Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi Luglio-2023
Lectio Divina: sabato, 1 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 8,5-17
In quel tempo, entrato Gesù in Cafarnao, gli venne incontro un centurione che lo scongiurava: “Signore, il mio servo giace in casa paralizzato e soffre terribilmente”. Gesù gli rispose: “Io verrò e lo curerò”. Ma il centurione riprese: “Signore, io non son degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”.
All’udire ciò, Gesù ne fu ammirato e disse a quelli che lo seguivano: “In verità vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande. Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti”. E Gesù disse al centurione: “Va’, e sia fatto secondo la tua fede”. In quell’istante il servo guarì.
Entrato Gesù nella casa di Pietro, vide la suocera di lui che giaceva a letto con la febbre.
Le toccò la mano e la febbre scomparve; poi essa si alzò e si mise a servirlo. Venuta la sera, gli portarono molti indemoniati ed egli scacciò gli spiriti con la sua parola e guarì tutti i malati, perché si adempisse ciò che era stato detto per mezzo del profeta Isaia: “Egli ha preso le nostre infermità e si è addossato le nostre malattie”.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi continua la descrizione delle attività di Gesù per indicare come metteva in pratica la Legge di Dio, proclamata sulla Montagna delle Beatitudini. Dopo la guarigione del lebbroso del vangelo di ieri (Mt 8,1-4), ora segue la descrizione di altre guarigioni.
- Matteo 8,5-7: La richiesta del centurione e la risposta di Gesù. Analizzando i testi del vangelo, è sempre bene fare attenzione ai piccoli dettagli. Il centurione è un pagano, uno straniero. Non chiede nulla, informa soltanto Gesù dicendo che il suo impiegato sta male e che soffre terribilmente. Dietro questo atteggiamento della gente nei confronti di Gesù, c’è la convinzione che non era necessario chiedere le cose a Gesù. Bastava comunicargli il problema. E Gesù avrebbe fatto il resto. Atteggiamento di fiducia illimitata! Infatti, la reazione di Gesù è immediata: “Io verrò e lo curerò!”
- Matteo 8,8: La reazione del centurione. Il centurione non aspettava un gesto così immediato e così generoso. Non si aspetta che Gesù vada fino a casa sua. E partendo dalla sua esperienza di ‘capo’ trae un esempio per esprimere la fede e la fiducia che aveva in Gesù. Gli dice: “Signore, io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto, dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito. Perché anch’io, che sono un subalterno, ho soldati sotto di me e dico a uno: Va’, ed egli va; e a un altro: Vieni, ed egli viene; e al mio servo: Fa’ questo, ed egli lo fa”. Questa reazione di uno straniero dinanzi a Gesù rivela qual era l’opinione della gente nei riguardi di Gesù. Gesù era una persona in cui potevano aver fiducia e che non avrebbe allontanato colui o colei che fosse ricorso/a a lui per rivelargli i suoi problemi. E’ questa l’immagine di Gesù che il vangelo di Matteo comunica fino ad oggi a noi che lo leggiamo nel XXI secolo.
- Matteo 8,10-13: Il commento di Gesù. L’ufficiale rimase ammirato dalla reazione di Gesù e Gesù rimase ammirato dalla reazione dell’ufficiale: “In verità vi dico, in Israele non ho trovato nessuno con una fede così grande.” E Gesù prevedeva già ciò che stava accadendo quando Matteo scrisse il vangelo: “Ora vi dico che molti verranno dall’oriente e dall’occidente e siederanno a mensa con Abramo, Isacco e Giacobbe nel regno dei cieli, mentre i figli del regno saranno cacciati fuori nelle tenebre, ove sarà pianto e stridore di denti” Il messaggio di Gesù, la nuova Legge di Dio proclamata dall’alto della Montagna delle Beatitudini è una risposta ai desideri più profondi del cuore umano. I pagani sinceri ed onesti come il centurione e tanti altri venuti da Oriente o da Occidente, percepiscono in Gesù la risposta alle loro ansie e la accolgono. Il messaggio di Gesù non è, in primo luogo, una dottrina o una morale, né un rito o un insieme di norme, ma un’esperienza profonda di Dio che risponde a ciò che il cuore umano desidera. Se oggi molti si allontanano dalla chiesa o cercano altre religioni, la colpa non è sempre la loro, ma può essere la nostra, perché non sappiamo vivere né irradiare il messaggio di Gesù.
- Matteo 8,14-15: La guarigione della suocera di Pietro. Gesù entra in casa di Pietro e sana sua suocera. Lei era malata. Nella seconda metà del primo secolo, quando Matteo scrive, l’espressione “Casa di Pietro” evocava la Chiesa, costruita sulla roccia che era Pietro. Gesù entra in questa casa e salva la suocera di Pietro: “Le toccò la mano e la febbre scomparve. Poi ella si alzò e si mise a servirlo”. Il verbo usato in greco è diakonew, servire. Una donna diventa diaconessa in Casa di Pietro. Era ciò che stava avvenendo nelle comunità di quel tempo. Nella lettera ai Romani, Paolo menziona la diaconessa Febe della comunità di Cencreia (Rom 16,1). Abbiamo molto da imparare dai primi cristiani.
- Matteo 8,16-17: La realizzazione della profezia di Isaia. Matteo dice che “giunta la notte”, portarono da Gesù molte persone che erano possedute dal demonio. Perché solo di notte? Perché nel vangelo di Marco, da cui Matteo trae la sua informazione, si trattava di un giorno di sabato (Mc 1,21), ed il sabato terminava nel momento in cui spuntava in cielo la prima stella.
Allora la gente poteva uscire dalla casa, caricarsi del peso e portare i malati fino a Gesù. E “Gesù, con la sua parola, scacciava gli spiriti e guariva tutti i malati!” Usando un testo di Isaia, Matteo illumina il significato di questo gesto di Gesù: “Perché si compisse quello che era stato detto. Egli si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori”. In questo modo, Matteo insegna che Gesù era il MessiaServo, annunciato da Isaia (Is 53,4; cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Matteo faceva ciò che fanno oggi le nostre comunità: usa la Bibbia per illuminare ed interpretare gli eventi e scoprire la presenza della parola creatrice di Dio.
4) Per un confronto personale
- Paragona l’immagine che hai di Dio con quella del centurione e della gente, che seguiva Gesù.
- La Buona Novella di Gesù non è, in primo luogo, una dottrina o una morale, né è un rito o un insieme di norme, ma è un’ esperienza profonda di Dio che risponde a ciò che il cuore umano anela. La Buona Novella, come si ripercuote in te, nella tua vita e nel tuo cuore?
5) Preghiera finale
Magnificate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome. Ho cercato il Signore: mi ha risposto e da ogni mia paura mi ha liberato. (Sal 33)
Lectio Divina: domenica, 2 luglio, 2023
Rinunciare a tutto per potere seguire Gesù
“Chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me!”
Matteo 10,37-42
1. Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
2. Lettura
- a) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Matteo 10,37: L’amore verso Gesù deve superare l’amore verso il padre e la madre e verso i figli
Matteo 10,38: La croce forma parte della sequela di Gesù
Matteo 10,39: Saper perdere la vita per poterla possedere
Matteo 10,40-41: Gesù si identifica con il missionario e con il discepolo
Matteo 10,42: Il minor gesto fatto al minore dei minori ottiene ricompensa b) Chiave di lettura:
Nella 13ª domenica del tempo ordinario meditiamo la parte final del Discorso sulla Missione (Mt 10,1-42).
Questo discorso contiene frasi e consigli di Gesù che insegnano a svolgere la missione dell’annuncio della Buona Notizia di Dio. Gesù non inganna, ed indica con chiarezza le difficoltà che la missione comporta.
Durante la lettura conviene fare attenzione a ciò che segue: “Qual’è l’esigenza fondamentale di Gesù per coloro che vanno in missione?”
- c) Testo:
37Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; 38chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. 39Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. 40Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. 41Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. 42E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa».
- Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione:
- Quale è la parte del testo che più mi ha colpito? Perché?
- Quali sono le raccomandazioni che questo testo ha per noi? Quale la sua esigenza fondamentale?
- Gesù dice: “Chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me”. Come capire questa affermazione?
- Cosa ci dice il testo sulla missione che dobbiamo svolgere come discepoli e discepole di Gesù?
5. Per coloro che desiderano approfondire maggiormente il tema
- Contesto in cui appare il nostro testo nel Vangelo di Matteo:
Il Vangelo di Matteo organizza le parole ed i gesti di Gesù attorno a cinque grandi discorsi:
- Matteo da 5 a 7: Il Discorso della Montagna descrive la porta di entrata nel Regno.
- Matteo 10: il Discorso della Missione descrive come i seguaci di Gesù devono annunciare la Buona Notizia del Regno e quali sono le difficoltà che la missione comporta.
- Matteo 13: il Discorso delle Parabole, per mezzo di paragoni tratti dalla vita di ogni giorno, rivela la presenza del Regno nella vita della gente.
- Matteo 18: il Discorso della Comunità descrive come devono vivere i cristiani insieme, in modo che la comunità sia una rivelazione del Regno.
- Matteo 24 e 25: Il Discorso Escatologico descrive la venuta futura del Regno di Dio. Per mezzo di questo ricorso letterario, Matteo imita i cinque libri del Pentateuco, e così ci presenta la Buona Notizia del Regno come la Nuova Legge di Dio.
Nel Discorso della Missione (Mt 10,1-42), l’evangelista riunisce frasi e raccomandazioni di Gesù per illuminare la situazione difficile in cui si trovavano i giudei-cristiani verso la seconda metà del primo secolo. Vuole incoraggiarli a non desistere, malgrado le molte e gravi difficoltà che incontrano nell’annunciare la Buona Notizia ai fratelli della loro stessa razza. E’ proprio in questo periodo, gli anni ’80, che i giudei si stanno riprendendo dal disastro della distruzione di Gerusalemme, avvenuta nell’anno ’70, e cominciano a riorganizzarsi nella regione della Siria e della Galilea. Cresce la tensione tra la “Sinagoga” e la “Ecclesia”. Questa tensione, fonte di molta sofferenza e di persecuzione, fa da sfondo al Discorso della Missione e, quindi, del Vangelo di questa 13ª domenica del tempo ordinario.
- Commento del testo:
- Matteo 10,37: L’amore per Gesù deve superare l’amore per i genitori e per i figli Gesù dice: “Chi ama suo padre e sua madre più di me non è degno di me; chi ama suo figlio e sua figlia più di me non è degno di me”. Questa stessa affermazione è presente nel Vangelo di Luca con molta più forza: “Se qualcuno viene a me e non odia suo padre e sua madre, moglie, figli, fratelli e sorelle e perfino la propria vita non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Sarà che Gesù vuole disintegrare la vita familiare? Non può essere, perché in un’altra circostanza insiste nell’osservanza del quarto comandamento che obbliga di amare il padre e la madre (Mc 7,8-13; 10,17-19). Lui stesso ha obbedito ai genitori (Lc 2,51). Sembrano due affermazioni contraddittorie. Una cosa è certa: Gesù non si contraddice. Presenteremo anche un’interpretazione per indicare che le due affermazioni sono vere, senza escludersi a vicenda.
- Matteo 10,38: La croce forma parte della sequela di Gesù
Gesù dice: “Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me”. Nel Vangelo di Marco Gesù dice: “Chi vuole seguirmi prenda la sua croce e mi segua!” (Mc 8,34) In quel tempo, la croce era la pena di morte che l’Impero romano infliggeva ai banditi ed agli emarginati. Prendere la croce e portarla dietro Gesù era lo stesso che accettare di essere emarginato dal sistema ingiusto dell’Impero. La croce di Gesù è la conseguenza dell’impegno liberamente assunto di rivelare la Buona Notizia che Dio è Padre e che quindi tutte le persone devono essere accettate e trattate da fratelli e sorelle. A causa di questo annuncio rivoluzionario, Gesù è stato perseguitato e non teme di dare la sua vita. Non c’è prova di amore maggiore che dare la vita per il proprio fratello.
- Matteo 10,39: Saper perdere la vita per poter possederla
Questo modo di parlare era assai comune tra i primi cristiani, perché esprimeva ciò che loro stavano vivendo. Per esempio, Paolo per poter essere fedele a Gesù e guadagnarsi la vita, dovette perdere tutto ciò che aveva, una carriera, la stima della sua gente, soffrì persecuzioni.
Lo stesso successe a molti cristiani. I cristiani, per essere tali, erano perseguitati. Paolo dice: “Sono crocifisso con Cristo”. “Voglio sperimentare la sua croce e la sua morte, per poter sperimentare anche la resurrezione.” “Sono crocifisso per il mondo e il mondo è crocifisso per me”. E’ il paradosso del Vangelo: L’ultimo è il primo, chi perde vince, chi tutto dà tutto conserva, chi muore vive. Guadagna la vita chi ha il coraggio di perderla. E’ una logica diversa dalla logica del sistema neoliberale che oggi governa il mondo.
- Matteo 10,40-41: Gesù si identifica con il missionario e con il discepolo
Per il missionario e per il discepolo è molto importante sapere che non rimarrà mai solo. Se è fedele alla sua missione avrà la certezza che Gesù si identifica con lui (o con lei) ed attraverso Gesù il Padre viene rivelato a coloro a cui il missionario ed il discepolo annunciano la Buona Notizia. E così come Gesù rispecchiava in lui il volto del Padre, così il discepolo e la discepola devono o dovrebbero essere specchio dove la gente possa scorgere qualcosa dell’amore di Gesù.
- Matteo 10,42: Il minimo gesto a favore dei piccoli rivela la presenza del Padre
Per cambiare il mondo e la convivenza umana non bastano le decisioni politiche dei grandi, nemmeno le istruzioni dei Concili e dei vescovi. E’ necessario un mutamento nella vita delle persone, nei rapporti interpersonali e comunitari, altrimenti non cambierà nulla. Per questo Gesù dà importanza ai piccoli gesti di condivisione: un bicchiere di acqua data ad un povero!
- c) Approfondimento: Amare il padre e la madre, odiare il padre e la madre!
Una delle cose in cui Gesù insiste di più, con coloro che vogliono seguirlo, è quella di abbandonare il padre, la madre, la moglie, i figli, le sorelle, la casa, la terra, abbandonare tutto per amore a Lui ed al Vangelo. (Lc 18, 29; Mt 19,29; Mc 10,29). Ordina perfino di “odiare il padre, la madre, la moglie, i figli, le sorelle, i fratelli. Altrimenti non si può essere miei discepoli” (Lc 14,28). E queste esigenze non sono solo per alcuni, ma per tutti coloro che vogliono seguirlo (Lc 14,25-26.33). Come capire queste affermazioni che sembrano smantellare tutto e spezzare qualsiasi vincolo di vita familiare? Non è possibile immaginare che Gesù potesse esigere a tutti gli uomini ed a tutte le donne della Galilea di abbandonare le loro famiglie, le loro terre, i loro villaggi per seguirlo. E questo non avvenne, se non con il piccolo gruppo di seguaci. Allora, quale è il significato di queste esigenze?
L’esigenza di abbandonare la famiglia, se collocata all’interno del contesto sociale dell’epoca, rivela un altro significato, ben più fondamentale e più attuale. L’invasione della Palestina nel 64 prima di Cristo con l’imposizione del tributo, una politica pro Roma del governo di Erode (35 al 3 avanti Cristo) e di suo figlio Erode Antipa (3 prima fino a 37 dopo Cristo), portò ad un impoverimento progressivo e ad un disimpegno crescente. Mediante la politica di Erode, appoggiata dall’Impero romano, l’ideologia dell’ellenismo penetra nella convivenza quotidiana aumentando l’individualismo. Tutto questo fa disintegrare la grande famiglia, il clan, la comunità. La piccola famiglia, obbligata dalla necessità, comincia a chiudersi in se stessa e non riesce a mettere in pratica la legge. Inoltre la pratica della purezza rituale portava 8 a disprezzare e ad escludere le persone e le famiglie che vivevano nell’impurezza legale. Il contesto economico, sociale, politico e religioso favoriva quindi la chiusura delle famiglie su di sé ed indeboliva il clan. La preoccupazione per i problemi della propria famiglia impediva alle persone di unirsi in comunità. Impediva al clan di realizzare l’obiettivo per cui era stato creato, offrire cioè una vera e propria protezione alle famiglie ed alle persone, preservare l’identità, difendere la terra, impedire l’esclusione ed accogliere gli esclusi ed i poveri, e così rivelare il volto di Dio. Ora, affinché il Regno potesse manifestarsi, di nuovo, nella convivenza, era necessario rompere questo circolo vizioso. Le persone dovevano superare gli stretti limiti della piccola famiglia per aprirsi alla grande famiglia, per aprirsi alla Comunità. E’ questo il contesto che fa da sfondo alle parole pronunciate da Gesù.
Gesù stesso dà l’esempio. Quando la sua famiglia cercò di appoderarsi di lui, reagisce e dice: “Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli?” E guardandosi attorno dice: “Ecco mia madre, ecco i miei fratelli! Chiunque fa la volontà del padre mio, costui è mia fratello, mia sorella, mia madre” (Mc 3,33-35). Allargò la famiglia. Creò comunità. Le persone che lui attraeva e chiamava erano i poveri, gli esclusi (Lc 4,18; Mt 11,25). Lui chiedeva la stessa cosa a tutti coloro che volevano seguirlo. Gli esclusi e gli emarginati dovevano essere accolti, di nuovo, nella convivenza, e così sentirsi accolti da Dio (cf Lc 14,12-14). Era questo il cammino per raggiungere l’obiettivo della Legge che diceva: “Tra di voi non possono esserci poveri” (Dt 15,4).
Gesù cerca di cambiare il processo di disintegrazione del clan, della comunità. Come i grandi profeti del passato, cerca di consolidare la vita comunitaria nei villaggi della Galilea. Riprende il senso profondo del clan, della famiglia, della comunità, quale espressione dell’incarnazione dell’amore di Dio nell’amore del prossimo. Per questo chiede a chi vuole essere suo discepolo o discepola di abbandonare il padre, la madre, la moglie, il fratello, la sorella, la casa, tutto!
Devono perdere la vita per poterla possedere! Lui se ne fa il garante: “In verità, in verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna” (Mc 10,29-30). Veramente, chi ha il coraggio di rompere il circolo ristretto della sua famiglia, incontrerà di nuovo, nel clan, nella comunità, cento volte tutto quanto ha abbandonato: fratello, sorella, madre, figlio, terra! Gesù fa ciò che la gente aspettava nei tempi messianici: ricondurre il cuore dei genitori verso i figli, e dei figli verso i genitori, ricostruire il clan, rifare il tessuto sociale.
6. Salmo 19,8-15
La legge del Signore è perfetta
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è verace, rende saggio il semplice. Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi.
Il timore del Signore è puro, dura sempre; i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. Anche il tuo servo in essi è istruito, per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo. Anche dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato.
Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore. Signore, mia rupe e mio redentore.
7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Lectio Divina: lunedì, 3 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Esulti la tua Chiesa, o Dio, nostro Padre, nella festa dell’apostolo Tommaso; per la sua intercessione si accresca la nostra fede, perché credendo abbiamo vita nel nome del Cristo, che fu da lui riconosciuto suo Signore e suo Dio. Egli vive e regna con te…
2) Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 20,24-29
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Didimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dissero allora gli altri discepoli: “Abbiamo visto il Signore!”. Ma egli disse loro: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”.
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso.
Venne Gesù, a porte chiuse, si fermò in mezzo a loro e disse: “Pace a voi!” Poi disse a Tommaso: “Metti qua il tuo dito e guarda le mie mani; stendi la tua mano, e mettila nel mio costato; e non essere più incredulo ma credente!” Rispose Tommaso: “Mio Signore e mio Dio!”. Gesù gli disse: “Perché mi hai veduto, hai creduto: beati quelli che pur non avendo visto crederanno!”
3) Riflessione
- Oggi è la festa di San Tommaso e il vangelo ci parla dell’incontro di Gesù risorto con l’apostolo che voleva vedere per credere. Per questo molti lo chiamano Tommaso, l’incredulo. In realtà il messaggio di questo vangelo è ben diverso. E’ molto più profondo ed attuale.
- Giovanni 20,24-25: Il dubbio di Tommaso. Tommaso, uno dei dodici, non era presente quando Gesù apparve ai discepoli la settimana prima. Non credette alla testimonianza degli altri che dicevano: “Abbiamo visto il Signore”. Lui pone condizioni: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il dito nel posto dei chiodi e non metto la mia mano nel suo costato, non crederò”. Tommaso è esigente. Per credere vuol vedere! Non vuole un miracolo per poter credere. No! Vuole vedere i segni nelle mani, nei piedi e nel costato! Non crede in Gesù glorioso, separato dal Gesù umano che soffrì in croce. Quando Giovanni scrive, alla fine del primo secolo, c’erano persone che non accettavano la venuta del Figlio di Dio nella carne (2 Gv 7; 1 Gv 4,2-3). Erano gli gnostici che disprezzavano la materia ed il corpo. Giovanni presenta questa preoccupazione di Tommaso per criticare gli gnostici: “vedere per credere”. Il dubbio di Tommaso lascia anche emergere la difficoltà di credere alla risurrezione!
- Giovanni 20,26-27: Non essere più incredulo, ma credente. Il testo dice “sei giorni dopo”. Ciò significa che Tommaso fu capace di sostenere la sua opinione durante una settimana intera contro la testimonianza degli altri apostoli. Caparbio! Grazie a Dio, per noi! Così, sei giorni dopo, nel corso della riunione della comunità, loro ebbero di nuovo un’esperienza profonda della presenza del risorto in mezzo a loro. Le porte chiuse non poterono impedire la presenza di Gesù in mezzo a coloro che credono in Lui. Anche oggi è così. Quando siamo riuniti, anche quando siamo riuniti con le porte chiuse, Gesù è in mezzo a noi. E fino ad oggi, la prima parola di Gesù è e sarà sempre: “La Pace sia con voi!” Ciò che impressiona è la bontà di Gesù. Non critica, né giudica l’incredulità di Tommaso, ma accetta la sfida e dice: “Tommaso, metti il dito nelle mie mani!”. Gesù conferma la convinzione di Tommaso e delle comunità, cioè, il risorto glorioso è il crocifisso torturato! Il Gesù che sta in comunità, non è un Gesù glorioso
che non ha nulla in comune con la nostra vita. E’ lo stesso Gesù che visse su questa terra e nel suo corpo ha i segni della sua passione. I segni della passione si trovano oggi nelle pene della gente, nella fame, nei segni di tortura, di ingiustizia. E Gesù si rende presente in mezzo a noi nelle persone che reagiscono, che lottano per la vita e non si lasciano abbattere. Tommaso crede in questo Cristo, ed anche noi!
- Giovanni 20,28-29: Beati quelli che pur non avendo visto crederanno. Con lui diciamo: “Signore mio e Dio mio!” Questo dono di Tommaso è l’atteggiamento ideale della fede. E Gesù completa con un messaggio finale: “Hai creduto perché mi hai visto. Beati coloro che senza aver visto, crederanno!” Con questa frase, Gesù dichiara beati tutti noi che ci troviamo nella stessa condizione: senza aver visto, crediamo che il Gesù che è in mezzo a noi, è lo stesso che morì crocifisso!
- Il mandato: “Come il Padre mi ha mandato, anche io vi mando!” Da questo Gesù, crocifisso e risorto, riceviamo la missione, la stessa che lui ha ricevuto dal Padre (Gv 20,21). Qui, nella seconda apparizione, Gesù ripete: “La pace sia con voi!” Questa ripetizione mette l’accento sull’importanza della Pace. Costruire la pace fa parte della missione. Pace, significa molto di più che assenza di guerra. Significa costruire una convivenza umana armoniosa in cui le persone possano essere loro stesse, avendo tutte il necessario per vivere, vivendo insieme felici ed in pace. Fu questa la missione di Gesù ed anche la nostra missione. Gesù soffiò e disse: “Ricevete lo Spirito Santo” (Gv 20,22). E con l’aiuto dello Spirito Santo saremo capaci di svolgere la missione che lui ci ha affidato. Poi Gesù comunica il potere di perdonare i peccati: ”Coloro a cui perdonerete i peccati saranno perdonati ed a coloro che li riterrete, saranno ritenuti!”. Il punto centrale della missione di pace è la riconciliazione, nel tentativo di superare le barriere che ci separano. Questo potere di riconciliare e di perdonare è dato alla comunità (Gv 20,23; Mt 18,18). Nel vangelo di Matteo, è dato anche a Pietro (Mt 16,19). Qui si percepisce che una comunità senza perdono e senza riconciliazione non è una comunità cristiana. In una parola, la nostra missione è quella di ’formare comunità’ secondo l’esempio della comunità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
4) Per un confronto personale
- Nella società di oggi le divergenze e le tensioni di razza, di classe, di religione, di genere e di cultura sono enormi e crescono ogni giorno. Come svolgere oggi la missione di riconciliazione?
- Nella tua comunità e nella tua famiglia c‘è qualche granello di senape, segno di una società riconciliata?
5) Preghiera finale
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria. Forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno. (Sal 116)
Lectio Divina: martedì, 4 luglio, 2023
1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 8,23-27
In quel tempo, essendo Gesù salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.
Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: “Salvaci, Signore, siamo perduti!” Ed egli disse loro: “Perché avete paura, uomini di poca fede?” Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
I presenti furono presi da stupore e dicevano: “Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?”
3) Riflessione
- Matteo scrive per i giudei convertiti degli anni settanta che si sentivano persi come una barca in mezzo al mare in burrasca, senza la speranza di poter raggiungere il porto desiderato. Gesù sembra essersi addormentato nella barca, e per loro sembra che nessun potere divino venga a salvarli dalla persecuzione. Dinanzi a questa situazione di disperazione e di angoscia, Matteo raccoglie diversi episodi della vita di Gesù per aiutare le comunità a scoprire, nel mezzo di una apparente assenza, la presenza accogliente e potente di Gesù vincitore che domina il mare (Mt 8,23-27), che vince e scaccia il potere del male (Mt 9,28-34) e che ha il potere di perdonare i peccati (Mt 9,1-8). Con altre parole, Matteo vuole comunicare la speranza e suggerire che le comunità non hanno motivo di temere. Ecco il motivo della narrazione della tempesta calmata del vangelo di oggi.
