergini è: “Vigilate!” Le dieci fanciulle devono essere preparate per qualsiasi eventualità. Quando la polizia nazista bussò alla porta del monastero delle Suore Carmelitane di Echt nella provincia di Limburgia, nei Paesi Bassi, Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, era preparata. Assunse la Croce e prese il cammino del martirio nel campo di sterminio per amore verso Dio ed il suo popolo. Era una delle vergini prudenti della parabola.
  • Matteo 25,1b-4: Le dieci vergini disposte per aspettare lo sposo. La parabola inizia così: “Il Regno del Cielo è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo”. Si tratta di fanciulle che dovevano accompagnare lo sposo per la festa delle nozze. Per questo, dovevano portare con sé le lampade, sia per illuminare il cammino, sia per rendere più luminosa la festa. Cinque di loro erano prudenti e cinque erano stolte. Questa differenza appare nel modo in cui si preparano alla funzione che dovranno svolgere. Insieme alle lampade accese, le prudenti avevano portato con sé l’olio di riserva, preparandosi per qualsiasi eventualità. Le stolte portarono solo le lampade e non pensarono a portare con sé un poco di olio di riserva.
  • Matteo 25,5-7: Il ritardo imprevisto dell’arrivo dello sposo. Lo sposo ritarda. Non aveva precisato l’ora dell’arrivo. Nell’attesa, le fanciulle sono prese dal sonno. Ma le lampade continuano a consumare olio e si spengono poco a poco. Improvvisamente, nel mezzo della notte, si alza un grido: “Ecco lo sposo. Andategli incontro”. Tutte si svegliano, e cominciano a preparare le lampade che stavano già per spegnersi. Dovevano mettere olio di riserva per evitare che le lampade si spegnessero.
  • Matteo 25,8-9: Le diverse reazioni dinanzi al ritardo dello sposo. Solo ora le stolte si rendono conto che avrebbero dovuto portare con loro olio di riserva. Andarono a chiederlo alle prudenti: “Datemi un poco di olio per noi, perché le nostre lampade si stanno spegnendo”. Le prudenti non potettero rispondere a questa loro richiesta, perché in quel momento l’importante non era che le prudenti condividessero il loro olio con le stolte, ma che loro stessero pronte ad accompagnare lo sposo fino al luogo della festa. Per questo consigliarono: Andate piuttosto dai venditori e compratevene.
  • Matteo 25,10-12: Il destino delle fanciulle prudenti e di quelle senza giudizio. Le stolte seguiranno il consiglio delle prudenti e vanno a comprare l’olio. Durante questa loro breve assenza arriva lo sposo e le prudenti possono accompagnarlo ed entrare con lui alla festa delle nozze. Ma la porta si chiude dietro di loro. Quando giungono le altre, busseranno alla porta e diranno: “Signore, Signore, apri la porta per noi!” e riceveranno la risposta: “In verità vi dico: io non vi conosco.”
  • Matteo 25,13: La raccomandazione finale di Gesù per tutti noi. La storia di questa parabola è molto semplice e la lezione è evidente: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Morale della storia: non siate superficiali, guardate oltre il momento presente, cercate di scoprire la chiamata di Dio fin nelle minime cose della vita, perfino nell’olio che può mancare nel lumicino.

4) Per un confronto personale

  • Ti è successo qualche volta nella vita di pensare all’olio di riserva della tua lampada?

5) Preghiera finale

Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca la sua lode. 

Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino. (Sal 33)

Lectio Divina: sabato, 2 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 25,14-30  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì. 

Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. 

Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due. 

Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone. 

Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.  Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 

Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone. 

Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo. 

Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti. 

Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci narra la parabola dei talenti. Questa parabola era tra due parabole: la parabola delle Dieci Vergini (Mt 25,1-13) e la parabola del Giudizio Finale (Mt 25,31-46). Le tre parabole chiariscono ed orientano le persone sulla venuta del Regno. La parabola delle Dieci Vergini insiste sulla vigilanza: il Regno può arrivare in qualsiasi momento. La parabola del Giudizio Finale dice che per possedere il Regno bisogna accogliere i piccoli. La parabola dei Talenti orienta su come fare per far crescere il Regno. Parla dei doni o carismi che le persone ricevono da Dio. Ogni persona ha delle qualità, sa qualcosa che può insegnare agli altri. Nessuno è solo alunno, nessuno è solo professore. Impariamo gli uni dagli altri. Una chiave per capire la parabola: Una delle cose che più influisce nella vita della gente è l’idea che ci facciamo di Dio. Tra i giudei della linea dei farisei, alcuni immaginavano che Dio fosse un giudice severo, che trattava alle persone secondo il merito conquistato dalle osservanze. Ciò produceva paura ed impediva alle persone di crescere. Soprattutto impediva che si aprissero uno spazio dentro di sé, per accogliere la nuova esperienza di Dio che Gesù comunicava. Per aiutare queste persone, Matteo racconta la parabola dei talenti.
  • Matteo 25,14-15: La porta d’ingresso nella storia della parabola. Gesù racconta la storia di un uomo che, prima di viaggiare, distribuisce i suoi beni ai servi, dando loro cinque, due o un talento, secondo la capacità di ognuno. Un talento corrisponde a 34 chili d’oro, il che non è poco. In definitiva, ognuno riceve lo stesso, perché riceve “secondo

la sua capacità”. Ogn’uno riceve la sua piccola o grande coppa piena. Il padrone se ne va all’estero e vi rimane molto tempo. La storia produce una certa suspense. Non si sa con quale scopo il padrone consegna il suo denaro ai servi, né si sa quale sarà la fine. 

  • Matteo 25,16-18: Il modo di agire di ogni servo. I due primi lavorano e fanno duplicare i talenti. Ma colui che ha ricevuto un talento lo sotterra per non perderlo. Si tratta dei beni del Regno che sono dati alle persone e alle comunità secondo le loro capacità.

Tutti ricevono qualche bene del Regno, ma non tutti rispondono allo stesso modo! • Matteo 25,19-23: Rendiconto del primo e del secondo servo, e risposta del Signore.

Dopo molto tempo, il padrone ritorna. I due primi dicono la stessa cosa: “Signore, mi hai consegnato cinque/due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque/due!” E il padrone dà la stessa risposta: “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone!” 

  • Matteo 25,24-25: Rendiconto del terzo servo. Il terzo servo giunge e dice. “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotto terra: ecco qui il tuo!” In questa frase appare un’idea sbagliata di Dio che è criticata da Gesù. Il servo considera Dio come un padrone severo. Dinanzi a un Dio così, l’essere umano ha paura e si nasconde dietro l’osservanza esatta e meschina della legge. Pensa che, agendo così, la severità del legislatore non lo castigherà. In realtà, una persona così non crede in Dio, ma crede solo in se stessa e nella sua osservanza della legge. Si rinchiude in sé, si allontana da Dio e non riesce a preoccuparsi degli altri. Diventa incapace di crescere come una persona libera. Questa immagine falsa di Dio isola l’essere umano, uccide la comunità, termina con la gioia ed impoverisce la vita.
  • Matteo 25,26-27: La risposta del Signore al terzo servo. La risposta del Signore è ironica. Dice: “Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse!” Il terzo impiegato non è stato coerente con l’immagine severa che aveva di Dio. Se lui immaginava che Dio era severo, avrebbe dovuto per lo meno mettere il denaro in banca. Ossia è condannato non da Dio ma dall’idea sbagliata che aveva di Dio e che lo lascia più immaturo e timoroso di quanto doveva essere. Non gli era stato possibile essere coerente con quella immagine di Dio, perché la paura lo disumanizza e gli paralizza la vita.
  • Matteo 25,28-30: La parola finale del Signore che chiarisce la parabola. Il padrone ordina di andare a prendere il talento e di darlo a colui che ne ha dieci, “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Ecco la chiave che chiarisce tutto. In realtà, i talenti, il “denaro del padrone”, i beni del Regno, sono l’amore, il servizio, la condivisione. E’ tutto quello che fa crescere la comunità e rivela la presenza di Dio. Chi si chiude in sé con la paura di perdere il poco che ha, costui perderà perfino quel poco che ha. Ma la persona che non pensa a sé, e si dona agli altri, cresce e riceve a sua volta, in modo inesperto, tutto ciò che ha dato e molto di più. “Chi perde la vita la ottiene, e ottiene la vita chi ha il coraggio di perderla”
  • La moneta diversa del Regno. Non c’è differenza tra coloro che hanno ricevuto di più o di meno. Tutti hanno il loro dono secondo la loro capacità. Ciò che importa è che questo dono sia messo al servizio del Regno e faccia crescere i beni del Regno che sono amore, fraternità, condivisione. La chiave principale della parabola non consiste nel far rendere e produrre i talenti, ma nel relazionarsi con Dio in modo corretto. I due primi non chiedono nulla, non cercano il proprio benessere, non tengono per sé, non si chiudono in se stessi, non calcolano. Con la maggiore naturalezza del mondo, quasi senza rendersene conto e senza cercarsi merito, cominciano a lavorare, in modo che il dono dato da Dio renda per Dio e per il Regno. Il terzo ha paura, e per questo non fa nulla. D’accordo con le norme dell’antica legge, lui agisce correttamente. Si mantiene nelle esigenze. Non perde nulla e non guadagna nulla. Per questo, perde perfino ciò che aveva. Il regno è rischio. Chi non vuole correre rischi, perde il Regno!

4) Per un confronto personale

  • Nella nostra comunità, cerchiamo di conoscere e valorizzare i doni di ogni persona? La nostra comunità è uno spazio dove le persone possono far conoscere e mettere a disposizione i loro doni? A volte, i doni di alcuni generano invidia e competitività negli altri. Come reagiamo?
  • Come capire la frase: “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha?”

5) Preghiera finale

L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. 

In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)

Lectio Divina: domenica, 3 settembre, 2023

La prima predizione sulla morte e la risurrezione di Gesù 

Lo scandalo della croce 

Matteo 16, 21-27

1. Orazione iniziale

Spirito di verità, inviatoci da Gesù per guidarci alla verità tutta intera, apri la nostra mente all’intelligenza delle Scritture. Tu che, scendendo su Maria di Nazaret, l’hai resa terra buona dove il Verbo di Dio ha potuto germinare, purifica i nostri cuori da tutto ciò che pone resistenza alla Parola. Fa’ che impariamo come lei ad ascoltare con cuore buono e perfetto la Parola che Dio ci rivolge nella vita e nella Scrittura, per custodirla e produrre frutto con la nostra perseveranza.

2. Lettura

  1. a) Il contesto:

Mt 16, 21-27 si trova tra la confessione di Pietro (16, 13-20) e la trasfigurazione (17, 1-8) ed è intimamente legato ad esse. Gesù chiede ai dodici di dirgli chi dice la gente che egli sia e poi vuole sapere loro stessi cosa dicono. Pietro risponde, “Tu sei il messia, il Figlio del Dio vivente” (16, 16). Gesù non solo accetta questa confessione ma dice espressamente che la sua vera identità è stata rivelata a Pietro da Dio. Eppure insiste che i discepoli

non devono dire a nessuno che egli è il messia. Gesù sa bene che questo titolo può essere malinteso e non vuole correre questo rischio. “Da allora” (16, 21) incomincia a spiegare gradualmente ai dodici cosa significhi essere il messia: egli è il messia sofferente che entrerà nella sua gloria attraverso la croce. 

Il brano in considerazione consta di due parti. Nella prima (vv. 21-23) Gesù predice la sua morte e risurrezione e si dimostra completamente deciso a seguire il progetto di Dio su di lui malgrado le proteste di Pietro. Nella seconda parte (vv. 24-27) Gesù dimostra la conseguenza che dovrà avere sui suoi discepoli il riconoscerlo come messia sofferente.

Non si diventa suo discepolo se non passando per la stessa strada. 

Ma Gesù sa bene che è difficile per i dodici accettare la sua e la loro croce e per rinfrancarli da loro un’anticipazione della sua risurrezione nella trasfigurazione (17, 1-8). b) Il testo: 

21-23: Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: «Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai». 

Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: «Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!». 

24-27: Allora Gesù disse ai suoi discepoli: «Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. 

Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà. Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.

  1. Un momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande

per aiutarci nella riflessione personale. 

  1. Perché Pietro cerca di dissuadere Gesù dall’affrontare la passione?
  2. Perché Gesù chiama Pietro satana?
  3. Come affronti la vita, con la logica di Dio e di Gesù o con quella degli uomini e di Pietro?
  4. Nella tua vita concreta di ogni giorno cosa significa perdere la vita per causa di Gesù?
  5. Quali sono le tue croci e quali i tuoi “Pietro”?

5. Una chiave di lettura

per quelli che vogliono approfondire di più l’argomento. 

“Doveva andare a Gerusalemme…”

I quattro verbi “andare”, “soffrire”, “venire ucciso”, e “risuscitare” (v. 21) sono retti dal verbo “doveva”, o forse meglio “bisognava che”. È un verbo che nel Nuovo Testamento ha un preciso significato teologico. Indica che è volontà di Dio che una cosa particolare accada perché sta nel suo progetto di salvezza. 

La morte di Gesù può essere vista come la conseguenza “logica” dell’atteggiamento che ha preso verso le istituzioni del suo popolo. Come ogni profeta scomodo è stato tolto di mezzo. 

Ma il Nuovo Testamento insiste che la sua morte (e risurrezione) faceva parte del progetto di Dio che Gesù accettò con piena libertà. 

“Tu mi sei di scandalo”

Scandalo vuol dire inciampo, trappola. Scandalizzare qualcuno significa mettergli davanti degli impedimenti che lo distolgono dalla via che sta seguendo. Pietro è di scandalo per Gesù perché lo tenta a lasciare il cammino dell’obbedienza alla volontà del Padre per seguire un cammino più facile. Per questo Gesù lo assimila a satana, che all’inizio del suo ministero aveva cercato di distogliere Gesù dal seguire la propria missione, proponendogli un messianismo facile (vedi Mt 4, 1-11). 

“Chi perde la propria vita la troverà”

Chi comprende bene il mistero di Gesù e la natura della sua missione comprende anche cosa significhi essere suo discepolo. Le due cose sono intimamente legate. 

Gesù stesso impone tre condizioni a coloro che vogliono essere suoi discepoli: rinnegare se stessi, prendere la propria croce e seguirlo (v. 24). Rinnegare se stesso vuol dire non centrare la vita sul proprio egoismo ma su Dio e sul suo progetto (il Regno). Questo comporta l’accettazione di avversità e la sopportazione di difficoltà. Ma Gesù stesso ci ha lasciato l’esempio di come agire in tali situazioni; basta imitarlo. Egli non compromise la sua adesione al Padre e al suo Regno e rimase fedele fino a dare la vita. Ma fu proprio in questo modo che giunse alla pienezza della vita nella risurrezione.

6. Salmo 40

Invocazione di aiuto da parte di uno che è rimasto fedele a Dio 

Ho sperato: ho sperato nel Signore ed egli su di me si è chinato, ha dato ascolto al mio grido. 

Mi ha tratto dalla fossa della morte, dal fango della palude; i miei piedi ha stabilito sulla roccia, ha reso sicuri i miei passi. 

Mi ha messo sulla bocca un canto nuovo, lode al nostro Dio.

Molti vedranno e avranno timore e confideranno nel Signore. 

Beato l’uomo che spera nel Signore e non si volge dalla parte dei superbi, né si volge a chi segue la menzogna. 

Quanti prodigi tu hai fatto, Signore Dio mio, quali disegni in nostro favore: nessuno a te si può paragonare. 

Se li voglio annunziare e proclamare sono troppi per essere contati.

Sacrificio e offerta non gradisci, gli orecchi mi hai aperto. 

Non hai chiesto olocausto e vittima per la colpa. 

Allora ho detto: “Ecco, io vengo. 

Sul rotolo del libro di me è scritto, che io faccia il tuo volere. 

Mio Dio, questo io desidero, la tua legge è nel profondo del mio cuore”.

Ho annunziato la tua giustizia nella grande assemblea; vedi, non tengo chiuse le labbra, Signore, tu lo sai. 

Non ho nascosto la tua giustizia in fondo al cuore, la tua fedeltà e la tua salvezza ho proclamato. 

Non ho nascosto la tua grazia e la tua fedeltà alla grande assemblea.

Non rifiutarmi, Signore, la tua misericordia, la tua fedeltà e la tua grazia mi proteggano sempre, poiché mi circondano mali senza numero, le mie colpe mi opprimono e non posso più vedere. 

Sono più dei capelli del mio capo, il mio cuore viene meno.

Dégnati, Signore, di liberarmi; accorri, Signore, in mio aiuto. 

Vergogna e confusione per quanti cercano di togliermi la vita. 

Retrocedano coperti di vergogna quelli che mi scherniscono.

Esultino e gioiscano in te quanti ti cercano, dicano sempre: “Il Signore è grande” quelli che bramano la tua salvezza. 

Io sono povero e infelice; di me ha cura il Signore. 

Tu, mio aiuto e mia liberazione, mio Dio, non tardare.

7. Orazione Finale

O Dio, le tue vie non sono le nostre vie e i tuoi pensieri non sono i nostri pensieri. Nel tuo progetto di salvezza c’è posto anche per la croce. Tuo Figlio Gesù non si tirò indietro davanti ad essa, ma “si sottopose alla croce, disprezzandone l’ignominia” (Eb12, 2). L’ostilità dei suoi avversari non poté distoglierlo dalla sua ferma decisione di compiere la tua volontà e annunciare il tuo Regno, costi quel che costi. 

Rafforzaci, o Padre, con il dono del tuo Spirito. Egli ci renda capaci di seguire Gesù con risolutezza e fedeltà. Ci renda suoi imitatori nel fare di Te e del tuo Regno il fulcro della nostra vita. Ci doni la forza di sopportare avversità e difficoltà perché in noi e in tutti sbocci gradualmente la vera vita. 

Te lo chiediamo per Cristo nostro Signore. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 4 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 4,16-30  

In quel tempo, Gesù si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto: “Lo Spirito del Signore è sopra di me; per questo mi ha consacrato con l’unzione, e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio, per proclamare ai prigionieri la liberazione e ai ciechi la vista; per rimettere in libertà gli oppressi, e predicare un anno di grazia del Signore”.

Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi”.

Tutti gli rendevano testimonianza ed erano meravigliati delle parole di grazia che uscivano dalla sua bocca e dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?” Ma egli rispose: “Di certo voi mi citerete il proverbio: Medico, cura te stesso. Quanto abbiamo udito che accadde a Cafarnao, fallo anche qui, nella tua patria!” Poi aggiunse: “Nessun profeta è bene accetto in patria. Vi dico anche: c’erano molte vedove in Israele al tempo di Elia, quando il cielo fu chiuso per tre anni e sei mesi e ci fu una grande carestia in tutto il paese; ma a nessuna di esse fu mandato Elia, se non a una vedova in Sarepta di Sidóne. C’erano molti lebbrosi in Israele al tempo del profeta Eliseo, ma nessuno di loro fu risanato se non Naaman, il Siro”.

All’udire queste cose, tutti nella sinagoga furono pieni di sdegno; si levarono, lo cacciarono fuori della città e lo condussero fin sul ciglio del monte sul quale la loro città era situata, per gettarlo giù dal precipizio. Ma egli, passando in mezzo a loro, se ne andò.

