Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi Giugno-2023

Lectio Divina: giovedì, 1 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 10,46-52  

In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!” E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! 

Alzati, ti chiama!” Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora

Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?” E il cieco a lui:“Rabbunì, che io riabbia la vista!” E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi descrive la guarigione del cieco Bartimeo (Mc 10,46-52) che chiude il lungo insegnamento di Gesù sulla Croce. All’inizio dell’insegnamento, c’era la guarigione di un cieco anonimo (Mc 8,22-26). Le due guarigioni di ciechi sono il simbolo di ciò che avveniva tra Gesù e i discepoli.
  • Marco 10,46-47: Il grido del cieco Bartimeo. Finalmente, dopo una lunga traversia, Gesù ed i discepoli giungono a Gerico, ultima fermata prima di salire verso Gerusalemme. Il cieco Bartimeo è seduto lungo la strada. Non può partecipare alla processione che accompagna Gesù. Ma lui grida, invocando l’aiuto di Gesù: “Gesù,

figlio di Davide, abbi pietà di me!” Lungo i secoli, mediante la pratica dei monaci del deserto, questa invocazione del povero Bartimeo divenne ciò che si è soliti chiamare “La preghiera di Gesù”. I monaci la ripetono verbalmente, tutto il tempo, e scende dalla bocca al cuore. La persona, dopo un poco di tempo, non prega più, nel senso che lei stessa diventa preghiera. 

  • Marco 10,48-51: Gesù ascolta il grido del cieco. Il grido del povero disturba. Coloro che vanno in processione cercano di farlo tacere. Ma “egli gridava più forte!” E Gesù, cosa fà? Ascolta il grido del povero, si ferma e lo manda a chiamare! Coloro che volevano far tacere il grido incomodo del povero, ora, a richiesta di Gesù, sono obbligati a portare il povero verso Gesù: “Coraggio, alzati, perché Gesù ti sta chiamando”. Bartimeo lascia tutto e si dirige verso Gesù. Non aveva quasi niente. Appena un mantello. Ciò che aveva per coprire il suo corpo (cf. Es 22,25-26). Era la sua sicurezza, l’unica cosa che possedeva. Gesù chiede: “Cosa vuoi che io faccia?” Non basta gridare. Bisogna sapere perché si grida! “Rabbunì, Maestro mio! Che io riabbia la vista!”

Bartimeo aveva invocato Gesù con pensieri non del tutto giusti, poiché il titolo di “Figlio di Davide” non era del tutto appropriato. Gesù stesso l’aveva criticato (Mc

12,35-37). Ma Bartimeo aveva più fede in Gesù di quanto esprimessero le sue idee su Gesù. Non esprime esigenze come fece Pietro. Sa dare la sua vita accettando Gesù senza imporre condizioni, ed il miracolo avvenne. 

  • Marco 10,52: La tua fede ti ha salvato. Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato.” In quello stesso istante Bartimeo iniziò a vedere di nuovo e seguiva Gesù lungo il cammino. La sua guarigione è frutto della sua fede in Gesù. Guarito, lui lascia tutto, segue Gesù lungo il cammino e sale con lui verso il Calvario a Gerusalemme. Bartimeo diventa discepolo modello per tutti noi che vogliamo “seguire Gesù lungo il cammino” in direzione verso Gerusalemme. In questa decisione di camminare con Gesù si trova la sorgente di coraggio e il seme della vittoria sulla croce. Poiché la croce non è una fatalità, né un’esigenza di Dio. E’ la conseguenza dell’impegno assunto con Dio, di servire i fratelli e di rifiutare il privilegio.
  • La fede è una forza che trasforma le persone. La guarigione del cieco Bartimeo chiarisce un aspetto molto importante di come deve essere la fede in Gesù. Pietro aveva detto a Gesù: “Tu sei il Cristo!” (Mc 8,29). La sua dottrina era giusta, poiché Gesù è il Cristo, il Messia. Ma quando Gesù disse che il Messia doveva soffrire, Pietro reagì e non accettò. Pietro aveva una giusta dottrina, ma la sua fede in Gesù non era molto giusta. Bartimeo, al contrario, aveva invocato Gesù con il titolo di “Figlio di Davide!” (Mc 10,47). A Gesù non piaceva molto questo titolo (Mc 12,35-37). Per questo, pur invocando Gesù con una dottrina non del tutto corretta, Bartimeo aveva fede e fu guarito! Diversamente da Pietro (Mc 8,32-33), credette più in Gesù che nelle idee che lui aveva su Gesù. Si convertì e seguì Gesù lungo il cammino verso il Calvario! (Mc 10,52). La comprensione totale della sequela di Gesù non si ottiene per mezzo di un insegnamento teorico, ma con l’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio e della gratuità, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioè, del Messia glorioso senza la croce, non capirà nulla di Gesù e non giungerà mai ad avere l’atteggiamento del vero discepolo. Chi crede in Gesù e si “dona” (Mc 8,35), accetta di “essere l’ultimo” (Mc 9,35), di “bere il calice e portare la croce” (Mc 10,38). Costui/costei come Bartimeo, pur avendo idee non del tutto corrette, riuscirà a percepire e “seguirà Gesù lungo il cammino” (Mc 10,52). In questa certezza di camminare con Gesù si trova la fonte di coraggio e il seme della vittoria sulla croce.

4) Per un confronto personale

  • Una domanda indiscreta: “Nel mio modo di vivere la fede, sono come Pietro o come Bartimeo?
  • Oggi, nella chiesa, la maggioranza della gente è come Pietro o come Bartimeo?

5) Preghiera finale

Buono è il Signore, eterna la sua misericordia,  la sua fedeltà per ogni generazione.  (Sal 99)

Lectio Divina: venerdì, 2 giugno, 2023

Tempo ordinario

Preghiera

Signore, Padre misericordioso, Tu hai scelto ognuno dei tuoi figli, perché diventi annunciatore del tuo amore nel mondo e porti così il frutto buono della tua Presenza in mezzo a tutte le genti. Fa’ che il nostro frutto rimanga, grazie alla nostra comunione con Te e il Figlio tuo, Gesù; aiutaci ad accoglierlo quale nostro Amico e Maestro, che entra ogni giorno nel tempio sacro della nostra vita. Egli possa ogni giorno rinnovare la sua alleanza con noi, grazie alla fede e alla preghiera colma di fiducioso abbandono. Amen.

Lettura dal Vangelo secondo Marco 11, 11-25

11Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. 12La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. 14Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. 15Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 16e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. 17E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? 

Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». 18Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. 19Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. 20La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. 21Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto è seccato». 22Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! 23In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Lèvati e gèttati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. 24Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. 25Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».

Meditazione

  • “Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio”. Una delle caratteristiche di questo brano è il continuo movimento di Gesù, espresso dal ripetersi, in alternanza, dei verbi “entrare” e “uscire” (vv. 11; 12; 15; 19). Il Signore, infatti, viene continuamente nella nostra vita, entra nel nostro spazio, nella nostra esperienza, passa, cammina in mezzo a noi e con noi, ma poi se ne va, si allontana, si lascia cercare e aspettare, e di nuovo torna e si lascia trovare. Non disdegna di entrare nella Città santa, nel tempio, così come dentro di noi, nel nostro cuore, offrendoci la sua visita di salvezza.
  • “Ebbe fame”. Il verbo che qui troviamo, sulla penna di Marco, è lo stesso usato anche da Matteo e da Luca nel racconto delle tentazioni nel deserto (Mt 4, 2; Lc 4, 2) e vuole esprimere tutta una condizione di debolezza, di fragilità, di bisogno, di stanchezza. Gesù cerca qualcosa di più che un semplice frutto per placare la sua fame; non chiede qualcosa a un fico fuori stagione, ma chiede al suo popolo, chiede a noi, il cibo buono dell’amore, quello che viene imbandito alla tavola dell’alleanza, del sì detto con fiducia e abbandono.
  • “un albero di fichi che aveva delle foglie”. La figura dell’albero di fichi, che occupa un posto centrale in questo brano, è un simbolo molto forte di Israele, popolo eletto; del tempio e del culto reso a Dio al suo interno; e infine anche di noi stessi, se lo vogliamo, della verità più profonda del nostro cuore. Le foglie del fico rimandano con chiarezza all’esperienza di Adamo nel giardino di Eden, al suo contatto col peccato, alla sua nudità e alla conseguente vergogna. Gesù, fermandosi presso questo fico nel suo viaggio verso Gerusalemme e puntando il suo sguardo sulle foglie che nascondono la mancanza di frutti, in realtà toglie il velo alla nostra verità e mette a nudo il nostro cuore, non per condannare, ma per salvare, per guarire. Il frutto del fico è infatti dolce; il Signore cerca la dolcezza dell’amore per parlare alla nostra vita. Il fico sterile, vuoto di frutti e di vita, anticipa, così, il tempio svuotato di senso, profanato e reso inutile da un rapporto con Dio, che è solo fuga, che è non-incontro. Come Adamo, così anche Israele e forse anche noi.
  • “quelli che vendevano e compravano”. La scena della purificazione del tempio (vv. 1517), che Marco inserisce tra i due momenti del racconto già anticipato della maledizione al fico senza frutti, è molto forte e animata. Questa volta siamo chiamati a porre la nostra attenzione su verbi e vocaboli quali “scacciare”, “rovesciò”, “non permetteva”; “vendevano”, “compravano”, “cambiamonete”, “venditori”, “ladri” “trasportare cose”. Gesù inaugura un’economia nuova, nella quale “senza prezzo noi siamo venduti e senza denaro siamo riscattati” (Is 52, 3), “non per denaro e non per regali noi siamo riscattati” (Is 45, 13) e “non a prezzo di argento e oro noi siamo liberati, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1 Pt 1, 1819). * “casa di preghiera”. Dal tempio santo noi siamo condotti nella casa, Dimora di Dio, dove il vero sacrificio è la preghiera, cioè l’incontro faccia a faccia con Lui, come di figli col proprio Padre. Qui nulla si compra, non c’è denaro, ma solo il dono del cuore che si apre con piena fiducia alla preghiera e alla fede.
  • “l’albero di fichi seccato fin dalle radici”. Infatti sono proprio questi i nuovi temi che la parole di Marco vogliono offrire alla nostra meditazione, continuando nella lettura del brano. Occorre uscire dal tempio per entrare nella casa, occorre uscire dalla compravendita per entrare nel dono e nella fiducia: l’albero senza frutti è inaridito e sembra stare nel mezzo della strada per indicare il cammino nuovo da percorrere, col sorgere del nuovo mattino (v. 20), un cammino verso Dio e verso i fratelli.
  • “abbiate fede senza dubitare”. Con questa bellissima espressione Gesù ci aiuta a scendere nel profondo di noi stessi e a prendere contatto col nostro cuore, nella verità. Il testo greco ha un verbo stupendo, tradotto qui con “dubitare” e che vuole esprimere addirittura una spaccatura interiore, una divisione, un combattimento fra parti diverse. Gesù ci invita, così, a porre una fiducia assoluta in Lui e nel Padre, per non venire spezzati dentro. In modo pieno e completo noi possiamo avvicinarci a Dio, possiamo essere in relazione con Lui, senza bisogno di foglie per mascherarci, senza cominciare a contare le monete e calcolare il prezzo da pagare, senza fare separazioni dentro di noi, ma offrendoci totalmente a Lui, così come siamo, quelli che siamo, portando con noi il frutto buono e dolce dell’amore.
  • “quando vi mettete a pregare, perdonate”. E non può essere altro che così: il termine e il nuovo inizio del cammino di fede e di preghiera, nella vita del cristiano, si trova nella relazione coi fratelli e le sorelle, nell’incontro con loro, nello scambio, nel dono reciproco. Non esiste preghiera, culto a Dio, tempio santo, sacrificio gradito a Dio, non esiste frutto o dolcezza senza l’amore per il fratello e la sorella. Marco lo chiama perdono, Gesù lo chiama amore, l’unico frutto capace di colmare la nostra fame, di sollevare ogni nostra stanchezza.

Alcune domande

Meditando questo brano ho incontrato due figure molto forti: l’albero di fico e il tempio, entrambi senza frutto, senza vita e amore. Ho visto Gesù, che con la sua venuta e la sua opera forte e sicura, ha cambiato questa situazione, offrendo un volto nuovo alla vita. Riesco a riconoscere il mio bisogno di lasciarmi raggiungere dal Signore, di lasciarmi toccare da Lui? Mi vedo, in alcuni aspetti di me, della mia vita, come il fico sterile, senza frutti o come il tempio, luogo freddo di commerci e di calcoli? Sento dentro di me il desiderio di poter donare anch’io il frutto dolce dell’amore, dell’amicizia, della condivisione? Ho fame della preghiera, del vero rapporto con il Padre? 

Seguendo Gesù lungo la via, posso anch’io entrare nel mattino nuovo della sua Legge, del suo insegnamento. Riesco a riconoscere le spaccature che porto nel mio cuore? Dove mi sento più diviso, più insicuro, più confuso? Perché non riesco a fidarmi totalmente di mio Padre? Perché ancora zoppico su due piedi, come dice il profeta Elia (cfr. 1 Re 18, 21). Io lo so che il Signore è Dio e allora voglio seguire Lui! Non da solo, però, ma aprendo il cuore a tanti fratelli e sorelle, facendomi amico e compagni di viaggio, per condividere la gioia e la fatica, la paura e l’entusiasmo del cammino; so per certo che seguendo il Signore sarò felice.  Amen.

Preghiera finale

Signore, voglio cantare un canto nuovo!

Cantate al Signore un canto nuovo;  la sua lode nell’assemblea dei fedeli. Gioisca Israele nel suo creatore,  esultino nel loro re i figli di Sion. Lodino il suo nome con danze,  con tamburelli e cetre gli cantino inni. Il Signore ama il suo popolo,  incorona i poveri di vittoria. Esultino i fedeli nella gloria,  facciano festa sui loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca 

e la spada a due tagli nelle loro mani.                                                            

(Salmo 149)

Lectio Divina: sabato, 3 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12  

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 

Beati i miti, perché erediteranno la terra. 

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.  Beati i perseguitati per causa della giustizia, 33

perché di essi è il regno dei cieli. 

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.

3) Riflessione

  • Da oggi, inizio della 10a Settimana del Tempo Ordinario, fino alla 21ª Settimana del Tempo Ordinario, i vangeli quotidiani sono tratti dal vangelo di Matteo. A partire dalla 22ª Settimana del Tempo Ordinario, fino al termine dell’anno liturgico, sono tratti dal vangelo di Luca.
  • Nel vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo: a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29); b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1-35); e) il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46). Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita.
  • Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf. Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio. Come avvenne con Mosè, Gesù sale sulla Montagna e, guardando la folla, proclama la Nuova Legge. E’ significativo il modo solenne con cui Matteo introduce la proclamazione della Nuova Legge: “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il “Discorso della Montagna”. In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie.
  • Matteo 5,3: Beati i poveri in spirito. Gesù riconosce la ricchezza e il valore dei poveri (Mt 11,25-26). Definisce la propria missione in questi termini: “annunciare la Buona Novella ai poveri” (Lc 4,18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra su cui reclinare il capo (Mt 8,20). E a chi vuole seguirlo, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Nel vangelo di Luca si dice: “Beati voi poveri!” (Lc 6,20). Ma chi è il “povero in spirito”? E’ il povero che ha lo stesso spirito che animò Gesù. Non è il ricco, nemmeno il povero con la mentalità di ricco. Bensì è il povero che, come fa Gesù, pensa ai poveri e ne riconosce il valore. E’ il povero che dice: “Penso che il mondo sarà migliore quando il minore che soffre pensa al minore”. 1.

Beati i poveri in spirito => di essi è il Regno dei Cieli 2. Beati i miti => erediteranno la terra 3. Beati gli afflitti => saranno consolati 4. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia => saranno saziati 5. Beati i misericordiosi => otterranno misericordia 6. Beati i puri di cuore => vedranno Dio 7. Beati i promotori di pace => saranno figli di Dio 8. Beati i perseguitati per causa della giustizia => di essi è il regno dei cieli 

  • Matteo 5,4-9: Il nuovo progetto di vita. Ogni volta che nella Bibbia si cerca di rinnovare l’Alleanza, si ricomincia ristabilendo il diritto dei poveri e degli esclusi. Senza di questo, l’Alleanza non si rifà! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Nelle beatitudini, Gesù annuncia il nuovo Progetto di Dio che accoglie i poveri e gli esclusi. Denuncia il sistema che esclude i poveri e che perseguita coloro che lottano per la giustizia. La prima categoria dei “poveri in spirito” e l’ultima categoria dei “perseguitati per causa della giustizia” ricevono la stessa promessa del Regno dei Cieli. E la ricevono fin da ora, nel presente, poiché Gesù dice “di essi è il Regno!” Il Regno è già presente nella loro vita. Tra la prima e l’ultima categoria, ci sono sei altre categorie che ricevono la promessa del Regno. In esse appare il nuovo progetto di vita che vuole ricostruire la vita nella sua totalità mediante un nuovo tipo di rapporto: con i beni materiali (1a coppia); con le persone tra di loro (2a coppia); con Dio (3a coppia). La comunità cristiana deve essere un esempio di questo Regno, un luogo dove il Regno comincia a prendere forma fin da ora.
  • Le tre coppie: Prima coppia: i miti e gli afflitti: I miti sono i poveri di cui parla il salmo
  1. Loro sono stati privati delle loro terre e le erediteranno di nuovo (Sal 37,11; cf Sal 37.22.29.34). Gli afflitti sono coloro che piangono dinanzi all’ingiustizia nel mondo e nella gente (cf. Sal 119,136; Ez 9,4; Tb 13,16; 2Pd 2,7). Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con i beni materiali: il possesso della terra ed il mondo riconciliato.

Seconda coppia: coloro che hanno fame e sete di giustizia ed i misericordiosi: Coloro che hanno fame e sete di giustizia sono coloro che desiderano rinnovare la convivenza umana, in modo che sia di nuovo d’accordo con le esigenze della giustizia. I misericordiosi sono coloro che hanno il cuore nella miseria degli altri perché vogliono eliminare le disuguaglianze tra fratelli e sorelle. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto tra le persone mediante la pratica della giustizia e della solidarietà.

