Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi Settembre-2022
Giovedì, 1 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 5,1-11
In quel tempo, mentre la folla faceva ressa intorno a Gesù per ascoltare la parola di Dio, egli vide due barche ormeggiate alla sponda.
I pescatori erano scesi e lavavano le reti. Salì in una barca, che era di Simone, e lo pregò di scostarsi un poco da terra. Sedutosi, si mise ad ammaestrare le folle dalla barca.
Quando ebbe finito di parlare, disse a Simone: “Prendi il largo e calate le reti per la pesca”. Simone rispose: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo preso nulla; ma sulla tua parola getterò le reti”. E avendolo fatto, presero una quantità enorme di pesci e le reti si rompevano.
Allora fecero cenno ai compagni dell’altra barca, che venissero ad aiutarli. Essi vennero e riempirono tutte e due le barche al punto che quasi affondavano.
Al veder questo, Simon Pietro si gettò alle ginocchia di Gesù dicendo: “Signore, allontanati da me che sono un peccatore”. Grande stupore infatti aveva preso lui e tutti quelli che erano insieme con lui per la pesca che avevano fatto; così pure Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano soci di Simone.
Gesù disse a Simone: “Non temere; d’ora in poi sarai pescatore di uomini”. Tirate le barche a terra, lasciarono tutto e lo seguirono.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi narra la chiamata di Gesù a Pietro. Il Vangelo di Marco colloca la chiamata dei primi discepoli dopo l’inizio del ministero pubblico di Gesù (Mc 1,16-20). Luca la colloca dopo che la fama di Gesù si era già estesa per tutta la regione (Lc 4,14). Gesù aveva curato molta gente (Lc 4,40) ed aveva pregato nelle sinagoghe di tutto il paese (Lc 4,44). La gente lo cercava e la moltitudine lo spingeva da tutte le parti per udire la Parola di Dio (Lc 5,1). Luca rende più comprensibile la chiamata. In primo luogo, Pietro ascolta le parole di Gesù alla gente. Poi è testimone della pesca miracolosa. Solo dopo questa duplice esperienza sorprendente, capisce la chiamata di Gesù. Pietro risponde, lascia tutto e diventa “pescatore di uomini”.
- Luca 5,1-3: Gesù insegna dalla barca. La gente cerca Gesù per ascoltare la Parola di Dio.
Molte sono le persone che si radunano attorno a Gesù, che fanno ressa attorno a lui. E
Gesù cerca aiuto da Simon Pietro e da alcuni compagni che erano appena ritornati dalla pesca. Entra nella barca con loro e risponde all’aspettativa della gente, comunicando loro la Parola di Dio. Seduto, Gesù prende l’atteggiamento di un maestro e parla dalla barca di un pescatore. La novità consiste nel fatto che insegna non solo nella sinagoga per un pubblico scelto, ma in qualsiasi luogo, dove c’è gente che voglia ascoltarlo, perfino sulla spiaggia.
- Luca 5,4-5: “Sulla tua parola getteremo le reti!” Terminata l’istruzione alla gente, Gesù si dirige a Simone e lo incoraggia a pescare di nuovo. Nella risposta di Simone spuntano la frustrazione, la fatica e lo scoraggiamento: “Maestro, abbiamo faticato tutta la notte e non abbiamo pescato nulla!” Ma, fiduciosi nella parola di Gesù, gettano di nuovo le reti e continuano la lotta. La parola di Gesù tiene per loro più forza che l’esperienza frustrante della notte!
- Luca 5,6-7: Il risultato è sorprendente. La pesca è così abbondante che le reti quasi si rompono e le barche cominciano ad affondare. Simone ha bisogno dell’aiuto di Giovanni e di Giacomo, che sono su un’altra barca. Nessuno riesce ad essere completo, da solo. Una comunità deve aiutare l’altra. Il conflitto tra le comunità, sia al tempo di Luca che oggi, deve essere superato per raggiungere un obiettivo comune, che è la missione. L’esperienza della forza della Parola di Gesù che trasforma è l’asse attorno a cui le differenze si abbracciano e si superano.
- Luca 5,8-11: “Siate pescatori di uomini!” L’esperienza della vicinanza di Dio in Gesù fa capire a Simone chi è: “Allontanati da me, Signore, perché sono un peccatore!” Davanti a Dio siamo tutti peccatori! Pietro ed i suoi compagni hanno paura e, nello stesso tempo, si sentono attratti. Gesù allontana la paura: “Non temete!” Chiama Pietro e lo impegna nella missione, ordinandogli di essere pescatore di uomini. Pietro sperimenta, assai concretamente, che la Parola di Gesù è come la Parola di Dio. E’ capace di far succedere ciò che afferma. In Gesù quei rudi lavoratori faranno un’esperienza di potere, di coraggio e di fiducia. Ed allora, “lasceranno tutto e seguiranno Gesù!”. Finora, era solo Gesù che annunciava la Buona Notizia del Regno. Ora, altre persone saranno chiamate e coinvolte nella missione. Questo modo di Gesù, di lavorare con gli altri, è anche una Buona Notizia per la gente.
- L’episodio della pesca lungo il lago indica l’attrazione e la forza della Parola di Gesù.
Attira la gente (Lc 5,1). Spinge Pietro ad offrire la sua barca a Gesù per poter parlare (Lc 5,3). La Parola di Gesù è così forte che vince la resistenza di Pietro, lo spinge a gettare di nuovo la rete e così avviene la pesca miracolosa (Lc 5,4-6). Vince in lui la volontà di allontanarsi da Gesù e lo attira ad essere “pescatore di uomini!” (Lc 5,10) E così che la Parola di Dio agisce in noi, fino ad oggi!
Per un confronto personale
- Dove e come avviene oggi la pesca miracolosa, che avviene facendo attenzione alla Parola di Gesù?
- “Lasciarono tutto e lo seguirono.” Cosa devo lasciare per seguire Gesù?
Preghiera finale
Chi salirà il monte del Signore, chi starà nel suo luogo santo? Chi ha mani innocenti e cuore puro, chi non pronunzia menzogna. (Sal 23)
Venerdì, 2 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 5,33-39
In quel tempo, gli scribi e i farisei dissero a Gesù: “I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno orazioni; così pure i discepoli dei farisei; invece, i tuoi mangiano e bevono!”
Gesù rispose: “Potete far digiunare gli invitati a nozze, mentre lo sposo è con loro? Verranno però i giorni in cui lo sposo sarà strappato da loro; allora, in quei giorni, digiuneranno”.
Diceva loro anche una parabola: “Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per attaccarlo a un vestito vecchio; altrimenti egli strappa il nuovo, e la toppa presa dal nuovo non si adatta al vecchio. E nessuno mette vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spacca gli otri, si versa fuori e gli otri vanno perduti. Il vino nuovo bisogna metterlo in otri nuovi. Nessuno che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: Il vecchio è buono!”
Riflessione
- Nel Vangelo di oggi vediamo da vicino un conflitto tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca, scribi e farisei (Lc 5,3). Questa volta, il conflitto è attorno alla pratica del digiuno. Luca racconta diversi conflitti attorno alle pratiche religiose dell’epoca: il perdono dei peccati (Lc 5,21-25), mangiare con i peccatori (Lc 5,29-32), il digiuno (Lc 5,3336), e due conflitti sull’osservanza del sabato (Lc 6,1-5 e Lc 6,6-11).
- Luca 5,33: Gesù non insiste nella pratica del digiuno. Qui il conflitto ha a che vedere con la pratica del digiuno. Il digiuno è un’usanza molto antica, praticata da quasi tutte le religioni. Gesù stesso la segue durante quaranta giorni (Mt 4,2). Ma non insiste con i discepoli per fare lo stesso. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere per quale motivo Gesù non insiste nel digiuno.
- Luca 5,34-35: Quando lo sposo è con loro non hanno bisogno di digiunare. Gesù risponde con un paragone. Quando lo sposo è con gli amici dello sposo, cioè, durante la festa delle nozze, loro non devono digiunare. Gesù si considera lo sposo. Durante il tempo in cui, Gesù, è con i discepoli, è la festa delle nozze. Un giorno, poi, lo sposo non sarà più lì. Ed allora, se vogliono, possono digiunare. Gesù allude alla sua morte. Lui sa e si rende conto che se vuole continuare lungo questo cammino di libertà, le autorità lo uccideranno.
Nell’Antico Testamento, varie volte, Dio stesso si presenta come lo sposo della gente (Is 49,15; 54,5.8; 62,4-5; Os 2,16-25). Nel Nuovo Testamento, Gesù è considerato lo sposo del suo popolo (Ef 5,25). L’Apocalisse parla della celebrazione delle nozze dall’Agnello con la sua sposa, la Gerusalemme celeste (Ap 19,7-8; 21,2.9).
- Luca 5,36-39: Vino nuovo in otre nuovo! Queste parole pronunciate sulla toppa nuova su un vestito vecchio e sul vino nuovo nell’otri vecchi devono essere capite come una luce che getta chiarezza sui diversi conflitti, narrati da Luca, prima e dopo la discussione attorno al digiuno. Chiariscono l’atteggiamento di Gesù rispetto a tutti i conflitti con le autorità religiose. Al giorno d’oggi sarebbero conflitti quali: il matrimonio tra persone divorziate, l’amicizia con prostitute ed omosessuali, fare la comunione senza essere sposati in chiesa, non andare a messa la domenica, non digiunare il Venerdì Santo, ecc.
Non si mette la toppa nuova su un vestito vecchio. Perché quando si lava la toppa nuova si restringe e strappa ancora di più il vestito vecchio. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, perché il vino nuovo per la fermentazione fa scoppiare l’otre vecchio. Vino nuovo in otre nuovo! La religione diffusa dalle autorità religiose era come un vestito vecchio, come un otre vecchio. Non bisogna voler combinare la novità portata da Gesù con vecchie usanze. O l’uno, o l’altro! Il vino nuovo che Gesù porta fa scoppiare l’otre vecchio. E’ necessario saper separare le due cose. Molto probabilmente, Luca riporta queste parole di Gesù per orientare le comunità degli anni 80. C’era un gruppo di giudei cristiani che volevano ridurre la novità di Gesù al giudaismo di prima. Gesù non è contro ciò che è “antico”. Ma non vuole che l’antico si imponga sul nuovo, impedendogli di manifestarsi. Sarebbe come se la chiesa cattolica riducesse il messaggio del Concilio Vaticano II alla chiesa prima del concilio, come oggi molte persone sembrano voler fare.
Per un confronto personale
- Quali sono i conflitti attorno alle pratiche religiose che oggi recano sofferenza alle persone e sono motivo di molta discussione e polemica? Qual è l’immagine di Dio soggiacente a tutti questi preconcetti, norme e proibizioni?
- Come capire oggi la frase di Gesù: “Non mettere toppa nuova su un vestito vecchio”? Qual è il messaggio che puoi estrarre da questo per la tua vita e per la vita della tua comunità?
Preghiera finale
Manifesta al Signore la tua via, confida in lui: compirà la sua opera; farà brillare come luce la tua giustizia, quale meriggio il tuo diritto. (Sal 36)
Sabato, 3 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, nostro Padre, unica fonte di ogni dono perfetto, suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,1-5
Un giorno di sabato, Gesù passava attraverso campi di grano e i suoi discepoli coglievano e mangiavano le spighe, sfregandole con le mani.
Alcuni farisei dissero: “Perché fate ciò che non è permesso di sabato?”
Gesù rispose: “Allora non avete mai letto ciò che fece Davide, quando ebbe fame lui e i suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio, prese i pani dell’offerta, ne mangiò e ne diede ai suoi compagni, sebbene non fosse lecito mangiarli se non ai soli sacerdoti?” E diceva loro: “Il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi narra il conflitto relativo all’osservanza del sabato. L’osservanza del sabato era una legge centrale, uno dei Dieci Comandamenti. Legge molto antica che fu riconsiderata nell’epoca dell’esilio. Nell’esilio, la gente doveva lavorare sette giorni a settimana dalla mattina alla sera, sin condizioni per riunirsi e meditare la Parola di Dio, per pregare insieme e per condividere la fede, i loro problemi e le loro speranze. Ecco, quindi, il bisogno urgente di fermarsi almeno un giorno alla settimana per riunirsi ed incoraggiarsi a vicenda durante la situazione così dura dell’esilio. Altrimenti avrebbero perso la fede. Fu lì che la fede rinacque e si ristabilì con vigore l’osservanza del sabato.
- Luca 6,1-2: La causa del conflitto. Il sabato, i discepoli attraversano le piantagioni e si aprono cammino strappando spighe. Matteo 12,1 dice che avevano fame (Mt 12,1). I farisei invocano la Bibbia per dire che cosa suppone trasgressione della legge del Sabato: “Perché fate ciò che non è permesso di fare il sabato?” (cf Ex 20,8-11).
- Luca 6,3-4: La risposta di Gesù. Immediatamente, Gesù risponde ricordando che Davide stesso faceva cose proibite, poiché prese i pani sacri del tempio e li dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Gesù conosceva la Bibbia e la invocava per dimostrare che gli argomenti degli altri non avevano nessuna base. In Matteo, la risposta di Gesù è più completa. Lui non solo invoca la storia di Davide, ma cita anche la Legislazione che permette ai sacerdoti di lavorare il sabato e cita il profeta Osea: “Misericordia voglio e non sacrificio”. Cita un testo biblico e un testo storico, un testo legislativo ed un testo profetico (cf. Mt 12,1-18). In quel tempo, non c’erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c’era solo una Bibbia, scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosce così bene la Bibbia vuol dire che nei 30 anni della sua vita a Nazaret ha partecipato intensamente alla vita comunitaria, dove ogni sabato si leggevano le scritture. A noi manca molto per avere la stessa familiarità con la Bibbia e la stessa partecipazione alla comunità.
- Luca 6,5: La conclusione per tutti noi. E Gesù termina con questa frase: Il Figlio dell’Uomo è signore del sabato! Gesù, Figlio dell’Uomo, che vive nell’intimità con Dio, scopre il senso della Bibbia non dal di fuori, ma dal di dentro, cioè scopre il senso partendo dalla radice, partendo dalla sua intimità con l’autore della Bibbia che è Dio stesso. Per questo, lui si dice signore del sabato. Nel Vangelo di Marco, Gesù relativizza la legge del sabato dicendo: “Il sabato è stato istituito per l’uomo e non l’uomo per il sabato.
Per un confronto personale
- Come passi la Domenica, il nostro “Sabato”? Vai a messa perché obbligato/a, per evitare il peccato o per poter stare con Dio?
- Gesù conosceva la Bibbia quasi a memoria. Cosa rappresenta la Bibbia per me?
Preghiera finale
Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre. (Sal 144)
Domenica, 4 settembre, 2022
Le condizioni per poter essere discepolo e discepola di Gesù
Luca 14,25-33
Orazione iniziale
Shaddai, Dio della montagna, che fai della nostra fragile vita la rupe della tua dimora, conduci la nostra mente a percuotere la roccia del deserto, perché scaturisca acqua alla nostra sete. La povertà del nostro sentire ci copra come manto nel buio della notte e apra il cuore ad attendere l’eco del Silenzio finché l’alba, avvolgendoci della luce del nuovo mattino, ci porti,
con le ceneri consumate del fuoco dei pastori dell’Assoluto che hanno per noi vegliato accanto al divino Maestro, il sapore della santa memoria.
LECTIO
- a) Il testo:
25 Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: 26 «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27 Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. 28 Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento? 29 Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: 30 Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. 31 Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32 Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. 33 Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
- b) Momento di silenzio:
Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.
MEDITATIO
- a) Domande:
- Se uno viene a me e non odia … non può essere mio discepolo: Siamo convinti che sia necessario arrivare a separarci da tutto ciò che lega il cuore: affetti ricevuti e donati, la vita stessa, per seguire Gesù?
- Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo: Porto in me la logica della croce, vale a dire la logica dell’amore gratuito?
- I mezzi per portare a compimento: la capacità di pensare informa la mia vita di fede oppure questa si riduce a un impulso interiore che si dilegua di fronte al tempo che scorre sulle vicende quotidiane?
- Per evitare che tutti coloro che vedono comincino a deriderlo: vale anche per me il compenso di chi inizia a seguire il Signore e poi non ha i mezzi umani, cioè la derisione dell’incapacità?
- Chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo: sono convinto che la chiave della sequela sia la povertà del non possedere, ma la beatitudine dell’appartenenza?
- b) Chiave di lettura:
Tra la gente che segue Gesù ci siamo anche noi con i nostri bagagli di pagine voltate. Uno tra i tanti, il nostro nome si perde. Ma quando Egli si volta e la sua parola raggiunge il dolore dei legami che stringono con forza i pezzi della nostra vita, le domande si rotolano nella valle degli echi più antichi e una sola umile risposta emerge dal crollo di costruzioni incompiute: Signore, da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna.
- 25-26. Siccome molta gente andava con lui, egli si voltò e disse: «Se uno viene a me e non odia suo padre, sua madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. Al Signore non interessa contare le persone che vanno a lui. Le sue parole sono forti e liberano da ogni illusione. Chi non sa cosa significa odiare? Se io odio una persona, ne sto lontana. Questa discriminazione tra il Signore e gli affetti parentali è la prima esigenza del discepolato. Per imparare da Cristo è necessario ritrovare in lui il nucleo di ogni amore e interesse. L’amore di chi segue il Signore non è un amore di possesso, ma di libertà. Andare dietro a una persona senza la sicurezza che può dare un legame di sangue come è quello dei vincoli familiari e del legame con il proprio sangue cioè con la propria vita equivale al farsi discepoli, luogo di vita che nasce dalla Sapienza divina.
- 27. Chi non porta la propria croce e non viene dietro di me, non può essere mio discepolo. L’unico legame che aiuta il seguire Gesù è la croce. Questo simbolo
dell’amore che non si tira indietro, capace di essere parola anche quando il mondo mette tutto a tacere con la condanna e la morte, è la lezione del Rabbì nato nella più piccola borgata di Giudea.
- 28. Chi di voi, volendo costruire una torre, non si siede prima a calcolarne la spesa, se ha i mezzi per portarla a compimento?Costruire una torre richiede una spesa non indifferente per chi ha poche risorse. Il buon desiderio di costruire se stessi non è sufficiente per farlo, è necessario sedersi, calcolare le spese, cercare i mezzi per portare il lavoro a compimento. La vita dell’uomo resta incompiuta e insoddisfatta perché tanto il progetto della costruzione è meraviglioso quanto i debiti del cantiere enormi! Un progetto su misura: non saper calcolare ciò che è in nostra capacità di compiere non è la saggezza di chi dopo aver arato attende la pioggia, ma l’incoscienza di chi attende la fioritura e il raccolto da semi gettati tra sassi e rovi, senza fare la fatica di dissodare il terreno.
- 29-30. Per evitare che, se getta le fondamenta e non può finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, dicendo: Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro. La derisione degli altri che arriva come grandine sui sentimenti di speranza di chi voleva arrivare in alto con le sue sole forze è il compenso alla propria arroganza vestita di buona volontà. Quante umiliazioni ognuno porta con sé, ma quanto poco frutto da queste esperienze di dolore! Avere le fondamenta e non ultimare la costruzione, serve a ben poco. I desideri che si infrangono qualche volta sono buoni tutori al nostro ingenuo affermarci… ma noi non li comprenderemo finché tentiamo di coprire l’insuccesso e la delusione del risveglio dal mondo fiabesco dei sogni dell’infanzia. Gesù ci chiede di diventare bambini sì, ma un bambino non pretenderà mai di costruire una torre “vera”! Si accontenterà di una piccola torre sulla riva del mare, perché conosce bene le sue capacità.
- 31-32. Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda un’ambasceria per la pace. Nessuna battaglia si potrà mai vincere senza ambascerie di pace. Combattere per avere supremazia regale su ogni altro è di per sé una battaglia perduta. Perché l’uomo non è chiamato ad essere re di dominio, ma signore di pace. E avvicinarsi all’altro mentre è ancora lontano è il segno più bello della vittoria dove nessuno perde e nessuno vince, ma tutti si diventa servi dell’unica vera sovrana del mondo: la pace, la pienezza dei doni di Dio.
- 33. Così chiunque di voi non rinunzia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo. Se si declinano i vizi capitali, si scoprono le modalità dell’avere di cui parla qui Gesù. Un uomo che modula la sua vita sull’avere è un uomo vizioso: che pretende di avere potere su tutto (superbia), di godere a piacimento (lussuria), di uscire dal limite come diritto che gli appartiene (ira), di essere ingordo di beni (gola), di rubare ciò che è di altri (invidia), di tenere per sé (avarizia), di accoccolarsi nell’apatia senza impegnarsi per alcuna cosa (accidia). Il discepolo invece che viaggia sui binari delle virtù vive dei doni dello Spirito: un uomo che ha il senso delle cose di Dio (sapienza) e lo dona senza trattenerlo, che penetra il significato essenziale di tutto ciò che è Vita (intelletto), che ascolta la voce dello Spirito (consiglio) e si fa eco di ogni discernimento (consiglio), che sa lasciarsi proteggere dal limite del suo essere uomo (fortezza) e non cede alle lusinghe della trasgressione, che sa conoscere i segreti della storia (scienza) per costruire orizzonti di bene, che non si arroga il diritto di dare senso, ma accoglie la sorgente del divino (pietà) che scaturisce negli abissi del silenzio, che rende grazie di fronte alle meraviglie di grazia del suo Creatore (timor di Dio) senza temere la sua piccolezza. Un discepolo così è un altro Gesù. c) Riflessione:
Il cuore dell’uomo è una rete di vincoli. Legami di tenerezza e di gratitudine, legami di amore e di dipendenza, legami a non finire con tutto ciò che tocca il sentimento. Gesù parla di legami di consanguineità: padre, madre, moglie, figli, fratelli, sorelle, e di legami con la propria vita che nella mentalità semita è simboleggiata dal sangue. Ma il cuore deve essere libero da questi legami per poter andare a Lui e creare un vincolo nuovo che dà vita perché lascia alla persona la libertà di essere quello che è. Ogni discepolo ha un solo compito: quello di apprendere, non di dipendere. I legami del sangue creano dipendenza: quanti ricatti affettivi impediscono agli uomini di costruire la torre della loro esistenza. Quante volte quelle parole: Se mi vuoi bene, fa’ così! oppure: Se mi ami, non farlo… La stessa vita ti può imprigionare quando ti lega a ciò che non va fisiologicamente oppure a ciò che pensi per i condizionamenti di una storia travagliata o a ciò che scegli disordinatamente per una volontà resa debole dai mille reticolati di vicende-ricatto. La croce non lega, stringe perché tutto ciò che porti in te sia effuso, sangue e acqua, fino all’ultima goccia: tutta la tua vita come dono che non attende contraccambio. Appartenere più che possedere: il segreto dell’amore gratuito del Maestro e del discepolo. Chi segue Gesù non è un discepolo qualsiasi che impara una dottrina, diventa il discepolo amato, capace di narrare le mirabilia Dei quando il fuoco dello Spirito farà di lui una fiamma sul candelabro del mondo.
ORATIO
Salmo 22
Il Signore è il mio pastore:
non manco di nulla; su pascoli erbosi mi fa riposare ad acque tranquille mi conduce. Mi rinfranca, mi guida per il giusto cammino, per amore del suo nome.
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me.
Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza.
Davanti a me tu prepari una mensa sotto gli occhi dei miei nemici; cospargi di olio il mio capo, il mio calice trabocca.
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.
CONTEMPLATIO
Signore, mentre ti volti e il tuo sguardo si posa su di me, le tue parole frugano nella mia mente per mettermi davanti ciò che è tutta la mia vita. È come se un paio di forbici recidessero dolcemente ma senza tentennamenti i tanti cordoni ombelicali dai quali attingo il nutrimento per andare avanti. E questa azione decisa e necessaria mi restituisce il pieno respiro del mio essere libertà. La Scrittura lo dice nelle prime pagine della storia umana: L’uomo lascerà suo padre e sua madre e andrà verso una completezza nuova, tutta sua, verso l’unità di un amore persona, capace di fecondità e di vita nuova. Ma noi non abbiamo afferrato la parola chiave di tutto questo meraviglioso progetto, una parola che scomoda perché è come le onde del mare sulle quali non puoi lasciarti andare a sicurezze finite, la parola: movimento. La vita non si ferma. Un amore e una vita ricevuta da un padre e da una madre. Sì, un amore pieno, ma che non chiude gli orizzonti. L’uomo lascerà… e andrà… Un uomo e una donna, due in uno, dei figli che saranno il volto del loro amore incontro, ma che domani lasceranno per andare ancora… se ti fermi per afferrare la vita, la vita muore nella tua presa. E con essa muore anche il tuo sogno mai esaudito, quello di un amore pieno che non si esaurisce mai. Donaci, Signore, di capire che l’amore è seguire, ascoltare, andare, fermarsi, perdersi per ritrovarsi in un movimento di libertà che compie ogni ansia di possesso perenne. Non permettere che per la brama di avere la vita, io perda la gioia della mia appartenenza alla vita, a quella Vita divina che entra ed esce in me per altri e in altri e da altri per me per fare dei giorni che passano ondate di Libertà e di Dono nei confini di ogni vissuto. Che io sia per sempre il discepolo amato della tua Vita morente, capace di accogliere in eredità la figliolanza e la custodia nel tuo Spirito di ogni autentica maternità.
Lunedì, 5 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,6-11
Un sabato, Gesù entrò nella sinagoga e si mise a insegnare. Ora c’era là un uomo, che aveva la mano destra inaridita. Gli scribi e i farisei lo osservavano per vedere se lo guariva di sabato, allo scopo di trovare un capo di accusa contro di lui.
Ma Gesù era a conoscenza dei loro pensieri e disse all’uomo che aveva la mano inaridita: “Alzati e mettiti nel mezzo!”.
L’uomo, alzatosi, si mise nel punto indicato.
Poi Gesù disse loro: “Domando a voi: È lecito in giorno di sabato fare del bene o fare del male, salvare una vita o perderla?”. E volgendo tutt’intorno lo sguardo su di loro, disse all’uomo: “Stendi la mano!”. Egli lo fece e la mano guarì.
Ma essi furono pieni di rabbia e discutevano fra di loro su quello che avrebbero potuto fare a Gesù.