3) Riflessione

  • Oggi iniziamo la meditazione del Vangelo di Luca, che si prolungherà tre mesi fino alla fine dell’anno liturgico. Il vangelo di oggi parla della visita di Gesù a Nazaret e della presentazione del suo programma alla gente della sinagoga. In un primo momento, la gente rimane ammirata. Ma, subito dopo, quando si rende conto che Gesù vuole accogliere tutti, senza escludere nessuno, la gente si ribella e vuole ucciderlo.
  • Luca 4,16-19: La proposta di Gesù. Spinto dallo Spirito Santo, Gesù ritorna in Galilea (Lc 4,14) e inizia ad annunciare la Buona Notizia del Regno di Dio. Si reca nelle comunità, insegna nelle sinagoghe e giunge a Nazaret, dove era cresciuto. Ritorna nella comunità, dove ha partecipato fin da piccolo, per trenta anni. Il sabato, come era solito fare, Gesù si reca alla sinagoga per partecipare alla celebrazione e si mette in piedi per fare la lettura. Sceglie il testo di Isaia che parla di poveri, carcerati, ciechi e oppressi (Is 61,1-2). Questo testo rispecchia la situazione della gente della Galilea al tempo di Gesù. L’esperienza che Gesù aveva di Dio, Padre d’amore, gli dava uno sguardo nuovo per valutare la realtà. In nome di Dio, Gesù prende posizione in difesa della vita del suo popolo e, con le parole di Isaia, definisce la sua missione: (1) annunciare la Buona Notizia ai poveri, (2) proclamare ai prigionieri la liberazione, (3) ridare la vista ai ciechi, (4) restituire la libertà agli oppressi e, riprendendo l’antica tradizione dei profeti, (5) proclamare “un anno di grazia da parte del Signore”. Gesù proclama l’anno del giubileo!
  • Nella Bibbia, l’ “Anno del Giubileo” era una legge importante. Inizialmente, ogni sette anni (Dt 15,1; Lev 25,3) era necessario restituire le terre al clan delle origini. Così si impediva la formazione di latifondi e si garantiva alle famiglie la sopravvivenza. Bisognava perdonare anche i debiti e riscattare le persone rese schiave (Dt 15,1-18). Non fu facile realizzare l’anno del giubileo ogni sette anni (cf Ger 34,8-16). Dopo l’esilio, si decise di realizzarlo ogni cinquant’anni (Lev 25,8-12). L’obiettivo del Giubileo era, e continua ad essere, quello di ristabilire i diritti dei poveri, accogliere gli esclusi e reintegrarli nella convivenza. Il giubileo era uno strumento legale per ritornare al senso originale della Legge di Dio. Era un’occasione offerta da Dio per fare una revisione del cammino, scoprire e correggere gli errori e ricominciare tutto da capo. Gesù inizia la sua predicazione proclamando un Giubileo, “Un anno di grazia da parte del Signore”.
  • Luca 4,20-22: Unire Bibbia e Vita. Terminata la lettura, Gesù attualizza il testo di Isaia dicendo: “Oggi si è adempiuta questa scrittura che voi avete udito con i vostri orecchi!” Assumendo le parole di Isaia come parole sue, Gesù da ad esse un senso pieno e definitivo e si dichiara messia che viene per adempiere la profezia. Questo modo di attualizzare il testo provoca una reazione di discredito da parte di coloro che si trovano nella sinagoga. Restano scandalizzati e non vogliono saperne nulla di lui. Non accettano che Gesù sia il messia annunciato da Isaia. Dicevano: “Non è il figlio di Giuseppe?” Rimangono scandalizzati perché Gesù parla di accogliere i poveri, i ciechi e gli oppressi. La gente non accetta la proposta di Gesù. E così nel momento in cui presenta il progetto di accogliere gli esclusi, lui stesso è escluso.
  • Luca 4,23-30: Superare i limiti della razza. Per aiutare la comunità a superare lo scandalo e farla capire che la sua proposta faceva parte della tradizione, Gesù racconta due storie conosciute della Bibbia, la storia di Elia e quella di Eliseo. Le due storie criticano la chiusura mentale della gente di Nazaret. Elia fu mandato alla vedova di Sarepta (1 Re 17,7-16). Eliseo fu mandato ad occuparsi dello straniero della Siria (2 Re 5,14). Spunta qui la preoccupazione di Luca che vuole mostrare che l’apertura verso la tradizione viene già da Gesù. Gesù ebbe le stesse difficoltà che stavano tenendo le comunità al tempo di Luca. Ma la chiamata di Gesù non calmò gli animi, anzi! Le storie di Elia e di Eliseo produssero ancora più rabbia. La comunità di Nazaret giunge al punto di voler uccidere Gesù. Ma lui conserva la calma. La rabbia degli altri non riesce ad allontanarlo dal proprio cammino. Luca ci indica che è difficile superare la mentalità del privilegio e della chiusura mentale.
  • É importante notare i dettagli in uso nell’Antico Testamento. Gesù cita il testo di Isaia fino a dove dice: “proclamare un anno di grazia da parte del Signore”. Non cita il resto della frase che dice: “ed un giorno di vendetta del nostro Dio”. La gente di Nazaret si scaglia contro Gesù perché lui pretende di essere il messia, perché vuole accogliere gli esclusi e perché ha omesso la frase sulla vendetta. Loro volevano che il Giorno di Yavè fosse un giorno di vendetta contro gli oppressori del popolo. In questo caso, la venuta del Regno non sarebbe stata una vera mutazione o conversione del sistema. Gesù non accetta questo modo di pensare, non accetta la vendetta (cf. Mt 5,44-48). La sua nuova esperienza di Dio Padre/Madre lo aiutava a capire meglio il senso delle profezie.

4) Per un confronto personale

  • Il programma di Gesù è quello di accogliere gli esclusi. Noi accogliamo tutti o escludiamo qualcuno? Quali sono i motivi che ci spingono ad escludere certe persone?
  • Il programma di Gesù è veramente il nostro programma, il mio programma? Quali sono gli esclusi che dovremmo accogliere meglio nella nostra comunità? Chi o cosa ci dà la forza per svolgere la missione dataci da Gesù?

5) Preghiera finale

Quanto amo la tua legge, Signore; tutto il giorno la vado meditando. 

Il tuo precetto mi fa più saggio dei miei nemici, perché sempre mi accompagna. (Sal

118)

Lectio Divina: martedì, 5 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 4,31-37  

In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.

Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte:

“Basta! 

Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!”

Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui!” E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.

Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?” E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi vediamo da vicino due fatti: l’ammirazione della gente per il modo di insegnare di Gesù e la guarigione di un uomo posseduto da un demonio impuro. Non tutti gli evangelisti raccontano il fatto allo stesso modo. Per Luca, il primo miracolo è la calma con cui Gesù si libera dalla minaccia di morte da parte della gente di Nazaret (Lc 4,29-30) e la guarigione dell’uomo posseduto (Lc 4,33-35). Per Matteo, il primo miracolo è la guarigione dei malati e degli indemoniati (Mt 4,23) o, più specificamente, la guarigione di un lebbroso (Mt 8,1-4). Per Marco, l’espulsione di un demonio (Mc 1,23-26). Per Giovanni, il primo miracolo fu a Cana, dove Gesù trasformò l’acqua in vino (Gv 2,1-11). Così, nel modo di raccontare le cose, ciascun evangelista indica qual è stata secondo lui la più grande preoccupazione di Gesù.
  • Luca 4,31: Il cambiamento di Gesù verso Cafarnao: “Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente”. Matteo dice che Gesù andò a vivere a Cafarnao (Mt 4,13). Cambiò residenza. Cafarnao era una piccola città all’incrocio tra due strade importanti: quella che veniva dall’Asia Minore ed andava verso Petra al sud della Transgiordania, e l’altra che veniva dalla regione dei due fiumi: il Tigre e l’Eufrate e scendeva verso l’Egitto. Il cambiamento verso Cafarnao facilitava il contatto con la gente e la divulgazione della Buona Notizia.
  • Luca 4,32: Ammirazione della gente per l’insegnamento di Gesù. La prima cosa che la gente percepisce è che Gesù insegna in modo diverso. Colpisce non tanto il contenuto, quanto il suo modo di insegnare: “Gesù parlava con autorità.” Marco aggiunge che per questo suo modo diverso di insegnare, Gesù creava una coscienza critica tra la gente nei riguardi delle autorità religiose del suo tempo. La gente percepisce e paragona: “Insegna con autorità, diverso dagli scribi” (Mc 1,22.27). Gli scribi dell’epoca insegnavano citando le autorità. Gesù non cita nessuna autorità, bensì parla partendo dalla sua esperienza di Dio e della sua vita.
  • Luca 4,33-35: Gesù lotta contro il potere del male. Il primo miracolo è l’espulsione di un demonio. Il potere del male si impossessava delle persone, alienandole. Gesù restituisce le persone a se stesse, restituendo loro la coscienza e la libertà. Lo fa grazie

alla forza della sua parola: “Taci, esci da costui!” Ed in un’altra occasione dice: “Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.” (Lc 11,20). Anche oggi, molta gente vive alienata da se stessa, soggiogata dai mezzi di comunicazione, dalla propaganda del governo e del commercio. Vive schiava del consumismo, oppressa dai debiti e minacciata dai creditori. La gente pensa che non vive bene se non ha tutto ciò che la propaganda annuncia. Non è facile espellere questo potere che oggi aliena tanta gente, e restituire le persone a loro stesse

  • Luca 1,36-37: La reazione della gente: ordina agli spiriti impuri. Gesù non solo ha un modo diverso di insegnare le cose di Dio, ma provoca anche ammirazione nella gente per il suo potere sugli spiriti impuri: “Che parola è questa che comanda con autorità e potenza gli spiriti immondi e questi se ne vanno?” Gesù apre un cammino nuovo in modo che il popolo possa mettersi dinanzi a Dio a pregare e ricevere la benedizione promessa ad Abramo. Doveva prima purificarsi. C’erano molte leggi e norme che rendevano difficile la vita della gente ed emarginavano molte persone, considerate impure. Ma ora, purificate dalla fede in Gesù, le persone potevano di nuovo mettersi in presenza di Dio e pregarlo, senza necessità di ricorrere alle norme di purezza complicate e spesso dispendiose.

4) Per un confronto personale

  • Gesù causa ammirazione tra la gente. L’attuazione della nostra comunità nel quartiere causa ammirazione tra la gente? Che tipo di ammirazione?
  • Gesù scaccia il potere del male e restituisce le persone a se stesse. Oggi molte persone vivono alienate da tutto e da tutti. Come restituirle a se stesse?

5) Preghiera finale

Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. 

Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. (Sal 114)

Lectio Divina: mercoledì, 6 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 4,38-44  

In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli. Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.

Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.

Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. Egli però disse: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”.

E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi narra quattro fatti diversi: la guarigione della suocera di Pietro (Lc 4,38-39), la guarigione di molti malati (Lc 4, 40-41), la preghiera di Gesù in un luogo deserto (Lc 4,42) e la sua insistenza nella missione (Lc 4,43-44). Con piccole differenze Luca segue ed adatta le informazioni tratte dal vangelo di Marco.
  • Luca 4,38-39: Gesù ridona la vita, per il servizio. Dopo aver partecipato alla celebrazione del sabato, nella sinagoga, Gesù entra in casa di Pietro e guarisce sua suocera. La guarigione fa sì che lei si ponga immediatamente in piedi. Recuperata la salute e la dignità, si mette al servizio della gente. Gesù non solo guarisce, ma guarisce in modo tale che la persona si mette al servizio della vita.
  • Luca 4,40-41: Gesù accoglie e guarisce gli emarginati. Verso sera, con lo spuntare della prima stella nel cielo, terminato il sabato, Gesù accoglie e guarisce i malati ed i posseduti che la gente gli porta. Malati e posseduti erano le persone più emarginate in quell’epoca. Loro non avevano a chi far ricorso. Erano alla mercede della carità pubblica. Inoltre, la religione le considerava impure. Loro non potevano prendere parte alla comunità. Era come se Dio le rifiutasse e le escludesse. Gesù le accoglie e le guarisce imponendo le mani su ciascuno. Così è chiaro in cosa consiste la Buona Notizia di Dio e ciò che vuole fare nella vita delle persone: accogliere gli emarginati e gli esclusi ed integrarli nella convivenza. “Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.” In quel tempo, il titolo di Figlio di Dio non aveva ancora la densità e la profondità che ha oggi per noi. Gesù non lasciava parlare i demoni. Non voleva una propaganda facile dettata da espulsioni spettacolari.
  • Luca 4,42a: Rimanere uniti al Padre per mezzo della preghiera. “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.” Qui Gesù appare pregando. Compie uno sforzo enorme per avere a disposizione tempo e luogo adatti alla preghiera. Si reca in un luogo deserto per poter stare da solo con Dio. Molte volte, i vangeli ci parlano della preghiera di Gesù, nel silenzio (Lc 3,21-22; 4,1-2.3-12; 5,15-16; 6,12; 9,18; 10,21; 5,16; 9,18; 11,1; 9,28;23,34; Mt 14,22-23; 26,38; Gv 11,41-42; 17,1-26; Mc 1,35; Lc 3,2122). Attraverso la preghiera lui mantiene viva la coscienza della sua missione.
  • Luca 4,42b-44: Mantenere viva la coscienza della propria missione e non pensare al risultato. Gesù diventa conosciuto. La gente lo segue e non vuole che se ne vada. Gesù non risponde a questa richiesta e dice: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”. Gesù aveva ben chiara la sua missione. Non si ferma al risultato già ottenuto, ma vuole mantenere ben viva la coscienza della sua missione. E’ la missione ricevuta dal Padre che l’orienta quando prende decisioni. Per questo sono stato mandato! E qui nel testo questa coscienza così viva spunta quale frutto della preghiera.

4) Per un confronto personale

  • Gesù passava molto tempo a pregare e a stare solo con il Padre, e cercava questo tempo. Io dedico tempo alla preghiera e a stare solo/a con Dio?
  • Gesù aveva una chiara coscienza della sua missione. Ed io, cristiano/a ho coscienza di avere qualche missione o vivo senza missione?

5) Preghiera finale

L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. 

In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)

Lectio Divina: giovedì, 7 settembre, 2023

Giornata di preghiera per le vocazioni

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 5,1-11  

In quel tempo, mentre la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio, egli vide due barche ormeggiate alla sponda.

I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca. Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. 

Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.

Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.

Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.

Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi narra la chiamata di Gesù a Pietro. Il vangelo di Marco colloca la chiamata dei primi discepoli dopo l’inizio del ministero pubblico di Gesù (Mc 1,16-20). Luca la colloca dopo che la fama di Gesù si era già estesa per tutta la regione (Lc 4,14). Gesù aveva curato molta gente (Lc 4,40) ed aveva pregato nelle sinagoghe di tutto il paese (Lc 4,44). La gente lo cercava e la moltitudine lo spingeva da tutte le parti per udire la Parola di Dio (Lc 5,1). Luca rende più comprensibile la chiamata. In primo luogo, Pietro ascolta le parole di Gesù alla gente. Poi è testimone della pesca miracolosa. Solo dopo questa duplice esperienza sorprendente, capisce la chiamata di Gesù. Pietro risponde, lascia tutto e diventa “pescatore di uomini”.
  • Luca 5,1-3: Gesù insegna dalla barca. La gente cerca Gesù per ascoltare la Parola di Dio. Molte sono le persone che si radunano attorno a Gesù, che fanno ressa attorno a lui. E Gesù cerca aiuto da Simon Pietro e da alcuni compagni che erano appena ritornati dalla pesca. Entra nella barca con loro e risponde all’aspettativa della gente, comunicando loro la Parola di Dio. Seduto, Gesù prende l’atteggiamento di un maestro e parla dalla barca di un pescatore. La novità consiste nel fatto che insegna non solo nella sinagoga per un pubblico scelto, ma in qualsiasi luogo, dove c’è gente che voglia ascoltarlo, perfino sulla spiaggia.
  • Luca 5,4-5: “Sulla tua parola getteremo le reti!” Terminata l’istruzione alla gente, Gesù si dirige a Simone e lo incoraggia a pescare di nuovo. Nella risposta di Simone spuntano la frustrazione, la fatica e lo scoraggiamento: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla!” Ma, fiduciosi nella parola di Gesù, gettano di nuovo le reti e continuano la lotta. La parola di Gesù tiene per loro più forza che l’esperienza frustrante della notte!
  • Luca 5,6-7: Il risultato è sorprendente. La pesca è così abbondante che le reti quasi si rompono e le barche cominciano ad affondare. Simone ha bisogno dell’aiuto di Giovanni e di Giacomo, che sono su un’altra barca. Nessuno riesce ad essere completo, da solo. Una comunità deve aiutare l’altra. Il conflitto tra le comunità, sia al tempo di Luca che oggi, deve essere superato per raggiungere un obiettivo comune, che è la missione. L’esperienza della forza della Parola di Gesù che trasforma è l’asse attorno a cui le differenze si abbracciano e si superano.
  • Luca 5,8-11: “Siate pescatori di uomini!” L’esperienza della vicinanza di Dio in Gesù fa capire a Simone chi è: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore!” Davanti a Dio siamo tutti peccatori! Pietro ed i suoi compagni hanno paura e, nello stesso tempo, si sentono attratti. Gesù allontana la paura: “Non temete!” Chiama Pietro e lo impegna nella missione, ordinandogli di essere pescatore di uomini. Pietro sperimenta, assai concretamente, che la Parola di Gesù è come la Parola di Dio. E’ capace di far succedere ciò che afferma. In Gesù quei rudi lavoratori faranno un’esperienza di potere, di coraggio e di fiducia. Ed allora, “lasceranno tutto e seguiranno Gesù!”. Finora, era solo Gesù che annunciava la Buona Notizia del Regno. Ora, altre persone saranno chiamate e coinvolte nella missione. Questo modo di Gesù, di lavorare con gli altri, è anche una Buona Notizia per la gente.
  • L’episodio della pesca lungo il lago indica l’attrazione e la forza della Parola di Gesù. Attira la gente (Lc 5,1). Spinge Pietro ad offrire la sua barca a Gesù per poter parlare (Lc 5,3). La Parola di Gesù è così forte che vince la resistenza di Pietro, lo spinge a gettare di nuovo la rete e così avviene la pesca miracolosa (Lc 5,4-6). Vince in lui la volontà di allontanarsi da Gesù e lo attira ad essere “pescatore di uomini!” (Lc 5,10) E così che la Parola di Dio agisce in noi, fino ad oggi!

4) Per un confronto personale

  • Dove e come avviene oggi la pesca miracolosa, che avviene facendo attenzione alla Parola di Gesù?
  • “Lasciarono tutto e lo seguirono.” Cosa devo lasciare per seguire Gesù?

5) Preghiera finale

Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? 

Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna. (Sal 23)

Lectio Divina: venerdì, 8 settembre, 2023

Natività della Beata Vergine Maria, Festa

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna.

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 1,1-16.18-23  

Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco,

Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e

Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.

Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.

Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabele,

Zorobabele generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò

Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.

Ecco poi come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. 

Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.

Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli infatti salverà il suo popolo dai suoi peccati”. Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”, che significa “Dio con noi”.

3) Riflessione

  • Oggi, 8 settembre, festa della Natività di Nostra Signora, il vangelo riporta la genealogia o la carta d’identità di Gesù. Per mezzo dell’elenco degli antenati, l’evangelista racconta alle comunità chi è Gesù e come Dio agisce in modo sorprendente per compiere la sua promessa. Sulle nostre carte di identità c’è il nostro nome ed il cognome dei nostri genitori. Alcune persone, per dire chi sono, ricordano anche i nomi dei nonni e delle nonne. Altre, si vergognano degli antenati della loro famiglia, e si nascondono dietro apparenze che ingannano. La carta d’identità di Gesù ha molti nomi. Nell’elenco dei nomi c‘è una grande novità. In quel tempo, le genealogie indicavano solo il nome degli uomini. Per questo, sorprende che Matteo metta anche cinque donne tra gli antenati di Gesù: Tamar, Raab, Ruth, la moglie di Uria e Maria. Perché scelse proprio queste cinque donne, e non altre? Questa è la domanda che il vangelo di Matteo lascia a noi.
  • Matteo 1,1-17: La lunga lista di nomi – l’inizio e la fine della genealogia. All’inizio ed alla fine della genealogia, Matteo fa capire chiaramente qual è l’identità di Gesù: lui è il Messia, figlio di Davide e figlio di Abramo. Quale discendente di Davide, Gesù è la risposta di Dio alle aspettative del popolo giudeo. (2 Sam 7,12-16). Quale discendente di Abramo, è fonte di benedizioni e di speranza per tutte le nazioni della terra (Gen 12,13). Così, sia i giudei che i pagani che fanno parte delle comunità della Siria e della Palestina all’epoca di Matteo, potevano vedere le loro speranze realizzate in Gesù. Elaborando l’elenco degli antenati di Gesù, Matteo adotta uno schema di 3 x 14 generazioni (Mt 1,17). Il numero 2 è il numero della divinità. Il numero 14 è due volte 7, che è il numero della perfezione. In quel tempo, era cosa comune interpretare o calcolare l’azione di Dio servendosi di numeri e di date. Per mezzo di questi calcoli simbolici, Matteo rivela la presenza di Dio lungo generazioni ed esprime la convinzione delle comunità che dicevano che Gesù apparve nel tempo stabilito da Dio. Con la sua venuta la storia raggiunge il suo pieno compimento.
  • Il messaggio delle cinque donne citate nella genealogia. Gesù è la risposta di Dio alle aspettative sia dei giudei che dei pagani, pero lo è in modo completamento sorprendente. Nelle storie delle quattro donne dell’AT, citate nella genealogia, c’è qualcosa di anormale. Le quattro erano straniere, concepirono i loro figli fuori dagli schemi normali del comportamento dell’epoca e non soddisfanno le esigenze delle leggi di purezza del tempo di Gesù. Tamar, una cananea, vedova, si veste da prostituta per obbligare Giuda ad esserle fedele e a dargli un figlio (Gen 38,1-30). Raab, una cananea, prostituta di Gerico, fece alleanza con gli israeliti. Li aiutò ad entrare nella Terra Promessa e professò la fede in un Dio che libera dall’Esodo. (Gs

2,1-21). 

  • Betsabea, una ittita, moglie di Uria, fu sedotta, violentata e messa incinta dal re Davide, che oltre a ciò, ordinò di uccidere il marito (2 Sam 11,1-27). Ruth, una moabita, vedova povera, scelse di restare con Noemi ed aderire al popolo di Dio (Rt 1,16-18). Consigliata da sua suocera Noemi, Ruth imita Tamar e passa la notte insieme a Booz, obbligandolo ad osservare la legge e a dargli un figlio. Dalla loro relazione nasce Obed, il nonno del re Davide (Rt 3,1-15;4,13-17). Queste quattro donne questionano i modelli di comportamento imposti dalla società patriarcale. E così le loro iniziative poco convenzionali daranno continuità alla discendenza di Gesù e porteranno la salvezza di Dio a tutto il popolo. Attraverso di loro Dio realizza il suo piano ed invia il Messia promesso. Veramente, il modo di agire di Dio sorprende e fa pensare! Alla fine, il lettore si pone la domanda: “E Maria? C’è in lei qualche irregolarità? Qual è? La risposta ci viene dalla storia di San Giuseppe che segue nel testo di Matteo (Mt 1,18-

23). 

  • Matteo 1,18-23: San Giuseppe, uomo giusto. L’irregolarità in Maria è che rimane incinta prima di convivere con Giuseppe, suo promesso sposo, uomo giusto. Gesù disse: “Se la vostra giustizia non è maggiore della giustizia dei farisei e degli scribi, voi non entrerete nel Regno dei cieli”. Se Giuseppe fosse stato giusto secondo la giustizia

dei farisei, avrebbe dovuto denunciare Maria e lei sarebbe stata lapidata. Gesù sarebbe morto. Grazie alla vera giustizia di Giuseppe, nacque Gesù.

4) Per un confronto personale

  • Quando mi presento agli altri, cosa dico di me e della mia famiglia?
  • Se l’evangelista indica solamente queste cinque donne al lato di oltre quaranta uomini, lui, senza dubbio, vuole comunicare un messaggio. Quale è questo messaggio? Cosa ci dice tutto questo sull’identità di Gesù? E cosa ci dice su di noi?

5) Preghiera finale

Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli.

Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. (Sal 114)

Lectio Divina: sabato, 9 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 6,1-5  

Un giorno di sabato, Gesù passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.