Terza coppia: i puri di cuore ed i pacifici: I puri di cuore sono coloro che hanno uno sguardo contemplativo che permette loro di percepire la presenza di Dio in tutto. Coloro che promuovono la pace saranno chiamati figli di Dio, perché si sforzano affinché una nuova esperienza di Dio possa penetrare il tutto e riesca ad integrare il tutto. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con Dio: vedere la presenza di Dio che agisce in tutto, ed essere chiamati figlio e figlia di Dio.35

  • Matteo 5,10-12: I perseguitati per causa della giustizia e del vangelo. Le beatitudini dicono esattamente il contrario di ciò che dice la società in cui viviamo. Infatti, nella società il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice. Il povero è un infelice. Beato è colui che ha denaro e può andare al supermercato e spendere come vuole. Beato è colui che ha fama e potere. Gli infelici sono i poveri, coloro che piangono! In televisione, i teleromanzi divulgano questo mito della persona felice e realizzata. E senza che ce ne rendiamo conto, diventano il modello di vita per molti di noi. C’è ancora posto nella nostra società per queste parole di Gesù: “Beati i perseguitati per causa della giustizia e del vangelo! Beati i poveri! Beati coloro che piangono!”? E per me, che sono cristiano o cristiana, di fatto chi è beato?

4) Per un confronto personale

  • Tutti vogliamo essere felici. Tutti e tutte! Ma siamo veramente felici? Perché sì? Perché no? Come capire che una persona possa essere povera e felice allo stesso tempo?
  • Quali sono i momenti nella tua vita in cui ti sei sentito/a veramente felice? Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo?

5) Preghiera finale

Alzo gli occhi verso i monti:  da dove mi verrà l’aiuto?  Il mio aiuto viene dal Signore,  che ha fatto cielo e terra. (Sal 120)

Lectio Divina: domenica, 4 giugno, 2023 

“Dio infatti ha tanto amato il mondo!” 

La Trinità è la migliore comunità 

Giovanni 3, 16-18

1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, affinché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con cui Tu la leggesti ai discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu gli aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella Creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e nei sofferenti. La tua parola ci orienti affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo lo chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre ed inviato il tuo Spirito. Amen.

2. Lettura

  1. a) Una chiave di lettura:
  • Questi pochi versetti fanno parte di una riflessione dell’evangelista Giovanni (Gv 3,1621), in cui spiega alle sue comunità della fine del primo secolo il significato del dialogo tra Gesù e Nicodemo (Gv 3,1-15). In questo dialogo, Nicodemo non riesce a seguire il pensiero di Gesù. E la stessa cosa accadeva alle comunità. Alcune di esse, prigioniere dei criteri del passato, non capivano la novità che Gesù aveva portato. Il nostro testo (Gv 3,16-18) è un aiuto per superare questa difficoltà.
  • Anche la Chiesa ha scelto la lettura di questi tre versetti per la festa della Santissima Trinità. Ed in effetti, costituiscono una chiave importante per rivelare l’importanza del mistero del Dio Trino nella nostra vita. Nel fare la lettura, cerchiamo di tener presente nella mente e nel cuore che, in questo testo, Dio è il Padre, il Figlio è Gesù e l’amore è lo Spirito Santo. Per questo, non cerchiamo di penetrare nel mistero. Fermiamoci, facciamo silenzio ed ammiriamo!
  1. Una divisione del testo per aiutare la lettura:

Gv 3,16: Afferma che l’amore salvifico di Dio si manifesta nel dono del Figlio 

Gv 3,17: La volontà di Dio è salvare e non condannare 

Gv 3,18: L’esigenza divina è avere da parte nostra il coraggio di credere in questo amore

  1. Il testo:

16: «Dio infatti ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio unigenito, perché chiunque crede in lui non muoia, ma abbia la vita eterna. 17: Dio non ha mandato il Figlio nel mondo per giudicare il mondo, ma perché il mondo si salvi per mezzo di lui. 18: Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell’Unigenito Figlio di Dio.

  1. Un momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande

per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. 

  1. Quale punto ti è piaciuto di più o quale ti ha maggiormente colpito?
  2. Guardando bene questo testo così corto, quali sono le parole chiave ricorrenti?
  3. Qual’è l’esperienza centrale dell’evangelista e delle comunità, che traspare dal testo?
  4. Cosa ci dice il testo sull’amore di Dio?
  5. Cosa ci dice il testo su Gesù?
  6. Cosa afferma il testo sul mondo?
  7. Cosa mi svela il testo di me?
  8. Una chiave di lettura per quelli che vogliono approfondire di più l’argomento.
  9. a) Il contesto in cui appaiono le parole di Gesù nel Vangelo di Giovanni:
  • Nicodemo era un dottore che aveva la pretesa di conoscere le cose di Dio. Osservava Gesù con il libretto della legge di Mosè in mano per vedere se concordava con la novità annunciata da Gesù. Nella conversazione, Gesù fa percepire a Nicodemo (e a tutti noi) che l’unico modo in cui qualcuno può capire le cose di Dio è nascendo di

nuovo! Oggi succede la stessa cosa. Molte volte, siamo come Nicodemo: accettiamo solo ciò che va d’accordo con le nostre idee. Il resto lo rifiutiamo considerandolo contrario alla tradizione. Ma non tutti sono così. Ci sono persone che si lasciano sorprendere dai fatti e che non hanno paura di dire: “Nasci di nuovo!” 

  • Nel raccogliere le parole di Gesù l’evangelista ha davanti agli occhi la situazione delle comunità della fine del primo secolo, ed è per loro che scrive. I dubbi di Nicodemo erano anche quelli delle comunità. E così la risposta di Gesù era anche una risposta per le comunità. Molto probabilmente, la conversazione tra Gesù e Nicodemo faceva parte della catechesi battesimale, poiché il testo dice che le persone devono rinascere dall’acqua e dallo Spirito (Gv 3,6). Nel breve commento che presentiamo, focalizzeremo le parole chiave che appaiono nel testo e che sono parole centrali nel vangelo di San Giovanni. Ci servono come chiave di lettura di tutto il vangelo. b) Commento del testo: 
  • Giovanni 3,16: Amare è darsi per amore: La parola amore indica, innanzitutto, un’esperienza profonda di relazione tra diverse persone. Racchiude un insieme di sentimenti e valori quali l’allegria, la tristezza, la sofferenza, la crescita, la rinuncia, il dono di sé, la realizzazione, la donazione, l’impegno, la vita, la morte, ecc. Nell’AT questo insieme di valori e sentimenti viene riassunto nella parola hesed, che, nelle nostre Bibbie, generalmente, viene tradotto con carità, misericordia, fedeltà o amore. Nel NT, Gesù rivelò questo amore di Dio nei suoi incontri con le persone. Lo rivelò con sentimenti di amicizia, di tenerezza, come, per esempio, nella sua relazione con la famiglia di Marta a Betania: “Gesù voleva molto bene a Marta, a sua sorella e a Lazzaro”. Piange dinanzi alla tomba di Lazzaro (Gv 11,5.33-36). Gesù affronta la sua missione come una manifestazione d’amore: “dopo aver amato i suoi, . . . li amò sino alla fine” (Gv 13,1). In questo amore Gesù manifesta la sua profonda identità con il Padre: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi!” (Gv 15,9). E lui ci dice: “Amatevi gli uni gli altri come io vi ho amati!” (Gv 15,12). Giovanni così definisce l’amore: “Da questo abbiamo conosciuto l’amore: Egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv 3,16). Per le comunità non c’era altro comandamento all’infuori di questo: “comportarsi come Gesù si è comportato” (1 Gv 2,6). Chi vive l’amore e lo manifesta nelle sue parole e nei suoi atteggiamenti, diventa Discepola Amata, Discepolo Amato. 
  • Giovanni 3,17: Amò il mondo e si donò per salvare il mondo: La parola “mondo” si trova 78 volte nel vangelo di Giovanni, e con diversi significati. In primo luogo, “mondo” può significare la terra, lo spazio abitato dagli esseri umani (Gv 11,9; 21,25) o l’universo creato (17,5.24). Qui nel nostro testo, “mondo” significa le persone che abitano questa terra, tutta l’umanità, amata da Dio, che per essa dona il suo Figlio unigenito (cf Gv 1,9; 4,42; 6,14; 8,12). Può anche significare un gruppo numeroso di persone, nel senso di “tutto il mondo” (Gv 12,19; 14,27). Ma nel Vangelo di Giovanni, “mondo” significa, soprattutto, quella parte dell’umanità che si oppone a Gesù e diventa suo “avversario” o “oppositore” (Gv 7,4.7; 8,23.26; 9,39; 12,25). Questo “mondo”, contrario alla pratica liberatrice di Gesù, è dominato dall’Avversario, Satana, chiamato anche “principe del mondo” (14,30; 16,11), che perseguita ed uccide le comunità fedeli (16,33), creando una situazione di ingiustizia, di oppressione, mantenuta da coloro che sono al potere, dai dirigenti sia dell’impero che della sinagoga. Essi praticano l’ingiustizia usando a questo scopo il nome di Dio stesso (16,2). La speranza che il vangelo di Giovanni comunica alle comunità è che Gesù vincerà il principe di questo mondo (12,31). Lui è più forte del “mondo”. “Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!” (16,33)
  • Giovanni 3,18: Il Figlio Unigenito di Dio che si dona per noi: Uno dei titoli più antichi e più belli, che i primi cristiani scelsero per descrivere la missione di Gesù è quello di “Difensore”. In lingua ebraica dicevano Goêl. Questo termine indicava il parente più prossimo, il fratello più anziano, che doveva riscattare i suoi fratelli, minacciati di perdere i loro beni (cf. Lv 25,23-55). Quando all’epoca della prigionia di Babilonia, tutto il popolo, anche il parente più prossimo, perdette ogni cosa, lì Dio stesso divenne il Goêl del suo popolo. Lo riscattò dalla schiavitù. Nel Nuovo Testamento, è Gesù il figlio unigenito, il primogenito, il parente più prossimo, che divenne il nostro Goêl. Questo termine o titolo riceve traduzioni diverse: salvatore, redentore, liberatore, avvocato, fratello maggiore, consolatore, ed altre (cf. Lc 2, 11; Gv 4,42; At 5,31 ecc). Gesù assunse la difesa ed il riscatto della sua famiglia, del suo popolo. Si dette del tutto, completamente, affinché noi, suoi fratelli e sorelle, potessimo nuovamente vivere in fraternità. Fu questo il servizio che egli rese a tutti noi. Fu così che si compì la profezia di Isaia che annunciava la venuta del Messia Servo. E lui stesso diceva: “Il Figlio dell’Uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto (goêl) per molti” (Mc 10,45). Paolo esprime questa scoperta nella frase seguente: “Mi ha amato e ha dato se stesso per me!” (Gl 2,20). 
  1. c) Il mistero della Trinità negli scritti di Giovanni:

La fede nella Santissima Trinità è la fonte ed il destino del nostro credo. Tutto ciò che oggi affermiamo con tanta chiarezza riguardo alla Santissima Trinità lo troviamo nel Nuovo Testamento. E vi è racchiuso sotto forma di seme che venne aprendosi, lungo i secoli. Dei quattro evangelisti, Giovanni è colui che ci aiuta maggiormente a comprendere il mistero di Dio Trino. Giovanni sottolinea l’unità profonda tra il Padre ed il Figlio. La missione del Figlio è quella di rivelare l’amore del Padre (Gv 17,6-8). Gesù arriva a proclamare: “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Tra Gesù ed il Padre c’è un’unità così intensa che colui che vede il volto dell’uno vede anche quello dell’altro. E rivelando il Padre, Gesù comunica uno spirito nuovo “lo Spirito di Verità che procede dal Padre” (Gv 15,26). A richiesta del Figlio (Gv 14,16), il Padre invia ad ognuno di noi questo nuovo Spirito affinché rimanga con noi. Questo Spirito, che ci viene dal Padre (Gv 14,16) e dal Figlio (Gv 16,7-8), comunica la profonda unità esistente tra il Padre ed il Figlio (Gv 15,26-27). I cristiani guardavano l’unità in Dio per potere capire l’unità che doveva esistere tra di loro (Gv 13,34-35; 17,21). Oggi diciamo: Padre, Figlio e Spirito Santo. Nell’Apocalisse si dice: Colui che è, che era e che viene, dai sette spiriti che stanno davanti al suo trono, e da Gesù Cristo, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il principe dei re della terra (Ap 1,4-5). Con questi nomi, Giovanni dice ciò che è e che le comunità pensavano e speravano nel Padre, nel Figlio e nello Spirito Santo. 

Vediamo:

Il Nome del Padre: Alfa e Omega, E’-Era-Viene, Onnipotente.

Alfa e Omega. Per noi sarebbe A e Z. (cf Is 44,6; Ap 1,17). Dio è all’inizio ed alla fine della storia. Non c’è posto per un altro Dio! I cristiani non accettavano la pretesa dell’impero romano che divinizzava l’imperatore. Nulla di quanto succede nella vita può essere interpretato come una semplice fatalità, fuori della provvidenza amorosa di questo nostro Dio. 

E’, Era, Viene (Ap 1,4.8; 4,8). Il nostro Dio non è un Dio distante. E’ stato con noi nel passato, è con noi nel presente, sarà con noi nel futuro. Egli conduce la storia, è dentro la storia, cammina con il popolo. Una storia di Dio è la storia del suo popolo.  Onnipotente. Era un titolo imperiale dei re dopo Alessandro Magno. Per i cristiani, il vero re è Dio. Questo titolo esprime il potere creatore con cui Dio conduce il suo popolo. 

Il titolo rafforza la certezza della vittoria e ci spinge a cantare, fin d’ora, la gioia del Nuovo Cielo e della Nuova Terra (Ap 21,2).

Il Nome del Figlio: Testimone fedele, Primogenito dei morti, Principe dei re della terra. Testimone fedele: Testimone è lo stesso che martire. Gesù ebbe il coraggio di testimoniare la Buona Novella di Dio Padre. Fu fedele fino alla morte, e la risposta di Dio fu la risurrezione (Fl 2,9; Hb 5,7). 

Primogenito tra i morti: Primogenito è come dire fratello maggiore (Cl 1,18). Gesù è il primo che risuscita. La sua vittoria sulla morte avverrà con tutti noi, suoi fratelli e sorelle!  Principe dei re della terra: Era un titolo che la propaganda ufficiale dava all’Imperatore

31

di Roma. I cristiani davano questo titolo a Gesù. Credere in Gesù era un atto di ribellione contro l’impero e la sua ideologia. 

Questi tre titoli vengono dal salmo messianico 89, dove il messia è chiamato Testimone fedele (S 89,38), Primogenito (S 89,28), l’Altissimo sui re della terra (S 89,28). I primi cristiani si ispiravano alla Bibbia per formulare la dottrina.

Il Nome dello Spirito Santo: Sette lampade, Sette occhi, Sette spiriti.

Sette Lampade: Nell’Ap 4,5, si dice che i sette spiriti sono le sette lampade di fuoco che ardono davanti al Trono di Dio. Sono sette perché rappresentano la pienezza dell’azione di Dio nel mondo. Sono lampade di fuoco, perché simbolizzano l’azione dello Spirito che illumina, disseta e purifica (At 2,1). Stanno davanti al Trono, perché sempre pronte a rispondere a qualsiasi richiesta di Dio. 

Sette Occhi: Nell’Ap 5,6, si dice che l’Agnello ha “sette occhi, simbolo dei sette spiriti di Dio mandati su tutta la terra”. Che bella immagine! Basta guardare l’Agnello e, vedere lo Spirito che agisce lì dove lui guarda, poiché il suo occhio è lo Spirito. E lui guarda sempre verso di noi! 

Sette Spiriti: I sette evocano i sette doni dello Spirito di cui parla il profeta Isaia e che andranno a riposare sul Messia (Is 11,2-3). Questa profezia si realizza in Gesù. I sette Spiriti sono, nello stesso tempo, di Dio e di Gesù. La stessa identificazione dello Spirito con Gesù appare alla fine delle sette lettere. E’ Gesù che parla nella lettera, ed alla fine di ogni lettera si dice: Chi ha orecchi ascolti ciò che lo Spirito dice alle Chiese. Gesù parla, lo Spirito parla. E’ la stessa cosa.

6. Salmo 63,1-9

L’anelito di Dio 

O Dio, Tu sei il mio Dio,  all’aurora ti cerco,  di te ha sete l’anima mia,  a te anela la mia carne,  come terra deserta, arida, senz’acqua.  Così nel santuario ti ho cercato,  per contemplare la tua potenza e la tua gloria.  Poiché la tua grazia vale più della vita,  le mie labbra diranno la tua lode. Così ti benedirò finché io viva,  nel tuo nome alzerò le mie mani.  Mi sazierò come a lauto convito,  e con voci di gioia ti loderà la mia bocca.  Quando nel mio giaciglio di te mi ricordo  e penso a te nelle veglie notturne,  a te che sei stato il mio aiuto,  esulto di gioia all’ombra delle tue ali. A te si stringe l’anima mia  e la forza della tua destra mi sostiene.

7. Orazione Finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua parola che ci ha fatto comprendere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello, che la Tua Parola ci ha mostrato. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola, Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 5 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,1-12  

In quel tempo, Gesù prese a parlare ai sommi sacerdoti, agli scribi e agli anziani in parabole: “Un uomo piantò una vigna, vi pose attorno ad una siepe, scavò un torchio, costruì una torre, poi la diede in affitto a dei vignaioli e se ne andò lontano.  A suo tempo inviò un servo a ritirare da quei vignaioli i frutti della vigna. Ma essi, afferratolo, lo bastonarono e lo rimandarono a mani vuote. Inviò loro di nuovo un altro servo: anche quello lo picchiarono sulla testa e lo coprirono di insulti. Ne inviò ancora un altro, e questo lo uccisero; e di molti altri, che egli ancora mandò, alcuni li bastonarono, altri li uccisero. 

Aveva ancora uno, il figlio prediletto: lo inviò loro per ultimo, dicendo: Avranno rispetto per mio figlio! Ma quei vignaioli dissero tra di loro: Questi è l’erede; su, uccidiamolo e l’eredità sarà nostra. E afferratolo, lo uccisero e lo gettarono fuori della vigna. 

Che cosa farà dunque il padrone della vigna? Verrà e sterminerà quei vignaioli e darà la vigna ad altri. Non avete forse letto questa Scrittura: ‘‘La pietra che i costruttori hanno scartata è diventata testata d’angolo; dal Signore è stato fatto questo ed è mirabile agli occhi nostri?”

Allora cercarono di catturarlo, ma ebbero paura della folla; avevano capito infatti che aveva detto quella parabola contro di loro. E, lasciatolo, se ne andarono.