- Matteo 8,23: Il punto di partenza: salire su una barca. Matteo segue il vangelo di Marco, ma lo abbrevia e lo inserisce nel nuovo schema da lui adottato. In Marco, la giornata era stata molto pesante a causa del lavoro svolto. Terminato il discorso delle parabole (Mc 4,3-34), i discepoli portarono Gesù in barca ed era talmente stanco che si addormentò su un cuscino (Mc 4,38). Il testo di Matteo è ben più breve. Dice solamente che Gesù entrò nella barca ed i discepoli lo accompagnavano. Gesù è il Maestro, i discepoli seguono il maestro.
- Matteo 8,24-25: La situazione disperata: “Siamo perduti!” Il lago di Galilea è vicino ad alte montagne. A volte, tra le feritoie delle rocce, il vento soffia forte sul lago causando una tempesta repentina. Vento forte, mare agitato, barca piena d’acqua! I discepoli erano pescatori sperimentati. Se loro pensavano che stavano per affondare, vuol dire che la situazione era veramente pericolosa! Però Gesù non se ne rende conto, e continua a dormire. Loro gridano: “Salvaci, Signore, siamo perduti!” In Matteo, il sonno profondo di Gesù non è solo segno di stanchezza. E’ anche espressione di fiducia tranquilla di Gesù in Dio. Il contrasto tra l’atteggiamento di Gesù e dei discepoli è enorme!
- Matteo 8,26: La reazione di Gesù: “Perché avete paura?” Gesù si sveglia, non per le onde, ma per il grido disperato dei discepoli. E si rivolge a loro dicendo: “Perché avete
paura? Uomini di poca fede!” poi si alza, sgrida i venti ed il mare, e la calma ritorna ovunque. Si ha l’impressione che non c’era bisogno di calmare il mare, perché non si correva nessun pericolo. E’ come quando si arriva a casa di un amico, ed il cane, accanto al padrone, abbaia molto. Ma non si deve avere paura, perché il padrone è lì presente e controlla la situazione. L’episodio della tempesta calmata evoca l’esodo, quando la gente, senza paura, passava tra le acque del mare (Es 14,22). Gesù ricrea l’esodo. Evoca il profeta Isaia che diceva alla gente: “Se dovrai attraversare le acque,
sarò con te!” (Is 43,2). L’episodio della tempesta calmata evoca e realizza la profezia
annunciata nel Salmo 107:
Coloro che solcavano il mare sulle navi, e commerciavano sulle grandi acque videro le opere del Signore, e i suoi prodigi nel mare profondo.
Egli parlò e fece levare un vento burrascoso che sollevò i suoi flutti.
Salivano fino al cielo, scendevano negli abissi; la loro anima languiva nell’affanno.
Ondeggiavano e barcollavano come ubriachi, tutta la loro perizia era svanita. Nell’angoscia gridarono al Signore, ed egli li liberò dalle loro angustie. Ridusse la tempesta alla calma, tacquero i flutti del mare.
Si rallegrarono nel vedere la bonaccia ed egli li condusse al porto sospirato.
(Sal 107,23-30)
- Matteo 8,27: Lo spavento dei discepoli: “Chi è costui?” Gesù chiese: “Perché temete?” I discepoli non sanno cosa rispondere. Stupiti, si chiedono: “Chi è costui al quale il mare ed i venti obbediscono?” Malgrado la lunga convivenza con Gesù, non sanno ancora chi sia. Gesù sembra per loro un estraneo! Chi è quest’uomo?
- Chi è quest’uomo? Chi è Gesù per noi, per me? Questa deve essere la domanda che ci spinge a continuare la lettura del Vangelo, tutti i giorni, con il desiderio di conoscere sempre meglio il significato e l’importanza della persona di Gesù per la nostra vita. Da questa domanda nasce la cristologia. Non nasce da elevate considerazioni teologiche, ma dal desiderio dei primi cristiani di incontrare sempre nuovi nomi e titoli per esprimere ciò che Gesù significava per loro. Sono decine di nomi, titoli ed attributi, da quello di falegname a figlio di Dio, che Gesù esprime: Messia, Cristo, Signore, Figlio amato, Santo di Dio, Nazareno, Figlio dell’Uomo, Sposo, Figlio di Dio, Figlio del Dio altissimo, Falegname, Figlio di Maria, Profeta, Maestro, Figlio di Davide, Rabbonì, Benedetto colui che viene nel nome del Signore, Figlio,
Pastore, Pane di Vita, Risurrezione, Luce del mondo, Cammino, Verità, Vita, Re dei Giudei, Re di Israele, etc., etc. Ogni nome, ogni immagine, è un tentativo di esprimere ciò che Gesù significava per loro. Ma un nome, per bello che sia, non arriva mai a rivelare il mistero di una persona, e molto meno della persona di Gesù. Gesù non entra in nessuno di questi nomi, in nessun schema, in nessun titolo. Lui supera tutto, è il più grande! Non può essere inquadrato.
L’amore coglie tutto questo, il cervello no! Partendo da questa esperienza di amore vivo i nomi, i titoli e le immagini ricevono il loro pieno significato. In definitiva, chi è Gesù per me, per noi?
4) Per un confronto personale
- Qual era il mare agitato al tempo di Gesù? Qual era il mare agitato all’epoca in cui Matteo scrive il vangelo? Qual è oggi il mare agitato per noi? Sei stato/a qualche volta a punto di affogarti nelle acque agitate del mare della vita? Cosa ti ha salvato?
- Chi è Gesù per me? Qual è il nome di Gesù che esprime meglio la mia fede e il mio amore?
5) Preghiera finale
Una generazione narra all’altra le tue opere Signore, annunzia le tue meraviglie.
Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. (Sal 144)
Lectio Divina: mercoledì, 5 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 8,28-34
In quel tempo, essendo Gesù giunto all’altra riva del mare di Tiberiade, nel paese dei Gadareni, due indemoniati, uscendo dai sepolcri, gli vennero incontro; erano tanto furiosi che nessuno poteva più passare per quella strada. Cominciarono a gridare: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?”.
A qualche distanza da loro c’era una numerosa mandria di porci a pascolare; e i demoni presero a scongiurarlo dicendo: “Se ci scacci, mandaci in quella mandria”.
Egli disse loro: “Andate!”. Ed essi, usciti dai corpi degli uomini, entrarono in quelli dei porci: ed ecco tutta la mandria si precipitò dal dirupo nel mare e perì nei flutti. I mandriani allora fuggirono ed entrati in città raccontarono ogni cosa e il fatto degli indemoniati. Tutta la città allora uscì incontro a Gesù e, vistolo, lo pregarono che si allontanasse dal loro territorio.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi mette l’accento sulla potenza di Gesù sul demonio. Nel nostro testo, il demonio o la forza del male è associato a tre cose: a) Al cimitero, luogo dei morti. Alla morte che uccide la vita! b) Al porco, che era considerato un animale impuro. L’impurità che separa da Dio! c) Con il mare, che era considerato come il simbolo del caos prima della creazione. Il caos che distrugge la natura. Il vangelo di Marco, da dove Matteo prende la sua informazione, associa la forza del male ad un quarto elemento che è la parola Legione, (Mc 5,9), nome degli eserciti dell’impero romano. L’impero che opprimeva e sfruttava la gente. Si comprende così che la vittoria di Gesù sul demonio aveva un’importanza enorme per la vita delle comunità degli anni settanta, epoca in cui Matteo scrive il suo vangelo. Le comunità vivevano oppresse
ed emarginate, a causa dell’ideologia ufficiale dell’impero romano e del fariseismo che si rinnovava. Lo stesso significato e la stessa portata continuano ad essere validi oggi.
- Matteo 8,28: La forza del male opprime, maltratta e aliena le persone. Questo verso iniziale descrive la situazione della gente prima della venuta di Gesù. Nel descrivere il comportamento dei due indemoniati, l’evangelista associa la forza del male al cimitero ed alla morte. E’ un potere mortale, senza meta, senza direzione, senza controllo e distruttore, che mette paura a tutti. Priva la persona della propria coscienza, di autocontrollo e di autonomia. • Matteo 8,29: Dinanzi alla semplice
presenza di Gesù la forza del male si frantuma e si disintegra. Qui si descrive il primo contatto tra Gesù e i due posseduti. Ecco la sproporzione totale. Il potere, che prima sembrava così forte, si fonde, si disintegra dinanzi a Gesù. Loro gridano: “Che cosa abbiamo noi in comune con te, Figlio di Dio? Sei venuto qui prima del tempo a tormentarci?” Si rendono conto che stanno perdendo il potere.
- Matteo 8,30-32: Il potere del male è impuro e non ha autonomia, né consistenza. Il demonio non ha potere sui suoi movimenti. Ottiene solo di entrare nei porci con il permesso di Gesù! Una volta che ne è dentro, i porci si precipitano nel mare. Secondo l’opinione della gente, il porco era simbolo di impurità che impediva all’essere umano di relazionarsi con Dio e di sentirsi accolto da Lui. Il mare era il simbolo del caos esistente prima della creazione e che, secondo la credenza dell’epoca, continuava a minacciare la vita. Questo episodio dei porci che si precipitavano nel mare è strano e difficile da capire. Ma il messaggio è molto chiaro: dinanzi a Gesù, il potere del male non ha autonomia, non ha consistenza. Chi crede in Gesù ha già vinto il potere del male e non deve aver paura!
- Matteo 8,33-34: La reazione della gente del posto. Avvisata dai guardiani dei porci, la gente del posto va incontro a Gesù. Marco dice che videro “l’indemoniato seduto, vestito ed in perfetto giudizio” (Mc 5,15). Ma rimasero senza i porci! Per questo chiedono a Gesù di allontanarsi. Per loro i porci erano più importante della persona che era rientrata in sé.
- L’espulsione dei demoni. Al tempo di Gesù, le parole demonio o satana, si usavano per indicare il potere del male che allontanava le persone dal buon cammino. Per esempio, quando Pietro cercò di deviare Gesù, fu Satana per Gesù (Mc 8,33). Altre volte, quelle stesse parole vennero usate per indicare il potere politico dell’impero romano che opprimeva e sfruttava la gente. Per esempio, nell’Apocalisse, l’impero romano è identificato con “Diavolo o Satana” (Ap 12,9). Mentre altre volte, la gente usava le stesse parole per indicare i mali e le malattie. Si parlava di demonio, spirito muto, spirito sordo, spirito impuro, etc. Si aveva molta paura! Al tempo di Matteo, seconda metà del primo secolo, aumentava la paura dei demoni. Alcune religioni, venute dall’Oriente divulgavano un culto verso gli spiriti.
- Insegnavano che alcuni nostri gesti errati potevano irritare gli spiriti, e costoro, per vendicarsi, potevano impedire il nostro accesso a Dio e privarci dei benefici divini. Per questo, mediante riti e scritti, preghiere intense e cerimonie complicate, la gente cercava di calmare questi spiriti o demoni, in modo che non recassero danno alla vita. Queste religioni, invece di liberare la gente, alimentavano il timore e l’angoscia. Ora, uno degli obiettivi della Buona Notizia di Gesù era aiutare la gente a liberarsi da questo timore. La venuta del Regno di Dio significò la venuta di un potere più forte. Gesù è “l’uomo più forte” che giunge per conquistare Satana, il potere del male, strappargli dalle mani l’umanità prigioniera del timore (cf. Mc 3,27). Per questo, i vangeli insistono molto sulla vittoria di Gesù, sul potere del male, sul demonio, su Satana, sul peccato e sulla morte. Era per incoraggiare le comunità a vincere questa paura del demonio! Ed oggi, chi di noi può dire: “Io sono totalmente libero/a”?
Nessuno! E allora, se non sono totalmente libero/a c’è qualche parte in me che è posseduta da altri poteri. Come scacciare queste forze? Il messaggio del vangelo di oggi continua ad essere valido per noi.
4) Per un confronto personale
- Oggi cosa opprime e maltratta la gente? Perché oggi in certi luoghi si parla tanto di scacciare demoni? E’ bene insistere tanto sul demonio? Cosa ne pensi?
- Chi di noi può dire che è totalmente libero o liberato? Nessuno! E allora, siamo un po’ tutti posseduti da altre forze che occupano qualche spazio dentro di noi. Come fare per espellere questo potere da dentro di noi e dalla società?
5) Preghiera finale
Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. (Sal 144)
Lectio Divina: giovedì, 6 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 9,1-8
In quel tempo, salito su una barca, Gesù passò all’altra riva del lago e giunse nella sua città. Ed ecco, gli portarono un paralitico steso su un letto.
Gesù, vista la loro fede, disse al paralitico: “Coraggio, figliolo, ti sono rimessi i tuoi peccati”.
Allora alcuni scribi cominciarono a pensare: “Costui bestemmia”. Ma Gesù, conoscendo i loro pensieri, disse: “Perché mai pensate cose malvagie nel vostro cuore? Che cosa dunque è più facile, dire: Ti sono rimessi i peccati, o dire: Alzati e cammina? Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere in terra di rimettere i peccati: alzati, disse allora al paralitico, prendi il tuo letto e va’ a casa tua”.
Ed egli si alzò e andò a casa sua. A quella vista, la folla fu presa da timore e rese gloria a Dio che aveva dato un tale potere agli uomini.
3) Riflessione
- L’autorità straordinaria di Gesù. Al lettore Gesù appare come una persona investita di un’autorità straordinaria, mediata dalla parola e dal gesto (Mt 9,6.8). La parola autorevole di Gesù colpisce il male alla radice: nel caso del paralitico sul peccato che intacca l’uomo nella sua libertà e lo blocca nelle sue forze vive: «Sono rimessi i tuoi peccati» (v.5); «Alzati prendi il tuo lettuccio e và a casa tua» (v.6). Davvero tutte le forme di paralisi del cuore e della mente cui siamo soggetti vengono annullate dall’autorità di Gesù (9,6), perché si è scontrato con esse durante la sua vita terrena. La parola autorevole ed efficace di Gesù risveglia l’umanità paralizzata (9,5-7) e le fa dono di camminare (9,6) in una fede rinnovata.
- L’incontro con il paralitico. Dopo la tempesta e una visita nel paese dei Gadareni, Gesù fa ritorno a Cafarnao, la sua città. E mentre vi fa ritorno avviene l’incontro con il paralitico. La guarigione non avviene in una casa, ma lungo la via. Dunque lungo la via che conduce a Cafarnao gli portano un paralitico. Gesù si rivolge a lui chiamandolo «figliolo», un gesto di attenzione che presto si traduce in gesto salvifico: «sono rimessi i tuoi peccato» (v.2). Il perdono dei peccati che Gesù pronuncia da parte di Dio sul paralitico accenna al legame tra malattia, colpa e peccato. È la prima volta che l’evangelista in modo esplicito ascrive a Gesù questo particolare potere divino. Per i Giudei l’infermità di un uomo era considerata un castigo per eventuali peccati commessi; il male fisico, la malattia era ritenuta sempre una conseguenza di un male morale proprio o dovuto ai genitori (Gv 9,2). Gesù restituisce all’uomo la condizione di salvezza liberandolo sia dalla malattia sia dal peccato.
- Per alcuni dei presenti, gli scribi, le parole di Gesù che annunciano il perdono dei peccati è una vera e propria bestemmia. Per loro Gesù è un arrogante perché solo Dio può perdonare. Tale giudizio su Gesù non lo manifestano apertamente ma lo esprimono mormorando tra di loro. Gesù che scruta nei loro cuori vede le loro considerazioni e li rimprovera per la loro incredulità. L’espressione di Gesù «affinché conosciate che il Figlio dell’uomo ha il potere di rimettere i peccati…» (v.6) sta a indicare che non solo Dio può perdonare, ma con Gesù, anche un uomo (Gnilka).
- La folla, a differenza degli scribi, è presa dinanzi alla guarigione del paralitico dallo spavento e glorifica Dio. La folla è colpita dal potere di perdonare i peccati manifestatosi nella guarigione. La gente esulta perché Dio ha concesso un tale potere al Figlio dell’uomo. È possibile ascrivere questo alla comunità ecclesiale dove era concesso il perdono dei peccati su mandato di Gesù? Matteo ha riportato questo episodio sul perdono dei peccati con l’intenzione di applicarlo ai rapporti fraterni all’interno della comunità ecclesiale. In essa vigeva, già, la prassi di perdonare i peccati su delega di Gesù; una prassi non condivisa dalla sinagoga. Il tema del perdono dei peccati ritorna ancora in Mt 18 e alla fine del vangelo viene affermato che esso è radicato nella morte di Gesù in croce (26,28). Ma nel nostro contesto il perdono dei peccati è collegato con l’esigenza della misericordia presente nell’episodio che segue, la vocazione di Matteo: «…misericordia cerco e non sacrificio. Non sono venuto infatti a chiamare i giusti, ma i peccatori» (Mt 9,13). Tali parole di Gesù intendono dire che lui ha reso visibile il perdono di Dio; anzitutto, nei rapporti con i pubblicani e i peccatori, nel sedersi a mensa con loro.
- Questo racconto che riprende il problema del peccato e richiama il legame con la miseria dell’uomo è una prassi da praticare nel perdono che deve essere donato, ma è una storia che deve occupare uno spazio privilegiato nella predicazione delle nostre comunità ecclesiali.
4) Per un confronto personale
- Sei convinto che Gesù, chiamato amico dei peccatori, non disprezza le tue debolezze e le tue resistenze, ma se ne fa carico, offrendoti l’aiuto necessario per vivere una vita in armonia con Dio e con i fratelli?
- Quando fai l’esperienza di tradire o rifiutare l’amicizia con Dio ricorri al sacramento della riconciliazione che ti riconcilia con il Padre e con la chiesa e fa di te una creatura nuova nella forza dello Spirito Santo?
5) Preghiera finale
Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi. (Sal 18)
Lectio Divina: venerdì, 7 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 9,9-13
In quel tempo, Gesù passando, vide un uomo, seduto al banco delle imposte, chiamato Matteo, e gli disse: “Seguimi”. Ed egli si alzò e lo seguì.
Mentre Gesù sedeva a mensa in casa, sopraggiunsero molti pubblicani e peccatori e si misero a tavola con lui e con i discepoli.
Vedendo ciò, i farisei dicevano ai suoi discepoli: “Perché il vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?”.
Gesù li udì e disse: “Non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati. Andate dunque e imparate che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio. Infatti non sono venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
3) Riflessione
- Il Discorso della Montagna occupa i capitoli 5,6 e 7 del vangelo di Matteo. La parte narrativa dei capitoli 8 e 9 ha lo scopo di mostrarci come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nel Discorso della Montagna, lui insegna l’accoglienza (Mt 5,23-25.38-42.43). Ora lui stesso la mette in pratica accogliendo i lebbrosi (Mt 8,14), gli stranieri (Mt 8,5-13), le donne (Mt 8,14-15), i malati (Mt 8,16-17), gli indemoniati
(Mt 8,28-34), i paralitici (Mt 9,1-8), i pubblicani (Mt 9,9-13), le persone impure (Mt 9,2022), etc. Gesù rompe con le norme ed i costumi che escludevano e dividevano le persone, cioè con la paura e la mancanza di fede (Mt 8,23-27) e le leggi della purezza (9,14-17), e dice chiaramente quali sono le esigenze di coloro che vogliono seguirlo. Devono avere il coraggio di abbandonare molte cose (Mt 8,18-22). Così, negli atteggiamenti e nella prassi di Gesù vediamo in cosa consiste il Regno e l’osservanza perfetta della Legge di Dio.
- Matteo 9,9: La chiamata a seguire Gesù. Le prime persone chiamate a seguire Gesù sono quattro pescatori, tutti giudei (Mt 4,18-22). Ora, Gesù chiama un pubblicano, considerato peccatore e trattato come un essere impuro dalle comunità più osservanti dei farisei. Negli altri vangeli, questo pubblicano si chiama Levi. Qui, il suo nome è Matteo, che significa dono di Dio o dato da Dio. Le comunità, invece di escludere il pubblicano e considerarlo impuro, devono considerarlo un Dono di Dio per la comunità, poiché la sua presenza fa sì che la comunità diventi un segno di salvezza per tutti! Come i primi quattro chiamati, così pure il pubblicano Matteo lascia tutto ciò che ha e segue Gesù. Seguire Gesù comporta l’obbligo di rompere con molte cose. Matteo lascia il banco delle tasse, la sua fonte di reddito, e segue Gesù!
- Matteo 9,10: Gesù si siede a tavola con peccatori e pubblicani. In quel tempo i giudei vivevano separati dai pagani e dai peccatori e non mangiavano con loro allo stesso tavolo. I giudei cristiani dovevano rompere questo isolamento e mettersi a tavola con i pagani e con gli impuri, secondo l’insegnamento dato da Gesù nel Discorso sulla Montagna, espressione dell’amore universale di Dio Padre. (Mt 5,44-48). La missione delle comunità era quella di offrire uno spazio a coloro che non lo avevano. Ma questa nuova legge non era accettata da tutti. In alcune comunità le persone venute dal paganesimo, pur essendo cristiane, non erano accettate attorno allo stesso tavolo (cf. At 10,28; 11,3; Gal 2,12). Il testo del vangelo di oggi ci mostra Gesù che si mette a tavola con pubblicani e peccatori nella stessa casa, attorno allo stesso tavolo.
- Matteo 9,11: La domanda dei farisei. Ai giudei era proibito sedersi a tavola con i pubblicani e con i peccatori, ma Gesù non segue questa proibizione. Anzi, fa amicizia con loro. I farisei, vedendo l’atteggiamento di Gesù, chiedono ai discepoli: “Perché il
vostro maestro mangia insieme ai pubblicani e ai peccatori?” Questa domanda può essere interpretata come un’espressione del loro desiderio di sapere perché Gesù agisce così. Altri interpretano la domanda come una critica al comportamento di Gesù, perché per oltre cinquecento anni, dal tempo della schiavitù in Babilonia fino all’epoca di Gesù, i giudei avevano osservato le leggi della purezza. Questa osservanza secolare diventa un forte segno di identità. Allo stesso tempo era fattore della loro separazione in mezzo agli altri popoli. Così, a causa delle leggi sulla purezza, non potevano né riuscivano a sedersi attorno allo stesso tavolo per mangiare con i pagani. Mangiare con i pagani voleva dire contaminarsi, diventare impuri. I precetti della purezza legale erano rigorosamente osservati, sia in Palestina che nelle comunità giudaiche della Diaspora. All’epoca di Gesù, c’erano più di cinquecento precetti per conservare la purezza. Negli anni 70, epoca in cui scrive Matteo, questo conflitto era molto attuale.
- Matteo 9,12-13: Misericordia voglio e non sacrifici. Gesù ascolta la domanda dei farisei ai discepoli e risponde con due chiarimenti. Il primo è tratto dal buon senso: “Non
sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati”. L’altro è tratto dalla Bibbia: “Imparate, quindi, cosa significa: Misericordia voglio, e non sacrifici”. Per mezzo di questi chiarimenti, Gesù esplicita e chiarisce la sua missione tra la gente: “Non sono
venuto a chiamare i giusti, ma i peccatori”.
- Gesù nega la critica dei farisei, non accetta i loro argomenti, poiché nascevano da una falsa idea della Legge di Dio. Lui stesso invoca la Bibbia: “Misericordia voglio e
non sacrifici!” Per Gesù, la misericordia è più importante della purezza legale. Lui fa riferimento alla tradizione profetica per dire che la misericordia vale per Dio molto di più che tutti i sacrifici (Os 6,6; Is 1,10-17). Dio ha viscere di misericordia, che si commuovono dinanzi alle mancanze del suo popolo (Os 11,8-9).
4) Per un confronto personale
- Oggi, nella nostra società, chi è emarginato ed escluso? Perché? Nella nostra comunità, abbiamo preconcetti? Quali? Qual è la sfida che le parole di Gesù presentano alla nostra comunità?
- Gesù chiede alla gente di leggere e di capire l’Antico Testamento che dice: “Misericordia voglio e non sacrificio”. Cosa vuol dirci Gesù con questo oggi?
5) Preghiera finale
Beato chi è fedele ai tuoi insegnamenti e ti cerca, Signore, con tutto il cuore.
Con tutto il cuore ti cerco: non farmi deviare dai tuoi precetti. (Sal 118)
Lectio Divina: sabato, 8 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa’ che non ricadiamo nelle tenebre dell’errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 9,14-17
In quel tempo, si accostarono a Gesù i discepoli di Giovanni e gli dissero: “Perché, mentre noi e i farisei digiuniamo, i tuoi discepoli non digiunano?” E Gesù disse loro:
“Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con loro?
Verranno però i giorni quando lo sposo sarà loro tolto e allora digiuneranno. Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio, perché il rattoppo squarcia il vestito e si fa uno strappo peggiore. Né si mette vino nuovo in otri vecchi, altrimenti si rompono gli otri e il vino si versa e gli otri van perduti. Ma si mette vino nuovo in otri nuovi, e così l’uno e gli altri si conservano”.
3) Riflessione
- Matteo 9,14: La domanda dei discepoli di Giovanni circa la pratica del digiuno. Il digiuno è un’usanza assai antica, praticata da quasi tutte le religioni. Gesù stesso la praticò per quaranta giorni (Mt 4,2). Ma non insiste con i discepoli affinché facciano la stessa cosa. Li lascia liberi. Per questo, i discepoli di Giovanni Battista e dei farisei, che erano obbligati a digiunare, vogliono sapere perché Gesù non insiste nel digiuno “Noi e i farisei digiuniamo. Perché i tuoi discepoli non digiunano?”
- Matteo 9,15: La risposta di Gesù. Gesù risponde con un paragone sotto forma di domanda: “Possono forse gli invitati a nozze essere in lutto mentre lo sposo è con
loro?” Gesù associa il digiuno al lutto, e lui si considera lo sposo. Quando lo sposo si trova con i suoi amici, cioè durante la festa delle nozze, loro non hanno bisogno di digiunare. Quando Gesù è con loro, con i discepoli, è festa, la festa della nozze. Non devono quindi digiunare. Ma un giorno lo sposo andrà via. Sarà un giorno di lutto. Allora sì che, se vogliono, potranno digiunare. Gesù allude alla sua morte. Sa che, e sente che, se continua per questo cammino di libertà, le autorità lo vorranno uccidere.