Riflessione
- Il nostro brano ci presenta Gesù che guarisce un uomo dalla mano inaridita. A differenza del contesto dei cap. 3-4 in cui Gesù era solo, ora è circondato da discepoli e donne che si muovono insieme con lui. Un Gesù, quindi, in movimento. Nelle prime fasi di questo cammino il lettore incontra diversi modi di ascolto della Parola di Gesù da parte di coloro che lo seguono e che in definitiva potrebbero essere sintetizzati in due esperienze, le quali richiamano a loro volta due tipi di approccio: quello di Pietro (5,1-11) e quella del centurione (7,1-10). Il primo incontra Gesù che lo invita dopo una pesca miracolosa a diventare pescatori di uomini; poi, cade in ginocchio davanti a Gesù: «Allontanati da me, perché sono un uomo peccatore, Signore» (5,8). Il secondo non ha con Gesù nessuna comunicazione diretta: ha sentito parlare molto bene di Gesù e gli invia degli intermediari per chiedere la guarigione di un suo servo che sta morendo; chiede qualcosa non per sé, ma per una persona che gli sta molto a cuore. La figura di Pietro esprime l’atteggiamento di chi, scoperto peccatore, mette tutto il proprio agire sotto l’influsso della Parola dei Gesù. Il centurione, mostrando sollecitudine per il servo, apprende ad ascoltare Dio. Ebbene, tra questi itinerari o atteggiamenti che caratterizzano il cammino itinerante di Gesù viene collocata la guarigione dell’uomo che presenta una mano inaridita. L’evento miracolo avviene in un contesto di dibattito o controversia: le spighe strappate in giorno di sabato e su un’azione di guarigione in giorno di sabato, appunto la mano inaridita. Tra le due discussioni gioco un ruolo cruciale la parola di Gesù: «Il Figlio dell’uomo è signore del sabato» (6,5). Restando al nostro brano ci chiediamo, qual è il significato di questa mano inaridita? È simbolo della salvezza dell’uomo che viene riportato al suo momento originario, quello della creazione. La mano destra, poi, esprime l’agire umano. Gesù restituisce a questo giorno della settimana, il sabato, il significato più profondo: è il giorno della letizia, della restaurazione e non della limitazione. Quello che Gesù mostra è il sabato messianico e non quello legalistico: le guarigioni che egli opera sono segni del tempo messianico, della restaurazione, della liberazione del’uomo.
- La dinamica del miracolo. Luca pone davanti a Gesù un uomo dalla mano inaridita, secca, paralizzata. Nessuno è interessato a chiedere la sua guarigione e tantomeno il diretto interessato. Eppure, la malattia non era solo un problema individuale ma i suoi effetti si ripercuotono per tutta la comunità. Ma nel nostro racconto non emerge tanto il problema della malattia quanto il suo aspetto con il sabato. Gesù viene criticato perché ha guarito in giorno di sabato. La differenza con i farisei sta nel fatto che questi in giorno di sabato non agiscono in base al comandamento dell’amore che l’essenza della legge. Gesù, dopo aver ordinato all’uomo di porsi al centro dell’assemblea, formula una domanda decisiva: «è lecito o no guarire in giorno di sabato?». Gli spazi per la risposta sono ristretti: guarire o non guarire, ovvero, guarire o distruggere (v.9). Immaginiamo la difficoltà dei farisei: è da escludere che si possa fare del male in giorno di sabato o condurre l’uomo alla perdizione, né tantomeno guarire poiché l’aiuto era solo permesso in caso di estrema necessità. I farisei si sentono provocati e questo genera la loro aggressività. Ma appare evidente che l’intenzione con cui Gesù guarisce di sabato è per procurare il bene dell’uomo e in primo luogo di chi è ammalato. Questa motivazione d’amore ci invita a riflettere sul nostro comportamento e a fondarlo su quello di Gesù che salva. Gesù non è solo attento alla guarigione del malato ma è interessato anche a quella dei suoi avversari: guarirli dal loro atteggiamento distorto nell’osservare la legge; osservare il sabato senza risollevare il prossimo dalle sue malattie non è conforme al volere di Dio. Per l’evangelista la funzione del sabato è di fare del bene, salvare, come Gesù ha fatto nella sua vita terrena.
Per un confronto personale
- Ti senti coinvolto nelle parole di Gesù: come ti impegni nel tuo servizio alla vita? Sai creare le condizioni perché l’altro viva al meglio?
- Sai mettere al centro della tua attenzione e del tuo impegno ogni uomo e tutte le sue esigenze?
Preghiera finale
Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine.
Tu li proteggi e in te si allieteranno quanti amano il tuo nome. (Sal 5)
Martedì, 6 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,12-19
In quei giorni, Gesù se ne andò sulla montagna a pregare e passò la notte in orazione. Quando fu giorno, chiamò a sé i suoi discepoli e ne scelse dodici, ai quali diede il nome di apostoli: Simone, che chiamò anche Pietro, Andrea suo fratello, Giacomo, Giovanni, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo d’Alfeo, Simone soprannominato Zelota, Giuda di Giacomo e Giuda Iscariota, che fu il traditore.
Disceso con loro, si fermò in un luogo pianeggiante. C’era gran folla di suoi discepoli e gran moltitudine di gente da tutta la Giudea, da Gerusalemme e dal litorale di Tiro e di Sidóne, che erano venuti per ascoltarlo ed esser guariti dalle loro malattie; anche quelli che erano tormentati da spiriti immondi, venivano guariti.
Tutta la folla cercava di toccarlo, perché da lui usciva una forza che sanava tutti.
Riflessione
- Il brano di oggi ci presenta due fatti: la scelta dei dodici apostoli (Lc 6,12-16) e l’enorme moltitudine che vuole incontrare Gesù (Lc 6,17-19). Il Vangelo ci invita a riflettere sui Dodici che furono scelti per vivere con Gesù, essendo apostoli. I primi cristiani ricordarono e registrarono i nomi di questi Dodici e di alcuni altri uomini e donne che seguirono Gesù e che dopo la sua risurrezione cominciarono a creare le comunità per il mondo di fuori. Anche oggi, tutti ricordano qualche catechista o persona significativa per la propria formazione cristiana.
- Luca 6,12-13: La scelta dei 12 apostoli. Prima di scegliere definitivamente i dodici apostoli, Gesù trascorse una notte intera in preghiera. Prega per sapere chi scegliere, e sceglie i Dodici, i cui nomi sono nei vangeli e che riceveranno il nome di apostolo. Apostolo significa inviato, missionario. Loro furono chiamati per svolgere una missione, la stessa missione che Gesù ricevette dal Padre (Gv 20,21). Marco concreta di più e dice che Dio li chiamò per stare con lui e li manda in missione (Mc 3,14).
- Luca 6,14-16: I nomi dei 12 apostoli. Con piccole differenze i nomi dei Dodici sono uguali nei vangeli di Matteo (Mt 10,2-4), Marco (Mc 3,16-19) e Luca (Lc 6,14-16). Gran parte di questi nomi vengono dall’AT. Per esempio, Simeone è il nome di uno dei figli del patriarca Giacobbe (Gen 29,33). Giacomo è il nome stesso di Giacobbe (Gen 25,26). Giuda è il nome dell’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Matteo aveva anche il nome di Levi (Mc 2,14), l’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Dei dodici apostoli, sette hanno il nome che viene dal tempo dei patriarchi: due volte Simone, due volte Giacomo, due volte Giuda, ed una volta Levi! Ciò rivela la saggezza e la pedagogia della gente. Mediante i nomi dei patriarchi e delle ‘matriarche’, dati ai figli ed alle figlie, la gente mantiene viva la tradizione degli antichi ed aiuta i propri figli a non perdere l’identità. Quali sono i nomi che oggi diamo ai nostri figli ed alle nostre figlie?
- Luca 6,17-19: Gesù scende dalla montagna e la gente lo cerca. Scendendo dalla montagna con i dodici, Gesù incontra una moltitudine immensa di gente che cercava di ascoltare la sua parola e di toccarlo, perché sapeva che lui sprigionava una forza di vita. Tra questa moltitudine c’erano giudei e stranieri, gente della Giudea ed anche di Tiro e Sidone. Era gente abbandonata, disorientata. Gesù accoglie tutti coloro che lo cercano. Giudei e pagani! Questo è uno dei temi preferiti da Luca!
- Queste dodici persone, chiamate da Gesù per formare la prima comunità, non erano sante. Erano persone comuni, come tutti noi. Avevano le loro virtù ed i loro difetti. I vangeli informano molto poco sul temperamento e il carattere di ciascuna di loro. Ma ciò che dicono, anche se poco, è per noi motivo di consolazione.
- Pietro era una persona generosa e piena di entusiasmo (Mc 14,29.31; Mt 14,28-29), ma nel momento del pericolo e della decisione, il suo cuore diventa piccolo e fa marcia indietro (Mt 14,30; Mc 14,66-72). Giunge ad essere satana per Gesù (Mc 8,33). Gesù lo chiama Pietra (Pietro). Pietro di per sé non era Pietra. Diventa pietra (roccia), perché Gesù prega per lui (Lc 22,31-32).
- Giacomo e Giovanni, fratelli, sono disposti a soffrire con e per Gesù (Mc 10,39), ma erano molto violenti (Lc 9, 54). Gesù li chiama “figli del tuono” (Mc 3,17). Giovanni sembrava avere una certa invidia. Voleva Gesù solo per il suo gruppo (Mc 9,38).
- Filippo aveva un modo di fare accogliente. Sapeva mettere gli altri a contatto con Gesù (Gv 1,45-46), ma non era molto pratico nel risolvere i problemi (Gv 12,20-22; 6,7). A volte, era molto ingenuo. Ci fu un momento in cui Gesù perse la pazienza con lui: Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? (Gv 14,8-9)
- Andrea, fratello di Pietro ed amico di Filippo, era più pratico. Filippo ricorre a lui per risolvere i problemi (Gv 12,21-22). Andrea chiama Pietro (Gv 1,40-41), ed Andrea trovò il fanciullo con cinque pani e due pesci (Gv 6,8-9).
- Bartolomeo sembra essere lo stesso che Natanaele. Costui era di lì e non poteva ammettere che qualcosa di buono potesse venire da Nazaret (Gv 1,46).
- Tommaso fu capace di sostenere la sua opinione, una settimana intera, contro la testimonianza di tutti gli altri (Gv 20,24-25). Ma quando vide che si era sbagliato non ebbe paura di riconoscere il suo errore (Gv 20,26-28). Era generoso, disposto a morire con Gesù
(Gv 11,16).
- Matteo o Levi era pubblicano, esattore, come Zaccheo (Mt 9,9; Lc 19,2). Erano persone impegnate nel sistema oppressiva dell’epoca.
- Simone, invece, sembra che appartenesse al movimento che si opponeva radicalmente al sistema che l’Impero Romano imponeva al popolo giudeo. Per questo lo chiamavano anche Zelota (Lc 6,15). Il gruppo degli Zeloti giunse a provocare una rivolta armata contro i romani.
- Giuda era colui che si occupava del denaro nel gruppo (Gv 13,29). Tradisce Gesù.
- Giacomo di Alfeo e Giuda Taddeo, di questi due i vangeli non dicono nulla, salvo il nome.
Per un confronto personale
- Gesù trascorre tutta la notte in preghiera per sapere chi scegliere, e sceglie questi dodici! Quale conclusione ne trai?
- Ricordi le persone che hanno dato origine alla comunità a cui appartieni? Cosa ricordi di loro: il contenuto di ciò che insegnavano o la loro testimonianza?
Preghiera finale
Lodino il suo nome con danze, con timpani e cetre gli cantino inni. Il Signore ama il suo popolo, incorona gli umili di vittoria. (Sal 149)
Mercoledì, 7 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,20-26
In quel tempo, alzati gli occhi verso i suoi discepoli, Gesù diceva:
“Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio. Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati. Beati voi che ora piangete, perché riderete.
Beati voi quando gli uomini vi odieranno e quando vi metteranno al bando e v’insulteranno e respingeranno il vostro nome come scellerato, a causa del Figlio dell’uomo. Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché, ecco, la vostra ricompensa è grande nei cieli. Allo stesso modo, infatti, facevano i loro padri con i profeti. Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione. Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame. Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi. Allo stesso modo, infatti, facevano i loro padri con i falsi profeti”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci riporta quattro beatitudini e quattro maledizioni del Vangelo di Luca. C’è una rivelazione progressiva nel modo in cui Luca presenta l’insegnamento di Gesù. Fino a 6,16, dice molte volte che Gesù insegnava alla gente, pero non descriveva il contenuto dell’insegnamento (Lc 4,15.31-32.44; 5,1.3.15.17; 6,6). Ora, dopo aver informato che Gesù vede la moltitudine desiderosa di ascoltare la parola di Dio, Luca riporta il primo grande discorso che inizia con le esclamazioni: “Beati, voi poveri!” e “Guai a voi, ricchi!”, ed occupa tutto il resto del capitolo (Lc 6,12-49). Alcuni chiamano questo discorso il “Discorso della Pianura”, perché secondo Luca, Gesù scese dal monte e si fermò in un luogo in pianura dove pronunciò il suo discorso. Nel Vangelo di Matteo, questo stesso discorso è fatto sulla montagna (Mt 5,1) ed è chiamato “il Discorso della Montagna”. In Matteo, nel discorso ci sono otto beatitudini, che tracciano un programma di vita per le comunità cristiane di origine giudaica. In Luca, il sermone è più breve e più radicale. Contiene solo quattro beatitudini e quattro maledizioni, indirizzate alle comunità ellenistiche, costituite da ricchi e da poveri. Questo discorso di Gesù sarà meditato nei prossimi giorni.
- Luca 6,20: Beati voi, poveri! Guardando i discepoli, Gesù dichiara: “Beati voi, poveri, perché vostro è il Regno dei Cieli!” Questa dichiarazione identifica la categoria sociale dei discepoli. Loro sono poveri! Ed a loro Gesù promette: “Il Regno è vostro!” Non è una promessa fatta per il futuro. Il verbo è presente. Il Regno appartiene già a loro. Loro sono beati fin da ora. Nel Vangelo di Matteo, Gesù esplicita il senso e dice: “Beati i poveri in Spirito!” (Mt 5,3). Sono i poveri che hanno lo Spirito di Gesù. Perché ci sono poveri con la mentalità di ricchi. I discepoli di Gesù sono poveri con mentalità di poveri. Come Gesù, non vogliono accumulare, ma assumono la loro povertà e con lui, lottano per una convivenza più giusta, dove ci sia fraternità e condivisione di beni, senza discriminazione.
- Luca 6,21-22: Beati voi, che ora avete fame e piangete! Nella seconda e terza beatitudine Gesù dice: “Beati voi che ora avete fame, perché sarete saziati! Beati voi che ora piangete, perché riderete!” Una parte delle frasi è al presente e l’altra è al futuro. Ciò che ora viviamo e soffriamo non è definitivo. Ciò che è definitivo è il Regno che stiamo costruendo oggi con la forza dello Spirito di Gesù. Costruire il Regno suppone dolore e persecuzione, ma una cosa è certa: il Regno giungerà, e “voi sarete saziati e riderete!”
- Luca 6,23: Beati sarete, quando vi odieranno…! La 4ª beatitudine si riferisce al futuro: “Beati voi, quando gli uomini vi odieranno e vi metteranno al bando a causa del Figlio dell’Uomo! Rallegratevi in quel giorno ed esultate, perché grande sarà la vostra ricompensa, perché così sono stati trattati i profeti!” Con queste parole di Gesù, Luca incoraggia le comunità del suo tempo, che erano perseguitate. La sofferenza non è rantolo di morte, ma dolore di parto. Fonte di speranza! La persecuzione era un segno che il futuro annunciato da Gesù stava giungendo. Le comunità andavano per il cammino giusto.
- Luca 6,24-25: Guai a voi ricchi! Guai a voi che ora siete sazi e ridete! Dopo le quattro beatitudini a favore dei poveri e degli esclusi, seguono quattro minacce o maledizioni contro i ricchi e coloro a cui tutto va bene e sono elogiati da tutti. Le quattro minacce hanno la stessa forma letteraria identica alle quattro beatitudini. La prima è al presente. La seconda e la terza hanno una parte al presente ed un’altra al futuro. E la quarta si riferisce completamente al futuro. Queste minacce si trovano solo nel Vangelo di Luca e non in quello di Matteo. Luca è più radicale nella denuncia dell’ingiustizia.
Dinanzi a Gesù, nella pianura non ci sono ricchi. Solo c’è gente povera e malata, venuta da tutte le parti (Lc 6,17-19). Ma Gesù dice: “Guai a voi, ricchi!” Perché Luca, nel trasmettere queste parole di Gesù, sta pensando più alle comunità del suo tempo. In loro ci sono ricchi e poveri, e c’è discriminazione dei poveri da parte dei ricchi, la stessa che marcava la struttura dell’Impero Romano (cf. Gc 5,1-6; Apc 3,17-19). Gesù critica duramente e direttamente i ricchi: Voi ricchi, avete già ricevuto la consolazione! Siete già sazi, ma avrete fame! Ora state ridendo, ma sarete afflitti e piangerete! Segno che per Gesù la povertà non è una fatalità, né è frutto di pregiudizi, ma è frutto di arricchimento ingiusto da parte degli altri.
- Luca 6,26: Guai a voi quando tutti diranno bene di voi, perché così trattarono anche i falsi profeti!” Questa quarta minaccia si riferisce ai figli di coloro che nel passato elogiavano i falsi profeti. Perché alcune autorità dei giudei usavano il loro prestigio e la loro autorità per criticare Gesù.
Per un confronto personale
- Guardiamo la vita e le persone con lo stesso sguardo di Gesù? Cosa pensi nel tuo cuore: una persona povera ed affamata è veramente felice? I racconti che vediamo in televisione e la propaganda del commercio, quale ideale di felicità ci presentano?
- Dicendo “Beati i poveri”, Gesù stava volendo dire che i poveri devono continuare ad essere poveri?
Preghiera finale
Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere.
Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto. (Sal 114)
Giovedì, 8 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 1,1-16.18-23
Genealogia di Gesù Cristo figlio di Davide, figlio di Abramo. Abramo generò Isacco,
Isacco generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuda e i suoi fratelli, Giuda generò Fares e
Zara da Tamar, Fares generò Esrom, Esrom generò Aram, Aram generò Aminadab, Aminadab generò Naasson, Naasson generò Salmon, Salmon generò Booz da Racab, Booz generò Obed da Rut, Obed generò Iesse, Iesse generò il re Davide.
Davide generò Salomone da quella che era stata la moglie di Uria, Salomone generò Roboamo, Roboamo generò Abia, Abia generò Asaf, Asaf generò Giosafat, Giosafat generò Ioram, Ioram generò Ozia, Ozia generò Ioatam, Ioatam generò Acaz, Acaz generò Ezechia, Ezechia generò Manasse, Manasse generò Amos, Amos generò Giosia, Giosia generò Ieconia e i suoi fratelli, al tempo della deportazione in Babilonia.
Dopo la deportazione in Babilonia, Ieconia generò Salatiel, Salatiel generò Zorobabele,
Zorobabele generò Abiud, Abiud generò Eliacim, Eliacim generò Azor, Azor generò
Sadoc, Sadoc generò Achim, Achim generò Eliud, Eliud generò Eleazar, Eleazar generò Mattan, Mattan generò Giacobbe, Giacobbe generò Giuseppe, lo sposo di Maria, dalla quale è nato Gesù chiamato Cristo.
Ecco poi come avvenne la nascita di Gesù Cristo: sua madre Maria, essendo promessa sposa di Giuseppe, prima che andassero a vivere insieme si trovò incinta per opera dello Spirito Santo. Giuseppe suo sposo, che era giusto e non voleva ripudiarla, decise di licenziarla in segreto.
Mentre però stava pensando a queste cose, ecco che gli apparve in sogno un angelo del Signore e gli disse: “Giuseppe, figlio di Davide, non temere di prendere con te Maria, tua sposa, perché quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo. Essa partorirà un figlio e tu lo chiamerai Gesù: egli, infatti, salverà il suo popolo dai suoi peccati”.
Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta: “Ecco, la vergine concepirà e partorirà un figlio che sarà chiamato Emmanuele”, che significa “Dio con noi”.
Riflessione
- Oggi, 8 settembre, festa della Natività di Nostra Signora, il Vangelo riporta la genealogia o la carta d’identità di Gesù. Per mezzo dell’elenco degli antenati, l’evangelista racconta alle comunità chi è Gesù e come Dio agisce in modo sorprendente per compiere la sua promessa. Sulle nostre carte di identità c’è il nostro nome ed il cognome dei nostri genitori. Alcune persone, per dire chi sono, ricordano anche i nomi dei nonni e delle nonne. Altre, si vergognano degli antenati della loro famiglia, e si nascondono dietro apparenze che ingannano. La carta d’identità di Gesù ha molti nomi. Nell’elenco dei nomi c‘è una grande novità. In quel tempo, le genealogie indicavano solo il nome degli uomini. Per questo, sorprende che Matteo metta anche cinque donne tra gli antenati di Gesù: Tamar, Raab, Ruth, la moglie di Uria e Maria. Perché scelse proprio queste cinque donne, e non altre? Questa è la domanda che il Vangelo di Matteo lascia a noi.
- Matteo 1,1-17: La lunga lista di nomi – l’inizio e la fine della genealogia. All’inizio ed alla fine della genealogia, Matteo fa capire chiaramente qual è l’identità di Gesù: lui è il Messia, figlio di Davide e figlio di Abramo. Quale discendente di Davide, Gesù è la risposta di Dio alle aspettative del popolo giudeo. (2 Sam 7,12-16). Quale discendente di Abramo, è fonte di benedizioni e di speranza per tutte le nazioni della terra (Gen 12,13). Così, sia i giudei che i pagani che fanno parte delle comunità della Siria e della Palestina all’epoca di Matteo, potevano vedere le loro speranze realizzate in Gesù.
Elaborando l’elenco degli antenati di Gesù, Matteo adotta uno schema di 3 x 14 generazioni (Mt 1,17). Il numero 2 è il numero della divinità. Il numero 14 è due volte 7, che è il numero della perfezione. In quel tempo, era cosa comune interpretare o calcolare l’azione di Dio servendosi di numeri e di date. Per mezzo di questi calcoli simbolici, Matteo rivela la presenza di Dio lungo generazioni ed esprime la convinzione delle comunità che dicevano che Gesù apparve nel tempo stabilito da Dio. Con la sua venuta la storia raggiunge il suo pieno compimento.
- Il messaggio delle cinque donne citate nella genealogia. Gesù è la risposta di Dio alle aspettative sia dei giudei che dei pagani, però lo è in modo completamento sorprendente. Nelle storie delle quattro donne dell’AT, citate nella genealogia, c’è qualcosa di anormale. Le quattro erano straniere, concepirono i loro figli fuori dagli schemi normali del comportamento dell’epoca e non soddisfanno le esigenze delle leggi di purezza del tempo di Gesù. Tamar, una cananea, vedova, si veste da prostituta per obbligare Giuda ad esserle fedele e a dargli un figlio (Gen 38,1-30). Raab, una cananea, prostituta di Gerico, fece alleanza con gli israeliti. Li aiutò ad entrare nella Terra Promessa e professò la fede in un Dio che libera dall’Esodo. (Gs 2,1-21). Betsabea, una ittita, moglie di Uria, fu sedotta, violentata e messa incinta dal re Davide, che, oltre a ciò, ordinò di uccidere il marito (2 Sam 11,1-27). Ruth, una moabita, vedova povera, scelse di restare con Noemi e aderire al popolo di Dio (Rt 1,16-18). Consigliata da sua suocera Noemi, Ruth imita Tamar e passa la notte insieme a Booz, obbligandolo ad osservare la legge e a dargli un figlio. Dalla loro relazione nasce Obed, il nonno del re Davide (Rt 3,1-15;4,13-17). Queste quattro donne questionano i modelli di comportamento imposti dalla società patriarcale. E così le loro iniziative poco convenzionali daranno continuità alla discendenza di Gesù e porteranno la salvezza di Dio a tutto il popolo. Attraverso di loro Dio realizza il suo piano ed invia il Messia promesso. Veramente, il modo di agire di Dio sorprende e fa pensare! Alla fine, il lettore si pone la domanda: “E Maria? C’è in lei qualche irregolarità? Qual è? La risposta ci viene dalla storia di San Giuseppe che segue nel testo di Matteo (Mt 1,18-23).
- Matteo 1,18-23: San Giuseppe, uomo giusto. L’irregolarità in Maria è che rimane incinta prima di convivere con Giuseppe, suo promesso sposo, uomo giusto. Gesù disse: “Se la vostra giustizia non è maggiore della giustizia dei farisei e degli scribi, voi non entrerete nel Regno dei cieli”. Se Giuseppe fosse stato giusto secondo la giustizia dei farisei, avrebbe dovuto denunciare Maria e lei sarebbe stata lapidata. Gesù sarebbe morto. Grazie alla vera giustizia di Giuseppe, nacque Gesù.
Per un confronto personale
- Quando mi presento agli altri, cosa dico di me e della mia famiglia?
- Se l’evangelista indica solamente queste cinque donne al lato di oltre quaranta uomini, lui, senza dubbio, vuole comunicare un messaggio. Quale è questo messaggio? Cosa ci dice tutto questo sull’identità di Gesù? E cosa ci dice su di noi?
Preghiera finale
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. (Sal 114)
Venerdì, 9 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione,
perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,39-42
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli una parabola: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutt’e due in una buca? Il discepolo non è da più del maestro; ma ognuno ben preparato sarà come il suo maestro.
Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire a tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci riporta alcuni passaggi del discorso che Gesù pronuncia sulla pianura dopo aver trascorso la notte in preghiera (Lc 6,12) e dopo aver chiamato i dodici ad essere suoi apostoli (Lc 6,13-14). Gran parte delle frasi riunite in questo discorso sono state pronunciate in altre occasioni, però Luca, imitando Matteo, le riunisce qui in questo Discorso della Pianura.
- Luca 6,39: La parabola del cieco che guida un altro cieco. Gesù racconta una parabola ai discepoli: “Può forse un cieco guidare un altro cieco? Non cadranno tutti e due in una buca?” Parabola di una riga, assai simile alle avvertenze che, nel Vangelo di Matteo, sono rivolte ai farisei: “Guai a voi, guide cieche!” (Mt 23,16.17.19.24.26) Qui nel contesto del Vangelo di Luca, questa parabola è rivolta agli animatori delle comunità che si considerano padroni della verità, superiori agli altri. Per questo sono guide cieche.