Alcuni farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?” Gesù rispose: “Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?” E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi narra il conflitto relativo all’osservanza del sabato. L’osservanza del sabato era una legge centrale, uno dei Dieci Comandamenti. Legge molto antica che fu riconsiderata nell’epoca dell’esilio. Nell’esilio, la gente doveva lavorare sette giorni a settimana dalla mattina alla sera, sin condizioni per riunirsi e meditare la Parola di Dio, per pregare insieme e per condividere la fede, i loro problemi e le loro speranze. Ecco quindi il bisogno urgente di fermarsi almeno un giorno alla settimana per riunirsi ed incoraggiarsi a vicenda durante la situazione così dura dell’esilio. Altrimenti avrebbero perso la fede. Fu lì che la fede rinacque e si ristabilì con vigore l’osservanza del sabato.
  • Luca 6,1-2: La causa del conflitto. Il sabato, i discepoli attraversano le piantagioni e si aprono cammino strappando spighe. Matteo 12,1 dice che avevano fame (Mt 12,1). I farisei invocano la Bibbia per dire che cosa suppone trasgressione della legge del Sabato: “Perché fate ciò che non è permesso di fare il sabato?” (cf Ex 20,8-11).
  • Luca 6,3-4: La risposta di Gesù. Immediatamente, Gesù risponde ricordando che Davide stesso faceva cose proibite, poiché prese i pani sacri del tempio e li dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Gesù conosceva la Bibbia e la invocava per dimostrare che gli argomenti degli altri non avevano nessuna base. In Matteo, la risposta di Gesù è più completa. Lui non solo invoca la storia di Davide, ma cita anche la Legislazione che permette ai sacerdoti di lavorare il sabato e cita il profeta Osea: “Misericordia voglio e non sacrificio”.
  • Cita un testo biblico e un testo storico, un testo legislativo ed un testo profetico (cf. Mt 12,1-18). In quel tempo, non c’erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c’era solo una Bibbia, scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosce così bene la Bibbia vuol dire che nei 30 anni della sua vita a Nazaret ha partecipato intensamente alla vita comunitaria, dove ogni sabato si leggevano le scritture. A noi manca molto per avere la stessa familiarità con la Bibbia e la stessa partecipazione alla comunità.
  • Luca 6,5: La conclusione per tutti noi. E Gesù termina con questa frase: Il Figlio dell’Uomo è signore del sabato! Gesù, Figlio dell’Uomo, che vive nell’intimità con Dio, scopre il senso della Bibbia non dal di fuori, ma dal di dentro, cioè scopre il senso partendo dalla radice, partendo dalla sua intimità con l’autore della Bibbia che è Dio stesso. Per questo, lui si dice signore del sabato. Nel vangelo di Marco, Gesù relativizza la legge del sabato dicendo: “Il sabato è stato istituito per l’uomo e non l’uomo per il sabato.

4) Per un confronto personale

  • Come passi la Domenica, il nostro “Sabato”? Vai a messa perché obbligato/a, per evitare il peccato o per poter stare con Dio?
  • Gesù conosceva la Bibbia quasi a memoria. Cosa rappresenta la Bibbia per me?

5) Preghiera finale

Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre. (Sal 144)

Lectio Divina: domenica, 10 settembre, 2023

La correzione fraterna in comunità 

Preoccuparsi dei fratelli che si allontanano dalla comunità 

Matteo 18,15-20

1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. 

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura

  1. Una divisione del testo per aiutarne la lettura:

Matteo 18,15-16: Correggere il fratello e ristabilire l’unità 

Matteo 18,17: Chi non ascolta la comunità, si auto esclude 

Matteo 18,18: La decisione presa sulla terra è accettata nel cielo 

Matteo 18,19: La preghiera in comune per il fratello che esce dalla comunità  Matteo 18,20: La presenza di Gesù nella comunità 

  1. Chiave di lettura
  • Il Vangelo di Matteo organizza le parole di Gesù in cinque grandi Sermoni o Discorsi. Ciò indica che verso la fine del primo secolo, epoca in cui si procedette alla redazione finale del Vangelo di Matteo, le comunità cristiane avevano già forme ben concrete di catechesi. I cinque Discorsi erano come cinque grandi saette che indicavano la rotta del cammino. Offrivano criteri concreti per istruire le persone ed aiutarle a risolvere i problemi. Il Sermone della Comunità (Mt 18,1-35), per esempio, presenta istruzioni su come deve essere la convivenza tra i membri della comunità, in modo che questa possa essere una rivelazione del Regno di Dio.
  • In questa 23ª Domenica del Tempo Ordinario leggeremo e mediteremo la seconda parte del Sermone della Comunità e vedremo da vicino due aspetti: la correzione fraterna, come procedere in caso di conflitto tra i membri della comunità (18,15-18) e la preghiera in comune: come preoccuparsi di coloro che sono usciti dalla comunità (18,19-20).
  1. c) Il testo:

15Se il tuo fratello commette una colpa, và e ammoniscilo fra te e lui solo; se ti ascolterà, avrai guadagnato il tuo fratello; 16se non ti ascolterà, prendi con te una o due persone, perché ogni cosa sia risolta sulla parola di due o tre testimoni. 17Se poi non ascolterà neppure costoro, dillo all’assemblea; e se non ascolterà neanche l’assemblea, sia per te come un pagano e un pubblicano. 18In verità vi dico: tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo. 19In verità vi dico ancora: se due di voi sopra la terra si accorderanno per domandare qualunque cosa, il Padre mio che è nei cieli ve la concederà. 20Perché dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

  1. Momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande 

per aiutarci nella meditazione e nella orazione. 

  1. Quale parte del testo ti ha colpito maggiormente? Perché?
  2. Quali sono i consigli che Gesù ci dà per aiutare le persone a risolvere i problemi della comunità e riconciliarsi tra di loro?
  3. Qual’è la esigenza fondamentale che emerge da questi consigli di Gesù?
  4. In Mt 16,19, il potere di perdonare viene dato a Pietro; in Gv 20,23, questo stesso potere viene dato agli apostoli. Qui, il potere di perdonare viene dato alla comunità. La nostra comunità, come usa questo potere di perdonare che Gesù le conferisce?
  5. Gesù ha detto: “Dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro”. Cosa significa questo per noi oggi?

5.      Per   coloro       che desiderano      approfondire maggiormente il testo

  1. a) Contesto in cui il nostro testo appare nel Vangelo di Matteo:

Organizzando le parole di Gesù in cinque grandi sermoni o discorsi, il Vangelo di Matteo imita i cinque libri del Pentateuco e presenta la Buona Novella del Regno come una Nuova Legge. 

La liturgia di questa domenica ci confronta con la Nuova Legge che insegna sulla correzione fraterna all’interno della comunità e sul trattamento da dare a coloro che si escludono dalla vita comunitaria.  b) Commento del testo:

Matteo 18,15-16: Correggere il fratello e ricostruire l’unità. 

Gesù traccia norme semplici e concrete per indicare come procedere in caso di conflitto in comunità. Se un fratello o una sorella peccano, cioè se hanno un comportamento in disaccordo con la vita della comunità, tu non devi denunciarli pubblicamente dinanzi alla comunità. Prima devi parlare da solo con loro. Cerca di sapere i motivi dell’agire dell’altro. Se non ottieni nessun risultato, convoca a due o tre persone della comunità per vedere se ottieni qualche risultato. 

Matteo scrive il suo vangelo attorno agli anni 80 o 90, quasi alla fine del primo secolo, per le comunità dei giudei convertiti, provenienti dalla Galilea e dalla Siria. Se ricorda con tanta insistenza queste frasi di Gesù, è perché, di fatto, in quelle comunità c’era una grande divisione attorno all’accettazione di Gesù Messia. Molte famiglie erano divise e perseguitate dai loro stessi parenti che non accettavano Gesù, in veste di Messia (Mt 10,21.35-36).

Matteo 18,17: Chi non ascolta la comunità, si auto esclude 

In caso estremo, esaurite tutte le possibilità, il caso del fratello reticente bisogna esporlo alla comunità. E se la persona non volesse ascoltare il consiglio della comunità, allora che sia da te considerata “come un pubblicano o un pagano”, cioè come una persona che non appartiene alla comunità, e tanto meno che vuole farne parte. Quindi non sei tu che stai escludendo, ma la persona stessa che si esclude dalla convivenza comunitaria.

Matteo 18,18: La decisione presa sulla terra è accettata nel cielo 

In Mt 16,19, il potere di perdonare viene dato a Pietro; in Gv 20,23, questo stesso potere viene dato agli apostoli. Ora, in questo testo, il potere di perdonare viene dato alla comunità: “tutto quello che legherete sopra la terra sarà legato anche in cielo e tutto quello che scioglierete sopra la terra sarà sciolto anche in cielo”. Qui appare l’importanza della riconciliazione e l’enorme responsabilità della comunità nel suo modo di trattare i membri. Non scomunica la persona, ma semplicemente ratifica l’esclusione che la persona già aveva assunto pubblicamente uscendo dalla comunità.

Matteo 18,19: La preghiera in comune per il fratello che esce dalla comunità 

Questa esclusione non significa che la persona sia abbandonata alla sua propria sorte.

Anzi! 

Può stare separata dalla comunità, ma non starà separata da Dio. Per questo, se la conversazione in comunità non ha dato nessun risultato e se la persona non vuole più integrarsi nella vita della comunità, continuiamo ad avere l’obbligo di pregare insieme il Padre per ottenere la riconciliazione. E Gesù garantisce che il Padre ascolterà.

Matteo 18,20: La presenza di Gesù nella comunità 

Il motivo della certezza di essere ascoltati é la promessa di Gesù: “Lì dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro!” Gesù dice che lui è il centro, l’asse della comunità e, come tale, insieme alla comunità prega il Padre, affinché conceda il dono del ritorno del fratello che si è escluso. 

  1. c) Approfondimento:

La comunità come spazio alternativo di solidarietà e di fraternità: 

Oggi, la società neo-liberale, segnata dal consumismo, è dura e senza cuore. Non è forte in essa l’accoglienza dei poveri, dei piccoli, degli stranieri, degli profughi. Il denaro non concede la misericordia. Anche la società dell’Impero Romano era dura e senza cuore, senza spazio per i piccoli. Loro cercavano un rifugio per il loro cuore, senza trovarlo. Anche le sinagoghe erano esigenti e non offrivano loro un luogo di riposo. Nelle comunità cristiane, c’erano persone che volevano introdurre il rigore dei farisei nell’osservanza della Legge. Portavano all’interno della convivenza fraterna gli stessi criteri ingiusti della società e della sinagoga. E così nelle comunità cominciavano ad emergere le stesse divisioni della società e della sinagoga tra giudei e non giudei, ricchi e poveri, dominati e sottomessi, parola e silenzio, uomo e donna, razza e religione. Ed invece di fare della comunità uno spazio di accoglienza, questa diveniva un luogo di condanna. Ricordando le parole di Gesù nel Discorso della Comunità, Matteo vuole illuminare il cammino dei cristiani, in modo che la comunità sia uno spazio alternativo di solidarietà e di fraternità. Deve essere una Buona Notizia per i poveri. 

La scomunica e l’esclusione dalla convivenza fraterna: 

Gesù non vuole aumentare l’esclusione. Anzi, vuole favorire l’inclusione. Ha fatto questo tutta la sua vita: accogliere e reintegrare le persone che, in nome di un falso concetto di Dio, erano escluse dalla comunità. Ma certo lui non può impedire che una persona in disaccordo con la Buona Notizia del Regno, si rifiuti di appartenere alla comunità e si escluda da essa. Ciò che fecero alcuni farisei e dottori della legge. Ma pur così, la comunità deve comportarsi come il Padre della parabola del Figlio Prodigo. Deve mantenere nel cuore il fratello e pregare per lui, in modo che cambi idea e ritorni in comunità.

6. Preghiera: Salmo 32 (2-11)

 La confessione libera dal peccato 

Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato.

Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno.

Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre gemevo tutto il giorno.

Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore.

Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore.

Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.

Per questo ti prega ogni fedele nel tempo dell’angoscia.

Quando irromperanno grandi acque non lo potranno raggiungere.

Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo, mi circondi di esultanza per la salvezza.

Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire; con gli occhi su di te, ti darò consiglio. Non siate come il cavallo e come il mulo privi d’intelligenza; si piega la loro fierezza con morso e briglie, se no, a te non si avvicinano.

Molti saranno i dolori dell’empio, ma la grazia circonda chi confida nel Signore. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate, voi tutti, retti di cuore.

7. Orazione Finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 11 settembre, 2023

Tempo ordinario 

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 6,6-11  

Un sabato, Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui. 

Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Alzati e mettiti nel mezzo!”.  L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato. 

Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”. E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: “Stendi la mano!”. Egli lo fece e la mano guarì. 

Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.

3) Riflessione

  • Il nostro brano ci presenta Gesù che guarisce un uomo dalla mano inaridita. A differenza del contesto dei capp. 3-4 in cui Gesù era solo, ora è circondato da discepoli e donne che si muovono insieme con lui. Un Gesù, quindi, in movimento. Nelle prime fasi di questo cammino il lettore incontra diversi modi di ascolto della Parola di Gesù da parte di coloro che lo seguono e che in definitiva potrebbero essere sintetizzati in due esperienze, le quali richiamano a loro volta due tipi di approccio: quello di Pietro (5,1-11) e quella del centurione (7,1-10). Il primo incontra Gesù che lo invita dopo una pesca miracolosa a diventare pescatori di uomini; poi, cade in ginocchio davanti a Gesù: «Allontanati da me, perché sono un uomo peccatore,

Signore» (5,8). 

  • Il secondo non ha con Gesù nessuna comunicazione diretta: ha sentito parlare molto bene di Gesù e gli invia degli intermediari per chiedere la guarigione di un suo servo che sta morendo; chiede qualcosa non per sé, ma per una persona che gli sta molto a cuore. La figura di Pietro esprime l’atteggiamento di chi, scoperto peccatore, mette tutto il proprio agire sotto l’influsso della Parola dei Gesù. Il centurione, mostrando sollecitudine per il servo, apprende ad ascoltare Dio. Ebbene, tra questi itinerari o atteggiamenti che caratterizzano il cammino itinerante di Gesù viene collocata la guarigione dell’uomo che presenta una mano inaridita.
  • L’evento miracolo avviene in un contesto di dibattito o controversia: le spighe strappate in giorno di sabato e su un azione di guarigione in giorno di sabato, appunto la mano inaridita. Tra le due discussioni gioco un ruolo cruciale la parola di Gesù: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (6,5). Restando al nostro brano ci chiediamo, qual è il significato di questa mano inaridita? È simbolo della salvezza dell’uomo che viene riportato al suo momento originario, quello della creazione. La mano destra, poi, esprime l’agire umano. Gesù restituisce a questo giorno della settimana, il sabato, il significato più profondo: è il giorno della letizia, della restaurazione e non della limitazione. Quello che Gesù mostra è il sabato messianico e non quello legalistico: le guarigioni che egli opera sono segni del tempo messianico, della restaurazione, della liberazione del’uomo.
  • La dinamica del miracolo. Luca pone davanti a Gesù un uomo dalla mano inaridita, secca, paralizzata. Nessuno è interessato a chiedere la sua guarigione e tantomeno il diretto interessato. Eppure la malattia non era solo un problema individuale ma i suoi effetti si ripercuotono per tutta la comunità. Ma nel nostro racconto non emerge tanto il problema della malattia quanto il suo aspetto con il sabato. Gesù viene criticato perché ha guarito in giorno di sabato. La differenza con i farisei sta nel fatto che questi in giorno di sabato non agiscono in base al comandamento dell’amore che l’essenza della legge.
  • Gesù, dopo aver ordinato all’uomo di porsi al centro dell’assemblea, formula una domanda decisiva: «è lecito o no guarire in giorno di sabato?». Gli spazi per la risposta sono ristretti: guarire o non guarire, ovvero, guarire o distruggere (v.9). Immaginiamo

la difficoltà dei farisei: è da escludere che si possa fare del male in giorno di sabato o condurre l’uomo alla perdizione, né tantomeno guarire poiché l’aiuto era solo permesso in caso di estrema necessità. I farisei si sentono provocati e questo genera la loro aggressività. Ma appare evidente che l’intenzione con cui Gesù guarisce di sabato è per procurare il bene dell’uomo e in primo luogo di chi è ammalato.  

  • Questa motivazione d’amore ci invita a riflettere sul nostro comportamento e a fondarlo su quello di Gesù che salva. Gesù non è solo attento alla guarigione del malato ma è interessato anche a quella dei suoi avversari: guarirli dal loro atteggiamento distorto nell’osservare la legge; osservare il sabato senza risollevare il prossimo dalle sue malattie non è conforme al volere di Dio. Per l’evangelista la funzione del sabato è di fare del bene, salvare, come Gesù ha fatto nella sua vita terrena.

4) Per un confronto personale

  • Ti senti coinvolto nelle parole di Gesù: come ti impegni nel tuo servizio alla vita? Sai creare le condizioni perché l’altro viva al meglio?
  • Sai mettere al centro della tua attenzione e del tuo impegno ogni uomo e tutte le sue esigenze?

5) Preghiera finale

Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine. 

Tu li proteggi e in te si allieteranno quanti amano il tuo nome. (Sal 5)

Lectio Divina: martedì, 12 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 6,12-19  

In quei giorni, Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione.  Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore. 

Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidóne, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti. 

Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.

3) Riflessione 

  • Il brano di oggi ci presenta due fatti: la scelta dei dodici apostoli (Lc 6,12-16) e l’enorme moltitudine che vuole incontrare Gesù (Lc 6,17-19). Il vangelo ci invita a riflettere sui Dodici che furono scelti per vivere con Gesù, essendo apostoli. I primi cristiani ricordarono e registrarono i nomi di questi Dodici e di alcuni altri uomini e donne che seguirono Gesù e che dopo la sua risurrezione cominciarono a creare le comunità per il mondo di fuori. Anche oggi, tutti ricordano qualche catechista o persona significativa per la propria formazione cristiana.
  • Luca 6,12-13: La scelta dei 12 apostoli. Prima di scegliere definitivamente i dodici apostoli, Gesù trascorse una notte intera in preghiera. Prega per sapere chi scegliere, e sceglie i Dodici, i cui nomi sono nei vangeli e che riceveranno il nome di apostolo. Apostolo significa inviato, missionario. Loro furono chiamati per svolgere una missione, la stessa missione che Gesù ricevette dal Padre (Gv 20,21). Marco concreta di più e dice che Dio li chiamò per stare con lui e li manda in missione (Mc 3,14).
  • Luca 6,14-16: I nomi dei 12 apostoli. Con piccole differenze i nomi dei Dodici sono uguali nei vangeli di Matteo (Mt 10,2-4), Marco (Mc 3,16-19) e Luca (Lc 6,14-16). Gran parte di questi nomi vengono dall’AT. Per esempio, Simeone è il nome di uno dei figli del patriarca Giacobbe (Gen 29,33). Giacomo è il nome stesso di Giacobbe (Gen 25,26). Giuda è il nome dell’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Matteo aveva anche il nome di Levi (Mc 2,14), l’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Dei dodici apostoli, sette hanno il nome che viene dal tempo dei patriarchi: due volte Simone, due volte Giacomo, due volte Giuda, ed una volta Levi! Ciò rivela la saggezza e la pedagogia della gente. Mediante i nomi dei patriarchi e delle ‘matriarche’, dati ai figli ed alle figlie, la gente mantiene viva la tradizione degli antichi ed aiuta i propri figli a non perdere l’identità. Quali sono i nomi che oggi diamo ai nostri figli ed alle nostre figlie?
  • Luca 6,17-19: Gesù scende dalla montagna e la gente lo cerca. Scendendo dalla montagna con i dodici, Gesù incontra una moltitudine immensa di gente che cercava di ascoltare la sua parola e di toccarlo, perché sapeva che lui sprigionava una forza di vita. Tra questa moltitudine c’erano giudei e stranieri, gente della Giudea ed anche di Tiro e Sidone. Era gente abbandonata, disorientata. Gesù accoglie tutti coloro che lo cercano. Giudei e pagani! Questo è uno dei temi preferiti da Luca!
  • Queste dodici persone, chiamate da Gesù per formare la prima comunità, non erano sante. Erano persone comuni, come tutti noi. Avevano le loro virtù ed i loro difetti. I vangeli informano molto poco sul temperamento e il carattere di ciascuna di loro. Ma ciò che dicono, anche se poco, è per noi motivo di consolazione:
    • Pietro era una persona generosa e piena di entusiasmo (Mc 14,29.31; Mt 14,28-29), ma nel momento del pericolo e della decisione, il suo cuore diventa piccolo e fa marcia indietro (Mt 14,30; Mc 14,66-72). Giunge ad essere satana per Gesù (Mc 8,33). Gesù lo chiama Pietra (Pietro). Pietro di per sé non era Pietra. Diventa pietra (roccia), perché Gesù prega per lui (Lc 22,31-32).
    • Giacomo e Giovanni, fratelli, sono disposti a soffrire con e per Gesù (Mc 10,39), ma erano molto violenti (Lc 9, 54). Gesù li chiama “figli del tuono” (Mc 3,17). Giovanni sembrava avere una certa invidia. Voleva Gesù solo per il suo gruppo (Mc 9,38).
    • Filippo aveva un modo di fare accogliente. Sapeva mettere gli altri a contatto con

Gesù (Gv 1,45-46), ma non era molto pratico nel risolvere i problemi (Gv 12,20-22; 6,7).