3) Riflessione

  • Gesù si trova a Gerusalemme. E’ l’ultima settimana della sua vita. E’ ritornato sulla piazza del Tempio (Mc 11,27), dove ora comincia il confronto diretto con le autorità. I capitoli 11 e 12 descrivono i diversi aspetti di questo confronto: (a) con i venditori del Tempio (Mc 12,11-26), (b) con i sacerdoti, anziani e scribi (Mc 11,27 a 12,12), (c) con i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), (d) con i sadducei (Mc 12,18-27) e, (e) di nuovo con gli scribi (Mc 12,28-40). Alla fine, dopo il confronto con tutti loro, Gesù commenta l’obolo della vedova (Mc 12,41-44). Il vangelo di oggi descrive una parte del conflitto con i sacerdoti, anziani e scribi (Mc 12,1-12). Tutti questi confronti fanno capire più chiaramente ai discepoli e a tutti noi quale è il progetto di Gesù e quale è l’intenzione degli uomini di potere.
  • Marco 12,1-9: La parabola della vigna: risposta indiretta di Gesù agli uomini di potere.

La parabola della vigna è un riassunto della storia di Israele. Un bel riassunto, tratto

dal profeta Isaia (Is 5,1-7). Per mezzo di questa storia, Gesù dà una risposta indiretta ai sacerdoti, scribi ed anziani che gli avevano chiesto: “Con quale autorità fai queste

cose? Chi ti concede autorità per fare questo?” (Mc 11,28). In questa parabola Gesù: (a) rivela l’origine della sua autorità, lui è il figlio, l’erede (Mc 12,6); (b) denuncia l’abuso di autorità dei vignaioli, cioè, dei sacerdoti e degli anziani che non si occupavano del popolo di Dio (Mc 12,3-8); (c) difende l’autorità dei profeti, inviati da Dio, ma massacrati dai vignaioli (Mc 12,2-5); (d) smaschera le autorità che manipolano la religione ed uccidono il figlio, perché non vogliono perdere la fonte di reddito che sono riusciti ad accumulare per sé, lungo i secoli (Mc 12,7). 

  • Marco 12,10-12. La decisione degli uomini di potere conferma la denuncia fatta da Gesù. I sacerdoti, gli scribi e gli anziani capirono molto bene il significato delle parabole, ma non si convertirono. Anzi, mantennero il loro progetto di prendere Gesù (Mc 12,12). Rifiutano “la pietra fondamentale” (Mc 12,10), ma non hanno il coraggio di farlo apertamente, perché temono la gente. Così, i discepoli e le discepole di Gesù devono sapere ciò che li/le aspetta se seguono il Maestro!
  • Gli uomini di potere nel tempo di Gesù: Nei capitoli 11 e 12 di Marco appaiono alcuni uomini di oggi: sacerdoti, anziani e scribi (Mc 11,27); non di domani: farisei e erodiani (Mc 12,13); non di dopodomani: sadducei (Mc 12,18).
    • Sacerdoti: Erano gli incaricati del culto nel Tempio, dove si raccolgono le decime. Il sommo sacerdote occupava un posto centrale nella vita della gente, soprattutto dopo l’esilio. Era scelto tra le famiglie, che detenevano più potere e ricchezza. – Anziani o Capi del popolo: Erano i capi locali, nei villaggi e nelle città. La loro origine veniva dai capi delle antiche tribù. 
    • Scribi o dottori della legge: Erano gli incaricati all’insegnamento. Dedicavano la loro vita allo studio della Legge di Dio ed insegnavano alla gente come osservare in tutto la Legge di Dio. Non tutti gli scribi seguivano la stessa linea. Alcuni erano legati ai farisei, altri ai sadducei.
    • Farisei: Fariseo significa: separato. Loro lottavano affinché per mezzo dell’osservanza perfetta della legge della purezza, la gente riuscisse ad essere pura, separata e santa come esigono la Legge e la Tradizione! Per mezzo della testimonianza esemplare della loro vita dentro le norme dell’epoca, loro governavano in quasi tutti i villaggi di Galilea.
    • Erodiani: Era un gruppo legato al re Erode Antipa di Galilea che governò dal 4 a.C. fino al 39 d.C. Gli erodiani formavano parte di una élite che non aspettava il Regno di Dio per il futuro, ma che lo considerava già presente nel regno di Erode.
    • Sadducei: Erano una élite aristocratica di ricchi commercianti o latifondisti. Erano conservatori. Non accettavano i mutamenti difesi dai farisei, come per esempio, la fede nella risurrezione e l’esistenza degli angeli.
    • Sinedrio: Era il Tribunale Supremo dei giudei con 71 membri tra sommi sacerdoti, anziani, farisei e scribi. Aveva un ruolo di grande potere presso la gente e rappresentava la nazione presso le autorità romane.

4) Per un confronto personale

  • Qualche volta, come è successo a Gesù, ti sei sentito/a controllato/a dalle autorità del tuo paese, in casa, nella tua famiglia, nel tuo lavoro o nella chiesa? Quale è stata la tua reazione?
  • Cosa ci insegna questa parabola sul modo di esercitare l’autorità? E tu, come eserciti la tua autorità in famiglia, in comunità e nel lavoro?

5) Preghiera finale

Buono e retto è il Signore,  la via giusta addita ai peccatori;  guida gli umili secondo giustizia,  insegna ai poveri le sue vie. (Sal 24)

Lectio Divina: martedì, 6 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,13-17  

In quel tempo, i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono a Gesù alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare?  Lo dobbiamo dare o no?” Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?” Gli risposero: “Di Cesare”. Gesù disse loro:

“Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi continua il confronto tra Gesù e le autorità. I sacerdoti e gli scribi erano stati criticati e denunciati da Gesù nella parabola della vigna (Mc 12,1-12). Ora, loro stessi chiedono ai farisei e agli erodiani di creare una trappola contro Gesù, per poterlo condannare. Fanno domande a Gesù sull’imposta da pagare ai romani. Era un tema polemico che divideva l’opinione pubblica. Gli avversari di Gesù vogliono a ogni costo accusarlo e diminuire così l’influenza che ha sulla gente. Gruppi, che prima erano nemici tra di loro, ora si uniscono per combattere contro Gesù che entrava nel loro terreno. Questo succede anche oggi. Molte volte, persone o gruppi, nemici tra di loro, si uniscono per difendere i loro privilegi contro coloro che li scomodano con l’annuncio della verità e della giustizia.
  • Marco 12,13-14: La domanda dei farisei e degli erodiani. Farisei ed erodiani erano i leaders locali nei villaggi di Galilea. Da tempo, avevano deciso di uccidere Gesù (Mc 3,6). Ora, agli ordini dei sacerdoti e degli anziani, vogliono sapere se Gesù è a favore o contro il pagamento delle imposte ai romani, a Cesare. Domanda subdola, piena di malizia! Sotto l’apparenza di fedeltà alla legge di Dio, cercano motivi per poterlo accusare. Se Gesù dicesse: “Dovete pagare!”, loro potrebbero accusarlo di essere amico dei romani. Se lui dicesse: “Non dovete pagare!”, potrebbero accusarlo presso le autorità romane di essere sovversivo. Sembrava una strada senza uscita!
  • Marco 12, 15-17: La risposta di Gesù. Gesù percepisce l’ipocrisia. Nella sua risposta, non perde tempo in discussioni inutili, e va dritto al centro della questione. Invece di rispondere e di discutere la faccenda del tributo a Cesare, chiede di mostrargli una moneta e chiede: “Di chi è questa immagine ed iscrizione?” Loro rispondono: “Di Cesare!” Risposta di Gesù: “Allora, date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che è di Dio!” In pratica, loro riconoscevano già l’autorità di Cesare. Stavano già dando a Cesare ciò che era di Cesare, poiché usavano le sue monete per comprare e vendere e perfino per pagare le imposte del Tempio! Ciò che interessava Gesù era che “dessero a Dio ciò che è di Dio!”, cioè che restituissero a Dio la gente, da loro deviata, poiché con i loro insegnamenti bloccavano l’ingresso nel Regno (Mt 23,13). Altri spiegavano questa frase di Gesù in un altro modo: “Date a Dio ciò che è di Dio!”, cioè, praticate la giustizia e l’onestà come la Legge di Dio lo esige, perché la vostra ipocrisia nega a Dio ciò che gli è dovuto. I discepoli e le discepole devono esserne consapevoli! Poiché il fermento di questi erodiani e di questi farisei stava rendendoli ciechi.
  • Imposte, tributi, tasse e decime. Al tempo di Gesù, la gente di Palestina pagava molte imposte, tasse, tributi e decime, sia ai romani che al Tempio. L’impero romano aveva invaso la Palestina nell’anno 63 a.C. ed impose molte tasse e tributi. Secondo i calcoli fatti, la metà o anche di più del salario familiare andava alle imposte, tributi, tasse e decime. Le imposte che i romani esigevano erano di due tipi: dirette e indirette:
    1. L’imposta Diretta era sulle proprietà e sulle persone. Imposta sulla proprietà (tributum soli): i fiscali del governo verificavano la grandezza della proprietà, della produzione e del numero di schiavi e fissavano la quantità da pagare. Periodicamente, c’era una nuova fiscalizzazione mediante i censimenti. L’imposta sulle persone (tributum capitis): era per le classi povere senza terra. Includeva sia gli uomini che le donne, tra i 12 ed i 65 anni. Era un’imposta sulla forza di lavoro: il 20% del reddito di ogni persona andava all’imposta.
    2. L’imposta Indiretta era sulle transazioni di diverso tipo. Corona d’oro: Originariamente si trattava di un regalo all’imperatore, ma divenne un’imposta obbligatoria. Veniva pagata in occasioni speciali, per esempio: feste e visite dell’imperatore. L’imposta sul sale: il sale era monopolio dell’imperatore. Bisognava pagare il tributo solo sul sale di uso commerciale. Per esempio, il sale usato dai pescatori per essiccare il pesce. Da qui viene la parola salario. Imposta sulla

compravendita: Per ciascuna transazione commerciale si pagava l’ 1%. Questo denaro veniva pagato alla gente del fisco durante la fiera. Nell’acquisto di uno schiavo esigevano il 4%. In ogni contratto commerciale registrato, esigevano il 2%. Imposta per svolgere una professione: C’era bisogno per tutto di avere una licenza. Per esempio, un calzolaio nella città di Palmira pagava un denaro al mese. Un denaro era l’equivalente del salario di una giornata. Perfino le prostitute dovevano pagare. Imposta sull’uso delle cose di pubblica utilità: L’imperatore Vespasiano introdusse l’imposta per poter usare i gabinetti pubblici a Roma. Lui diceva “Il denaro non puzza!” 

  1. Altre tasse ed obbligazioni: Pedaggio o dogana; Lavoro forzato; Spesa speciale per l’esercito (ospitare i soldati; pagare per il cibo delle truppe); Imposta per il Tempio ed il Culto.

4) Per un confronto personale

  • Conosci qualche caso di gruppi o di persone che erano nemici tra di loro, ma che si sono uniti per perseguitare una persona onesta che li scomodava e denunciava? E’ successo qualche volta con te?
  • Che senso ha oggi la frase: “Dà a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”?

5) Preghiera finale

Saziaci al mattino con la tua grazia:  esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni.  Si manifesti ai tuoi servi la tua opera  e la tua gloria ai loro figli. (Sal 89)

Lectio Divina: mercoledì, 7 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera  

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,18-27  

In quel tempo, vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: “Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? 

Poiché in sette l’hanno avuta come moglie”. 

Rispose loro Gesù: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe?  Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi continua il confronto tra Gesù e le autorità. Dopo i sacerdoti, gli anziani e gli scribi (Mc 12,1-12) e i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), ora appaiono i sadducei che fanno una domanda sulla risurrezione. Tema polemico, che causava litigi tra sadducei e farisei (Mc 12,18-27; cf. At 23,6-1).
  • Nelle comunità cristiane degli anni settanta, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, c’erano alcuni cristiani che, per non essere perseguitati, cercavano di conciliare il progetto di Gesù con il progetto dell’impero romano. Gli altri che resistevano all’impero erano perseguitati, accusati ed interrogati dalle autorità o dai vicini che si sentivano infastiditi dalla loro testimonianza. La descrizione dei conflitti di Gesù con le autorità era un aiuto molto grande per i cristiani, per non lasciarsi manipolare dall’ideologia dell’impero. Nel leggere questi episodi di conflitto di Gesù con le autorità, i cristiani perseguitati si animavano e prendevano coraggio per continuare il cammino.
  • Marco 12,18-23. I sadducei. I sadducei erano un’élite aristocratica di latifondisti e commercianti. Erano conservatori. Non accettavano la fede nella risurrezione. In quel tempo, questa fede cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Spingeva alla resistenza della gente contro il dominio sia dei romani che dei sacerdoti, degli anziani e dei sadducei stessi. Per i sadducei, il regno messianico era già presente nella situazione di benessere che stavano vivendo. Loro seguivano la cosiddetta “Teologia della Retribuzione” che distorceva la realtà. Secondo questa teologia, Dio retribuisce con ricchezza e benessere coloro che osservano la legge di Dio, e castiga con sofferenza e povertà coloro che praticano il male. Questo fa capire perché i sadducei non volevano cambiamenti. Volevano che la religione permanesse tale e quale era, immutabile come Dio stesso. Per questo non accettavano la fede nella risurrezione e nell’aiuto degli angeli, che sostenevano la lotta di coloro che cercavano mutamenti e liberazione.
  • Marco 12,19-23. La domanda dei sadducei. Giungono da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione, raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. La cosiddetta legge del levirato obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito. Il figlio che sarebbe nato da questo nuovo matrimonio era considerato figlio del defunto marito. E così costui avrebbe avuto una discendenza. Ma nel caso proposto dai sadducei, la donna, malgrado il fatto di aver avuto sette mariti, rimase senza marito. Loro chiedevano a Gesù: “Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie!” Era per dire che credere nella risurrezione portava la persona ad accettare l’assurdo.
  • Marco 12,24-27: La risposta di Gesù. Gesù risponde duramente: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?” Gesù spiega che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte non ci sarà matrimonio, ma tutti saranno come angeli in cielo. I sadducei immaginavano la vita in cielo come la vita qui sulla terra. E Gesù alla fine conclude: “Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”. I discepoli e le discepole sono avvertiti: chi sta dal lato di questi sadducei starà dal lato opposto di Dio!

4) Per un confronto personale

  • Qual è oggi il senso della frase: “Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi!”?
  • Credo anch’io la stessa cosa nella risurrezione? Cosa significa per me “credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna”?

5) Preghiera finale

A te Signore levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli. 

Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni. 

Come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona, così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. (Sal 122)

Lectio Divina: giovedì, 8 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34  

In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi presenta una bella conversazione tra Gesù e un dottore della legge. Il dottore vuole sapere da Gesù qual è il primo di tutti i comandamenti. Anche oggi molte persone vogliono sapere cosa è più importante nella religione. Alcuni dicono: essere battezzati. Altri: pregare. Altri dicono: andare a Messa o partecipare al culto della domenica. Altri dicono: amare il prossimo! Altri sono preoccupati con le apparenze o con gli incarichi nella chiesa.
  • Marco 12,28: La domanda del dottore della Legge. A un dottore della legge, che aveva assistito al dibattito di Gesù con i sadducei (Mc 12,23-27), piacque la risposta di Gesù, e percepì in lui una grande intelligenza e volle approfittare dell’occasione per fargli una domanda: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” In quel tempo, i giudei avevano una enorme quantità di norme che regolamentavano nella pratica l’osservanza dei Dieci Comandamenti della Legge di Dio. Alcuni dicevano: “Tutte queste norme hanno lo stesso valore, poiché vengono tutte da Dio. Non spetta a noi introdurre distinzioni nelle cose di Dio”. Altri dicevano: “Alcune leggi sono più importanti di altre, per questo obbligano di più!” Il dottore voleva sapere l’opinione di Gesù.
  • Marco 12,29-31: La risposta di Gesù. Gesù risponde citando un passaggio della Bibbia per dire che il primo comandamento è “amare Dio con tutto il cuore, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze!” (Dt 6,4-5). Al tempo di Gesù, i giudei pii fecero di questo testo del Deuteronomio una preghiera che recitavano tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno e la sera. Tra loro era conosciuta come è oggi tra noi il Padre Nostro. E Gesù aggiunse, citando di nuovo la Bibbia: “ Il secondo è questo: ”Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. (Lv 19,18). Risposta breve e profonda! E’ il riassunto di tutto ciò che Gesù ha insegnato su Dio e sulla vita (Mt 7,12).
  • Marco 12,32-33: La risposta del dottore della legge. Il dottore è d’accordo con Gesù e tira la conclusione: “Si, amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Ossia, il comandamento dell’amore è più importante che i comandamenti relazionati con il culto ed i sacrifici nel Tempio. Questa affermazione veniva già dai profeti dell’Antico Testamento (Os 6,6; Sal 40,6-8; Sal 51,16-17). Oggi diremmo che la pratica dell’amore è più importante di novene, promesse, messe, preghiere e processioni.
  • Marco 12,34: Il riassunto del Regno. Gesù conferma la conclusione del dottore e dice: “Non sei lontano dal Regno!” Infatti, il Regno di Dio consiste nel riconoscere che l’amore verso Dio è uguale all’amore verso il prossimo. Perché se Dio è Padre, noi tutti siamo sorelle e fratelli e dobbiamo mostrare questo nella pratica, vivendo in comunità. “Da questi due comandamenti dipendono la legge e i profeti!” (Mt 22,4) I discepoli e le discepole devono fissare nella memoria, nell’intelligenza, nel cuore, nelle mani e nei piedi questa legge importante dell’amore: non si arriva a Dio se non attraverso il dono totale al prossimo!
  • Il primo e più importante comandamento. Il più importante e primo comandamento fu e sarà sempre: “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze” (Mc 12,30). Nella misura in cui il popolo di Dio, lungo i secoli, ha approfondito il significato e la portata dell’amore di Dio, si è reso conto che l’amore di Dio è vero e reale solo nella misura in cui si concretizza nell’amore al prossimo. Per questo, il secondo comandamento che chiede l’amore per il prossimo, è simile al primo comandamento dell’amore per Dio (Mt 22,39; Mc 12,31). “Se qualcuno dicesse “Amo Dio!”, ma odia suo fratello, è un menzognero” (1 Gv 4,20). “Tutta la legge e i profeti dipendono da questi due comandamenti” (Mt 22,40).

4) Per un confronto personale

  • Per te, cosa è più importante nella religione e nella vita? Quali sono le difficoltà concrete per poter vivere ciò che consideri più importante?
  • Gesù dice al dottore: “Non sei lontano dal Regno”. Oggi, io sono più vicino o più lontano dal Regno di Dio del dottore elogiato da Gesù?