- Matteo 9,16-17: Vino nuovo in otri nuovi! In questi due versi, il vangelo di Matteo riporta due frasi separate di Gesù sul rammendo nuovo su una tela vecchia e sul vino nuovo in otre nuovo. Queste parole gettano luce sulle discussioni ed i conflitti di Gesù con le autorità religiose dell’epoca. Non si pone un rammendo di tela nuova su una tela vecchia. Perché nel lavarla, il rammendo nuovo tira ancora di più il vestito vecchio, e lo strappo è maggiore. Nessuno mette vino nuovo in otri vecchi, perché il vino nuovo a causa della fermentazione, rompe l’otre vecchio. Vino nuovo in otre nuovo! La religione difesa dalle autorità religiose era come una vecchia tela, come un otre vecchio. Sia i discepoli di Giovanni che i farisei, cercavano di rinnovare la religione. In realtà, facevano soltanto rattoppi e, per questo, correvano il pericolo di compromettere e danneggiare sia la novità che le vecchie usanze. Non bisogna voler combinare la novità che Gesù ci porta con le vecchie usanze. O l’uno, o l’altro! Il vino nuovo che Gesù ci porta fa scoppiare l’otre vecchio. Bisogna saper separare le cose. Assai probabilmente, Matteo presenta queste parole di Gesù per orientare le comunità degli anni 80.
- C’era un gruppo di giudei-cristiani che volevano ridurre la novità di Gesù al giudaismo di prima della venuta di Gesù. Gesù non è contro ciò che è “vecchio”. Non vuole che ciò che è vecchio si imponga a ciò che è nuovo e, impedisca di manifestarsi. Non si può rileggere il Vaticano II con la mentalità preconciliare, come alcuni cercano di fare oggi.
4) Per un confronto personale
- Quali sono i conflitti attorno alle pratiche religiose che oggi fanno soffrire tante persone e sono motivo di accesa discussione e polemica? Qual è l’immagine di Dio che sta dietro tutti questi preconcetti, queste norme e queste proibizioni?
- Come capire la frase di Gesù: “Nessuno mette un pezzo di stoffa grezza su un vestito vecchio?” Qual è il messaggio che emerge da tutto questo per la tua comunità di
oggi?
5) Preghiera finale
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore. (Sal 84)
Lectio Divina: domenica, 9 luglio, 2023
La Buona Notizia del Regno di Dio rivelata ai piccoli
Lo specchio del Vangelo ci fa capire quello che avviene oggi
Matteo 11,25-30
1. Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché Egli ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale Tu leggesti ai discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, sopratutto nei poveri e nei sofferenti. La tua parola ci orienti affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo lo chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre ed inviato lo Spirito. Amen.
2. Lettura
- Una chiave di lettura:
Quando Gesù si rese conto che i piccoli capivano la buona novella del Regno, si rallegrò intensamente. Spontaneamente si rivolse al Padre con una preghiera di ringraziamento e fece un invito generoso a tutti i sofferenti, oppressi dal peso della vita. Il testo rivela la tenerezza di Gesù nell’accogliere i piccoli e la sua bontà nell’offrirsi ai poveri come fonte di riposo e di pace.
- Una divisione del testo per aiutare nella lettura:
Mt 11,25-26: Preghiera di ringraziamento al Padre
Mt 11,27: Gesù si presenta come via che porta al Padre Mt 11,28-30: Invito a tutti i sofferenti e gli oppressi. c) Il testo:
25-26: In quel tempo Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. 27: Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. 28-30: Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
- Un momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.
- Qual è il punto del testo che ha richiamato maggiormente la mia attenzione e che più mi piace?
- Nella prima parte (25-27), Gesù si rivolge al Padre. Quale immagine del Padre Gesù rivela nella sua preghiera? Quali i motivi che lo spingono a dar lode al Padre? E io, quale immagine ho di Dio? Come e quando lodo il Padre?
- A si chi rivolge Gesù nella seconda parte (28-30)? Quale era il giogo che maggiormente pesava sul popolo di allora? E oggi, quale è il giogo che più affatica? d) Quale è il giogo che mi da ristoro?
- Come le parole di Gesù possono aiutare la nostra comunità ad essere un luogo di riposo per le nostre vite?
- Gesù si presenta come rivelatore e come via al Padre. Chi è Gesù per me?
5. Una chiave di lettura
per chi vuole approfondire maggiormente il contenuto.
- Il contesto letterario delle parole di Gesù: capitoli 10-12 del Vangelo di Matteo.
- Nel Vangelo di Matteo, il discorso della Missione occupa tutto il capitolo 10. Nella parte narrativa, che segue dopo i capitoli 11 e 12, dove si descrive come Gesù realizza la Missione, appaiono incomprensioni e resistenze che Gesù deve affrontare. Giovanni Battista, che guardava Gesù con uno sguardo del passato, non lo comprende (Mt 11, 1-15). Il popolo, che guardava Gesù a scopo di interesse, non è capace di capirlo (Mt 11,16-19). Le grandi città attorno al lago, che avevano udito la predicazione e avevano visto i miracoli, non vogliono aprirsi al suo messaggio ( Mt 11, 20-24). Gli scribi e i dottori, che giudicavano tutto a partire dalla loro scienza, non sono capaci di capire la predicazione di Gesù (Mt 11,25). Neppure i parenti lo capiscono (Mt 12,46-50). Solo i piccoli capiscono e accettano la buona novella del Regno. (Mt 11,25-30). Gli altri vogliono sacrifici, ma Gesù vuole misericordia (Mt 1″, 8). La resistenza contro Gesù porta i farisei a cercare di ucciderlo (Mt 12, 9-14). Essi lo chiamano Beelzebul (Mt 12,22-32). Ma Gesù non torna indietro: egli continua ad assumere la missione del Servo, descritto dal profeta Isaia (Is 42, 1-4) e citato per intero da Matteo (Mt 12, 15-21).
- Così, questo contesto dei capitoli 10-12 suggerisce che l’accettazione della buona novella da parte dei piccoli è la realizzazione della profezia di Isaia. Gesù è il Messia atteso, ma è diverso da quello che la maggioranza immaginava. Non è il Messia glorioso nazionalista, neppure un giudice severo, né un Messia re potente. Ma è il Messia umile e servo che “non spezza una canna incrinata, né spegnerà il lucignolo fumigante” (Mt 12,20). Egli proseguirà, lottando, fino a quando la giustizia e il diritto non prevarranno nel mondo (Mt 12,18.20-21). L’accoglienza del Regno da parte dei piccoli è la luce che brilla (Mt 5, 14), è il sale che dà sapore (Mt 5, 13), è il granello di senape che (una volta divenuto albero grande) permetterà agli uccelli del cielo di annidarsi fra i suoi rami (Mt 13, 31-32).
- Breve commento alle parole di Gesù:
- Matteo 11,25-26: Solo i piccoli possono capire e accettare la buona novella del Regno.Di fronte all’accoglienza del messaggio del Regno da parte dei piccoli, Gesù ha una grande gioia e, spontaneamente, trasforma la sua gioia in una preghiera di giubilo e di ringraziamento al Padre: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenute nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, Padre, perché così è piaciuto a te”. I sapienti, i dottori di quel tempo, avevano creato una serie di leggi attorno alla purezza legale, che poi imponevano al popolo in nome di Dio (Mt 15, 1-9). Essi pensavano che Dio esigesse tutte quelle osservanze, perché il popolo potesse avere pace. Ma la legge dell’amore, rivelata da Gesù, affermava il contrario. Di fatto, quello che conta, non è ciò che facciamo per Dio, ma piuttosto quello che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! I piccoli ascoltavano questa buona novella e si rallegravano. I sapienti e i dottori non riuscivano a capire un tale insegnamento. Oggi, come in quel tempo, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri e ai piccoli. I sapienti e gli intelligenti farebbero bene a diventare alunni di questi piccoli.
Gesù pregava molto! Pregava con i discepoli, pregava con il popolo, pregava da solo. Passava notti intere in preghiera. Giunse a riassumere tutto il suo messaggio in una preghiera di sette domande, che è il Padre Nostro. A volte, come in questo caso, i vangeli ci informano sul contenuto della preghiera di Gesù (Mt 11,25-26; 26,39; Gv 11,4142; 17,1-26). Altre volte, ci fanno sapere che Gesù pregava i Salmi (Mt 26, 30; 27,46). Nella maggioranza dei casi, però, dicono semplicemente che Gesù pregava. Oggi ovunque si stanno moltiplicando i gruppi di orazione.
Nel vangelo di Matteo, il termine piccoli (elachistoi, mikroi, nepioi) a volte indica i bambini, altre volte indica i settori esclusi della società. Non è facile distinguere. A volte ciò che è detto piccolo in un vangelo, è chiamato bambino in un altro. Inoltre non sempre è facile distinguere fra quello che appartiene all’epoca di Gesù e quello che è invece del tempo delle comunità per le quali sono stati scritti i vangeli. Ma anche così, ciò che risulta chiaro è il contesto di esclusione che vigeva in quell’epoca e l’immagine di persona accogliente verso i piccoli che le comunità primitive si facevano di Gesù.
- Matteo 11,27: L’origine della nuova Legge: il Figlio conosce il Padre Gesù, essendo il Figlio, conosce il Padre e sa quello che il Padre voleva quando, in passato, aveva chiamato Abramo e Sara per formare un popolo o quando consegnò la Legge a Mosè per stringere l’alleanza. L’esperienza di Dio come Padre aiutava Gesù a intendere in maniera nuova le cose che Dio aveva detto in passato. Lo aiutava a riconoscere errori e limiti, dentro i quali la buona novella di Dio era stata imprigionata dall’ideologia dominante. L’intimità con il Padre gli offriva un criterio nuovo che lo collocava a diretto contatto con l’autore della Bibbia. Gesù non andava dalla lettera alla radice, ma dalla radice alla lettera. Egli cercava il senso nella fonte. Per capire il senso di una lettera, è importante studiare le parole che contiene. Ma l’amicizia con l’autore della lettera può aiutare a scoprire una dimensione più profonda in quelle parole, che il solo studio non è capace di rivelare.
- Matteo 11,28-30 Gesù invita tutti coloro che sono stanchi e promette loro riposo. Il popolo di quel tempo viveva stanco, sotto il duplice peso delle imposte e delle osservanze esigiate dalle leggi di purità. E Gesù disse: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”. Attraverso il profeta Geremia, Dio aveva invitato il popolo a scrutare nel passato per conoscere quale cammino buono poteva dar ristoro alle anime (Ger 6,16). Questa strada buona appare ora in Gesù. Gesù offre ristoro alle anime. Egli è la via (Gv 14, 6). Imparate da me che sono mite e umile di cuore . Come Mosè, Gesù era mite e umile (Num 12,3). Molte volte questa frase è stata manipolata per chiedere al popolo sottomissione, mansuetudine e passività. Quello che Gesù vuol dire è il contrario. Egli chiede che il popolo, per poter capire le cose del Regno, non dia tanta importanza ai “sapienti e dottori”, cioè ai professori ufficiali della religione del tempo, e che confidi di più nei piccoli.
- Nella Bibbia molte volte la parola umile è sinonimo di umiliato. Gesù non faceva come gli scribi che si vantavano della loro scienza, ma era come il popolo umile e umiliato. Egli, il nostro Maestro, sapeva per esperienza che cosa passasse per il cuore del popolo e quanto il popolo soffrisse nella vita di ogni giorno. Gli oppressi devono cominciare ad imparare da lui, da Gesù, che è “mite e umile di cuore”.
- c) Per fare luce sull’atteggiamento di Gesù:
- Lo stile di Gesù nell’annuncio della buona novella del Regno Nel suo modo di annunciare la buona novella del Regno, Gesù rivela una grande passione per il Padre e per il popolo umiliato. Diverso dai dottori del tempo, Gesù annuncia la buona novella di Dio in qualunque luogo dove incontra gente che lo ascolta. Nelle
sinagoghe durante la celebrazione della Parola (Mt 4,23). Nelle case degli amici (Mt 13,36). Camminando per strada con i discepoli (Mt 12,1-8). Lungo il mare, sulla riva della spiaggia, seduto sulla barca (Mt 13,1-3). Sulla montagna, da dove proclama le beatitudini (Mt 5,1). Nelle piazze dei villaggi e delle città, dove il popolo trasporta i malati (Mt 14,34-36). Anche nel tempio di Gerusalemme , durante i pellegrinaggi (Mt 26,55)! In Gesù, tutto è rivelazione di quello che dentro lo anima! Non solo annuncia la buona novella del Regno, ma è egli stesso una prova viva del Regno. In lui appare ciò che accade quando una persona umana lascia che Dio regni e prenda possesso della sua vita.
- L’invito della Sapienza Divina a tutti quelli che la cercano Gesù invita tutti coloro che soffrono sotto il peso della vita a trovare in lui riposo e sollievo (Mt 11,25-30). In questo invito risuonano le parole tanto belle di Isaia che consolava il popolo stanco per l’esilio (Is 55,1-3). Questo invito è in relazione con la Sapienza divina, che convoca attorno a sé le persone (Sir 24, 18-19), affermando che “le sue vie sono vie deliziose e tutti i suoi sentieri conducono al benessere” (Pro 3,17). Essa dice ancora: “La Sapienza educa i suoi figli e si prende cura di quanti la cercano. Chi la ama, ama la vita, quanti la cercano solleciti saranno ricolmi di gioia” (Sir 4,11-12). Questo invito rivela un aspetto molto importante del volto femminile di Dio: la tenerezza e l’accoglimento che consola, rivitalizza le persone e le fa sentire bene. Gesù è il sollievo che Dio offre al popolo affaticato!
6. Salmo 132(131)
La preghiera dei piccoli
Signore, non si inorgoglisce il mio cuore e non si leva con superbia il mio sguardo; non vado in cerca di cose grandi, superiori alle mie forze. Io sono tranquillo e sereno
come bimbo svezzato in braccio a sua madre, come un bimbo svezzato è l’anima mia. Speri Israele nel Signore, ora e sempre.
7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua parola che ci ha fatto capire meglio la volontà del Padre.
Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Lectio Divina: lunedì, 10 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 9,18-26
In quel tempo, mentre Gesù parlava, giunse uno dei capi che gli si prostrò innanzi e gli disse: “Mia figlia è morta proprio ora; ma vieni, imponi la tua mano sopra di lei ed essa vivrà”.
Alzatosi, Gesù lo seguiva con i suoi discepoli.
Ed ecco una donna, che soffriva d’emorragia da dodici anni, gli si accostò alle spalle e toccò il lembo del suo mantello. Pensava infatti: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Gesù, voltatosi, la vide e disse: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarita”. E in quell’istante la donna guarì.
Arrivato poi Gesù nella casa del capo e veduti i flautisti e la gente in agitazione, disse: “Ritiratevi, perché la fanciulla non è morta, ma dorme”. Quelli si misero a deriderlo. Ma dopo che fu cacciata via la gente egli entrò, le prese la mano e la fanciulla si alzò. E se ne sparse la fama in tutta quella regione.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi ci porta a meditare due miracoli di Gesù a favore di due donne. Il primo fu a favore di una donna considerata impura a causa di un’emorragia irregolare che durava da oltre dodici anni. L’altro, a favore di una fanciulla morta da poco. Secondo la mentalità di quell’epoca, la persona che toccava il sangue o un cadavere era considerata impura e chi toccava questa persona, diventava impuro/a. Il sangue e la morte erano fattori di esclusione! Per questo, quelle due donne erano persone emarginate, escluse dalla partecipazione alla comunità. Chi le toccava diventava impuro/a, e quindi non poteva partecipare alla comunità, e quindi non poteva relazionarsi con Dio. Per poter essere ammessi a partecipare in pieno in comunità, c’era bisogno di passare per il rito della purificazione, prescritto dalle norme della legge. Ora, curando per mezzo della fede l’impurità di quella donna, Gesù apre un nuovo cammino verso Dio che non dipende più dai riti di purificazione, controllati dai sacerdoti. Risuscitando la ragazza, Gesù vince il potere della morte ed apre alla vita un orizzonte nuovo.
- Matteo 9,18-19: La morte della fanciulla. Quando ancora Gesù stava parlando, ecco che un capo del luogo viene a intercedere per sua figlia morta da poco. Chiede a Gesù di andare ad imporgli le mani, “e lei vivrà”. Il capo crede che Gesù abbia il potere di far rivivere sua figlia. Segno di molta fede in Gesù da parte del padre della fanciulla. Gesù si alza e va con lui, portando anche i discepoli. Ecco il punto di partenza dei due episodi che seguono: la guarigione della donna che soffriva da dodici anni di un’emorragia, e la risurrezione della fanciulla. Il vangelo di Marco presenta gli stessi due episodi, ma con molti dettagli: il capo si chiamava Giairo ed era uno dei capi della sinagoga. La fanciulla non era ancora morta, ed aveva dodici anni, etc. (Mc 5,21-43).
Matteo abbrevia la narrazione così viva di Marco.
Matteo 9,20-21: La situazione della donna. Durante il percorso verso la casa del capo, una donna che da dodici anni soffriva a causa di un’emorragia irregolare si avvicina a Gesù in cerca di guarigione. Dodici anni con un’emorragia! Per questo motivo viveva emarginata, esclusa, perché come si è detto, in quel tempo il sangue rendeva impura la persona. Marco dice che la donna aveva speso tutti i suoi beni con i medici, ma invece di migliorare, la sua situazione era peggiorata (Mc 5,25-26). Ecco che aveva sentito parlare di Gesù (Mc 5,27). Per questo nasce in lei una speranza nuova. Diceva tra sé: “Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, sarò guarita”. Il catechismo dell’epoca diceva: “Se tocco il suo vestito, rimarrò impuro”. La donna pensa esattamente il contrario! Segno di molto coraggio. Segno che le donne non erano d’accordo con tutto ciò che le autorità religiose insegnavano. L’insegnamento dei farisei e degli scribi non riusciva a controllare il pensiero della gente. Grazie a Dio! La donna si avvicina a Gesù da dietro, tocca il lembo del suo mantello e guarisce.
- Matteo 9,22: La parola di Gesù che illumina. Gesù si volta e vedendo la donna dichiara: “Coraggio, figliola, la tua fede ti ha guarito!” Frase breve, ma che lascia intravedere tre punti molto importante: (a) Nel dire “Figliola”, Gesù accoglie la donna nella nuova comunità, che si formava attorno a lui. Non era più un’esclusa. (b) Ciò che lei sperava e credeva avvenne di fatto. Lei guarì. Prova questa che il catechismo delle autorità religiose non era corretto e che in Gesù si apriva un nuovo cammino che dava alla gente la possibilità di ottenere la purezza che la legge esigeva e di entrare in contatto con Dio. (c) Gesù riconosce che, senza la fede di quella donna, lui non avrebbe potuto fare il miracolo. La guarigione non fu un rito magico, ma un atto di fede.
- Matteo 9,23-24: In casa del capo. Dopo Gesù si reca a casa del capo. Vedendo l’agitazione di coloro in lutto per la morte della fanciulla, chiese a tutti di uscire dalla stanza. E dice: “La fanciulla non è morta. Sta dormendo!”. La gente ride, perché sa distinguere quando una persona dorme o quando è morta. Per loro la morte era una barriera che nessuno poteva oltrepassare. E’ la risata di Abramo e di Sara, cioè di coloro che non riescono a credere che nulla è impossibile a Dio (Gn 17,17; 18,12-14; Lc 1,37). Le parole di Gesù hanno un significato ancora più profondo. La situazione delle comunità al tempo di Matteo sembrava una situazione di morte. Anche loro sentivano dire. “Non siete morti, voi siete addormentati! Svegliatevi!”
- Matteo 9,25-26: La risurrezione della fanciulla. Gesù non dà importanza alla risata della gente. Aspetta che tutti escano dalla casa. Poi entra, prende la fanciulla per mano e lei si alza. Marco conserva le parole di Gesù: “Talita kúmi!”, che vuol dire: Fanciulla, alzati (Mc 5,41). La notizia si sparse per tutta quella regione. La gente credette che Gesù è il Signore della vita che vince la morte.
4) Per un confronto personale
- Oggi, quali sono le categorie di persone che si sentono escluse dalla partecipazione alla comunità cristiana? Quali sono i fattori che causano l’esclusione di tante persone e rendono loro difficile la vita in famiglia e nella società?
- “La fanciulla non è morta. Dorme!” “Non è morta! Voi state dormendo! Svegliatevi! E’ questo il messaggio del vangelo di oggi. Cosa mi dice? Sono di quelli che ridono?
5) Preghiera finale
Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome, Signore, in eterno e per sempre.
Grande è il Signore e degno di ogni lode,
la sua grandezza non si può misurare. (Sal 144)
Lectio Divina: martedì, 11 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che hai scelto san Benedetto abate e lo hai costituito maestro di coloro che dedicano la vita al tuo servizio, concedi anche a noi di non anteporre nulla all’amore del Cristo e di correre con cuore libero e ardente nella via dei tuoi precetti. Per il nostro Signore Gesù Cristo
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 19,27-29
In quel tempo, Pietro, disse a Gesù: «Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne avremo?».
E Gesù disse loro: «In verità io vi dico: voi che mi avete seguito, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, alla rigenerazione del mondo, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù d’Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna».
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi è la continuazione immediata del vangelo di ieri. Riporta il commento di Gesù riguardo alla reazione negativa del giovane ricco.
- Matteo 19,27: La domanda di Pietro. Lo sfondo dell’incomprensione dei discepoli appare nella domanda di Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che cosa dunque ne otterremo?” Malgrado la generosità così bella dell’abbandono di tutto, loro hanno ancora la vecchia mentalità. Hanno abbandonato tutto per ricevere qualcosa in cambio. Ancora non avevano capito bene il senso del servizio e della gratuità.
- Matteo 19,28-29: La risposta di Gesù. “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”. In questa risposta, Gesù descrive il mondo nuovo, i cui fondamenti erano stati messi dal lavoro suo e dei discepoli.
- Gesù mette l’accento su tre punti importanti: (a) I discepoli si siederanno sui dodici troni accanto a Gesù per giudicare le dodici tribù di Israele (cf. Apc 4,4). (b) Riceveranno in cambio molte cose che avevano abbandonato: case, fratelli, sorelle, madre, figli, campi ed erediteranno la vita eterna. (c) Il mondo futuro sarà il rovescio del mondo attuale. Lì gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi. La comunità attorno a Gesù è seme e dimostrazione di questo nuovo mondo. Fino ad oggi le piccole comunità dei poveri continuano ad essere seme e dimostrazione del Regno.
Ogni volta che nella storia della gente della Bibbia, sorge un movimento per rinnovare l’Alleanza, comincia ristabilendo i diritti dei poveri, degli esclusi. Senza ciò, l’Alleanza non si ricostruisce. E’ questo il senso e il motivo dell’inserimento e della missione della comunità di Gesù, in mezzo ai poveri. Attinge dalla radice ed inaugura la Nuova Alleanza.
4) Per un confronto personale
- Abbandonare case, fratelli, sorelle, padre, madre, figli, campi, in nome di Gesù. Come avviene questo nella tua vita? Cosa hai già ricevuto in cambio?
- Oggi, la maggior parte dei paesi poveri non è di religione cristiana, mentre la maggioranza dei paesi ricchi sì. Come si applica oggi il detto del cammello che non passa per la cruna di un ago?
5) Preghiera finale
Se dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché Signore, tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. (Sal 22)
Lectio Divina: mercoledì, 12 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 10,1-7
In quel tempo, chiamati a sé i dodici discepoli, Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità.
I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea, suo fratello; Giacomo di Zebedeo e Giovanni suo fratello, Filippo e Bartolomeo, Tommaso e Matteo il pubblicano, Giacomo di Alfeo e Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, che poi lo tradì.
Questi dodici Gesù li inviò dopo averli così istruiti: “Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7 E strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino”.
3) Riflessione
- Nel capitolo 10 del Vangelo di Matteo inizia il secondo grande discorso, Il Discorso della Missione. Matteo organizza il suo vangelo come una nuova edizione della Legge di Dio o come un nuovo “pentateuco” con i suoi cinque libri. Per questo, il suo vangelo presenta cinque grandi discorsi o insegnamenti di Gesù, seguiti da parti narrative, in
cui descrive il modo in cui Gesù metteva in pratica ciò che aveva insegnato nei discorsi. Ecco lo schema: Introduzione: nascita e preparazione del Messia (Mt 1 a 4) a) Discorso della Montagna: la porta di entrata nel Regno (Mt 5 a 7) Narrativa Mt 8 e 9 b) Discorso della Missione: come annunciare e diffondere il Regno (Mt 10) Narrativa Mt 11 e 12 c) Discorso delle Parabole: il mistero del Regno presente nella vita (Mt 13) Narrativa Mt 14 a 17 d) Discorso della Comunità: il nuovo modo di vivere insieme nel Regno (Mt 18) Narrativa 19 a 23 e) Discorso dell’avvento futuro del Regno: l’utopia che sostiene la speranza (Mt 24 e 25) Conclusione: passione, morte e risurrezione (Mt 26 a 28).
- Il vangelo di oggi ci presenta l’inizio del Discorso della Missione, in cui si mette l’accento su tre aspetti: (i) la chiamata dei discepoli (Mt 10,1); (ii) l’elenco dei nomi dei dodici apostoli che saranno i destinatari del discorso della missione (Mt 10,2-4); (iii) l’invio dei dodici (Mt 10,5-7).
- Matteo 10,1: La chiamata dei dodici discepoli. Matteo aveva già parlato della chiamata dei discepoli (Mt 4,18-22; 9,9). Qui, all’inizio del Discorso della Missione, ne presenta un riassunto: “chiamati a sé i dodici discepoli, Gesù diede loro il potere di scacciare gli spiriti immondi e di guarire ogni sorta di malattie e d’infermità”. Il compito o la missione del discepolo è seguire Gesù, il Maestro, formando comunità con lui e svolgendo la stessa missione di Gesù: scacciare gli spiriti immondi, guarire ogni sorta di malattie e di infermità. Nel vangelo di Marco, loro ricevono la stessa duplice missione, formulata con altre parole: Gesù costituì il gruppo dei Dodici, perché rimanessero con lui e per mandarli a predicare, e a scacciare i demoni” (Mc 3,14-15). Il primo: Stare con lui, cioè formare comunità, in cui Gesù è il centro. Il secondo: Predicare e poter scacciare i demoni, cioè annunciare la Buona Novella e combattere la forza del male che distrugge la vita della gente e aliena le persone. Luca dice che Gesù pregò tutta la notte, ed il giorno dopo chiamò i discepoli. Pregò Dio per sapere chi scegliere (Lc 6,12-13).