A volte, era molto ingenuo. Ci fu un momento in cui Gesù perse la pazienza con lui:

Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14,8-9) 

  • Andrea, fratello di Pietro ed amico di Filippo, era più pratico. Filippo ricorre a lui per risolvere i problemi (Gv 12,21-22). Andrea chiama Pietro (Gv 1,40-41), ed Andrea trovò il fanciullo con cinque pani e due pesci (Gv 6,8-9).
  • Bartolomeo sembra essere lo stesso che Natanaele. Costui era di lì e non poteva ammettere che qualcosa di buono potesse venire da Nazaret (Gv 1,46).
  • Tommaso fu capace di sostenere la sua opinione, una settimana intera, contro la testimonianza di tutti gli altri (Gv 20,24-25). Ma quando vide che si era sbagliato non ebbe paura di riconoscere il suo errore (Gv 20,26-28). Era generoso, disposto a morire con Gesù (Gv 11,16).
  • Matteo o Levi era pubblicano, esattore, come Zaccheo (Mt 9,9; Lc 19,2). Erano persone impegnate nel sistema oppressiva dell’epoca.
  • Simone, invece, sembra che appartenesse al movimento che si opponeva radicalmente al sistema che l’impero romano imponeva al popolo giudeo. Per questo lo chiamavano anche Zelota (Lc 6,15). Il gruppo dei Zeloti giunse a provocare una rivolta armata contro i romani.
  • Giuda era colui che si occupava del denaro nel gruppo (Gv 13,29). Tradisce Gesù. – Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo, di questi due i vangeli non dicono nulla, salvo il nome.

4) Per un confronto personale

  • Gesù trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione ne trai?
  • Ricordi le persone che hanno dato origine alla comunità a cui appartieni? Cosa ricordi di loro: il contenuto di ciò che insegnavano o la loro testimonianza?

5) Preghiera finale

Lodino il suo nome con danze, con timpani e cetre gli cantino inni.  Il Signore ama il suo popolo, incorona gli umili di vittoria. (Sal 149)

Lectio Divina: mercoledì, 13 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 6,20-26

In quel tempo, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva: “Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio.

Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati.

Beati voi che ora piangete, perché riderete.

Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i profeti.

Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.

Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.

Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.

Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo infatti facevano i loro padri con i falsi profeti”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci riporta quattro beatitudini e quattro maledizioni del Vangelo di Luca. C’è una rivelazione progressiva nel modo in cui Luca presenta l’insegnamento di Gesù. Fino a 6,16, dice molte volte che Gesù insegnava alla gente, pero non descriveva il contenuto dell’insegnamento (Lc 4,15.31-32.44; 5,1.3.15.17; 6,6). Ora, dopo aver informato che Gesù vede la moltitudine desiderosa di ascoltare la parola di Dio, Luca riporta il primo grande discorso che inizia con le esclamazioni: “Beati, voi poveri!” e “Guai a voi, ricchi!”, ed occupa tutto il resto del capitolo (Lc 6,12-49). Alcuni chiamano questo discorso il “Discorso della Pianura”, perché secondo Luca, Gesù scese dal monte e si fermò in un luogo in pianura dove pronunciò il suo discorso. Nel vangelo di Matteo, questo stesso discorso è fatto sulla montagna (Mt 5,1) ed è chiamato “il Discorso della Montagna”. In Matteo, nel discorso ci sono otto beatitudini, che tracciano un programma di vita per le comunità cristiane di origine giudaica. In Luca, il sermone è più breve e più radicale. Contiene solo quattro beatitudini e quattro maledizioni, indirizzate alle comunità ellenistiche, costituite da ricchi e da poveri. Questo discorso di Gesù sarà meditato nei prossimi giorni.
  • Luca 6,20: Beati voi, poveri! Guardando i discepoli, Gesù dichiara: “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli!” Questa dichiarazione identifica la categoria sociale dei discepoli. Loro sono poveri! Ed a loro Gesù promette: “Il Regno è vostro!” Non è una promessa fatta per il futuro. Il verbo è presente. Il Regno appartiene già a loro. Loro sono beati fin da ora. Nel vangelo di Matteo, Gesù esplicita il senso e dice:”Beati i poveri in Spirito!” (Mt 5,3). Sono i poveri che hanno lo Spirito di Gesù. Perché ci sono poveri con la mentalità di ricchi. I discepoli di Gesù sono poveri con mentalità di poveri. Come Gesù, non vogliono accumulare, ma assumono la loro povertà e con lui, lottano per una convivenza più giusta, dove ci sia fraternità e condivisione di beni, senza discriminazione.
  • Luca 6,21-22: Beati voi, che ora avete fame e piangete! Nella seconda e terza beatitudine Gesù dice: “Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati! Beati voi che ora piangete, perché riderete!” Una parte delle frasi è al presente e l’altra è al futuro. Ciò che ora viviamo e soffriamo non è definitivo. Ciò che è definitivo è il Regno che stiamo costruendo oggi con la forza dello Spirito di Gesù. Costruire il Regno suppone dolore e persecuzione, ma una cosa è certa: il Regno giungerà, e “voi sarete saziati e riderete!”
  • Luca 6,23: Beati sarete, quando vi odieranno…! La 4ª beatitudine si riferisce al futuro: “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e vi metteranno al bando a causa del Figlio dell’Uomo! Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa, perché così sono stati trattati i profeti!” Con queste parole di Gesù, Luca incoraggia le comunità del suo tempo, che erano perseguitate. La sofferenza non è rantolo di morte, ma dolore di parto. Fonte di speranza! La persecuzione era un segno che il futuro annunciato da Gesù stava giungendo. Le comunità andavano per il cammino giusto.
  • Luca 6,24-25: Guai a voi ricchi! Guai a voi che ora siete sazi e ridete! Dopo le quattro beatitudini a favore dei poveri e degli esclusi, seguono quattro minacce o maledizioni contro i ricchi e coloro a cui tutto va bene e sono elogiati da tutti. Le quattro minacce hanno la stessa forma letteraria identica alle quattro beatitudini. La prima è al presente. La seconda e la terza hanno una parte al presente ed un’altra al futuro. E la quarta si riferisce completamente al futuro. Queste minacce si trovano solo nel vangelo di Luca e non in quello di Matteo. Luca è più radicale nella denuncia dell’ingiustizia.
  • Dinanzi a Gesù, nella pianura non ci sono ricchi. Solo c’è gente povera e malata, venuta da tutte le parti (Lc 6,17-19). Ma Gesù dice: “Guai a voi, ricchi!” Perché Luca, nel trasmettere queste parole di Gesù, sta pensando più alle comunità del suo tempo. In loro ci sono ricchi e poveri, e c’è discriminazione dei poveri da parte dei ricchi, la stessa che marcava la struttura dell’Impero Romano (cf. Gc 5,1-6; Apc 3,17-19). Gesù critica duramente e direttamente i ricchi: Voi ricchi, avete già ricevuto la consolazione! Siete già sazi, ma avrete fame! Ora state ridendo, ma sarete afflitti e piangerete! Segno che per Gesù la povertà non è una fatalità, né è frutto di pregiudizi, ma è frutto di arricchimento ingiusto da parte degli altri.
  • Luca 6,26: Guai a voi quando tutti diranno bene di voi, perché così trattarono anche i falsi profeti!” Questa quarta minaccia si riferisce ai figli di coloro che nel passato elogiavano i falsi profeti. Perché alcune autorità dei giudei usavano il loro prestigio e la loro autorità per criticare Gesù.

4) Per un confronto personale

  • Guardiamo la vita e le persone con lo stesso sguardo di Gesù? Cosa pensi nel tuo cuore: una persona povera ed affamata è veramente felice? I racconti che vediamo in televisione e la propaganda del commercio, quale ideale di felicità ci presentano?
  • Dicendo “Beati i poveri”, Gesù stava volendo dire che i poveri devono continuare ad essere poveri?

5) Preghiera finale

Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere.

Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. (Sal 114)

Lectio Divina: giovedì, 14 settembre, 2023

Esaltazione della Santa Croce, Festa

Giovanni 3,13-17 

Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna.

1. Lectio Divina

  1. a) Orazione iniziale

O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione.  Per Cristo nostro Signore.

  1. Lettura del vangelo: Giovanni 3,13-17

In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo: «Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.

Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna. 

Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui». 

  1. Momenti di silenzio orante perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.

2. Meditatio

  1. a) Chiave di lettura

Il testo propostoci dalla liturgia è tratto dalla Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Non ci deve sorprendere il fatto che il brano scelto per questa celebrazione faccia parte del quarto vangelo, perché è proprio questo vangelo che presenta il mistero della croce del Signore, come esaltazione. Questo è chiaro già dagli inizi del vangelo: “come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14; Dn 7,13). Giovanni ci spiega il mistero del Verbo incarnato nel movimento paradossale della discesa-ascesa (Gv 1,14.18; 3,13). È questo mistero infatti che offre la chiave di lettura per capire l’evolversi dell’identità e della missione del Gesù Cristo passus et gloriosus, e possiamo ben dire che questo non vale soltanto per il testo giovanneo. La lettera agli Efesini, per esempio, fa uso di questo movimento paradossale per spiegare il mistero di Cristo: “Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?” (Ef 4,9).

Gesù è il Figlio di Dio che diventando Figlio dell’uomo (Gv 3,13) ci fa conoscere i misteri di Dio (Gv 1,18). Questo lo può fare solo lui, in quanto lui solo ha visto il Padre (Gv 6,46).  Possiamo dire che il mistero del Verbo che discende dal cielo risponde all’anelito dei profeti: chi salirà al cielo per svelarci questo mistero? (cfr. Dt 30,12; Pr 30,4). Il quarto vangelo è strapieno di riferimenti al mistero di colui che “è dal cielo” (1Cor 15,47). Queste sono alcune citazioni: Gv 6,33.38.51.62; 8,42; 16,28-30; 17,5.

L’esaltazione di Gesù sta proprio nella sua discesa a noi, fino alla morte, e alla morte di croce, sulla quale egli è stato innalzato come il serpente nel deserto, il quale

“chiunque… lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21,7-9; Zc 12,10). Questo guardare a Cristo innalzato, Giovanni lo ricorderà nella scena della morte di Gesù: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Nel contesto del quarto vangelo, il volgere lo sguardo vuole significare, “conoscere”, “comprendere”, “vedere”.

Spesso nel vangelo di Giovanni, Gesù si riferisce al suo innalzamento: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono” (Gv 8,28); “‘quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me’. Così diceva per indicare di qual morte doveva morire” (Gv 12,32-33). Anche nei Sinottici Gesù annunzia ai suoi discepoli il mistero della sua condanna e morte di croce (vedi Mt 20,17-19; Mc 10,32-34; Lc 18,31-33). Infatti, il Cristo doveva “soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria” (Lc 24,26).

Questo mistero rivela il grande amore che Dio ci porta. Egli è il figlio dato a noi, “perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”; questo figlio che noi abbiamo rifiutato e crocifisso. Ma proprio in questo rifiuto da parte nostra, Dio ci ha manifestato la sua fedeltà e il suo amore che non si ferma davanti alla durezza del nostro cuore. Anche con il nostro rifiuto e disprezzo, egli opera la nostra salvezza (cfr. At 4,27-28), rimanendo saldo nel compiere il suo piano di misericordia: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”. 

  1. b) Alcune domande per orientare la riflessione meditativa e l’attualizzazione.
  • Cosa ti ha colpito dal vangelo?
  • Che cosa significa per te l’esaltazione di Cristo e della sua croce?
  • Quali conseguenze comporta nel vissuto della fede questo movimento paradossale di discesa-ascesa?

3. Oratio

Salmo 78 

Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca.

Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi. Quando li faceva perire, lo cercavano, ritornavano e ancora si volgevano a Dio; ricordavano che Dio è loro rupe, e Dio, l’Altissimo, il loro salvatore; lo lusingavano con la bocca e gli mentivano con la lingua; il loro cuore non era sincero con lui e non erano fedeli alla sua alleanza.

Ed egli, pietoso, perdonava la colpa, li perdonava invece di distruggerli. Molte volte placò la sua ira e trattenne il suo furore.

  1. Contemplatio

«Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,11).

Lectio Divina: venerdì, 15 settembre, 2023

Vergine Maria Addolorata

1) Preghiera

O Padre, che accanto al tuo Figlio, innalzato sulla croce, hai voluto presente la sua Madre Addolorata: fa’ che la santa Chiesa, associata con lei alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 19,25-27  

In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala.

Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco il tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco la tua madre!” E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Parola del Signore.

3) Riflessione

  • Oggi, festa dell’Addolorata, il vangelo del giorno ci presenta il passaggio in cui Maria, madre di Gesù, ed il discepolo amato, si incontrano sul calvario dinanzi alla Croce. La Madre di Gesù appare due volte nel vangelo di Giovanni: all’inizio, alle nozze di Cana (Gv 2,1-5), ed alla fine, ai piedi della Croce (Gv 19,25-27). Questi due episodi, presenti solo nel vangelo di Giovanni, hanno un valore simbolico assai profondo. Il vangelo di Giovanni, paragonato agli altri tre vangeli, è come una radiografia degli altri tre, mentre che gli altri tre sono solo una fotografia dell’accaduto. Il raggio X della fede aiuta a scoprire negli eventi dimensioni che l’occhio umano non riesce a percepire. Il vangelo di Giovanni, oltre a descrivere i fatti, rivela la dimensione simbolica che esiste in essi. Così, nei due casi, a Cana ed ai piedi della Croce, la Madre di Gesù rappresenta simbolicamente l’Antico Testamento in attesa della venuta del Nuovo Testamento e, nei due casi, lei contribuisce all’avvento del Nuovo. Maria appare come l’anello tra ciò che c’era prima e ciò che verrà dopo. A Cana simbolizza l’AT, percepisce i limiti dell’ Antico e prende l’iniziativa affinché giunga il Nuovo. Dice a suo Figlio: “Non hanno vino!” (Gv 2,3). E sul Calvario? Vediamo:
  • Giovanni 19, 25: Le donne ed il Discepolo Amato, insieme ai piedi della Croce. Così dice il Vangelo: “La madre di Gesù, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Maria Maddalena stavano presso la Croce di Gesù”. La “fotografia” mostra la madre insieme al figlio, in piedi. Donna forte, che non si lascia abbattere. “Stabat Mater Dolorosa!” E’ una presenza silenziosa che appoggia il figlio nel suo dono fino alla morte, ed alla morte di croce (Fil 2,8). Ma il “raggio-X” della fede mostra come avviene il passaggio dall’AT al NT. Come è avvenuto a Cana, la Madre di Gesù rappresenta l’AT, la nuova umanità che si forma a partire dal vissuto del Vangelo del Regno. Alla fine del primo secolo, alcuni cristiani pensavano che l’AT non era più necessario. Infatti, all’inizio del secondo secolo, Marcione rifiutò tutto l’AT e rimase solo con una parte del NT. Per questo, molti volevano sapere quale fosse la volontà di Gesù riguardo a questo.
  • Giovanni 19,26-28: Il Testamento o la Volontà di Gesù. Le parole di Gesù sono significative. Vedendo sua madre, ed accanto a lei il discepolo amato, Gesù dice: “Donna, ecco tuo figlio.” Dopo dice al discepolo: “Ecco tua madre.” L’Antico ed il Nuovo Testamento devono camminare insieme. La richiesta di Gesù, il discepolo amato, il figlio, il NT, riceva la Madre, l’AT, a casa sua. Nella casa del Discepolo Amato, nella comunità cristiana, si scopre il senso pieno dell’AT. Il Nuovo non si capisce senza l’Antico, né l’Antico è completo senza il Nuovo. Sant’ Agostino diceva: “Novum in vetere latet, Vetus in Novo patet”. (Il Nuovo è nascosto nell’Antico. L’Antico sboccia nel Nuovo). Il Nuovo senza l’Antico sarebbe un edificio senza basi. E l’Antico senza il Nuovo sarebbe un albero fruttale che non arriva a dare frutti.
  • Maria nel Nuovo Testamento. Di Maria parla poco il NT, e lei dice ancora meno. Maria è la Madre del silenzio. La Bibbia conserva appena sette parole di Maria. Ognuna di esse e come una finestra che permette uno sguardo dentro la casa di Maria e scoprire come era il suo rapporto con Dio. La chiave per capire tutto questo ci viene data da Luca: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.” (Lc 11,27-28)
  • 1ª Parola: “Como può avvenire ciò se non conosco uomo!” (Lc 1,34) 2ª Parola: “Ecco la serva del Signore, si faccia in me secondo la tua parola!” (Lc 1,38) 3ª Parola: “L’anima mia glorifica il Signore, esulta il mio spirito in Dio mio Salvatore!” (Lc 1,46-55) 4ª Parola: “Figlio mio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo”

(Lc 2,48). 5º Parola: “Non hanno vino!” (Gv 2,3) 6ª Parola: “Fate tutto ciò che vi dirà!” (Gv 2,5) 7ª Parola: Il silenzio ai piedi della Croce, più eloquente di mille parole! (Gv 19,25-27)

4) Per un confronto personale

  • Maria ai piedi della Croce. Donna forte e silenziosa. Come è la mia devozione a Maria, madre di Gesù?
  • Nella Pietà di Michelangelo, Maria sembra molto giovane, più giovane del figlio crocifisso, quando doveva avere per lo meno una cinquantina di anni. Chiestogli perché aveva scolpito il volto di Maria da giovane, Michelangelo rispose: “Le persone appassionate di Dio non invecchiano mai!” Appassionata di Dio! C’è in me questa passione per Dio?

5) Preghiera finale

Quanto è grande la tua bontà, Signore!

La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia davanti agli occhi di tutti. (Sal 30)

Lectio Divina: sabato, 16 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 6,43-49  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo. 

L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore. 

Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico? 

Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene. 

Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò; e la rovina di quella casa fu grande”.

3) Riflessione 

  • Il vangelo di oggi ci riporta la parte finale del Discorso della Pianura che è la versione che Luca presenta del Sermone della Montagna del vangelo di Matteo. E Luca riunisce quanto segue:
  • Luca 6,43-45: La parabola dell’albero che da buoni frutti. “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero infatti si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.” La lettera dell’apostolo Giacomo serve da commento a questa parola di Gesù: “Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.” (Giacomo 3,11-12). Una persona ben formata nella tradizione della convivenza comunitaria fa crescere dentro di sé una buona indole che la porta a praticare il bene. “Trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore,” ma la persona che non fa attenzione alla sua formazione avrà difficoltà a produrre cose buone. Anzi, “dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.” Riguardo il “buon tesoro del cuore” vale la pena ricordare ciò che dice il libro dell’Ecclesiastico sul cuore, fonte del buon consiglio: “Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta vuole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Al di sopra di tutto questo prega l’Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità.” (Eclo 37,13-15).
  • Luca 6,46: Non basta dire, Signore, Signore. L’importante non è dire cose belle su Dio, ma fare la volontà del Padre ed essere così una rivelazione del suo volto e della sua presenza nel mondo.
  • Luca 6,47-49: Costruire la casa sulla rocca. Ascoltare e mettere in pratica, ecco la conclusione finale del Discorso della Montagna. Molta gente cercava sicurezza e potere religioso in doni straordinari o nelle osservanze. Ma la sicurezza vera non viene dal potere, non viene da nulla di ciò. Viene da Dio. E Dio diventa fonte di sicurezza, quando cerchiamo di fare la sua volontà. E così lui sarà la rocca che ci sostiene, nell’ora delle difficoltà e delle tormente.
  • Dio rocca della nostra vita. Nel libro dei Salmi, frequentemente troviamo l’espressione: Dio è la mia rocca, la mia fortezza…… Mio Dio, rocca mia, mio rifugio, mio scudo, la forza che mi salva…” (Sal 18,3). Lui è la difesa e la forza di coloro che credono in lui e che cercano la giustizia (Sal 18,21.24). Le persone che hanno fiducia in questo Dio, diventano a loro volta, una rocca per gli altri. Cosi il profeta Isaia invita la gente che stava nell’esilio: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito” (Is 51,1-2). Il profeta chiede alla gente di non dimenticare il passato e di ricordare Abramo e Sara che per la loro fede in Dio diventano rocca, inizio del popolo di Dio. Guardando verso questa rocca, la gente doveva trarre coraggio per lottare ed uscire dall’esilio.
  • E cosi Matteo esorta le comunità ad avere come fonte di sicurezza questa stessa rocca (Mt 7,24-25) e cosi essere loro stesse rocce per rafforzare i loro fratelli nella fede. Questo è anche il significato che Gesù da a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Questa è la vocazione delle prime comunità chiamate ad unirsi a Gesù, la pietra viva, per diventare anche loro pietre vive ascoltando e mettendo in pratica la Parola (Pd 2,4-10; 2,5; Ef 2,19-22).

4) Per un confronto personale

  • Qual è la qualità del mio cuore?
  • La mia casa è costruita sulla rocca?

5) Preghiera finale

Sei tu Signore che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre.  Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere. (Sal 138)

Lectio Divina: domenica, 17 settembre, 2023

Riconciliazione 

La grazia di poter perdonare il fratello e la sorella 

Matteo 18,21-35

1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. 

Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. 

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura

  1. Una divisione del testo per aiutarne la lettura:

Matteo 18,21: La domanda di Pietro 

Matteo 18,22: La risposta di Gesù 

Matteo 18,23-26: 1ª Parte della parabola 

Matteo 18,27-30: 2ª Parte della parabola  Matteo 18,31-35: 3ª Parte della parabola 

  1. Chiave di lettura:

Nel Vangelo di questa 24° Domenica del Tempo Ordinario Gesù ci parla della necessità di perdonare i nostri fratelli. Non è facile perdonare. Ci sono offese ed insulti che continuano a colpire il cuore. Alcune persone dicono: “Perdono, ma non dimentico.” Non riesco a dimenticare! Risentimento, tensioni, opinioni diverse, provocazioni, rendono difficile il perdono e la riconciliazione. Perché perdonare è così difficile? Nella mia famiglia e nella mia comunità, nel mio lavoro e nelle mie relazioni, creo o no uno spazio per la riconciliazione e per il perdono? Come? Meditiamo la terza parte del “Sermone della Comunità” (Mt 18,21-35), in cui Matteo riunisce le parole e le parabole di Gesù sul perdono senza limiti. Durante la lettura, pensi a te stesso e cerca di rivedere la tua vita.