- Luca 6,40: Discepolo – Maestro. “Il discepolo non è di più del maestro, ma il discepolo ben preparato sarà come il maestro”. Gesù è il Maestro. Non il professore. Il professore in classe impartisce diverse materie, ma non vive con gli alunni. Il maestro non impartisce lezioni, vive con gli alunni. La sua materia è lui stesso, la sua testimonianza di vita, il suo modo di vivere le cose che insegna. La convivenza con il maestro assume tre aspetti: (1) Il maestro è il modello o l’esempio da imitare (cf. Gv 13,13-15). (2) Il discepolo non solamente contempla ed imita, si impegna anche con il destino del maestro, con le sue tentazioni (Lc 22,28), con la sua persecuzione (Mt 10,24-25), con la sua morte (Gv 11,16). (3) Non solamente imita il modello, non solo assume l’impegno, ma giunge ad identificarsi con lui: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me” (Gal 2,20). Questo terzo aspetto è la dimensione mistica della sequela di Gesù, frutto dell’azione dello Spirito.
- Luca 6,41-42: La pagliuzza nell’occhio del fratello. “Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio di tuo fratello, e non t’accorgi della trave che è nel tuo? Come puoi dire a tuo fratello: Permetti che tolga la pagliuzza che è nel tuo occhio, mentre tu non vedi la trave che è nel tuo? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio ed allora potrai vederci bene nel togliere la pagliuzza dall’occhio di tuo fratello”. Nel Discorso della Montagna, Matteo tratta lo stesso tema e spiega un poco meglio la parabola della pagliuzza nell’occhio. Gesù chiede un atteggiamento creativo che ci renda capaci di andare all’incontro dell’altro senza giudicarlo, senza preconcetti e razionalizzazioni, accogliendolo da fratello (Mt 7,1-5). Questa apertura totale verso l’altro considerato fratello/sorella nascerà in noi solo quando saremo capaci di rapportarci con Dio con la fiducia totale di figli (Mt 7,7-11).
Per un confronto personale
- Pagliuzza e trave nell’occhio. Come sono i miei rapporti con gli altri in casa ed in famiglia, nel lavoro e con i colleghi, in comunità e con i fratelli e sorelle?
- Maestro e discepolo. Come sono discepolo/a di Gesù?
Preghiera finale
Signore, beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza;
cresce lungo il cammino il suo vigore. (Sal 83)
Sabato, 10 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che ci hai donato il Salvatore e lo Spirito Santo, guarda con benevolenza i tuoi figli di adozione, perché a tutti i credenti in Cristo sia data la vera libertà e l’eredità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 6,43-49
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.
L’uomo buono trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore; l’uomo cattivo dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.
Perché mi chiamate: Signore, Signore, e poi non fate ciò che dico?
Chi viene a me e ascolta le mie parole e le mette in pratica, vi mostrerò a chi è simile: è simile a un uomo che, costruendo una casa, ha scavato molto profondo e ha posto le fondamenta sopra la roccia. Venuta la piena, il fiume irruppe contro quella casa, ma non riuscì a smuoverla perché era costruita bene.
Chi invece ascolta e non mette in pratica, è simile a un uomo che ha costruito una casa sulla terra, senza fondamenta. Il fiume la investì e subito crollò, e la rovina di quella casa fu grande”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci riporta la parte finale del Discorso della Pianura che è la versione che Luca presenta del Sermone della Montagna del Vangelo di Matteo. E Luca riunisce quanto segue:
- Luca 6,43-45: La parabola dell’albero che dà buoni frutti. “Non c’è albero buono che faccia frutti cattivi, né albero cattivo che faccia frutti buoni. Ogni albero, infatti, si riconosce dal suo frutto: non si raccolgono fichi dalle spine, né si vendemmia uva da un rovo.” La lettera dell’apostolo Giacomo serve da commento a questa parola di Gesù: “Forse la sorgente può far sgorgare dallo stesso getto acqua dolce e amara? Può forse, miei fratelli, un fico produrre olive o una vite produrre fichi? Neppure una sorgente salata può produrre acqua dolce.” (Giacomo 3,11-12). Una persona ben formata nella tradizione della convivenza comunitaria fa crescere dentro di sé una buona indole che la porta a praticare il bene. “Trae fuori il bene dal buon tesoro del suo cuore,” ma la persona che non fa attenzione alla sua formazione avrà difficoltà a produrre cose buone. Anzi, “dal suo cattivo tesoro trae fuori il male, perché la bocca parla dalla pienezza del cuore.” Riguardo il “buon tesoro del cuore” vale la pena ricordare ciò che dice il libro dell’Ecclesiastico sul cuore, fonte del buon consiglio: “Segui il consiglio del tuo cuore, perché nessuno ti sarà più fedele di lui. La coscienza di un uomo talvolta vuole avvertire meglio di sette sentinelle collocate in alto per spiare. Al di sopra di tutto questo prega l’Altissimo perché guidi la tua condotta secondo verità.” (Eclo 37,13-15).
- Luca 6,46: Non basta dire, Signore, Signore. L’importante non è dire cose belle su Dio, ma fare la volontà del Padre ed essere così una rivelazione del suo volto e della sua presenza nel mondo.
- Luca 6,47-49: Costruire la casa sulla rocca. Ascoltare e mettere in pratica, ecco la conclusione finale del Discorso della Montagna. Molta gente cercava sicurezza e potere religioso in doni straordinari o nelle osservanze. Ma la sicurezza vera non viene dal potere, non viene da nulla di ciò. Viene da Dio. E Dio diventa fonte di sicurezza, quando cerchiamo di fare la sua volontà. E così lui sarà la rocca che ci sostiene, nell’ora delle difficoltà e delle tormente.
- Dio rocca della nostra vita. Nel libro dei Salmi, frequentemente troviamo l’espressione: Dio è la mia rocca, la mia fortezza…… Mio Dio, rocca mia, mio rifugio, mio scudo, la forza che mi salva…” (Sal 18,3). Lui è la difesa e la forza di coloro che credono in lui e che cercano la giustizia (Sal 18,21.24). Le persone che hanno fiducia in questo Dio diventano a loro volta, una rocca per gli altri. Così il profeta Isaia invita la gente che stava nell’esilio: “Ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito” (Is 51,1-2). Il profeta chiede alla gente di non dimenticare il passato e di ricordare Abramo e Sara che per la loro fede in Dio diventano rocca, inizio del popolo di Dio. Guardando verso questa rocca, la gente doveva trarre coraggio per lottare ed uscire dall’esilio. E così Matteo esorta le comunità ad avere come fonte di sicurezza questa stessa rocca (Mt 7,24-25) e cosi essere loro stesse rocce per rafforzare i loro fratelli nella fede. Questo è anche il significato che Gesù da a Pietro: “Tu sei Pietro e su questa pietra costruirò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Questa è la vocazione delle prime comunità chiamate ad unirsi a Gesù, la pietra viva, per diventare anche loro pietre vive ascoltando e mettendo in pratica la Parola (Pd 2,4-10; 2,5; Ef 2,19-22).
Per un confronto personale
- Qual è la qualità del mio cuore?
- La mia casa è costruita sulla rocca?
Preghiera finale
Sei tu Signore che hai creato le mie viscere e mi hai tessuto nel seno di mia madre. Ti lodo, perché mi hai fatto come un prodigio; sono stupende le tue opere. (Sal 138)
Domenica, 11 settembre, 2022
Le parabole delle cose perdute
Rincontrare Dio nella vita
Luca 15,1-32
Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
Lettura
- a) Chiave di lettura:
Il Vangelo d’oggi ci presenta tre parabole per aiutarci ad approfondire in noi l’immagine di Dio. L’immagine che una persona ha di Dio influisce molto nel suo modo di pensare e di agire. Per esempio, l’immagine di Dio giudice severo fa paura alla persona e la rende troppo sottomessa e passiva o ribelle e rivoltosa. L’immagine patriarcale di Dio, cioè, Dio padrone (boss), fu ed è ancora usata per legittimare i rapporti di potere e di dominio, sia nella società che nella Chiesa, nella famiglia come nella comunità. Al tempo di Gesù, l’idea che la gente aveva di Dio era di qualcuno assai distante, severo, giudice che minacciava con il castigo. Gesù rivela una nuova immagine di Dio: Dio padre, pieno di tenerezza con tutti e con ciascuno in particolare. È ciò che le tre parabole di questa domenica ci vogliono comunicare.
Nel corso della lettura, cerca di non soffermarti su ogni dettaglio, bensì lascia, in primo luogo, che le parabole entrino in te e ti provochino. Cerca di scoprire ciò che hanno in comune e cerca di confrontarle con l’immagine di Dio che tu hai. Solo dopo, cerca di analizzare i dettagli di ogni parabola: atteggiamenti, gesti, parole, luogo, ambiente, ecc. c) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Luca 15,1-3: La chiave che apre il significato delle tre parabole
Luca 15,4-7: Nella 1ª parabola, tu sei invitato a ritrovare la pecorella smarrita
Luca 15,8-10: Nella 2ª parabola, la donna cerca di ritrovare la moneta persa
Luca 15,11-32: Nella 3ª parabola, il padre cerca di ritrovare i suoi figli perduti
Luca 15,11-13: La decisione del figlio minore
Luca 15,14-19: La frustrazione del figlio minore e la volontà di tornare a casa del Padre
Luca 15,20-24: L’allegria del Padre di ritrovare il figlio minore
Luca 15,25-28b: La reazione del figlio maggiore
Luca 15,28a-30: L’atteggiamento del Padre verso il figlio maggiore e la risposta del figlio Luca 15,31-32: La risposta finale del Padre c) Testo:
1Si avvicinavano a lui tutti i pubblicani e i peccatori per ascoltarlo.2I farisei e gli scribi mormoravano: «Costui riceve i peccatori e mangia con loro». 3Allora egli disse loro questa parabola: La pecora perduta
4«Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova? 5Ritrovatala, se la mette in spalla tutto contento, 6va a casa, chiama gli amici e i vicini dicendo: Rallegratevi con me, perché ho trovato la mia pecora che era perduta. 7Così, vi dico, ci sarà più gioia in cielo per un peccatore convertito, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione.
La dramma perduta
😯 quale donna, se ha dieci dramme e ne perde una, non accende la lucerna e spazza la casa e cerca attentamente finché non la ritrova? 9E dopo averla trovata, chiama le amiche e le vicine, dicendo: Rallegratevi con me, perché ho ritrovato la dramma che avevo perduta. 10Così, vi dico, c’è gioia davanti agli angeli di Dio per un solo peccatore che si converte».
Il figlio perduto e il figlio fedele: “il figlio prodigo”
11Disse ancora: «Un uomo aveva due figli. 12Il più giovane disse al padre: Padre, dammi la parte del patrimonio che mi spetta. E il padre divise tra loro le sostanze. 13Dopo non molti giorni, il figlio più giovane, raccolte le sue cose, partì per un paese lontano e là sperperò le sue sostanze vivendo da dissoluto. 14Quando ebbe speso tutto, in quel paese venne una grande carestia ed egli cominciò a trovarsi nel bisogno. 15Allora andò e si mise a servizio di uno degli abitanti di quella regione, che lo mandò nei campi a pascolare i porci. 16Avrebbe voluto saziarsi con le carrube che mangiavano i porci, ma nessuno gliene dava. 17Allora rientrò in sé stesso e disse: Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame! 18Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te;19non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni. 20Partì e si incamminò verso suo padre.
Quando era ancora lontano il padre lo vide e commosso gli corse incontro, gli si gettò al collo e lo baciò. 21Il figlio gli disse: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. 22Ma il padre disse ai servi: Presto, portate qui il vestito più bello e rivestitelo, mettetegli l’anello al dito e i calzari ai piedi. 23Portate il vitello grasso, ammazzatelo, mangiamo e facciamo festa, 24perché questo mio figlio era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato. E cominciarono a far festa.
25Il figlio maggiore si trovava nei campi. Al ritorno, quando fu vicino a casa, udì la musica e le danze; 26chiamò un servo e gli domandò che cosa fosse tutto ciò. 27Il servo gli rispose: È tornato tuo fratello e il padre ha fatto ammazzare il vitello grasso, perché lo ha riavuto sano e salvo. 28Egli si arrabbiò, e non voleva entrare. Il padre allora uscì a pregarlo. 29Ma lui rispose a suo padre: Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici.30Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso. 31Gli rispose il padre: Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; 32ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato».
Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Qual è il punto delle tre parabole che più ti è piaciuto o che ti ha maggiormente colpito? Perché?
- Qual è il punto centrale della parabola della pecorella smarrita?
- Qual è il punto centrale della parabola della moneta persa?
- Qual è l’atteggiamento del figlio minore e qual è l’idea che lui si costruisce del padre?
- Qual è l’atteggiamento del figlio maggiore e qual è l’idea che si costruisce del padre?
- Qual è l’atteggiamento del padre con ciascuno dei figli?
- Con chi dei due figli mi identifico: con il minore o con il maggiore? Perché?
- Cosa hanno in comune queste tre parabole?
- La nostra comunità rivela agli altri qualcosa di questo amore pieno di tenerezza di Dio Padre?
Per coloro che volessero approfondire maggiormente il tema
- Contesto di allora e di oggi:
Il 15 capitolo del Vangelo di Luca occupa un posto centrale nel lungo percorso di Gesù verso Gerusalemme. Questo percorso inizia in Luca 9,51 e termina in Luca 19,29. Il Capitolo 15 è come la cima della collina da cui si contempla il cammino percorso e da dove è possibile osservare il cammino che manca ancora. È il capitolo della tenerezza e della misericordia accogliente di Dio, temi che si trovano al centro delle preoccupazioni di Luca. Le comunità devono essere una rivelazione del volto di questo Dio per l’umanità.
Si tratta di tre parabole. Le parabole di Gesù hanno un obiettivo ben preciso. Per mezzo di queste brevi storie tratte dalla vita reale cercano di condurre chi ascolta a riflettere sulla propria vita ed a scoprire in essa un determinato aspetto della presenza di Dio. Nelle parabole le storie di vita sono di due tipi. Alcune storie non sono normali e non sono solite avvenire nella vita di ogni giorno. Per esempio, il comportamento di bontà del padre con il figlio minore non è normale. In generale, i padri hanno atteggiamenti assai più severi verso i figli che agiscono come il figlio minore della parabola. Le altre storie sono normali e sono solite avvenire nella vita di ogni giorno come, per esempio, l’atteggiamento della donna che spazza la casa per andare in cerca della moneta persa. Come vedremo, si tratta di diversi modi di spingere le persone a riflettere sulla vita e sulla presenza di Dio nella vita.
- Commento del testo:
Luca 15,1-2: La chiave che apre il senso delle tre parabole
Le tre parabole del capitolo 15 sono precedute da questa informazione iniziale: “Tutti i pubblicani ed i peccatori si avvicinavano per ascoltare Gesù. Ma i farisei e gli scribi mormoravano: Quest’uomo riceve i peccatori e mangia con loro!” (Lc 15,1). Da un lato ci sono peccatori e pubblicani, dall’altro farisei e scribi, ed in mezzo ai due, Gesù. Era ciò che stava succedendo anche negli anni 80 quando Luca scrive il suo Vangelo. I pagani si avvicinavano alle comunità cristiane, volendo entrare e partecipare. Molti fratelli giudei mormoravano dicendo che accogliere un pagano era contro l’insegnamento di Gesù. Le tre parabole li aiutavano a discernere. Nelle tre si avverte la stessa preoccupazione: mostrare ciò che deve essere fatto per ritrovare ciò che è andato perduto: la pecorella smarrita (Lc 15,4-7), la moneta persa (Lc 15,8-10), i due figli persi (Lc 15,11-32).
Luca 15,3-7: Nella 1ª parabola l’invito che ti è rivolto è a ritrovare la pecorella smarrita
Gesù si dirige a coloro che lo ascoltano: “Se uno di voi ha cento pecore…”. Lui dice “uno di voi”. Ciò significa che tu/voi siete interpellati! Tu, lui, tutti noi siamo interpellati! Siamo invitati a confrontarci con la strana e poco probabile storia della parabola. Gesù chiede: “Chi di voi se ha cento pecore e ne perde una, non lascia le novantanove nel deserto e va dietro a quella perduta, finché non la ritrova?” E tu cosa rispondi alla domanda di Gesù? Vedendo come viene formulata la domanda, si capisce che Gesù pensa che la risposta sia positiva. Ma sarà tale, sarà positiva? Tu correresti il rischio di perdere novantanove pecore per ritrovare quella che si è perduta? Nel mio cuore odo un’altra risposta: “Mi dispiace molto, ma non posso fare questo. Sarebbe una follia abbandonare novantanove pecore nel deserto per ritrovare quella smarrita!” Ma l’amore di Dio supera le norme di comportamento normale. Solo Dio può compiere una simile follia, così strana, così al di fuori di ciò che normalmente fanno gli esseri umani. Lo sfondo di questa parabola è la critica degli scribi e dei farisei contro Gesù (Lc 15,2). Loro si consideravano perfetti e disprezzavano gli altri, accusandoli di essere peccatori. Gesù dice: “Ma io vi dico: si farà più festa in cielo per un peccatore che si pente, che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione”. E in un’altra occasione dice: “I peccatori e le prostitute vi precederanno nel regno!” (Mt 21,31) Secondo Gesù, Dio è più soddisfatto con la conversione di un pubblicano o di un peccatore, che con novantanove farisei e scribi. È più soddisfatto con la conversione di un ateo che mai va in chiesa che con novantanove cattolici che si dicono praticanti e fedeli e disprezzano atei e prostitute. È sconcertante questa immagine diversa di Dio che Gesù comunica ai dottori, ai farisei ed a tutti noi!
Luca 15,8-10: Nella 2ª parabola, la donna cerca di ritrovare la moneta perduta
Questa parabola è diversa. La breve storia della moneta perduta allude al comportamento normale e delle donne povere, che non hanno molto denaro. La donna della parabola ha appena dieci monete d’argento. In quel tempo una dramma valeva un giorno di lavoro. Per donne che sono povere, dieci dramme sono molti soldi! Per questo, quando perdono una di queste monete, cercano di ritrovarla e spazzano tutta la casa fino a ritrovarla. E quando la ritrovano, l’allegria è immensa. La donna della parabola va a parlare con le vicine: “Ho ritrovato la moneta che avevo perduto!” Le persone povere che ascoltano la storia diranno: “Proprio così! Così facciamo in casa! Quando incontriamo la moneta perduta l’allegria è enorme!” Ebbene per grande che sia l’allegria così comprensibile delle donne povere, quando ritrovano la moneta persa, Dio si rallegra ancor più per un peccatore che si converte!
Luca 15,11-32: Nella 3ª parabola, il padre cerca di incontrarsi di nuovo con i due figli persi
Questa parabola è molto conosciuta. In essa scorgiamo cose che avvengono solitamente nella vita, e ce ne sono altre che non avvengono. Il titolo tradizionale è “Il Figlio Prodigo”. In realtà, la storia della parabola non parla solo del figlio minore, bensì descrive l’atteggiamento dei due figli, accentuando lo sforzo del Padre per ritrovare i due figli persi. La localizzazione di questa parabola nel capitolo centrale del Vangelo di Luca ne indica l’importanza per l’interpretazione di tutto il messaggio contenuto nel Vangelo di Luca.
Luca 15,11-13: La decisione del figlio minore
Un uomo aveva due figli. Il minore chiede la parte dell’eredità che gli spetta. Il padre divide tutto tra di loro. Sia il maggiore che il minore ricevono la loro parte. Ricevere l’eredità non è un merito. È un dono gratuito. L’eredità dei doni di Dio è distribuita tra tutti gli esseri umani, sia giudei che pagani, sia cristiani che non cristiani. Tutti hanno qualcosa dell’eredità del Padre. Ma non tutti la curano nello stesso modo. Così, il figlio minore va lontano, e sperpera la sua eredità in una vita dissipata, dimenticando il Padre. Ancora non si parla del figlio maggiore che ricevette anche lui la sua parte di eredità. Più avanti sapremo che lui continua a restare in casa, conducendo la vita di sempre, lavorando nel campo. Al tempo di Luca, il maggiore rappresentava le comunità venute dal giudaismo; il minore le comunità venute dal paganesimo. Ed oggi, chi è il minore e chi il maggiore? O sarà che tutti e due esistono in ognuno di noi?
Luca 15,14-19: La frustrazione del figlio più giovane e la volontà di ritornare alla casa del Padre La necessità di dover mangiare fa perdere al più giovane la sua libertà e diventa schiavo per occuparsi di porci. Riceve un trattamento peggiore di quello dato ai porci. Era questa la condizione di milioni di schiavi nell’Impero Romano al tempo di Luca. Questa situazione fa sì che il figlio più giovane si ricordi della casa del Padre: “Quanti salariati in casa di mio padre hanno pane in abbondanza e io qui muoio di fame!” Rivede la propria vita e decide di ritornare a casa. Prepara perfino le parole che dirà a suo Padre: “Mi leverò e andrò da mio padre e gli dirò: Padre, ho peccato contro il Cielo e contro di te; non sono più degno di esser chiamato tuo figlio. Trattami come uno dei tuoi garzoni!” L’impiegato esegue gli ordini, compie la legge della servitù. Il figlio minore vuole compiere la legge, come volevano i farisei e gli scribi nel tempo di Gesù (Lc 15,1). Era ciò che i missionari dei farisei imponevano ai pagani che si convertivano al
Dio di Abramo (Mt 23,15). Nel tempo di Luca, i cristiani venuti dal giudaismo volevano che i cristiani convertiti dal paganesimo, si sommettessero anche loro al giogo della legge (At 15,1ss).
Luca 15,20-24: L’allegria del Padre nel rincontrarsi con il figlio minore
La parabola dice che il figlio minore era ancora lontano dalla casa, ma il Padre lo vide, gli corse incontro e lo riempì di baci. Gesù ci dà l’impressione che il Padre aspettò tutto il tempo alla finestra, guardando la strada, per vedere spuntare il figlio sulla strada! Secondo il nostro modo di sentire e di pensare, l’allegria del Padre ci sembra un po’ esagerata. Lui non lascia al figlio di terminare le parole che costui ha preparato. Non ascolta! Il Padre non vuole che suo figlio sia un suo schiavo. Vuole che sia un figlio! E’ questa la grande Buona Novella che Gesù ci porta! Tunica nuova, sandali nuovi, anello al dito, vitello, festa! In questa immensa allegria dell’incontro, Gesù lascia anche intravedere la grande tristezza del Padre per la perdita del figlio. Dio stava molto triste e di questo ora si rendono conto la gente, vedendo l’enorme allegria del Padre che si incontra di nuovo con il figlio! Ed è un’allegria condivisa con tutti nella festa che ordina di preparare.
Luca 15,25-28b: La reazione del figlio maggiore
Il figlio maggiore ritorna dal lavoro nel campo e vede che in casa c’è festa. Non entra. Vuole sapere cosa succede. Quando è messo al corrente del motivo della festa, sente molta rabbia dentro di sé e non vuole entrare. Rinchiuso in sé stesso, pensa di avere il suo diritto. Non gli piace la festa e non capisce l’allegria del Padre. Segno questo che non aveva molta intimità con il Padre, pur vivendo con lui nella stessa casa. E se avesse avuto tale intimità, avrebbe notato l’immensa tristezza del Padre per la perdita del figlio minore ed avrebbe capito la sua allegria per il suo ritorno. Chi si preoccupa molto di osservare la legge di Dio, corre il rischio di dimenticare Dio stesso! Il figlio minore, pur essendo rimasto lontano da casa, sembra conoscere il Padre più del figlio maggiore, che abita con lui nella stessa casa! E così il più giovane ha il coraggio di ritornare a casa del Padre, mentre il maggiore non vuole più entrare nella casa del Padre! Costui non vuole essere fratello, non si rende conto che il Padre, senza di lui, perderà l’allegria, poiché anche lui, il maggiore, è figlio come il minore!
Luca 15,28a-30: L’atteggiamento del Padre verso il figlio maggiore e la risposta del figlio
Il padre esce di casa e supplica il figlio maggiore di entrare. Ma costui risponde: “Ecco, io ti servo da tanti anni e non ho mai trasgredito un tuo comando, e tu non mi hai dato mai un capretto per far festa con i miei amici. Ma ora che questo tuo figlio che ha divorato i tuoi averi con le prostitute è tornato, per lui hai ammazzato il vitello grasso!” Il figlio maggiore si gloria dell’osservanza compiuta: “Non ho mai trasgredito un tuo comandamento!” anche lui vuole festa ed allegria, però solo con i suoi amici. Non con il fratello, non con il padre. Non parla di suo fratello come tale, non lo chiama fratello, bensì “questo tuo figlio”, come se non fosse più suo fratello. Ed è lui, il maggiore, che parla di prostitute. E’ la sua malizia che interpreta così la vita del fratello giovane. Quante volte il fratello maggiore interpreta male la vita del fratello più giovane! Quante volte noi cattolici interpretiamo male la vita degli altri! L’atteggiamento del Padre è diverso. Lui esce di casa per i due figli. Accoglie il figlio giovane, ma non vuole perdere il maggiore. I due fanno parte della famiglia. L’uno non può escludere l’altro!
Luca 15,31-32: La risposta finale del Padre
Così come il Padre non porge attenzione agli argomenti del figlio minore, così nemmeno la porge dinanzi agli argomenti del figlio maggiore e gli dice: “Figlio, tu sei sempre con me e tutto ciò che è mio è tuo; ma bisognava far festa e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato!” Sarà che il maggiore era veramente consapevole di stare sempre con il Padre e di trovare in questa presenza la causa della sua allegria? L’espressione del Padre: “Tutto ciò che è mio, è tuo!” include anche il figlio più giovane che è ritornato! Il maggiore non ha diritto a fare distinzioni. Se lui vuole essere figlio del Padre, dovrà accettarlo com’è e non come gli piacerebbe che il Padre fosse! La parabola non dice quale fu la risposta finale del figlio maggiore. Ciò tocca a noi, perché siamo tutti fratelli maggiori! c) Ampliando le informazioni:
Le due economie: la Casa del Padre, la Casa del Padrone
Questa parabola è conosciuta sotto il nome di: Il figlio prodigo, e ciò lascia insinuare il lato economico. In definitiva, prodigo significa colui che spende, mano aperta, anche se questo è un dettaglio secondario nella parabola. In verità, il punto centrale del testo si trova nella scelta che il seguace di Gesù dovrà fare un giorno: la scelta tra la Casa del Padre o il sistema di condivisione e la casa del padrone o il sistema dell’accumulazione.
La parabola inizia con un giovane che chiede al padre di dargli l’eredità perché se ne vuole andare da casa (Lc 15,12). Uscire dalla casa del Padre esige che la persona abbia un’unica cosa che il mondo accetta di buon grado: denaro. Senza denaro il giovane non riuscirà ad affrontare il mondo. Ma il giovane non aveva la maturità sufficiente per amministrare il denaro in una vita sfrenata (Lc 15,13). Per peggiorare le cose, dopo aver terminato il denaro che aveva, passa per difficoltà economiche, che nella Bibbia sono definite sempre con la parola “fame”. Nel mondo biblico esiste la carestia solo se la struttura economica entra in collasso. Così il giovane comincia a trovarsi nel bisogno
(Lc 15,14).