- Matteo 10,2-4: L’elenco dei nomi dei dodici apostoli. Gran parte di questi nomi vengono dall’Antico Testamento. Per esempio, Simeone è il nome di uno dei figli del patriarca Giacobbe (Gen 29,33). Giacomo è lo stesso che Giacobbe (Gen 25,26). Giuda è il nome dell’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Matteo aveva anche il nome di Levi (Mc 2,14), che è l’altro figlio di Giacobbe (Gen 35,23). Dei dodici apostoli sette hanno un nome che viene dal tempo dei patriarchi. Due si chiamano Simone, due Giacomo, due Giuda e uno Levi! Solamente uno ha un nome greco: Filippo. Ciò rivela il desiderio della gente di ricominciare la storia, dall’inizio! Forse è bene pensare ai nomi che oggi vengono dati ai figli quando nascono. Perché ognuno di noi è chiamato da Dio, per mezzo del suo nome.
- Matteo 10,5-7: L’invio o la missione dei dodici apostoli verso le pecore perdute di Israele. Dopo aver enumerato i nomi dei dodici, Gesù li manda con queste raccomandazioni: “Non andate fra i pagani e non vi fermate nelle città dei Samaritani. Rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa di Israele. Andate ed annunciate che il Regno di Dio è vicino”. In questa unica frase c’è una triplice insistenza nel mostrare che la preferenza della missione è per la casa di Israele: (i) Non andare tra i pagani, (ii) non entrare nelle città dei Samaritani, (iii) andare piuttosto alle pecore perdute di Israele. Qui spunta una risposta al dubbio dei primi cristiani circa l’apertura verso i pagani. Paolo, che affermava con tanta fermezza l’apertura ai pagani, è d’accordo nel dire che la Buona Novella di Gesù deve essere annunciata prima ai giudei e, poi, ai pagani (Rom 9,1 a 11,36; cf. At 1,8; 11,3; 13,46; 15,1.5.23-29). Ma poi, nello stesso vangelo di Matteo, nella conversazione di Gesù con la cananea, avverrà l’apertura verso i pagani (Mt 15,21-29).
L’invio degli apostoli verso tutti i popoli. Dopo la risurrezione di Gesù, ci sono diversi episodi sull’invio degli apostoli non solo verso i giudei, ma verso tutti i popoli. In Matteo: “Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Mt 28,19-20). In Marco: “Andate per tutto il mondo, proclamate la Buona Novella a tutte le creature. Coloro che credono e saranno battezzati saranno salvi; coloro che non credono saranno condannati” (Mc 15-16). In Luca: “Così è scritto: il Messia soffrirà e risusciterà dai morti il terzo giorno, e nel suo nome saranno annunciati la conversione e il perdono dei peccati a tutte le nazioni, cominciando da Gerusalemme. E voi siete testimoni di questo.” (Lc 24,46-48; At 1,8). Giovanni riassume tutto nella frase: “Come il Padre mi ha mandato, anche io mando voi!” (Gv 20,21).
4) Per un confronto personale
- Hai pensato qualche volta al significato del tuo nome? Hai chiesto ai tuoi genitori perché ti hanno dato il nome che hai? Ti piace il tuo nome?
- Gesù chiama i discepoli. La sua chiamata ha un duplice scopo: formare comunità ed andare in missione. Come vivo nella mia vita questa duplice finalità?
5) Preghiera finale
Cercate il Signore e la sua potenza, cercate sempre il suo volto.
Ricordate le meraviglie che ha compiute, i suoi prodigi e i giudizi della sua bocca. (Sal 104)
Lectio Divina: giovedì, 13 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 10,7-15
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Andate, predicate che il regno dei cieli è vicino.
Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni.
Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento.
In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza.
Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi. Se qualcuno poi non vi accoglierà e non darà ascolto alle vostre parole, uscite da quella casa o da quella città e scuotete la polvere dai vostri piedi. In verità vi dico, nel giorno del giudizio il paese di Sodoma e Gomorra avrà una sorte più sopportabile di quella città”.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi presenta la seconda parte dell’invio dei discepoli. Ieri abbiamo visto che Gesù insiste nel rivolgersi prima alle pecore perdute di Israele. Oggi vediamo le istruzioni concrete per svolgere la missione.
- Matteo 10,7: L’obiettivo della missione: rivelare la presenza del Regno. “Andate ed annunciate: Il Regno dei cieli è vicino”. L’obiettivo principale è quello di annunciare che il Regno è vicino. Ecco la novità che Gesù ci porta. Per gli altri giudei mancava ancora molto per la venuta del Regno. Sarebbe avvenuto dopo che loro avessero svolto la loro parte. La venuta del Regno dipendeva, secondo loro, dal loro sforzo. Per i farisei, per esempio, il Regno sarebbe giunto solo dopo l’osservanza perfetta della Legge. Per gli esseni, quando il paese si fosse purificato. Ma Gesù pensa in un modo diverso. Ha un modo diverso di leggere i fatti della vita. Dice che è già giunta l’ora (Mc 1,15). Quando lui dice che il Regno è vicino o che il Regno è già in mezzo a noi non vuol dire che il Regno stava giungendo solo in quel momento, ma che era già lì, indipendentemente dallo sforzo fatto dalla gente. Ciò che tutti aspettavano, era già in mezzo alla gente, gratuitamente, ma la gente non lo sapeva, né lo percepiva (cf. Lc 17,21). Gesù se ne rese conto! Perché lui guarda la realtà con occhi diversi. Lui rivela ed annuncia ai poveri della sua terra questa presenza nascosta del Regno in mezzo a noi (Lc 4,18). E’ il granello di senape che riceverà la pioggia della sua parola ed il calore del suo amore.
- Matteo 10,8: I segni della presenza del Regno: accogliere gli esclusi. Come annunciare la presenza del Regno? Solo mediante parole e discorsi? No! I segni della presenza del Regno sono innanzitutto gesti concreti, fatti gratuitamente: “Guarire gli infermi, risuscitare i morti, sanare i lebbrosi, scacciare i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date”. Ciò significa che i discepoli devono accogliere dentro la comunità coloro che ne sono stati esclusi. Questa pratica solidale critica sia la religione che la società che esclude, ed indica soluzioni concrete.
- Matteo 10,9-10: Non procuratevi nulla per il cammino. Al contrario degli altri missionari, i discepoli e le discepole di Gesù non devono portare nulla: “Non procuratevi oro, né argento, né moneta di rame nelle vostre cinture, né bisaccia da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché l’operaio ha diritto al suo nutrimento”. Ciò significa che devono aver fiducia nell’ospitalità della gente. Poiché il discepolo che va senza nulla, portando solo la pace (Mc 10,13), mostra che ha fiducia nella gente. E’ sicuro che sarà accolto, che potrà partecipare alla vita e al lavoro della gente del luogo e che potrà sopravvivere con ciò che riceverà in cambio, poiché l’operaio ha diritto al suo nutrimento. Ciò significa che i discepoli devono aver fiducia nella condivisione. Per mezzo di questa pratica loro criticano le leggi di esclusione e riscattano gli antichi valori della convivenza comunitaria.
- Matteo 10,11-13: Condividere la pace in comunità. I discepoli non devono andare di casa in casa, ma devono cercare persone di pace e rimanere nella casa. Cioè devono convivere in modo stabile. Così, per mezzo di questa nuova pratica, criticano la cultura dell’accumulazione che distingueva la politica dell’Impero Romano, ed annunciavano un nuovo modello di convivenza. Una volta rispettate tutte queste esigenze, i discepoli potevano gridare: Il Regno di Dio è giunto! Annunciare il Regno non vuol dire, in primo luogo, insegnare verità e dottrine, ma spingere verso una
nuova maniera fraterna di vivere e di condividere partendo dalla Buona Novella che Gesù ci ha portato: Dio è Padre e Madre di tutti e di tutte.
- Matteo 10,14-15: La severità della minaccia. Come capire questa minaccia così severa? Gesù ci porta qualcosa di totalmente nuovo. Lui è venuto a riscattare i valori comunitari del passato: l’ospitalità, la condivisione, la comunione attorno al tavolo, l’accoglienza agli esclusi. Ciò spiega la severità contro coloro che rifiutano il messaggio. Poiché non rifiutano qualcosa di nuovo, ma il proprio passato, la propria cultura e saggezza! La pedagogia di Gesù ha come obiettivo scavare nella memoria, riscattare la saggezza della gente, ricostruire la comunità, rinnovare l’Alleanza, ricostruire la vita.
4) Per un confronto personale
- Come attuare oggi la raccomandazione di non portare nulla per il cammino quando si va in missione?
- Gesù ordina di cercare persone di pace, per poter rimanere a casa sua. Chi sarebbe oggi una persona di pace a cui rivolgerci nell’annuncio della Buona Novella?
5) Preghiera finale
Dio degli eserciti, volgiti,
guarda dal cielo e vedi e visita questa vigna, proteggi il ceppo che la tua destra ha piantato, il germoglio che ti sei coltivato. (Sal 79)
Lectio Divina: venerdì, 14 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 10,16-23
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Ecco: io vi mando come pecore in mezzo ai lupi; siate dunque prudenti come i serpenti e semplici come le colombe.
Guardatevi dagli uomini, perché vi consegneranno ai loro tribunali e vi flagelleranno nelle loro sinagoghe; e sarete condotti davanti ai governatori e ai re per causa mia, per dare testimonianza a loro e ai pagani. E quando vi consegneranno nelle loro mani, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire, perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi.
Il fratello darà a morte il fratello e il padre il figlio, e i figli insorgeranno contro i genitori e li faranno morire. E sarete odiati da tutti a causa del mio nome; ma chi persevererà sino alla fine sarà salvato.
Quando vi perseguiteranno in una città, fuggite in un’altra; in verità vi dico: non avrete finito di percorrere le città di Israele, prima che venga il Figlio dell’uomo”.
3) Riflessione
- Alla comunità dei suoi discepoli, chiamati e radunati intorno a lui e investiti della sua stessa autorità come collaboratori, Gesù affida loro delle direttive in vista della loro futura missione.
- Matteo 10,16-19: Pericolo e fiducia in Dio. Gesù introduce questa parte del suo discorso con due metafore: pecore in mezzo ai lupi; prudenti come i serpenti, semplici come le colombe. La prima serve a mostrare il contesto difficile e pericoloso nel quale i discepoli sono inviati. Da un lato viene evidenziata la pericolosa situazione in cui si vengono a trovare i discepoli inviati in missione; dall’altra l’espressione «io vi mando» esprime protezione. Anche riguardo all’astuzia dei serpenti e alla semplicità delle colombe Gesù sembra connettere due atteggiamenti: fiducia in Dio e riflessione prolungata e attenta nel modo di relazionarsi con gli altri.
- Gesù, poi, fa seguire un ordine che a prima vista sembra improntato a un’accentuata sfiducia: «guardatevi dagli uomini..», ma, in realtà, vuol dire state attenti a possibili persecuzioni, ostilità denunce. L’espressione «vi consegneranno» non allude solo all’accusa in tribunale ma ha soprattutto un valore teologico: il discepolo che è alla sequela di Gesù potrà sperimentare la stessa esperienza del Maestro di «essere consegnato nelle mani degli uomini» (17,22). I discepoli devono essere forti e resistenti «per dare testimonianza», la loro consegna ai tribunali deve diventare testimonianza ai Giudei e ai pagani, è la possibilità di poterli attrarre alla persona e alla causa di Gesù e quindi alla conoscenza del vangelo. È importante questo risvolto positivo della testimonianza: caratterizzata dalla fede credibile e fascinosa.
- Matteo 10,20: L’aiuto divino. Perché tutto questo avvenga nella missionetestimonianza dei discepoli è indispensabile l’aiuto che viene da Dio. Vale a dire che non bisogna confidare sulle proprie sicurezze o risorse, ma i discepoli in situazioni critiche, pericolose e aggressive per la loro vita troveranno aiuto e solidarietà in Dio. Per la loro missione ai discepoli è promesso anche lo Spirito del Padre (v.20), è lui che opera in essi quando sono impegnati nella loro missione di evangelizzazione e di testimonianza, lo Spirito parlerà attraverso di loro.
- Matteo 10,21-22: Minaccia-consolazione. Ritorna ancora una volta l’annuncio della minaccia nell’espressione «consegnerà»: fratello contro fratello, padre contro figlio, figli contro genitori. Si tratta di un vero e grande disordine delle relazioni sociali, la frantumazione della famiglia. Persone legate dai più intimi rapporti familiari – come i genitori, figli, fratelli e sorelle – cadranno nella sventura di odiarsi ed eliminarsi vicendevolmente. In che senso tale divisione delle famiglie ha a che fare con la testimonianza a favore di Gesù? Tale smembramento dei rapporti familiari potrebbe essere causato nel diverso atteggiamento che all’interno della famiglia si prende nei riguardi di Gesù. L’espressione «sarete odiati» sembra indicare il tema dell’accoglienza ostile da parte dei contemporanei e dei suoi inviati. Il senso forte delle parole di Gesù trovano riscontro in un altro scritto del NT: «Beati voi, se venite insultati per il nome di Cristo, perché lo Spirito della gloria, che è Spirito di Dio, riposa su d voi. Nessuno di voi abbia a soffrire come omicida o ladro o malfattore o delatore. Ma se uno soffre come cristiano, non ne arrossisca; per questo nome, anzi, dia gloria a Dio». All’annuncio della minaccia fa seguito la promessa della consolazione (v.3). La più grande consolazione per i discepoli sarà quella di «essere salvati», di poter vivere l’esperienza del salvatore, vale a dire, partecipare alle sue vittorie.
4) Per un confronto personale
- Che ci insegnano, oggi, queste disposizioni di Gesù per la comprensione della missione del cristiano?
- Sai confidare nell’aiuto divino quando sperimenti conflitti, persecuzioni e prove?
5) Preghiera finale
Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclami la tua lode. (Sal 50)
Lectio Divina: sabato, 15 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che nell’umiliazione del tuo Figlio hai risollevato l’umanità dalla sua caduta, donaci una rinnovata gioia pasquale, perché, liberi dall’oppressione della colpa, partecipiamo alla felicità eterna. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 10,24-33
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone. Se hanno chiamato Beelzebul il padrone di casa, quanto più i suoi familiari! Non li temete dunque, poiché non c’è nulla di nascosto che non debba esser svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi ci presenta diverse istruzioni di Gesù sul comportamento che i discepoli devono adottare nell’esercizio della loro missione. Ciò che maggiormente colpisce in queste istruzioni sono due avvertenze: (a) la frequenza con cui Gesù allude alle persecuzioni e alle sofferenze che dovranno sopportare; (b) l’insistenza tre volte ripetuta al discepolo di non avere paura.
- Matteo 10,24-25: Persecuzioni e sofferenze che marcano la vita dei discepoli. Questi due versetti costituiscono la parte finale di una avvertenza di Gesù ai discepoli riguardo alle persecuzioni. I discepoli devono sapere che, per il fatto di essere discepoli di Gesù, saranno perseguitati. (Mt 10,17-23). Ma ciò non deve essere per loro motivo di preoccupazione, poiché un discepolo deve imitare la vita del maestro e condividere con lui le prove. Questo fa parte del discepolato. “Un discepolo non è da più del maestro, né un servo da più del suo padrone; è sufficiente per il discepolo essere come il suo maestro e per il servo come il suo padrone”. Se hanno chiamato Belzebù a Gesù, quanto più insulteranno i suoi discepoli! Con altre parole, il discepolo di Gesù dovrà preoccuparsi seriamente se nella sua vita non spuntano persecuzioni.
- Matteo 10,26-27: Non abbiate timore di dire la verità. I discepoli non devono aver paura di essere perseguitati. Coloro che li perseguitano, riescono a sovvertire il senso dei fatti e spargono calunnie che cambiano la verità in menzogna, e la menzogna in verità. Ma per grande che sia la menzogna, la verità alla fine trionferà e farà crollare la menzogna. Per questo, non dobbiamo aver paura di proclamare la verità, le cose che Gesù ha insegnato. Oggigiorno, i mezzi di comunicazione riescono a sovvertire il significato delle cose e le persone che proclamano la verità sono considerate criminali; fanno apparire giusto il sistema neoliberale che sovverte il senso della vita umana.
- Matteo 10,28: Non aver paura di coloro che possono uccidere il corpo. I discepoli non devono aver paura di coloro che uccidono il corpo, che torturano, che colpiscono e fanno soffrire. I torturatori possono uccidere il corpo, ma non riescono ad uccidere la libertà e lo spirito nel corpo. Devono aver paura, questo sì, del fatto che il timore di soffrire li porti a nascondere o a negare la verità, e ciò li spinga ad offendere Dio. Perché chi si allontana da Dio si perde per sempre.
- Matteo 10,29-31: Non aver paura, ma avere fiducia nella Provvidenza Divina. I discepoli non devono temere nulla, perché stanno nella mano di Dio. Gesù ordina di guardare gli uccelli. Due passeri si vendono per un soldo, ma nessuno di essi cadrà a terra senza che il Padre lo voglia. Tutti i nostri capelli sono contati. Luca dice che nessun capello cade senza che il Padre lo voglia (Lc 21,18). E sono tanti i capelli che cadono! Per questo, “non abbiate timore. Voi valete più di molti passeri”. E’ la lezione che Gesù trae dalla contemplazione della natura.
- Matteo 10,32-33: Non aver paura di essere testimone di Gesù. Alla fine, Gesù riassume tutto nella frase: “Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli”. Sapendo che stiamo nelle mani di Dio e che Dio è con noi, in ogni momento, abbiamo il coraggio e la pace necessari per rendere testimonianza ed essere discepoli e discepole di Gesù.
4) Per un confronto personale
- Tu hai paura? Paura di cosa? Perché?
- A volte, sei stato/a perseguitato/a a causa del tuo impegno con l’annuncio della Buona Notizia di Dio che Gesù ci ha annunziato?
5) Preghiera finale
Degni di fede sono i tuoi insegnamenti, la santità si addice alla tua casa
per la durata dei giorni, Signore. (Sal 92)
Lectio Divina: domenica, 16 luglio, 2023
Domenica XV del Tempo Ordinario
La parabola della semente in terra
Matteo 13,1-23
1. Orazione iniziale
La preghiera è, anche, disponibilità all’ascolto; è il momento propizio in cui avviene il vero incontro con Dio. Oggi, domenica del ‘seminatore’, vogliamo aprire il cuore all’ascolto della parola di Gesù con le parole di San Giovanni Crisostomo, per divenire, anche noi, ascoltatori docili e disponibili della Parola che salva: «Fà, o Signore, che
ascolti con attenzione e ricordi costantemente il tuo insegnamento, che lo metta in pratica con forza e coraggio, disprezzando le ricchezze e allontanando tutte le inquietudini della vita mondana…Fà che mi fortifichi da ogni parte e mediti le tue parole mettendo profonde radici e purificandomi da tutti gli attacchi mondani» (San Giovanni Crisostomo, Commento al Vangelo secondo San Matteo 44,3-4).
2. Lettura
- Contesto:
Matteo colloca la parabola della semente con gli eventi precedenti dei capitoli 11 e 12 dove è menzionato il regno di Dio che soffre violenza. Il tema della nostra parabola, come di tutto il discorso in parabole nel capitolo 13, è il regno di Dio.
La “casa” da cui Gesù esce è quella in cui aveva preso dimora a Cafarnao e dove si ritrova con i suoi discepoli (v.1: Quel giorno uscì di casa) e la sua uscita viene messa in relazione con quella del seminatore (v.3: e il seminatore uscì per seminare). Il suo “uscire” ha come approdo fisico o concreto la riva del lago (v.1: e si sedette presso il lago); tale luogo richiama il momento in cui Gesù aveva chiamato i suoi discepoli (4,18),
ma, il mare è il luogo di passaggio verso i popoli pagani, quindi, rappresentava la frontiera fra Israele e il mondo pagano. Lo sfondo del discorso in parabole è, quindi, il lago di Genesaret, chiamato “mare” secondo l’opinione della gente. La sua uscita attira le folle. E mentre Gesù è seduto in riva al mare, sorpreso dalle stesse folle che affluiscono a lui, è costretto a salire in barca. Questa diventa la cattedra del suo insegnare. Gesù si rivolge ai suoi ascoltatori mediante un “parlare in parabole” che è diverso dall’insegnare o annunciare.
- Il testo:
1Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. 2Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una ‘barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia. 3Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il Seminatore uscì a seminare. 4E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. 5Un’altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c’era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. 6Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. 7Un’altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. 8Un’altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. 9Chi ha orecchi, intenda». 10Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?». 11Egli rispose: «Perché a voi, è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. 12Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. 13Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. 14E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. 15Perché il cuore di questo popolo si é indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
16Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. 17In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono! 18Voi dunque intendete la parabola del seminatore: 19tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada. 20Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che. ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, 21ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. 22Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto. 23Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta ».
3. Un momento di silenzio orante
Nel nostro agire frettoloso, che ci porta a essere protesi all’esterno, sentiamo il bisogno di una sosta pacata nel silenzio… in questo momento diventiamo ricettivi al fuoco della Parola…
4. Interpretare il testo
- L’azione del seminatore:
Il racconto parabolico parla di un seminatore, non di un contadino e la sua attività è caratterizzata dal contrasto tra perdita dei semi (13, 4-7) e frutto abbondante (13, 8). Inoltre una differenza è da notare tra la ricchezza dei particolari con cui viene descritta la perdita dei semi e la forma concisa del frutto abbondante. Ma alla quantità delle esperienze di insuccesso e di delusione rappresentate dalle varie perdite dei semi (lungo la strada… sul terreno roccioso… tra le spine…) si contrappone il grande raccolto che fa dimenticare l’esperienza negativa della perdita. Inoltre, nella parabola c’è una differenza temporale tra la fase d’inizio della semina e quella della fine che coincide con il frutto del raccolto. Se nei vari tentativi della semina il frutto è assente, tale mancanza rimanda al Regno di Dio, al momento in cui ci sarà il grande raccolto. Gesù, il seminatore, semina la parola del regno (13,19) che rende presente la signoria di Dio sul mondo, sugli uomini e che realizza il frutto finale. La parabola ha un tale forza persuasiva da portare l’ascoltatore ad avere fiducia nell’opera di Gesù che, per quanto segnata da insuccessi o delusioni, alla fine avrà un esito di successo.
- Gesù, in disparte, comunica ai discepoli lo scopo del parlare in parabole (13,10-17):
Dopo il racconto della parabola e prima della sua spiegazione (13,18-23) i discepoli si avvicinano a Gesù (il verbo avvicinarsi esprime il rapporto intimo con Gesù) e gli pongono una domanda esplicita, non vedono per quale motivo Gesù parli in parabole alla folla (v.10: Perché parli a loro in parabole?). La risposta alla loro domanda i discepoli la ricevono al v.13: «…parlo a loro in parabole, perché essi, pur vedendo, non vedono e,
pur udendo, non odono né capiscono». É come dire: le folle non percepiscono né
comprendono. Gesù non intende forzarle a capire. Infatti finora Gesù ha parlato e agito con chiarezza, ma le folle non hanno compreso; ma, essendo venuta meno la condizione per continuare a esporre il suo messaggio nella sua radicalità – cioè la comprensione – ricorre al linguaggio delle parabole che, essendo più velato potrà stimolare le folle a pensare di più, a riflettere sugli ostacoli che impediscono la loro comprensione dell’insegnamento di Gesù. Sembrano ripetersi le circostanze del tempo di Isaia, quando il popolo era chiuso al messaggio di Dio (Is 6,9-10) e come tale situazione di rifiuto previsto dalla tradizione biblica si ripeta ora nella folla che “vedeascolta” ma non comprende.
Rispetto alla folla i discepoli hanno una posizione privilegiata (13,11). Gesù lo mostra nella prima parte della risposta quando distingue tra quelli che vengono messi a conoscenza dei del regno e quelli che ne vengono esclusi. La conoscenza dei misteri di Dio – cioè il piano di Dio – è possibile con un intervento di Dio e non con le proprie forze umane. I discepoli vengono presentati come coloro che comprendono la parola di Gesù non perché sono più intelligenti, ma perché è lui stesso a spiegare loro la sua parola. L’incomprensione delle folle diventa la causa del parlare in parabole: esse non capiscono Gesù, quindi, mettono in evidenza la loro palese incomprensione ostinata o meglio l’incapacità a discernere. I discepoli, al contrario, sono dichiarati come beati perché possono vedere e ascoltare.
- c) La spiegazione della parabola (13,18-23):
Gesù, dopo aver espresso i motivi del suo parlare in parabole, illustra la sorte della parola del Regno nei singoli ascoltatori. Sebbene vengano elencati quattro tipi di terreni, due sono le tipologie di ascoltatori che vengono messe a confronto: chi ascolta la Parola e non comprende (13,19) e chi ascolta la Parola e comprende (13, 23).
Interessante è notare che Matteo, a differenza di Marco, racconta la storia al singolare. É l’impegno personale il banco di verifica del vero ascolto e della vera comprensione. La prima categoria di ascoltatori evidenza l’ascolto della Parola (19), ma non la comprende. La comprensione della Parola è qui da intendere non a livello intellettuale, ma sapienziale, è necessario entrare nel suo significato profondo e salvifico. Nella seconda (13, 20-21) la Parola, oltre che a essere ascoltata, è accolta con gioia.
Tale accoglienza (mancanza di radici) diventa instabile quando all’entusiasmo dell’inizio segue la discontinuità della scelta, dovuta sicuramente a esperienze di sofferenza e persecuzione, inevitabili in ogni cammino di fedeltà all’ascolto di Dio.