5) Preghiera finale

Fammi conoscere, Signore,  le tue vie, insegnami i tuoi sentieri.  Guidami nella tua verità e istruiscimi,  perché sei tu il Dio della mia salvezza. (Sal 24)

Lectio Divina: venerdì, 9 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,35-37  

In quel tempo, Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: “Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: ‘‘Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi’’. Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?” E la numerosa folla lo ascoltava volentieri.

3) Riflessione

  • Nel vangelo dell’altro ieri, Gesù criticava la dottrina dei sadducei (Mc 12,24-27). Nel vangelo di oggi, critica l’insegnamento dei dottori della legge. E questa volta la sua critica non è diretta all’incoerenza della loro vita, ma all’insegnamento che loro trasmettono alla gente. In un’altra occasione, Gesù aveva criticato la loro incoerenza e aveva detto alla gente: “I dottori della Legge e i farisei hanno autorità per interpretare la Legge di Mosè. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” (Mt 23.2-3). Ora, lui si mostra riservato riguardo a coloro che insegnavano la speranza messianica, e basa la sua critica su argomenti tratti dalla Bibbia.
  • Marco 12,35-36: L’insegnamento dei dottori della Legge sul Messia. La propaganda ufficiale del governo, come pure quella dei dottori della Legge diceva che il messia sarebbe venuto in qualità di Figlio di Davide. Era il modo per insegnare che il messia sarebbe un re glorioso, forte e dominatore. Così gridò la gente la Domenica delle Palme: “Benedetto il Regno che viene del nostro padre Davide!” (Mc 11,10). Anche così gridò il cieco di Gerico: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!” (Mc 10,47).
  • Marco 12,37: Gesù questiona l’insegnamento dei dottori sul Messia. Gesù questiona questo insegnamento dei dottori. Cita un salmo di Davide: “Il Signore disse al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi!” (Sal 110,1) E Gesù aggiunge: “Se Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?” Ciò significa che Gesù non era completamente d’accordo con l’idea di un messia Signore Glorioso, che sarebbe venuto quale re potente per dominare ed imporsi su tutti i suoi nemici. Marco aggiunge che alla gente piacque la critica di Gesù. Infatti la storia informa che i “poveri di Yavé “ (anawim) erano in attesa del messia non dominatore, ma servo di Dio per l’umanità.
  • Le diverse forme di speranza messianica. Lungo i secoli, la speranza messianica crebbe, assumendo forme diverse. Quasi tutti i gruppi e i movimenti dell’epoca di Gesù erano in attesa della venuta del Regno, ma ognuno a modo suo; farisei, scribi, esseni, zelati, erodiani, sadducei, i profeti popolari, i discepoli di Giovanni Battista, i poveri di Yavè. Potevano distinguersi tre tendenze nella speranza messianica della gente, al tempo di Gesù. a) Messia inviato personale di Dio: Per alcuni, il Regno futuro doveva arrivare mediante un inviato di Dio, chiamato Messia o Cristo. Sarebbe stato unto per poter svolgere questa missione (Is 61,1). Alcuni speravano che lui fosse un profeta; altri che fosse un re, un discepolo o un sacerdote. Malachia, per esempio, aspetta il profeta Elia (Mal 3,23-24). Il Salmo 72 aspetta un re ideale, un nuovo Davide. Isaia aspetta ora un discepolo (Is 50,4), ora un profeta (Is 61,1). Lo spirito impuro gridava: “Io so chi sei tu: il santo di Dio! (Mc 1, 24). Segno che c’era gente che aspettava un messia che fosse sacerdote (Santo o Santificato). I poveri di Yavé (anawim) aspettavano il Messia “Servo di Dio”, annunciato da Isaia. b) Messianismo senza messia. Per altri, il futuro sarebbe arrivato all’ improvviso, senza mediazione, né aiuto da parte di nessuno. Dio stesso sarebbe venuto in persona per realizzare le profezie. Non ci sarebbe stato un messia propriamente detto. Sarebbe stato un messianismo, senza messia. Di ciò ci si rende conto nel libro di Isaia, dove Dio stesso arriva con la vittoria in mano (Is 40,9-10; 52,7-8). c) Il Messia è già giunto. C’erano anche gruppi che non aspettavano il messia. Per loro la situazione attuale doveva continuare com’era, poiché pensavano che il futuro era già giunto. Questi gruppi non erano popolari. Per esempio, i sadducei non aspettavano il messia. Gli erodiani pensavano che Erode fosse un re messianico.
  • La luce della risurrezione. La risurrezione di Gesù è la luce che illumina all’ improvviso tutto il passato. Alla luce della risurrezione i cristiani cominceranno a leggere l’Antico Testamento e scopriranno in esso nuovi significati che prima non potevano essere scoperti, perché mancava la luce (cf 2Cor 3,15-16). Loro cercavano nell’AT le parole per esprimere la nuova vita che stavano vivendo in Cristo. Lì trovavano la maggior parte dei titoli di Gesù: Messia (Sal 2,2), Figlio dell’Uomo (Dn 7,13; Ez 2,1), Figlio di Dio (Sal 2,7; 2 Sm 7,13), Servo di Yavè (Is 42,1; 41,8), Redentore (Is 41,14; Sal 19,15; Rt 4,15), Signore (LXX) (quasi 6000 volte!). Tutti i grandi temi dell’AT sfociano in Gesù e trovano in Lui la loro piena realizzazione. Nella risurrezione di Gesù sboccia il seme e secondo quanto detto dai Padri della Chiesa, tutto l’Antico Testamento diventa Nuovo Testamento.

4) Per un confronto personale

  • Qual è la speranza per il futuro del mondo di oggi in cui viviamo?
  • La fede nella Risurrezione, influisce nel modo di vivere la tua vita?

5) Preghiera finale

Aspetto da te la salvezza, Signore,  e obbedisco ai tuoi comandi.

Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:  davanti a te sono tutte le mie vie. (Sal 118)

Lectio Divina: sabato, 10 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza, allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,38-44  

In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave”. 

E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi stiamo giungendo alla fine del lungo insegnamento di Gesù ai discepoli. Dalla prima guarigione del cieco (Mc 8,22-26) fino alla guarigione del cieco Bartimeo a Gerico (10,46-52), i discepoli camminano con Gesù verso Gerusalemme, ricevendo da Lui molte istruzioni sulla passione, morte e risurrezione e le conseguenze per la vita del discepolo. Giunti a Gerusalemme, assistono ai dibattiti di Gesù con i commercianti nel Tempio (Mc 11,15-19), con i sommi sacerdoti e scribi (Mc 11,27 a 12,12), con i farisei, erodiani e sadducei (Mc 12,13-27), con i dottori della legge

(Mc 12,28-37). Ora, nel vangelo di oggi, dopo l’ultima critica contro gli scribi (Mc 12,3840), Gesù istruisce i discepoli. Seduto di fronte al tesoro del Tempio, richiamava la loro attenzione sul gesto della condivisione da parte di una vedova povera. In questo gesto loro devono cercare la manifestazione della volontà di Dio (Mc 12,41-44). 

  • Marco 12,38-40: La critica dei dottori della Legge. Gesù richiama l’attenzione dei discepoli sul comportamento tracotante ed ipocrita di alcuni dottori della legge. A loro piaceva immensamente girare per le piazze indossando lunghe tuniche, ricevere il saluto della gente, occupare i primi posti nelle sinagoghe ed avere posti d’onore nei banchetti. A loro piaceva entrare nelle case delle vedove e fare lunghe preci in cambio di denaro! E Gesù dice: “Questa gente riceverà una grave condanna!”
  • Marco 12,41-42. L’obolo della vedova. Gesù e i suoi discepoli, seduti dinanzi al tesoro del Tempio, osservano che tutti lasciano lì la loro elemosina. I poveri gettano pochi centesimi, i ricchi gettano monete di grande valore. Il tesoro del Tempio riceveva molto denaro. Tutti portavano qualcosa per la manutenzione del culto, per il sostentamento del clero e per la conservazione dell’edificio. Una parte di questo denaro era usata per aiutare i poveri, perché in quel tempo non c’era la previdenza sociale. I poveri dipendevano dalla carità pubblica. E i poveri che avevano bisogno di maggiore aiuto, erano gli orfani e le vedove. Loro non avevano nulla. Dipendevano in tutto dall’aiuto degli altri. Ma pur senza avere nulla, loro si sforzavano di condividere. Così, una vedova molto povera, mette la sua elemosina nel tesoro del Tempio. Appena pochi centesimi!
  • Marco 12,43-44. Gesù indica dove si manifesta la volontà di Dio. Cosa vale di più: i dieci centesimi della vedova o i mille dollari dei ricchi? Per i discepoli, i mille dollari dei ricchi erano molto più utili dei dieci centesimi della vedova. Loro pensavano che i problemi della gente potevano risolversi solo con molto denaro. In occasione della moltiplicazione dei pani, avevano detto a Gesù: “Dobbiamo andare noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?” (Mc 6,37) Infatti, per chi pensa così, i dieci centesimi della vedova non servono a nulla. Ma Gesù dice: “Questa vedova che è povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. Gesù ha criteri diversi. Richiama l’attenzione dei suoi discepoli sul gesto della vedova, ed insegna loro dove loro e noi dobbiamo cercare la manifestazione della volontà di Dio: nei poveri e nella condivisione. Molti poveri di oggi fanno lo stesso. La gente dice: “Il povero non lascia morire di fame un altro povero”. Ma a volte, nemmeno questo è possibile. La signora Cícera che dalla zona interna di Paraíba, Brasile, andò a vivere nella periferia della capitale, diceva: “All’interno, la gente era povera, ma aveva sempre una cosetta da dividere con il povero che bussava alla porta. Ora che sono nella grande città, quando vedo un povero che bussa alla porta, mi nascondo di vergogna, perché in casa non ho nulla da condividere con lui!” Da un lato, gente ricca che ha tutto, ma che non vuole condividere. Dall’altro: gente povera che non ha quasi nulla, ma che vuole condividere il poco che ha.
  • Elemosina, condivisione, ricchezza. La pratica dell’elemosina era molto importante per i giudei. Era considerata una “buona opera”, poiché la legge dell’Antico Testamento diceva: “Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti dò questo comandamento e ti dico: apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese”. (Dt 15,11). Le elemosine, depositate nel tesoro del Tempio, sia per il culto, sia per i bisognosi, per gli orfani e per le vedove, erano considerate un’azione gradita a Dio. Dare l’elemosina era un modo di riconoscere che tutti i beni appartengono a Dio e che noi siamo semplici amministratori di questi beni, in modo che ci sia vita abbondante per tutti. La pratica della condivisione e della solidarietà è una delle caratteristiche delle prime comunità cristiane: “Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli” (At 4,34-35; 2,44-45). Il denaro della vendita, offerto agli apostoli, non era accumulato, bensì “poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (At 4,35b; 2,45). L’entrata di persone più ricche nelle comunità fece entrare nella comunità la mentalità dell’accumulazione e bloccò il movimento di solidarietà e di condivisione. Giacomo avverte queste persone: “E ora voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano. Le vostre ricchezze sono imputridite, e le vostre vesti sono state divorate dalle tarme.” (Gc 5,1-3). Per imparare il cammino del Regno, tutti abbiamo bisogno di diventare alunni di quella vedova povera, che condivise tutto ciò che aveva, il necessario per vivere (Mc 12,41-44).

4) Per un confronto personale

  • Come mai i due spiccioli della vedova possono valere più dei mille dollari dei ricchi? Guarda bene il testo e dì perché Gesù elogia la vedova povera. Quale messaggio racchiude oggi per noi questo testo?
  • Quali difficoltà e quali gioie hai incontrato nella tua vita nel praticare la solidarietà e la condivisione con gli altri?

5) Preghiera finale

Della tua lode, Signore,  è piena la mia bocca,  della tua gloria, tutto il giorno. 

Non mi respingere nel tempo della vecchiaia,  non abbandonarmi quando declinano le mie forze. (Sal 70)

Lectio Divina: domenica, 11 giugno, 2023 

Gesù è il Pane della Vita 

“Chi mangia questo pane vivrà in eterno!”

Giovanni 6,51-58

1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. 

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura

  1. Chiave di lettura:

Nella ricorrenza della festa del Corpo e Sangue di Cristo, meditiamo sulla parte finale del lungo discorso del Pane di Vita. Mediante questo discorso, il vangelo di Giovanni ci aiuta a capire il significato profondo della moltiplicazione dei pani e dell’Eucaristia.  Nel corso della lettura, cercheremo di essere attenti alle parole di Gesù che aiutano la gente a capire il segnale del Pane di Vita. 

  1. Una divisione del testo per aiutarne la lettura:

Giovanni 6,51: L’affermazione iniziale che riassume tutto 

Giovanni 6,52: La reazione contraria dei Giudei 

Giovanni 6,53-54: La risposta di Gesù afferma di nuovo quanto detto prima  Giovanni 6,55-58: Gesù trae le conclusioni per la vita  c) Il Testo: 

51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo». 52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

  1. Momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande

per aiutarci nella meditazione e nella orazione. 

  1. Quale parte del testo ha attirato maggiormente la mia attenzione? Perché?
  2. Quante volte, nel testo, si usa la parola vita e che ci dice della vita? 
  3. Gesù dice: “Il sono il pane vivo disceso dal cielo”. Cosa significa questo? Cercate una risposta nel testo.
  4. Cosa ci dice questo testo sulla persona di Gesù: titoli, funzioni, ecc?
  5. In quale modo questo testo ci aiuta a capire meglio il significato dell’Eucaristia?
  6. Per coloro che desiderano approfondire il discorso del Pane di Vita.
  7. a) Contesto in cui il nostro testo si colloca nel discorso del Pane di Vita:

Il discorso del Pane di Vita (Gv 6,22-71) è una sequenza di sette brevi dialoghi tra Gesù e le persone che si trovavano con lui dopo la moltiplicazione dei pani. Gesù cerca di aprire gli occhi della gente, facendo loro capire che non basta lottare per il pane materiale. La lotta quotidiana per il pane materiale non va alla radice se non è accompagnata da una mistica. Non solo di pane vive l’essere umano! (Dt 8,3) I sette brevi dialoghi sono una catechesi molto bella che spiega alla gente il significato profondo della moltiplicazione dei pani e dell’Eucaristia. Lungo tutto il dialogo appaiono le esigenze che il vissuto della fede in Gesù traccia per la nostra vita. La gente reagisce. Rimane colpita dalle parole di Gesù. Ma Gesù non cede, non cambia le sue esigenze. Per questo, molti lo abbandonano. Fino ad oggi succede la stessa cosa: quando il vangelo comincia ad esigere un impegno, molta gente lo abbandona. Nella misura in cui il discorso di Gesù va avanti, meno gente rimane attorno a lui. Alla fine rimangono solo i dodici e Gesù non può confidare nemmeno in loro!49

Ecco la sequenza dei sette dialoghi che compongono il lungo discorso del Pane di Vita:

Giovanni 6,22-27: 

1º Dialogo: La gente cerca Gesù perché vuole più pane Giovanni 6,28-33: 

2º Dialogo: Gesù chiede alla gente di lavorare per il vero pane Giovanni 6,34-40: 

3º Dialogo: Il pane vero è fare la volontà di Dio Giovanni 6,41-51: 

4º Dialogo: Chi si apre a Dio accetta Gesù e la sua proposta Giovanni 6,52-58: 

5º Dialogo: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale Giovanni 6,59-66: 

6º Dialogo: Senza la luce dello Spirito queste parole non si capiscono Giovanni 6,67-

71: 

7º Dialogo: Confessione di Pietro 

  1. b) Commento sui sette dialoghi che compongono il discorso del Pane di Vita:

L’anno 2005 è l’anno dell’Eucaristia. Per questo, invece di commentare solamente gli otto versetti del Vangelo di questa Domenica (Giovanni 6,51-58), si è pensato di dare una chiave generale per capire i sette brevi dialoghi che compongono tutto il discorso.  Una visione globale dell’insieme aiuterà a capire meglio il significato e la portata degli otto versetti del testo liturgico di questo giorno del Corpus Christi.  1º Dialogo – Giovanni 6,22-27: La gente cerca Gesù perché vuole più pane 

22Il giorno dopo, la folla, rimasta dall’altra parte del mare, notò che c’era una barca sola e che Gesù non era salito con i suoi discepoli sulla barca, ma soltanto i suoi discepoli erano partiti. 23Altre barche erano giunte nel frattempo da Tiberìade, presso il luogo dove avevano mangiato il pane dopo che il Signore aveva reso grazie. 24Quando dunque la folla vide che Gesù non era più là e nemmeno i suoi discepoli, salì sulle barche e si diresse alla volta di Cafarnao alla ricerca di Gesù. 25Trovatolo di là dal mare, gli dissero: «Rabbì, quando sei venuto qua?». 26Gesù rispose: «In verità, in verità vi dico, voi mi cercate non perché avete visto dei segni, ma perché avete mangiato di quei pani e vi siete saziati. 27Procuratevi non il cibo che perisce, ma quello che dura per la vita eterna, e che il Figlio dell’uomo vi darà. Perché su di lui il Padre, Dio, ha messo il suo sigillo».

La gente vede il miracolo, ma non capisce che si tratta di un segno di qualcosa di più grande e di più profondo. Si ferma alla superficie del fatto, nella distribuzione del cibo.  Cerca il pane di vita, ma solo per il corpo. Secondo la gente, Gesù fa qualcosa che Mosè aveva già fatto nel passato: dare alimento a tutti. E la gente voleva che il passato si ripetesse. Ma Gesù chiede alla gente di fare un passo in più. Non affaticarsi per il pane che perisce, ma procurarsi anche il cibo che non perisce. Questo nuovo cibo che non perisce dà la vita che dura per sempre. 

2º Dialogo – Giovanni 6,28-33: Gesù chiede alla gente di procurarsi il pane vero  28Gli dissero allora: «Che cosa dobbiamo fare per compiere le opere di Dio?». 29Gesù rispose: «Questa è l’opera di Dio: credere in colui che egli ha mandato». 30Allora gli dissero: «Quale segno dunque tu fai perché vediamo e possiamo crederti? Quale opera compi? 31I nostri padri hanno mangiato la manna nel deserto, come sta scritto: Diede loro da mangiare un pane dal cielo ». 32Rispose loro Gesù: «In verità, in verità vi dico: 50 non Mosè vi ha dato il pane dal cielo, ma il Padre mio vi dá il pane dal cielo, quello vero; 33il pane di Dio è colui che discende dal cielo e dá la vita al mondo».