Affrontare le difficoltà genera maturità. Il giovane percepisce che ha bisogno ancora di denaro per sopravvivere in questo mondo. E così, per la prima volta nella sua vita, va in cerca di un impiego (Lc 15,15). Entra quindi nella Casa del Padrone che lo manda ad occuparsi dei porci. Ma la fame è molta, il salario non è sufficiente, e lui cerca di saziare la fame mangiando ciò che è dato ai porci (Lc 15,16). E nel frattempo, nella casa del padrone le cose non sono così semplice: il mangiare dei porci è per i porci. L’impiegato deve mangiare del salario che guadagna servendo. Così come la fame dell’impiegato, la preoccupazione del padrone è quella di ingrassare i porci. Il giovane scopre che nella casa del padrone il cibo gli è negato, non si condivide nella casa del padrone, nemmeno il cibo dei porci. Ognuno per sé!
A partire dall’esperienza vissuta nella casa del padrone, il giovane comincia a paragonare la sua situazione attuale con la situazione che si vive nella casa di suo padre. Nella Casa del Padre gli impiegati non hanno fame perché lì il pane è condiviso con tutti gli impiegati. Nella casa del padre nessuno rimane senza mangiare, nemmeno gli impiegati! Il giovane decide allora di ritornare a casa del padre. Adesso, ha la sufficiente maturità per riconoscere che non può essere considerato come figlio, e quindi chiede al padre un impiego. Nella casa del padre gli impiegati non hanno fame perché il pane è condiviso.
Ci sono persone che pensano che il figlio ritorna perché ha fame. Il suo ritorno sarebbe un opportunismo. Non si tratta di questo, bensì di una scelta per un determinato modello di casa. Nella casa del padrone, non si condivide nulla, nemmeno le carrube dei porci. Nella casa del padre, nessuno ha fame perché la missione della Casa del Padre è quella di “saziare di beni gli affamati” (Lc 1,53). È la condivisione che impedisce che ci sia fame nella casa del padre. Ma il giovane scopre ciò solo perché nella casa del padrone ha fame. Paragonando i due modelli di casa, il giovane opera la sua scelta: preferisce essere impiegato nella casa del padre, luogo di condivisione, luogo in cui nessuno ha fame, tutti si saziano. Così ritorna a casa del padre chiedendo un impiego (Lc 15,17-20).
Nel mettere questa riflessione nel cuore del suo Vangelo, Luca sta dando un avviso alle comunità cristiane che si stanno organizzando nel sistema economico determinato dall’Impero Romano. Questo sistema è simbolizzato nella parabola dalla casa del padrone, dove i porci ricevono più attenzione che gli impiegati, ossia, l’investimento vale più del lavoro. Nella Casa del Padre, ossia, nella casa dei cristiani, non può dominare questo sistema. I cristiani devono centralizzare la loro vita nella condivisione dei beni. Condividere i beni vuol dire rompere con il sistema imperiale della dominazione. Vuol dire rompere con la casa del padrone. Nel libro degli Atti percepiamo che una delle caratteristiche della comunità cristiana sta nella condivisione dei beni (At 2,44-45; 3,6; 4,32-37).
Luca vuole ricordarci che il segnale maggiore del Regno è la mensa comune nella Casa del Padre, dove c’è posto per tutti e dove il pane è condiviso con tutti. Vivere nella Casa del Padre vuol dire condividere tutto nella mensa comune della comunità. Nessuno può essere escluso da questa mensa. Tutti siamo chiamati a condividere. Come ricordiamo continuamente nelle nostre celebrazioni: non c’è nessuno così povero che non può condividere nulla. E non c’è nessun ricco che non abbia nulla da ricevere. La mensa comune si costruisce con la condivisione di tutti. E così la festa nella Casa del Padre sarà eterna.
Le tre parabole hanno qualcosa in comune: l’allegria e la festa. Chi sperimenta l’entrata gratuita e sorprendente dell’amore di Dio nella propria vita se ne rallegra e vuole comunicare questa allegria agli altri. L’azione di salvezza di Dio è fonte di gioia: “Rallegratevi con me!” (Lc 15,6.9) E proprio da questa esperienza della gratuità di Dio nasce il senso della festa e dell’allegria (Lc 15,32). Alla fine della parabola, il Padre chiede di essere allegri e di far festa. L’allegria sembrava diminuita dal figlio maggiore che non voleva entrare. Pensa di aver diritto ad un’allegria solo con i suoi amici e non vuole l’allegria con tutti gli altri della stessa famiglia umana. Rappresenta coloro che si considerano giusti e pensano di non aver bisogno di conversione.
Orazione di un Salmo
Salmo 63(62): Il tuo amore vale più della vita
O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua.
Così nel santuario ti ho cercato, per contemplare la tua potenza e la tua gloria. Poiché la tua grazia vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani. Mi sazierò come a lauto convito, e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.
Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo e penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene. Ma quelli che attentano alla mia vita scenderanno nel profondo della terra, saranno dati in potere alla spada, diverranno preda di sciacalli. Il re gioirà in Dio, si glorierà chi giura per lui, perché ai mentitori verrà chiusa la bocca.
Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Lunedì, 12 settembre, 2022
Tempo Ordinario
Preghiera
Padre santo, per Gesù tuo Figlio, Parola di vita fatta carne per noi, manda su di me il tuo Santo Spirito perché apra i miei orecchi all’ascolto della “lettera d’amore” che mi hai scritto e illumina la mia mente perché possa comprenderla in profondità. Rendi docile il mio cuore perché accolga con gioia la tua volontà e aiutami a testimoniarla. Amen
Lettura del Vangelo secondo Luca 7, 1-10
1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. 2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. 3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, 5perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. 8Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». 9All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». 10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
Meditazione
- Il cap. 7 del Vangelo di Luca ci aiuta ad accogliere la chiamata rivolta ai pagani di aderire alla fede nel Signore Gesù. La figura del centurione fa da apripista per tutti coloro che vorranno aderire alla fede di Israele e poi incontrare e conoscere il volto del Padre in Gesù. Nella meditazione di questo Vangelo, anche a noi viene fatta la proposta di aprirci alla fede o di rendere più salda la nostra fiducia piena nella Parola del Signore. Proviamo, allora, a seguire, con il cuore, i passi di questo centurione romano, perché in lui siamo presenti anche noi.
- Forse un primo aspetto che emerge, dalla lettura del brano, è la situazione di sofferenza in cui si trova il centurione. Provo ad ascoltare con più attenzione tutte le parole che vogliono mettere in luce questa realtà. Cafarnao, città di confine, fuori mano, ai margini, città dove la benedizione di Dio sembra fatichi ad arrivare. La malattia grave; la morte imminente di una persona cara.
- Ma vedo subito che il Signore entra in questa situazione, viene a condividerla, ad abitarla con la sua presenza amorosa. Sottolineo tutti i verbi che confermano questa verità: “a pregarlo di venire”; “si incamminò con loro”; “non era molto distante”. È bellissimo vedere questo movimento di Gesù, che va verso colui che lo chiama, che lo cerca e gli chiede salvezza. Così Lui fa con ognuno di noi.
- Ma per me è molto utile entrare in contatto anche con la figura del centurione, che qui è un po’ come il mio maestro, la mia guida nel cammino della fede. “Avendo udito parlare di Gesù”. Ha ricevuto l’annuncio, ha ascoltato la buona novella e l’ha trattenuta nel suo cuore, non se l’è fatta scappare, non ha chiuso gli orecchi e la vita. Si è ricordato di Gesù e ora lo cerca.
- “Mandò”. Per due volte egli compie questa azione; prima per inviare a Gesù degli anziani del popolo, figure autorevoli, poi per inviare dei suoi amici. Luca usa due verbi differenti e questo mi aiuta ancor più a capire che in quest’uomo è avvenuto qualcosa, c’è stato un passaggio: lui si è piano piano aperto sempre più all’incontro con Gesù. Mandare gli amici è un po’ come mandare sé stessi. “A pregarlo di venire e salvare”. Due verbi bellissimi, che esprimono tutta l’intensità della sua richiesta a Gesù. Vuole che Lui venga, che si avvicini, che entri nella sua povera vita, che venga a visitare il suo dolore. È una dichiarazione d’amore, di fede grande, perché è come se gli dicesse: “Io senza di te non posso più vivere. Vieni!”. E non chiede una salvezza qualsiasi, una guarigione superficiale, come ci fa capire il verbo particolare che Luca sceglie. Infatti, qui si parla di una salvezza trasversale, capace di attraversare tutta la vita, tutta la persona e capace di portare la persona oltre, al di là di ogni ostacolo, di ogni fatica o prova, al di là anche della morte.
- “Non sono degno”. Per due volte Luca mette sulla bocca del centurione queste parole, che aiutano a capire il grande passaggio che lui ha compiuto dentro di sé. Si sente indegno, incapace, insufficiente, come esprimono i due diversi termini greci qui usati. Forse la prima conquista nel cammino di fede con Gesù è proprio questa: la scoperta del nostro grande bisogno di Lui, della sua presenza e la consapevolezza sempre più certa che da soli non ce la facciamo, perché siamo poveri, siamo peccatori. Ma proprio per questo, noi siamo infinitamente amati!
- “Di’ una parola”. Qui c’è il grande salto, il grande passaggio alla fede. Il centurione ora crede in maniera chiara, serena, fiduciosa. Mentre Gesù camminava verso di lui, anch’egli stava compiendo il suo cammino interiore, stava cambiando, stava diventando un uomo nuovo. Prima ha accolto la persona di Gesù e poi anche la sua parola. Per lui è il Signore e come tale, la sua parola è efficace, vera, potente, capace di operare ciò che dice. Tutti i dubbi sono crollati; non rimane che la fede, che la fiducia certa nella salvezza, in Gesù.
Alcune domande
- Sento mia la preghiera del centurione rivolta a Gesù di venire e di salvare? Sono pronto, anch’io, ad esprimere al Signore il mio disagio, il mio bisogno di Lui? Ho forse vergogna di presentargli la malattia, la morte che abita nella mia casa, nella mia vita? Cosa aspetto per compiere questo primo passo di fiducia?
- E se apro il mio cuore alla preghiera, all’invocazione, se invito il Signore a venire, qual è l’atteggiamento profondo del mio cuore? C’è anche in me, come nel centurione, la consapevolezza di essere indegno, di non bastare a me stesso, di non potere avanzare pretese? So pormi davanti al Signore con quell’umiltà che viene dall’amore, dalla fiducia serena in Lui?
- Mi basta la sua Parola? L’ho mai ascoltata fino in fondo, con attenzione, con rispetto, anche se, forse, non riuscivo a comprenderla pienamente? E in questo momento qual è la parola che vorrei ascoltare dalla bocca del Signore per me? Che cosa vorrei sentirmi dire da Lui?
- Una fede così grande ha avuto il centurione pagano… e io, che sono cristiano, che fede ho? Forse davvero anch’io dovrei pregare così: “Signore, io credo, ma tu aiutami nella mia incredulità!” (Mc 9, 24).
Preghiera finale
Lampada per i miei passi è la tua Parola, Signore!
Come potrà un giovane tenere pura la sua via?
Osservando la tua parola. Con tutto il mio cuore ti cerco: non lasciarmi deviare dai tuoi comandi.
Martedì, 13 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 7,11-17
In quel tempo, Gesù si recò in una città chiamata Nain e facevano la strada con lui i discepoli e grande folla.
Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova, e molta gente della città era con lei. Vedendola, il Signore ne ebbe compassione e le disse: “Non piangere!”. E accostatosi toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: “Giovinetto, dico a te, alzati!”. Il morto si levò a sedere e incominciò a parlare.
Ed egli lo diede alla madre.
Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci presenta l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Nain. Il contesto letterario del VII capitolo di Luca ci aiuta a capire questo episodio. L’evangelista vuole dimostrare che Gesù apre il cammino, rivelando la novità di Dio che ci viene presentata nell’annuncio della Buona Notizia. E così avvengono la trasformazione e l’apertura: Gesù accoglie la richiesta di uno straniero non giudeo (Lc 7,110) e risuscita il figlio di una vedova (Lc 7,11-17). Il modo in cui Gesù rivela il Regno sorprende i fratelli giudei che non erano abituati a tanta apertura. Perfino Giovanni Battista rimane sorpreso ed ordina di chiedere: “E’ lui il Signore o dobbiamo aspettare un altro?” (Lc 7,18-30). Gesù denuncia l’incoerenza dei suoi patrizi: “Sono simili a quei bambini che stando in piazza gridano gli uni agli altri: Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato; vi abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!” (Lc 7,31-35). Ed alla fine, l’apertura di Gesù verso le donne (Lc 7,36-50).
- Luca 7,11-12: L’incontro delle due processioni. “Gesù si recò a una città chiamata Nain. E facevano la strada con lui i discepoli e una grande folla. Quando fu vicino alla porta della città, ecco che veniva portato al sepolcro un morto, figlio unico di madre vedova, e molta gente della città era con lei”. Luca è come un pittore. Con poche parole riesce a pitturare un quadro molto bello sull’incontro delle due processioni: la processione della morte che esce dalla città ed accompagna la vedova che porta il suo figlio unico verso il cimitero; la processione della vita che entra in città ed accompagna Gesù. Le due si incontrano nella piccola piazza accanto alla porta della città di Nain.
- Luca 7,13: La compassione entra in azione. “Vedendola il Signore ne ebbe compassione e le disse: non piangere!” E’ la compassione che spinge Gesù a parlare e ad agire. Compassione significa letteralmente “soffrire con”, assumere il dolore dell’altra persona, identificarsi con lei, sentire con lei il dolore. E’ la compassione che mette in azione in Gesù il potere, il potere della vita sulla morte, il potere creatore.
- Luca 7,14-15: “Giovinetto, dico a te, alzati!” Gesù si avvicina alla bara e dice: “Giovinetto, dico a te, alzati!” Ed il morto si levò a sedere e cominciò a parlare. Ed egli lo diede a sua madre”. A volte, nel momento di un grande dolore causato dalla morte di una persona amata, la gente dice: “Al tempo di Gesù, quando Gesù camminava su questa terra c’era speranza di non perdere una persona amata perché Gesù poteva risuscitarla”. Queste persone considerano l’episodio della risurrezione del figlio della vedova di Naim come un evento del passato che suscita nostalgia ed anche una certa invidia. L’intenzione del Vangelo non è invece quella di suscitare nostalgia o invidia, bensì di aiutarci a sperimentare meglio la presenza viva di Gesù in mezzo a noi. È lo stesso Gesù, capace di vincere la morte ed il dolore della morte che continua vivo in mezzo a noi. Lui è con noi oggi e dinanzi ai problemi del dolore che ci abbattono, ci dice: “Dico a te, alzati!”
- Luca 7,16-17: La ripercussione. “Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio dicendo: “Un grande profeta è sorto tra noi e Dio ha visitato il suo popolo”. La fama di questi fatti si diffuse in tutta la Giudea e per tutta la regione.” È il profeta che fu annunciato da Mosè (Dt 18,15). Il Dio che viene a visitarci è il “Padre degli orfani ed il protettore delle vedove” (Sal 68,6; cf. Giu 9,11).
Per un confronto personale
- La compassione spinse Gesù a risuscitare il figlio della vedova. Il dolore degli altri produce in me la stessa compassione? Cosa faccio per aiutare l’altro a vincere il dolore ed a creare una vita nuova?
- Dio visitò il suo popolo. Percepisco le molte visite di Dio nella mia vita e nella vita della gente?
Preghiera finale
Acclamate al Signore, voi tutti della terra, servire il Signore nella gioia,
presentatevi a lui con esultanza. (Sal 99)
Mercoledì, 14 settembre, 2022
Giovanni 3,13-17
Chiunque crede in Gesù ha la vita eterna.
LECTIO
- a) Orazione iniziale
O Padre, che hai voluto salvare gli uomini con la croce del Cristo tuo Figlio, concedi a noi che abbiamo conosciuto in terra il suo mistero di amore, di godere in cielo i frutti della sua redenzione.
Per Cristo nostro Signore.
- Lettura del Vangelo secondo Giovanni 3,13-17
In quel tempo, Gesù disse a Nicodèmo:
«Nessuno è mai salito al cielo, se non colui che è disceso dal cielo, il Figlio dell’uomo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna.
Dio, infatti, ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna.
Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui».
- Momenti di silenzio orante perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.
MEDITATIO
- a) Chiave di lettura
Il testo propostoci dalla liturgia è tratto dalla Festa dell’Esaltazione della Santa Croce. Non ci deve sorprendere il fatto che il brano scelto per questa celebrazione faccia parte del quarto Vangelo, perché è proprio questo Vangelo che presenta il mistero della croce del Signore, come esaltazione. Questo è chiaro già dagli inizi del Vangelo: “come
Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo” (Gv 3,14; Dn 7,13). Giovanni ci spiega il mistero del Verbo incarnato nel movimento paradossale della discesa-ascesa (Gv 1,14.18; 3,13). È questo mistero, infatti, che offre la chiave di lettura per capire l’evolversi dell’identità e della missione del Gesù Cristo passus et gloriosus, e possiamo ben dire che questo non vale soltanto per il testo giovanneo. La lettera agli Efesini, per esempio, fa uso di questo movimento paradossale per spiegare il mistero di Cristo: “Ora, questo «è salito» che cosa vuol dire se non che egli era anche disceso nelle parti più basse della terra?” (Ef 4,9).
Gesù è il Figlio di Dio che diventando Figlio dell’uomo (Gv 3,13) ci fa conoscere i misteri di Dio (Gv 1,18). Questo lo può fare solo lui, in quanto lui solo ha visto il Padre (Gv 6,46). Possiamo dire che il mistero del Verbo che discende dal cielo risponde all’anelito dei profeti: chi salirà al cielo per svelarci questo mistero? (cfr. Dt 30,12; Pr 30,4). Il quarto Vangelo è strapieno di riferimenti al mistero di colui che “è dal cielo” (1Cor 15,47). Queste sono alcune citazioni: Gv 6,33.38.51.62; 8,42; 16,28-30; 17,5.
L’esaltazione di Gesù sta proprio nella sua discesa a noi, fino alla morte, e alla morte di croce, sulla quale egli è stato innalzato come il serpente nel deserto, il quale
“chiunque… lo guarderà, resterà in vita” (Nm 21,7-9; Zc 12,10). Questo guardare a Cristo innalzato, Giovanni lo ricorderà nella scena della morte di Gesù: “Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto” (Gv 19,37). Nel contesto del quarto Vangelo, il volgere lo sguardo vuole significare, “conoscere”, “comprendere”, “vedere”.
Spesso nel Vangelo di Giovanni, Gesù si riferisce al suo innalzamento: “Quando avrete innalzato il Figlio dell’uomo, allora conoscerete che io sono” (Gv 8,28); “‘quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me’. Così diceva per indicare di qual morte doveva morire” (Gv 12,32-33). Anche nei Sinottici Gesù annunzia ai suoi discepoli il mistero della sua condanna e morte di croce (vedi Mt 20,17-19; Mc 10,32-34; Lc 18,31-33). Infatti, il Cristo doveva “soffrire tutto ciò ed entrare nella sua gloria” (Lc 24,26).
Questo mistero rivela il grande amore che Dio ci porta. Egli è il figlio dato a noi, “perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna”; questo figlio che noi abbiamo rifiutato e crocifisso. Ma proprio in questo rifiuto da parte nostra, Dio ci ha manifestato la sua fedeltà e il suo amore che non si ferma davanti alla durezza del nostro cuore. Anche con il nostro rifiuto e disprezzo, egli opera la nostra salvezza (cfr. At 4,27-28), rimanendo saldo nel compiere il suo piano di misericordia: “Dio, infatti, non ha mandato il Figlio nel mondo per condannare il mondo, ma perché il mondo sia salvato per mezzo di lui”.
- b) Alcune domande
per orientare la riflessione meditativa e l’attualizzazione.
- Cosa ti ha colpito dal Vangelo?
- Che cosa significa per te l’esaltazione di Cristo e della sua croce?
- Quali conseguenze comporta nel vissuto della fede questo movimento paradossale di discesa-ascesa?
ORATIO
Salmo 78
Popolo mio, porgi l’orecchio al mio insegnamento, ascolta le parole della mia bocca. Aprirò la mia bocca in parabole, rievocherò gli arcani dei tempi antichi. Quando li faceva perire, lo cercavano, ritornavano e ancora si volgevano a Dio; ricordavano che Dio è loro rupe, e Dio, l’Altissimo, il loro salvatore; lo lusingavano con la bocca e gli mentivano con la lingua; il loro cuore non era sincero con lui e non erano fedeli alla sua alleanza. Ed egli, pietoso, perdonava la colpa, li perdonava invece di distruggerli. Molte volte placò la sua ira e trattenne il suo furore.
CONTEMPLATIO
«Gesù Cristo è Signore!», a gloria di Dio Padre (Fil 2,11).
Giovedì, 15 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Padre, che accanto al tuo Figlio, innalzato sulla croce, hai voluto presente la sua Madre Addolorata:
fa’ che la santa Chiesa, associata con lei alla passione del Cristo, partecipi alla gloria della risurrezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 19,25-27
In quell’ora, stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa e Maria di Magdala.
Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: “Donna, ecco tuo figlio!” Poi disse al discepolo: “Ecco tua madre!” E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. Parola del Signore.
Riflessione
- Oggi, festa dell’Addolorata, il Vangelo del giorno ci presenta il passaggio in cui Maria, madre di Gesù, ed il discepolo amato, si incontrano sul calvario dinanzi alla Croce. La Madre di Gesù appare due volte nel Vangelo di Giovanni: all’inizio, alle nozze di Cana (Gv 2,1-5), ed alla fine, ai piedi della Croce (Gv 19,25-27). Questi due episodi, presenti solo nel Vangelo di Giovanni, hanno un valore simbolico assai profondo. Il Vangelo di Giovanni, paragonato agli altri tre vangeli, è come una radiografia degli altri tre, mentre che gli altri tre sono solo una fotografia dell’accaduto. Il raggio X della fede aiuta a scoprire negli eventi dimensioni che l’occhio umano non riesce a percepire. Il Vangelo di Giovanni, oltre a descrivere i fatti, rivela la dimensione simbolica che esiste in essi. Così, nei due casi, a Cana ed ai piedi della Croce, la Madre di Gesù rappresenta simbolicamente l’Antico Testamento in attesa della venuta del Nuovo Testamento e, nei due casi, lei contribuisce all’avvento del Nuovo. Maria appare come l’anello tra ciò che c’era prima e ciò che verrà dopo. A Cana simbolizza l’AT, percepisce i limiti dell’Antico e prende l’iniziativa affinché giunga il Nuovo. Dice a suo Figlio: “Non hanno vino!” (Gv 2,3). E sul Calvario? Vediamo:
- Giovanni 19, 25: Le donne ed il Discepolo Amato, insieme ai piedi della Croce. Così dice il Vangelo: “La madre di Gesù, la sorella di sua madre, Maria di Cleofa, e Maria Maddalena stavano presso la Croce di Gesù”. La “fotografia” mostra la madre insieme al figlio, in piedi. Donna forte, che non si lascia abbattere. “Stabat Mater Dolorosa!” È una presenza silenziosa che appoggia il figlio nel suo dono fino alla morte, ed alla morte di croce (Fil 2,8). Ma il “raggio-X” della fede mostra come avviene il passaggio dall’AT al NT. Come è avvenuto a Cana, la Madre di Gesù rappresenta l’AT, la nuova umanità che si forma a partire dal vissuto del Vangelo del Regno. Alla fine del primo secolo, alcuni cristiani pensavano che l’AT non era più necessario. Infatti, all’inizio del secondo secolo, Marcione rifiutò tutto l’AT e rimase solo con una parte del NT. Per questo, molti volevano sapere quale fosse la volontà di Gesù riguardo a questo.
- Giovanni 19,26-28: Il Testamento o la Volontà di Gesù. Le parole di Gesù sono significative. Vedendo sua madre, ed accanto a lei il discepolo amato, Gesù dice: “Donna, ecco tuo figlio.” Dopo dice al discepolo: “Ecco tua madre.” L’Antico ed il Nuovo Testamento devono camminare insieme. La richiesta di Gesù, il discepolo amato, il figlio, il NT, riceva la Madre, l’AT, a casa sua. Nella casa del Discepolo Amato, nella comunità cristiana, si scopre il senso pieno dell’AT. Il Nuovo non si capisce senza l’Antico, né l’Antico è completo senza il Nuovo. Sant’ Agostino diceva: “Novum in vetere latet, Vetus in Novo patet”. (Il Nuovo è nascosto nell’Antico. L’Antico sboccia nel Nuovo). Il Nuovo senza l’Antico sarebbe un edificio senza basi. E l’Antico senza il Nuovo sarebbe un albero fruttale che non arriva a dare frutti.
- Maria nel Nuovo Testamento. Di Maria parla poco il NT, e lei dice ancora meno. Maria è la Madre del silenzio. La Bibbia conserva appena sette parole di Maria. Ognuna di esse e come una finestra che permette uno sguardo dentro la casa di Maria e scoprire come era il suo rapporto con Dio. La chiave per capire tutto questo ci viene data da Luca: “Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica.” (Lc 11,27-28)
1ª Parola: “Como può avvenire ciò se non conosco uomo!” (Lc 1,34)
2ª Parola: “Ecco la serva del Signore, si faccia in me secondo la tua parola!” (Lc 1,38)
3ª Parola: “L’anima mia glorifica il Signore, esulta il mio spirito in Dio mio Salvatore!” (Lc 1,46-55)
4ª Parola: “Figlio mio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre ed io angosciati ti cercavamo” (Lc 2,48).
5º Parola: “Non hanno vino!” (Gv 2,3)
6ª Parola: “Fate tutto ciò che vi dirà!” (Gv 2,5)
7ª Parola: Il silenzio ai piedi della Croce, più eloquente di mille parole! (Gv 19,25-27)
Per un confronto personale
- Maria ai piedi della Croce. Donna forte e silenziosa. Come è la mia devozione a Maria, madre di Gesù?
- Nella Pietà di Michelangelo, Maria sembra molto giovane, più giovane del figlio crocifisso, quando doveva avere per lo meno una cinquantina di anni. Chiestogli perché aveva scolpito il volto di Maria da giovane, Michelangelo rispose: “Le persone appassionate di Dio non invecchiano mai!” Appassionata di Dio! C’è in me questa passione per Dio?