La terza possibilità evoca le preoccupazioni materiali che possono soffocare la Parola
(13, 22).
Infine, l’esito positivo: il seme perduto nel triplice terreno viene compensato dal risultato fruttuoso. In sintesi vengono evocate nella parabola tre aspetti che segnano l’atto del credere, attivo e perseverante: l’ascoltare, il comprendere e il portare frutto.
5. Piste meditative per la prassi ecclesiale
- La parabola cosa può dire alla Chiesa oggi? Quale terreno presenta la nostra comunità ecclesiale? E a livello personale quale disponibilità interiore e comprensione manifestiamo davanti all’ascolto della Parola?
- Non è vero che i pericoli segnalati da Gesù ai suoi discepoli circa l’accoglienza della Parola interessano anche noi? Per esempio: l’incostanza di fronte alle difficoltà, la negligenza, la pigrizia, l’ansia per il futuro, le preoccupazioni quotidiane?
- I discepoli sono stati capaci di domandare a Gesù, di interrogarlo sulle loro preoccupazioni e difficoltà. Nel tuo cammino di fedeltà alla Parola di Dio a chi rivolgi i tuoi interrogativi, le tue domande? Dalla qualità delle nostre domande dipendono anche le risposte che Gesù sa comunicarci nel rapporto intimo e personale con lui.
- La figura del seminatore richiama quella della Chiesa nel suo impegno di evangelizzazione: saper comunicare in maniera nuova la figura di Gesù e i valori del vangelo. La Chiesa deve distinguersi per l’autorevolezza del suo insegnamento, per la franchezza del suo dire e per la forza della sua azione. Oggi si necessita di evangelizzatori fiduciosi, solerti e infaticabili. Ogni comunità ecclesiale è sollecitata dalla parabola del seminatore a non svolgere un’azione di selezione circa le persone o contesti sociali dove annunciare il vangelo; è necessario avere larghezza di vedute e dedicarsi anche alle situazioni che sembrano impossibili per comunicare il vangelo. Ogni azione pastorale di evangelizzazione conosce un primo momento di effimero entusiasmo, al quale, però, può seguire una risposta di freddezza e opposizione. I vari tentativi della pastorale, paragonabili al triplice tentativo del seminatore, alla fine sono ricompensati dall’abbondanza del triplice frutto. Certamente la parola di Gesù germoglia e fruttifica in cuori disponibili alla sua azione, ma non bisogna desistere nello scuotere il torpore, l’indecisione e la durezza d’ascolto di molti credenti.
6. Salmo 64 (65)
Tu visiti la terra e la disseti: la ricolmi di ricchezze.
Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu fai crescere il frumento per gli uomini. Così prepari la terra: ne irrighi i solchi, ne spiani le zolle, la bagni con le piogge e benedici i suoi germogli. Coroni l’anno con i tuoi benefici, al tuo passaggio stilla l’abbondanza. Stillano i pascoli del deserto e le colline si cingono di esultanza. I prati si coprono di greggi, le valli si ammantano di grano; tutto canta e grida di gioia.
7. Preghiera finale
Signore, la tua parabola sul seminatore, riguarda ognuno di noi, le strade della nostra vita, la durezza del vivere quotidiano, le difficoltà e i momenti di docilità e che costituiscono il nostro paesaggio interiore. Siamo tutti, di volta in volta: strada, sassi, spine. Ed anche terra fertile, buona. Liberaci dalla tentazione delle potenze negative che tentano di annullare la forza della tua Parola. Fortifica la nostra volontà quando emozioni fuggevoli, incostanze rendono meno efficace la seduzione della tua Parola. Aiutaci a conservare la gioia che l’incontro con la tua Parola sa generare nel nostro cuore. Rendi forte il nostro cuore perché nella tribolazione non ci sentiamo indifesi e quindi esposti allo scoramento. Donaci la forza di resistere alle resistenze che poniamo alla tua Parola quando sopraggiungono le preoccupazioni del mondo, o siamo ingannati dal miraggio del denaro, sedotti dal piacere, dalla vanità di apparire. Rendici terreno buono, persone accoglienti, per essere capaci di rendere il nostro servizio alla tua Parola.
Amen!
Lectio Divina: lunedì, 17 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 10,34-11,1
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’.
Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me. Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”.
Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città.
3) Riflessione
- Il Discorso della Missione del capitolo 10 del Vangelo di san Matteo, offre molti spunti per poter svolgere la missione di discepoli e missionari di Gesù Cristo. Il vangelo di oggi ci presenta la parte finale di questo Discorso della Missione.
- Matteo 10,34-36: Non sono venuto a portare la pace, ma la spada. Gesù parla sempre di pace (Mt 5,9; Mc 9,50; Lc 1,79; 10,5; 19,38; 24,36; Jo 14,27; 16,33; 20,21.26). E allora, come capire la frase del vangelo di oggi che sembra dire il contrario: “Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada.” Questa affermazione non significa che Gesù stesse a favore della divisione e della spada. No! Gesù non vuole né la spada (Gv 18,11), né la divisione. Vuole l’unione di tutti nella verità (cf. Gv 17,17-23). In quel tempo, l’annuncio della verità che lui, Gesù di Nazaret, era il Messia divenne motivo di molta divisione tra i giudei. Nella stessa famiglia o comunità, alcuni erano a favore ed altri radicalmente contro. In questo senso la Buona Novella di Gesù era veramente fonte di divisione, un “segno di contraddizione” (Lc 2,34) o, come diceva Gesù, lui portava la spada.
Così si capisce l’altra avvertenza: “Sono venuto infatti a separare ‘‘il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell’uomo saranno quelli della sua casa’’. Era ciò che stava succedendo, infatti, nelle famiglie e nelle comunità: molta divisione, molta discussione, conseguenza dell’annuncio della Buona Novella tra i giudei di quel tempo, perché alcuni accettavano, altri negavano. Oggi succede la stessa cosa. Molte volte, lì dove la Chiesa si rinnova, l’appello della Buona Novella diventa ‘segno di contraddizione’ e di divisione.
Persone che per anni sono vissute comode nella routine della loro vita cristiana, non vogliono lasciarsi scomodare dalle ‘innovazioni’ del Vaticano II. Scomodate dai mutamenti, usano tutta la loro intelligenza per trovare argomenti in difesa delle loro opinioni e per condannare i mutamenti considerandoli contrari a ciò che loro pensano essere la vera fede.
- Matteo 10,37: Chi ama suo padre e sua madre più di me, non è degno di me. Luca riporta questa stessa frase, ma molto più esigente. Dice letteralmente: “Se qualcuno viene a me, e non odia suo padre e sua madre, i suoi figli, i suoi fratelli, le sue sorelle, e perfino la propria vita, costui non può essere mio discepolo” (Lc 14,26). Come combinare questa affermazione di Gesù con quell’altra in cui ordina di osservare il quarto comandamento: amare e onorare il padre e la madre? (Mc 7,10-12; Mt 19,19). Due osservazioni: (a) Il criterio fondamentale su cui Gesù insiste sempre è questo: la Buona Novella di Dio deve essere il valore supremo della nostra vita. Non ci può essere nella vita un valore più grande. (b) La situazione economica e sociale all’epoca di Gesù era tale che le famiglie si vedevano obbligate a rinchiudersi in se stesse. Non avevano più le condizioni per rispettare gli obblighi della convivenza umana comunitaria, come per esempio: la condivisione, l’ospitalità, l’invito a tavola e l’accoglienza degli esclusi. Questa chiusura individualistica, causata dalla situazione nazionale ed internazionale, produceva distorsioni: (i) Rendeva impossibile la vita in comunità; (ii) Limitava il comandamento “onora il padre e la madre” esclusivamente al piccolo nucleo familiare e non più alla grande famiglia della comunità; (iii) Impediva la manifestazione piena della Buona Novella di Dio, perché se Dio è Padre/Madre noi siamo fratelli e sorelle gli uni degli altri. E questa verità deve incontrare la sua espressione nella vita in comunità. Una comunità viva e fraterna è lo specchio del volto di Dio. La convivenza umana senza comunità è uno specchio incrinato che sfigura il volto di Dio. In questo contesto, la richiesta di Gesù: “odiare padre e madre significava che i discepoli e le discepole dovevano superare la chiusura individualistica della piccola famiglia su di sé, ed ampliarla alla dimensione della comunità. Gesù stesso mise in pratica ciò che insegnò agli altri.
La sua famiglia voleva chiamarlo a rinchiudersi in se stesso. Quando gli dissero: “Guarda, tua madre ed i tuoi fratelli sono fuori e ti cercano”, lui rispose: “Chi è mia madre, e chi sono i miei fratelli?. E guardando le persone attorno a lui disse: “Ecco mia madre e i miei fratelli. Chi fa la volontà di Dio, questo è mio fratello, mia sorella e mia madre” (Mc 3,32-35). Allunga la famiglia! Questo era e continua ad essere fino ad oggi per la piccola famiglia l’unico cammino per poter conservare e trasmettere i valori in cui crede.
- Matteo 10,38-39: Le esigenze della missione dei discepoli. In questi due versetti Gesù dà consigli importanti ed esigenti: (a) Prendere la croce e seguire Gesù: Chi non prende la sua croce e non mi segue non è degno di me. Per percepire tutta la portata di questo primo consiglio è bene aver presente la testimonianza di San Paolo: “Quanto a me invece non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. (Gal 6,14). Caricare la croce suppone, fino ad oggi, un taglio radicale con il sistema iniquo in vigore nel mondo. (b) Avere il coraggio di dare la vita: Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà.” Si sente realizzato nella vita solo chi è capace di darla totalmente agli altri. Chi invece vuole conservarla, la perde. Questo secondo consiglio conferma l’esperienza umana più profonda: la fonte di vita sta nel dono della vita. Dando si riceve. Se il chicco di grano non muore ..… (Gv 12,24).
- Matteo 10,40: L’identificazione del discepolo con Gesù e con Dio stesso. Questa esperienza così umana della donazione e del dono riceve qui un chiarimento, un approfondimento: “Chi accoglie voi, accoglie me e chi accoglie me, accoglie colui che mi ha mandato”. Nel dono totale di sé, il discepolo si identifica con Gesù; lì avviene l’incontro con Dio, e Dio si lascia incontrare da chi lo cerca.
- Matteo 10,41-42: La ricompensa del profeta, del giusto e del discepolo. Il Discorso della Missione termina con una frase sulla ricompensa: Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico, non perderà la sua ricompensa”. In questa frase la sequenza è molto significativa: il profeta è riconosciuto per la sua missione come mandato da Dio. Il giusto è riconosciuto per il suo comportamento, per il suo modo perfetto di osservare la legge di Dio.
Il discepolo è riconosciuto per nessuna qualità o missione speciale, ma semplicemente per la sua condizione sociale di gente piccola. Il Regno non è fatto di cose grandi. E’ come una casa molto grande che si costruisce con mattoni piccoli. Chi disprezza il mattone, difficilmente costruirà la casa. Anche un bicchiere di acqua serve da mattone per la costruzione del Regno.
- Matteo 11,1: La fine del Discorso della Missione. Fine del Discorso della Missione. Quando Gesù ebbe terminato di dare queste istruzioni ai suoi dodici discepoli, partì di là per insegnare e predicare nelle loro città. Ora Gesù parte per mettere in pratica ciò che insegnò. Lo vedremo nei prossimi capitoli 11 e 12 del vangelo di Matteo.
4) Per un confronto personale
- Perdere la vita per guadagnare la vita. Hai avuto qualche esperienza di sentirti ricompensato/a per un atto di donazione o di gratuità agli altri?
- Chi riceve voi, riceve me, e chi riceve me, riceve colui che mi ha mandato. Fermati e pensa ciò che Gesù dice qui: lui e Dio stesso si identificano con te.
5) Preghiera finale
Signore, beato chi abita la tua casa: sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza cresce lungo il cammino il suo vigore. (Sal 83)
Lectio Divina: martedì, 18 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 11,20-24
In quel tempo, Gesù si mise a rimproverare le città nelle quali aveva compiuto il maggior numero di miracoli, perché non si erano convertite: “Guai a te, Corazin! Guai a te, Betsaida.
Perché, se a Tiro e a Sidóne fossero stati compiuti i miracoli che sono stati fatti in mezzo a voi, già da tempo avrebbero fatto penitenza, ravvolte nel cilicio e nella cenere. Ebbene io ve lo dico: Tiro e Sidóne nel giorno del giudizio avranno una sorte meno dura della vostra.
E tu, Cafarnao, ‘‘sarai forse innalzata fino al cielo? Fino agli inferi precipiterai!’’. Perché, se in Sodoma fossero avvenuti i miracoli compiuti in te, oggi ancora essa esisterebbe! Ebbene io vi dico: Nel giorno del giudizio avrà una sorte meno dura della tua!”
3) Riflessione
- Il Discorso della Missione occupa il capitolo 10. I capitoli 11 e 12 descrivono la Missione che Gesù svolgeva e come la svolgeva. Nei due capitoli si parla di come la gente ha aderito, ha dubitato dell’azione evangelizzatrice di Gesù, o la ha rifiutato. Giovanni Battista, che guardava Gesù con gli occhi del passato, non riesce a capirlo (Mt 11,1-15). La gente, che guardava Gesù per interesse, non fu in grado di capirlo (Mt 11,16-19). Le grandi città attorno al lago, che ascoltarono la predicazione di Gesù e videro i suoi miracoli, non vollero aprirsi al suo messaggio (è il testo del vangelo di oggi). I saggi ed i dottori, che apprezzavano tutto a partire dalla loro propria scienza, non furono capaci di capire la predicazione di Gesù (Mt 11,25). I farisei che confidavano solo nell’osservanza della legge, criticavano Gesù (Mt 12,1-8) e decisero di ucciderlo (Mt 12,9-14). Dicevano che Gesù agiva a nome di Belzebù (Mt 12,22-37). Volevano una prova per poter credere in lui (Mt 12,38-45). Nemmeno i parenti di Gesù lo appoggiavano (Mt 12,46-50). Solo i piccoli e la gente malata capiva ed accettava la Buona Novella del Regno (Mt 11,25-30). Andavano dietro a lui (Mt 12,15-16) e vedevano in lui il Servo annunciato da Isaia (Mt 12,17-21).
- Questo modo di descrivere l’azione missionaria di Gesù era un’avvertenza chiara per i discepoli e le discepole che con Gesù percorrevano la Galilea. Non potevano aspettarsi ricompense o elogi per il fatto di essere missionari/e di Gesù. L’avvertenza vale anche per noi che oggi leggiamo e meditiamo questo Discorso della Missione, poiché i vangeli sono scritti per tutti i tempi. Ci invitano a confrontare l’atteggiamento che abbiamo con Gesù con l’atteggiamento dei personaggi che appaiono nel vangelo e a chiederci se siamo come Giovanni Battista (Mt 11,1-15), come la gente interessata (Mt 11,16-19), come le città incredule (Mt 11,20-24), come i dottori che pensavano di sapere tutto e non capivano nulla (Mt 11,25), come i farisei che sapevano solo criticare (Mt 12,1-45) o come la gente piccola che andava alla ricerca di Gesù (Mt 12,15) e che, con la sua saggezza, sapeva capire ed accettare il messaggio del Regno (Mt 11,25-30).
- Matteo 11,20: La parola contro le città che non lo riceveranno. Lo spazio in cui Gesù si mosse durante quei tre anni della sua vita missionaria era piccolo. Solo pochi chilometri quadrati lungo il Mare di Galilea attorno alle città di Cafarnao, Betzaida e Corazin. Solamente! Orbene, fu in questo spazio così ridotto dove Gesù fece la maggior parte dei suoi discorsi e miracoli. Venne a salvare tutta l’umanità, e quasi non uscì dallo spazio limitato della sua terra. Tragicamente, Gesù dovette constatare che la gente di quelle città non volle accettare il messaggio del Regno e non si convertì. Le città si irrigidirono nelle loro credenze, tradizioni e costumi e non accettarono l’invito di Gesù a cambiare vita.
- Matteo 11,21-24: Corazin, Betzaida e Cafarnao sono peggiori di Tiro e Sidone. Nel passato, Tiro e Sidone, nemici ferrei di Israele, maltrattarono il popolo di Dio. Per questo furono maledette dai profeti (Is 23,1; Jr 25,22; 47,4; Ez 26,3; 27,2; 28,2; Jl 4,4; Am 1,10). Ed ora Gesù dice che queste città, simboli di tutta la malvagità, si sarebbero già convertite se in esse si fossero realizzati tutti i miracoli avvenuti a Corazin ed a Betzaida. La città di Sodomia, simbolo della peggiore perversione, fu distrutta dall’ira di Dio (Gen 18,16 a 19,29). Ed ora, Gesù dice che Sodomia esisterebbe fino ad oggi, poiché si sarebbe convertita se avesse visto i miracoli che Gesù fece a Cafarnao. Oggi ancora viviamo questo stesso paradosso. Molti di noi, che siamo cattolici fin da bambini, abbiamo molte solide convinzioni, tanto che nessuno è capaci di convertirci. E in alcuni luoghi, il cristianesimo, invece di essere fonte di cambiamento e di conversione, diventa il rifugio delle forze più reazionarie della politica del paese.
4) Per un confronto personale
- Come mi pongo dinanzi alla Buona Novella di Gesù: come Giovanni Battista, come la gente interessata, come i dottori, come i farisei o come la gente piccola e povera?
- La mia città, il mio paese meritano l’avvertenza di Gesù contro Cafarnao, Corazin e Betzaida?
5) Preghiera finale
Grande è il Signore e degno di ogni lode nella città del nostro Dio.
Il suo monte santo, altura stupenda, è la gioia di tutta la terra. (Sal 47)
Lectio Divina: mercoledì, 19 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura
Dal Vangelo secondo Matteo 11,25-27 In quel tempo, Gesù disse: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te.
Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare”.
3) Riflessione
- Il brano liturgico di Mt 11,25-27 rappresenta una svolta nel vangelo di
Matteo: a Gesù vengono poste le prime domande sull’avvicinarsi del regno dei cieli.
Il primo a porre tali interrogativi sull’identità di Gesù è Giovanni Battista, il quale tramite i suoi discepoli gli rivolge una precisa domanda: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?» (11,3). Invece i Farisei insieme agli Scribi si rapportano a Gesù con parole di rimprovero e giudizio: «Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare di sabato» (12,2).
Sinora nei capp. 1-10 la venuta del regno dei cieli nella persona di Gesù non sembrava avere ostacoli, ma dal cap.11 vengono poste delle precise difficoltà. Ovvero molti iniziano a prendere posizione di fronte alla persona di Gesù: a volte è «oggetto di scandalo», di caduta (11,6); «questa generazione», nel senso di questa discendenza umana , non ha un atteggiamento di accoglienza nei confronti del regno che viene; le città situate lungo il lago non si convertono (11,20); sul comportamento di Gesù si scatena una vera e propria controversia (cap.12) anzi, s’inizia premeditare come farlo morire (12,14). Questo è il clima di sfiducia e di contestazione in cui Matteo inserisce il nostro brano. Ora è arrivato il momento di interrogarsi sull’attività di Gesù: come interpretare queste «opere del Cristo» (11,2.19)? Come spiegare questa azioni taumaturgiche (11, 20.21.23)? Tali interrogativi riguardano la cruciale questione della messianicità di Gesù. Intanto le opere messianiche di Gesù pongono sotto giudizio non soltanto «questa generazione» ma anche le città che sono intorno al lago che non si son convertite all’avvicinarsi del regno nella persona di Gesù.
- Divenire piccolo. L’itinerario più efficace per realizzare questa conversione è diventare «piccoli». Gesù comunica questa strategia della «piccolezza» in una preghiera di riconoscenza (11,27) che ha un parallelo splendido nelle testimonianza resa dal Padre in occasione del battesimo (11,27). Gli studiosi amano chiamare questa preghiera un’ «inno di giubilo». Il ritmo della preghiera di Gesù inizia con una confessione: «ti rendo lode», «confesso a te». Tale espressione introduttiva rende la parola di Gesù alquanto solenne. La preghiera di lode che Gesù pronuncia presenta le caratteristiche di una risposta rivolta al lettore. Gesù si rivolge a Dio con l’espressione «Signore del cielo e della terra», vale a dire, a Dio come creatore e custode del mondo. Nel giudaismo, invece, si era soliti rivolgersi a Dio con l’invocazione «Signore del mondo», ma non l’aggiunta del termine «Padre», caratteristica distintiva della preghiera di Gesù. Il motivo della lode e lo svelarsi di Dio: perché nascondesti…, rivelasti. Il nascondimento riferito ai «sapienti e intelligenti» riguarda gli scribi e i farisei considerati come interamente chiusi e ostili all’avvicinarsi del Regno (3,7ss; 7,29; 9,3.11.34). La rivelazione ai piccoli, il termine greco dice «infanti», coloro che ancora non parlano. Quindi Gesù designa gli uditori privilegiati della proclamazione del regno dei cieli come gli inesperti della legge, i non istruiti. Quali siano «queste cose» che vengono nascoste o rivelate? Il contenuto di questa rivelazione o nascondimento è Gesù, il Figlio di Dio, il rivelatore del Padre. È evidente per il lettore che lo svelarsi di Dio è legato inscindibilmente alla persona di Gesù, alla sua parola, alle sue azioni messianiche. È lui che permette lo svelarsi di Dio e non la legge o gli eventi premonitori del tempo finale.
- Lo svelarsi di Dio dal Padre al Figlio. Nell’ultima parte del discorso Gesù fa un’autopresentazione di se stesso come colui al quale ogni cosa è stata comunicata dal Padre. Nel contesto dell’avvicinarsi del Regno Gesù ha il ruolo e la missione di rivelare il Padre celeste in tutto. In tale compito e ruolo riceve la totalità del potere, del sapere e l’autorità di giudicare. Per confermare questo ruolo così impegnativo Gesù si appella alla testimonianza del Padre, l’unico che possiedo una reale conoscenza di Gesù: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre» e viceversa «e nessuno conosce il Padre se non il Figlio». La testimonianza del Padre è insostituibile perché la dignità unica di Gesù come Figlio venga compresa dai suoi discepoli.
Inoltre, viene affermata l’unicità di Gesù nel rivelare il Padre; lo affermava già il vangelo di Giovanni: «Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio, ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato» (1,18). In sintesi. L’evangelista fa capire ai suoi lettori che lo svelarsi di Dio avviene attraverso il Figlio. Di più: il Figlio rivela il Padre a chi vuole.
4) Per un confronto personale
- La tua preghiera sente il bisogno di esprimere tutta la gratitudine al Padre per i doni con cui cola la tua vita? Ti capita di confessare pubblicamente di esaltare il Signore a motivo delle opere meravigliose che compie nel mondo. Nella chiesa, nella tua vita?
- Nella tua ricerca di Dio fai affidamento sulla tua sapienza e intelligenza o ti lasci guidare dalla sapienza di Dio? Che attenzione poni al tuo rapporto con Gesù? Ascolti la sua Parola? Assumi i suoi sentimenti per scoprire la sua fisionomia di Figlio del Padre celeste?
5) Preghiera finale
La mia bocca annunzierà la tua giustizia, proclamerà sempre la tua salvezza. Tu mi hai istruito, o Dio, fin dalla giovinezza e ancora oggi proclamo i tuoi prodigi. (Sal 70)
Lectio Divina: giovedì, 20 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 11,28-30
In quel tempo, Gesù disse: “Venite a me, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero”.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi è composto da appena tre versetti (Mt 11,28-30) cha fanno parte di una breve unità letteraria, una delle più belle, in cui Gesù ringrazia il Padre per aver rivelato la saggezza del Regno ai piccoli e perché la nasconde ai dottori e ai saggi (Mt 11,25-30). Nel breve commento che segue includeremo tutta l’unità letteraria.
- Matteo 11,25-26: Solo i piccoli accettano e comprendono la Buona Novella del Regno. Gesù recita una preghiera: “Io ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai saggi e ai sapienti e le hai rivelate ai piccoli”. I saggi, i dottori di quell’epoca, hanno creato un sistema di leggi che imponevano al
popolo in nome di Dio (Mt 23,3-4). Loro pensavano che Dio esigeva dalla gente queste osservanze. Ma la legge dell’amore, che Gesù ci ha rivelato, diceva il contrario. Ciò che importa per salvarci, non è ciò che facciamo per Dio, ma ciò che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! Dio vuole misericordia e non sacrifici (Mt 9,13). La gente piccola e povera capiva questo modo di parlare di Gesù e si rallegrava. I saggi dicevano che Gesù era nell’errore. Non riuscivano a capire questo insegnamento. Sì, Padre, perché così ti è piaciuto! Piace al Padre che i piccoli capiscano il messaggio del Regno e che i saggi e i sapienti non lo capiscano! Se loro vogliono capirlo, devono diventare alunni dei piccoli! Questo modo di pensare e di insegnare scomoda la gente e cambia la convivenza.
- Matteo 11,27: L’origine della nuova Legge: il Figlio conosce il Padre. Quello che il Padre ci deve dire, lo ha consegnato a Gesù, e Gesù lo rivela ai piccoli, perché questi si aprano al suo messaggio. Gesù, il Figlio, conosce il Padre. Lui sa ciò che il Padre ci voleva comunicare, quando molti secoli or sono, consegnò la sua Legge a Mosè. Anche oggi, Gesù sta insegnando molte cose ai poveri e ai piccoli e, attraverso di loro, a tutta la sua Chiesa.
- Matteo 11,28-30: L’invito di Gesù valido fino ad oggi. Gesù invita tutti coloro che sono stanchi ad andare da lui, e lui promette riposo. Nelle comunità attuali, noi dovremmo essere la continuazione di questo invito che Gesù rivolse alla gente stanca ed oppressa dal peso delle osservanze richieste dalle legge di purezza. Lui dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Molte volte, questa frase è stata manipolata, per chiedere alla gente sottomissione, mansuetudine e passività. Gesù vuole dire il contrario. Chiede alla gente di non ascoltare “i sapienti ed intelligenti”, i professori di religione dell’epoca e di cominciare ad imparare da lui, da Gesù, un uomo venuto dall’entroterra di Galilea, senza istruzione superiore, che si dice “mite
ed umile di cuore”. Gesù non fa come gli scribi che si esaltano con la loro scienza, ma si mette accanto alla gente sfruttata ed umiliata. Gesù, il nuovo maestro, sa per esperienza ciò che avviene nel cuore del popolo che soffre. Lui lo ha vissuto da vicino e lo ha conosciuto nei trent’anni di vita a Nazaret.