La gente chiede: Cosa bisogna fare per realizzare l’opera di Dio? E Gesù risponde: Credere nell’inviato di Dio! Cioè, credere in Gesù. E la gente reagisce: Dacci una segnale per capire che sei veramente l’inviato di Dio. I nostri padri hanno mangiato la manna che fu dato loro da Mosé! Secondo la gente, Mosè è e continua ad essere il grande leader, a cui credere. Se Gesù vuole che la gente creda in lui deve compiere un segnale più grande di quello compiuto da Mosè. Gesù risponde che il pane dato da Mosè non era il vero pane, perché non garantiva la vita di nessuno. Tutti morirono nel deserto.  Il pane vero di Dio è quello che vince la morte e dà la vita! Gesù cerca di aiutare la gente a liberarsi dagli schemi del passato. Per Gesù, la fedeltà al passato non significa rinchiudersi nelle cose del passato e rifiutare il rinnovamento. La fedeltà al passato vuol dire accettare ciò che è nuovo che è frutto del seme piantato nel passato. 

3º Dialogo – Giovanni 6,34-40: Il pane vero è fare la volontà di Dio 

34Allora gli dissero: «Signore, dacci sempre questo pane». 35Gesù rispose: «Io sono il pane della vita; chi viene a me non avrà più fame e chi crede in me non avrà più sete. 36Vi ho detto però che voi mi avete visto e non credete. 37Tutto ciò che il Padre mi dá, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, 38perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. 39E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. 40Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno».

La gente chiede: Signore dacci sempre questo pane! Pensavano che Gesù stesse parlando di un pane speciale. Allora, Gesù risponde chiaramente: “Io sono il pane di vita!” Mangiare il pane del cielo è lo stesso che credere in Gesù ed accettare il cammino che lui ha insegnato, cioè: “Mio cibo è fare la volontà del Padre che è nei cieli!” (Gv 4,34). Questo è il vero alimento che sostenta la persona, che ci dà per sempre una vita nuova.

E’ seme garantito di resurrezione! 

4º Dialogo – Giovanni 6,41-51: Chi si apre a Dio accetta Gesù e la sua proposta  41Intanto i Giudei mormoravano di lui perché aveva detto: «Io sono il pane disceso dal cielo». 42E dicevano: «Costui non è forse Gesù, il figlio di Giuseppe? Di lui conosciamo il padre e la madre. Come può dunque dire: Sono disceso dal cielo?». 43Gesù rispose: «Non mormorate tra di voi. 44Nessuno può venire a me, se non lo attira il Padre che mi ha mandato; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 45Sta scritto nei profeti: E tutti saranno ammaestrati da Dio. Chiunque ha udito il Padre e ha imparato da lui, viene a me. 46Non che alcuno abbia visto il Padre, ma solo colui che viene da Dio ha visto il Padre. 47In verità, in verità vi dico: chi crede ha la vita eterna. 48Io sono il pane della vita. 49I vostri padri hanno mangiato la manna nel deserto e sono morti; 50questo è il pane che discende 51

dal cielo, perché chi ne mangia non muoia. 51Io sono il pane vivo, disceso dal cielo. Se uno mangia di questo pane vivrà in eterno e il pane che io darò è la mia carne per la vita del mondo».

Il discorso diventa più esigente. Ora sono i Giudei, cioè, i leaders del popolo, che mormorano: “Non è costui Gesù, il figlio di Giuseppe, di cui conosciamo il padre e la madre? Come può dire che è sceso dal cielo?” Loro si credevano capaci di conoscere e di riconoscere le cose che vengono da Dio. Ma si sbagliavano. Se fossero veramente aperti alle cose di Dio, sentirebbero in loro l’impulso di Dio che li attrae verso Gesù e riconoscerebbero che Gesù viene da Dio (Gv 6,45). Nella celebrazione della Pasqua, i Giudei ricordavano il pane del deserto. Gesù li aiuta a dare un passo in più. Chi celebra la Pasqua ricordando solo il pane che i padri mangiarono nel deserto, morirà come tutti loro! Il vero senso della Pasqua non è quello di ricordare la manna che nel passato cadde dal cielo, bensì accettare Gesù Pane di Vita che è sceso dal cielo e seguire  il cammino da lui tracciato. Non vuol dire mangiare la carne dell’agnello pasquale, ma la carne di Gesù, che è sceso dal cielo per dare la vita al mondo! 

5º Dialogo – Giovanni 6,52-58: Carne e sangue: espressione della vita e del dono totale 52Allora i Giudei si misero a discutere tra di loro: «Come può costui darci la sua carne da mangiare?». 53Gesù disse: «In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. 54Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. 55Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. 56Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. 57Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. 58Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno».

I Giudei reagiscono: “Come può quest’uomo darci da mangiare la sua carne?” Loro non capivano queste parole di Gesù, perché il rispetto profondo verso la vita esigeva che fin dai tempi dell’Antico Testamento fosse proibito mangiare il sangue, perché il sangue era segnale di vita (Dt 12,16.23; At 15.29). Inoltre si era vicini alla Pasqua e tra pochi giorni tutti avrebbero mangiato la carne ed il sangue dell’agnello pasquale nella celebrazione della notte di Pasqua. Presero letteralmente le parole di Gesù, per questo non capivano. Mangiare la carne di Gesù significava accettare Gesù come il nuovo Agnello Pasquale, il sui sangue li avrebbe liberati dalla schiavitù. Bere il sangue di Gesù significava assimilare la stessa maniera di vivere che ha segnato la vita di Gesù. Ciò che dà vita non è celebrare la manna del passato, bensì mangiare questo nuovo pane che è Gesù, la sua carne ed il suo sangue. Partecipando alla Cena Eucaristica, assimiliamo la sua vita, la sua donazione, la sua dedizione. 

6º Dialogo – Giovanni 6,59-66: Senza la luce dello Spirito non si capiscono queste parole 59Queste cose disse Gesù, insegnando nella sinagoga a Cafarnao. 60Molti dei suoi discepoli, dopo aver ascoltato, dissero: «Questo linguaggio è duro; chi può intenderlo?». 61Gesù, conoscendo dentro di sé che i suoi discepoli proprio di questo mormoravano, disse loro: «Questo vi scandalizza? 62E se vedeste il Figlio dell’uomo salire là dov’era prima? 63E’ lo Spirito che dá la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho dette sono spirito e vita. 64Ma vi sono alcuni tra voi che non credono». Gesù infatti sapeva fin da principio chi erano quelli che non credevano e chi era colui che lo avrebbe tradito. 65E continuò: «Per questo vi ho detto che nessuno può venire a me, se non gli è concesso dal Padre mio». 66Da allora molti dei suoi discepoli si tirarono indietro e non andavano più con lui.

Qui termina il discorso di Gesù nella sinagoga di Cafarnao. Molti discepoli pensavano: Gesù sta andando troppo oltre! Sta ponendo fine alla celebrazione della Pasqua! Sta occupando il posto centrale della nostra religione! Per questo molta gente si allontanò dalla comunità e non seguiva più Gesù. Gesù reagisce dicendo: “É lo spirito che dà la vita, la carne non giova a nulla; le parole che vi ho detto sono spirito e vita”. Non dobbiamo prendere letteralmente le cose che dice. Solo con l’aiuto della luce dello Spirito Santo è possibile capire il senso pieno di tutto ciò che Gesù disse (Gv 14,25-26; 16,12-13).

7º Dialogo – Gv 6,67-71: Confessione di Pietro 

67Disse allora Gesù ai Dodici: «Forse anche voi volete andarvene?». 68Gli rispose Simon Pietro: «Signore, da chi andremo? Tu hai parole di vita eterna; 69noi abbiamo creduto e conosciuto che tu sei il Santo di Dio». 70Rispose Gesù: «Non ho forse scelto io voi, i Dodici? Eppure uno di voi è un diavolo!». 71Egli parlava di Giuda, figlio di Simone Iscariota: questi infatti stava per tradirlo, uno dei Dodici.

Alla fine rimasero solo i dodici. Gesù dice loro: “Forse anche voi volte andarvene!”  Per  Gesù l’importante non è il numero della gente attorno a lui. Non cambia il discorso quando il messaggio non piace. Gesù parla per rivelare il Padre e non per piacere a chi che sia. Preferisce rimanere solo, più che essere accompagnato da persone che non si impegnano con il progetto del Padre. La risposta di Pietro è bella: “Da chi andremo? Tu solo hai parole di vita eterna!” Pur senza capire tutto, Pietro accetta Gesù e crede in lui.  Malgrado tutti i suoi limiti, Pietro non è come Nicodemo che voleva vedere tutto chiaramente, a conferma della sue proprie idee. Ma anche fra i dodici c’erano persone che non accettavano la proposta di Gesù. 

  1. c) Approfondimento: Eucaristia e Nuovo Esodo

Nel descrivere la moltiplicazione dei pani, Gesù che cammina sulle acque ed il discorso del Pane di Vita, il Vangelo di Giovanni suggerisce un parallelo con l’Esodo. Questo parallelo insegna che mediante l’Eucaristia si compie un nuovo Esodo. L’Eucaristia ci aiuta a vivere nello stato permanente dell’Esodo:

  1. La moltiplicazione dei pani (Gv 6,1-15): Gesù ha davanti a sé una moltitudine affamata e la sfida di garantire il pane a tutti. Anche Mosè affrontò questa sfida lungo l’itineranza del popolo per il deserto (Es 16,1-35; Num 11,18-23). Dopo aver mangiato, la gente saziata riconosce in Gesù il nuovo Mosè, il “Profeta che deve venire nel mondo” (Gv 6,14), secondo quanto annunciato nella Legge dell’Alleanza (Dt 18,15-22).
  2. Gesù cammina sul mare (Gv 6,16-21): Nell’Esodo, il popolo è itinerante per ottenere la libertà ed affronta e vince il mare (Es 14,22). Anche Gesù, come Mosè, domina e vince il mare, impedisce che la barca dei suoi discepoli sia inghiottita dalle onde, e fa in modo che giungano salvi sull’altra riva. 
  • Il discorso sul pane di vita (Gv 6,22-58): Il discorso evoca il capitolo 16 del libro dell’Esodo che descrive la storia della manna. Quando Gesù parla di “un alimento che non perisce” (Gv 6,27), sta ricordando la manna che perisce e che va a male (Es 16,20). I Giudei “mormorando” contro Gesù (Gv 6,41), fanno la stessa cosa che gli Israeliti nel deserto, che dubitavano della presenza di Dio con loro lungo la traversata (Es 16,2; 17,3; Num 11,1). I Giudei dubitavano della presenza di Dio in Gesù di Nazaret (Gv 6,42). Gesù è la vera manna che ci dà vita per sempre.

6. Salmo 85 (84)

La giustizia e la pace si abbracceranno 

Signore, sei stato buono con la tua terra, hai ricondotto i deportati di Giacobbe.

Hai perdonato l’iniquità del tuo popolo, hai cancellato tutti i suoi peccati.

Hai deposto tutto il tuo sdegno e messo fine alla tua grande ira.

Rialzaci, Dio nostra salvezza, e placa il tuo sdegno verso di noi.

Forse per sempre sarai adirato con noi, di età in età estenderai il tuo sdegno?

Non tornerai tu forse a darci vita, perché in te gioisca il tuo popolo? Mostraci, Signore, la tua misericordia e donaci la tua salvezza. Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace54 per il suo popolo, per i suoi fedeli, per chi ritorna a lui con tutto il cuore.

La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra.

Misericordia e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno.

La verità germoglierà dalla terra e la giustizia si affaccerà dal cielo.

Quando il Signore elargirà il suo bene, la nostra terra darà il suo frutto.

Davanti a lui camminerà la giustizia e sulla via dei suoi passi la salvezza.

7. Orazione Finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 12 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12  

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: “Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli.

Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 

Beati i miti, perché erediteranno la terra. 

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio.  Beati i perseguitati per causa della giustizia, 33

perché di essi è il regno dei cieli. 

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”.

3) Riflessione

  • Da oggi, inizio della 10a Settimana del Tempo Ordinario, fino alla 21ª Settimana del Tempo Ordinario, i vangeli quotidiani sono tratti dal vangelo di Matteo. A partire dalla 22ª Settimana del Tempo Ordinario, fino al termine dell’anno liturgico, sono tratti dal vangelo di Luca.
  • Nel vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo: a) Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29); b) Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42); c) Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52); d) Il Discorso della Comunità (Mt 18,1-35); e) il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46). Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita.
  • Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf. Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio. Come avvenne con Mosè, Gesù sale sulla Montagna e, guardando la folla, proclama la Nuova Legge. E’ significativo il modo solenne con cui Matteo introduce la proclamazione della Nuova Legge: “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il “Discorso della Montagna”. In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie.
  • Matteo 5,3: Beati i poveri in spirito. Gesù riconosce la ricchezza e il valore dei poveri (Mt 11,25-26). Definisce la propria missione in questi termini: “annunciare la Buona Novella ai poveri” (Lc 4,18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra su cui reclinare il capo (Mt 8,20). E a chi vuole seguirlo, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Nel vangelo di Luca si dice: “Beati voi poveri!” (Lc 6,20). Ma chi è il “povero in spirito”? E’ il povero che ha lo stesso spirito che animò Gesù. Non è il ricco, nemmeno il povero con la mentalità di ricco. Bensì è il povero che, come fa Gesù, pensa ai poveri e ne riconosce il valore. E’ il povero che dice: “Penso che il mondo sarà migliore quando il minore che soffre pensa al minore”.
  1. Beati i poveri in spirito => di essi è il Regno dei Cieli 2. Beati i miti => erediteranno la terra 3. Beati gli afflitti => saranno consolati 4. Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia => saranno saziati 5. Beati i misericordiosi => otterranno misericordia 6. Beati i puri di cuore => vedranno Dio 7. Beati i promotori di pace => saranno figli di Dio 8. Beati i perseguitati per causa della giustizia => di essi è il regno dei cieli
  • Matteo 5,4-9: Il nuovo progetto di vita. Ogni volta che nella Bibbia si cerca di rinnovare l’Alleanza, si ricomincia ristabilendo il diritto dei poveri e degli esclusi. Senza di questo, l’Alleanza non si rifà! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Nelle beatitudini, Gesù annuncia il nuovo Progetto di Dio che accoglie i poveri e gli esclusi. Denuncia il sistema che esclude i poveri e che perseguita coloro che lottano per la giustizia. La prima categoria dei “poveri in spirito” e l’ultima categoria dei “perseguitati per causa della giustizia” ricevono la stessa promessa del Regno dei Cieli. E la ricevono fin da ora, nel presente, poiché Gesù dice “di essi è il Regno!” Il Regno è già presente nella loro vita. Tra la prima e l’ultima categoria, ci sono sei altre categorie che ricevono la promessa del Regno. In esse appare il nuovo progetto di vita che vuole ricostruire la vita nella sua totalità mediante un nuovo tipo di rapporto: con i beni materiali (1a coppia); con le persone tra di loro (2a coppia); con Dio (3a coppia). La comunità cristiana deve essere un esempio di questo Regno, un luogo dove il Regno comincia a prendere forma fin da ora.
  • Le tre coppie: Prima coppia: i miti e gli afflitti: I miti sono i poveri di cui parla il salmo
  1. Loro sono stati privati delle loro terre e le erediteranno di nuovo (Sal 37,11; cf Sal 37.22.29.34). Gli afflitti sono coloro che piangono dinanzi all’ingiustizia nel mondo e nella gente (cf. Sal 119,136; Ez 9,4; Tb 13,16; 2Pd 2,7). Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con i beni materiali: il possesso della terra ed il mondo riconciliato.

Seconda coppia: coloro che hanno fame e sete di giustizia ed i misericordiosi: Coloro che hanno fame e sete di giustizia sono coloro che desiderano rinnovare la convivenza umana, in modo che sia di nuovo d’accordo con le esigenze della giustizia. I misericordiosi sono coloro che hanno il cuore nella miseria degli altri perché vogliono eliminare le disuguaglianze tra fratelli e sorelle. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto tra le persone mediante la pratica della giustizia e della solidarietà.

Terza coppia: i puri di cuore ed i pacifici: I puri di cuore sono coloro che hanno uno sguardo contemplativo che permette loro di percepire la presenza di Dio in tutto. Coloro che promuovono la pace saranno chiamati figli di Dio, perché si sforzano affinché una nuova esperienza di Dio possa penetrare il tutto e riesca ad integrare il tutto. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con Dio: vedere la presenza di Dio che agisce in tutto, ed essere chiamati figlio e figlia di Dio.35

  • Matteo 5,10-12: I perseguitati per causa della giustizia e del vangelo. Le beatitudini dicono esattamente il contrario di ciò che dice la società in cui viviamo. Infatti, nella società il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice. Il povero è un infelice. Beato è colui che ha denaro e può andare al supermercato e spendere come vuole. Beato è colui che ha fama e potere. Gli infelici sono i poveri, coloro che piangono! In televisione, i teleromanzi divulgano questo mito della persona felice e realizzata. E senza che ce ne rendiamo conto, diventano il modello di vita per molti di noi. C’è ancora posto nella nostra società per queste parole di Gesù: “Beati i perseguitati per causa della giustizia e del vangelo! Beati i poveri! Beati coloro che piangono!”? E per me, che sono cristiano o cristiana, di fatto chi è beato?

4) Per un confronto personale

  • Tutti vogliamo essere felici. Tutti e tutte! Ma siamo veramente felici? Perché sì? Perché no? Come capire che una persona possa essere povera e felice allo stesso tempo?
  • Quali sono i momenti nella tua vita in cui ti sei sentito/a veramente felice? Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo?

5) Preghiera finale

Alzo gli occhi verso i monti:  da dove mi verrà l’aiuto?  Il mio aiuto viene dal Signore,  che ha fatto cielo e terra. (Sal 120)

Lectio Divina: martedì, 13 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,13-16  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini.

Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”.

3) Riflessione

  • Ieri, nel meditare le beatitudini, siamo passati per la porta d’entrata del Discorso della Montagna (Mt 5,1-12). Nel vangelo oggi riceviamo un’importante istruzione sulla missione della Comunità. Deve essere il sale della terra e la luce del mondo (Mt 5,1316). Il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino. La comunità non esiste per sé, ma per servire la gente. All’epoca in cui Matteo scriveva il suo vangelo, questa missione stava diventando difficile per le comunità convertite dei giudei. Malgrado vivessero nell’osservanza fedele della legge di Mosè, le stavano espellendo dalle sinagoghe, tagliate dal loro passato giudeo. In quanto a questo, tra i pagani convertiti, alcuni dicevano: “Dopo la venuta di Gesù, la Legge di Mosè era superata”. Tutto questo causava tensioni ed incertezze. L’apertura di alcuni sembrava criticare l’osservanza di altri, e viceversa.

Questo conflitto generò una crisi che portò a rinchiudersi nella propria posizione. Alcuni volevano andare avanti, altri volevano mettere la luce sotto il tavolo. Molti si chiedevano: “In definitiva, qual è la nostra missione?” Ricordando ed attualizzando le parole di Gesù, il vangelo di Matteo cerca di aiutarli. 