  1. Il testo:

21Allora Pietro gli si avvicinò e gli disse: «Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?». 22E Gesù gli rispose: «Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.

23A proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi.

24Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. 25Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito. 26Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa. 27Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito. 28Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! 29Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. 30Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. 31Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. 32Allora il padrone fece chiamare quell`’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. 33Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? 34E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto. 35Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello».

  1. Momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande 

per aiutarci nella meditazione e nella orazione. 

  1. Quale è la parte della parabola che ti ha colpito maggiormente? Perché?
  2. Quali sono i diversi consigli che Gesù ci da per aiutarci a riconciliarci ed a perdonare?
  3. Guardando nello specchio della parabola, con quale personaggio mi identifico di più: con il re che vuole fare i conti con i suoi servi, o con il servo perdonato che non vuole perdonare il suo compagno?
  4. Guardando la realtà della nostra famiglia, della nostra comunità, della nostra chiesa, della nostra società e del nostro mondo, c’è tra di noi uno spazio per il perdono e per la riconciliazione? Dove e come possiamo cominciare, in modo che la riconciliazione si irradi tra di noi?

5.      Per   coloro       che desiderano      approfondire maggiormente il testo

  1. Contesto in cui il nostro testo appare nel Vangelo di Matteo:

Il paragone di cui si serve Gesù per illustrare l’obbligo di perdonare e riconciliare unisce parabola ed allegoria. Quando Gesù parla del Re che vuole fare i conti con i suoi servi, pensa già a Dio che perdona tutto. Quando parla del debito del servo perdonato dal re, pensa al debito immenso che abbiamo dinanzi a Dio che ci perdona sempre. Quando parla dell’atteggiamento del servo perdonato che non vuole perdonare, pensa a noi, perdonati da Dio, che non vogliamo perdonare i nostri fratelli. – Alla fine del primo secolo, i giudei-cristiani delle comunità di Siria e Palestina avevano problemi seri e gravi di riconciliazione con i fratelli e le sorelle della stessa razza. Nel periodo del grande disastro della distruzione di Gerusalemme da parte dei romani, negli anni ’70, tanto la

Sinagoga come la Ecclesia, si trovavano in una fase di riorganizzazione nella regione di Siria e Palestina. Per questo c’era tra di loro una forte tensione, crescente, che era fonte di molta sofferenza nelle famiglie. Questa tensione costituisce lo sfondo al Vangelo di Matteo. 

  1. Commento del testo:

Matteo 18,21: La domanda di Pietro: quante volte perdonare? 

Dinanzi alle parole di Gesù sulla riconciliazione, Pietro chiede: “Quante volte devo perdonare? 

Sette volte?” Sette è un numero che indica perfezione e, nel caso della proposta di Pietro, sette è sinonimo a sempre.

Matteo 18,22: La risposta di Gesù: settanta volte sette!

Gesù vede più lontano. Elimina qualsiasi possibile limite al perdono: “Non fino a sette, ma settanta volte sette!” Settanta volte sempre! Perché non c’è proporzione tra il perdono che riceviamo da Dio ed il nostro perdono verso il fratello e la sorella. Per chiarire la sua risposta a Pietro, Gesù racconta una parabola. E’ la parabola del perdono senza limiti!

Matteo 18,23-26: Prima parte della parabola: la situazione del debitore 

Quando parla del Re, Gesù pensa a Dio. Un servo ha un debito di diecimila talenti con il re. Cioè, 164 tonnellate d’oro. Lui dice che pagherà. Ma anche se lavorasse tutta la vita lui, sua moglie, i suoi figli e tutta la famiglia, non sarebbe mai in grado di riunire 164 tonnellate di oro per restituirle al re. Detto con altre parole, non saremo mai in grado di toglierci il debito che abbiamo con Dio. Impossibile! (cf Salmo 49,8-9) 

Matteo 18,27-30: Seconda parte della parabola: Il grande contrasto 

Dinanzi alla richiesta insistente del servo, il re gli perdona un debito di 164 tonnellata d’oro. Un compagno ha con lui un debito di cento denari, cioè di 30 grammi d’oro. Non esiste paragone tra i due debiti! Un granello di sabbia ed una montagna! Davanti all’amore di Dio che perdona gratuitamente il nostro debito di 164 tonnellata d’oro, non è altro che giusto perdonare il debito di 30 grammi d’oro. Ma il servo perdonato non volle perdonare, neanche davanti all’insistenza del debitore. Agisce con il compagno come il re avrebbe dovuto agire con lui e non lo fece: ordinò che fosse messo in carcere fino a pagare i 30 grammi d’oro! Il contrasto parla da solo, non ha bisogno di commenti!

Matteo 18,23-35: Terza parte della parabola: morale della storia 

L’atteggiamento vergognoso del servo perdonato che non vuole perdonare colpisce i suoi stessi compagni. Lo riferiscono al re e costui agisce di conseguenza: mette in moto il procedimento della giustizia ed il servo perdonato che non volle a sua volta perdonare, viene messo in prigione, dove rimarrà fino a pagare il suo debito! Deve stare lì fino ad oggi! Poiché non riuscirà mai a poter pagare 164 tonnellate d’oro! Morale della parabola: “Così anche il mio padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello!” L’unico limite alla gratuità della misericordia di Dio che ci perdona sempre è il nostro rifiuto di perdonare il fratello! (Mt 18,34; 6,12.15; Lc 23,34).  

  1. c) Approfondimento: Perdonare dopo l’11 settembre 2001!

L’11 settembre 2001, un gruppo di terroristi lanciò due aerei contro le due torri di New York, ed uccise più di tremila persone al grido di “Guerra Santa!” La risposta immediata fu un altro grido: “Crociata”. Le due parti usarono il nome di Dio per legittimare la violenza. Nessuna ricordò la parola: “Settanta volte sette!” Ed uno di loro si dice cristiano!

In occasione della guerra in Iraq, il Papa Giovanni Paolo II ha gridato in una pubblica udienza: “La guerra è Satana!”, ed ha invitato tutti di lottare per la pace. Nell’incontro ecumenico con rappresentanti di giudei e mussulmani a Gerusalemme, nell’anno 2000, il Papa aveva detto: “Non possiamo mai invocare il nome di Dio per legittimare la violenza!” L’ultima frase dell’Antico Testamento, con cui il popolo di Dio entrò nel Nuovo Testamento e che esprime il nucleo della sua speranza messianica di riconciliazione, è l’oracolo finale del profeta Malachia: “Ecco, io invierò il profeta Elia prima che giunga il giorno grande e terribile del Signore, perché converta il cuore dei padri verso i figli e il cuore dei figli verso i padri; così che io venendo non colpisca il paese con lo sterminio” (Mal 3,23). Ricondurre il cuore dei padri verso i figli ed il cuore dei figli verso i padri significa ricostruire il rapporto tra le persone. Non ci sarà un futuro di pace se non si compie un grande sforzo per ricostruire i rapporti umani nel nucleo minore di convivenza, cioè nella famiglia e nella comunità. La comunità è lo spazio dove le famiglie si riuniscono per poter conservare e trasmettere meglio i valori a cui credono. Il disinteresse entrò nel mondo con il primo figlio nato dalla prima unione: Caino che uccide Abele (Gn 4,8). Questo disinteresse è cresciuto con la vendetta raddoppiata. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette (Gn 4,24). Pietro vuole rifare l’errore e propone una riconciliazione di sette volte (Mt 18,21). Ma la sua proposta è timida. Non va alla radice della violenza. Gesù va molto più lontano ed esige settanta volte sette (Mt 18,22). Fino ad oggi, e soprattutto oggi, la riconciliazione è il compito più urgente che deve essere svolto da noi, seguaci di Gesù. Vale la pena ricordare sempre l’avvertenza di Gesù: “Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non

perdonerete di cuore al vostro fratello!” Settanta volte sette!

6. Preghiera: Salmo 62

Dio unica speranza 

Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza.

Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

Fino a quando vi scaglierete contro un uomo, per abbatterlo tutti insieme, come muro cadente, come recinto che crolla?

Tramano solo di precipitarlo dall’alto, si compiacciono della menzogna.

Con la bocca benedicono, e maledicono nel loro cuore.

Solo in Dio riposa l’anima mia, da lui la mia speranza.

Lui solo è mia rupe e mia salvezza, mia roccia di difesa: non potrò vacillare.

 

In Dio è la mia salvezza e la mia gloria; il mio saldo rifugio, la mia difesa è in Dio.

Confida sempre in lui, o popolo, davanti a lui effondi il tuo cuore, nostro rifugio è Dio. Sì, sono un soffio i figli di Adamo, una menzogna tutti gli uomini, insieme, sulla bilancia, sono meno di un soffio.

Non confidate nella violenza, non illudetevi della rapina; alla ricchezza, anche se abbonda, non attaccate il cuore.

Una parola ha detto Dio, due ne ho udite: il potere appartiene a Dio, tua, Signore, è la grazia; secondo le sue opere tu ripaghi ogni uomo.

7. Orazione Finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 18 settembre, 2023

Tempo Ordinario 

1. Preghiera

Padre santo, per Gesù tuo Figlio, Parola di vita fatta carne per noi, manda su di me il tuo Santo Spirito perché apra i miei orecchi all’ascolto della “lettera d’amore” che mi hai scritto e illumina la mia mente perché possa comprenderla in profondità. Rendi docile il mio cuore perché accolga con gioia la tua volontà e aiutami a testimoniarla. Amen

2. Lettura dal Vangelo secondo Luca (7, 1-10)

1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. 2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. 3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, 5perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. 8Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». 9All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». 10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.

3. Meditazione

  • Il cap. 7 del vangelo di Luca ci aiuta ad accogliere la chiamata rivolta ai pagani di aderire alla fede nel Signore Gesù. La figura del centurione fa da apripista per tutti coloro che vorranno aderire alla fede di Israele e poi incontrare e conoscere il volto del Padre in Gesù. Nella meditazione di questo Vangelo, anche a noi viene fatta la proposta di aprirci alla fede o di rendere più salda la nostra fiducia piena nella Parola del Signore. Proviamo, allora, a seguire, con il cuore, i passi di questo centurione romano, perché in lui siamo presenti anche noi.
  • Forse un primo aspetto che emerge, dalla lettura del brano, è la situazione di sofferenza in cui si trova il centurione. Provo ad ascoltare con più attenzione tutte le parole che vogliono mettere in luce questa realtà. Cafarnao, città di confine, fuori mano, ai margini, città dove la benedizione di Dio sembra fatichi ad arrivare. La

malattia grave;la morte imminente di una persona cara. 

  • Ma vedo subito che il Signore entra in questa situazione, viene a condividerla, ad abitarla con la sua presenza amorosa. Sottolineo tutti i verbi che confermano questa verità: “a pregarlo di venire”; “si incamminò con loro”; “non era molto distante”. E’ bellissimo vedere questo movimento di Gesù, che va verso colui che lo chiama, che lo cerca e gli chiede salvezza. Così Lui fa con ognuno di noi.
  • Ma per me è molto utile entrare in contatto anche con la figura del centurione, che qui è un po’ come il mio maestro, la mia guida nel cammino della fede. “Avendo udito parlare di Gesù”. Ha ricevuto l’annuncio, ha ascoltato la buona novella e l’ha trattenuta nel suo cuore, non se l’è fatta scappare, non ha chiuso gli orecchi e la vita. Si è ricordato di Gesù e ora lo cerca. “Mandò”. Per due volte egli compie questa azione; prima per inviare a Gesù degli anziani del popolo, figure autorevoli, poi per inviare dei suoi amici. Luca usa due verbi differenti e questo mi aiuta ancor più a capire che in quest’uomo è avvenuto qualcosa, c’è stato un passaggio: lui si è mano a mano aperto sempre più all’incontro con Gesù. Mandare gli amici è un po’ come mandare se stessi. “A pregarlo di venire e salvare”.
  • Due verbi bellissimi, che esprimono tutta l’intensità della sua richiesta a Gesù. Vuole che Lui venga, che si avvicini, che entri nella sua povera vita, che venga a visitare il suo dolore. E’ una dichiarazione d’amore, di fede grande, perché è come se gli dicesse: “Io senza di te non posso più vivere. Vieni!”. E non chiede una salvezza qualsiasi, una guarigione superficiale, come ci fa capire il verbo particolare che Luca sceglie. Infatti qui si parla di una salvezza trasversale, capace di attraversare tutta la vita, tutta la persona e capace di portare la persona oltre, al di là di ogni ostacolo, di ogni fatica o prova, al di là anche della morte.
  • “Non sono degno”. Per due volte Luca mette sulla bocca del centurione queste parole, che aiutano a capire il grande passaggio che lui ha compiuto dentro di sé. Si sente indegno, incapace, insufficiente, come esprimono i due diversi termini greci qui usati. Forse la prima conquista nel cammino di fede con Gesù è proprio questa: la scoperta del nostro grande bisogno di Lui, della sua presenza e la consapevolezza sempre più certa che da soli non ce la facciamo, perché siamo poveri, siamo peccatori. Ma proprio per questo, noi siamo infinitamente amati!
  • “Di’ una parola”. Qui c’è il grande salto, il grande passaggio alla fede. Il centurione ora crede in maniera chiara, serena, fiduciosa. Mentre Gesù camminava verso di lui, anch’egli stava compiendo il suo cammino interiore, stava cambiando, stava diventando un uomo nuovo. Prima ha accolto la persona di Gesù e poi anche la sua parola. Per lui è il Signore e come tale, la sua parola è efficace, vera, potente, capace di operare ciò che dice. Tutti i dubbi sono crollati; non rimane che la fede, che la fiducia certa nella salvezza, in Gesù.

4. Alcune domande

  • Sento mia la preghiera del centurione rivolta a Gesù di venire e di salvare? Sono pronto, anch’io, ad esprimere al Signore il mio disagio, il mio bisogno di Lui? Ho forse vergogna di presentargli la malattia, la morte che abita nella mia casa, nella mia vita? Cosa aspetto per compiere questo primo passo di fiducia?
  • E se apro il mio cuore alla preghiera, all’invocazione, se invito il Signore a venire, qual è l’atteggiamento profondo del mio cuore? C’è anche in me, come nel centurione, la consapevolezza di essere indegno, di non bastare a me stesso, di non potere avanzare pretese? So pormi davanti al Signore con quell’umiltà che viene dall’amore, dalla fiducia serena in Lui?
  • Mi basta la sua Parola? L’ho mai ascoltata fino in fondo, con attenzione, con rispetto, anche se, forse, non riuscivo a comprenderla pienamente? E in questo momento qual è la parola che vorrei ascoltare dalla bocca del Signore per me? Che cosa vorrei sentirmi dire da Lui?
  • Una fede così grande ha avuto il centurione pagano… e io, che sono cristiano, che fede ho? Forse davvero anch’io dovrei pregare così: “Signore, io credo, ma tu aiutami nella mia incredulità!” (Mc 9, 24).

5. Preghiera finale

Lampada per i miei passi è la tua Parola, Signore!

Come potrà un giovane tenere pura la sua via?

Osservando la tua parola.

Con tutto il mio cuore ti cerco: non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.

Lectio Divina: martedì, 19 settembre, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 7,11-17  

In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla. 

Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei. 

Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”. E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!”. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare. 

Ed egli lo diede alla madre. 

Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci presenta l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Nain. Il contesto letterario del VII capitolo di Luca ci aiuta a capire questo episodio. L’evangelista vuole dimostrare che Gesù apre il cammino, rivelando la novità di Dio che ci viene presentata nell’annuncio della Buona Notizia. E così avvengono la trasformazione e l’apertura: Gesù accoglie la richiesta di uno straniero non giudeo (Lc 7,1-10) e risuscita il figlio di una vedova (Lc 7,11-17). Il modo in cui Gesù rivela il Regno sorprende i fratelli giudei che non erano abituati a tanta apertura. Perfino Giovanni Battista rimane sorpreso ed ordina di chiedere: “E’ lui il Signore o dobbiamo aspettare un altro?” (Lc 7,18-30). Gesù denuncia l’incoerenza dei suoi patrizi: “Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” (Lc 7,31-35). Ed alla fine, l’apertura di Gesù verso le donne (Lc 7,36-50).
  • Luca 7,11-12: L’incontro delle due processioni. “Gesù si recò a una città chiamata Nain. E facevano la strada con lui i discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova; e molta gente della città era con lei”. Luca è come un pittore. Con poche parole riesce a pitturare un quadro molto bello sull’incontro delle due processioni: la processione della morte che esce dalla città ed accompagna la vedova che porta il suo figlio unico verso il cimitero; la processione della vita che entra in città ed accompagna Gesù. Le due si incontrano nella piccola piazza accanto alla porta della città di Nain.
  • Luca 7,13: La compassione entra in azione. “Vedendola il Signore ne ebbe compassione e le disse: non piangere!” E’ la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire. Compassione significa letteralmente “soffrire con”, assumere il dolore dell’altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. E’ la compassione che mette in azione in Gesù il potere, il potere della vita sulla morte, il potere creatore.
  • Luca 7,14-15: “Giovinetto, dico a te, alzati!” Gesù si avvicina alla bara e dice: “Giovinetto, dico a te, alzati!” Ed il morto si levò a sedere e cominciò a parlare. Ed egli lo diede a sua madre”. A volte, nel momento di un grande dolore causato dalla morte di una persona amata, la gente dice: “Al tempo di Gesù, quando Gesù camminava su questa terra c’era speranza di non perdere una persona amata perché Gesù poteva risuscitarla”. Queste persone considerano l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Naim come un evento del passato che suscita nostalgia ed anche una certa invidia. L’intenzione del vangelo, non è invece quella di suscitare nostalgia o invidia, bensì di aiutarci a sperimentare meglio la presenza viva di Gesù in mezzo a noi. E’ lo stesso Gesù, capace di vincere la morte ed il dolore della morte che continua vivo in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci dice: “Dico a te, alzati!”
  • Luca 7,16-17: La ripercussione. “Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.” E’ il profeta che fu annunciato da Mosè (Dt 18,15). Il Dio che viene a visitarci è il “Padre degli orfani ed il protettore delle vedove” (Sal 68,6; cf. Giu 9,11).

4) Per un confronto personale

  • La compassione spinse Gesù a risuscitare il figlio della vedova. Il dolore degli altri produce in me la stessa compassione? Cosa faccio per aiutare l’altro a vincere il dolore ed a creare una vita nuova?
  • Dio visitò il suo popolo. Percepisco le molte visite di Dio nella mia vita e nella vita della gente?

5) Preghiera finale

Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servire il Signore nella gioia, presentatevi a lui con esultanza. (Sal 99)

Lectio Divina: mercoledì, 20 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 7,31-35  

In quel tempo, il Signore disse: “A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili? Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato: vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto! 

È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. 

È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori. Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli”.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi vediamo la novità della Buona Notizia che si fa strada e così le persone afferrate alle forme antiche della fede si sentono perse e non capiscono più nulla dell’azione di Dio. Per nascondere la loro mancanza di apertura e di comprensione loro si difendono e cercano pretesti infantili per giustificare il loro atteggiamento di non accettazione. Gesù reagisce con una parabola per denunciare l’incoerenza dei suoi avversari: “Siete simili ai bambini che non sanno ciò che vogliono!”
  • Luca 7,31: A chi dunque vi paragonerò? Gesù è colpito dalla reazione della gente e dice: “A chi dunque paragonerò gli uomini di questa generazione, a chi sono simili?” Quando una cosa è evidente e le persone, o per ignoranza o per cattiva volontà, non percepiscono né vogliono percepire, è bene trovare un paragone evidente che riveli loro l’incoerenza e la cattiva volontà. E Gesù è maestro nel trovare paragoni che parlano da soli.
  • Luca 7,32: Come bambini senza giudizio. Il paragone che Gesù trova è questo. Voi siete simili “a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato: vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” In tutto il mondo, i bambini viziati hanno la stessa reazione. Reclamano quando gli altri non fanno ed agiscono come dicono loro. Il motivo della lamentela di Gesù e il modo arbitrario con cui la gente nel passato ha reagito dinanzi a Giovanni Battista e come ora reagisce dinanzi a Gesù.
  • Luca 7,33-34: La loro opinione su Giovanni e Gesù. “È venuto infatti Giovanni il Battista che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: Ha un demonio. È venuto il Figlio dell’uomo che mangia e beve, e voi dite: Ecco un mangione e un beone, amico dei pubblicani e dei peccatori.” Gesù fu discepolo di Giovanni Battista, credeva in lui e si fece battezzare da lui. In occasione di questo battesimo nel Giordano, ebbe la rivelazione del Padre rispetto alla sua missione di Messia Servo (Mc 1,10). Allo stesso tempo, Gesù risalta la differenza tra lui e Giovanni. Giovanni era più severo, più ascetico, non mangia, né beve. Rimaneva nel deserto e minacciava la gente con il castigo del Giudizio Finale (Lc 3,7-9). Per questo, dicevano che aveva un demonio, che era posseduto. Gesù era più accogliente, mangiava e beveva come tutti. Andava nei villaggi ed entrava nelle case della gente, accoglieva gli esattori e le prostitute. Per questo dicevano che era mangione e beone. Pur generalizzando le sue parole nei riguardi degli “uomini di questa generazione” (Lc 7,31), probabilmente, Gesù ha in mente l’opinione delle autorità religiose che non credono in Gesù (Mc 11,29-33).
  • Luca 7,35: La conclusione ovvia a cui giunge Gesù. E Gesù termina con questa conclusione: “Ma alla sapienza è stata resa giustizia da tutti i suoi figli.” La mancanza di serietà e di coerenza spunta chiaramente nell’opinione che hanno di Gesù e di Giovanni. La cattiva volontà è così evidente che non ha bisogno di prove. Ciò ricorda la risposta di Giobbe ai suoi amici che credevano di essere saggi: “Magari taceste del tutto! Sarebbe per voi un atto di sapienza!” (Giobbe 13,5).