Preghiera finale
Quanto è grande la tua bontà, Signore! La riservi per coloro che ti temono, ne ricolmi chi in te si rifugia davanti agli occhi di tutti. (Sal 30)
Venerdì, 16 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 8,1-3
In quel tempo, Gesù se ne andava per le città e i villaggi, predicando e annunziando la buona novella del regno di Dio.
C’erano con lui i Dodici e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria di Magdala, dalla quale erano usciti sette demoni, Giovanna, moglie di Cusa, amministratore di Erode, Susanna e molte altre, che li assistevano con i loro beni.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi da continuità all’episodio di ieri che parlava dell’atteggiamento sorprendente di Gesù con le donne, quando difese la donna, conosciuta nella città come una peccatrice, contro le critiche di un fariseo. Ora, all’inizio del capitolo VIII, Luca descrive Gesù che va per i villaggi e le città della Galilea. La novità è che non solo era accompagnato dai discepoli, ma anche dalle discepole.
- Luca 8,1: I dodici che seguono Gesù. In un’unica frase, Luca descrive la situazione: Gesù va ovunque, nei villaggi e nelle città della Galilea, annunciando la Buona Notizia del Regno di Dio ed i dodici stanno con lui. L’espressione “seguire Gesù” (cf. Mc 1,18; 15,41) indica la condizione del discepolo che segue il Maestro, ventiquattro ore al giorno, cercando di imitare il suo esempio e di partecipare al suo destino.
- Luca 8,2-3: Le donne seguono Gesù. Ciò che sorprende è che accanto agli uomini ci sono anche donne “insieme a Gesù”. Luca mette i discepoli e le discepole sullo stesso piede, poiché tutti loro seguono Gesù. Luca anche conservò i nomi di alcuni di queste discepole: Maria Maddalena, nata nella città di Magdala. Lei è stata guarita da sette demoni. Giovanna, moglie di Cusa, procuratore di Erode Antipa, che era governatore della Galilea. Susanna e diverse altre. Di loro si afferma che “servono Gesù con i loro beni”. Gesù permette che un gruppo di donne lo “segua” (Lc 8,2-3; 23,49; Mc 15,41). Il Vangelo di Marco, parlando delle donne al momento della morte di Gesù, informa: C’erano anche alcune donne, che stavano ad osservare da lontano, tra le quali Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo il minore e di Giuseppe, e Salomé, che lo seguivano e servivano quando era ancora in Galilea, e molte altre che erano salite con lui a Gerusalemme (Mc 15,40-41). Marco definisce il loro atteggiamento con tre parole: seguire, servire, salire fino a Gerusalemme. I primi cristiani non arrivarono ad elaborare un elenco di queste discepole che seguivano Gesù come fecero con i dodici discepoli. Ma nelle pagine del Vangelo di Luca appaiono i nomi di sette discepole: Maria Maddalena, Giovanna, moglie di Cusa, Susanna (Lc 8,3), Marta e Maria (Lc 10,38), Maria, madre di Giacomo (Lc 24,10) ed Anna, la profetessa (Lc 2,36), di ottanta e quattro anni di età. Il numero ottantaquattro è dodici volte sette. L’età perfetta! La tradizione ecclesiastica posteriore non dà valore a questo dato del discepolato delle donne con lo stesso peso con cui dà valore alla sequela di Gesù da parte degli uomini. È un peccato!
- Il Vangelo di Luca è stato considerato sempre il Vangelo delle donne. Infatti, Luca è l’evangelista che presenta il maggior numero di episodi in cui sottolinea la relazione di Gesù con le donne. E la novità non è solo nella presenza delle donne attorno a Gesù, ma anche e soprattutto l’atteggiamento di Gesù in rapporto a loro. Gesù le tocca e si lascia toccare da loro senza paura di contaminarsi (Lc 7,39; 8,44-45.54). A differenza dei maestri dell’epoca, Gesù accetta donne seguaci e discepole (Lc 8,2-3; 10,39). La forza liberatrice di Dio, che agisce in Gesù, fa sì che la donna si alzi ed assuma la sua dignità (Lc 13,13). Gesù è sensibile alla sofferenza della vedova e si solidarizza con il suo dolore (Lc 7,13). Il lavoro della donna che prepara il cibo è considerato da Gesù come un segnale del Regno (Lc 13,20-21). La vedova persistente che lotta per i suoi diritti è considerata modello di preghiera (Lc 18,1-8), e la vedova povera che condivide il poco che ha con gli altri è modello di dedizione e di donazione (Lc 21,1-4). In una epoca in cui la testimonianza delle donne non è accettata come qualcosa di valido, Gesù accoglie le donne e le considera testimoni della sua morte (Lc 23,49), della sua sepoltura (Lc 23,55-56) e risurrezione (Lc 24,1-11.22-24).
Per un confronto personale
- Nella tua comunità, nel tuo paese, nella tua Chiesa, come è considerata la donna?
- Paragona l’atteggiamento della nostra Chiesa con l’atteggiamento di Gesù.
Preghiera finale
Scrutami, Dio, e conosci il mio cuore, provami e conosci i miei pensieri; vedi se percorro una via di menzogna e guidami sulla via della vita. (Sal 138)
Sabato, 17 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai creato e governi l’universo, fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia, per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 8,4-15
In quel tempo, poiché una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città, Gesù disse con una parabola: “Il seminatore uscì a seminare la sua semente. Mentre seminava, parte cadde lungo la strada e fu calpestata, e gli uccelli del cielo la divorarono. Un’altra parte cadde sulla pietra e appena germogliata inaridì per mancanza di umidità. Un’altra cadde in mezzo alle spine e le spine, cresciute insieme con essa, la soffocarono. Un’altra cadde sulla terra buona, germogliò e fruttò cento volte tanto”.
Detto questo, esclamò: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!”
I suoi discepoli lo interrogarono sul significato della parabola. Ed egli disse: “A voi è dato conoscere i misteri del regno di Dio, ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano.”
Il significato della parabola è questo: Il seme è la parola di Dio. I semi caduti lungo la strada sono coloro che l’hanno ascoltata, ma poi viene il diavolo e porta via la parola dai loro cuori, perché non credano e così siano salvati. Quelli sulla pietra sono coloro che, quando ascoltano, accolgono con gioia la parola, ma non hanno radice; credono per un certo tempo, ma nell’ora della tentazione vengono meno.
Il seme caduto in mezzo alle spine sono coloro che, dopo aver ascoltato, strada facendo si lasciano sopraffare dalle preoccupazioni, dalla ricchezza e dai piaceri della vita e non giungono a maturazione.
Il seme caduto sulla terra buona sono coloro che, dopo aver ascoltato la parola con cuore buono e perfetto, la custodiscono e producono frutto con la loro perseveranza”.
Riflessione
- Nel Vangelo di oggi, meditiamo sulla parabola del seme. Gesù aveva uno stile assai popolare di insegnare per mezzo di parabole. Una parabola è un paragone che usa le cose conosciute e visibili della vita per spiegare le cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. Gesù aveva una capacità enorme di trovare immagini ben semplici per paragonare le cose di Dio con le cose della vita che la gente conosceva e sperimentava nella sua lotta quotidiana per sopravvivere. Ciò suppone due cose: stare dentro le cose della vita, e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio. Per esempio, la gente della Galilea se ne intendeva di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di raccolto, di pesca, etc. Ora, sono esattamente queste cose conosciute che Gesù usa nelle parabole per spiegare il mistero del Regno. L’agricoltore che ascolta dice: “Semente in terra, so cosa vuol dire. Gesù dice che ciò ha a che vedere con il Regno di Dio. Cosa sarà mai?” Ed è possibile immaginare le lunghe conversazioni con la gente! La parabola entra nel cuore della gente e la spinge ad ascoltare la natura ed a pensare alla vita.
- Quando termina di raccontare la parabola, Gesù non la spiega, ma è solito dire: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Che significa: “Avete sentito questa parabola. Ora cercate di capirla!” Ogni tanto lui spiegava ai discepoli. Alla gente piaceva questo modo di insegnare, perché Gesù credeva nella capacità personale di scoprire il senso delle parabole. L’esperienza che la gente aveva della vita era per lui un mezzo per scoprire la presenza del mistero di Dio nella loro vita e di prendere forza per non scoraggiarsi lungo il cammino.
- Luca 8,4: La moltitudine dietro Gesù. Luca dice: una gran folla si radunava e accorreva a lui gente da ogni città. Allora disse questa parabola. Marco descrive come Gesù racconta la parabola. C’era tanta gente intorno a lui. Per non cadere, sale su una barca e sedutosi insegna alla gente che si trova sulla spiaggia (Mc 4,1).
- Luca 8,5-8a: La parabola del seme rispecchia la vita degli agricoltori. In quel tempo, non era facile vivere dell’agricoltura. Il terreno era pieno di pietre. Poca pioggia, molto sole.
Inoltre, molte volte, la gente accorciava il cammino e passando in mezzo ai campi calpestava le piante (Mc 2,23). Ma malgrado ciò, ogni anno l’agricoltore seminava e piantava, con fiducia nella forza del seme, nella generosità della natura.
- Luca 8,8b: Chi ha orecchi per intendere, intenda! Alla fine, Gesù termina dicendo: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” Il cammino per giungere a capire la parabola è la ricerca: “Cercate di capire!” La parabola non dice tutto immediatamente, ma spinge la persona a pensare. Fa in modo che scopra il messaggio partendo dall’esperienza che la persona stessa ha del seme. Spinge ad essere creativi e partecipativi. Non è una dottrina che si presenta pronta per essere insegnata e decorata. La parabola non è acqua in bottiglia, è la fontana.
- Luca 8,9-10: Gesù spiega la parabola ai discepoli. In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il significato della parabola. Gesù risponde per mezzo di una frase difficile e misteriosa. Dice ai discepoli: “A voi fu dato di conoscere i misteri del Regno. Ma agli altri solo in parabole, perché ‘‘vedendo non vedano e udendo non intendano.” Questa frase fa sorgere una domanda nel cuore della gente: A cosa serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? Gesù usava le parabole affinché la gente continuasse nella sua ignoranza e non giungesse a convertirsi? Certamente no! In un altro punto si dice che Gesù usava le parabole “secondo quello che potevano intendere” (Mc 4,33). La parabola rivela e nasconde allo stesso tempo! Rivela per coloro che “sono dentro”, che accettano Gesù Messia Servo. Nasconde per coloro che insistono nel vedere in lui il Messia Re grandioso. Costoro intendono le immagini della parabola, ma non capiscono il suo significato.
- Luca 8,11-15: La spiegazione della parabola, nelle sue diverse parti. Una ad una, Gesù spiega le parti della parabola, la semina, il terreno fino al raccolto. Alcuni studiosi pensano che questa spiegazione fu aggiunta dopo. Non sarebbe di Gesù, ma di qualche comunità. E’ possibile! Non importa! Perché nel bocciolo della parabola c’è il fiore della spiegazione. Bocciolo e fiore, ambedue hanno la stessa origine che è Gesù. Per questo, anche noi possiamo continuare a riflettere e scoprire altre cose belle nella parabola. Una volta, una persona in una comunità chiese: “Gesù disse che dobbiamo essere sale. A cosa serve il sale?” Le persone dettero la loro opinione partendo dall’esperienza che ognuna di loro aveva del sale! Ed applicarono tutto questo alla vita della comunità e scoprirono che essere sale è difficile ed esigente. La parabola funzionò! Lo stesso vale per la semente. Tutti ne hanno una certa esperienza.
Per un confronto personale
- La semente cade in quattro luoghi diversi: per la strada, tra le pietre, tra gli spini e in un buon terreno. Cosa significa ognuno di questi quattro terreni? Che tipo di terreno sono io? A volte la gente è pietra. Altre volte spini. Altre volte cammino. Altre volte terreno buono. Nella nostra comunità, cosa siamo normalmente?
- Quali sono i frutti che la Parola di Dio sta producendo nella nostra vita e nella nostra comunità?
Preghiera finale
Manifestino agli uomini i tuoi prodigi
e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno Signore è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. (Sal 114)
Domenica, 18 settembre, 2022
La parabola dell’amministratore infedele.
La fedeltà a Dio come unico Signore.
Luca 16, 1-13
Orazione iniziale
Signore, Padre mio, oggi porto davanti a te la mia debolezza, la mia vergogna, la mia lontananza; non nascondo più la mia disonestà e infedeltà, perché tutto tu conosci e vedi, fino in fondo, con gli occhi del tuo amore e della tua compassione. Ti prego, buon medico, versa sulla mia piaga l’unguento della tua Parola, della tua voce che mi parla, mi chiama e mi ammaestra. Non togliermi il tuo dono, che è lo Spirito Santo: lascia che soffi su di me, come alito di vita, dai quattro venti; che mi avvolga come lingua di fuoco e che mi inondi come acqua di salvezza; invialo per me dai tuoi cieli santi, come colomba di verità, che mi annunci, anche per oggi, che tu ci sei e mi aspetti, mi riprendi con te, dopo tutto, come al primo giorno, quando tu mi plasmasti e creasti e chiamasti.
Lettura
- a) Per inserire il brano nel suo contesto:
Questa pericope evangelica appartiene alla grande sezione del racconto di Luca che comprende tutto il lungo viaggio di Gesù verso Gerusalemme; si apre con Lc 9, 51 per terminare in Lc 19, 27. Questa sezione, a sua volta, è suddivisa in tre parti, quasi tre tappe del viaggio di Gesù, ognuna delle quali viene introdotta da un’annotazione, a mò di ripetizione: “Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme” (9, 51); “Passava per città e villaggi insegnando, mentre camminava verso Gerusalemme” (13, 22); “Durante il viaggio verso Gerusalemme, Gesù attraversò la Samaria e la Galilea” (17, 11); per giungere alla conclusione di 19, 28: “Dette queste cose, Gesù proseguì avanti agli altri salendo verso Gerusalemme”, quando Gesù entra nella Città.
Noi ci troviamo nella seconda parte, che va da 13, 22 a 17,10 e che si compone di diversi insegnamenti, che Gesù offre ai suoi interlocutori: la folla, i farisei, gli scribi, i discepoli. In questa unità, Gesù sta dialogando con i suoi discepoli e offre loro una parabola, per indicare quale sia l’uso corretto dei beni del mondo e come debba essere l’amministrazione concreta della propria vita, inserita in un rapporto filiale con Dio. Seguono tre “detti” o applicazioni secondarie della stessa parabola in situazioni diverse, che aiutano il discepolo a fare spazio alla vita nuova nello Spirito, che il Padre gli offre. b) Per aiutare nella lettura del brano:
- 1-8: Gesù racconta la parabola dell’amministratore saggio e scaltro: un uomo, accusato della sua avidità eccessiva, ormai insostenibile, si trova in un momento decisivo e difficile della sua vita, ma riesce a utilizzare tutte le sue risorse umane per volgere al bene il suo fallimento clamoroso. Come questo figlio del mondo ha saputo discernere i suoi interessi, così anche i figli della luce devono imparare a discernere la volontà d’amore e di dono del Padre loro, per vivere come Lui.
- 9: Gesù fa comprendere che anche la ricchezza disonesta e ingiusta, che è quella di questo mondo, se utilizzata per il bene, nel dono, conduce alla salvezza.
- 10-12: Gesù spiega che i beni di questo mondo non vanno demonizzati, ma vanno capiti per il valore che hanno. Sono detti “minimi”, sono “il poco” della nostra vita, ma noi siamo chiamati ad amministrarli con fedeltà e attenzione, perché sono un mezzo per entrare in comunione con i fratelli e quindi con il Padre.
- 13: Gesù offre un insegnamento fondamentale: c’è un unico e solo fine nella nostra vita ed è Dio, il Signore. Cercare e servire qualche altra realtà significa diventare schiavi, legarci all’inganno e morire già da adesso.
- c) Il testo:
1Diceva anche ai discepoli: «C’era un uomo ricco che aveva un amministratore, e questi fu accusato dinanzi a lui di sperperare i suoi averi. 2Lo chiamò e gli disse: Che è questo che sento dire di te? Rendi conto della tua amministrazione, perché non puoi più essere amministratore. 3L’amministratore disse tra sé: Che farò ora che il mio padrone mi toglie l’amministrazione? Zappare, non ho forza, mendicare, mi vergogno. 4So io che cosa fare perché, quando sarò stato allontanato dall’amministrazione, ci sia qualcuno che mi accolga in casa sua. 5Chiamò uno per uno i debitori del padrone e disse al primo: 6Tu quanto devi al mio padrone? Quello rispose: Cento barili d’olio. Gli disse: Prendi la tua ricevuta, siediti e scrivi subito cinquanta. 7Poi disse a un altro: Tu quanto devi? Rispose: Cento misure di grano. Gli disse: Prendi la tua ricevuta e scrivi ottanta. 8Il padrone lodò quell’amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza. I figli di questo mondo, infatti, verso i loro pari sono più scaltri dei figli della luce.
9Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand’essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
10Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto, e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. 11Se, dunque, non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? 12E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
13Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l’uno e amerà l’altro oppure si affezionerà all’uno e disprezzerà l’altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
Un momento di silenzio orante
Davanti alla Parola del Vangelo sento che sono chiamato sempre a rendere conto della mia “amministrazione”; la mia vita, fin nei suoi angoli più nascosti e personali viene scrutata con la lucerna della Legge, dei Profeti, dei salmi, dei Vangeli e degli scritti degli Apostoli. Non posso nascondermi, né fuggire, né fingere o mascherare ciò che è fin troppo conosciuto da mio Padre, che, con amore infinito, mi ha pensato e plasmato. Accolgo il silenzio di questo momento, di questo tempo sacro dell’incontro con Lui. Io, povero, senza moneta, senza possessi, senza casa e senza forza propria, poiché nulla viene da me, ma ogni cosa è da Lui, mi lascio raggiungere dalla sua ricchezza di compassione e di misericordia.
Alcune domande
Che mi aiutino a pormi nella giusta e vera dimensione; che mi facciano riconoscere per quello che sono e che mi conducano sulla via del ritorno al Padre, inserendomi nella creazione nuova, nella vita nuova, che nasce dallo Spirito Santo.
- Questa parola parla di me, lo so; racconta la mia storia, dipinge i tratti del mio volto. Come ogni cristiano, anch’io sono un amministratore del Signore, l’Uomo ricco della nostra esistenza, l’Unico che possieda beni e ricchezze. Noto che questo termine si ripete continuamente nel corso della parabola e perciò voglio prenderlo in seria considerazione: guardando il testo greco, posso tradurre alla lettera con “economo”, cioè “colui che dà la legge alla casa”. Il punto è proprio questo: quale legge io offro alla mia casa, alla mia esistenza, casa di Dio, tempio santo della presenza di Dio? Che cos’è che regola i miei pensieri e, di conseguenza, le mie scelte, le mie azioni di ogni giorno, i miei rapporti? La mia legge è il Signore Gesù, termine e fine di essa (Rm 10, 4)? Acconsento, nel mio intimo, alla legge di Dio (Rm 7, 22), cioè la vivo con il mio uomo interiore, quello più vero e profondo, o solo superficialmente, distrattamente, senza amore, senza la limpidezza di un cuore che si lascia raggiungere dal suo Signore? La mia casa è fondata su quella legge, che trova il suo pieno compimento nell’amore dei miei fratelli (Rm 13, 8.10), nell’accoglienza del mio prossimo, con i suoi pesi, le sue fatiche, i suoi dolori e le sue povertà (Gal 6, 2)?
- Mi lascio colpire, ora, dall’accusa rivolta all’economo della parabola e la ascolto dalla bocca del Signore, come se Lui stesso, oggi, mi dicesse: “Che è questo che sento dire di te? Sei stato accusato davanti a me di sperperare i miei averi”. Mi carico sulle spalle la croce di questo verbo così duro “sperperare, disperdere”, che è lo stesso usato da Luca pochi versetti prima, quando raccontava del figlio minore, fuggito lontano dal padre suo, che aveva sperperato tutti i suoi beni vivendo da dissoluto (Lc 15, 13). Mi guardo dentro e mi guardo al di fuori e insisto a mettere a confronto questa parola con la mia vita, fino nei suoi punti più intimi e nascosti, che sono solo miei, solo noti al Signore. Dunque: io sperpero, io disperdo… La vita, i beni, i doni che mio Padre mi ha dato, queste infinite ricchezze, che valgono più di ogni altra cosa al mondo, io li sto sciupando, li sto buttando via, come perle ai porci. Ecco da dove viene la mia infelicità e la mia insoddisfazione, il vuoto che mi sento dentro al cuore, dentro all’anima! Ma la chiamata di oggi, queste parole di mio Padre, mi aiutano a prendere coscienza del mio peccato, della mia lontananza e mi portano di nuovo vicino a casa e mi aprono il cuore al pentimento. Sì, io torno da Lui e gli chiedo perdono…
- Continuando a leggere incontro altri due verbi molto forti, che mi scuotono e mi interpellano; sembrano buttati lì per caso, quasi fuori posto e invece hanno molto da dirmi. Li ascolto in profondità. In greco sono così: “scavare” e “mendicare”. Mi viene subito in mente un versetto del libro dei Proverbi, che invita a scavare per ricercare la Sapienza come si farebbe per i tesori più preziosi (Pr 2, 4); scavare con le mani, con i piedi, con ogni strumento possibile, ma scavare, ogni giorno, sempre, fino alla fine della vita, per cercare il Signore, il suo volto, la sua parola! Non posso più accettare e ammettere questa pigrizia nella mia esistenza, questo disinteresse per le cose che contano veramente, per le cose di lassù (Col 3, 1ss.)! Basta! Voglio irrobustire le mie mani fiacche, rendere salde le mie ginocchia vacillanti e cominciare a lavorare davvero per il Vangelo, a sudare e faticare per cercare il Signore, il mio vero tesoro. E poi l’altro verbo: mendicare. Chi di noi, davanti a Lui, non è un mendicante, un povero, senza niente, solo bisognoso del suo amore infinito, del suo dono senza misura (Gv 3, 34), traboccante, ben pigiato e scosso, versato in grembo con misericordia (Lc 6, 38)? Signore, sì, io allungo la mia mano e comincio, oggi, davanti al tuo volto, a scavare e a mendicare, cercando te, perché senza di te io non ho alcun bene.
- Poi mi metto a contemplare in silenzio, con il cuore, la decisione e le azioni di questo amministratore, infedele, ma saggio, scaltro: improvvisamente cambia vita, cambia rapporti, misure, pensieri ed esclama con sicurezza: “Io so che cosa farò!”. E’ il “scio” stupendo di Paolo: “Io so a chi ho dato fiducia” (2 Tim 1, 12). Ha conosciuto e visto come veramente è il suo Signore: misericordioso e pietoso, pieno di viscere di amore e allora ha capito che deve essere come Lui, misericordioso. Chiama tutti, uno ad uno, li invita a sedere al tavolo dell’amore e del condono, fa tirare fuori i documenti scritti e li annulla, come ha fatto Cristo sulla croce con il documento della nostra condanna (Col 2, 14); moltiplica il dono di barili e di misure, versa olio e grano nella vita delle persone, non tiene più per sé, ma regala. E’ così che la mia vita dovrebbe cambiare, trasformandosi da continuo sforzo per accaparrare e mettere da parte a continuo dono, continua condivisione d’amore. Troppo mi sono stancato a costruire magazzini e granai per i miei raccolti ingannevoli, fatti quasi solo di pula, di spighe secche e vuote! Troppo tempo ho tenuto chiuse le porte, i cancelli del cuore e sono rimasto lì, solitario e schivo, a controllare i documenti dei miei fratelli, perché nessuno scappasse alla mia critica esatta, noiosa, a volte amara e cattiva. Oggi è un giorno nuovo, è l’inizio di una vita nuova, regolata sulla logica del condono, della distribuzione: so che la vera sapienza è nascosta nella misericordia.
- Ascolto e riascolto le parole di Gesù, quei suoi detti un po’ strani, un po’ difficili da capire: mi parla di fedeltà, di ingiustizia, di poco, di molto, di ricchezza altrui e ricchezza mia, di servi e di padroni, di amore e di odio… “O amerà l’uno o amerà l’altro…”. Il Signore si fa mendicante davanti a me, ancora una volta, del mio amore; Lui, che è il solo ricco, diventa così povero da tendere la sua mano verso il mio cuore. Ho imparato, attraverso le parole di questo Vangelo, che il suo amore è condono, è misericordia, ma adesso mi viene detto che il suo amore richiede una risposta piena, fedele, unica; non posso offrirgli un amore spezzettato, diviso un po’ qua un po’ là, un amore adultero. San Giacomo dice: “Non sapete che amare il mondo è odiare Dio?” (Gc 4, 4). Devo scegliere adesso di chi voglio essere servo, a casa di chi voglio abitare, accanto a chi voglio vivere la mia vita…
Una chiave di lettura
Sono stato invitato a scavare e a mendicare davanti al Signore e al tesoro prezioso della sua Parola; per questo non voglio allontanarmi da questo luogo santo, terra dove scorre latte e miele. Chiedo di poter incontrare il volto del Signore, il suo sguardo, di poter ascoltare a lungo e in profondità la sua voce; chiedo di ricevere il suo abbraccio, come è detto nel Cantico dei Cantici: “La sua sinistra è sotto il mio capo e la sua destra mi abbraccia” (Ct 2, 6).
- Chi è l’amministratore del Signore?
Nella parabola di Luca torna per ben sette volte il termine “amministratore” o “amministrazione”, che viene, così, ad essere la parola chiave del brano e del messaggio che il Signore vuole lasciarmi. Provo allora a cercare nelle Scritture alcune tracce, o una luce che mi aiuti a capire meglio e a verificare la mia vita, la mia amministrazione che il Signore mi ha affidato.
Nell’Antico Testamento ritorna varie volte questa realtà, soprattutto riferita alle ricchezze regali o alle ricchezze di città e imperi: nei libri delle Cronache, per es. si parla degli amministratori del re Davide (1 Cr 27, 31; 28, 1) e così nei libri di Ester (3, 9), Daniele (2, 49; 6, 4) e Tobia (1, 22) incontro amministratori di re e principi. E’ un’amministrazione tutta mondana, legata agli averi, al denaro, alle ricchezze, al potere; quindi legata a realtà negative, come l’accumulo, l’usurpazione, la violenza. E’, insomma, un’amministrazione che finisce, caduca e ingannevole, per quanto riconosca che anch’essa sia, in una certa misura, necessaria al buon andamento della società.