  • Matteo 5,13-16: Sale della terra. Usando immagini della vita di ogni giorno, con parole semplici e dirette, Gesù fa sapere qual è la missione e la ragion d’essere di una comunità cristiana: essere sale. In quel tempo, con il caldo che faceva, la gente e gli animali avevano bisogno di consumare molto sale. Il sale, consegnato dal fornitore in grandi blocchi nella piazza pubblica, era consumato dalla gente. Ciò che rimaneva, cadeva in terra e perdeva il suo sapore. “Non serve più a nulla, salvo essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Gesù evoca questa usanza per chiarire ai discepoli e alle discepole la missione che devono svolgere.
  • Matteo 5,14-16: Luce del mondo. Il paragone è ovvio. Nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio. Una città posta in cima ad una collina, non riesce a rimanere nascosta. La comunità deve essere luce, deve illuminare. Non deve aver paura di far vedere il bene che fa. Non lo fa per farsi vedere, ma ciò che fa può farsi vedere. Il sale non esiste per se stesso. La luce non esiste per sé! Così deve essere la comunità. Non può rimanere rinchiusa in se stessa. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.”
  • Matteo 5,17-19: Non passerà neppure un iota della legge. Tra i giudei convertiti c’erano due tendenze. Alcuni pensavano che non era necessario osservare le leggi dell’AT, perché siamo salvati per la fede in Gesù e non per l’osservanza della Legge (Rom 3,2126). Altri pensavano che loro dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1-2). In ciascuna delle due tendenze c’erano gruppi più radicali. Dinanzi a questo conflitto, Matteo cerca un equilibrio, al di là dei due estremi. La comunità deve essere lo spazio, dove questo equilibrio possa essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù continuava ad essere molto attuale: “Non sono venuto ad abolire la legge, ma a darle pieno compimento!” Le comunità non possono essere contro la Legge, né possono rinchiudersi nell’osservanza delle legge. Come ha fatto Gesù, devono dare un passo, e mostrare in modo pratico che l’obiettivo che la legge vuole raggiungere nella vita è la pratica perfetta dell’amore.
  • Le diverse tendenze nelle prime comunità cristiane. Il piano di salvezza ha tre tappe unite tra di esse dalla vita:
    1. l’Antico Testamento: il cammino del popolo ebreo, orientato dalla Legge di Dio;
    2. La vita di Gesù di Nazaret: rinnova la Legge di Mosè partendo dalla sua esperienza di Dio, Padre e Madre;
    3. La vita delle Comunità: attraverso lo Spirito di Gesù, cercavano di vivere la vita come la visse Gesù. L’unità di queste tre tappe genera la certezza della fede che Dio sta in mezzo a noi. Gli intenti di rompere o indebolire l’unità di questo piano di salvezza generavano vari gruppi e tendenze nelle comunità:
  • I farisei non riconoscevano Gesù Messia ed accettavano solo l’AT. Nelle comunità c‘era gente che simpatizzava con la linea dei farisei (At 15,5).
  1. i) Alcuni giudei convertiti accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui le comunità vivevano la presenza di Gesù risorto (At 15,1). ii) Altri, sia giudei che pagani convertiti, pensavano che con Gesù era giunta la fine dell’AT. D’ora in poi, solo Gesù e la vita nello Spirito.
    • C’erano anche cristiani che vivevano così pienamente la vita nella libertà dello

Spirito, che non seguivano più la vita di Gesù di Nazaret, né l’Antico Testamento (1Cor

12,3).

  1. Ora, la grande preoccupazione del vangelo di Matteo è quella di mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret.

4) Per un confronto personale

  • Per te, nella tua esperienza di vita, a cosa serve il sale? La tua comunità è sale? Per te, cosa significa la luce nella tua vita? Come è luce la tua comunità?
  • Le persone del quartiere, come vedono la tua comunità? La tua comunità svolge una certa attrazione? E’ un segno? Di cosa? Per chi?

5) Preghiera finale

Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia  per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.  Il Signore si rivela a chi lo teme,  gli fa conoscere la sua alleanza. (Sal 24)

Lectio Divina: mercoledì, 14 giugno, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

Signore Dio nostro, fa’ che i tuoi fedeli, formati nell’impegno delle buone opere e nell’ascolto della tua parola, ti servano con generosa dedizione liberi da ogni egoismo, e nella comune preghiera a te, nostro Padre, si riconoscano fratelli.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto. 

Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli”.

3) Riflessione

  • Il Vangelo di oggi insegna come osservare la legge di Dio in modo tale che la sua pratica indichi in cosa consiste il pieno compimento della legge (Mt 5,17-19). Matteo scrive per aiutare le comunità dei giudei convertiti a superare le critiche dei fratelli di razza che li accusavano dicendo: “Voi siete infedeli alla Legge di Mosè”. Gesù stesso era stato accusato di infedeltà alla legge di Dio. Matteo ha la risposta chiarificatrice di Gesù nei riguardi dei suoi accusatori. Così dà una luce per aiutare le comunità a risolvere il loro problema.
  • Usando immagini della vita quotidiana, con parole semplici e dirette, Gesù aveva detto che la missione della comunità, la sua ragion d’essere, è quella di essere sale e luce! Aveva dato alcuni consigli rispetto ad ognuna delle due immagini. Poi vengono due o tre brevi versi del Vangelo di oggi:
  • Matteo 5,17-18: Neppure una iota passerà dalla legge. C’erano varie tendenze nelle comunità dei primi cristiani. Alcune pensavano che non fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, perché siamo salvi per la fede in Gesù e non per l’osservanza della legge (Rom 3,21-26). Altri accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui alcune comunità vivevano la presenza di Gesù.

Pensavano che essendo giudei dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1.5). Ma c’erano cristiani che vivevano così pienamente nella libertà dello Spirito, che non guardavano più né la vita di Gesù di Nazaret, né l’AT ed arrivavano a dire: “Anatema Gesù!” (1Cor 12,3). Osservando queste tensioni, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi. La comunità deve essere uno spazio dove l’equilibrio può essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù a coloro che lo criticavano continuava ad essere ben attuale per le comunità: “Non sono venuto per abolire la legge, ma per dare compimento!” Le comunità non potevano essere contro la Legge, né potevano rinchiudersi nell’osservanza della legge. Come Gesù, dovevano dare un passo avanti, e dimostrare, nella pratica, qual era l’obiettivo che la legge voleva raggiungere nella vita delle persone, cioè, nella pratica perfetta dell’amore. 

  • Matteo 5,19: Non passerà nemmeno un segno. Ed a coloro che volevano disfarsi di tutta la legge, Matteo ricorda l’altra parola di Gesù: “Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.” La grande preoccupazione del Vangelo di Matteo è mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret che ci manda il suo Spirito.

4) Per un confronto personale

  • Come vedo e vivo la legge di Dio: come orizzonte crescente di luce o come imposizione che delimita la mia libertà?
  • Cosa possiamo fare oggi per i fratelli e le sorelle che considerano tutta questa discussione come qualcosa di superato e non attuale? Cosa possiamo imparare da loro?

5) Preghiera finale

Glorifica il Signore, Gerusalemme,  loda il tuo Dio, Sion. 

Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,  in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. (Sal 147)

Lectio Divina: giovedì, 15 giugno, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.

Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.

Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.

Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”

3) Riflessione

  • Il testo del vangelo di oggi è collocato in un’unità più grande: Mt 5,20 fino a Mt 5,48. In essa Matteo ci mostra come Gesù interpretava e spiegava la Legge di Dio. Cinque volte ripete la frase: “Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico!” (Mt 5,21.27.33.38.43). Secondo alcuni farisei, Gesù stava eliminando la legge. Ma era esattamente il contrario. Lui diceva. “Non pensate che sono venuto ad abolire la Legge ed i Profeti. Non sono venuto ad abolire, ma a completare. (Mt 5,17). Dinanzi alla Legge di Mosè, Gesù ha un atteggiamento di rottura e di continuità. Rompe con le interpretazioni sbagliate che si rinchiudevano nella prigione della lettera, ma riafferma in modo categorico l’obiettivo ultimo della legge: raggiungere la giustizia maggiore, che è l’Amore.
  • Nelle comunità per le quali Matteo scrive il suo vangelo c’erano opinioni diverse rispetto alla Legge di Mosè. Per alcuni, non aveva più senso, per altri doveva essere osservata fino ai minimi dettagli. Per questo, c’erano molti conflitti e litigi. Alcuni dicevano degli altri che erano imbecilli ed idioti. Matteo cerca di aiutare i due gruppi a capire meglio il vero senso della Legge e presenta alcuni consigli di Gesù per aiutare a affrontare e superare i conflitti che sorgono nel seno della famiglia e nella comunità.
  • Matteo 5,20: La vostra giustizia deve superare quella dei farisei. Questo primo verso dà la chiave generale di tutto ciò che segue in Mt 5,20-48. L’evangelista indica alle comunità come devono praticare la giustizia più grande che supera la giustizia degli scribi e dei farisei e che porterà all’osservanza piena della legge. Poi, dopo questa chiave generale sulla giustizia più grande, Matteo cita cinque esempi ben concreti di come praticare la Legge, in modo che la sua osservanza porti alla pratica perfetta dell’amore. Nel primo esempio del vangelo di oggi, Gesù rivela ciò che Dio voleva nel consegnare a Mosè il quinto comandamento: “Non uccidere!”
  • Matteo 5,21-22: Non uccidere. “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.” (Es. 20,13) Per osservare pienamente questo quinto comandamento non basta evitare l’assassinio. Bisogna sradicare da dentro di sé tutto ciò che in un modo o nell’altro possa condurre all’assassinio, per esempio, l’ira, l’odio, il desiderio di vendetta, lo sfruttamento, etc. “chiunque si adira

con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio”. Ossia, chi si adira contro il fratello, merita già lo stesso castigo di condanna dal tribunale che, secondo l’antica legge, era riservato all’assassino! E Gesù va molto più lontano. Vuole sradicare la radice dell’assassinio: Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli

dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Detto con altre parole, osservo veramente il comandamento “Non uccidere” se riesco a togliere dal mio cuore qualsiasi sentimento di ira che porta ad insultare il fratello. Cioè se giungo alla perfezione dell’amore. 

  • Matteo 5,23-24: Il culto perfetto voluto da Dio. “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.” Per poter essere accettati da Dio, ed essere uniti a Lui, bisogna riconciliarsi con il fratello, con la sorella. Prima della distruzione del Tempio, nell’anno ‘70, quando i cristiani partecipavano ancora a pellegrinaggi a Gerusalemme per portare le loro offerte sull’altare del Tempio, loro ricordavano sempre questa frase di Gesù. Ora, negli anni 80, nel momento in cui Matteo scrive, il Tempio e l’Altare non esistevano più. La comunità stessa era passata ad essere il Tempio e l’Altare di Dio (1Cor 3,16).
  • Matteo 5,25-26:Uno dei punti su cui maggiormente insiste il vangelo di Matteo è la riconciliazione, poiché nelle comunità di quell’epoca c’erano molte tensioni tra i gruppi con tendenze diverse, senza dialogo. Nessuno voleva cedere dinanzi all’altro. Matteo illumina questa situazione con parole di Gesù sulla riconciliazione che richiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono agli altri (Mt 6,14). Per questo, cerca la riconciliazione, prima che sia troppo tardi!
  • L’ideale della giustizia più grande. Per cinque volte, Gesù cita un comandamento o un’usanza dell’antica legge: Non uccidere (Mt 5,21), Non commettere adulterio (Mt 5,27), Non giurare il falso (Mt 5,33), Occhio per occhio, dente per dente Mt 5,38), Amare il prossimo e odiare il nemico (Mt 5,43). E per cinque volte, critica il modo antico di osservare questi comandamenti ed indica un cammino nuovo per raggiungere la giustizia, l’obiettivo della legge (Mt 5,22-26; 5, 28-32; 5,34-37; 5,39-42; 5,44-48). La parola Giustizia è presente sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt 3,15; 5,6.10.20; 6,1.33; 21,32). L’ideale religioso dei giudei dell’epoca era “essere giusti davanti a Dio”. I farisei insegnavano: “La persona raggiunge la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le norme della legge in tutti i suoi dettagli!” Questo insegnamento generava un’oppressione legalistica e produceva molte angosce alle persone di buona volontà, poiché era molto difficile che una persona potesse osservare tutte le norme (Rom 7,21-24). Per questo, Matteo raccoglie parole di Gesù sulla giustizia mostrando che porta a superare la giustizia dei farisei (Mt 5,20). Per Gesù, la giustizia non viene da ciò che faccio per Dio osservando la legge, ma da ciò che Dio fa per me, accogliendomi con amore, come un figlio, una figlia. Il nuovo ideale che Gesù propone è questo: “Essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto!” (Mt 5,48). Ciò vuol dire: io sarò giusto davanti a Dio, se cerco di accogliere e perdonare le persone come Dio mi accoglie e mi perdona gratuitamente, malgrado i miei molti difetti e peccati.

4) Per un confronto personale

  • Quali sono i conflitti più frequenti nella nostra famiglia? E nella nostra comunità? E’ facile la riconciliazione nella famiglia e nella comunità? Sì o no? Perché?
  • I consigli di Gesù, come possono aiutarmi a migliorare i rapporti nell’ambito della nostra famiglia e della comunità?

5) Preghiera finale

Signore, tu visiti la terra e la disseti:  la ricolmi delle sue ricchezze.  Il fiume di Dio è gonfio di acque;  tu fai crescere il frumento per gli uomini. (Sal 64)

Lectio Divina: venerdì, 16 giugno, 2023

Tempo ordinario

 

1) Preghiera

O Dio, che per la tua grazia da peccatori ci fai giusti e da infelici ci rendi beati, custodisci in noi il tuo dono, perché, giustificati mediante la fede, perseveriamo nel tuo servizio.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 11,25-30 

In quel tempo, Gesù disse: «Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così è piaciuto a te. Tutto mi è stato dato dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare. 

Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime. Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».

3) Riflessione

  • Il contesto del Capitolo 11 di Matteo, in cui appare il vangelo di oggi. Nel Vangelo di oggi, Gesù accoglie i piccoli e manifesta il desiderio che i poveri incontrino riposo e pace. Per questa opzione per i poveri e gli esclusi, Gesù fu criticato e perseguitato. Molte persone non furono capaci di capirlo. Giovanni Battista stesso, che guardava Gesù con lo sguardo del passato, rimase nel dubbio (Mt 11,1-15). La gente, che guardava Gesù con scopo interessato, non seppe come accoglierlo (Mt 11,16-19). Le grandi città attorno al lago, che udirono la predicazione di Gesù e videro i suoi miracoli, non vollero accettare il suo messaggio (Mt 11,20-24). I saggi ed i dottori, che giudicavano tutti a partire dalla propria scienza, non furono capaci di capirlo (Mt 11,25). Solo i piccoli capirono ed accettarono la Buona Novella del regno (Mt 11,25-30).
  • Matteo 11,25-26: Il Vangelo rivelato ai piccoli. Dinanzi a questa contraddizione che marcava la sua vita, Gesù rivolse questa preghiera: “Ti benedico, o Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai tenuto nascoste queste cose ai sapienti e agli intelligenti e le hai rivelate ai piccoli”. I saggi, i dottori, spinti da un’idea sbagliata di Dio, avevano creato una serie di leggi che imponevano alla gente in nome di Dio. Ma la legge dell’amore, portata da Gesù, diceva il contrario. Ciò che importa non è quello che facciamo per Dio, bensì quello che Dio, nel suo grande amore, fa per noi! La gente povera, i piccoli, capivano questo messaggio di Gesù e sentivano gioia. I saggi pensavano che Gesù sbagliava. Non potevano capire questo insegnamento. E Gesù termina: Sì, Padre, perché così è piaciuto a te! Piace al Padre che i saggi e gli intelligenti non capiscano il messaggio. Se vogliono capirlo, devono farsi discepoli dei piccoli, dei poveri e degli esclusi.
  • Matteo 11,27: Il Figlio conosce il Padre e lo rivela a chi vuole. Gesù, Figlio, conosce il Padre. Sa ciò che il Padre voleva quando, secoli addietro, consegnò la Legge a Mosè. Ciò che il Padre vuol dirci, lo rivela a Gesù, e Gesù lo rivela ai piccoli, poiché questi si aprono al suo messaggio.
  • Matteo 11,28-30: Venite a me voi tutti. Gesù invita tutti coloro che sono stanchi a causa del peso della legge, delle osservanze e delle imposte, e promette riposo. Dice: “Imparate da me che sono mite ed umile di cuore”. Molte volte, questa frase è stata manipolata per chiedere alla gente sottomissione, mansuetudine e passività. Gesù vuol dire esattamente il contrario. Lui chiede che la gente lasci da parte i professori

di religione dell’epoca e cominci a imparare da lui, da Gesù che è “mite ed umile di cuore”. Gesù non è come gli scribi che si vanagloriano della loro scienza, bensì è come la gente che vive umiliata e sfruttata. Gesù, il nuovo maestro, sa per esperienza ciò che succede nella gente e ciò che la gente soffre. Gesù è il rifugio che il Padre offre al popolo stanco! 

  • Le comunità del tempo di Matteo si trovavano in un momento difficile e pericoloso, uscivano dal mondo chiuso dell’osservanza e dei sacrifici e camminavano verso il mondo aperto dell’amore e della misericordia. Anche noi ci troviamo in un momento difficile, in un momento nuovo, in un nuovo modo di essere cristiani. Il vangelo di oggi è uno specchio di ciò che succede nelle nostre comunità. Anche noi vogliamo che le nostre comunità siano un rifugio che il Padre offre al popolo stanco e povero. Per questo è importante lasciare che il padre prenda le nostre vite e che noi possiamo dire con Gesù: “Noi, figlie e figlie, conosciamo il Padre, e il Padre ci conosce!” Solo così possiamo essere una presenza contemplativa e profetica in mezzo al popolo povero.

4) Per un confronto personale

  • La scienza può aiutare e può impedire di riconoscere ed accogliere il messaggio di Gesù. Cosa domina maggiormente nella mia vita?
  • I piccoli ascoltano ed accettano il messaggio. Ho imparato da loro qualcosa che non sapevo?

5) Preghiera finale

Lodate il Signore dai cieli,  lodatelo nell’alto dei cieli.  Lodatelo voi tutti, suoi angeli,  lodatelo, voi tutte, sue schiere. (Sal 148)

Lectio Divina: sabato, 17 giugno, 2023

Cuore Immacolato della Beata Vergine Maria

Preghiera

O Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria. Per il nostro Signore…

Lettura dal Vangelo secondo Luca 2, 41-51

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore.