4) Per un confronto personale

  • Quando esprimo la mia opinione sugli altri sono come i farisei e gli scribi? Loro esprimevano solo i loro preconcetti e non dicevano nulla di buono sulle persone che erano giudicate da loro.
  • Conosci gruppi nella chiesa di oggi che meritano la parabola di Gesù?

5) Preghiera finale

Beata la nazione il cui Dio è il Signore, il popolo che si è scelto come erede.  Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo. (Sal 32)

Lectio Divina: giovedì, 21 settembre, 2023

  1. Matteo, apostolo ed evangelista, Festa

1) Preghiera

O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 9,9-13  

In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.

Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.

Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.

Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.

3) Riflessione

  • Il Discorso della Montagna occupa i capitoli 5,6 e 7 del vangelo di Matteo. La parte narrativa dei capitoli 8 e 9 ha lo scopo di mostrarci come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nel Discorso della Montagna, lui insegna l’accoglienza (Mt 5,23-25.38-42.43). Ora lui stesso la mette in pratica accogliendo i lebbrosi (Mt 8,14), gli stranieri (Mt 8,5-13), le donne (Mt 8,14-15), i malati (Mt 8,16-17), gli indemoniati

(Mt 8,28-34), i paralitici (Mt 9,1-8), i pubblicani (Mt 9,9-13), le persone impure (Mt 9,2022), etc. Gesù rompe con le norme ed i costumi che escludevano e dividevano le persone, cioè con la paura e la mancanza di fede (Mt 8,23-27) e le leggi della purezza (9,14-17), e dice chiaramente quali sono le esigenze di coloro che vogliono seguirlo. Devono avere il coraggio di abbandonare molte cose (Mt 8,18-22). Così, negli atteggiamenti e nella prassi di Gesù vediamo in cosa consiste il Regno e l’osservanza perfetta della Legge di Dio. 

  • Matteo 9,9: La chiamata a seguire Gesù. Le prime persone chiamate a seguire Gesù sono quattro pescatori, tutti giudei (Mt 4,18-22). Ora, Gesù chiama un pubblicano, considerato peccatore e trattato come un essere impuro dalle comunità più osservanti dei farisei. Negli altri vangeli, questo pubblicano si chiama Levi. Qui, il suo nome è Matteo, che significa dono di Dio o dato da Dio. Le comunità, invece di escludere il pubblicano e considerarlo impuro, devono considerarlo un Dono di Dio per la comunità, poiché la sua presenza fa sì che la comunità diventi un segno di salvezza per tutti! Come i primi quattro chiamati, così pure il pubblicano Matteo lascia tutto ciò che ha e segue Gesù. Seguire Gesù comporta l’obbligo di rompere con molte cose. Matteo lascia il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, e segue Gesù!
  • Matteo 9,10: Gesù si siede a tavola con peccatori e pubblicani. In quel tempo i giudei vivevano separati dai pagani e dai peccatori e non mangiavano con loro allo stesso tavolo. I giudei cristiani dovevano rompere questo isolamento e mettersi a tavola con i pagani e con gli impuri, secondo l’insegnamento dato da Gesù nel Discorso sulla Montagna, espressione dell’amore universale di Dio Padre. (Mt 5,44-48). La missione delle comunità era quella di offrire uno spazio a coloro che non lo avevano. Ma questa nuova legge non era accettata da tutti. In alcune comunità le persone venute dal paganesimo, pur essendo cristiane, non erano accettate attorno allo stesso tavolo (cf.

At 10,28; 11,3; Gal 2,12). Il testo del vangelo di oggi ci mostra Gesù che si mette a tavola con pubblicani e peccatori nella stessa casa, attorno allo stesso tavolo. 

  • Matteo 9,11: La domanda dei farisei. Ai giudei era proibito sedersi a tavola con i pubblicani e con i peccatori, ma Gesù non segue questa proibizione. Anzi, fa amicizia con loro. I farisei, vedendo l’atteggiamento di Gesù, chiedono ai discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” Questa domanda può essere interpretata come un’espressione del loro desiderio di sapere perché Gesù agisce così. Altri interpretano la domanda come una critica al comportamento di Gesù, perché per oltre cinquecento anni, dal tempo della schiavitù in Babilonia fino all’epoca di Gesù, i giudei avevano osservato le leggi della purezza. Questa osservanza secolare diventa un forte segno di identità. Allo stesso tempo era fattore della loro separazione in mezzo agli altri popoli. Così, a causa delle leggi sulla purezza, non potevano né riuscivano a sedersi attorno allo stesso tavolo per mangiare con i pagani. Mangiare con i pagani voleva dire contaminarsi, diventare impuri. I precetti della purezza legale erano rigorosamente osservati, sia in Palestina che nelle comunità giudaiche della Diaspora. All’epoca di Gesù, c’erano più di cinquecento precetti per conservare la purezza. Negli anni 70, epoca in cui scrive Matteo, questo conflitto era molto attuale.
  • Matteo 9,12-13: Misericordia voglio e non sacrifici. Gesù ascolta la domanda dei farisei ai discepoli e risponde con due chiarimenti. Il primo è tratto dal buon senso: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. L’altro è tratto dalla Bibbia: “Imparate, quindi, cosa significa: Misericordia voglio, e non sacrifici”. Per mezzo di questi chiarimenti, Gesù esplicita e chiarisce la sua missione tra la gente: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Gesù nega la critica dei farisei, non accetta i loro argomenti, poiché nascevano da una falsa idea della Legge di Dio. Lui stesso invoca la Bibbia: “Misericordia voglio e non sacrifici!” Per Gesù, la misericordia è più importante della purezza legale. Lui fa riferimento alla tradizione profetica per dire che la misericordia vale per Dio molto di più che tutti i sacrifici (Os 6,6; Is 1,10-17). Dio ha viscere di misericordia, che si commuovono dinanzi alle mancanze del suo popolo

(Os 11,8-9).

4) Per un confronto personale

  • Oggi, nella nostra società, chi è emarginato ed escluso? Perché? Nella nostra comunità, abbiamo preconcetti? Quali? Qual è la sfida che le parole di Gesù presentano alla nostra comunità?
  • Gesù chiede alla gente di leggere e di capire l’Antico Testamento che dice: “Misericordia voglio e non sacrificio”. Cosa vuol dirci Gesù con questo oggi?

5) Preghiera finale

Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti e ti cerca, Signore, con tutto il cuore. Con tutto il cuore ti cerco: non farmi deviare dai tuoi precetti. (Sal 118)

Lectio Divina: venerdì, 22 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 8,1-3  

In quel tempo, Gesù se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio. 

C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi da continuità all’episodio di ieri che parlava dell’atteggiamento sorprendente di Gesù con le donne, quando difese la donna, conosciuta nella città come una peccatrice, contro le critiche di un fariseo. Ora, all’inizio del capitolo VIII, Luca descrive Gesù che va per i villaggi e le città della Galilea. La novità è che non solo era accompagnato dai discepoli, ma anche dalle discepole.
  • Luca 8,1: I dodici che seguono Gesù. In un’unica frase, Luca descrive la situazione: Gesù va ovunque, nei villaggi e nelle città della Galilea, annunciando la Buona Notizia del Regno di Dio ed i dodici stanno con lui. L’espressione “seguire Gesù” (cf. Mc 1,18; 15,41) indica la condizione del discepolo che segue il Maestro, ventiquattro ore al giorno, cercando di imitare il suo esempio e di partecipare al suo destino.
  • Luca 8,2-3: Le donne seguono Gesù. Ciò che sorprende è che accanto agli uomini ci sono anche donne “insieme a Gesù”. Luca mette i discepoli e le discepole sullo stesso piede, poiché tutti loro seguono Gesù. Luca anche conservò i nomi di alcuni di queste discepole: Maria Maddalena, nata nella città di Magdala. Lei è stata guarita da sette demoni. Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode Antipa, che era governatore della Galilea. Susanna e diverse altre. Di loro si afferma che “servono Gesù con i loro beni”. Gesù permette che un gruppo di donne lo “segua” (Lc 8,2-3; 23,49; Mc 15,41). Il vangelo di Marco, parlando delle donne al momento della morte di Gesù, informa: C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salomé, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme (Mc 15,40-41). Marco definisce il loro atteggiamento con tre parole: seguire, servire, salire fino a Gerusalemme. I primi cristiani non arrivarono ad elaborare un elenco di queste discepole che seguivano Gesù come fecero con i dodici discepoli. Ma nelle pagine del vangelo di Luca appaiono i nomi di sette discepole: Maria Maddalena, Giovanna, moglie di Cusa, Susanna (Lc 8,3), Marta e Maria (Lc 10,38), Maria, madre di Giacomo (Lc 24,10) ed Anna, la profetessa (Lc 2,36), di ottanta e quattro anni di età. Il numero ottantaquattro è dodici volte sette. L’età perfetta! La tradizione ecclesiastica posteriore non dà valore a questo dato del discepolato delle donne con lo stesso peso con cui dà valore alla sequela di Gesù da parte degli uomini. E’ un peccato!
  • Il vangelo di Luca è stato considerato sempre il Vangelo delle donne. Infatti, Luca è l’evangelista che presenta il maggior numero di episodi in cui sottolinea la relazione di Gesù con le donne. E la novità non è solo nella presenza delle donne attorno a Gesù, ma anche e soprattutto l’atteggiamento di Gesù in rapporto a loro. Gesù le tocca e si lascia toccare da loro senza paura di contaminarsi (Lc 7,39; 8,44-45.54). A differenza dei maestri dell’epoca, Gesù accetta donne seguaci e discepole (Lc 8,2-3; 10,39). La forza liberatrice di Dio, che agisce in Gesù, fa sì che la donna si alzi ed assuma la sua dignità (Lc 13,13). Gesù è sensibile alla sofferenza della vedova e si solidarizza con il suo dolore (Lc 7,13). Il lavoro della donna che prepara il cibo è considerato da Gesù come un segnale del Regno (Lc 13,20-21). La vedova persistente che lotta per i suoi diritti è considerata modello di preghiera (Lc 18,1-8), e la vedova povera che condivide il poco che ha con gli altri è modello di dedizione e di donazione (Lc 21,1-4). In una epoca in cui la testimonianza delle donne non è accettata come qualcosa di valido, Gesù accoglie le donne e le considera testimoni della sua morte (Lc 23,49), della sua sepoltura (Lc 23,55-56) e risurrezione (Lc 24,1-11.2224)

4) Per un confronto personale

  • Nella tua comunità, nel tuo paese, nella tua Chiesa, come è considerata la donna?
  • Paragona l’atteggiamento della nostra Chiesa con l’atteggiamento di Gesù.

5) Preghiera finale

Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri; vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita. (Sal 138)

Lectio Divina: sabato, 23 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 8,4-15  

In quel tempo, poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”. 

Detto questo, esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano.” 

Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. 

Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno. 

Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione. 

Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi, meditiamo sulla parabola del seme. Gesù aveva uno stile assai popolare di insegnare per mezzo di parabole. Una parabola è un paragone che usa le cose conosciute e visibili della vita per spiegare le cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. Gesù aveva una capacità enorme di trovare immagini ben semplici per paragonare le cose di Dio con le cose della vita che la gente conosceva e sperimentava nella sua lotta quotidiana per sopravvivere. Ciò suppone due cose: stare dentro le cose della vita, e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio. Per esempio, la gente della Galilea se ne intendeva di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di raccolto, di pesca, etc. Ora, sono esattamente queste cose conosciute che Gesù usa nelle parabole per spiegare il mistero del Regno. L’agricoltore che ascolta dice: “Semente in terra, so cosa vuol dire. Gesù dice che ciò ha a che vedere con il Regno di Dio. Cosa sarà mai?” Ed è possibile immaginare le lunghe conversazioni con la gente! La parabola entra nel cuore della gente e la spinge ad ascoltare la natura ed a pensare alla vita.
  • Quando termina di raccontare la parabola, Gesù non la spiega, ma è solito dire: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Che significa: “Avete sentito questa parabola. Ora cercate di capirla!” Ogni tanto lui spiegava ai discepoli. Alla gente piaceva questo modo di insegnare, perché Gesù credeva nella capacità personale di scoprire il senso delle parabole. L’esperienza che la gente aveva della vita era per lui un mezzo per scoprire la presenza del mistero di Dio nella loro vita e di prendere forza per non scoraggiarsi lungo il cammino.
  • Luca 8,4: La moltitudine dietro Gesù. Luca dice: una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città. Allora disse questa parabola. Marco descrive come Gesù racconta la parabola. C’era tanta gente intorno a lui. Per non cadere, sale su una barca e sedutosi insegna alla gente che si trova sulla spiaggia (Mc 4,1).
  • Luca 8,5-8a: La parabola del seme rispecchia la vita degli agricoltori. In quel tempo, non era facile vivere dell’agricoltura. Il terreno era pieno di pietre. Poca pioggia, molto sole. Inoltre, molte volte, la gente accorciava il cammino e passando in mezzo ai campi calpestava le piante (Mc 2,23). Ma malgrado ciò, ogni anno l’agricoltore seminava e piantava, con fiducia nella forza del seme, nella generosità della natura.
  • Luca 8,8b: Chi ha orecchi per intendere, intenda! Alla fine, Gesù termina dicendo: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Il cammino per giungere a capire la parabola è la ricerca: “Cercate di capire!” La parabola non dice tutto immediatamente, ma spinge la persona a pensare. Fa in modo che scopra il messaggio partendo dall’esperienza che la persona stessa ha del seme. Spinge ad essere creativi e partecipativi. Non è una dottrina che si presenta pronta per essere insegnata e decorata. La parabola non è acqua in bottiglia, è la fontana.
  • Luca 8,9-10: Gesù spiega la parabola ai discepoli. In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il significato della parabola. Gesù risponde per mezzo di una frase difficile e misteriosa. Dice ai discepoli: “A voi fu dato di conoscere i misteri del Regno. Ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano.” Questa frase fa sorgere una domanda nel cuore della gente: A cosa serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? Gesù usava le parabole affinché la gente continuasse nella sua ignoranza e non giungesse a convertirsi? Certamente no! In un altro punto si dice che Gesù usava le parabole “secondo quello che potevano intendere” (Mc 4,33). La parabola rivela e nasconde allo stesso tempo! Rivela per coloro che “sono dentro”, che accettano Gesù Messia Servo. Nasconde per coloro che insistono nel vedere in lui il Messia Re grandioso. Costoro intendono le immagini della parabola, ma non capiscono il suo significato.
  • Luca 8,11-15: La spiegazione della parabola, nelle sue diverse parti. Una ad una, Gesù spiega le parti della parabola, la semina, il terreno fino al raccolto. Alcuni studiosi pensano che questa spiegazione fu aggiunta dopo. Non sarebbe di Gesù, ma di qualche comunità. E’ possibile! Non importa! Perché nel bocciolo della parabola c’è il fiore della spiegazione. Bocciolo e fiore, ambedue hanno la stessa origine che è Gesù. Per questo, anche noi possiamo continuare a riflettere e scoprire altre cose belle nella parabola. Una volta, una persona in una comunità chiese: “Gesù disse che dobbiamo essere sale. A cosa serve il sale?” Le persone dettero la loro opinione partendo dall’esperienza che ognuna di loro aveva del sale! Ed applicarono tutto questo alla vita della comunità e scoprirono che essere sale è difficile ed esigente. La parabola funzionò! Lo stesso vale per la semente. Tutti ne hanno una certa esperienza.

4) Per un confronto personale

  • La semente cade in quattro luoghi diversi: per la strada, tra le pietre, tra gli spini e in un buon terreno. Cosa significa ognuno di questi quattro terreni? Che tipo di terreno sono io? A volte la gente è pietra. Altre volte spini. Altre volte cammino. Altre volte terreno buono. Nella nostra comunità, cosa siamo normalmente?
  • Quali sono i frutti che la Parola di Dio sta producendo nella nostra vita e nella nostra comunità?

5) Preghiera finale

Manifestino agli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del tuo regno.  Il tuo regno Signore è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. (Sal 114)

Lectio Divina: domenica, 24 settembre, 2023

Parabola degli operai mandati nella vigna 

La gratuità assoluta dell’amore di Dio 

Matteo 20, 1-16

1. Orazione iniziale

O Padre, il tuo Figlio Gesù, che tu hai donato a noi, è il nostro regno, la nostra ricchezza, il nostro cielo; Lui è il padrone della casa e della terra in cui noi viviamo ed esce continuamente a cercarci, perché desidera chiamarci, pronunciare il nostro nome, offrirci il suo amore infinito. Non potremo mai ripagarlo, mai ricambiare la sovrabbondanza della sua compassione e misericordia per noi; possiamo solo dirgli il nostro sì, il nostro: “Eccomi, io vengo”, o ripetergli con Isaia: “Signore, eccomi, manda me!”. Fa’, ti prego che questa parola entri nel mio cuore, nei miei occhi, nelle mie orecchie e mi cambi, mi trasformi, secondo questo amore sorprendente, incomprensibile che Gesù mi sta offrendo, anche oggi, anche in questo momento. Conducimi all’ultimo posto, al mio, quello che Lui ha preparato per me, là dove io posso essere veramente e pienamente me stesso. Amen.

2. Lettura

  1. Per inserire il brano nel suo contesto:

Questo brano ci pone all’interno della sezione del Vangelo di Matteo, che precede direttamente i racconti della passione, morte e risurrezione di Gesù. Questa sezione inizia in 19, 1, dove si dice che Gesù lascia definitivamente il territorio della Galilea per recarsi nella Giudea, dando inizio al suo cammino di avvicinamento a Gerusalemme e si conclude in 25, 46, col quadro sulla venuta e il giudizio del Figlio di Dio. Più in particolare, il capitolo 20 ci colloca ancora lungo il percorso di Gesù verso la città santa e il suo tempio, in un contesto di ammaestramento e di polemica con i sapienti e i potenti del tempo, che egli realizza attraverso parabole e incontri. 

  1. Per aiutare nella lettura del brano:

20, 1a: Con le prime parole della parabola, che sono una formula di introduzione, Gesù vuole accompagnarci dentro il tema più profondo di cui intende parlare, vuole aprire davanti a noi le porte del regno, che è Lui stesso e si presenta quale padrone della vigna, che ha bisogno di essere lavorata. 

20, 1b-7: Questi versetti costituiscono la prima parte della parabola; in essa Gesù racconta dell’iniziativa del padrone della vigna per assumere gli operai, descrivendo le sue quattro uscite, nelle quali ingaggia gli operai stabilendo un contratto e l’ultima uscita, ormai alla fine della giornata. 

20, 8-15: Questa seconda parte comprende, invece, la descrizione del pagamento agli operai, con la protesta dei primi e la risposta del padrone. 

20, 16: Infine viene riportata la sentenza conclusiva, che fa inclusione con 19,30 e che rivela la chiave del brano e l’applicazione: quelli che nella comunità sono considerati ultimi, nella prospettiva del regno e del giudizio di Dio, saranno i primi. c) Il testo: 

20, 1a: Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa… 20, 1b-7: …che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. 2Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna. 3Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati 4e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono. 5Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto. 6Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? 7Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata. Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna. 20, 8-15: 8Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dá loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. 9Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. 10Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. 11Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: 12Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo. 13Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? 14Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. 15Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono? 20, 16: Così gli ultimi saranno primi, e i primi ultimi.

3. Un momento di silenzio orante

Signore, ho ascoltato la tua voce, la tua parola; ora voglio tacere, con il cuore e con la mente, perché solo nel silenzio si realizza il vero ascolto, che cambia la mia vita, dal di dentro, dalle profondità. Aiutami, o Dio nascosto, Dio silenzioso e amoroso. Questo silenzio mi conduca nel tuo regno, nella tua casa, nella tua vigna, là dove l’unica ricompensa desiderata e bramata lungo tutta la giornata, tutta la vita, sei Tu stesso.

4. Alcune domande

Voglio di nuovo pormi in un contatto intenso e forte con la tua Parola, Signore; rileggo il brano, più lentamente, soffermandomi sulle parole, le espressioni, i versetti. Cerco di porre i miei pensieri, i miei sentimenti, il mio modo di comportarmi, di vivere in un confronto sincero e aperto con quanto tu mi dici, oggi; interrogo la mia vita, rispondo, getto ponti verso una vita nuova, fondata sul tuo modo di pensare e di amare.