- Come Gesù mette in pratica ciò che insegnò nel Discorso della Missione. Gesù ha una passione: annunciare la Buona Novella del Regno. Passione per il Padre e per la gente povera ed abbandonata della sua terra. Lì dove Gesù incontrava gente che lo ascoltava, Gesù trasmetteva la Buona Novella. In qualsiasi posto. Nelle sinagoghe durante la celebrazione della Parola (Mt 4,23). Nelle case degli amici (Mt 13,36). Andando lungo il cammino con i discepoli (Mt 12,1-8). Lungo le rive del mare, seduto in una barca (Mt 13,1-3). Sulla montagna, da dove proclamò le beatitudini (Mt 5,1). Nelle piazze e nelle città, dove la gente gli portava i malati (Mt 14,34-36). Anche nel
Tempio di Gerusalemme, durante i pellegrinaggi (Mt 26,55)! In Gesù, tutto è rivelazione di ciò che portava dentro! Non solo annunciava la Buona Novella del Regno. Lui stesso era e continua ad essere un segno vivo del Regno. In lui appare evidente ciò che succede quando un essere umano lascia che Dio regni nella sua vita. Il vangelo di oggi rivela la tenerezza con cui Gesù accoglie i piccoli. Lui voleva che loro incontrassero riposo e pace. Per questa sua scelta, per i piccoli ed esclusi, Gesù fu criticato e perseguitato. Soffrì molto! Lo stesso avviene oggi. Quando una comunità cerca di aprirsi e di essere un luogo di accoglienza e di consolazione per i piccoli e gli esclusi di oggi che sono gli stranieri ed i migranti, molte persone non sono d’accordo e criticano.
4) Per un confronto personale
- Hai sperimentato qualche volta il riposo promesso da Gesù?
- Come possono, le parole di Gesù, aiutare la nostra comunità ad essere un luogo di riposo per le nostre vite?
5) Preghiera finale
È in te, Signore, la sorgente della vita, alla tua luce vediamo la luce.
Concedi la tua grazia a chi ti conosce, la tua giustizia ai retti di cuore. (Sal 35)
Lectio Divina: venerdì, 21 luglio, 2023
1) Preghiera
O Dio, che mostri agli erranti la luce della tua verità, perché possano tornare sulla retta via, concedi a tutti coloro che si professano cristiani di respingere ciò che è contrario a questo nome e di seguire ciò che gli è conforme. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 12,1-8
In quel tempo, Gesù passò tra le messi in giorno di sabato, e i suoi discepoli ebbero fame e cominciarono a cogliere spighe e le mangiavano.
Ciò vedendo, i farisei gli dissero: “Ecco, i tuoi discepoli stanno facendo quello che non è lecito fare in giorno di sabato”.
Ed egli rispose: “Non avete letto quello che fece Davide quando ebbe fame insieme ai suoi compagni? Come entrò nella casa di Dio e mangiarono i pani dell’offerta, che non era lecito mangiare né a lui né ai suoi compagni, ma solo ai sacerdoti? O non avete letto nella Legge che nei giorni di sabato i sacerdoti nel tempio infrangono il sabato e tuttavia sono senza colpa? Ora io vi dico che qui c’è qualcosa più grande del tempio. Se aveste compreso che cosa significhi: Misericordia io voglio e non sacrificio, non avreste condannato persone senza colpa. Perché il Figlio dell’uomo è signore del sabato”.
3) Riflessione
- Nel vangelo di oggi vediamo da vicino molti conflitti tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca. Sono conflitti attorno alle pratiche religiose di quel tempo: digiuno, purezza, osservanza del sabato, etc. In termini odierni, sarebbero conflitti riguardanti per esempio, il matrimonio tra persone divorziate, l’amicizia con prostitute, l’accoglienza degli omosessuali, la comunione senza sposarsi in chiesa, il non andare a messa la domenica, non digiunare il venerdì della settimana santa. Sono molti i conflitti: in casa, a scuola, nel lavoro, in comunità, in chiesa, nella vita personale, nella società. Conflitti di crescita, di relazione, di età, di mentalità. Tanti! Vivere la vita senza conflitto è impossibile! Il conflitto fa parte della vita e spunta fin dalla nascita. Nasciamo con dolori di parto. I conflitti non sono incidenti lungo il percorso, ma fanno parte del cammino, del processo di conversione. Ciò che colpisce è il modo in cui Gesù affronta i conflitti. Nella discussione con gli avversari, non si trattava di aver ragione contro di loro, ma di far prevalere l’esperienza che lui, Gesù, aveva di Dio, Padre e Madre. L’immagine di Dio che gli altri avevano era quella di un giudice severo che minacciava e condannava solamente. Gesù cerca di far prevalere la misericordia sull’osservanza cieca delle norme e della legge che non avevano nulla a che vedere con l’obiettivo della Legge che è la pratica dell’amore.
- Matteo 12,1-2: Raccogliere grano il giorno di sabato e la critica dei farisei. In un giorno di sabato, i discepoli passavano lungo le piantagioni e si aprivano il cammino cogliendo spighe per mangiarle. Avevano fame. I farisei giungono ed invocano la Bibbia per dire che i discepoli stanno commettendo una trasgressione della legge del Sabato (cf Es 20,8-11). Anche Gesù usa la Bibbia e risponde invocando tre esempi tratti dalla Scrittura: (a) di Davide, (b) dalla legislazione sul lavoro dei sacerdoti nel tempio e (c) dall’azione del profeta Osea, ossia, cita un libro storico, un libro legislativo e un libro profetico.
- Matteo 12,3-4: L’esempio di Davide. Gesù ricorda che Davide stesso fece una cosa proibita dalla legge, perché tolse il pane sacro dal tempio e lo dette da mangiare ai soldati che avevano fame (1 Sam 21,2-7). Nessun fariseo ebbe il coraggio di criticare il re Davide! • Matteo 12,5-6: L’esempio dei sacerdoti. Accusato dalle autorità religiose, Gesù argomenta partendo da ciò che loro stesse, le autorità religiose, fanno il giorno di sabato. Nel tempio di Gerusalemme, il giorno di sabato, i sacerdoti lavoravano molto di più degli altri giorni della settimana, poiché dovevano sacrificare gli animali per i sacrifici, dovevano, pulire, scopare, caricare pesi, sgozzare gli animali, etc., e nessuno diceva che era contro la legge, pensavano che fosse normale! La legge stessa li obbligava a fare questo (Num 28,9-10).
- Matteo 12,7: L’esempio del profeta. Gesù cita la frase del profeta Osea: Misericordia voglio e non sacrificio. La parola misericordia significa avere il cuore (cor) nella miseria (miseri) degli altri, ossia, la persona misericordiosa deve stare molto vicino alla sofferenza delle persone, deve identificarsi con loro. La parola sacrificio significa fare (fício) che una cosa sia consacrata (sacri), ossia chi offre un sacrificio separa l’oggetto sacrificato dall’uso profano e lo distanzia dalla vita giornaliera della gente. Se i farisei avessero avuto questo modo di guardare la vita del profeta Osea, avrebbero saputo che il sacrificio più gradito a Dio non è che la persona consacrata viva lontano dalla realtà, ma che disponga interamente il suo cuore consacrato al servizio dei fratelli e delle sorelle per sollevarli dalla miseria. Non avrebbero considerato colpevoli coloro che in realtà erano innocenti.
- Matteo 12,8: Il Figlio dell’Uomo è padrone del sabato. Gesù termina con questa frase: il Figlio dell’Uomo è padrone perfino del sabato! Gesù stesso è il criterio dell’interpretazione della Legge di Dio. Gesù conosceva la Bibbia a memoria e la invocava per indicare che gli argomenti degli altri non avevano fondamento. In quel tempo, non c’erano Bibbie stampate come le abbiamo oggi. In ogni comunità c’era solo una Bibbia scritta a mano, che rimaneva nella sinagoga. Se Gesù conosceva così bene la Bibbia, vuol dire che durante i trenta anni della sua vita a Nazaret, aveva partecipato intensamente alla vita di comunità, dove ogni sabato si leggevano le scritture. La nuova esperienza di Dio Padre, faceva sì che Gesù riuscisse a scoprire meglio l’intenzione di Dio nel decretare le leggi dell’Antico Testamento. Vivendo trenta anni a Nazaret e sentendo nella sua pelle l’oppressione e l’esclusione di tanti fratelli e sorelle, in nome della Legge, Gesù deve aver percepito che non poteva essere questo il senso della legge.
- Se Dio è Padre, allora accoglie tutti come figli e figlie. Se Dio è Padre, allora noi dobbiamo essere fratelli e sorelle tra di noi. Gesù visse questo e pregò per questo, dal principio fino alla fine. La Legge deve stare al servizio della vita e della fraternità. “L’essere umano non è fatto per il sabato, ma il sabato per l’essere umano” (Mc 2,27). Per la sua fedeltà a questo messaggio Gesù fu condannato a morte. Lui scomodò il sistema, e il sistema si difese, usando la forza contro Gesù, poiché lui voleva che la Legge fosse messa al servizio della vita, e non viceversa. Ci manca molto per conoscere a fondo la Bibbia e per partecipare a fondo alla comunità, come fece Gesù.
4) Per un confronto personale
- Che tipo di conflitti vivi in famiglia, nella società e nella Chiesa? Quali sono i conflitti riguardo alle pratiche religiose che oggi, recano sofferenza alle persone e sono motivo di discussione e di polemica? Qual è l’immagine di Dio che è dietro tutti questi preconcetti, dietro tutte queste norme e proibizioni?
- Cosa ti ha insegnato il conflitto in tutti questi anni? Qual è il messaggio che trai da tutto questo per le nostre comunità di oggi?
5) Preghiera finale
Signore, se penso a te nelle veglie notturne, a te che sei stato il mio aiuto, esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia e la forza della tua destra mi sostiene. (Sal 62)
Lectio Divina: sabato, 22 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Giovanni 20,1-2.11-18
Nel giorno dopo il sabato, Maria di Magdala si recò al sepolcro di buon mattino, quand’era ancora buio, e vide che la pietra era stata ribaltata dal sepolcro.
Maria stava all’esterno vicino al sepolcro e piangeva. Mentre piangeva, si chinò verso il sepolcro e vide due angeli in bianche vesti, seduti l’uno dalla parte del capo e l’altro dei piedi, dove era stato posto il corpo di Gesù. Ed essi le dissero: “Donna, perché piangi?”.
Rispose loro: “Hanno portato via il mio Signore e non so dove lo hanno posto”. Detto questo, si voltò indietro e vide Gesù che stava lì in piedi; ma non sapeva che era Gesù.
Le disse Gesù: “Donna, perché piangi? Chi cerchi?”. Essa, pensando che fosse il custode del giardino, gli disse: “Signore, se l’hai portato via tu, dimmi dove lo hai posto e io andrò a prenderlo”.
Gesù le disse: “Maria!”. Essa allora voltatasi verso di lui, gli disse in ebraico: “Rabbunì!”, che significa: Maestro! Gesù le disse: “Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro”.
Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: “Ho visto il Signore” e anche ciò che le aveva detto.
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi ci presenta l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena, la cui festa celebriamo oggi. La morte di Gesù, il suo grande amico, le fa perdere il senso della vita. Ma non smette di cercarlo. Va al sepolcro per incontrare di nuovo colui che la morte le aveva rubato. Ci sono momenti nella vita in cui crolla tutto. Sembra che tutto è finito. Morte, disastri, dolori, delusioni, tradimenti! Tante cose che possono farci perdere la terra sotto i piedi e produrre in noi una crisi profonda. Ma può succedere anche qualcosa di diverso.
Improvvisamente, l’incontro con un’amicizia può ridare senso alla nostra vita e farci scoprire che l’amore è più forte della morte e della sconfitta. Nel modo in cui viene descritta l’apparizione di Gesù a Maria Maddalena scorgiamo le tappe del suo percorso, dalla ricerca dolorosa dell’amico morto all’incontro con il risorto. Sono anche le tappe che percorriamo noi tutti, lungo la vita, alla ricerca di Dio e nel vissuto del vangelo E’ il processo di morte e di resurrezione che si prolunga giorno dopo giorno.
- Giovanni 20,1: Maria Maddalena va al sepolcro. C’era un amore profondo tra Gesù e Maria Maddalena. Lei fu una delle poche persone che ebbero il coraggio di rimanere con Gesù fino all’ora della sua morte in croce. Dopo il riposo obbligatorio del sabato, lei ritornò al sepolcro, per stare nel luogo dove aveva incontrato l’Amato per l’ultima volta. Ma, con sua grande sorpresa, il sepolcro era vuoto!
- Giovanni 20,11-13: Maria Maddalena piange, ma cerca. Piangendo, Maria Maddalena si inchina e guarda nel sepolcro, dove vede due angeli vestiti di bianco, seduti nel luogo dove era stato collocato il corpo di Gesù, uno alla testa l’altro ai piedi del sepolcro. Gli angeli le chiedono: “Perché piangi? ” Risposta: “Hanno portato via il mio signore e non so dove l’hanno messo!” Maria Maddalena cerca il Gesù che lei ha conosciuto, lo stesso con cui aveva vissuto tre anni.
- Giovanni 20,14-15: Maria Maddalena parla con Gesù senza riconoscerlo. I discepoli di Emmaus videro Gesù, ma non lo riconobbero (Lc 24,15-16). Lo stesso avviene con Maria Maddalena. Lei vede Gesù, ma non lo riconosce. Pensa che è il custode del giardino. Anche Gesù chiede, come hanno fatto gli angeli: “Perché piangi?” Ed aggiunge: “Chi stai cercando?” Risposta: “Se l’hai portato via tu, dimmi dove l’hai posto ed io andrò a prenderlo!” Lei cerca ancora il Gesù del passato, lo stesso di tre giorni prima. L’immagine di Gesù del passato impedisce che lei riconosca il Gesù vivo, presente dinanzi a lei.
- Giovanni 20,16: Maria Maddalena riconosce Gesù. Gesù pronuncia il nome “Maria!” (Miriam) Ecco il segno di riconoscimento: la stessa voce, lo stesso modo di pronunciare il nome. Lei risponde: “Maestro!” (Rabuni) Gesù si volta. La prima impressione è che la morte non è stata che un incidente doloroso di percorso, ma che ora tutto è ritornato come prima. Maria abbraccia Gesù con forza. Era lo stesso Gesù che era morto in croce, lo stesso che lei aveva conosciuto ed amato. Qui avviene ciò che Gesù dice nella parabola del Buon Pastore: “Lui le chiama per nome e loro conoscono la sua voce”. – “Io conosco le mie pecore, e le mie pecore mi conoscono!
(Gv 10,3.4.14).
- Giovanni 20,17: Maria Maddalena riceve la missione di annunciare la risurrezione agli apostoli. Infatti, è lo stesso Gesù, ma il modo di stare con lei non è lo stesso. Gesù le dice: “Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre!” Gesù va a stare insieme al Padre. Maria Maddalena non lo deve trattenere e deve assumere la sua missione: “Ma va’ dai miei fratelli e dì loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro.
Chiama i discepoli “miei fratelli”. Salendo al Padre, Gesù ci apre il cammino per farci stare vicino a Dio. “Voglio che loro stiano con me dove io sto” (Gv 17,24; 14,3).
- Giovanni 20,18: La dignità e la missione di Maria Maddalena e delle donne. Maria Maddalena viene chiamata discepola di Gesù (Lc 8,1-2); testimone della sua crocifissione (Mc 15,40-41; Mt 27,55-56; Jo 19,25), della sua sepoltura (Mc 15,47; Lc 23,55; Mt 27,61), e della sua risurrezione (Mc 16,1-8; Mt 28,1-10; Lc 24,1-10; Gv 20,1.11-18). Ed ora riceve l’ordine, le viene ordinato, di andare dai Dodici ad annunciare che Gesù è vivo. Senza questa Buona Novella della Risurrezione, le sette lampade dei sacramenti si spegnerebbero (Mt 28,10; Jo 20,17-18).
4) Per un confronto personale
- Tu hai avuto un’esperienza che ha prodotto in te la sensazione di perdita e di morte? Cosa ti ha dato nuova vita e ti ha ridato la speranza e la gioia di vivere?
- Maria Maddalena cercava Gesù in un certo modo e lo incontrò di nuovo in un altro modo. Come avviene oggi questo nella nostra vita?
5) Preghiera finale
O Dio, tu sei il mio Dio, all’aurora, ti cerco, di te ha sete l’anima mia, a te anela la mia carne, come terra deserta, arida, senz’acqua. (Sal 62)
Lectio Divina: domenica, 23 luglio, 2023
XVI Settimana del Tempo Ordinario
La misteriosa crescita del Regno
La pazienza di Dio
Matteo 13, 24-43
1. Orazione iniziale
Spirito di verità, inviatoci da Gesù per guidarci alla verità tutta intera, apri la nostra mente all’intelligenza delle Scritture. Tu che, scendendo su Maria di Nazaret, l’hai resa terra buona dove il Verbo di Dio ha potuto germinare, purifica i nostri cuori da tutto ciò che pone resistenza alla Parola. Fa’ che impariamo come lei ad ascoltare con cuore buono e perfetto la Parola che Dio ci rivolge nella vita e nella Scrittura, per custodirla e produrre frutto con la nostra perseveranza.
2. Lettura
- Divisione del testo:
Il testo consta di tre parabole, un intermezzo, e la spiegazione della prima parabola.
Le tre parabole, quella della zizzania e del grano (13, 24-30), quella del granello di senapa (13, 31-32), e quella del lievito (13, 33), hanno lo stesso scopo. Esse vogliono correggere l’aspettativa dei contemporanei di Gesù che credevano che il Regno di Dio avrebbe fatto irruenza con forza eliminando subito tutto ciò che gli era contrario. Attraverso queste parabole Gesù vuole spiegare ai suoi uditori che egli non è venuto per instaurare il Regno con potenza, ma per inaugurare i tempi nuovi gradualmente, nella quotidianità della storia, in un modo che spesso passa inosservato. Eppure la sua opera ha una forza inerente, un dinamismo e un potere trasformante che pian piano va cambiando la storia dal di dentro secondo il progetto di Dio… se si ha occhi per vedere! In 13, 10-17, tra la parabola del seminatore e la sua spiegazione, l’evangelista inserisce un dialogo tra Gesù e i suoi discepoli in cui il Maestro spiega loro il motivo per cui alle folle parla solo in parabole. Anche qui, tra le parabole e la spiegazione, l’evangelista fa un breve commento sul perché Gesù parla in parabole (13, 34-35).
Segue infine la spiegazione della parabola della zizzania e del grano (13, 36-43). Ciò che colpisce in questa spiegazione è che mentre molti dettagli della parabola sono interpretati, non si fa un minimo cenno al fulcro della parabola, cioè al dialogo tra il padrone e i suoi servi riguardo alla zizzania che è cresciuta con il grano. Molti studiosi ne deducono che la spiegazione della parabola non risale a Gesù, ma è opera dell’evangelista e cambia il senso originario della parabola. Mentre Gesù intendeva correggere l’impazienza messianica dei suoi contemporanei, Matteo si indirizza ai cristiani tiepidi per esortarli e quasi minacciarli con il giudizio di Dio. Parabola e spiegazione fanno comunque parte del testo canonico e quindi vanno tenute ambedue in considerazione perché tutte e due contengono la Parola di Dio rivolta a noi oggi.
- Il testo:
24-30: Un’altra parabola espose loro così: «Il regno dei cieli si può paragonare a un uomo che ha seminato del buon seme nel suo campo. Ma mentre tutti dormivano venne il suo nemico, seminò zizzania in mezzo al grano e se ne andò.
Quando poi la messe fiorì e fece frutto, ecco apparve anche la zizzania. Allora i servi andarono dal padrone di casa e gli dissero: Padrone, non hai seminato del buon seme nel tuo campo? Da dove viene dunque la zizzania? Ed egli rispose loro: Un nemico ha fatto questo. E i servi gli dissero: Vuoi dunque che andiamo a raccoglierla? No, rispose, perché non succeda che, cogliendo la zizzania, con essa sradichiate anche il grano. Lasciate che l’una e l’altro crescano insieme fino alla mietitura e al momento della mietitura dirò ai mietitori: Cogliete prima la zizzania e legatela in fastelli per bruciarla; il grano invece riponetelo nel mio granaio».
31-32: Un’altra parabola espose loro: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami». 33: Un’altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti». 34-35: Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo.
36-43: Poi Gesù lasciò la folla ed entrò in casa; i suoi discepoli gli si accostarono per dirgli: «Spiegaci la parabola della zizzania nel campo». Ed egli rispose: «Colui che semina il buon seme è il Figlio dell’uomo. Il campo è il mondo. Il seme buono sono i figli del regno; la zizzania sono i figli del maligno, e il nemico che l’ha seminata è il diavolo. La mietitura rappresenta la fine del mondo, e i mietitori sono gli angeli. Come dunque si raccoglie la zizzania e si brucia nel fuoco, così avverrà alla fine del mondo.
Il Figlio dell’uomo manderà i suoi angeli, i quali raccoglieranno dal suo regno tutti gli scandali e tutti gli operatori di iniquità e li getteranno nella fornace ardente dove sarà pianto e stridore di denti. Allora i giusti splenderanno come il sole nel regno del Padre loro. Chi ha orecchi, intenda!»
- Un momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella riflessione personale.
- Di fronte al male che vedi nel mondo e in te stesso, quale è la tua reazione, quella dei servi o quella del padrone?
- Quali sono i segni della presenza del Regno che riesci a intravedere nel mondo e nella tua vita?
- Quale immagine di Dio emana da queste tre parabole? È questa la tua immagine di Dio?
5. Una chiave di lettura
per quelli che vogliono approfondire di più l’argomento.
- a) Il Regno di Dio:
Nei due sommari che ci offre sul ministero di Gesù, Matteo lo presenta predicando il vangelo o la buona novella del Regno e sanando (4, 23; 9,35). L’espressione “Regno dei Cieli” si trova 32 volte in Matteo. Essa è equivalente a “Regno di Dio”, che si trova solo 4 volte in Matteo, mentre è l’espressione più usuale nel resto del Nuovo Testamento. Per rispetto, gli ebrei evitano di menzionare non solo il Nome di Dio che è stato rivelato a Mosè (vedi Es 3, 13-15), ma anche la parola Dio che sostituiscono con varie parole ed espressioni tra cui “Il Cielo” o “I Cieli”.
Matteo, il più ebraico dei vangeli, si conforma a questa usanza.
L’espressione non si trova nell’Antico Testamento, dove però si trova spesso l’idea della regalità di Dio su Israele e sull’universo e anche l’equivalente verbale dell’espressione neotestamentaria, “Dio regna”. Infatti il Regno di Dio, come viene anche presentato nel Nuovo Testamento, è soprattutto l’azione di Dio che regna e la situazione nuova che risulta del suo regnare. Dio è stato sempre re ma con il peccato Israele e l’umanità tutta intera si sottraggono dalla sua regalità e creano una situazione contraria al suo progetto originario. Il Regno di Dio si stabilirà quando tutto sarà di nuovo sottomesso al suo dominio cioè quando, accettando la sua sovranità, l’umanità realizzerà il suo disegno.
Gesù ha proclamato la venuta di questi tempi nuovi (vedi ad esempio Mt 3, 2). In qualche modo la realtà del Regno di Dio è resa presente e anticipata in lui e nella comunità fondata da lui. Ma la Chiesa non è ancora il Regno. Esso cresce misteriosamente e gradualmente fino a raggiungere la sua pienezza alla fine dei tempi. b) La logica di Dio:
La realtà del Regno e la sua crescita, come vengono descritti da Gesù, ci mettono di fronte al mistero di Dio i cui pensieri non sono i nostri pensieri. Noi confondiamo regalità con forza, con imposizioni, con trionfalismo. Ci piacciono le cose fatte alla grande. Consideriamo riuscita un’impresa che viene acclamata e a cui aderiscono molte persone. Queste purtroppo, sono tentazioni da cui anche la comunità cristiana si lascia sedurre e invece di essere a servizio del Regno si trova spesso in contrapposizione ad esso. Dio, da parte sua, preferisce portare avanti il suo progetto con le cose piccole, povere, insignificanti, e mentre noi abbiamo sempre fretta di portare a termine i nostri progetti, Dio sa attendere con molta pazienza e longanimità.
6. Salmo 145
Inno al Signore re
O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre. Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre. Grande è il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare. Una generazione narra all’altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie.
Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi. Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza.
Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia.
Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature. Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza,
per manifestare agli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del tuo regno. Il tuo regno è regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione. Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque è caduto.
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente. Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere.
Il Signore è vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero. Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva.
Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre.
7. Orazione Finale
Sap 11, 24-12, 2. 15-18
“Tu hai compassione di tutti, perché tutto tu puoi, non guardi ai peccati degli uomini, in vista del pentimento.
Poiché tu ami tutte le cose esistenti e nulla disprezzi di quanto hai creato; se avessi odiato qualcosa, non l’avresti neppure creata.
Come potrebbe sussistere una cosa, se tu non vuoi?
O conservarsi se tu non l’avessi chiamata all’esistenza?
Tu risparmi tutte le cose, perché tutte sono tue, Signore, amante della vita, poiché il tuo spirito incorruttibile è in tutte le cose.
Per questo tu castighi poco alla volta i colpevoli e li ammonisci ricordando loro i propri peccati, perché, rinnegata la malvagità, credano in te, Signore…
Essendo giusto, governi tutto con giustizia.
Condannare chi non merita il castigo lo consideri incompatibile con la tua potenza. La tua forza infatti è principio di giustizia; il tuo dominio universale ti rende indulgente con tutti.
Mostri la forza se non si crede nella tua onnipotenza e reprimi l’insolenza in coloro che la conoscono.
Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza; ci governi con molta indulgenza, perché il potere lo eserciti quando vuoi.”