Riflessione

  • “Ogni anno per la festa di Pasqua”. Queste parole ci aiutano a definire meglio il contesto spirituale in cui il brano si svolge e perciò diventano, per noi, la porta di ingresso nel mistero, nell’incontro con il Signore e con la sua opera di grazia e misericordia su di noi.Insieme a Maria e a Giuseppe, insieme a Gesù, anche noi possiamo vivere il dono di una nuova Pasqua, di un “attraversamento”, un superamento, un movimento spirituale che ci porta “oltre”, al di là. Il passaggio è chiaro e forte; lo intuiamo seguendo la Vergine Maria in questa sua esperienza con il Figlio Gesù. E’ il passaggio dalla strada al cuore, dalla dispersione all’interiorità, dall’angoscia alla pacificazione.

Non resta che metterci in cammino, che scendere anche noi in strada e unirci alla carovana, alla comitiva dei pellegrini che stanno salendo a Gerusalemme per la celebrazione della festa di Pasqua.

  • “si recavano”. Questo è solo il primo di una lunga serie di verbi di movimento, che si susseguono lungo i versetti di questo brano. Forse può aiutarci fissarli con un po’ di attenzione: “vi salirono”; “riprendevano la via”; “comitiva” (dal latino cum-ire, “camminare insieme”); “viaggio”; “tornarono”; “scese con loro”, “venne”.

E in parallelo con questo grande movimento fisico, c’è anche un profondo movimento spirituale, caratterizzato dal verbo “cercare”, espresso anch’esso ripetutamente: “si misero a cercarlo”; “tornarono in cerca di lui”; “angosciati, ti cercavamo”; “perché mi cercavate?”.

Questo ci fa capire che il viaggio, il vero percorso al quale questa Parola del Signore ci invita, non è un viaggio fisico, ma spirituale; è un viaggio di ricerca di Gesù, della sua Presenza nella nostra vita. E’ questa la direzione in cui dobbiamo muoverci, insieme a Maria e a Giuseppe. 

  • “Si misero a cercarlo”. Visto che abbiamo individuato il nucleo centrale del brano, il suo messaggio fondamentale, è importante che ci apriamo a una comprensione più profonda di questa realtà. Anche perché Luca usa due verbi diversi per esprimere la “ricerca”, il primo -anazitéo- ai vv. 44 e 45, che indica una ricerca accurata, ripetuta, attenta, come di chi passa in rassegna qualcosa, dal basso all’alto e il secondo -zitéo- ai vv. 48 e 49, che indica la ricerca di qualcosa che si è perso e che si vuole ritrovare. Gesù è l’oggetto di tutto questo movimento profondo e interiore dell’essere; è l’oggetto del desiderio, della brama del cuore…
  • “angosciati”. E’ molto bello vedere come Maria apra il suo cuore davanti a Gesù, raccontandogli tutto quello che ha vissuto, quello che ha sentito dentro di sé. Lei non teme di mettersi a nudo davanti a suo Figlio, di consegnare a Lui i sentimenti e le esperienze che l’hanno segnata nel profondo. Ma che cos’è questa angoscia, questo dolore che ha visitato Maria e Giuseppe nella ricerca di Gesù, che si era smarrito? Il termine che incontriamo viene usato solo quattro volte in tutto il Nuovo Testamento e sempre da Luca. Lo troviamo sulla bocca del ricco epulone, che lo ripete parlando di sé, ormai nell’inferno, lontano da Dio, quando dice: “Soffro terribilmente” (Lc 16, 2425). E poi ritorna negli Atti, quando Luca racconta della partenza di Paolo da Efeso e mette in luce il dolore di quella separazione: “sapevano che non avrebbero più rivisto il suo volto” (At 20, 38). Dunque l’angoscia che prova Maria nasce precisamente dalla separazione, dall’assenza, dalla lontananza di Gesù. Quando Lui non c’è, scende l’angoscia nel nostro cuore. Ritrovarlo è l’unico modo possibile per recuperare la gioia di vivere.
  • “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Maria non comprende le parole di Gesù, il mistero della sua vita e della sua missione e per questo tace, accoglie, fa spazio, scende nel cuore. Questo è il vero percorso di crescita nella fede e nel rapporto col Signore.Ancora una volta Luca ci offre un verbo molto bello e significativo, un composto del verbo “custodire” – dià – tiréo, che vuol dire, alla lettera “custodire attraverso”. Cioè l’operazione spirituale che Maria compie dentro di sé e che ci consegna, come dono prezioso, come eredità buona per il nostro rapporto col Signore, è quella che ci conduce in un percorso intenso, profondo, che non si ferma alla superficie, o a metà, che non torna indietro, ma va fino in fondo.

Maria ci prende per mano e ci guida attraverso tutto il nostro cuore, tutti i suoi sentimenti, le sue esperienze. E laggiù, nel segreto di noi stesso, nel nostro intimo, impareremo a ritrovare il Signore Gesù, che forse avevamo smarrito.

Per un confronto personale

  • Questa Parola del Signore, nella sua semplicità, è anche molto chiara, molto diretta. L’invito a partire, a prendere parte alla festa di Pasqua, è rivolto anche a me. Decido, allora, di alzarmi, di mettermi in movimento, di affrontare il pezzo di strada che il Signore mette davanti a me?

E ancora: accetto di entrare a far parte della comitiva di coloro che hanno deciso nel loro cuore il santo viaggio?

  • Sento mia l’esperienza della ricerca del Signore? Oppure non mi sembra importante, non ne sento la mancanza, mi pare di poter fare da me? Nella mia vita, mi sono mai accorto di aver perso il Signore, di averlo lasciato lontano, di averlo dimenticato?
  • E l’angoscia, quella di cui parla Maria, è mai stata mia compagna di viaggio, presenza triste nelle mie giornate, o in periodi anche lunghi della mia vita? Forse sì. Scoprire, grazie a questa Parola, che l’angoscia è provocata dall’assenza del Signore, dalla perdita di Lui, mi è d’aiuto, mi offre una luce, una chiave di lettura per la mia vita?
  • La via del cuore, che Maria traccia con tanta chiarezza davanti a me, oggi, mi sembra percorribile? Ho voglia di impegnarmi in questa sfida, con me stesso, con l’ambiente che mi circonda, magari proprio con chi mi vive più vicino? Sono disposto a scegliere di scendere un po’ più in profondità, per imparare a “custodire attraverso”, cioè fino in fondo, con tutto me stesso? Per me il Signore e il rapporto con Lui è così importante, così coinvolgente? E’ Lui, sì o no, l’Amico prezioso, la Presenza più cara alla quale io voglio aprire, voglio spalancare il mio cuore? …

Preghiera finale

Il mio cuore esulta nel Signore, mio salvatore.

Il mio cuore esulta nel Signore,  la mia forza s’innalza grazie al mio Dio. Si apre la mia bocca contro i miei nemici,  perché io gioisco per la tua salvezza.

L’arco dei forti s’è spezzato,  ma i deboli si sono rivestiti di vigore.  I sazi si sono venduti per un pane,  hanno smesso di farlo gli affamati. La sterile ha partorito sette volte  e la ricca di figli è sfiorita. Il Signore fa morire e fa vivere,  scendere agli inferi e risalire.

Il Signore rende povero e arricchisce,  abbassa ed esalta.

Solleva dalla polvere il debole,  dall’immondizia rialza il povero,  per farli sedere con i nobili  e assegnare loro un trono di gloria.  (Cantico di Anna, 1 Samuele 2, 1-8)

Lectio Divina: domenica, 18 giugno, 2023

La missione dei dodici discepoli 

Matteo 9,36-38; 10,1-8

1) Preghiera  

Padre nostro, la tua Parola abita nel mondo attraverso la venuta di Gesù tuo Figlio. Egli ce l’ha annunciata con i suoi insegnamenti, ma soprattutto con le sue opere e il dono della sua vita. Il Verbo si è fatto carne. Prima di lasciarci, ci ha promesso l’aiuto dello Spirito affinché potessimo ricordare tutto ciò che aveva detto e comprendere più profondamente il significato nascosto nel nostro cuore indurito dal peccato. Dacci ora il tuo Spirito rivelatore e consolatore. Che i nostri cuori siano infiammati dalla sua presenza e la tua Parola diventi una provocazione viva ed efficace per servirti nei fratelli con gioia.

2) Lettura

  1. Il contesto del brano evangelico:

Siamo all’inizio del secondo dei cinque “discorsi” di Matteo, quello sulla missione. Gesù, il nuovo Mosè, continua a portare a compimento l’antica legge (Mt 5,17) inviando i cittadini del nuovo Regno non per giudicare (Gv 3,17s; Mt 11,4-5), ma per liberare il suo popolo da ogni tipo di malattia e di infermità come lui. Questo invio in missione avviene durante la vita pubblica di Gesù. Ce ne sarà un altro, solenne e universale, dopo la risurrezione (Mt 28,18-20). I dodici apostoli, in continuità e rottura con le dodici tribù di Israele, sono chiamati a raccogliere le speranze del vecchio Israele che assomiglia a un popolo disorientato, come un gregge senza pastore (Mt 9,36). 

  1. Una possibile divisione del brano:

Matteo 9,36-38: introduzione narrativa. 

Matteo 10,1: La trasmissione del potere 

Matteo 10, 2-4: I nomi dei Dodici.  Matteo 10, 5-8: Istruzione e invio.

  1. Il testo:

In quel tempo, Gesù, 36vedendo le folle, ne sentì compassione, perché erano stanche e sfinite come pecore che non hanno pastore. 37Allora disse ai suoi discepoli: «La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! 38Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe!».

1Chiamati a sé i suoi dodici discepoli, diede loro potere sugli spiriti impuri per scacciarli e guarire ogni malattia e ogni infermità.

2I nomi dei dodici apostoli sono: primo, Simone, chiamato Pietro, e Andrea suo fratello;

Giacomo, figlio di Zebedeo, e Giovanni suo fratello; 3Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo, figlio di Alfeo, e Taddeo; 4Simone il Cananeo e Giuda l’Iscariota, colui che poi lo tradì.

5Questi sono i Dodici che Gesù inviò, ordinando loro: «Non andate fra i pagani e non entrate nelle città dei Samaritani; 6rivolgetevi piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. 7Strada facendo, predicate, dicendo che il regno dei cieli è vicino. 8Guarite gli infermi, risuscitate i morti, purificate i lebbrosi, scacciate i demòni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date».

3. Silenzio 

Accogliamo la risonanza della Parola in noi. 

  1. a) Alcune domande per aiutarci a interiorizzare e attualizzare la Parola:
  • La vista delle persone ha mai suscitato in me un sentimento particolare?
  • Ricordo un momento di compassione che ho avuto? In quali circostanze? Ho incontrato qualcuno che ha avuto una grande passione per l’umanità? Ho chiesto a Dio di farmi suo inviato, di essere suo apostolo? Qual è la missione affidata da Gesù ai suoi discepoli? Missione impossibile? Perché è gratuita?
  1. b) Una chiave di lettura:

Gesù, dopo aver proposto il suo nuovo programma alternativo alla mentalità corrente (Mt 5), dopo aver annunciato il superamento della legge e dell’osservanza con le maggiori esigenze dell’amore (Mt 6-7), dopo aver testimoniato con gesti concreti di liberazione ciò che aveva annunciato (Mt 8-9), chiama i suoi discepoli e li invia alle nazioni dando loro i suoi stessi poteri (Mt 10). La comunità è chiamata a prolungare ed estendere la sua azione liberatrice, riparatrice e salvifica. Il nuovo popolo di Dio, sul fondamento dei dodici apostoli, è un popolo sacerdotale, regale e profetico (1Pt 2,4-9) chiamato a collaborare con Gesù.

4. La meditazione

Approfondiamo alcuni particolari. 

  • 9,36 Vedendo le folle, fu preso da compassione, perché erano oppresse e afflitte, come pecore senza pastore. Nell’introduzione, a partire dal versetto 35, viene riassunto il ministero pubblico di Gesù. In parte ripete 4,23-25, l’introduzione al discorso della montagna. Il nostro frammento parte dalla constatazione che grandi folle lo seguivano. Gente senza pastore (1Re 22,17), stanca di ascoltare parole senza farle seguire dai fatti, scoraggiata dalle innumerevoli osservanze, oppressa dai capi che le impongono leggi incomprensibili (Mt 23,1-4). La compassione che Gesù prova (Mt 15,30; Lc 9,11; Gv 6,5) per gli affamati (Mc 6-34) è qui rivolta ai “poveri illetterati del campo”, maledetti dai farisei (Gv 7,49). Non c’è nessuno che li ami e che li cerchi come un buon pastore (Gv 10).
  • 9,37 Poi dice ai suoi discepoli: “La messe è abbondante, ma gli operai sono pochi. 38 Pregate dunque il Padrone della messe perché mandi operai nella sua messe”. La missione è paragonata alla messe (cfr. Lc 10,2-3; Gv 4,35-38). Ci sono molti pronti a rispondere al Vangelo, molti che aspettano una parola di vita. I messaggeri di pace sono sempre pochi, la moltitudine è immensa. L’esortazione alla preghiera viene a significare che Dio è all’origine della missione, è responsabile della messe, a Lui dobbiamo rivolgerci nella preghiera. Lo Spirito Santo è già all’opera, infatti la messe è disponibile. La messe è un termine originariamente legato al giudizio finale (Is 27,12; Os 6,11; Gioele 3,13). Giovanni Battista credeva che il tempo del giudizio fosse giunto (Mt 3,12). Ma qui non sono gli angeli ad essere chiamati a svolgere quest’opera, bensì gli uomini, chiamati a salvare altri uomini dal giudizio e non a giudicarli. Viviamo in un tempo di misericordia, il giudizio non è ancora arrivato.
  • 10:1 Poi chiamò a sé i suoi dodici discepoli e diede loro potere sugli spiriti immondi per scacciarli e per guarire ogni malattia e ogni infermità Questa chiamata dei dodici in Matteo non è come in Marco 3:13-15 o in Lc 6:13. Non è il risultato di una selezione, ma dell’incarico affidato loro. Non è il risultato di una selezione, ma dell’incarico affidato loro. È un gruppo già formato (Mt 4,18; 8,19-22) che ora riceve un mandato. Il numero dodici si riferisce alle dodici tribù di Israele. Per annunciare la nuova legge del nuovo Mosè, è necessario un nuovo popolo che accolga la parola del nuovo Mosè (Gesù). Nella Sacra Scrittura il numero dodici indica soprattutto il popolo di Dio nella sua totalità. Sullo sfondo del popolo delle dodici tribù va collocata la chiamata dei “dodici” (Mc 9,35; 10,32 par.; Gv 6,70; 20,24; 1Cor 15,5 e altrove) da parte di Gesù durante il suo ministero in Galilea. Il numero dodici non va inteso in senso restrittivo, ma nel senso dell’eccellenza. La missione dei discepoli è strettamente correlata alla missione di Gesù. L’idea dominante è che il ministero degli apostoli sia un’estensione del ministero di Gesù. Ai discepoli viene dato lo stesso “potere” che aveva Gesù (9,68; 7,29; 8,9) e la stessa opera di guarigione (4,23; 9,35). Non si tratta di un potere di guida, di comando, ma di quello necessario per svolgere la missione loro affidata, di servire l’umanità. La risposta qui è prima della risurrezione. Il termine “apostolo” si trova solo in Matteo, altrove si parla di discepoli (11,1; 20,17, 26,14,20,47).

Non è usato come in Luca e Paolo per indicare un incarico, ma nel senso etimologico di “comandato” “inviato”. Può quindi essere inteso come un invito rivolto a tutto il nuovo Israele attraverso i dodici, le colonne del nuovo popolo della nuova legge, la legge dell’amore. La comunità dei convertiti ebrei a cui Matteo si rivolgeva vedeva qui l’inizio del nuovo Israele, la Chiesa. Continuità e rottura con la sinagoga. 10:2 I nomi dei dodici apostoli sono questi: prima Simone, chiamato Pietro, e suo fratello Andrea; Giacomo di Zebedeo e suo fratello Giovanni; Filippo e Bartolomeo; Tommaso e Matteo il pubblicano; Giacomo l’Alpano e Taddeo; Simone il Cananeo e Giuda

Iscariota, che lo tradì.

I vari elenchi dei dodici (Mc 3,16-19; Lc 6,13-16; At 1-13) mettono sempre Pietro al primo posto e Giuda all’ultimo. I nomi hanno poche annotazioni che variano nei vari elenchi. Da notare le due coppie di fratelli (Simone-Andrea e Giacomo-Giovanni) che indicano la fraternità come fondamento della nuova comunità. Diversità: un pubblicano, un cananeo, un Iscariota che lo tradirà. Nessun grande, nessun illustre, nessun affidabile. La chiamata viene da una libera scelta di Gesù e non dai meriti o dall’importanza delle persone, affinché nella loro debolezza si riveli la potenza di Dio (1 Cor 27-29).

  • 10:5 Questi dodici Gesù li mandò, dopo aver dato loro queste istruzioni: “Non andate per la via dei pagani e non entrate in una città samaritana, 6 ma andate piuttosto alle pecore perdute della casa d’Israele. Andate e annunciate che il regno dei cieli è vicino. Guarite i malati, risuscitate i morti, mondate i lebbrosi, scacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. L’istruzione per la missione, riportata qui solo in parte, si completa alla fine del versetto 16. I versetti 5-8 sono unici per Matteo, ad eccezione del comando di proclamare che il regno è vicino (Lc 10:9,11). La limitazione dei confini della missione in questo contesto prima della risurrezione non è in contraddizione con Mt 24,25, dopo la risurrezione, dove si dice di andare in tutto il mondo. Sottolinea la priorità da dare alla casa d’Israele. Un interesse per “le pecore perdute” (Ez 34,1-16; Is 53-16) prima di tutto e poi per quelle “sconosciute” (i Gentili). Matteo sottolinea l’amore di Dio per il popolo d’Israele. Il mandato affidato agli apostoli è molto impegnativo: guarire i malati, risuscitare i morti, scacciare i demoni. Va inteso in senso metaforico? Certamente ci sono malattie e morti che spiritualmente non sono meno facili da curare e rianimare di quelle fisiche; ci sono anche persone possedute da ideologie e mentalità distruttive. Dobbiamo ricordare che è Gesù che manda, che nulla gli è impossibile: “Credete a me, che sono nel Padre e il Padre in me; ma credetelo dalle opere stesse. In verità vi dico che chi crede in me farà le opere che io faccio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre” (Gv 14, 1112). Giovanni Paolo II, di venerata memoria, ha scritto nell’enciclica Redemptoris missio: “La liberazione e la salvezza, le porte del regno di Dio raggiungono la persona umana sia nella sua dimensione fisica che in quella spirituale” (RM 14). La missione è quindi fatta di predicazione e di guarigione, di annuncio e di promozione umana, della venuta del regno insieme alla lotta per la giustizia e la pace. La missione non può quindi che essere gratuita, non appartiene a coloro che sono inviati. Non può essere goduta per il proprio tornaconto materiale, mettendo così in atto lo spirito delle beatitudini (Mt 6, 25-34).