Il Nuovo Testamento, invece, mi introduce subito in una dimensione diversa, più elevata, perché riguardante le cose dello spirito, dell’anima, quelle che non finiscono, che non mutano col mutare dei tempi e delle persone. San Paolo dice: “Ognuno ci consideri come ministri di Cristo e amministratori dei misteri di Dio. Ora, quanto si richiede negli amministratori è che ognuno risulti fedele” (1 Cor 4, 1s) e Pietro: “Ciascuno viva secondo la grazia ricevuta, mettendola a servizio degli altri, come buoni amministratori di una multiforme grazia di Dio” (1 Pt 4, 10). Quindi comprendo di essere anch’io un amministratore dei misteri e della grazia di Dio, attraverso lo strumento semplice e povero, che è la mia stessa vita; in essa io sono chiamato ad essere fedele e buono. Ma questo aggettivo, “buono”, è lo stesso che Giovanni usa riferendolo al pastore, a Gesù: kalòs, cioè bello e buono. E perché? Semplicemente perché offre la sua vita al Padre per le pecore. Questa è l’unica vera amministrazione che mi viene affidata in questo mondo, per il mondo futuro.
- Che cos’è la scaltrezza dell’amministratore del Signore?
Il brano dice che il padrone loda il suo amministratore disonesto, perché aveva agito con “scaltrezza” e ripete il termine, “scaltro”, poco dopo. Ancora una volta chiedo aiuto al testo originale, per tentare di comprendere meglio, con maggiore verità possibile, il senso di questa parola del Signore: forse una traduzione più corretta potrebbe essere “sapiente”, cioè “saggio”, o “prudente”. E’ una sapienza che nasce da un pensare attento, approfondito, dalla riflessione, dallo studio e dall’applicazione della mente, degli affetti a qualcosa che interessa grandemente. Come aggettivo, questo vocabolo si trova, ad es. in Mt 7, 24, dove ci viene mostrata la vera saggezza dell’uomo che costruisce la sua casa sulla roccia e non sulla sabbia, cioè dell’uomo che fonda la sua esistenza sulla Parola del Signore o ancora in Mt 25, dove sagge sono le vergini che hanno con sé e la lampada e l’olio, così che non si lasciano sorprendere dalle tenebre, ma sanno aspettare sempre, con amore invincibile, incorruttibile, il ritorno del loro Sposo e Signore. Dunque questo amministratore è sapiente e prudente, non perché si prende gioco degli altri, ma perché ha saputo regolare e trasformare la sua vita sulla misura e sulla forma della vita del suo Signore: ha messo tutto l’impegno del suo essere, mente, cuore, volontà, desiderio nell’imitare colui che serviva.
- La disonestà e l’ingiustizia
Un’altra parola ripetuta più volte è “disonesto”, “disonestà”; l’amministratore è detto disonesto e così la ricchezza. La disonestà è una caratteristica che può intaccare l’essere, nelle cose grandi, nel molto, ma anche in quelle minime, nel poco. Il testo greco non usa propriamente il termine “disonesto”, ma dice “amministratore dell’ingiustizia”, “ricchezza dell’ingiustizia” e “ingiusto nel minimo”, “ingiusto nel molto”. L’ingiustizia è una distribuzione cattiva, non equa, non equilibrata; in essa manca l’armonia, manca un centro che attiri a sé ogni energia, ogni cura e intento; crea fratture, ferite, dolori su dolori, accumuli da una parte e manchevolezze dall’altra. Tutti noi veniamo a contatto, in qualche misura, con le realtà dell’ingiustizia, perché appartengono a questo mondo. E ci sentiamo trascinati da una parte o da un’altra, perdiamo l’armonia, l’equilibrio, la bellezza; è così, non possiamo negarlo. La parola del Vangelo condanna proprio questa disarmonia così forte, che è l’accumulo, il mettere da parte, l’aumentare sempre più, il possesso e ci mostra la via della guarigione, che è il dono, il condividere, il dar via con cuore aperto, con misericordia. Come fa il Padre con noi, senza mai stancarsi, senza venir meno.
- E mammona, che cos’è?
La parola mammona appare, in tutta la Bibbia, solo in questo capitolo di Luca (vv. 9. 11 e 13) e in Mt 6, 24. E’ un vocabolo semitico che corrisponde a “ricchezza”, “possessi”, “guadagno”, ma diventa quasi la personificazione del dio-denaro, che gli uomini servono stoltissimamente, schiavi di “quell’avarizia insaziabile, che è idolatria” (Col 3, 5). Qui tutto diventa chiaro, è piena luce. So bene, adesso, qual è la domanda che mi rimane, dopo l’incontro con questa Parola del Signore: “Io chi voglio servire?”. La scelta è una sola, unica, precisa… Trattengo nel mio cuore questo verbo stupendo, meraviglioso e dolce, il verbo “servire” e lo rumino, succhiando da esso tutta la sostanza della verità che porta con sé. Mi tornano alla mente le parole di Giosuè al popolo: “Se vi dispiace di servire il Signore, scegliete oggi chi volete servire!” (Gs 24, 15). So che sono ingiusto, che sono amministratore infedele, stolto, so che non ho nulla, ma oggi io scelgo, con tutto ciò che sono, di servire il Signore. (cf. At 20, 19; 1 Tess 1, 9; Gal 1, 10; Rm 12, 11).
Un momento di preghiera: Salmo 49
Riflessione sapienziale sul cuore, che trova la sua ricchezza nella presenza di Dio. Rit. Beati i poveri in spirito: di essi è il regno dei cieli.
Ascoltate, popoli tutti, porgete orecchio abitanti del mondo, voi nobili e gente del popolo, ricchi e poveri insieme. La mia bocca esprime sapienza, il mio cuore medita saggezza; porgerò l’orecchio a un proverbio, spiegherò il mio enigma sulla cetra. Rit. Perché temere nei giorni tristi, quando mi circonda la malizia dei perversi? Essi confidano nella loro forza, si vantano della loro grande ricchezza. Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo.
Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba. Rit. Vedrà morire i sapienti; lo stolto e l’insensato periranno insieme e lasceranno ad altri le loro ricchezze.
Ma l’uomo nella prosperità non comprende,
è come gli animali che periscono. Ma Dio potrà riscattarmi, mi strapperà dalla mano della morte. Rit. Se vedi un uomo arricchirsi, non temere, se aumenta la gloria della sua casa. Quando muore con sé non porta nulla, né scende con lui la sua gloria.
Nella sua vita si diceva fortunato:
«Ti loderanno, perché ti sei procurato del bene». Andrà con la generazione dei suoi padri che non vedranno mai più la luce. Rit.
“Dio vuole un amore gratuito, cioè un amore puro… Dio riempie i cuori, non i forzieri. A che ti servono le ricchezze, se il tuo cuore è vuoto?”. (S. Agostino)
Orazione finale
Signore, grazie per questo tempo passato con te, ascoltando la tua voce che mi parlava con amore e misericordia infinita; sento che la mia vita viene guarita solo quando rimango con te, in te, quando mi lascio raccogliere da te. Tu hai preso fra le tue mani la mia avarizia, che mi rende secco e arido, che mi chiude e mi fa triste e solo; hai accolto la mia cupidigia insaziabile, che mi fa gonfio di vuoto e di dolore; hai accettato e preso su di te la mia ambiguità e infedeltà, il mio zoppicare stanco e impacciato… Signore, sono felice quando mi apro a te e ti mostro tutte le mie ferite! Grazie per il balsamo delle tue parole e dei tuoi silenzi. Grazie per il soffio del tuo Spirito, che porta via l’alito cattivo del male, del nemico.
Signore, io ho rubato, lo so, ho portato via quello che non era mio, l’ho sotterrato, l’ho sciupato; da oggi voglio cominciare a restituire, voglio vivere la mia vita come un dono sempre moltiplicato e condiviso fra molti. La mia vita è poca cosa, ma nelle tue mani diverrà barili di olio, misure di grano, consolazione e cibo per i miei fratelli e le mie sorelle. Signore, non ho più parole davanti al tuo amore così grande e traboccante, perciò faccio solo una cosa: apro le porte del cuore e, con un sorriso, accoglierò tutti quelli che tu manderai a me… (At 28, 30).
Lunedì, 19 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 8,16-18
In quel tempo, Gesù disse alla folla: “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.
Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.
Fate attenzione, dunque, a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci presenta tre brevi frasi dette da Gesù. Sono frasi sparse che Luca colloca qui dopo la parabola della semina (Lc 8,4-8) e della sua spiegazione ai discepoli (Lc 8,9-15). Questo contesto letterario, in cui Luca colloca le tre frasi, aiuta a capire come vuole che la gente capisca queste frasi di Gesù.
- Luca 8,16: La lampada che illumina. “Nessuno accende una lampada e la copre con un vaso o la pone sotto un letto; la pone invece su un lampadario, perché chi entra veda la luce.” Questa frase di Gesù è una breve parabola. Gesù non spiega, perché tutti sanno di cosa si trattasse. Apparteneva alla vita di ogni giorno. In quel tempo, non c’era luce elettrica. Immaginiamoci questo. La famiglia è riunita in casa. Inizia il tramonto. Una persona si alza, prende la lampada, la copre con un vaso o la mette sotto il letto. Cosa diranno gli altri? Tutti grideranno: “Ma sei matto. Metti la lampada sul tavolo!” In una riunione biblica, qualcuno fa il commento seguente: La parola di Dio è una lampada che bisogna accendere nell’oscurità della notte. Se rimane chiusa nel libro della Bibbia, è come la lampada sotto un vaso. Ma quando è posta sul tavolo illumina tutta la casa, e quando è letta in comunità è comunicata alla vita”.
Il contesto in cui Luca colloca questa frase, si riferisce alla spiegazione che Gesù ha dato della parabola della semina (Lc 8,9-15). É come se dicesse: le cose che avete appena ascoltato non dovete guardarle per voi, ma dovete irradiarle agli altri. Un cristiano non deve aver paura di dare testimonianza ed irradiare la Buona Notizia. L’umiltà è importante, ma è falsa l’umiltà che nasconde i doni di Dio dati per edificare la comunità (1Cor 12,4-26; Rom 12,3-8).
- Luca 8,17: Ciò che è nascosto si manifesterà. “Non c’è nulla di nascosto che non debba essere manifestato, nulla di segreto che non debba essere conosciuto e venire in piena luce.” Questa seconda frase di Gesù si riferisce anche agli insegnamenti dati da Gesù in particolare ai discepoli (Lc 8,9-10). I discepoli non possono tenerli per loro, ma devono divulgarli, perché fanno parte della Buona Notizia porta da Gesù.
- Luca 8,18: Attenzione ai preconcetti. “Fate attenzione dunque a come ascoltate; perché a chi ha sarà dato, ma a chi non ha sarà tolto anche ciò che crede di avere”. In quel tempo, c’erano molti preconcetti sul Messia che impedivano alla gente di capire nel modo corretto la Buona Notizia del Regno annunziata da Gesù. Per questo fatto, l’avvertenza di Gesù in relazione ai preconcetti è assai attuale. Gesù chiede ai discepoli di essere consapevoli dei preconcetti con cui ascoltano l’insegnamento che lui presenta. Mediante questa frase di Gesù, Luca sta dicendo alle comunità ed a tutti noi: “Fate attenzione alle idee con cui voi guardate Gesù!” Perché se il colore degli occhiali è verde, tutto sembra verde. Se fosse azzurro, tutto sarebbe azzurro! Se l’idea con cui guardo Gesù è sbagliata, tutto ciò che riceve ed insegno su Gesù sarà minacciato di errore. Se penso che il messia deve essere un re glorioso, non vorrei sentire niente di quanto Gesù insegna sulla Croce, sulla sofferenza, sulla persecuzione e sull’impegno, e perderò perfino ciò che pensavo di possedere. Unendo questa terza frase alla prima, possiamo concludere quanto segue: chi trattiene per sé ciò che riceve, e non lo condividere con gli altri, perde ciò che ha, perché si corrompe.
Per un confronto personale
- Hai già avuto esperienza di preconcetti, che ti impedivano di percepire e di apprezzare nel suo giusto valore, le cose buone che le persone fanno?
- Hai percepito i preconcetti che si nascondono dietro certe storie, racconti e parabole che certe persone narrano?
Preghiera finale
Beato l’uomo di integra condotta, che cammina nella legge del Signore. Fammi conoscere la via dei tuoi precetti e mediterò i tuoi prodigi. (Sal 118)
Martedì, 20 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 8,19-21
In quel tempo, andarono a trovare Gesù la madre e i fratelli, ma non potevano avvicinarlo a causa della folla.
Gli fu annunziato: “Tua madre e i tuoi fratelli sono qui fuori e desiderano vederti”.
Ma egli rispose: “Mia madre e miei fratelli sono coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi presenta l’episodio in cui i genitori di Gesù, anche sua madre, vogliono conversare con lui, però Gesù non presta loro attenzione. Gesù ebbe problemi con la famiglia. A volte la famiglia aiuta a vivere il Vangelo ed a partecipare alla comunità. Altre volte, lo impedisce. Così è successo con Gesù e così succede con noi.
- Luca 8,19-20: La famiglia cerca Gesù. I parenti giungono a casa dove si trovava Gesù. Probabilmente erano venuti da Nazaret. Da lì a Cafarnao la distanza è di circa 40 km. Sua madre era con loro. Probabilmente non entrarono perché c’era molta gente, ma gli mandano dire: “Tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e desiderano vederti”. Secondo il Vangelo di Marco, i parenti non vogliono vedere Gesù. Loro vogliono riportarselo a casa (Mc 3,32). Pensano che Gesù fosse impazzito (Mc 3,21). Probabilmente, avevano paura, poiché secondo ciò che dice la storia, i romani vigilavano assai da vicino tutto ciò che aveva a che fare, in un modo o nell’altro, con il popolo (cf. At 5,36-39). A Nazaret, tra le montagne sarebbe stato più al sicuro che nella città di Cafarnao.
- Luca 8,21: La risposta di Gesù. La reazione di Gesù è chiara: “Mia madre ed i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica.” In Marco la reazione di Gesù è più concreta. Marco dice: Girando lo sguardo su quelli che gli stavano seduti attorno, disse: «Ecco mia madre e i miei fratelli! Chi compie la volontà di Dio, costui è mio fratello, sorella e madre (Mc 3,34-35). Gesù allarga la famiglia! Non permette che la famiglia lo allontani dalla missione: né la famiglia (Gv 7,3-6), né Pietro (Mc 8,33), né i discepoli (Mc 1,36-38), né Erode (Lc 13,32), né nessuno (Gv 10,18).
- E’ la parola di Dio che crea una nuova famiglia attorno a Gesù: “Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio, e la mettono in pratica.” Un buon commento di questo episodio è ciò che dice il Vangelo di Giovanni nel prologo: “Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto.
A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria,
gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità.” (Gv 1,10-14). La famiglia, i parenti, non capiscono Gesù (Gv 7,3-5; Mc 3,21), non fanno parte della nuova famiglia. Fanno parte della nuova comunità solo coloro che ricevono la Parola, cioè, che credono in Gesù. Costoro nascono da Dio e formano la Famiglia di Dio.
- La situazione della famiglia al tempo di Gesù. Nel tempo di Gesù, sia il momento politico, sociale ed economico come pure l’ideologia religiosa, tutto cospirava a favore dell’indebolimento dei valori centrali del clan, della comunità. La preoccupazione con i problemi della famiglia impediva alle persone di unirsi in comunità. Orbene, affinché il Regno di Dio potesse manifestarsi, di nuovo, nella convivenza comunitaria della gente, le persone dovevano oltrepassare gli stretti limiti della piccola famiglia ed aprirsi alla grande famiglia, verso la comunità. Gesù dà l’esempio. Quando la sua famiglia cerca di impadronirsi di lui, Gesù reagisce ed allarga la famiglia (Mc 3,33-35). Crea la comunità.
- I fratelli e le sorelle di Gesù. L’espressione “fratelli e sorelle di Gesù” causa molta polemica tra cattolici e protestanti. Basandosi su questo e su altri testi, i protestanti dicono che Gesù aveva più fratelli e sorelle e che Maria aveva più figli! I cattolici dicono che Maria non ebbe altri figli. Cosa pensare di questo? In primo luogo, le due posizioni, sia dei cattolici che dei protestanti, partono da argomenti tratti dalla Bibbia e dalla Tradizione delle loro rispettive Chiese. Per questo, non conviene discutere questa questione con argomenti solo intellettuali. Poiché si tratta di convinzioni che hanno a che vedere con la fede e con il sentimento. L’argomento solo intellettuale non riesce a distogliere una convinzione del cuore! Anzi, irrita ed allontana! Ed anche quando non sono d’accordo con l’opinione dell’altra persona, devo rispettarla. In secondo luogo, invece di discutere attorno a testi, noi tutti, cattolici e protestanti, dovremmo unirci insieme per lottare in difesa della vita, creata da Dio, vita totalmente sfigurata dalla povertà, dall’ingiustizia, dalla mancanza di fede. Dovremmo ricordare alcune frasi di Gesù: “Sono venuto perché abbiano vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10,10). “Perché tutti siano una cosa sola, ed il mondo creda che tu mi hai mandato” (Gv 17,21). “Non lo impedite! Chi non è contro di noi è a favor nostro” (Mc 10,39.40).
Per un confronto personale
- La famiglia aiuta o rende difficile la tua partecipazione alla comunità cristiana?
- Come assumi il tuo impegno nella comunità cristiana, senza pregiudicare né la famiglia né la comunità?
Preghiera finale
Signore, ho scelto la via della giustizia, mi sono proposto i tuoi giudizi.
Dammi intelligenza, perché io osservi la tua legge e la custodisca con tutto il cuore. (Sal 118)
Mercoledì, 21 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione,
fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 9,9-13
In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti, non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
Riflessione
- Il Discorso della Montagna occupa i capitoli 5,6 e 7 del Vangelo di Matteo. La parte narrativa dei capitoli 8 e 9 ha lo scopo di mostrarci come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nel Discorso della Montagna, lui insegna l’accoglienza (Mt 5,2325.38-42.43). Ora lui stesso la mette in pratica accogliendo i lebbrosi (Mt 8,1-4), gli stranieri (Mt 8,5-13), le donne (Mt 8,14-15), i malati (Mt 8,16-17), gli indemoniati (Mt 8,28-34), i paralitici (Mt 9,1-8), i pubblicani (Mt 9,9-13), le persone impure (Mt 9,20-22), etc. Gesù rompe con le norme ed i costumi che escludevano e dividevano le persone, cioè con la paura e la mancanza di fede (Mt 8,23-27) e le leggi della purezza (9,14-17), e dice chiaramente quali sono le esigenze di coloro che vogliono seguirlo. Devono avere il coraggio di abbandonare molte cose (Mt 8,18-22). Così, negli atteggiamenti e nella prassi di Gesù vediamo in cosa consiste il Regno e l’osservanza perfetta della Legge di Dio.
- Matteo 9,9: La chiamata a seguire Gesù. Le prime persone chiamate a seguire Gesù sono quattro pescatori, tutti giudei (Mt 4,18-22). Ora, Gesù chiama un pubblicano, considerato peccatore e trattato come un essere impuro dalle comunità più osservanti dei farisei. Negli altri vangeli, questo pubblicano si chiama Levi. Qui, il suo nome è Matteo, che significa dono di Dio o dato da Dio. Le comunità, invece di escludere il pubblicano e considerarlo impuro, devono considerarlo un Dono di Dio per la comunità, poiché la sua presenza fa sì che la comunità diventi un segno di salvezza per tutti! Come i primi quattro chiamati, così pure il pubblicano Matteo lascia tutto ciò che ha e segue Gesù. Seguire Gesù comporta l’obbligo di rompere con molte cose. Matteo lascia il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, e segue Gesù!
- Matteo 9,10: Gesù si siede a tavola con peccatori e pubblicani. In quel tempo i giudei vivevano separati dai pagani e dai peccatori e non mangiavano con loro allo stesso tavolo. I giudei cristiani dovevano rompere questo isolamento e mettersi a tavola con i pagani e con gli impuri, secondo l’insegnamento dato da Gesù nel Discorso sulla Montagna, espressione dell’amore universale di Dio Padre. (Mt 5,44-48). La missione delle comunità era quella di offrire uno spazio a coloro che non lo avevano. Ma questa nuova legge non era accettata da tutti. In alcune comunità le persone venute dal paganesimo, pur essendo cristiane, non erano accettate attorno allo stesso tavolo (cf. At 10,28; 11,3; Gal 2,12). Il testo del Vangelo di oggi ci mostra Gesù che si mette a tavola con pubblicani e peccatori nella stessa casa, attorno allo stesso tavolo.
- Matteo 9,11: La domanda dei farisei. Ai giudei era proibito sedersi a tavola con i pubblicani e con i peccatori, ma Gesù non segue questa proibizione. Anzi, fa amicizia con loro. I farisei, vedendo l’atteggiamento di Gesù, chiedono ai discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” Questa domanda può essere interpretata come un’espressione del loro desiderio di sapere perché Gesù agisce così. Altri interpretano la domanda come una critica al comportamento di Gesù, perché per oltre cinquecento anni, dal tempo della schiavitù in Babilonia fino all’epoca di Gesù, i giudei avevano osservato le leggi della purezza. Questa osservanza secolare diventa un forte segno di identità. Allo stesso tempo era fattore della loro separazione in mezzo agli altri popoli. Così, a causa delle leggi sulla purezza, non potevano né riuscivano a sedersi attorno allo stesso tavolo per mangiare con i pagani. Mangiare con i pagani voleva dire contaminarsi, diventare impuri. I precetti della purezza legale erano rigorosamente osservati, sia in Palestina che nelle comunità giudaiche della Diaspora. All’epoca di Gesù, c’erano più di cinquecento precetti per conservare la purezza. Negli anni 70, epoca in cui scrive Matteo, questo conflitto era molto attuale.
- Matteo 9,12-13: Misericordia voglio e non sacrifici. Gesù ascolta la domanda dei farisei ai discepoli e risponde con due chiarimenti. Il primo è tratto dal buon senso: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. L’altro è tratto dalla Bibbia: “Imparate, quindi, cosa significa: Misericordia voglio, e non sacrifici”. Per mezzo di questi chiarimenti, Gesù esplicita e chiarisce la sua missione tra la gente: “Non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”. Gesù nega la critica dei farisei, non accetta i loro argomenti, poiché nascevano da una falsa idea della Legge di Dio. Lui stesso invoca la Bibbia: “Misericordia voglio e non sacrifici!” Per Gesù, la misericordia è più importante della purezza legale. Lui fa riferimento alla tradizione profetica per dire che la misericordia vale per Dio molto di più che tutti i sacrifici (Os 6,6; Is 1,10-17). Dio ha viscere di misericordia, che si commuovono dinanzi alle mancanze del suo popolo (Os 11,8-9).
Per un confronto personale
- Oggi, nella nostra società, chi è emarginato ed escluso? Perché? Nella nostra comunità, abbiamo preconcetti? Quali? Qual è la sfida che le parole di Gesù presentano alla nostra comunità?
- Gesù chiede alla gente di leggere e di capire l’Antico Testamento che dice: “Misericordia voglio e non sacrificio”. Cosa vuol dirci Gesù con questo oggi?
Preghiera finale
Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti e ti cerca, Signore, con tutto il cuore.
Con tutto il cuore ti cerco: non farmi deviare dai tuoi precetti. (Sal 118)
Giovedì, 22 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,7-9
In quel tempo, il tetrarca Erode sentì parlare di tutto ciò che accadeva e non sapeva che cosa pensare, perché alcuni dicevano: “Giovanni è risuscitato dai morti”, altri: “È apparso Elia”, e altri ancora: “È risorto uno degli antichi profeti”.
Ma Erode diceva: “Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?”. E cercava di vederlo.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi presenta la reazione di Erode alla predicazione di Gesù. Erode non sa come porsi davanti a Gesù. Aveva ucciso Giovanni Battista ed ora vuole vedere Gesù da vicino. L’orizzonte sembra minacciato.
- Luca 9,7-8: Chi è Gesù? Il testo inizia con l’esposizione delle opinioni della gente e di Erode su Gesù. Alcuni associavano Gesù a Giovanni Battista e a Elia. Altri lo identificavano con un Profeta, cioè con una persona che parla a nome di Dio, che ha il coraggio di denunciare le ingiustizie dei poderosi e che sa animare la speranza dei piccoli. E’ il profeta annunciato nell’Antico Testamento come un nuovo Mosè (Dt 18,15). Sono le stesse opinioni che Gesù stesso raccoglie dai discepoli quando domanda:”Chi sono io secondo la gente?” (Lc 9,18). Le persone cercavano di capire Gesù partendo da cose che loro conoscevano, pensavano e speravano. Cercavano di inquadrarlo nei criteri familiari dell’Antico Testamento con le sue profezie e speranza, e nella Tradizione degli Antichi con le loro leggi. Ma erano criteri insufficienti. Gesù non vi entrava, lui era più grande!
- Luca 9,9: Erode vuole vedere Gesù. Ma Erode diceva “Giovanni l’ho fatto decapitare io; chi è dunque costui, del quale sento dire tali cose?” E cercava di vederlo. Erode, uomo superstizioso e senza scrupoli, riconosce di essere lui l’assassino di Giovanni Battista. Ora vuole vedere Gesù. In questo modo Luca suggerisce che le minacce incominciano a spuntare sull’orizzonte della predicazione di Gesù. Erode non ha avuto paura di uccidere Giovanni. Non avrà paura di uccidere Gesù. D’altro canto, Gesù, non ha paura di Erode. Quando gli dissero che Erode cercava di prenderlo per ucciderlo, gli mandò dire: “Andate a dire a quella volpe: ecco io scaccio i demoni e compio guarigioni oggi e domani; ed il terzo giorno avrò finito” (Lc 13,32). Erode non ha potere su Gesù. Quando nell’ora della passione, Pilato manda Gesù ad essere giudicato da Erode, Gesù non risponde nulla (Lc 23,9). Erode non merita risposta.
- Da padre a figlio. A volte si confondono i tre Erodi che vissero in quell’epoca, poi i tre appaiono nel Nuovo Testamento con lo stesso nome:
- Erode, chiamato il Grande, governò su tutta la Palestina dal 37 a. Cristo. Lui appare alla nascita di Gesù (Mt 2,1). Uccise i neonati di Betlemme (Mt 2,16).
- Erode, chiamato Antipas, governò sulla Galilea dal 4 al 39 dopo Cristo. Appare nella morte di Gesù (Lc 23,7). Uccise Giovanni Battista (Mc 6,14-29).
- Erode, chiamato Agrippa, governò su tutta la Palestina dal 41 al 44 dopo Cristo. Appare negli Atti degli Apostoli (At 12,1.20) e uccise l’apostolo Giacomo (At 12,2).