Lectio Divina: lunedì, 24 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 12,38-42
In quel tempo, alcuni scribi e farisei interrogarono Gesù: “Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno”. Ed egli rispose: “Una generazione perversa e adultera pretende un segno!
Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta. Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.
Quelli di Ninive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona. Ecco, ora qui c’è più di Giona! La regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone!”
3) Riflessione
- Il vangelo di oggi ci presenta una discussione tra Gesù e le autorità religiose dell’epoca. Questa volta sono i dottori della legge ed i farisei che chiedono a Gesù di
fare loro vedere un segno. Gesù aveva fatto molti segni: aveva guarito il lebbroso (Mt 8,1-4), il servo del centurione (Mt 8,5-13), la suocera di Pietro (Mt 8,14-15), i malati e i posseduti della città (Mt 8,16), aveva calmato la tempesta (Mt 8,23-27), scacciato i demoni (Mt 8,28-34) ed aveva fatto molti altri miracoli. La gente, vedendo questi segni, riconobbe in Gesù il Servo di Yavè (Mt 8,17; 12,17-21). Ma i dottori e i farisei non furono capaci di percepire il significato di tanti segnali che Gesù aveva già fatto. Loro volevano qualcosa di diverso.65
- Matteo 12,38: La richiesta di un segno da parte dei farisei e dei dottori. I farisei giunsero e dissero a Gesù: “Maestro, vogliamo vedere un segno fatto da te”. Vogliono che Gesù faccia un segno per loro, un miracolo, così potranno verificare ed esaminare se Gesù è o no colui che è mandato da Dio secondo ciò che loro immaginavano e speravano. Vogliono constatarlo. Vogliono sottoporre Gesù ai loro criteri, in modo da poterlo inquadrare nello schema del loro messianismo. In loro non c’é apertura per una possibile conversazione. Non avevano capito nulla di ciò che Gesù aveva fatto.
- Matteo 12,39: La risposta di Gesù: il segno di Giona. Gesù non si sottopone alla richiesta delle autorità religiose, perché non è sincera. “Una generazione perversa e adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato, se non il segno di Giona profeta.” Queste parole costituiscono un giudizio molto forte riguardo ai dottori e ai farisei. Loro evocano l’oracolo di Osea che denunciava il popolo, accusandolo di essere una sposa infedele ed adultera (Os 2,4). Il vangelo di Marco dice che Gesù, dinanzi alla richiesta dei farisei, sospirò profondamente (Mc 8,12), probabilmente di disgusto e di tristezza dinanzi ad una cecità così grande. Perché a nulla serve mettere un bel quadro davanti a chi non vuole aprire gli occhi. Chi chiude gli occhi non può vedere! L’unico segno che sarà loro dato è il segno di Giona.
- Matteo 12,41: Qui c’è più di Giona. Gesù guarda verso il futuro: “Come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra”. Ossia, l’unico segno sarà la risurrezione di Gesù che si prolungherà nella risurrezione dei suoi seguaci. Questo è il segno che nel futuro sarà dato ai dottori e ai farisei. Loro saranno messi dinanzi al fatto che Gesù, da loro condannato a morte e a una morte di croce, Dio lo risusciterà e continuerà a risuscitare in molti modi coloro che crederanno in lui. Per esempio, lui risusciterà nella testimonianza degli apostoli, “persone non istruite” che avranno il coraggio di affrontare le autorità annunciando la risurrezione di Gesù (At 4,13). Ciò che converte è la testimonianza! Non i miracoli: “Quelli di Ninive si alzeranno a giudicare questa generazione e la condanneranno, perché essi si convertirono alla predicazione di Giona”. La gente di Ninive si convertì dinanzi alla testimonianza della predicazione di Giona e denunciò l’incredulità dei dottori e dei farisei. Poiché “ecco, qui ora c’è più di Giona”.
- Matteo 12,42: Qui ora c’è più di Salomone. L’allusione alla conversione della gente di Nivine associa e fa ricordare l’episodio della Regina di Saba. “Nel giorno del giudizio la regina del sud si leverà a giudicare questa generazione e la condannerà, perché essa venne dall’estremità della terra per ascoltare la sapienza di Salomone; ecco, ora qui c’è più di Salomone!” Questa evocazione dell’episodio della Regina di Saba che riconosce la saggezza di Salomone, indica come veniva usata la Bibbia in quel tempo. Per associazione. La regola principale dell’interpretazione era questa: “La Bibbia si spiega mediante la Bibbia”. Finora questa è una delle norme più importanti per l’interpretazione della Bibbia, soprattutto per la lettura orante della Parola di Dio.
4) Per un confronto personale
- Convertirsi vuol dire cambiare comportamento morale, ma anche cambiare le idee e il modo di pensare. Moralista è colui che cambia comportamento, ma conserva inalterato il suo modo di pensare. E io, come sono?
- Dinanzi all’attuale rinnovamento della Chiesa, sono fariseo che chiede un segno o sono come la gente che riconosce che questo è il cammino voluto da Dio?
5) Preghiera finale
Poiché la tua grazia Signore vale più della vita, le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva, nel tuo nome alzerò le mie mani. (Sal 62)
Lectio Divina: martedì, 25 luglio, 2023
- Giacomo, apostolo, Festa
1) Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, tu hai voluto che san Giacomo, primo fra gli Apostoli, sacrificasse la vita per il Vangelo; per la sua gloriosa testimonianza conferma nella fede la tua Chiesa e sostienila sempre con la tua protezione. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 20,20-28
In quel tempo, si avvicinò a Gesù la madre dei figli di Zebedeo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse: “Che cosa vuoi?” Gli rispose: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”.
Rispose Gesù: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?”.
Gli dicono: “Lo possiamo”. Ed egli soggiunse: “Il mio calice lo berrete; però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”.
Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli; ma Gesù, chiamatili a sé, disse: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere.
Non così dovrà essere tra voi; ma colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo; appunto come il Figlio dell’uomo, che non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la sua vita in riscatto per molti”.
3) Riflessione
- Gesù e i discepoli sono in cammino verso Gerusalemme (Mt 20,17). Gesù sa che lo uccideranno (Mt 20,8). Il profeta Isaia lo aveva già annunziato (Is 50,4-6; 53,1-10). La sua morte non sarà il frutto di un destino cieco o di un piano prestabilito, ma sarà la conseguenza dell’impegno liberamente assunto di essere fedele alla missione che ricevette dal Padre insieme ai poveri della sua terra. Gesù aveva già avvisato che il discepolo deve seguire il maestro e portare la sua croce dietro di lui (Mt 16,21.24), Ma
i discepoli non capirono bene cosa stava succedendo (Mt 16,22-23; 17,23). La sofferenza e la croce non si combinavano con l’idea che avevano del messia.
- Matteo 20,20-21: La richiesta della madre dei figli di Zebedeo. I discepoli non solo non capiscono, ma continuano a pensare alle loro ambizioni personali. La madre dei figli di Zebedeo, portavoce dei suoi figli Giacomo e Giovanni, si avvicina a Gesù per chiedergli un favore: “Di’ che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno”. Loro non avevano capito la proposta di Gesù. Erano preoccupati solo dei loro interessi. Ciò rispecchia le tensioni nelle comunità, sia al tempo di Gesù e di Matteo, come pure oggi nelle nostre comunità.
- Matteo 20,22-23: La risposta di Gesù. Gesù reagisce con fermezza. Risponde ai figli e non alla madre: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete forse bere il calice che io sto per bere?” Si tratta del calice della sofferenza. Gesù vuole sapere se loro, invece del posto d’onore, accettano di dare la propria vita fino alla morte. I due rispondono: “Lo possiamo!” Era una risposta sincera e Gesù conferma: “Voi lo berrete”. Nello stesso tempo, sembra una risposta precipitata, poiché, pochi giorni dopo, abbandonano Gesù e lo lasciano solo nell’ora del dolore (Mt 26,51). Non hanno una forte coscienza critica, e nemmeno si rendono conto della loro realtà personale. E Gesù completa la sua frase dicendo: “però non sta a me concedere che vi sediate alla mia destra o alla mia sinistra, ma è per coloro per i quali è stato preparato dal Padre mio”. Ciò che Gesù può offrire è il calice della sofferenza, della croce.
- Matteo 20,24-27: “Non così dovrà essere tra voi”. “Gli altri dieci, udito questo, si sdegnarono con i due fratelli”. La richiesta fatta dalla madre a nome dei figli, causa una forte discussione nel gruppo. Gesù chiama i discepoli e parla loro dell’esercizio del potere: “I capi delle nazioni, voi lo sapete, dominano su di esse e i grandi esercitano su di esse il potere. Non così tra di voi: colui che vorrà diventare grande tra voi, si farà vostro servo, e colui che vorrà essere il primo tra voi, si farà vostro schiavo”. In quel tempo, coloro che avevano il potere non avevano nessun interesse per la gente. Agivano secondo i propri interessi (cf. Mc 14,3-12). L’impero romano controllava il mondo, sottomettendolo con la forza delle armi e così, mediante tributi, tasse ed imposte, riusciva a concentrare la ricchezza mediante la repressione e l’abuso di potere. Gesù aveva un’altra risposta. Lui insegna contro i privilegi e contro la rivalità. Sovverte il sistema ed insiste nell’atteggiamento di servizio che è il rimedio contro l’ambizione personale. La comunità deve preparare un’alternativa. Quando l’impero romano si disintegra, vittima delle sue contraddizioni interne, le comunità dovrebbero essere preparate ad offrire alla gente un modello alternativo di convivenza sociale.
- Matteo 20,28: Il riassunto della vita di Gesù. Gesù definisce la sua vita e la sua missione: “Il Figlio dell’Uomo non è venuto ad essere servito, ma a servire e a dare la sua vita in riscatto per molti”. In questa auto definizione di Gesù sono implicati tre titoli che lo definiscono e che erano per i primi cristiani l’inizio della Cristologia: Figlio dell’Uomo, Servo di Yavè e fratello maggiore (Parente prossimo o Gioele). Gesù è il messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Imparò da sua madre che disse: “Ecco l’ancella del Signore!”(Lc 1,38). Proposta totalmente nuova per la società di quel tempo.
4) Per un confronto personale
- Giacomo e Giovanni chiedono favori, Gesù promette sofferenza. Ed io, cosa cerco nel mio rapporto con Dio e cosa chiedo nella preghiera? Come accolgo la sofferenza che avviene nella vita e che è il contrario di ciò che chiediamo nella preghiera?
- Gesù dice: “Tra di voi non sia così!” Il nostro modo di vivere nella chiesa e nella comunità concorda con questo consiglio di Gesù?
5) Preghiera finale
Allora si diceva tra i popoli:
“Il Signore ha fatto grandi cose per loro”. Grandi cose ha fatto il Signore per noi, ci ha colmati di gioia. (Sal 125)
Lectio Divina: mercoledì, 26 luglio, 2023
Sant’Anna e San Gioacchino, Protettori dell’Ordine, Memoria
1) Preghiera
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 13,1-9
Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca e là porsi a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose in parabole.
E disse: “Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un`altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c`era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò. Un`altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono. Un`altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda”.
3) Riflessione
- Nel capitolo 13 del Vangelo di Matteo inizia il terzo grande discorso, il Discorso delle Parabole. Come già detto precedentemente nel commento al vangelo del mercoledì della 14a settimana dell’anno, Matteo organizza il suo vangelo come una nuova edizione della Legge di Dio o come un nuovo “Pentateuco” con i suoi cinque libri. Per questo, il suo vangelo è composto da cinque grandi discorsi o insegnamenti di Gesù, seguiti da parti narrative, in cui si descrive come Gesù metteva in pratica ciò che aveva insegnato nei discorsi. Ecco lo schema:
Introduzione: nascita e preparazione del Messia (Mt 1 a 4)
- Discorso della Montagna: la porta di entrata nel Regno (Mt 5 a 7) Narrativa Mt 8 e
9
- Discorso della Missione: come annunciare e diffondere il Regno (Mt 10) Narrativa
Mt 11 e 12
- Discorso delle Parabole: il mistero del Regno presente nella vita (Mt 13) Narrativa
Mt 14 a 17
- Discorso della Comunità: il nuovo modo di vivere insieme nel Regno (Mt 18)
Narrativa 19 a 23
- Discorso dell’avvento futuro del Regno: l’utopia che sostiene la speranza (Mt 24 e 25) Conclusione: passione, morte e risurrezione(Mt 26 a 28).
- Nel vangelo di oggi meditiamo la parabola del seme. Gesù aveva un modo di parlare assai popolare per mezzo di paragoni e parabole. Generalmente, quando finiva di raccontare una parabola, non la spiegava, ma soltanto diceva: “Chi ha orecchi per intendere, intenda!” (Mt 11,15; 13,9.43). Ogni tanto, spiegava ai discepoli il significato (Mt 13,36). Le parabole parlano delle cose della vita: seme, lampada, granellino di senape, sale, etc. Sono cose che esistono nella vita di ogni giorno, sia per la gente di quel tempo come oggi per noi. Così, l’esperienza che oggi abbiamo di queste cose diventa per noi un mezzo per scoprire la presenza del mistero di Dio nelle nostre vite. Parlare in parabole vuol dire rivelare il mistero del Regno presente nella vita.
- Matteo 13,1-3: Seduto nella barca, Gesù insegna alla gente. Come avviene nel Discorso della Montagna (Mt 5,1-2), anche qui Matteo fa una breve introduzione al Discorso
delle Parabole, descrivendo Gesù che insegna sulla barca, sulla spiaggia, e molta gente attorno a lui lo ascolta. Gesù non era una persona istruita (Gv 7,15). Non aveva frequentato la scuola superiore di Gerusalemme. Veniva dall’interno, dalla campagna, da Nazaret. Era uno sconosciuto, agricoltore ed artigiano insieme. Senza chiedere permesso alle autorità religiose, iniziò ad insegnare alla gente. Alla gente piaceva ascoltarlo. Gesù insegnava soprattutto per mezzo di parabole. Ne abbiamo già ascoltate alcune: pescatori di uomini (Mt 4,19), il sale (Mt 5,13), la lampada (Mt 5,15), gli uccelli del cielo e i gigli dei campi (Mt 6,26.28), la casa costruita sulla roccia (Mt 7,24). Ed ora, nel capitolo 13, le parabole cominciano ad avere un significato particolare: servono per rivelare il mistero del Regno di Dio presente in mezzo alla gente e nell’attività di Gesù.
- Matteo 13,4-8: La parabola del seme tratta dalla vita dei contadini. In quel tempo, non era facile vivere di agricoltura. Il terreno era pieno di pietre. Poca pioggia, molto sole. Inoltre, molte volte, la gente per abbreviare il cammino, passava in mezzo ai campi e distruggeva le piante (Mt 12,1). Ma malgrado tutto ciò, ogni anno, il contadino seminava e piantava, con fiducia nella forza del seme, nella generosità della natura. La parabola del seminatore descrive ciò che tutti sappiamo e facciamo: il seme gettato dall’agricoltore cade in terra. Una parte cade lungo il cammino, un’altra parte cade tra le pietre e gli spini; un’altra parte cade sul terreno buono, dove, secondo la qualità del terreno, produrrà trenta, sessanta e fino a cento. Una parabola è un paragone. Si serve di cose conosciute dalla gente e visibili, per spiegare cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. La gente di Galilea capiva di semi, terreno, pioggia, sole e raccolto. Ed ora Gesù si serve esattamente di queste cose conosciute dalla gente per spiegare il mistero del Regno.
- Matteo 13,9: Chi ha orecchi, intenda. L’espressione “Chi ha orecchi, intenda” significa: “E’ questo! Voi avete udito. Ora cercate di capire!” Il cammino per arrivare a capire la parabola è la ricerca: “Cercate di capire!” La parabola non consegna tutto immediatamente, ma spinge a pensare e a far scoprire partendo dall’esperienza che gli auditori hanno del seme. Apre alla creatività e alla partecipazione. Non è una dottrina che arriva già pronta per essere insegnata. La parabola non dà un’acqua in bottiglia, ma la fonte. L’agricoltore che ascolta la parabola dice: “Seme nel terreno, so cosa vuol dire! Ma Gesù dice che ciò ha a che vedere con il Regno di Dio. Cosa sarà?” Ed è possibile immaginare le lunghe conversazioni della gente! La parabola porta ad ascoltare la natura e a pensare alla vita. Una volta una persona chiese in una comunità: “Gesù disse che dobbiamo essere sale. A cosa serve il sale?” Si discusse e alla fine, furono scoperti dieci scopi diversi che il sale può avere! Poi tutto questo fu applicato alla vita della comunità e si scoprì che essere sale è difficile ed esigente. La parabola funzionò!
4) Per un confronto personale
- Come ti è stato insegnato il catechismo quando eri piccolo/a? come paragoni tratti dalla vita? Ricordi qualche paragone importante che il/la catechista ti raccontò? Oggi, com’è la catechesi nella tua comunità?
- A volte siamo cammino, a volte pietra, altre volte spine, altre volte terra buona. Cosa sono io? Nella nostra comunità, cosa siamo? Quanti sono i frutti che la Parola di Dio sta producendo nella mia vita, nella mia famiglia e nella nostra comunità: trenta, sessanta o cento?
5) Preghiera finale
Il Signore nel tempio santo il Signore ha il trono nei cieli. I suoi occhi sono aperti sul mondo, le sue pupille scrutano ogni uomo. (Sal 10)
Lectio Divina: giovedì, 27 luglio, 2023
1) Preghiera
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 13,10-17
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù i discepoli e gli dissero: “Perché parli loro in parabole?” Egli rispose: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono. E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: “Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani”.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico:
molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!”
3) Riflessione
- Il Capitolo 13 ci parla del Discorso delle Parabole. Seguendo il testo di Marco (Mc 4,134), Matteo omette la parabola del seme che germina solo (Mc 4,26-29), e si sofferma sulla discussione del perché delle parabole (Mt 13,10-17) aggiungendo la parabola del grano e della zizzania (Mt 13,24-30), del lievito (Mt 13,33), del tesoro (Mt 13,44), della perla (Mt 13,45-46) e della rete (Mt 13,47-50). Insieme alle parabole del seminatore (Mt 13,4-11) e del grano di senape (Mt 13,31-32), sono in tutto sette parabole Discorso delle Parabole (Mt 13,1-50).
- Matteo 13,10: La domanda. Nel vangelo di Marco, i discepoli chiedono una spiegazione delle parabole (Mc 4,10). Qui in Matteo, la prospettiva è diversa. Vogliono sapere perché Gesù, quando parla alla gente, parla solamente in parabole: “Perché
usa parabole per parlare con loro?” Qual è il motivo di questa differenza?
- Matteo 13,11-13: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato. Così a chi ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.” Gesù risponde: “Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli. Così a chi ha sarà dato, e sarà nell’abbondanza; e a chi non ha sarà tolto quello che ha”. Perché agli apostoli è dato di sapere e agli altri no? Un paragone per aiutare a capire. Due ragazze ascoltano la madre che insegna: “chi ama non ‘taglia e cuce’”. Una di loro è sua figlia, l’altra no. La figlia capisce il senso della frase ma l’altra non capisce nulla. Perché? Perché in casa della madre l’espressione “taglia e cuce” significa calunniare. Così, l’insegnamento della madre aiuta la figlia a capire meglio come mettere in pratica l’amore, facendo crescere in lei ciò che già sapeva. A chi tiene, se le darà. L’altra persona non capisce nulla e perde perfino quel poco che sapeva rispetto all’amore e alla calunnia. Rimane confusa e non riesce a capire ciò che l’amore ha a che fare con il taglio ed il cucito! A
chi non ha sarà tolto anche quello che ha. Una parabola rivela e nasconde nello stesso tempo! Rivela a “coloro che sono dentro”, che accettano Gesù come Messia Servo. Nasconde a coloro che insistono nel dire che il Messia sarà e deve essere un Re Glorioso. Costoro capiscono le immagini della parabola, ma non arrivano a capirne il significato. I discepoli crescono, invece, in ciò che già sanno rispetto al Messia. Gli altri non capiscono nulla e perdono perfino quel poco che pensavano di sapere sul Regno e sul Messia.
- Matteo 13,14-15: Il compimento della profezia di Isaia. Come già un’altra volta (Mt 12,1821), in questa reazione diversa della gente e dei farisei dinanzi all’insegnamento delle parabole, Matteo vede di nuovo un compimento della profezia di Isaia. Perfino cita in modo esteso il testo di Isaia che dice: “Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete. Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani”.
- Matteo 13,16-17: “Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono”. Tutto ciò spiega l’ultima frase: “Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l’udirono!”
- Le parabole: un nuovo modo di parlare al popolo di Dio. La gente rimaneva impressionata dal modo che Gesù aveva di insegnare. “Un nuovo insegnamento! Dato con autorità! Diverso dagli scribi!” (Mc 7,28). Gesù aveva una capacità assai grande di usare immagini molto semplici per paragonare le cose di Dio con le cose della vita che la gente sapeva e sperimentava nella lotta di ogni giorno per sopravvivere. Ciò presuppone due cose: stare dentro le cose della vita della gente, e stare dentro le cose di Dio, del Regno di Dio. In alcune parabole succedono cose che non avvengono generalmente nella vita. Per esempio, quando si è mai visto che un pastore che ha cento pecore, abbandona il gregge delle 99 per andare alla ricerca della pecorella perduta? (Lc 15,4) Dove si è mai visto un padre che accoglie con gioia e con festa il figlio che ha sperperato tutti i suoi beni, senza dirgli una parola di rimprovero? (Lc 15,20-24). Quando si è mai visto che un samaritano è migliore di un levita e di un sacerdote? (Lc 10,29-37). La parabola fa pensare. Conduce la persona a entrare nella storia partendo dalla sua esperienza di vita. Fa sì che la nostra esperienza ci spinga a scoprire che Dio è presente nella nostra vita di ogni giorno. La parabola è una forma partecipativa di insegnare e di educare. Non cambia tutto in un minuto. Non fa sapere, fa scoprire. La parabola cambia lo sguardo, rende contemplativa la persona che l’ascolta, la aiuta a osservare la realtà. Ecco la novità dell’insegnamento delle parabole di Gesù, diverso da quello dei dottori che insegnavano che Dio si manifesta solamente nell’osservanza della legge. Per Gesù: “Il Regno non è frutto dell’osservanza della legge. Il Regno è presente in mezzo a voi!” (Lc 17,21). Ma chi ascoltava non sempre capiva.
4) Per un confronto personale
- Gesù disse: “A voi è stato dato di conoscere i misteri del Regno”. Quando leggo i Vangeli, sono come coloro che non capiscono nulla o come coloro a cui è dato di conoscere il Regno?
- Qual è la parabola di Gesù con cui mi identifico di più? Perché?
5) Preghiera finale
Signore, la tua grazia è nel cielo, la tua fedeltà fino alle nubi; la tua giustizia è come i monti più alti, il tuo giudizio come il grande abisso. (Sal 35)
Lectio Divina: venerdì, 28 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Sii propizio a noi tuoi fedeli, Signore, e donaci i tesori della tua grazia, perché, ardenti di speranza, fede e carità, restiamo sempre fedeli ai tuoi comandamenti. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 13,18-23
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi dunque intendete la parabola del seminatore: tutte le volte che uno ascolta la parola del regno e non la comprende, viene il maligno e ruba ciò che è stato seminato nel suo cuore: questo è il seme seminato lungo la strada.
Quello che è stato seminato nel terreno sassoso è l’uomo che ascolta la parola e subito l’accoglie con gioia, ma non ha radice in sé ed è incostante, sicché appena giunge una tribolazione o persecuzione a causa della parola, egli ne resta scandalizzato. Quello seminato tra le spine è colui che ascolta la parola, ma la preoccupazione del mondo e l’inganno della ricchezza soffocano la parola ed essa non dà frutto.
Quello seminato nella terra buona è colui che ascolta la parola e la comprende; questi dà frutto e produce ora il cento, ora il sessanta, ora il trenta”.
3) Riflessione
- A partire dal cap.12 si delinea da un lato un’opposizione tra i capi religiosi d’Israele, gli scribi e i farisei, dall’altro, in seno alle folle che ascoltano Gesù e si meravigliano dalle sue azioni prodigiose, sta formandosi a poco a poco un gruppo di discepoli, dai lineamenti ancora incerti, ma seguono Gesù con perseveranza. A dodici di questi discepoli Gesù ha fatto dono della sua autorità e dei suoi poteri; li ha inviati come messaggeri del regno, trasmettendo loro istruzioni esigenti e radicali (10,5-39). Ora nel momento in cui si scatena la controversia con i suoi oppositori Gesù riconosce la sua vera parentela non nella linea della carne (madre, fratelli), ma in coloro che lo seguono, lo ascoltano e compiono la volontà del Padre (12,46-50). Quest’ultimo rapporto ci offre la possibilità di immaginare che l’uditorio al quale Gesù rivolge le sue parabole è duplice: da un lato i discepoli ai quali è donato di conoscere i misteri del regno e che sono nella possibilità di comprenderle (13,50) e dall’altro le folle che sembrano rimanere prive di questa comprensione profonda (13, 11.34-36). Davanti alle grandi folle che si raccolgono per ascoltare Gesù viene esposta anzitutto la parabola del seminatore. Gesù parla di un seme che cade o no nella terra.
- Dal luogo dove cade, dipende la sua crescita; è possibile che venga impedita così da non produrre frutto. È quanto accade nelle prime tre categorie di terreno: «lungo la strada» (il suolo indurito dal passaggio degli uomini e delle bestie), «terreno sassoso» (composto da roccia), «sui rovi» (è il terreno ricoperto da spine). Invece quello che cade sulla «terra bella» dà frutti eccellenti anche se a diversi livelli. Il lettore è orientato a prestare attenzione più al rendimento del chicco che non sul gesto del seminatore. Inoltre Matteo focalizza l’attenzione dell’ascoltatore sulla terra buona e il frutto che questa è capace di produrre in maniera eccezionale. La prima parte della parabola termina con un ammonimento: «Chi ha orecchi ascolti» (v.9); è un appello alla libertà dell’ascoltatore. La parola di Gesù può rimanere «parabola» per una folla incapace di comprendere; può svelare «i misteri del regno dei cieli» per chi si lascia sconvolgere dalla sua forza. È l’accoglienza della Parola di Gesù che distingue i discepoli dalle folle indeterminate; la fede dei primi rivela cecità degli altri e li sospinge a cercare «oltre» la parabola.