  1. Questo brano si apre con una particella connessiva, “infatti”, che è molto importante, perché mi rimanda al versetto che precede (Mt 19,30), dove Gesù afferma che “i primi saranno ultimi e gli ultimi primi”, con le stesse parole che ripeterà alla fine di questa parabola. Parole, dunque, importantissime, fondamentali, che vogliono indicarmi la direzione da prendere. Gesù è il regno di Dio, il regno dei cieli; Lui è il mondo nuovo, nel quale sono invitato ad entrare. Ma il suo è un mondo rovesciato, dove la nostra logica di potenza, guadagno, ricompense, abilità, sforzo, è sconfitta e sostituita da un’altra logica, quella della gratuità assoluta, dell’amore misericordioso e sovrabbondante. Se io credo di essere primo, di essere forte e capace; se mi sono già messo al primo posto alla tavola del Signore, è meglio che adesso mi alzi e vada ad occupare l’ultimo posto. Lì il Signore verrà a cercarmi e, chiamandomi, mi solleverà, mi trarrà in alto, verso di sé.
  2. Gesù si paragona, qui, a un padrone di casa, utilizzando una figura particolare, che ritorna più volte nei vangeli. Provo a seguirla, facendomi attento alle caratteristiche che essa presenta e cercando di verificare qual è il mio rapporto con Lui. Il padrone di casa è il padrone della vigna, che si prende cura di essa, circondandola con un muro, scavando in essa un frantoio, coltivandola con amore e fatica (Mt 21, 33ss.), perché possa dare i migliori frutti. E’ il padrone di casa che offre una grande cena, facendo molti inviti, chiamando alla sua tavola i più derelitti, gli storpi, gli zoppi, i ciechi (Lc 14, 21ss.). E’ colui che torna dalle nozze e che noi dobbiamo aspettare vegliando, perché non sappiamo l’ora (Lc 12, 36); è il padrone di casa partito per un viaggio, che ci ha ordinato di vigilare, per essere pronti ad aprirgli, non appena torna e bussa, alla sera, o a mezzanotte, o al canto del gallo, o al mattino (Mc 13, 35). Comprendo, dunque, che il Signore aspetta da me il frutto buono; che mi ha scelto come invitato alla sua mensa; che tornerà e verrà a cercarmi e busserà alla mia porta… Sono pronto a rispondergli? Ad aprirgli? A offrirgli il frutto dell’amore che Lui attende da me? Oppure sto dormendo, appesantito da mille altri interessi, schiavizzato da altri padroni di casa, diversi e lontani da Lui?
  3. Il Signore Gesù, padrone della casa e della vigna, esce ripetutamente per chiamare e inviare; all’alba, alle nove, a mezzogiorno, alle tre del pomeriggio, alle cinque, quando ormai la giornata è alla fine. Lui non si stanca: viene a cercarmi, per offrirmi il suo amore, la sua presenza, per stringere un patto con me. Lui desidera offrirmi la sua vigna, la sua bellezza. Quando ci incontreremo, quando lui fissandomi, mi amerà (Mc 10, 21), io cosa gli risponderò? Mi rattristerò, perché ho molti altri beni (Lc 18, 23)? Gli chiederò di considerarmi giustificato, perché ho già preso altri impegni (Lc 14, 18)? Fuggirò via nudo, perdendo anche quello straccio di felicità che mi è rimasto per coprirmi (Mc 14, 52)? Oppure gli dirò: “Sì sì” e poi non andrò (Mt 21, 29)? Sento che questa parola mi mette in crisi, mi scruta fino in fondo, mi rivela a me stesso… rimango sgomento, impaurito della mia libertà, ma decido, davanti al Signore che mi sta parlando, di fare come Maria e dire anch’io: “Signore, avvenga di me quello che tu hai detto” con umile disponibilità e abbandono.
  4. Adesso il vangelo mi pone davanti alla mia relazione con gli altri, i fratelli e le sorelle che condividono con me il cammino di sequela di Gesù. Siamo tutti convocati presso di Lui, alla sera, dopo il lavoro della giornata: Lui apre il suo tesoro d’amore e comincia a distribuire, a consegnare grazia, misericordia, compassione, amicizia, tutto se stesso. Non si ferma, il Signore, continua solo a traboccare, a effondersi, a consegnarsi a noi, a ciascuno. Matteo fa notare, a questo punto, che qualcuno mormora contro il padrone della vigna, contro il Signore. Nasce l’indignazione, perché Lui tratta tutti ugualmente, con la stessa intensità di amore, con la stessa sovrabbondanza. Forse è scritto anche di me in queste righe: il vangelo sa mettere a nudo il mio cuore, la parte più nascosta di me stesso. Forse il Signore dice proprio a me quelle parole cariche di tristezza: “Forse tu sei invidioso?” Mi devo lasciare interrogare, devo permettere a Lui di entrare dentro di me e di guardarmi con quei suoi occhi penetranti, perché solo se mi guarda Lui, io potrò essere guarito. Allora prego così: “Signore, ti prego, vieni in me, getta la tua parola nel mio cuore e germogli vita nuova, germogli l’amore”.

5. Una chiave di lettura

Bisogna che io apra ancora di più questa pagina di vangelo, questa parabola, se voglio davvero essere illuminato e cambiato. Apro la parola, ma in realtà sono io che vengo aperto, spalancato sempre di più all’amore del Signore, a ricevere la grazia che Lui continuamente prepara per me. Allora prendo la chiave costituita da alcuni termini o tematiche, che mi sembra di scorgere nel brano: la vigna; la promessa: un danaro; l’invio; la mormorazione, il brontolio.

La vigna

Nella figura della vigna, apparentemente semplice e quotidiana, la Scrittura condensa una realtà molto ricca e profonda, sempre più densa di significato, mano a mano che i testi si avvicinano alla rivelazione piena in Gesù. Nel primo libro dei re, al cap. 21, è narrata la vicenda violenta che investe Nabot, un semplice suddito del corrotto re Acab, il quale possedeva una vigna, piantata, per sua sventura, proprio vicino al palazzo del re. Il racconto ci fa comprendere quanto la vigna fosse importante, una proprietà inviolabile: per niente al mondo Nabot l’avrebbe ceduta, come disse: “Mi guardi il Signore dal cederti l’eredità dei miei padri!” (1 Re 21, 3). Per amore di essa, egli perse la vita. Dunque la vigna rappresenta il bene più prezioso, l’eredità della famiglia, per certa parte, l’identità stessa della persona; non la si può svendere, cedere ad altri, barattare con altri beni, che non riuscirebbero a eguagliarla. Essa nasconde una forza vitale, spirituale.

Isaia 5 ci dice chiaramente che sotto la figura della vigna è significato il popolo di Israele, come sta scritto: “La vigna del Signore degli eserciti è la casa di Israele; gli abitanti di Giuda la sua piantagione preferita” (Is 5, 7). Questo popolo il Signore ha amato di amore infinito ed eterno, sigillato da un’alleanza inviolabile; Lui se ne prende cura, proprio come farebbe un vignaiolo con la sua vigna, facendo di tutto perché essa possa dare i frutti più belli. Israele siamo ognuno di noi, tutta la Chiesa: il Padre ci ha trovato come terra desolata, riarsa, devastata, ingombrata dai sassi e ci ha coltivati, ci ha vangati, concimati, irrigati ad ogni istante; ci ha piantati come vigna scelta, tutta di vitigni genuini (Ger 2, 21). Che cosa ancora avrebbe potuto fare per noi, che già non abbia fatto? (Is 5, 4) Nel suo abbassamento infinito, il Signore si è fatto vigna Egli stesso; è diventato la vite vera (Gv 15, 1ss.), di cui noi siamo i tralci; si è unito a noi, così come la vite è unita ai suoi tralci. Il Padre, che è il vignaiolo, continua la sua opera d’amore in noi, perché portiamo frutto e pazientemente aspetta; Lui pota, Lui coltiva, ma poi invia noi a lavorare, a raccogliere i frutti da offrirgli. Siamo inviati al suo popolo, ai suoi figli, quali figli noi stessi, quali suoi discepoli; non possiamo tirarci indietro, rifiutare, perché siamo stati fatti per questo: perché andiamo e portiamo frutto e il nostro frutto rimanga (Gv 15, 16). Signore, volgiti; guarda dal cielo e vedi e visita la tua vigna (Sal 79, 15) 

La promessa: un danaro 

Il padrone della vigna stabilisce come ricompensa del lavoro della giornata un denaro; una somma buona, che permetteva di vivere degnamente. Pressappoco corrisponde alla dramma pattuita dal vecchio Tobi con l’accompagnatore del figlio Tobia verso la Media (Tb 5, 15).

Me nel racconto evangelico questo denaro viene subito chiamato con un altro nome dal padrone; dice infatti: “quello che è giusto vi darò” (v. 4). Nostra eredità, nostro salario è il giusto, il buono: il Signore Gesù. Egli, infatti, non dona, non promette altro che se stesso. La nostra ricompensa è nei cieli (Mt 5, 12), presso il Padre nostro (Mt 6, 1). Non è il denaro che veniva utilizzato per il pagamento della tassa pro-capite ai romani, su cui c’era l’immagine e l’iscrizione del re Tiberio Cesare (Mt 22, 20), ma qui c’è il volto di Gesù, il suo nome, la sua presenza. Egli ci dice: “Io sono con voi non solo per oggi, ma tutti i giorni, fino alla fine del mondo; Io stesso sarò la tua ricompensa”.

L’invio 

Il testo offre alla nostra vita un’energia molto forte, che scaturisce dai verbi “inviare, mandare” e “andare”, ripetuto due volte; entrambi riguardano noi, ci toccano nel

profondo, ci chiamano e ci mettono in movimento. E’ il Signore Gesù che ci invia, facendo di noi degli apostoli: “Ecco, io vi mando” (Mt 10, 16). Ogni giorno egli ci chiama per la sua missione e ripete su di noi quel: “Andate!”e la nostra felicità è nascosta proprio qui, nella realizzazione di questa sua parola. Andare dove Lui ci manda, nel modo che Lui ci indica, verso le realtà e le persone che Lui ci pone davanti.

La mormorazione, il brontolio 

Parole importantissime, vere e tanto presenti nella nostra esperienza di vita quotidiana; non possiamo negarlo: esse abitano anche il nostro cuore, i nostri pensieri, a volte ci tormentano, ci sfigurano, ci stancano profondamente, ci allontanano da noi stessi, dagli altri, dal Signore. Sì, in mezzo a quegli operai che si lamentano e brontolano, mormorando contro il padrone, ci siamo anche noi. Il rumore della mormorazione viene da molto lontano, ma ugualmente riesce a raggiungerci e si insinua nel nostro cuore; Israele nel deserto ha mormorato pesantemente contro il suo Signore e noi abbiamo ricevuto in eredità quei pensieri, quelle parole: “Il Signore ci odia, per questo ci ha fatti uscire dal paese d’Egitto per darci in mano agli Amorrei e per distruggerci” (Dt 1, 27) e dubitiamo sulla sua capacità di nutrirci, di condurci avanti, di proteggerci: “Potrà forse Dio preparare una mensa nel deserto?” (Sal 77, 19). Mormorare significa non ascoltare la voce del Signore, non credere più al suo amore per noi. Allora ci scandalizziamo, ci irritiamo fortemente contro il Signore misericordioso e ci indigniamo contro il suo modo di agire e vorremmo cambiarlo, rimpicciolirlo secondo i nostri schemi: “E’ andato ad alloggiare da un peccatore! Mangia e beve con i peccatori!” (Lc 5, 30; 15, 2; 19, 7). Se ascoltiamo bene, queste sono le mormorazioni segrete del nostro cuore. Come guarire? San Pietro suggerisce questa via: “Praticate l’ospitalità gli uni verso gli altri, senza mormorare” (1 Pt 4, 9); solo l’ospitalità, cioè l’accoglienza possono, piano piano, cambiare il nostro cuore e renderlo ricettivo, capace di portare dentro di sé le persone, le situazioni, le realtà che incontriamo nella vita. “Accoglietevi”, dice la Scrittura. E’ proprio così: dobbiamo imparare ad accogliere, prima di tutto, il Signore Gesù, così com’è, col suo modo di amare e di rimanere, di parlarci e cambiarci, di aspettarci e attirarci. Accogliere Lui e accogliere chi ci sta accanto, chi ci viene incontro; solo questo movimento può sconfiggere l’indurimento della mormorazione.

La mormorazione nasce dalla gelosia, dall’invidia, dal nostro occhio cattivo, come dice il padrone della vigna, Gesù stesso. Lui sa guardarci dentro, sa penetrare il nostro sguardo e raggiungerci nel cuore, nell’anima. Lui sa come siamo, ci conosce, ci ama; ed è per amore che Lui tira fuori da noi il nostro male, toglie il velo dal nostro occhio cattivo, ci aiuta a prendere coscienza di come siamo, di ciò che ci vive dentro. Nel momento in cui dice: “Forse il tuo occhio è cattivo?”, come sta facendo oggi, in questo vangelo, Lui ci guarisce, prende l’unguento e lo spalma, prende il fango fatto con la sua saliva e unge i nostri occhi, fino all’intimo.

Signore, ti prego: fa che io veda. Con occhi buoni, senza gelosia; con l’accoglienza, senza mormorare.

6. Un momento di preghiera: Salmo 135

Ho incontrato e assaporato l’amore gratuito del Signore, la sua misericordia senza limiti; ho ricevuto la ricompensa, il salario che non avevo meritato; sono stato riempito di grazia. Ora esulto di gioia indicibile e gloriosa; ora ci vedo! Canto, con il cuore rinnovato, la lode per questo Amore sorprendente, che il Signore regala senza risparmio, senza calcolo, senza nulla trattenere. Alleluia!

Rit. Infinito è il tuo amore per noi!

Alleluia. Lodate il Signore perché è buono: perché eterna è la sua misericordia. 

Lodate il Dio degli dei: perché eterna è la sua misericordia. 

Lodate il Signore dei signori: perché eterna è la sua misericordia. 

Egli solo ha compiuto meraviglie: perché eterna è la sua misericordia.

Percosse l’Egitto nei suoi primogeniti: perché eterna è la sua misericordia. 

Da loro liberò Israele: perché eterna è la sua misericordia; con mano potente e braccio teso: perché eterna è la sua misericordia. 

Divise il mar Rosso in due parti: perché eterna è la sua misericordia. 

In mezzo fece passare Israele: perché eterna è la sua misericordia. 

Travolse il faraone e il suo esercito nel mar Rosso: perché eterna è la sua misericordia.  Guidò il suo popolo nel deserto: perché eterna è la sua misericordia.

Nella nostra umiliazione si è ricordato di noi: perché eterna è la sua misericordia; ci ha liberati dai nostri nemici: perché eterna è la sua misericordia. 

Egli dà il cibo ad ogni vivente: perché eterna è la sua misericordia. 

Lodate il Dio del cielo: perché eterna è la sua misericordia.

7. Orazione finale

Grazie, o Padre, per avermi rivelato il tuo Figlio e avermi fatto entrare nella sua eredità, nella sua vigna. Tu mi hai reso tralcio, mi hai reso uva: ora non mi resta che rimanere, rimanere in Lui, in te e lasciarmi prendere, quale frutto buono, maturo, per essere posto nel torchio. Sì, Signore, lo so: è questa la via. Io non ho paura, perché tu sei con me. Io so che l’unica via alla felicità è il dono a te, il dono ai fratelli. Che io sia tralcio, io sia uva buona, per essere spremuto, come tu vorrai. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 25 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 8,16-18  

In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce. 

Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce. 

Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci presenta tre brevi frasi dette da Gesù. Sono frasi sparse che Luca colloca qui dopo la parabola della semina (Lc 8,4-8) e della sua spiegazione ai discepoli (Lc 8,9-15). Questo contesto letterario, in cui Luca colloca le tre frasi, aiuta a capire come vuole che la gente capisca queste frasi di Gesù.
  • Luca 8,16: La lampada che illumina. “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.” Questa frase di Gesù è una breve parabola. Gesù non spiega, perché tutti sanno di cosa si trattava. Apparteneva alla vita di ogni giorno. In quel tempo, non c’era luce elettrica. Immaginiamoci questo. La famiglia è riunita in casa. Inizia il tramonto. Una persona si alza, prende la lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto. Cosa diranno gli altri? Tutti grideranno: “Ma sei matto. Metti la lampada sul tavolo!” In una riunione biblica, qualcuno fa il commento seguente: La parola di Dio è una lampada che bisogna accendere nell’oscurità della notte. Se rimane chiusa nel libro della Bibbia, è come la lampada sotto un vaso. Ma quando è posta sul tavolo illumina tutta la casa, e quando è letta in comunità è comunicata alla vita”.
  • Il contesto in cui Luca colloca questa frase, si riferisce alla spiegazione che Gesù ha dato della parabola della semina (Lc 8,9-15). É come se dicesse: le cose che avete appena ascoltato non dovete guardarle per voi, ma dovete irradiarle agli altri. Un cristiano non deve aver paura di dare testimonianza ed irradiare la Buona Notizia. L’umiltà è importante, ma è falsa l’umiltà che nasconde i doni di Dio dati per edificare la comunità (1Cor 12,4-26; Rom 12,3-8).
  • Luca 8,17: Ciò che è nascosto si manifesterà. “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.” Questa seconda frase di Gesù si riferisce anche agli insegnamenti dati da Gesù in particolare ai discepoli (Lc 8,9-10). I discepoli non possono tenerli per loro, ma devono divulgarli, perché fanno parte della Buona Notizia porta da Gesù.
  • Luca 8,18: Attenzione ai preconcetti. “Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”. In quel tempo, c’erano molti preconcetti sul Messia che impedivano alla gente di capire nel modo corretto la Buona Notizia del Regno annunziata da Gesù. Per questo fatto, l’avvertenza di Gesù in relazione ai preconcetti è assai attuale. Gesù chiede ai discepoli di essere consapevoli dei preconcetti con cui ascoltano l’insegnamento che lui presenta. Mediante questa frase di Gesù, Luca sta dicendo alle comunità ed a tutti noi:“Fate attenzione alle idee con cui voi guardate Gesù!” Perché se il colore degli occhiali è verde, tutto sembra verde. Se fosse azzurro, tutto sarebbe azzurro! Se l’idea con cui guardo Gesù è sbagliata, tutto ciò che riceve ed insegno su Gesù sarà minacciato di errore. Se penso che il messia deve essere un re glorioso, non vorrei sentire niente di quanto Gesù insegna sulla Croce, sulla sofferenza, sulla persecuzione e sull’impegno, e perderò perfino ciò che pensavo di possedere. Unendo questa terza frase alla prima, possiamo concludere quanto segue: chi trattiene per sé ciò che riceve, e non lo condividere con gli altri, perde ciò che ha, perché si corrompe.

4) Per un confronto personale

  • Hai già avuto esperienza di preconcetti, che ti impedivano di percepire e di apprezzare nel suo giusto valore, le cose buone che le persone fanno?
  • Hai percepito i preconcetti che si nascondono dietro certe storie, racconti e parabole che certe persone narrano?

5) Preghiera finale

Beato l’uomo di integra condotta, che cammina nella legge del Signore. 

Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò i tuoi prodigi. (Sal 118)

Lectio Divina: martedì, 26 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 8,19-21  

In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.

Gli fu annunziato: “Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti”. Ma egli rispose: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi presenta l’episodio in cui i genitori di Gesù, anche sua madre, vogliono conversare con lui, però Gesù non presta loro attenzione. Gesù ebbe problemi con la famiglia. A volte la famiglia aiuta a vivere il vangelo ed a partecipare alla comunità. Altre volte, lo impedisce. Così è successo con Gesù e così succede con noi.
  • Luca 8,19-20: La famiglia cerca Gesù. I parenti giungono a casa dove si trovava Gesù. Probabilmente erano venuti da Nazaret. Da lì a Cafarnao la distanza è di circa 40 km. Sua madre era con loro. Probabilmente non entrarono perché c’era molta gente, ma gli mandano a dire: “Tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e desiderano vederti”. Secondo il vangelo di Marco, i parenti non vogliono vedere Gesù. Loro vogliono riportarselo a casa (Mc 3,32). Pensano che Gesù si era impazzito (Mc 3,21). Probabilmente, avevano paura, poiché secondo ciò che dice la storia, i romani vigilavano assai da vicino tutto ciò che aveva a che fare, in un modo o nell’altro, con il popolo (cf. At 5,36-39). A Nazaret, tra le montagne sarebbe stato più al sicuro che nella città di Cafarnao.
  • Luca 8,21: La risposta di Gesù. La reazione di Gesù è chiara: “Mia madre ed i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica.” In Marco la reazione di Gesù è più concreta. Marco dice: Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre (Mc 3,34-35). Gesù allarga la famiglia! Non permette che la famiglia lo allontani dalla missione: né la famiglia (Gv 7,3-6), né Pietro (Mc 8,33), né i discepoli (Mc 1,36-38), né Erode (Lc 13,32), né nessuno (Gv 10,18).
  • E’ la parola di Dio che crea una nuova famiglia attorno a Gesù: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la mettono in pratica.” Un buon commento di questo episodio è ciò che dice il vangelo di Giovanni nel prologo: “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.” (Gv 1,10-14). La famiglia, i parenti, non capiscono Gesù (Gv 7,3-5; Mc 3,21), non fanno parte della nuova famiglia. Fanno parte della nuova comunità solo coloro che ricevono la Parola, cioè, che credono in Gesù. Costoro nascono da Dio e formano la Famiglia di Dio.
  • La situazione della famiglia al tempo di Gesù. Nel tempo di Gesù, sia il momento politico, sociale ed economico come pure l’ideologia religiosa, tutto cospirava a favore dell’indebolimento dei valori centrali del clan, della comunità. La preoccupazione con i problemi della famiglia impediva alle persone di unirsi in comunità. Orbene, affinché il Regno di Dio potesse manifestarsi, di nuovo, nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano oltrepassare gli stretti limiti della piccola famiglia ed aprirsi alla grande famiglia, verso la comunità. Gesù dà l’esempio. Quando la sua famiglia cerca di impadronirsi di lui, Gesù reagisce ed allarga la famiglia (Mc 3,33-35). Crea la comunità.
  • I fratelli e le sorelle di Gesù. L’espressione “fratelli e sorelle di Gesù” causa molta polemica tra cattolici e protestanti. Basandosi su questo e su altri testi, i protestanti dicono che Gesù aveva più fratelli e sorelle e che Maria aveva più figli! I cattolici dicono che Maria non ebbe altri figli. Cosa pensare di questo? In primo luogo, le due posizioni, sia dei cattolici che dei protestanti, partono da argomenti tratti dalla Bibbia e dalla Tradizione delle loro rispettive Chiese. Per questo, non conviene discutere questa questione con argomenti solo intellettuali. Poiché si tratta di convinzioni che hanno a che vedere con la fede e con il sentimento. L’argomento solo intellettuale non riesce a distogliere una convinzione del cuore! Anzi, irrita ed allontana! Ed anche quando non sono d’accordo con l’opinione dell’altra persona, devo rispettarla. In secondo luogo, invece di discutere attorno a testi, noi tutti, cattolici e protestanti, dovremmo unirci insieme per lottare in difesa della vita, creata da Dio, vita totalmente sfigurata dalla povertà, dall’ingiustizia, dalla mancanza di fede. Dovremmo ricordare alcune frasi di Gesù: “Sono venuto perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). “Perché tutti siano una cosa sola, ed il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). “Non lo impedite! Chi non è contro di noi è a favor nostro” (Mc 10,39.40).