Quando Gesù aveva più o meno quattro anni, il re Erode morì. Era lui che aveva fatto uccidere i neonati di Betlemme (Mt 2,16). Il suo territorio fu diviso tra i figli, Archelao, ricevette il governo sulla Giudea. Era meno intelligente di suo padre, ma più violento. Quando assunse il potere, furono massacrate circa 3000 persone sulla pizza del Tempio! Il Vangelo di Matteo dice che Maria e Giuseppe, quando seppero che questo Archelao aveva assunto il governo della Giudea, ebbero paura di ritornare per quel cammino e si ritirarono a Nazaret, in Galilea (Mt 2,22), governata da un altro figlio di Erode, chiamato Erode Antipa (Lc 3,1). Questo Antipa durò oltre 40 anni. Durante i trenta e tre anni di Gesù non ci furono cambiamenti nel governo della Galilea.
Erode il Grande, il padre di Erode Antipa, aveva costruito la città di Cesarea Marittima, inaugurata nell’anno 15 prima di Cristo. Era il nuovo porto di sbocco dei prodotti della regione. Doveva competere con il grande porto di Tiro nel Nord e, così, aiutare a svolgere il commercio nella Samaria e nella Galilea. Per questo, fin dai tempi di Erode il Grande, la produzione agricola in Galilea iniziava ad orientarsi non più a partire dai bisogni delle famiglie, come succedeva prima, ma partendo dalle esigenze del mercato. Questo processo di mutazione nell’economia continuò durante tutto il governo di Erode Antipa, oltre quarant’anni, e trovò in lui un organizzatore efficiente. Tutti questi governatori erano ‘servi del potere’. Infatti chi comandava in Palestina, dal 63 prima di Cristo, era Roma, l’Impero.
Per un confronto personale
- E’ bene chiedersi sempre: Chi è Gesù per me?
- Erode vuole vedere Gesù. Era una curiosità superstiziosa e morbosa. Altri vogliono vedere Gesù perché cercano un senso per la loro vita. Ed io che motivazione ho che mi spinge a vedere ed incontrare Gesù?
Preghiera finale
Saziaci al mattino con la tua grazia:
esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.
Sia su di noi la bontà del Signore, nostro Dio: rafforza per noi l’opera delle nostre mani. (Sal 89)
Venerdì, 23 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,18-22
Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?”
Essi risposero: “Per alcuni Giovanni il Battista, per altri Elia, per altri uno degli antichi profeti che è risorto”.
Allora domandò: “Ma voi chi dite che io sia?”
Pietro, prendendo la parola, rispose: “Il Cristo di Dio”.
Egli allora ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno. “Il Figlio dell’uomo, disse, deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dai sommi sacerdoti e dagli scribi, esser messo a morte e risorgere il terzo giorno”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi riprende lo stesso tema del Vangelo di ieri: l’opinione della gente su Gesù. Ieri, partendo da Erode, oggi è Gesù stesso che chiede cosa pensa la gente, l’opinione pubblica e gli apostoli rispondono dando la stessa opinione di ieri. Viene immediatamente dopo il primo annuncio della passione, della morte e della risurrezione di Gesù.
- Luca 9,18: La domanda di Gesù dopo la preghiera. “Un giorno, mentre Gesù si trovava in un luogo appartato a pregare e i discepoli erano con lui, pose loro questa domanda: “Chi sono io secondo la gente?” Nel Vangelo di Luca, in diverse occasioni importanti e decisive, Gesù si presenta in preghiera: nel battesimo quando assume la sua missione (Lc 3,21); nei 40 giorni nel deserto, quando vince le tentazioni del diavolo alla luce della Parola di Dio (Lc 4,1-13); la notte prima di scegliere i dodici apostoli (Lc 6,12); nella trasfigurazione, quando con Mosè ed Elia conversa sulla passione a Gerusalemme (Lc 9,29); nell’orto, quando affronta l’agonia (Lc 22,39-46); sulla croce, quando chiede perdono per il soldato (Lc 23,34) e consegna lo spirito a Dio (Lc 23,46).
- Luca 9,19: L’opinione del popolo su Gesù. “Loro risposero: “Per alcuni Giovanni Battista, per altri Elia, ma altri pensano che tu sei uno degli antichi profeti che è risorto.” Come Erode, molti pensavano che Giovanni Battista fosse risorto in Gesù. Era credenza comune che il profeta Elia doveva ritornare (Mt 17,10-13; Mc 9,11-12; Ml 3,23-24; Eclo 48,10). E tutti alimentavano la speranza della venuta del profeta promesso da Mosè (Dt 18,15). Risposte insufficienti.
- Luca 9,20: La domanda di Gesù ai discepoli. Dopo aver ascoltato le opinioni degli altri, Gesù chiede: “E voi chi dite che io sia?” Pietro rispose: “Il Messia di Dio!” Pietro riconosce che Gesù è colui che la gente sta aspettando e che viene a realizzare le promesse. Luca omette la reazione di Pietro che cerca di dissuadere Gesù dal seguire il cammino della croce ed omette anche la dura critica di Gesù a Pietro (Mc 8,32-33; Mt 16,22-23).
- Luca 9,21: La proibizione di rivelare che Gesù è il Messia di Dio: “Allora Gesù ordinò loro severamente di non riferirlo a nessuno”. A loro fu proibito di rivelare alla gente che Gesù è il Messia di Dio. Perché Gesù lo proibì? In quel tempo, come abbiamo già visto, tutti aspettavano la venuta del Messia, ma ognuno di loro a modo suo: alcuni aspettavano un re, altri un sacerdote, altri un dottore, un guerriero, un giudice, o profeta! Nessuno sembrava aspettare il messia servo, annunciato da Isaia (Is 42,1-9). Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioè del Messia glorioso senza la croce, non capisce nulla e non giungerà mai ad assumere l’atteggiamento del vero discepolo. Continuerà a camminare nel buio, come Pietro, cambiando la gente per alberi (cf. Mc 8,24). Perché senza la croce è impossibile capire chi è Gesù e cosa significa seguire Gesù. Per questo, Gesù insiste di nuovo sulla Croce e fa il secondo annuncio della sua passione, morte e risurrezione.
- Luca 9,22: Il secondo annuncio della passione. E Gesù aggiunge: “Il Figlio dell’Uomo deve soffrire molto, essere riprovato dagli anziani, dagli scribi, essere messo a morte e risorgere il terzo giorno”. La comprensione piena della sequela di Gesù non si ottiene mediante l’istruzione teorica, ma mediante l’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Il cammino della sequela è il cammino del dono di sé, dell’abbandono, del servizio, della disponibilità, dell’accettazione del conflitto, sapendo che ci sarà risurrezione. La croce non è un incidente di percorso, fa parte di questo cammino. Perché nel mondo organizzato partendo dall’egoismo, l’amore ed il servizio possono esistere solo crocifissi! Chi fa della sua vita un servizio agli altri, scomoda coloro che vivono afferrati ai privilegi, e soffre.
Per un confronto personale
- Tutti crediamo in Gesù. Ma c’è chi lo capisce in un modo e chi in un altro. Qual’è oggi il Gesù più comune nel modo di pensare della gente?
- La propaganda, come interferisce nel mio modo di vedere Gesù? Cosa faccio per non cadere nel giro della propaganda? Cosa ci impedisce oggi di riconoscere e di assumere il progetto di Gesù?
Preghiera finale
Benedetto il Signore, mia roccia, mia grazia e mia fortezza, mio rifugio e mia liberazione, mio scudo in cui confido. (Sal 144)
Sabato, 24 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che nell’amore verso di te e verso il prossimo hai posto il fondamento di tutta la legge, fa’ che osservando i tuoi comandamenti meritiamo di entrare nella vita eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,43b-45
In quel tempo, mentre tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: “Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”.
Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci presenta il secondo annuncio della Passione, Morte e Risurrezione di Gesù. I discepoli non capiscono la parola sulla croce, perché non sono capaci di capire né di accettare un Messia che diventa servo dei fratelli. Loro continuano a sognare un messia glorioso.
- Luca 9,43b-44: Il contrasto. “Tutti erano pieni di meraviglia per tutte le cose che faceva, Gesù disse ai suoi discepoli: ” Mettetevi bene in mente queste parole: il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato in mano degli uomini”. Il contrasto è molto grande. Da un lato, l’ammirazione della gente per tutto ciò che Gesù diceva e faceva. Gesù sembra corrispondere a tutto ciò che la gente sogna, crede e spera. D’altro canto, l’affermazione di Gesù che sarà messo a morte e consegnato nelle mani degli uomini. Ossia, l’opinione delle autorità su Gesù è totalmente contraria all’opinione della gente.
- Luca 9,45: L’annuncio della Croce. “Ma essi non comprendevano questa frase; per loro restava così misteriosa, che non ne comprendevano il senso e avevano paura a rivolgergli domande su tale argomento”. I discepoli lo ascoltavano, pero non capivano la parola sulla croce. Ma pur così, non chiedono chiarimenti. Hanno paura di lasciare apparire la loro ignoranza!
- Il titolo Figlio dell’Uomo. Questo nome appare con grande frequenza nei vangeli: 12 volte in Giovanni, 13 volte in Marco, 28 volte in Luca, 30 volte in Matteo. In tutto 83 volte nei quattro vangeli. E’ il nome che più piaceva a Gesù. Questo titolo viene dall’AT. Nel libro di Ezechiele, indica la condizione ben umana del profeta (Ez 3,1.4.10.17; 4,1 etc.). Nel libro di Daniele, lo stesso titolo appare nella visione apocalittica (Dn 7,1-28), in cui Daniele descrive gli imperi dei Babilonesi, dei Medi, dei Persiani e dei Greci. Nella visione del profeta, questi quattro imperi hanno l’apparenza di “animali mostruosi” (cf. Dn 7,3-8). Sono imperi animaleschi, brutali, disumani, che perseguono ed uccidono (Dn 7,21.25). Nella visione del profeta, dopo i regni anti-umani, appare il Regno di Dio che ha l’apparenza, non di un animale, bensì di una figura umana, Figlio dell’uomo. Ossia un regno con apparenza di gente, regno umano, che promuove la vita e umanizza (Dn 7,1314). Nella profezia di Daniele la figura del Figlio dell’Uomo rappresenta, non un individuo, bensì, come lui stesso lo dice, il “popolo dei Santi dell’Altissimo” (Dn 7,27; cf Dn 7,18). E’ il popolo di Dio che non si lascia ingannare o manipolare dall’ideologia dominante degli imperi animaleschi. La missione del Figlio dell’Uomo, cioè del popolo di Dio, consiste nel realizzare il Regno di Dio come un regno umano. Regno che promuove la vita, che umanizza le persone.
Presentandosi ai discepoli come Figlio dell’Uomo, Gesù fa sua questa missione che è la missione di tutto il Popolo di Dio. E’ come se dicesse a loro ed a tutti noi: “Venite con me! Questa missione non è solo mia, ma è di tutti noi! Andiamo insieme a svolgere la missione che Dio ci ha fatto, ed andiamo insieme a realizzare il Regno umano che lui sognò, regno che ci rende umani!” E fu ciò che fece tutta la sua vita, soprattutto negli ultimi tre anni. Il papa Leone Magno diceva: “Gesù fu così umano, ma così umano, come solo Dio può essere umano”. Quanto più umano, tanto più divino. Quanto più “figlio dell’uomo” tanto più “figlio di Dio!” Tutto ciò che sfigura le persone, che toglie loro questo senso di umanità allontana da Dio. Ciò è stato condannato da Gesù, che ha posto il bene della persona umana al di sopra di tutte le leggi, al di sopra del sabato (Mc 2,27). Nel momento della sua condanna a morte da parte del tribunale religioso del sinedrio, Gesù assunse questo titolo. Quando gli fu chiesto se era il “figlio di Dio” (Mc 14,61), risponde che è il “figlio dell’Uomo”: “Io sono. E voi vedrete il Figlio dell’Uomo seduto alla destra dell’Onnipotente” (Mc 14,62). Per questa affermazione fu dichiarato reo di morte dalla autorità. Lui stesso lo sapeva perché aveva detto: “Il Figlio dell’Uomo non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti” (Mc 10,45).
Per un confronto personale
- Come unisci nella tua vita la sofferenza e la fede in Dio?
- Al tempo di Gesù si viveva un contrasto: la gente pensava e sperava in un modo, le autorità religiose pensavano e speravano in un altro modo. Oggi c’è lo stesso contrasto.
Preghiera finale
La tua parola, Signore, è stabile come il cielo.
Tengo lontano i miei passi da ogni via di male, per custodire la tua parola. (Sal 118)
Domenica, 25 settembre, 2022
La parabola di Lazzaro e del ricco
Tra i due appena una porta chiusa
Luca 16,19-31
Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
Lettura
- a) Chiave di lettura:
In questa 26a domenica del Tempo Ordinario, la liturgia ci pone dinanzi la parabola del povero Lazzaro, seduto davanti alla porta del ricco. Questa parabola è uno specchio fedele, in cui si rispecchia non solo la situazione della società del tempo di Gesù, ma anche la nostra società del XXI secolo. La parabola è una denuncia forte e radicale di questa situazione, poiché indica chiaramente che Dio pensa il contrario. Nella parabola appaiono tre persone: il povero, il ricco ed il padre Abramo. Il povero ha un nome, però non parla. Appena esiste. I suoi unici amici sono i cagnolini che lambiscono le sue ferite.
Il ricco non ha nome, ma parla sempre ed insiste. Vuole avere ragione, ma non ci riesce. Il padre Abramo è padre di tutti e due, e vuole bene a tutti e due, e chiama al ricco che sta nell’inferno, ma non riesce ad ottenere che il ricco cambi opinione e si converta. Nel corso della lettura cerca di prestare molta attenzione alla conversazione del ricco con il padre Abramo, agli argomenti del ricco e agli argomenti del padre Abramo. b) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Luca 16,19-21: La situazione dei due in questa vita
Luca 16,22: La situazione dei due nell’altra vita
Luca 16,23-26: La prima conversazione tra il ricco ed Abramo
Luca 16,27-29: La seconda conversazione tra il ricco ed Abramo Luca 16,30-31: La terza conversazione tra il ricco ed Abramo c) Testo:
19C’era un uomo ricco, che vestiva di porpora e di bisso e tutti i giorni banchettava lautamente. 20Un mendicante, di nome Lazzaro, giaceva alla sua porta, coperto di piaghe, 21bramoso di sfamarsi di quello che cadeva dalla mensa del ricco. Perfino i cani venivano a leccare le sue piaghe. 22Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto. 23Stando nell’inferno tra i tormenti, levò gli occhi e vide di lontano Abramo e Lazzaro accanto a lui. 24Allora gridando disse: Padre Abramo, abbi pietà di me e manda Lazzaro a intingere nell’acqua la punta del dito e bagnarmi la lingua, perché questa fiamma mi tortura. 25Ma Abramo rispose: Figlio, ricordati che hai ricevuto i tuoi beni durante la vita e Lazzaro parimenti i suoi mali; ora invece lui è consolato e tu sei in mezzo ai tormenti. 26Per di più, tra noi e voi è stabilito un grande abisso: coloro che di qui vogliono passare da voi non possono, né di costì si può attraversare fino a noi. 27E quegli replicò: Allora, padre, ti prego di mandarlo a casa di mio padre, 28perché ho cinque fratelli. Li ammonisca, perché non vengano anch’essi in questo luogo di tormento. 29Ma Abramo rispose: Hanno Mosè e i Profeti; ascoltino loro. 30E lui: No, padre Abramo, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvederanno. 31Abramo rispose: Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi».
Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Qual’è il punto del testo che più ti è piaciuto o che ti ha maggiormente colpito? Perchè?
- Paragona la situazione del povero e del ricco prima e dopo la morte. Qual’è la situazione dei due prima della morte? Cosa cambia nella situazione del povero e del ricco dopo la morte?
- Cosa separa il povero dal ricco prima della morte? Cosa separa il ricco dal povero dopo la morte?
- Nella conversazione tra il ricco ed il padre Abramo, cosa chiede il ricco e cosa risponde Abramo?
- In questa parabola, la situazione cambia solo dopo la morte. Sara che Gesù ci vuole dire che nel corso della vita il povero deve sopportare qualsiasi cosa per poter poi meritare il cielo? O cosa pensi tu?
- Ci sono persone che come il ricco della parabola, attende miracoli per poter credere in Dio. Ma Dio chiede di credere in Mosè e nei profeti. Ed io, verso che lato tende il mio cuore: verso il miracolo o verso la Parola di Dio?
- Che tipo di trattamento do ai poveri? Hanno per me un nome?
Per coloro che volessero approfondire maggiormente il tema
- a) Contesto:
- Nel Vangelo di Luca, dal capitolo 9 (Lc 9,51), stiamo accompagnando Gesù nel suo viaggio verso Gerusalemme. Qui nei capitoli 15 e 16 raggiungiamo, per così dire, il culmine, il centro del viaggio, da dove è possibile scorgere il cammino percorso ed il cammino da percorrere. Ossia, qui sulla cima della collina, o nel centro del Vangelo, percepiamo con maggiore chiarezza i due temi principali che percorrono il Vangelo di Luca, da punta a punta. Nel capitolo 15, la parabola del padre con i suoi due figli ci rivela la tenerezza e la misericordia di Dio che accoglie tutti. Ora il capitolo 16 ci presenta la parabola del povero Lazzaro per rivelare l’atteggiamento che dobbiamo avere dinanzi al problema della povertà e dell’ingiustizia sociale.
- Ogni volta che Gesù ha una cosa importante da comunicare, racconta una parabola, crea una storia che rispecchia la realtà della gente. Così, mediante la riflessione sulla realtà visibile, porta coloro che lo ascoltano a scoprire gli appelli invisibili di Dio, presenti nella vita. Una parabola è fatta per far pensare e riflettere. Per questo è importante essere attenti perfino ai piccoli dettagli. Nella parabola che stiamo meditando, appaiono tre persone. Lazzaro, il povero, l’unico che non parla. Il ricco senza nome, che parla ad istante. Il padre Abramo che, nella parabola, rappresenta il pensiero di Dio. Il ricco senza nome rappresenta l’ideologia dominante del governo dell’epoca. Lazzaro rappresenta il grido straziante dei poveri del tempo di Gesù, del tempo di Luca e di tutti i tempi.
- b) Commento del testo:
Luca 16,19-21: La situazione del ricco e del povero
Qui appaiono i due estremi della società. Da un lato, la ricchezza aggressiva. Dall’altro il povero senza risorse, senza diritti, coperto di ulcere, impuro, senza nessuno che lo accoglie, meno i cagnolini che lambiscono le sue piaghe. Ciò che separa i due è solamente una porta: la porta chiusa della casa del ricco. Da parte sua non c’è accoglienza, né pietà per il problema del povero che si trova davanti alla sua porta. Ma nella parabola, il povero ha un nome, mentre il ricco non lo ha. Il povero si chiama Lazzaro, che significa Dio aiuta. Attraverso il povero Dio aiuta il ricco ed il ricco potrà avere il suo nome scritto nel libro della vita. Ma il ricco non accetta di essere aiutato dal povero, perché continua a tenere la porta chiusa. Questo inizio della parabola che descrive la situazione, è uno specchio fedele di quanto avveniva al tempo di Gesù e di Luca. Ed è anche lo specchio di ciò che avviene oggi!
Luca 16,22: Il cambiamento che rivela la verità che era nascosta
“Un giorno il povero morì e fu portato dagli angeli nel seno di Abramo. Morì anche il ricco e fu sepolto”. Nella parabola, il povero muore prima del ricco. Ciò è una avvertenza per i ricchi. Fino a che il povero si trova davanti alla porta, vivo, è ancora possibile che il ricco si salvi. Ma dopo che il povero muore, muore anche l’unico strumento di salvezza per il ricco. Oggi i poveri muoiono a milioni, vittime della geopolitica dei paesi ricchi.
Il povero muore ed è portato dagli angeli nel seno di Abramo. Il seno di Abramo é la fonte di vita, da dove nasce il popolo di Dio. Lazzaro, il povero, appartiene al popolo di Dio, fa parte del popolo di Abramo, da cui è escluso poiché stava alla porta del ricco. Il ricco che pensa di essere figlio di Abramo, anche lui muore ed è sepolto. Ma non va verso il seno di Abramo, poiché non è figlio di Abramo!
Termina qui l’introduzione alla parabola. Ora inizia la rivelazione del suo significato, mediante tre conversazioni tra il ricco ed il padre Abramo.
Luca 16,23-26: La prima conversazione tra il ricco senza nome ed il padre Abramo La parabola è come una finestra che Gesù apre per noi sull’altro lato della vita, il lato di Dio. Non si tratta del cielo. Si tratta del vero lato della vita scoperto solo dalla fede e che il ricco senza fede non percepisce. L’ideologia dominante gli impedisce di scoprire. Ed è solo alla luce della morte che l’ideologia si disintegra nella testa del ricco, e che spunta per lui il vero valore della vita. Dalla parte di Dio, senza l’ideologia e la propaganda ingannevoli del governo, le sorti saranno cambiate. Il ricco soffre, il povero è felice. Il ricco, al vedere Lazzaro nel seno di Abramo chiede che Lazzaro rechi sollievo alla sua sofferenza. Alla luce della morte, il ricco scopre che Lazzaro è il suo unico benefattore possibile. Ma ora è troppo tardi! Il ricco senza nome è un giudeo (o cristiano) “pio”, conosce Abramo y lo chiama Padre. Abramo risponde e lo chiama figlio. Ciò significa che, nella realtà, questa parola di Abramo va indirizzata ai ricchi vivi. In quanto vivi, anche loro hanno la possibilità di divenire figli di Abramo, se aprono la porta a Lazzaro, al povero, all’unico che in nome di Dio può aiutarli. Per il ricco, rinchiuso nella sua sofferenza, la salvezza consisteva in una goccia d’acqua che Lazzaro poteva dargli. Nella realtà, per il ricco, la salvezza non consiste in che Lazzaro gli porti una goccia d’acqua per rinfrescargli la lingua, bensì in che lui stesso, il ricco, apra la porta chiusa della sua casa ed entri in contatto diretto con il povero. Solo così è possibile superare il grande abisso che li separa.
Nella risposta di Abramo, al ricco appare la verità delle quattro maledizioni: (Lc 6,24-26).
Ma guai a voi, ricchi, perché avete già la vostra consolazione.
Guai a voi che ora siete sazi, perché avrete fame.
Guai a voi che ora ridete, perché sarete afflitti e piangerete.
Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi.
Allo stesso modo, infatti, facevano i loro padri con i falsi profeti.
Luca 16,27-29: La seconda conversazione tra il ricco ed Abramo
Il ricco insiste: “Padre, ti supplico: manda Lazzaro a casa di mio padre. Ho cinque fratelli!” Il ricco non vuole che i suoi fratelli patiscano lo stesso tormento. “Manda Lazzaro!” Lazzaro, il povero, è l’unico vero intermediario tra Dio e i ricchi. Ma il ricco, durante la sua vita non si è preoccupato del povero Lazzaro. È preoccupato di sé stesso e dei suoi fratelli. I poveri non l’anno preoccupato mai! È come il fratello maggiore della “Parabola del Padre con i due figli” (Lc 15,25-30). Il maggiore voleva far festa con i suoi amici, e non con suo fratello che era perduto. La risposta di Abramo è chiara: “Loro hanno Mosè ed i Profeti; ascoltino loro!” Hanno la Bibbia! Il ricco aveva la Bibbia. La conosceva perfino a memoria. Ma non si rese mai conto che la Bibbia avesse qualcosa da vedere con i poveri alla sua porta. La chiave con cui il ricco può capire la Bibbia è il povero seduto alla sua porta!
Luca 16,30-31: La terza conversazione tra Abramo ed il ricco
Il ricco continua insistendo: “No, padre, ma se qualcuno dai morti andrà da loro, si ravvedranno!” Il ricco riconosce che si è sbagliato, poiché parla di ravvedersi, cosa che non ha mai avvertito durante la vita. Lui vuole un miracolo, una resurrezione! Ma questo tipo di resurrezione non esiste. L’unica resurrezione è quella di Gesù. Gesù risorto viene a noi nella persona del povero, di colui che non ha diritti, che non ha terra, che non ha cibo, che non ha tetto, che non ha salute. Nella sua risposta finale, Abramo è breve e deciso: “Se non ascoltano Mosè e i Profeti, neanche se uno risuscitasse dai morti saranno persuasi”. E termina così la conversazione! La chiave per capire il senso della Bibbia e della salvezza è il povero Lazzaro, seduto davanti alla porta del ricco! c) Ampliando le informazioni:
A causa del contesto sociale ingiusto nel tempo di Gesù:
Nel 64 prima di Cristo i romani invasero la Palestina e imposero al popolo un pesante tributo. Gli studiosi calcolano che più o meno la metà del reddito familiare era destinato al pagamento dei tributi, imposte e tasse del governo romano. Roma, inoltre, fece una riorganizzazione geopolitica nella regione. Prima dell’invasione romana, tutta la regione, da Tiro e Sidone fino alla frontiera con Egitto, era governata dagli asmonei, prolungamento dei maccabei. Dopo l’invasione, rimasero solo tre regioni sotto il governo dei giudei: la Giudea, la Pereia e la Galilea. Per poter mantenere il controllo sui popoli dominati con un minimo di sacrificio e spesa propria, i romani volevano attrarre verso di sé l’élite locale. Nel caso della Palestina, l’élite locale per i romani erano i sadducei, gli anziani, alcuni pubblicani e parte dei sacerdoti. Così tutto questo cambiamento prodotto dall’invasione romana fece sì che i giudei che abitavano negli altri territori di quella regione migrassero quasi tutti verso la Giudea e la Galilea. Conseguenza: la popolazione si raddoppiò in Giudea e Galilea e diminuì della metà il reddito familiare. Risultato: da un lato, impoverimento progressivo, disoccupazione, mendicanza, povertà estrema. Dall’altro arricchimento esagerato della locale, appoggiata dai romani. Il ritratto fedele di questa situazione è espresso nella parabola del povero Lazzaro e del ricco senza pietà.
Riflessioni finali attorno alla parabola
Il ricco che ha tutto, e si rinchiude in se stesso, perde Dio, perde la ricchezza, perde la vita, perde se stesso, perde il nome, perde tutto. Il povero che non ha nulla, tiene Dio, guadagna la vita, tiene nome, guadagna tutto. Il povero è Lazzaro, è “Dio aiuta”. Dio viene fino a noi nella persona del povero, seduto alla nostra porta, per aiutarci a superare l’abisso insuperabile creato dai ricchi senza cuore. Lazzaro è anche Gesù, il Messia povero e servo, che non fu accettato, ma la cui morte cambiò radicalmente tutte le cose. Ed alla luce della morte del povero, tutto cambia.