- Ascoltare e comprendere. È sempre Gesù a condurre i discepoli alla pista buona per la comprensione della parabola. In futuro attraverso i discepoli è la chiesa ad essere guidata nella comprensione della Parola di Gesù. Nella spiegazione della parabola la coppia dei due verbi «ascoltare» e «comprendere» compare in 13,23: «Quello seminato sul terreno buono è colui che ascolta la Parola e la comprende…». È nella comprensione che si distingue il discepolo che quotidianamente ascolta la Parola di Gesù dalle folle che, invece, l’ascoltano occasionalmente.
- Impedimenti alla comprensione. Gesù richiama innanzitutto la risposta negativa prestata dai suoi contemporanei alla sua predicazione del regno dei cieli. Tale risposta negativa è legata ad impedimenti diversificati tra loro. Il terreno sulla strada, è quello trasformato dai passanti in sentiero battuto; si dimostra del tutto negativo: «Gettare il seme sull’asfalto della strada, tutti sanno che non serve a niente: non ci sono condizioni necessarie alla crescita. E, poi, la gente passa, calpesta, rovina il seme. Il seme non si getta dovunque sia» (Carlos Mesters). C’è innanzitutto la responsabilità personale dell’individuo: accogliere la Parola di Dio nel proprio cuore; viceversa, se cade su un cuore “battuto”, reso ostinato dalle proprie convinzioni e dall’indifferenza presta il fianco al maligno che completa quell’atteggiamento persistente di chiusura
alla Parola di Dio. Il terreno pietroso. Se il primo impedimento era costituito da un cuore insensibile, indifferente, ora l’immagine del seme che cade sulle pietre, sui sassi, e tra rovi sta a indicare il cuore immerso in una vita superficiale e mondana.
- Tali stili di vita sono delle energie che impediscono alla Parola di fruttificare. Un inizio di ascolto si verifica; solo che è subito bloccato, non solo, dalle tribolazioni e dalle prove che sono inevitabili, ma anche dal coinvolgimento del cuore nelle preoccupazioni e nelle ricchezze. Una vita non profonda ma superficiale, mondana, si coniuga bene con l’instabilità. Il terreno buono: è il cuore che ascolta e comprende la Parola; questo fa frutto. Tale rendimento è opera della Parola in cuore accogliente. Si tratta di una comprensione in azione, che si lascia coinvolgere dall’azione di Dio presente nella Parola di Gesù. La comprensione della sua Parola resterà inaccessibile se trascuriamo l’incontro con lui e quindi non permettiamo che dilaghi in noi.
4) Per un confronto personale
- L’ascolto porta alla comprensione profonda della Parola di Dio o rimane solo un esercizio intellettuale?
- Sei un cuore accogliente, disponibile, docile per arrivare ad una comprensione piena della Parola?
5) Preghiera finale
Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi. (Sal 18)
Lectio Divina: sabato, 29 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, il tuo Figlio fu accolto come ospite a Betania nella casa di santa Marta, concedi anche a noi di esser pronti a servire Gesù nei fratelli, perché al termine della vita siamo accolti nella tua dimora. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Luca 10,38-42
In quel tempo, Gesù entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo accolse nella sua casa. Essa aveva una sorella, di nome Maria, la quale, sedutasi ai piedi di Gesù, ascoltava la sua parola; Marta invece era tutta presa dai molti servizi.
Pertanto, fattasi avanti, disse: “Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. Ma Gesù le rispose: “Marta, Marta, tu ti preoccupi e ti agiti per molte cose, ma una sola è la cosa di cui c’è bisogno. Maria si è scelta la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Parola del Signore.
3) Riflessione
- La dinamica del racconto. La condizione di Gesù come maestro itinerante offre a Marta la possibilità di accoglierlo a casa sua. Il racconta presenta gli atteggiamenti delle due sorelle: Maria, seduta, ai piedi di Gesù, è tutta presa dall’ascolto della sua Parola; Marta, invece, è tutta presa dai molti servizi e si avvicina a Gesù per contestare il comportamento della sorella. Il dialogo tra Gesù e Marta occupa un largo spazio nel racconto (vv.40b-42): Marta inizia con una domanda retorica, «Signore, non ti curi che mia sorella mi ha lasciata sola a servire?»; poi chiede un intervento di Gesù perché richiama la sorella che si è defilata dalle faccende domestiche, «Dille dunque che mi aiuti?».
- Gesù risponde con un tono affettuoso, è questo il senso della ripetizione del nome «Marta, Marta»: gli ricorda che lei è preoccupata per «molte cose», in realtà, c’è bisogna di «una soltanto» e conclude con un richiamo alla sorella che ha scelto la parte migliore, quella che non le sarà tolta. Luca ha costruito il racconto su un contrasto: le due diverse personalità di Marta e Maria; la prima è presa dalle «molte» cose, la seconda ne compie una sola, è tutta presa dall’ascolto del Maestro. La funzione di questo contrasto è sottolineare l’atteggiamento di Maria che si dedica all’ascolto pieno e totale del Maestro, diventando così il modello di ogni credente.
- La figura di Marta. È lei che prende l’iniziativa di accogliere Gesù nella sua casa. Nel dedicarsi all’accoglienza del Maestro è presa dall’affanno per le molteplici cose da preparare e dalla tensione di sentirsi sola in questo impegno. È presa dai tanti lavori, è ansiosa, vive una grossa tensione. Pertanto Marta «si fa avanti» e lancia a Gesù una legittima richiesta di aiuto: perché deve essere lasciata sola dalla sorella. Gesù le risponde costatando che lei è solo preoccupata, è divisa nel cuore tra il desiderio di servire Gesù con un pasto degno della sua persona e il desiderio di dedicarsi all’ascolto di Lui.
- Gesù, quindi, non biasima il servizio di Marta ma l’ansia con cui lo compie. Poco prima Gesù aveva spiegato nella parabola del seminatore che il seme caduto tra le spine evoca la situazione di coloro che ascoltano la Parola, ma si lasciano prendere dalle preoccupazioni (Lc 8,14). Quindi Gesù non contesta all’operosità di Marta il valore di accoglienza riguardo alla sua persona ma mette in guardia la donna dai rischi in cui può incorrere: l’affanno e l’agitazione. Anche su questi rischi Gesù si era già pronunciato: «Cercate il suo regno e tutto il resto vi sarà dato in aggiunta» (Lc 12,31).
- La figura di Maria. È colei che ascolta la Parola: viene descritta con un imperfetto «ascoltava», azione continuativa nell’ascoltare la Parola di Gesù. L’atteggiamento di Maria contrasta con quello pieno di affanno e tensione della sorella. Gesù dice che Maria ha preferito «la parte buona» che corrisponde all’ascolto della sua parola. Dalle parole di Gesù il lettore apprende che non ci sono due parti di cui una è qualitativamente migliore dell’altra, ma c’è soltanto quella buona: accogliere la sua Parola. Questa attitudine non significa evasione dai propri compiti o responsabilità quotidiane, ma soltanto la consapevolezza che l’ascolto della Parola precede ogni servizio, attività. d. Equilibrio tra azione e contemplazione. Luca è particolarmente attento a legare l’ascolto della Parola alla relazione con il Signore. Non si tratta di dividere la giornata in tempi da dedicare alla preghiera e altri al servizio, ma l’attenzione alla Parola precede e accompagna il servizio. Il desiderio di ascoltare Dio non può essere supplito da altre attività: bisogna dedicare un certo tempo e spazio a cercare il Signore.
- L’impegno per coltivare l’ascolto della Parola nasce dall’attenzione a Dio: tutto può contribuire, l’ambiente il luogo, il tempo. Tuttavia il desiderio di incontrare Dio deve nascere dentro il proprio cuore. Non esistono tecniche che automaticamente ti portano a incontrare Dio. È un problema di amore: bisogna ascoltare Gesù, stare con Lui, e allora il dono viene comunicato, e inizia l’innamoramento. L’equilibrio tra ascolto e servizio coinvolge tutti i credenti: sia nella vita familiare che professionale e sociale: come fare perché i battezzati siano perseveranti e raggiungano la maturità della fede? Educarsi all’ascolto della Parola di Dio. È la via più difficile ma sicura per arrivare alla maturità di fede.
4) Per un confronto personale
- So creare nella mia vita situazioni e itinerari di ascolto? Mi limito solo ad ascoltare la Parola in chiesa, oppure, mi dedico a un ascolto personale e profondo cercando spazi e luoghi idonei?
- Ti limiti a un consumo privato della Parola o diventi annunciatore di essa per diventare luce per gli altri e non solo lampada che illumina la propria vita privata?
5) Preghiera finale
Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte? Colui che cammina senza colpa, agisce con giustizia e parla lealmente. (Sal 14)
Lectio Divina: domenica, 30 luglio, 2023
Tre parabole del Regno di Dio
Scoprire i segni di Dio nella vita di ogni giorno
Matteo 13,44-52
1. Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
2. Lettura
- a) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
Matteo 13,44: Parabola del tesoro nascosto
Matteo 13,45-46: Parabola del negoziante che cerca perle preziose
Matteo 13,47-50: Parabola della rete gettata nel mare
Matteo 13,51-52: Una parabola per concludere il discorso delle parabole b) Chiave di lettura:
In questa 17ª domenica comune meditiamo le tre parabole che compongono la parte finale del Discorso delle Parabole: il tesoro nascosto, il negoziante di perle preziose e la rete gettata nel mare. Le parabole di Gesù ci aiutano a sintonizzare il nostro sguardo per percepire meglio la presenza del Regno di Dio nelle cose più comuni della vita. Nel corso della lettura è bene fare attenzione a quanto segue: “Cosa è per me un tesoro nascosto, un negoziante di perle preziose o una rete gettata nel mare? Come la mia esperienza mi aiuta a capire le parabole del tesoro, della perla e della rete?” c) Il testo:
44Il regno dei cieli è simile a un tesoro nascosto in un campo; un uomo lo trova e lo nasconde di nuovo, poi va, pieno di gioia, e vende tutti i suoi averi e compra quel campo. 45Il regno dei cieli è simile a un mercante che va in cerca di perle preziose; 46trovata una perla di grande valore, va, vende tutti i suoi averi e la compra. 47Il regno dei cieli è simile anche a una rete gettata nel mare, che raccoglie ogni genere di pesci. 48Quando è piena, i pescatori la tirano a riva e poi, sedutisi, raccolgono i pesci buoni nei canestri e buttano via i cattivi. 49Così sarà alla fine del mondo. Verranno gli angeli e separeranno i cattivi dai buoni 50e li getteranno nella fornace ardente, dove sarà pianto e stridore di denti. 51Avete capito tutte queste cose?». Gli risposero: «Sì». 52Ed egli disse loro: «Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche».
- Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
4. Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Quale parte del testo mi ha colpito maggiormente? Perché?
- Secondo la mia esperienza di vita, cosa intendo io per tesoro nascosto, per negoziante di perle preziose, o per rete gettata nel mare?
- Questa esperienza mia, come mi aiuta a capire le parabole del tesoro, della perla e della rete?
- Quale è la differenza esistente tra le parabole del tesoro e della perla?
- Cosa ci dice il testo sulla missione da svolgere in qualità di discepoli e discepole di Cristo?
5. Per coloro che volessero approfondire il tema
- a) Contesto delle parabole pronunciate da Gesù:
I vangeli contengono molte parabole di Gesù. Matteo arriva perfino a dire: “Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole” (Mt 13,34). Era il metodo usato comunemente in quella epoca per insegnare. Era così che Gesù si faceva capire alla gente. Nelle parabole, Gesù parte da cose assai comuni della vita e le usa come termine di paragone per aiutare le persone a capire meglio le cose meno conosciute del Regno di Dio. Nel vangelo di questa domenica, Gesù parte da tre cose ben conosciute della vita della gente: il tesoro nascosto nel campo, il negoziante che cerca perle e la rete che i pescatori gettano nel mare.
- b) Commento del testo:
- Matteo 13,44: La parabola del tesoro nascosto
Qui, il termine di paragone per chiarire le cose del Regno di Dio è il tesoro nascosto nel campo. Nessuno sa che in quel campo c’è un tesoro. Un uomo lo trova per caso. Non sapeva che l’avrebbe incontrato. Lo incontra e si allegra ed accoglie con gratitudine l’imprevisto. Il tesoro scoperto non gli appartiene ancora, sarà suo solo se riuscirà a compare il campo. Erano così le leggi dell’epoca. Per questo va, vende tutto ciò che possiede e compra quel campo. Comprando il campo, acquisisce il tesoro.
Gesù non spiega la parabola. Vale qui quanto detto in precedenza: “Chi ha orecchi intenda” (Mt 13,9.43). Ossia: “Il Regno di Dio è questo. Avete ascoltato. Ora cercate di capire!” Se Gesù non spiega la parabola, non la spiego nemmeno io. E’ compito di ciascuno, di ciascuna di noi. Ma vorrei dare un suggerimento partendo da ciò che io stesso ho capito. Il campo è la nostra vita. Nella vita di tutti noi c’è un tesoro nascosto, tesoro prezioso, più prezioso che tutti i valori. Chi lo incontra dà tutto ciò che possiede per comprare quel tesoro? Tu lo hai trovato?
- Matteo 13,45-46: La parabola del mercante di perle preziose
Nella prima parabola, il termine di paragone era il “tesoro nascosto nel campo”. In questa parabola, l’accento è diverso. Il termine di paragone, non è la perla preziosa, ma l’attività, lo sforzo del mercante che cerca perle preziose. Tutti sanno che tali perle ci sono. Ciò che importa non è sapere che ci sono, ma cercarle senza sosta, fino ad incontrarle.
Le due parabole hanno elementi comuni ed elementi diversi. In tutti e due i casi, si tratta di una cosa preziosa: tesoro e perla. Nei due casi c’è un incontro, e nei due casi la persona va e vende tutto ciò che ha per poter comprare il valore che ha trovato. Nella prima parabola, l’incontro avviene per caso. Nella seconda, l’incontro è frutto dello sforzo e della ricerca. Abbiamo qui due aspetti fondamentali del Regno di Dio. Il Regno c’è, è nascosto nella vita, in attesa di chi lo incontra. Il Regno è il frutto di una ricerca e di un incontro (procura). Sono le due dimensioni fondamentali della vita umana: la gratitudine di amore che ci accoglie e ci incontra, e l’osservanza fedele che ci porta all’incontro dell’Altro.
- Matteo 13,47-50: La parabola della rete gettata nel mare
Qui il Regno è simile ad una rete, non qualsiasi rete, bensì una rete gettata nel mare e che pesca di tutto. Si tratta di qualcosa di tipico nella vita di coloro che ascoltavano che nella stragrande maggioranza erano pescatori, che vivevano della pesca. Un’esperienza che anche loro hanno della rete gettata nel mare e che prende di tutto, cose buone e cose meno buone. Il pescatore non può evitare che entrino cose non buone nella sua rete. Perché lui non riesce a controllare ciò che avviene nel basso, in fondo all’acqua del mare, dove trascina la sua rete. Lo saprà solo quando tirerà la rete verso l’alto e si siederà con i suoi compagni per fare la cernita. Allora separeranno ciò che vale da ciò che non vale. Di nuovo, Gesù non spiega la parabola, ma dà un’indicazione: “Così sarà alla fine del mondo”. Avverrà una separazione tra i buoni ed i cattivi.
- Matteo 13,51-52: Conclusione del discorso parabolico
Nel vangelo di Matteo, il discorso parabolico termina con un breve dialogo tra Gesù e coloro che lo ascoltano che serve da chiave di lettura per tutte le parabole. Gesù chiede: “Avete capito queste cose?” Risposta della gente: “Sì!” E Gesù conclude con una frase molto bella: “Per questo ogni scriba divenuto discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche”. Questa frase finale è un’altra piccola parabola.“Le cose nuove e le cose vecchie che il padrone di casa tira dal suo deposito” sono le cose della vita che Gesù ha appena proposto nelle parabole: semi gettati nel campo (Mt 13,4-8), il grano di senapa (Mt 13,31-32), il lievito (Mt 13,33), il tesoro nascosto nel campo (Mt 13,44), il negoziante di perle preziose (Mt 13, 45-46), la rete gettata nel mare (Mt 13,47-48).
L’esperienza che ognuno ha di queste cose è il suo tesoro. E’ in questa esperienza dove ognuno trova il termine di paragone per poter capire meglio le cose del Regno di Dio! A volte, quando le parabole non ci dicono nulla e non liberano il loro messaggio, la causa non è la mancanza di studi. Bensì la mancanza di esperienza nella vita o la mancanza di approfondimento della propria vita. Le persone che vivono in superficie senza approfondire le esperienze della propria vita, non hanno un deposito da dove estrarre cose nuove e cose vecchie.
- c) Approfondimento: L’insegnamento delle parabole
Le parabole di Gesù sono uno strumento pedagogico che si serve della vita quotidiana per indicare come questa ci parla di Dio. Le parabole rendono trasparente la realtà, rivelatrice della presenza e dell’azione di Dio. Rendono contemplativo lo sguardo della persona. Una parabola riguarda cose della vita e per questo è un insegnamento aperto, che ci rende partecipi, che ci coinvolge, tutti abbiamo qualche esperienza delle cose della vita. L’insegnamento in parabole fa partire alla persona dalla sua esperienza delle cose comuni della vita per poter capire il Regno: seme, sale, luce, pecora, fiore, donna, bambini, padre, rete, pesce, tesoro, perla, rete, etc.
Gesù non era solito spiegare le parabole. Generalmente, terminava con questa frase: “Chi ha udito, intenda!” (Mt 11,15; 13,9.43) Ossia: “E’ questo. Avete udito! Ora cercate di capire!”
Gesù lasciava aperto il senso della parabola, non lo determinava. Segno che credeva nella capacità che la gente aveva di scoprire il senso della parabola partendo dalla sua esperienza di vita. Ogni tanto, a richiesta dei discepoli,spiegava il significato. (Mt 13,10.36). Per esempio, i versi 36-43 spiegano la parabola del grano e della zizzania. E’ anche possibile che queste spiegazioni siano la riflessione della catechesi che si faceva nelle comunità dei primi cristiani.
Le comunità si riunivano e discutevano le parabole di Gesù, cercando di capire ciò che Gesù voleva dire. Così, poco a poco, l’insegnamento di Gesù cominciava ad essere assimilato alla catechesi della comunità che fornisce poi una spiegazione della parabola.
6. Salmo 19,8-15
La legge del Signore è perfetta
La legge del Signore è perfetta, rinfranca l’anima;
la testimonianza del Signore è verace,
rende saggio il semplice.
Gli ordini del Signore sono giusti, fanno gioire il cuore;
i comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi.
Il timore del Signore è puro, dura sempre; i giudizi del Signore sono tutti fedeli e giusti, preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. Anche il tuo servo in essi è istruito, per chi li osserva è grande il profitto.
Le inavvertenze chi le discerne?
Assolvimi dalle colpe che non vedo. Dall’orgoglio salva il tuo servo perché su di me non abbia potere; allora sarò irreprensibile, sarò puro dal grande peccato.
Ti siano gradite le parole della mia bocca, davanti a te i pensieri del mio cuore. Signore, mia rupe e mio redentore.
7. Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Lectio Divina: lunedì, 31 luglio, 2023
Tempo ordinario
1) Preghiera
O Dio, nostra forza e nostra speranza, senza di te nulla esiste di valido e di santo; effondi su di noi la tua misericordia perché, da te sorretti e guidati, usiamo saggiamente dei beni terreni nella continua ricerca dei beni eterni. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 13,31-35
In quel tempo, Gesù espose alla folla un’altra parabola: “Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo. Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami”.
Un’altra parabola disse loro: “Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti”.
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole, perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: “Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo”.
3) Riflessione
- Stiamo meditando il Discorso delle Parabole, il cui obiettivo è quello di rivelare, per mezzo di paragoni, il mistero del Regno di Dio presente nella vita della gente. Il vangelo di oggi ci presenta due brevi parabole, il granello di senape e il lievito. In esse Gesù racconta due storie tratte dalla vita di ogni giorno, che serviranno di termine di paragone per aiutare la gente a scoprire il mistero del Regno. Nel meditare queste due storie non bisogna cercare di scoprire ciò che ogni elemento delle storie ci vuole dire sul Regno. Si deve guardare prima la storia in sé, come un tutto e cercare di scoprire qual è il punto centrale attorno a cui la storia fu costruita, poiché questo punto centrale servirà da termine di paragone per rivelare il Regno di Dio. Vediamo qual è il punto centrale delle due parabole.
- Matteo 13,31-32: La parabola del granellino di senape. Gesù dice: ”Il Regno dei cieli è simile ad un granellino di senape“ e, poi racconta subito la storia: un granellino ben piccolo viene gettato nel campo; essendo molto piccolo, cresce, diventa più grande delle altre piante ed attira gli uccelli che in essa si costruiscono il nido. Gesù non spiega la storia. Vale qui ciò che ha detto in un’altra occasione: “Chi ha orecchi per udire, intenda!” Ossia: “E’ questo. Avete sentito, ed ora cercate di capire!” Tocca a noi scoprire ciò che la storia ci rivela sul Regno di Dio presente nella nostra vita. Così per mezzo di questa storia del granellino di senape, Gesù ci spinge ad avere fantasia, perché ognuno di noi capisce qualcosa della semina. Gesù spera che le persone, noi tutti, cominciamo a condividere ciò che ognuno di noi ha scoperto.
Condivido ora tre punti che ho scoperto sul Regno, partendo da questa parabola: (a) Gesù dice: “Il Regno dei Cieli è simile ad un granellino di senape“. Il Regno non è qualcosa di astratto, non è un’idea. E’ una presenza in mezzo a noi (Lc 17,21). Come è questa presenza? E’ come il granellino di senape: presenza ben piccola, umile, che quasi non si vede. Si tratta di Gesù stesso, un povero falegname, che va per la Galilea, parlando del Regno alla gente dei villaggi. Il Regno di Dio non segue i criteri dei grandi del mondo. Ha un altro modo di pensare e di procedere. (b) La parabola evoca una profezia di Ezechiele, in cui si dice che Dio prenderà un piccolo ramoscello di cedro e lo pianterà sulle montagne di Israele. Questo piccolo ramoscello di centro “metterà rami e farà frutti e diventerà un cedro magnifico. Sotto di lui tutti gli uccelli dimoreranno, ogni volatile all’ombra dei suoi rami riposerà. Sapranno tutti gli alberi della foresta che io sono il Signore, che umilio l’albero alto e innalzo l’albero basso; faccio seccare l’albero verde e germogliare l’albero secco. Io, il Signore, ho parlato e lo farò». (Ez 17,22-23). (c) Il granellino di senape, pur essendo piccolo, cresce e suscita speranza. Come il granellino di senape, così anche il Regno ha una forza interiore e cresce. Come cresce? Cresce attraverso la predicazione di Gesù e dei discepoli e delle discepole nei villaggi della Galilea. Cresce, fino ad oggi, mediante la testimonianza delle comunità e diventa una buona notizia di Dio che irradia luce ed attira le persone. La persona che arriva vicino alla comunità, si sente accolta, in casa, e costruisce in essa il suo nido, la sua dimora. Infine, la parabola lascia in aria una domanda: chi sono i passeri? La domanda otterrà una risposta più in là, nel vangelo. Il testo suggerisce che si tratta dei pagani che potranno entrare nel Regno (Mt15,21-
28).
- Matteo 13,33: La parabola del lievito. La storia della seconda parabola è questa: una donna prende un pochino di lievito e lo mescola con tre porzioni di farina, fino a che
il tutto fermenti. Di nuovo, Gesù non spiega, dice solamente: “Il Regno dei Cieli è come un lievito…”. Come nella prima parabola, tocca a noi scoprirne il significato che ha oggi per noi. Ecco alcuni punti da me scoperti, che mi hanno fatto pensare: (a) Ciò che cresce non è il lievito, ma la pasta. (b) Si tratta di una cosa ben di casa, del lavoro di una donna di casa. (c) Il lievito si mescola con la massa pura della farina, e contiene qualcosa di putrido. (d) L’obiettivo è far fermentare tutta la pasta, non solo una parte. (e) Il lievito non ha valore in se stesso, ma serve per far crescere la pasta.
- Matteo 13,34-35: Perché Gesù parla in parabole. Qui, alla fine del Discorso delle Parabole, Matteo chiarisce il motivo che spingeva Gesù ad insegnare alla gente sotto forma di parabole. Lui dice che era affinché si compisse la profezia che diceva: “Aprirò la bocca per usare parabole; proclamerò cose nascoste fin dalla creazione del mondo”. In realtà, il testo citato non è di un profeta, bensì è un salmo (Sal 78,2). Per i primi cristiani tutto l’Antico Testamento era una grande profezia che annunciava velatamente la venuta del Messia ed il compimento delle promesse di Dio. In Marco 4,34-36, il motivo che spingeva Gesù ad insegnare alla gente per mezzo di parabole era quello di adattare il messaggio alla capacità della gente. Con questi esempi tratti dalla vita della gente, Gesù aiutava le persone a scoprire le cose di Dio nella vita di ogni giorno. La vita diventava trasparente. Faceva percepire che lo straordinario di Dio si nasconde nelle cose ordinarie e comuni della vita di ogni giorno. La gente capiva le cose della vita. Nelle parabole riceveva la chiave per aprirla ed incontrare in essa i segni di Dio. Alla fine del Discorso delle Parabole, in Matteo 13,52, come vedremo dopo, ci sarà spiegato un altro motivo che spinge Gesù ad insegnare con parabole.
4) Per un confronto personale
- Qual è il punto di queste due parabole che più ti è piaciuto o che più ti ha colpito? Perché? • Qual è il seme che, senza che tu te ne rendessi conto, è cresciuto in te e nella tua comunità?
5) Preghiera finale
O mia forza, a te voglio cantare, poiché tu sei, o Dio, la mia difesa, mio Dio, tu sei la mia misericordia. (Sal 58)
Preghiera a San Michele Arcangelo,
da recitarsi al termine della S. Messa
Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.
San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.
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