4) Per un confronto personale

  • La famiglia aiuta o rende difficile la tua partecipazione alla comunità cristiana?
  • Come assumi il tuo impegno nella comunità cristiana, senza pregiudicare né la famiglia né la comunità?

5) Preghiera finale

Signore, ho scelto la via della giustizia, mi sono proposto i tuoi giudizi.

Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge e la custodisca con tutto il cuore. (Sal 118)

Lectio Divina: mercoledì, 27 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 9,1-6

In quel tempo, Gesù chiamò a sé i Dodici e diede loro potere e autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi.  Disse loro: “Non prendete nulla per il viaggio, né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno. In qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino. Quanto a coloro che non vi accolgono, nell’uscire dalla loro città, scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi”. 

Allora essi partirono e passavano di villaggio in villaggio, annunziando dovunque la buona novella e operando guarigioni.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi descrive la missione che i Dodici ricevettero da Gesù. Più avanti, Luca parla della missione dei settantadue discepoli (Lc 10,1-12). I due vangeli si completano e rivelano la missione della Chiesa.
  • Luca 9,1-2: L’invio dei dodici in missione. “Gesù chiamò a sé i Dodici, e diede loro potere ed autorità su tutti i demoni e di curare le malattie. E li mandò ad annunziare il regno di Dio e a guarire gli infermi”. Nel chiamare i Dodici, Gesù intensifica l’annuncio della Buona Notizia. L’obiettivo della missione è semplice e chiaro: ricevettero il potere e l’autorità di scacciare i demoni, di curare le malattie e di annunciare il Regno di Dio. Così come la gente rimaneva ammirata vedendo l’autorità di Gesù sugli spiriti impuri, e vedendo il suo modo di annunciare la Buona Notizia (Lc 4,32.36), così dovrà accadere con la predicazione dei dodici apostoli.
  • Luca 9,3-5: Le istruzioni per la Missione. Gesù li manda con le seguenti raccomandazioni: non portare nulla “né bastone, né bisaccia, né pane, né denaro, né due tuniche per ciascuno”. Non andare di casa in casa, ma “in qualunque casa entriate, là rimanete e di là poi riprendete il cammino” In caso di non essere ricevuti, “scuotete la polvere dai vostri piedi, a testimonianza contro di essi”. Come vedremo, queste raccomandazioni strane per noi, hanno un significato molto importante.
  • Luca 9,6: L’esecuzione della missione. Essi partirono. E’ l’inizio di una nuova tappa. Ora non solo Gesù, ma tutto il gruppo va ad annunciare la Buona Notizia alla gente. Se la predicazione di Gesù causava conflitto, tanto più ora, con la predicazione di tutto il gruppo.
  • I quattro punti fondamentali della missione. Al tempo di Gesù, c’erano diversi movimenti di rinnovamento: esseni, farisei, zeloti. Anche loro cercavano un nuovo modo di convivere in comunità ed avevano i loro missionari (cf. Mt 23,15). Ma costoro, quando andavano in missione, erano prevenuti. Portavano bastone e bisaccia per mettervi il proprio cibo. Non si fidavano del cibo che non sempre era “puro”. Al contrario degli altri missionari, i discepoli di Gesù riceveranno raccomandazioni diverse che ci aiutano a capire i punti fondamentali della missione di annunciare la Buona Notizia:
    1. Devono andare senza niente (Lc 9,3; 10,4). Ciò significa che Gesù li obbliga a confidare nell’ospitalità. Perché chi va senza niente, va perché confida nella gente e pensa che sarà ricevuto. Con questo atteggiamento loro criticano le leggi di esclusione, insegnate dalla religione ufficiale e mostrano, mediante una nuova pratica, che avevano altri criteri di comunità.
    2. Dovevano rimanere nella prima casa, fino a ritirarsi dal luogo (Lc 9,4; 10,7). Cioè, dovevano convivere in modo stabile e non andare di casa in casa. Dovevano lavorare con tutti e vivere di ciò che ricevevano a cambio “perché l’operaio ha diritto al suo salario” (Lc 10,7). Con altre parole, loro devono partecipare alla vita ed al lavoro della gente, e la gente li accoglierà nella sua comunità e condividerà con loro casa e cibo. Ciò significa che devono aver fiducia nella condivisione. Ciò spiega anche la severità della critica contro coloro che rifiutano il messaggio: scuotere la polvere dei piedi, come protesta contro di loro (Lc 10,10-12), perché non rifiutano qualcosa di nuovo, bensì il loro passato.
    3. Devono curare i malati e scacciare i demoni (Lc 9,1; 10,9; Mt 10,8). Cioè devono svolgere la funzione del “difensore” (goêl) ed accogliere nel clan, nella comunità, gli esclusi. Con questo atteggiamento criticano la situazione di disintegrazione della vita comunitaria del clan ed indicano sbocchi concreti. L’espulsione di demoni è segno della venuta del Regno di Dio (Lc 11,20).
    4. Devono mangiare ciò che la gente da loro (Lc 10,8). Non potevano vivere separati con il loro cibo, ma dovevano accettare la comunione con gli altri, mangiare con gli altri. Ciò significa che nel contatto con la gente, non devono aver paura di perdere la purezza così come era stato loro insegnato. Con questo atteggiamento criticano le leggi di purezza in vigore ed indicano, per mezzo della nuova pratica, che possiedono un altro accesso alla purezza, cioè, l’intimità con Dio.
  • Questi erano i quattro punti fondamentali della vita comunitaria che dovevano marcare l’atteggiamento dei missionari e delle missionarie che annunciavano la Buona Notizia di Dio in nome di Gesù: ospitalità, condivisione, comunione ed accoglienza degli esclusi (difensore, goêl). Se si risponde a queste quattro esigenze, allora è possibile gridare ai quattro venti: “Il Regno è venuto!” (cf. Lc 10,1-12; 9,1-6; Mc 6,7-13; Mt 10,6-16). Ed il Regno di Dio che Gesù ci ha rivelato non è una dottrina, né un catechismo, né una legge. Il Regno di Dio avviene e si rende presente quando le persone, motivate dalla loro fede in Gesù, decidono di convivere in comunità per rendere testimonianza e rivelare, in questo modo, a tutti, che Dio è Padre e Madre e che noi gli esseri umani siamo fratelli e sorelle. Gesù voleva che la comunità locale fosse di nuovo un’espressione dell’Alleanza del Regno, dell’amore di Dio Padre, che ci rende tutti fratelli e sorelle.

4) Per un confronto personale

  • La partecipazione nella comunità ti ha aiutato ad accogliere e ad aver fiducia nelle persone, soprattutto le più semplici e povere?
  • Qual è il punto della missione degli apostoli che per noi oggi ha più importanza?

Perché?

5) Preghiera finale

Signore, tieni lontana da me la via della menzogna, fammi dono della tua legge.  La legge della tua bocca mi è preziosa più di mille pezzi d’oro e d’argento. (Sal 118)

Lectio Divina: giovedì, 28 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 9,7-9

In quel tempo, il tetrarca Erode sentì parlare di tutto ciò che accadeva e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: “Giovanni è risuscitato dai morti”, altri: “È apparso Elia”, e altri ancora: “È risorto uno degli antichi profeti”. 

Ma Erode diceva: “Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?”. E cercava di vederlo.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi presenta la reazione di Erode alla predicazione di Gesù. Erode non sa come porsi davanti a Gesù. Aveva ucciso Giovanni Battista ed ora vuole vedere Gesù da vicino. L’orizzonte sembra minacciato.
  • Luca 9,7-8: Chi è Gesù? Il testo inizia con l’esposizione delle opinioni della gente e di Erode su Gesù. Alcuni associavano Gesù a Giovanni Battista e a Elia. Altri lo identificavano con un Profeta, cioè con una persona che parla a nome di Dio, che ha il coraggio di denunciare le ingiustizie dei poderosi e che sa animare la speranza dei piccoli. E’ il profeta annunciato nell’Antico Testamento come un nuovo Mosè (Dt 18,15). Sono le stesse opinioni che Gesù stesso raccoglie dai discepoli quando domanda:”Chi sono io secondo la gente?” (Lc 9,18). Le persone cercavano di capire Gesù partendo da cose che loro conoscevano, pensavano e speravano. Cercavano di inquadrarlo nei criteri familiari dell’Antico Testamento con le sue profezie e speranza, e nella Tradizione degli Antichi con le loro leggi. Ma erano criteri insufficienti. Gesù non vi entrava, lui era più grande! • Luca 9,9: Erode vuole vedere Gesù. Ma Erode diceva “Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?” E cercava di vederlo. Erode, uomo superstizioso e senza scrupoli, riconosce di essere lui l’assassino di Giovanni Battista. Ora vuole vedere Gesù. In questo modo Luca suggerisce che le minacce incominciano a spuntare sull’orizzonte della predicazione di Gesù. Erode non ha avuto paura di uccidere Giovanni. Non avrà paura di uccidere Gesù. D’altro canto, Gesù, non ha paura di Erode. Quando gli dissero che Erode cercava di prenderlo per ucciderlo, gli mandò a dire: “Andate a dire a quella volpe: ecco io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; ed il terzo giorno avrò finito” (Lc 13,32). Erode non ha potere su Gesù. Quando nell’ora della passione, Pilato manda Gesù ad essere giudicato da Erode, Gesù non risponde nulla (Lc 23,9). Erode non merita risposta.
  • Da padre a figlio. A volte si confondono i tre Erodi che vissero in quell’epoca, poi i tre appaiono nel Nuovo Testamento con lo stesso nome:
    1. Erode, chiamato il Grande, governò su tutta la Palestina dal 37 a. Cristo. Lui appare alla nascita di Gesù (Mt 2,1). Uccise i neonati di Betlemme (Mt 2,16).
    2. Erode, chiamato Antipas, governò sulla Galilea dal 4 al 39 dopo Cristo. Appare nella morte di Gesù (Lc 23,7). Uccise Giovanni Battista (Mc 6,14-29).
    3. Erode, chiamato Agrippa, governò su tutta la Palestina dal 41 al 44 dopo Cristo. Appare negli Atti degli Apostoli (At 12,1.20) e uccise l’apostolo Giacomo (At 12,2). Quando Gesù aveva più o meno quattro anni, il re Erode morì. Era lui che aveva fatto uccidere i neonati di Betlemme (Mt 2,16). Il suo territorio fu diviso tra i figli, Archelao, ricevette il governo sulla Giudea. Era meno intelligente di suo padre, ma più violento. Quando assunse il potere, furono massacrate circa 3000 persone sulla pizza del Tempio! Il vangelo di Matteo dice che Maria e Giuseppe, quando seppero che questo

Archelao aveva assunto il governo della Giudea, ebbero paura di ritornare per quel cammino e si ritirarono a Nazaret, in Galilea (Mt 2,22), governata da un altro figlio di Erode, chiamato Erode Antipa (Lc 3,1). Questo Antipa durò oltre 40 anni. Durante i trenta e tre anni di Gesù non ci furono cambiamenti nel governo della Galilea. Erode il Grande, il padre di Erode Antipa, aveva costruito la città di Cesarea Marittima, inaugurata nell’anno 15 prima di Cristo. Era il nuovo porto di sbocco dei prodotti della regione. Doveva competere con il grande porto di Tiro nel Nord e, così, aiutare a svolgere il commercio nella Samaria e nella Galilea. Per questo, fin dai tempi di Erode il Grande, la produzione agricola in Galilea iniziava ad orientarsi non più a partire dai bisogni delle famiglie, come succedeva prima, ma partendo dalle esigenze del mercato. Questo processo di mutazione nell’economia continuò durante tutto il governo di Erode Antipa, oltre quarant’anni, e trovò in lui un organizzatore efficiente. Tutti questi governatori erano ‘servi del potere’. Infatti chi comandava in Palestina, dal 63 prima di Cristo, era Roma, l’Impero.

4) Per un confronto personale

  • E’ bene chiedersi sempre: Chi è Gesù per me?
  • Erode vuole vedere Gesù. Era una curiosità superstiziosa e morbosa. Altri vogliono vedere Gesù perché cercano un senso per la loro vita. Ed io che motivazione ho che mi spinge a vedere ed incontrare Gesù?

5) Preghiera finale

Saziaci al mattino con la tua grazia: esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. 

Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l’opera delle nostre mani.

(Sal 89)

Lectio Divina: venerdì, 29 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 1,47-51

In quel tempo, Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”. 

Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?” Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. 

Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!” Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci presenta il dialogo tra Gesù e Natanaele in cui appare questa frase: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo”. Questa frase aiuta a chiarire qualcosa riguardo agli arcangeli.
  • Giovanni 1,47-49: La conversazione tra Gesù e Natanaele. Filippo portò Natanaele da Gesù (Gv 1,45-46). Natanaele aveva esclamato: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” Natanaele era di Cana, che si trova vicino a Nazaret. Vedendo Natanaele, Gesù dice: “Ecco un israelita autentico, senza falsità!” Ed afferma che lo conosceva già quando era sotto il fico. Come mai Natanaele poteva essere un “israelita autentico” se non accettava Gesù messia? Natanaele “stava sotto il fico”. Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mq 4,4; Zc 3,10; 1Rs 5,5). “Stare sotto il fico” era lo stesso che essere fedeli al progetto del Dio di Israele. Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che queste sono in disaccordo con il progetto di Dio. L’israelita che non è disposto a conversare non è né autentico né onesto. Natanaele è autentico. Sperava il messia secondo l’insegnamento ufficiale dell’epoca, secondo cui il Messia veniva da Betlemme nella Giudea. Il Messia non poteva venire da Nazaret in Galilea (Gv 7,41-42.52). Per questo, Natanaele si resiste ad accettare Gesù messia. Ma l’incontro con Gesù lo aiuta a rendersi conto che il progetto di Dio non è sempre come la persona se lo immagina o desidera che sia. Natanaele riconosce il suo proprio inganno, cambia idea, accetta Gesù messia e confessa:”Maestro, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re di Israele!”
  • La diversità della chiamata. I vangeli di Marco, Matteo e Luca presentano la chiamata dei primi discepoli in modo assai conciso: Gesù cammina lungo la spiaggia, chiama Pietro ed Andrea. Poi chiama Giovanni e Giacomo (Mc 1,16-20). Il vangelo di Giovanni ha un altro modo di descrivere l’inizio della prima comunità che si formò attorno a Gesù. Giovanni lo fa narrando storie ben concrete. Colpisce la varietà delle chiamate e degli incontri delle persone tra di loro e con Gesù. Così, Giovanni insegna come bisogna fare per formare una comunità. E’ mediante i contatti e gli inviti personali, ed è così fino ad oggi! Gesù chiama alcuni direttamente (Gv 1,43). Altri indirettamente (Gv 1,41-42). Un giorno chiamò due discepoli di Giovanni Battista (Gv 1,39). Il giorno seguente chiamò Filippo che, a sua volta, chiamò Natanaele (Gv 1,45). Nessuna chiamata si ripete, perché ogni persona è diversa. La gente non dimentica mai le chiamate importanti che marcano la loro vita. Ne ricorda perfino la ora ed il giorno

(Gv 1,39). 

  • Giovanni 1,50-51: Gli angeli di Dio che scendono e salgono sul Figlio dell’Uomo. La confessione di Natanaele è appena all’inizio. Chi è fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell’Uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. E’ la realizzazione del sogno di Giacobbe (Gen 28,10-22).
  • Gli angeli che salgono e scendono la scala. I tre arcangeli: Gabriele, Raffaele e Michele. Gabriele spiegava al profeta Daniele il significato delle visioni (Dn 8,16; 9,21). Lo stesso angelo Gabriele portò il messaggio di Dio a Elisabetta (Lc 1,19) ed a Maria, la madre di Gesù (Lc 1,26). Il suo nome significa “Dio è forte”. Raffaele appare nel libro di Tobia. Accompagna Tobia, figlio di Tobit e di Anna, lungo il viaggio e lo protegge da tutti i pericoli. Aiuta Tobia a liberare Sara dallo spirito maligno ed a curare Tobit, il padre, dalla cecità. Il suo nome significa “Dio cura”. Michele aiutò il profeta Daniele nelle sue lotte e difficoltà (Dn 10,13.21; 12,1). La lettera di Giuda dice che Michele disputò con il diavolo il corpo di Mosè (Giuda 1,9). Fu Michele che vinse satana, facendolo cadere

dal cielo e gettandolo nell’inferno (Ap 12,7). Il suo nome significa: “Chi è come Dio!” La parola angelo significa messaggero. Lui porta un messaggio di Dio. Nella Bibbia, la natura intera può essere messaggera di Dio, rivelando l’amore di Dio verso di noi (Sal 104,4). L’angelo può essere Dio stesso, quando rivolge il suo volto su di noi e ci rivela la sua presenza amorosa.

4) Per un confronto personale

  • Hai già avuto un incontro che ha marcato la tua vita? Come hai scoperto lì la chiamata di Dio?
  • Hai avuto interesse qualche volta, come ha fatto Filippo, a chiamare un’altra persona a partecipare nella comunità?

5) Preghiera finale

Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca.  A te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo. (Sal 137)

Lectio Divina: sabato, 30 settembre, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 9,43b-45

In quel tempo, mentre tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: “Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”. 

Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci presenta il secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. I discepoli non capiscono la parola sulla croce, perché non sono capaci di capire né di accettare un Messia che diventa servo dei fratelli. Loro continuano a sognare un messia glorioso.
  • Luca 9,43b-44: Il contrasto. “Tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: ” Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”. Il contrasto è molto grande. Da un lato, l’ammirazione della gente per tutto ciò che Gesù diceva e faceva. Gesù sembra corrispondere a tutto ciò che la gente sogna, crede e spera. D’altro canto, l’affermazione di Gesù che sarà messo a morte e consegnato nelle mani degli uomini. Ossia, l’opinione delle autorità su Gesù è totalmente contraria all’opinione della gente.
  • Luca 9,45: L’annuncio della Croce. “Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento”. I discepoli lo ascoltavano, pero non capivano la parola sulla croce. Ma pur così, non chiedono chiarimenti. Hanno paura di lasciare apparire la loro ignoranza!
  • Il titolo Figlio dell’Uomo. Questo nome appare con grande frequenza nei vangeli: 12 volte in Giovanni, 13 volte in Marco, 28 volte in Luca, 30 volte in Matteo. In tutto 83 volte nei quattro vangeli. E’ il nome che più piaceva a Gesù. Questo titolo viene dall’AT. Nel libro di Ezechiele, indica la condizione ben umana del profeta (Ez 3,1.4.10.17; 4,1 etc.). Nel libro di Daniele, lo stesso titolo appare nella visione apocalittica (Dn 7,1-28), in cui Daniele descrive gli imperi dei Babilonesi, dei Medi, dei Persiani e dei Greci. Nella visione del profeta, questi quattro imperi hanno l’apparenza di “animali mostruosi” (cf. Dn 7,3-8). Sono imperi animaleschi, brutali, disumani, che perseguono ed uccidono (Dn 7,21.25). Nella visione del profeta, dopo i regni antiumani, appare il Regno di Dio che ha l’apparenza, non di un animale, bensì di una figura umana, Figlio dell’uomo. Ossia un regno con apparenza di gente, regno umano, che promuove la vita e umanizza (Dn 7,13-14). Nella profezia di Daniele la figura del Figlio dell’Uomo rappresenta, non un individuo, bensì, come lui stesso lo dice, il “popolo dei Santi dell’Altissimo” (Dn 7,27; cf Dn 7,18). E’ il popolo di Dio che non si lascia ingannare o manipolare dall’ideologia dominante degli imperi animaleschi. La missione del Figlio dell’Uomo, cioè del popolo di Dio, consiste nel realizzare il Regno di Dio come un regno umano. Regno che promuove la vita, che umanizza le persone. Presentandosi ai discepoli come Figlio dell’Uomo, Gesù fa sua questa missione che è la missione di tutto il Popolo di Dio. E’ come se dicesse a loro ed a tutti noi: “Venite con me!
  • Questa missione non è solo mia, ma è di tutti noi! Andiamo insieme a svolgere la missione che Dio ci ha fatto, ed andiamo insieme a realizzare il Regno umano che lui sognò, regno che ci rende umani!” E fu ciò che fece tutta la sua vita, soprattutto negli ultimi tre anni. Il papa Leone Magno diceva: “Gesù fu così umano, ma così umano, come solo Dio può essere umano”.
  • Quanto più umano, tanto più divino. Quanto più “figlio dell’uomo” tanto più “figlio di Dio!” Tutto ciò che sfigura le persone, che toglie loro questo senso di umanità allontana da Dio. Ciò è stato condannato da Gesù, che ha posto il bene della persona umana al di sopra di tutte le leggi, al di sopra del sabato (Mc 2,27). Nel momento della sua condanna a morte da parte del tribunale religioso del sinedrio, Gesù assunse questo titolo. Quando gli fu chiesto se era il “figlio di Dio” (Mc 14,61), risponde che è il “figlio dell’Uomo”: “Io sono. E voi vedrete il Figlio dell’Uomo seduto alla destra dell’Onnipotente” (Mc 14,62). Per questa affermazione fu dichiarato reo di morte dalla autorità. Lui stesso lo sapeva perché aveva detto: “Il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).

4) Per un confronto personale

  • Come unisci nella tua vita la sofferenza e la fede in Dio?
  • Al tempo di Gesù si viveva un contrasto: la gente pensava e sperava in un modo, le autorità religiose pensavano e speravano in un altro modo. Oggi c’è lo stesso contrasto.

5) Preghiera finale

La tua parola, Signore, è stabile come il cielo. 

Tengo lontano i miei passi da ogni via di male, per custodire la tua parola. (Sal 118)

 

 

 


 
 

 

Preghiera a San Michele Arcangelo, 
da recitarsi al termine della S. Messa

 

 

Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.

 


 
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