Il luogo del tormento è la situazione della persona senza Dio. Anche se il ricco pensa di avere religione e fede, non sa stare con Dio perché non apre la porta al povero, come fece Zaccheo (Lc 19,1-10).
Preghiera di un Salmo
Salmo 15(14): Signore chi può abitare nel tuo santuario?
Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, agisce con giustizia e parla lealmente, non dice calunnia con la lingua, non fa danno al suo prossimo e non lancia insulto al suo vicino. Ai suoi occhi è spregevole il malvagio, ma onora chi teme il Signore.
Anche se giura a suo danno, non cambia; presta denaro senza fare usura, e non accetta doni contro l’innocente. Colui che agisce in questo modo resterà saldo per sempre.
Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Lunedì, 26 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,46-50
In quel tempo, sorse una discussione tra i discepoli, chi di essi fosse il più grande.
Allora Gesù, conoscendo il pensiero del loro cuore, prese un fanciullo, se lo mise vicino e disse: “Chi accoglie questo fanciullo nel mio nome, accoglie me; e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato. Poiché chi è il più piccolo tra tutti voi, questi è grande”.
Giovanni prese la parola dicendo: “Maestro, abbiamo visto un tale che scacciava demoni nel tuo nome e glielo abbiamo impedito, perché non è con noi tra i tuoi seguaci”. Ma Gesù gli rispose: “Non glielo impedite, perché chi non è contro di voi, è per voi”.
Riflessione
- Il testo s’illumina. Se precedentemente Luca ci aveva presentato il convergere degli uomini attorno a Gesù per riconoscerlo nella fede, per attendere all’ascolto e assistere alle sue guarigioni, ora, si apre una nuova tappa nel suo itinerario pubblico. La persona di Gesù non monopolizza più l’attenzione delle folle ma ci viene presentato come colui che lentamente viene sottratto ai suoi per andare verso il Padre. Tale itinerario prevede l’andata a Gerusalemme. E mentre sta per intraprendere un tale viaggio Gesù svela loro il destino che lo attende (9,22). Poi si trasfigura davanti a loro come a indicare il punto di partenza del suo «esodo» verso Gerusalemme. Ma subito dopo la luce sperimentata nell’evento della trasfigurazione, Gesù riprende nuovamente ad annunciare la sua passione lasciando i discepoli nell’incertezza e nel turbamento. Le parole di Gesù sull’evento della sua passione, «il Figlio dell’uomo sta per essere consegnato nelle mani degli uomini», incontrano nei discepoli incomprensione (9,45) e silenzioso timore (9,43).
- Gesù prende un bambino. L’enigma della consegna di Gesù scatena una disputa tra i discepoli per decidere a chi spetterà il primo posto. Senza che venga richiesto il suo parere Gesù, che, come Dio stesso, legge nei cuori, interviene con un gesto simbolico. In un primo momento prende un bambino e lo pone accanto a sé. Tale gesto è indizio di elezione, privilegio che si estende al momento in cui si diventa cristiani (10,21-22). Perché il gesto non resti nella sua incertezza Gesù fa seguire una parola di spiegazione: non si pone l’enfasi sulla «grandezza» del bambino ma nella sua inclinazione all’«accoglienza». Il Signore considera «grande» chi come il bambino sa accogliere Dio e i suoi messaggeri. La salvezza presenta due aspetti: l’elezione da parte di Dio e che viene simboleggiata dal gesto di Gesù che accoglie il bambino: e l’accoglienza di colui che lo ha inviato, il Padre, di Gesù (il Figlio) e di ogni uomo. Il bambino incarna Gesù e tutti e due insieme, nella loro piccolezza e sofferenza realizzano la presenza di Dio (Bovon). Ma i due aspetti della salvezza sono indicativi anche della fede: nel dono dell’elezione emerge l’elemento passivo; nel servizio, quello attivo; due pilastri dell’esistenza cristiana. Accogliere Dio o Cristo nella fede ha come conseguenza l’accoglienza totale del piccolo da parte del credente o della comunità. L’«essere grandi» di cui discutevano i discepoli non è una realtà dell’al di là, ma riguarda il momento presente e si esprime nella diaconia del servizio. L’amore e la fede vissuta svolgono due funzioni: siamo accolti da Cristo (prendere il bambino); ma anche abbiamo il dono singolare di riceverlo («chi accoglie il bambino, accoglie lui, il Padre», v.48). Segue poi un breve dialogo tra Gesù e Giovanni (vv.49-50). Quest’ultimo discepolo è annoverato tra gli intimi di Gesù. L’esorcista che non appartiene alla cerchia degli intimi di Gesù è affidato lo stesso ruolo che viene dato ai discepoli. È un esorcista che da un lato, è esterno al gruppo, ma dall’altro, si trova all’interno perché ha compreso l’origine cristologica della forza divina che lo guida («nel tuo nome»). L’insegnamento di Gesù è chiaro: un gruppo cristiano non deve ostacolare l’attività missionaria di altri gruppi. Non ci sono cristiani più «grandi» degli altri, ma si è «grandi» nell’essere e diventare cristiani. E poi l’attività missionaria deve essere al servizio di Dio e non per accrescere la propria notorietà. È cruciale quell’inciso sulla potenza del nome di Gesù: è un’allusione alla libertà dello Spirito Santo, la cui presenza è certa all’interno della chiesa, ma può estendersi al di là dei ministeri istituiti o ufficiali.
Per un confronto personale
- Tu, in quanto credente, battezzato, come vivi il successo e la sofferenza?
- Che tipo di «grandezza» vivi nel tuo servizio alla vita, alle persone? Sei capace di trasformare la concorrenza in cooperazione?
Preghiera finale
Rendo grazie al tuo nome per la tua fedeltà e la tua misericordia. Nel giorno in cui t’ho invocato, mi hai risposto, hai accresciuto in me la forza. (Sal 137)
Martedì, 27 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,51-56
Mentre stavano compiendosi i giorni in cui sarebbe stato tolto dal mondo, Gesù si diresse decisamente verso Gerusalemme e mandò avanti dei messaggeri. Questi si incamminarono ed entrarono in un villaggio di Samaritani per fare i preparativi per lui. Ma essi non vollero riceverlo, perché era diretto verso Gerusalemme.
Quando videro ciò, i discepoli Giacomo e Giovanni dissero: “Signore, vuoi che diciamo che scenda un fuoco dal cielo e li consumi?” Ma Gesù si voltò e li rimproverò. E si avviarono verso un altro villaggio.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci narra come Gesù decide di andare a Gerusalemme. Descrive anche le prime difficoltà che incontra lungo questo cammino. Ci presenta l’inizio del lungo e duro cammino dalla periferia verso la capitale. Gesù lascia la Galilea e va verso Gerusalemme. Non tutti lo capiscono. Molti lo abbandonano, perché le esigenze sono enormi. Oggi avviene la stessa cosa. Lungo il cammino delle nostre comunità c’è incomprensione ed abbandono.
- “Gesù decide di andare a Gerusalemme”. Questa decisione marca il duro e lungo cammino di Gesù dalla Galilea fino a Gerusalemme, dalla periferia verso la capitale. Questa camminata occupa più della terza parte di tutto il Vangelo di Luca (Lc 9,51-19,28). Segno che la camminata fino a Gerusalemme ebbe un’enorme importanza nella vita di Gesù. La lunga camminata è simbolo, nello stesso tempo, del viaggio che le comunità stanno facendo. Loro cercano di svolgere un passaggio difficile dal mondo giudeo verso il mondo della cultura greca. Simbolizzava anche la tensione tra il Nuovo e l’Antico che si chiudeva sempre più in se stesso. E simbolizza anche la conversione che ognuno di noi deve vivere, cercando di seguire Gesù. Durante il viaggio, i discepoli e le discepole cercano di seguire Gesù, senza tornare indietro. Non sempre ci riescono. Gesù dedica molto tempo ad istruire coloro che lo seguono da vicino. Un esempio concreto di questa istruzione lo abbiamo nel Vangelo di oggi. All’inizio del viaggio, Gesù esce dalla Galilea e porta con sé i discepoli verso il territorio dei samaritani. Cerca di formarli affinché siano in grado di capire l’apertura verso ciò che è nuovo, verso l’ “altro”, il differente.
- Luca 9,51: Gesù decide di andare a Gerusalemme. Il testo greco dice letteralmente: “Quando si completarono i giorni della sua assunzione (rapimento), Gesù volse risolutamente la sua faccia verso Gerusalemme”. L’espressione assunzione evoca il profeta Elia rapito in cielo (2 Re 2,9-11). L’espressione volgere la faccia evoca il Servo di Yavè che diceva: “rendo la mia faccia dura come pietra sapendo di non restare deluso” (Is 50,7). Evoca anche un ordine che il profeta Ezechiele ricevette da Dio: “Volgi la faccia verso Gerusalemme!” (Ez 21,7). Usando queste espressioni Luca suggerisce che camminando verso Gerusalemme, inizia un’opposizione più dichiarata di Gesù contro il progetto dell’ideologia ufficiale del Tempio di Gerusalemme. L’ideologia del Tempio voleva un Messia glorioso e nazionalista. Gesù vuole essere un Messia Servo. Durante il lungo viaggio, questa opposizione crescerà ed alla fine, termina nell’assunzione (rapimento) di Gesù. L’assunzione di Gesù è la sua morte in Croce, seguita dalla risurrezione.
- Luca 9,52-53: Fallisce la missione in Samaria. Durante il viaggio, l’orizzonte della missione si allarga. Dopo l’inizio, Gesù oltrepassa le frontiere del territorio e della razza. Manda i suoi discepoli a preparare la sua venuta in un villaggio della Samaria. Ma la missione insieme ai samaritani fallisce. Luca dice che i samaritani non ricevettero Gesù perché andando verso Gerusalemme. Però, se i discepoli avessero detto ai samaritani: “Gesù sta andando verso Gerusalemme per criticare il progetto del tempio e per esigere una maggiore apertura”, Gesù sarebbe stato accettato, poiché i samaritani erano della stessa opinione. Il fallimento della missione si deve, probabilmente, ai discepoli. Loro non capirono perché Gesù “volse la faccia verso Gerusalemme.” La propaganda ufficiale del Messia glorioso e nazionalista impediva loro di intravedere. I discepoli non capirono l’apertura di Gesù e la missione fallì!
- Luca 9,54-55: Gesù non accetta la richiesta di vendetta. Giacomo e Giovanni non vogliono portare a casa la sconfitta. Non accettano che qualcuno non sia d’accordo con le loro idee. Vogliono imitare Elia ed usare il fuoco per vendicarsi (2 Re 1,10). Gesù rifiuta la proposta. Non vuole il fuoco. Certe Bibbie aggiungono: “Voi non sapete che spirito vi muove!” Significa che la reazione dei discepoli non era dello Spirito di Gesù. Quando Pietro suggerisce a Gesù di non seguire lungo il cammino del Messia Servo, Gesù si rivolge a Pietro chiamandolo Satana (Mc 8,33). Satana è il cattivo spirito che vuole cambiare la rotta della missione di Gesù. Messaggio di Luca per le comunità: coloro che vogliono impedire la missione tra i pagani sono mossi dallo spirito del male!
- Nei dieci capitoli che descrivono il viaggio fino a Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,28), Luca, costantemente, ricorda che Gesù è in cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51.53.57; 10,1.38; 11,1; 13,22.33; 14,25; 17,11; 18,31; 18,37; 19,1.11.28). Raramente, dice per dove Gesù andava. Solo qui all’inizio del viaggio (Lc 9,51), in mezzo (Lc 17,11) ed alla fine (Lc 18,35; 19,1), si sa qualcosa riguardo al luogo dove Gesù stava andando. Ciò vale per le comunità di Luca e per tutti noi. Ciò che è sicuro è che dobbiamo camminare. Non possiamo fermarci. Ma non sempre è chiaro e definito per dove passiamo. Ciò che è sicuro è l’obiettivo: Gerusalemme.
Per un confronto personale
- Quali sono i problemi che devi affrontare nella tua vita, per la decisione che hai preso di seguire Gesù?
- Cosa impariamo dalla pedagogia di Gesù con i suoi discepoli che volevano vendicarsi dei samaritani?
Preghiera finale
Ti loderanno, Signore, tutti i re della terra quando udranno le parole della tua bocca. Canteranno le vie del Signore,
perché grande è la gloria del Signore. (Sal 137)
Mercoledì, 28 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,57-62
In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”.
Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”.
A un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”.
Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”.
Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”.
Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”.
Riflessione
- Nel Vangelo di oggi continua il lungo e duro cammino di Gesù dalla periferia della Galilea verso la capitale. Uscendo dalla Galilea, Gesù entra in Samaria e prosegue verso Gerusalemme. Ma non tutti lo capiscono. Molti lo abbandonano, perché l’impegno è enorme. Ma altri si avvicinano e si presentano per seguire Gesù. All’inizio della sua attività pastorale, in Galilea, Gesù aveva chiamato tre uomini: Pietro, Giacomo e Giovanni (Lc 5,811). Anche qui in Samaria sono tre le persone che si presentano o che sono chiamate. Nelle risposte di Gesù, emergono le condizioni per poter essere discepolo/a di Gesù.
- Luca 9,56-58: Il primo dei tre nuovi discepoli. “In quel tempo, mentre andavano per la strada, un tale disse a Gesù: “Ti seguirò dovunque tu vada”. Gesù gli rispose: “Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo”. A questa prima persona che vuole essere discepolo, Gesù chiede di spogliarsi di tutto: non ha dove posare il capo, tanto meno deve cercare una falsa sicurezza dove posare il suo pensiero.
- Luca 9,59-60: Il secondo dei tre nuovi discepoli. Ad un altro disse: “Seguimi”. E costui rispose. “Signore, concedimi di andare prima a seppellire mio padre”. Gesù replicò: “Lascia che i morti seppelliscano i loro morti; tu va’ e annunzia il regno di Dio”. A questa seconda persona chiamata da Gesù a seguirlo, Gesù chiede di lasciare che i morti seppelliscano i loro morti. Si tratta di un detto popolare che significa: lascia le cose del passato. Non perdere tempo con ciò che è stato e guarda avanti. Dopo aver scoperto la vita nuova in Gesù, il discepolo non deve perder tempo con ciò che è già accaduto.
- Luca 9,61-62: Il terzo dei tre nuovi discepoli. “Un altro disse: “Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa”. Ma Gesù gli rispose: “Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio”. A questa terza persona chiamata ad essere discepolo, Gesù chiede di spezzare i legami familiari. In un’altra occasione aveva detto: Chi ama suo padre e sua madre più di me, non può essere mio discepolo (Lc 14,26; Mt 10,37). Gesù è più esigente del profeta Elia che lascia che Eliseo saluti e si accomiati dai suoi genitori (1Re 19,19-21). Significa anche rompere con l’attaccamento alle proprie origini razziali e con la struttura familiare patriarcale.
- Sono tre le esigenze fondamentali presentate quali condizione necessaria per colui o colei che vuole essere discepolo/a di Gesù: (a) abbandonare i beni materiali, (b) non attaccarsi ai beni personali goduti ed accumulati nel passato, e (c) rompere con i legami familiari. In realtà, nessuno, pur volendolo, può spezzare i legami familiari, né rompere con le cose vissute nel passato. Ciò che è chiesto è sapere reintegrare tutto (beni materiali, vita personale e vita familiare) in modo nuovo attorno al nuovo asse che è Gesù e alla Buona Novella di Dio che lui ci porta.
- Gesù, lui stesso, visse e si rese conto di ciò che chiedeva ai suoi seguaci. Con la sua decisione di salire verso Gerusalemme Gesù rivela qual è il suo progetto. Il suo cammino verso Gerusalemme (Lc 9,51 a 19,27) è rappresentato come l’assunzione (Lc 9,51), l’esodo (Lc 9,31) o la traversata (Lc 17,11). Giunto a Gerusalemme, Gesù compie l’esodo, l’assunzione o la traversata definitiva da questo mondo verso il Padre (Gv 13,1). Solo una persona veramente libera può farlo, perché un tale esodo presuppone di dedicare completamente la propria vita ai fratelli (Lc 23,44-46; 24,51). Questo è l’esodo, la traversata, l’assunzione di cui le comunità devono rendersi conto per portare avanti il progetto di Gesù.
Per un confronto personale
- Paragona ciascuna di queste tre esigenze con la tua vita.
- Quali sono i problemi che emergono nella tua vita a seguito della decisione che hai preso di seguire Gesù?
Preghiera finale
Signore, tu mi scruti e mi conosci, tu sai quando seggo e quando mi alzo. Penetri da lontano i miei pensieri, mi scruti quando cammino e quando riposo. Ti sono note tutte le mie vie. (Sal 138)
Giovedì, 29 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1,47-51
In quel tempo, Gesù, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un Israelita in cui non c’è falsità”.
Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?” Gli rispose Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”.
Gli replicò Natanaele: “Rabbì, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”
Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi ci presenta il dialogo tra Gesù e Natanaele in cui appare questa frase: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’Uomo”. Questa frase aiuta a chiarire qualcosa riguardo agli arcangeli.
- Giovanni 1,47-49: La conversazione tra Gesù e Natanaele. Filippo portò Natanaele da Gesù (Gv 1,45-46). Natanaele aveva esclamato: “Da Nazaret può venire qualcosa di buono?” Natanaele era di Cana, che si trova vicino a Nazaret. Vedendo Natanaele, Gesù dice: “Ecco un israelita autentico, senza falsità!” Ed afferma che lo conosceva già quando era sotto il fico. Come mai Natanaele poteva essere un “israelita autentico” se non accettava Gesù messia? Natanaele “stava sotto il fico”. Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mq 4,4; Zc 3,10; 1Rs 5,5). “Stare sotto il fico” era lo stesso che essere fedeli al progetto del Dio di Israele. Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che queste sono in disaccordo con il progetto di Dio. L’israelita che non è disposto a conversare non è né autentico né onesto. Natanaele è autentico. Sperava il messia secondo l’insegnamento ufficiale dell’epoca, secondo cui il Messia veniva da Betlemme nella Giudea. Il Messia non poteva venire da Nazaret in Galilea (Gv 7,41-42.52). Per questo, Natanaele si resiste ad accettare Gesù messia. Ma l’incontro con Gesù lo aiuta a rendersi conto che il progetto di Dio non è sempre come la persona se lo immagina o desidera che sia. Natanaele riconosce il suo proprio inganno, cambia idea, accetta Gesù messia e confessa: “Maestro, tu sei il figlio di Dio, tu sei il re di Israele!”
- La diversità della chiamata. I vangeli di Marco, Matteo e Luca presentano la chiamata dei primi discepoli in modo assai conciso: Gesù cammina lungo la spiaggia, chiama Pietro ed Andrea. Poi chiama Giovanni e Giacomo (Mc 1,16-20). Il Vangelo di Giovanni ha un altro modo di descrivere l’inizio della prima comunità che si formò attorno a Gesù. Giovanni lo fa narrando storie ben concrete. Colpisce la varietà delle chiamate e degli incontri delle persone tra di loro e con Gesù. Così, Giovanni insegna come bisogna fare per formare una comunità. E’ mediante i contatti e gli inviti personali, ed è così fino ad oggi! Gesù chiama alcuni direttamente (Gv 1,43). Altri indirettamente (Gv 1,41-42). Un giorno chiamò due discepoli di Giovanni Battista (Gv 1,39). Il giorno seguente chiamò Filippo che, a sua volta, chiamò Natanaele (Gv 1,45). Nessuna chiamata si ripete, perché ogni persona è diversa. La gente non dimentica mai le chiamate importanti che marcano la loro vita. Ne ricorda perfino la ora ed il giorno (Gv 1,39).
- Giovanni 1,50-51: Gli angeli di Dio che scendono e salgono sul Figlio dell’Uomo. La confessione di Natanaele è appena all’inizio. Chi è fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli che salgono e scendono sul Figlio dell’Uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. E’ la realizzazione del sogno di Giacobbe (Gen 28,10-22).
- Gli angeli che salgono e scendono la scala. I tre arcangeli: Gabriele, Raffaele e Michele. Gabriele spiegava al profeta Daniele il significato delle visioni (Dn 8,16; 9,21). Lo stesso angelo Gabriele portò il messaggio di Dio a Elisabetta (Lc 1,19) ed a Maria, la madre di Gesù (Lc 1,26). Il suo nome significa “Dio è forte”. Raffaele appare nel libro di Tobia. Accompagna Tobia, figlio di Tobit e di Anna, lungo il viaggio e lo protegge da tutti i pericoli. Aiuta Tobia a liberare Sara dallo spirito maligno ed a curare Tobit, il padre, dalla cecità. Il suo nome significa “Dio cura”. Michele aiutò il profeta Daniele nelle sue lotte e difficoltà (Dn 10,13.21; 12,1). La lettera di Giuda dice che Michele disputò con il diavolo il corpo di Mosè (Giuda 1,9). Fu Michele che vinse satana, facendolo cadere dal cielo e gettandolo nell’inferno (Ap 12,7). Il suo nome significa: “Chi è come Dio!” La parola angelo significa messaggero. Lui porta un messaggio di Dio. Nella Bibbia, la natura intera può essere messaggera di Dio, rivelando l’amore di Dio verso di noi (Sal 104,4). L’angelo può essere Dio stesso, quando rivolge il suo volto su di noi e ci rivela la sua presenza amorosa.
Per un confronto personale
- Hai già avuto un incontro che ha marcato la tua vita? Come hai scoperto lì la chiamata di Dio?
- Hai avuto interesse qualche volta, come ha fatto Filippo, a chiamare un’altra persona a partecipare nella comunità?
Preghiera finale
Ti rendo grazie, Signore, con tutto il cuore: hai ascoltato le parole della mia bocca. A te voglio cantare davanti agli angeli, mi prostro verso il tuo tempio santo. (Sal 137)
Venerdì, 30 settembre, 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che riveli la tua onnipotenza soprattutto con la misericordia e il perdono, continua a effondere su di noi la tua grazia, perché, camminando verso i beni da te promessi, diventiamo partecipi della felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 10,13-16
In quel tempo, Gesù disse: “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidóne fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere. Perciò nel giudizio Tiro e Sidóne saranno trattate meno duramente di voi.
E tu, Cafarnao, ‘‘sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata!’’.
Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”.
Riflessione
- Il Vangelo di oggi continua con l’invio dei settantadue discepoli e discepole (Lc 10,1-12).
Al termine di questo invio Gesù parlava di scrollare la polvere dalle scarpe, quando i missionari non fossero ben ricevuti (Lc 10,10-12). Il Vangelo di oggi mette l’accento ed amplifica le minacce su coloro che si rifiutano di ricevere la Buona Novella.
- Luca 10,13-14: Guai a te Corazin, guai a te Betsaida! La distanza che Gesù percorse nei tre anni della sua vita missionaria era piccola. Abbracciava solo pochi chilometri quadrati lungo il Mare di Galilea attorno alle città di Cafarnao, Betsaida e Corazin. Proprio in questo spazio così piccolo Gesù compie la maggior parte dei miracoli e presenta i suoi discorsi. Lui è venuto a salvare tutta l’umanità, e quasi non uscì dal limitato spazio della sua terra. Tragicamente, Gesù dovette constatare che la gente di quelle città non volle accettare il messaggio del Regno e non si convertì. Le città si fissarono nella rigidità delle loro credenze, tradizioni e costumi e non accettarono l’invito di Gesù a cambiare vita. “Guai a te, Corazin, guai a te, Betsaida! Perché se in Tiro e Sidóne fossero stati compiuti i miracoli compiuti tra voi, già da tempo si sarebbero convertiti vestendo il sacco e coprendosi di cenere”. Gesù paragona le due città con Tiro e Sidóne che, nel passato, sono state nemiche ferree di Israele, maltrattando il popolo di Dio. Per questo, sono state maledette dai profeti (Is 23,1; Ger 25,22; 47,4; Ez 26,3; 27,2; 28,2; Gv 4,4; Am 1,10). Ed ora, Gesù dice che queste stesse città, simboli di tutta la cattiveria fatta alla gente nel passato, si sarebbero già convertite se fossero avvenuti in esse tanti miracoli come a Corazin ed a Betsaida. Luca 10,15: E tu, Cafarnao, ‘‘sarai innalzata fino al cielo? Fino agli inferi sarai precipitata!’’.
Gesù evoca la condanna che il profeta Isaia lanciò contro Babilonia. Orgogliosa e prepotente, Babilonia pensava: “Salirò in cielo, sulle stelle di Dio; innalzerò il trono, dimorerò sul monte dell’assemblea, nelle parti più remote del settentrione. Salirò sulle regioni superiori delle nubi, mi farò uguale all’Altissimo” (Is 14,13-14). Pensava! Ma si ingannava del tutto. Avvenne il contrario. Dice il profeta: “E invece, sei stato precipitato negli inferi, nelle profondità dell’abisso” (Is 14,15). Gesù paragona Cafarnao con questa terribile Babilonia che distrusse la monarchia ed il tempio e portò il popolo alla schiavitù, da cui non riuscì mai a liberarsi. Come Babilonia, Cafarnao pensava di essere qualcosa, ma finì nel più profondo degli inferni. Il Vangelo di Matteo paragona Cafarnao alla città di Sodoma, simbolo della peggiore perversione, che fu distrutta dall’ira di Dio (Gen 18,16 a 19,29). Sodoma si sarebbe convertita, se avesse visto i miracoli che Gesù fece a Cafarnao (Mt 11,23-24). Oggi continua lo stesso paradosso. Molti di noi, cattolici fin da bambini, abbiamo convinzioni così consolidate che nessuno è capace di convertirci. Ed in alcuni luoghi, il cristianesimo, invece di essere fonte di mutazione e di conversione, è diventato il rifugio delle forze più reazionarie della politica del paese.
- Luca 10,16: “Chi ascolta voi ascolta me, chi disprezza voi disprezza me. E chi disprezza me disprezza colui che mi ha mandato”. La frase mette l’accento sull’identificazione dei discepoli con Gesù in quanto disprezzato dalle autorità. In Matteo la stessa frase di Gesù, posta in altro contesto, sottolinea l’identificazione dei discepoli con Gesù accolto dalla gente (Mt 10,40). Tanto nell’uno come nell’altro, i discepoli si identificano con Gesù nel dono totale ed in questo dono si realizza il loro incontro con Dio, e Dio si lascia incontrare da chi lo cerca.
Per un confronto personale
- La mia città ed il mio paese meritano l’avvertenza di Gesù contro Cafarnao, Corazin e Betsaida?
- Come mi identifico con Gesù?
Preghiera finale
Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. Ho detto a Dio: “Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene”. Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:
nelle tue mani è la mia vita. (Sal 15)
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