5. Preghiera con il Salmo 100

Gridate a Jahvé, o terra intera, servite Jahvé con gioia, venite a lui con esultanza! Sappiate che Yahweh è Dio, ci ha fatti e noi siamo suoi, suo popolo e gregge dei suoi pascoli.

Entrate nelle sue porte rendendo grazie, nei suoi cortili cantando lodi, rendetegli grazie, benedite il suo nome.

Perché Yahweh è buono e il suo amore dura per sempre, la sua fedeltà dura di età in età.

6. Contemplazione

O Padre, tu hai fatto di noi un popolo profetico e sacerdotale, chiamato ad essere segno visibile della nuova realtà del tuo regno; concedici di vivere in piena comunione con te nel sacrificio della lode e nel servizio ai fratelli, per diventare missionari e testimoni del Vangelo. Fa’ che la tua compassione sia la nostra compassione, la tua urgenza missionaria la nostra urgenza, sì Signore, mandami!

Lectio Divina: lunedì, 19 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,38-42  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Occhio per occhio e dente per dente; ma io vi dico di non opporvi al malvagio; anzi se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. Da’ a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi fa parte di una piccola unità letteraria che va da Mt 5,17 fino a Mt 5,48, in cui si descrive come passare dall’antica giustizia dei farisei (Mt 5,20) alla nuova giustizia del Regno di Dio (Mt 5,48). Descrive come salire sulla Montagna delle Beatitudini, da dove Gesù annunciò la nuova Legge dell’Amore. Il grande desiderio dei farisei era vivere nella giustizia, essere giusti dinanzi a Dio. E questo è anche il desiderio di tutti noi. Giusto è colui o colei che riesce a vivere dove Dio vuole che viva. I farisei si sforzavano di raggiungere la giustizia mediante la stretta osservanza della Legge.

Pensavano che con il loro sforzo potevano arrivare a stare dove Dio li voleva. Gesù prende posizione nei confronti di questa pratica e annuncia la nuova giustizia che deve superare la giustizia dei farisei (Mt 5,20). Nel vangelo di oggi stiamo giungendo quasi alla cima della montagna. Manca poco. La cima è descritta in una frase: “Siate perfetti come il vostro Padre celestiale è perfetto” (Mt 5,48), che mediteremo nel vangelo di domani. Vediamo da vicino questo ultimo grado che ci manca per giungere alla cima della montagna, di cui San Giovanni della Croce dice: “Qui regnano il silenzio e l’amore”. 

  • Matteo 5,38: Occhio per occhio, dente per dente. Gesù cita un testo dell’Antica legge dicendo: “Avete inteso che è stato detto: Occhio per occhio, dente per dente!” Abbreviò il testo, perché il testo intero diceva: ”Vita per vita, occhio per occhio, dente per dente, piede per piede, bruciatura per bruciatura, ferita per ferita, colpo per colpo” (Es 21,23-25). Come nei casi precedenti, anche qui Gesù fa una rilettura completamente nuova. Il principio “occhio per occhio, dente per dente” si trovava alla radice dell’interpretazione che gli scribi facevano della legge. Questo principio deve essere sovvertito, perché perverte e distrugge il rapporto tra le persone e con Dio.
  • Matteo 5,39ª: Non restituire il male con il male. Gesù afferma esattamente il contrario: “Ma io vi dico di non opporvi al malvagio”. Dinanzi a una violenza ricevuta, la nostra reazione naturale è pagare l’altro con la stessa moneta. La vendetta chiede “occhio per occhio, dente per dente”. Gesù chiede di restituire il male non con il male, ma con il bene. Perché se non sappiamo superare la violenza ricevuta, la spirale di violenza occuperà tutto e non sapremo più cosa fare. Lamech diceva: “Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette” (Gen 4,24). E fu proprio per questa terribile vendetta che tutto è finito nella confusione della Torre di Babele (Gen 11,1-9). Fedele all’insegnamento di Gesù, Paolo scrive nella lettera ai Romani: “Non rendete a nessuno male per male; la vostra preoccupazione sia fare il bene a tutti gli uomini. Non lasciarti vincere dal male, ma vinci il male con il bene” (Rom 12,17-21). Per poter avere questo atteggiamento è necessario avere molta fede nella possibilità di recupero che ha l’essere umano. Come fare questo in pratica? Gesù offre quattro esempi concreti.
  • Matteo 5,39b-42: I quattro esempi per superare la spirale di violenza. Gesù dice: “anzi (a) se uno ti percuote la guancia destra, tu porgigli anche l’altra; (b) e a chi ti vuol chiamare in giudizio per toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. (d) E se uno ti costringerà a fare un miglio, tu fanne con lui due. (e) Dà a chi ti domanda e a chi desidera da te un prestito non volgere le spalle”. (Mt 5,40-42). Come capire queste quattro affermazioni? Gesù stesso ci offre un aiuto per aiutarci a capirle. Quando il soldato gli colpì la guancia, lui non gli porse l’altra. Anzi, reagì con energia: “Se ho parlato male, dimostrami dove è il male, ma se ho parlato bene, perché mi percuoti?” (Gv 18,23).

Gesù non insegna ad essere passivi. San Paolo crede che ripagando il male con il bene “tu ammasserai carboni ardenti sul capo dell’altro” (Rm 12,20). Questa fede nella possibilità di recupero dell’essere umano è possibile solo partendo dalla radice che nasce dalla gratuità totale dell’amore creatore che Dio ci mostra nella vita e negli atteggiamenti di Gesù.

4) Per un confronto personale

  • Hai sentito dentro di te qualche volta una rabbia così grande da voler applicare la vendetta “occhio per occhio, dente per dente”? Cosa hai fatto per superarla?
  • La convivenza comunitaria oggi nella Chiesa favorisce in noi l’amore creatore che Gesù suggerisce nel vangelo di oggi?

5) Preghiera finale

Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: 

intendi il mio lamento.  Ascolta la voce del mio grido,  o mio re e mio Dio, perché ti prego, Signore. (Sal 5)

Lectio Divina: martedì, 20 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,43-48  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani?  E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”.

3) Riflessione

  • Nel vangelo di oggi raggiungiamo la cima della Montagna delle Beatitudini, dove Gesù proclamò la Legge del Regno di Dio, il cui ideale si riassume in questa frase lapidaria: “Siate perfetti come vostro Padre del cielo è perfetto” (Mt 5,48). Gesù stava correggendo la Legge di Dio! Cinque volte di seguito aveva già affermato: “Fu detto, ma io vi dico!” (Mt 5,21.27,31.33.38). Era un segno di molto coraggio da parte sua, in pubblico, davanti a tutta la gente riunita, correggere il tesoro più sacro della gente, la radice della loro identità, che era la Legge di Dio. Gesù vuole comunicare un modo nuovo di guardare e praticare la Legge di Dio. La chiave per poter attingere questo nuovo sguardo è l’affermazione: “Siate perfetti come vostro Padre del cielo è perfetto”. Mai nessuno potrà arrivare a dire: “Oggi sono stato perfetto come il Padre del cielo è perfetto!” Stiamo sempre al di sotto della misura che Gesù ci ha posto dinanzi. Forse è per questo che Lui ci ha posto dinanzi un ideale impossibile da raggiungere per noi mortali?
  • Matteo 5,43-45: Fu detto: Amerai il prossimo tuo e odierai il tuo nemico. In questa frase Gesù spiega la mentalità con cui gli scribi spiegavano la legge; mentalità che nasceva dalle divisioni tra giudei e non giudei, tra prossimo e non prossimo, tra santo e peccatore, tra puro e impuro, etc. Gesù ordina di sovvertire questo preteso ordine di divisioni interessate. Ordina di superare le divisioni. “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano perché siate figli del Padre vostro che sta nei cieli e che fa sorgere il sole sui malvagi e sui buoni e fa piovere sui giusti e sugli ingiusti” E qui attingiamo alla fonte da cui sgorga la novità del Regno. Questa fonte è proprio Dio, riconosciuto come Padre, che fa sorgere il sole sui cattivi e sui buoni. Gesù vuole che imitiamo questo Dio: “Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste” (5,48). E’ imitando questo Dio che creiamo una società giusta, radicalmente nuova.
  • Matteo 5,46-48: Essere perfetti come il Padre celeste è perfetto. Tutto si riassume nell’imitare Dio: “Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani?
  • Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste”. (Mt 5,43-48). L’amore è principio e fine di tutto. Non c’è prova di maggiore amore che dar la vita per il fratello (Gv 15,13). Gesù imitò il Padre e rivelò il suo amore. Ogni gesto, ogni parola di Gesù, dalla nascita fino all’ora della morte in croce, era un’espressione di questo amore creatore che non dipende dal presente che riceve, né discrimina l’altro per ragioni di razza, sesso, religione o classe sociale, ma che nasce da un voler bene completamente gratuito. Fu un crescendo continuo, dalla nascita fino alla morte in Croce.
  • La manifestazione piena dell’amore creatore in Gesù. Fu quando in Croce lui offrì il perdono al soldato che lo torturava e lo uccideva. Il soldato, impiegato dell’impero, mise il polso di Gesù sul braccio della croce, pose un chiodo e cominciò a battere. Dette diversi colpi. Il sangue cadeva a fiotti. Il corpo di Gesù si ritorceva dal dolore. Il soldato, mercenario ignorante, ignaro di ciò che stava facendo e di ciò che stava succedendo attorno a lui, continuava a battere come se fosse un chiodo nella parete per appendere un quadro. In quel momento Gesù rivolge al Padre questa preghiera: “Padre, perdonali.
  • Perché non sanno quello che fanno!” (Lc 23,34). Malgrado tutta la volontà degli uomini, la disumanità non riuscì a spegnere in Gesù l’umanità. Loro lo prendono, lo deridono, gli sputano sul volto, lo beffeggiano, fanno di lui un re pagliaccio con una corona di spine sulla testa, lo flagellano, lo torturano, lo fanno andare per le strade come se fosse un criminale, deve ascoltare gli insulti delle autorità religiose, sul calvario lo lasceranno completamente nudo alla vista di tutti e di tutte. Ma il veleno della disumanità non riesce a raggiungere la fonte di umanità che sgorgava dal cuore di Gesù. L’acqua che sgorgava dal di dentro era più forte del veleno di fuori, volendo di nuovo contaminare tutto.
  • Guardando quel soldato ignorante, Gesù sentì compassione per il soldato e pregò per lui e per tutti: “Padre, perdona!” Ed aggiunse perfino una scusa: “Sono ignoranti. Non sanno ciò che stanno facendo!” Davanti al Padre, Gesù si fa solidale con coloro che lo torturano e lo maltrattano. Come il fratello che vede i suoi fratelli assassini dinanzi al giudice e lui, vittima dei propri fratelli, dice al giudice: “Sai sono i miei fratelli. Sono ignoranti. Perdonali. Miglioreranno!” Era come se Gesù avesse paura che la minima rabbia contro l’uomo potesse spegnere in lui il resto di umanità che ancora esisteva. Questo incredibile gesto di umanità e di fede nella possibilità di recupero di quel soldato è stata la maggiore rivelazione d’amore di Dio. Gesù poté morire: “Tutto è consumato!” E inclinando il capo, rese lo spirito (Gv 19,30). Compiendo così la profezia del Servo Sofferente (Is 53).

4) Per un confronto personale

  • Qual è il motivo più profondo dello sforzo che compi per osservare la Legge di Dio:

meritare la salvezza o ringraziare la bontà immensa di Dio che ti ha creato, ti mantiene in vita e ti salva? 

  • Quale significato dai alla frase “essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto”?

5) Preghiera finale

Pietà di me, o Dio, secondo la tua misericordia;  nella tua grande bontà cancella il mio peccato. 

Lavami da tutte le mie colpe, mondami dal mio peccato. (Sal 50)

Lectio Divina: mercoledì, 21 giugno, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere.  Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 6,1-6.16-18  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini per essere da loro ammirati, altrimenti non avrete ricompensa presso il Padre vostro che è nei cieli. 

Quando dunque fai l’elemosina, non suonare la tromba davanti a te, come fanno gli ipocriti nelle sinagoghe e nelle strade per essere lodati dagli uomini. In verità vi dico: 59 hanno già ricevuto la loro ricompensa. Quando invece tu fai l’elemosina, non sappia la tua sinistra ciò che fa la tua destra, perché la tua elemosina resti segreta; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 

Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze, per essere visti dagli uomini, In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando preghi, entra nella tua camera e, chiusa la porta, prega il Padre tuo nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà. 

E quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti, che si sfigurano la faccia per far vedere agli uomini che digiunano. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa. Tu invece, quando digiuni, profumati la testa e lavati il volto, perché la gente non veda che tu digiuni, ma solo tuo Padre che è nel segreto; e il Padre tuo, che vede nel segreto, ti ricompenserà”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi continua la meditazione sul Discorso della Montagna. Nei giorni precedenti abbiamo riflettuto a lungo sul messaggio del capitolo 5 del vangelo di Matteo. Nel vangelo di oggi e dei giorni seguenti meditiamo il messaggio del capitolo 6 dello stesso vangelo. La sequenza dei capitoli 5 e 6 può aiutarci a capirlo. I passaggi in corsivo indicano il testo del vangelo di oggi. Ecco lo schema: Matteo 5,112: Le Beatitudini: apertura solenne della nuova Legge Matteo 5,13-16: La nuova presenza nel mondo: Sale della terra e Luce del mondo Matteo 5,17-19: La nuova pratica della giustizia; rapporto con l’antica legge Matteo 5, 20-48: La nuova pratica della giustizia: osservando la nuova Legge Matteo 6,1-4: La nuova pratica delle opere di pietà: l’elemosina Matteo 6,5-15: La nuova pratica delle opere di pietà: la preghiera Matteo 6,16-18: La nuova pratica delle opere di pietà: il digiuno Matteo 6,19-21: Nuovo rapporto con i beni materiali: non accumulare Matteo 6,22-23: Nuovo rapporto con i beni materiali: visione corretta Matteo 6,24: Nuovo rapporto con i beni materiali: Dio e il denaro Matteo 6,25-34: Nuovo rapporto con i beni materiali: abbandono alla Provvidenza Il vangelo di oggi tratta tre temi: l’elemosina (6,1-4), la preghiera (6,5-6) e il digiuno (6,16-18). Sono tre opere di pietà dei giudei.
  • Matteo 6,1: Non praticare il bene per essere visto dagli altri. Gesù critica coloro che fanno le buone opere per essere visti dagli uomini (Mt 6,1). Gesù chiede di costruire la sicurezza interiore non in ciò che noi facciamo per Dio, ma in ciò che Dio fa per noi. Dai consigli che lui dà emerge un nuovo tipo di rapporto con Dio: “Tuo Padre, che vede nel segreto, ti ricompenserà” (Mt 6,4). “Vostro Padre sa di cosa avete bisogno, prima che voi glielo chiediate” (Mt 6,8). “Se perdonate agli uomini le loro colpe, anche il Padre vostro vi perdonerà” (Mt 6,14). E’ un cammino nuovo che si apre ora per accedere al cuore di Dio Padre. Gesù non permette che la pratica della giustizia e della pietà sia usata quale mezzo di autopromozione dinanzi a Dio e dinanzi alla comunità (Mt 6,2.5.16).

Matteo 6,,2-4: Come praticare l’elemosina. Dare l’elemosina è un modo di condividere, assai raccomandato dai primi cristiani (At 2,44-45; 4,32-35). La persona che pratica l’elemosina e la condivisione per promuovere se stessa dinanzi agli altri merita di essere esclusa dalla comunità, come avvenne con Anania e Safira (At 5,1-11). Oggi, sia nella società come pure nella Chiesa, ci sono persone che fanno una grande pubblicità del bene che fanno agli altri. Gesù chiede il contrario: fare il bene in modo tale che la mano sinistra non sappia ciò che fa la destra. E’ il distacco totale e il dono totale nella gratuità dell’amore che crede in Dio Padre e imita tutto ciò che fa. 

  • Matteo 6,5-6: Come praticare la preghiera. La preghiera pone la persona in rapporto diretto con Dio. Alcuni farisei trasformavano la preghiera in un’occasione per mostrarsi ed esibirsi dinanzi agli altri. In quel tempo, quando suonava la trombetta nei tre momenti di preghiera, mattina, mezzogiorno e sera, loro dovevano fermarsi nel luogo dove stavano per pregare. C’era gente che cercava di stare negli angoli in luoghi pubblici, in modo che tutti vedessero che stava pregando. Orbene, un atteggiamento di questo tipo perverte il nostro rapporto con Dio. E’ falso e non ha senso. Per questo, Gesù dice che è meglio chiudersi nella stanza e pregare in segreto, mantenendo l’autenticità del rapporto. Dio ti vede anche nel segreto, e Lui ti ascolta sempre. Si tratta di una preghiera personale, non di una preghiera comunitaria.
  • Matteo 6,16-18: Come praticare il digiuno. In quel tempo la pratica del digiuno era accompagnata da alcuni gesti esterni ben visibili: non lavare il volto, non allisciarsi i capelli, usare vestiti sobri. Erano segnali visibili del digiuno. Gesù critica questa forma di digiuno e ordina di fare il contrario, così gli altri non possono rendersi conto che sta digiunando: fatti il bagno, usa il profumo, arricciati bene i capelli. Così, solo il Padre che vede nel segreto sa che tu stai digiunando e lui saprà ricompensarti.

4) Per un confronto personale

  • Quando preghi, come vivi il tuo rapporto con Dio?
  • Come vivi il tuo rapporto con gli altri in famiglia e in comunità?

5) Preghiera finale

Quanto è grande la tua bontà, Signore!  La riservi per coloro che ti temono,  ne ricolmi chi in te si rifugia  davanti agli occhi di tutti. (Sal 30)

Lectio Divina: giovedì, 22 giugno, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera 

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 6,7-15  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Pregando non sprecate parole come i pagani, i quali credono di venire ascoltati a forza di parole. Non siate dunque come loro, perché il Padre vostro sa di quali cose avete bisogno ancor prima che gliele chiediate.  Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli sia santificato il tuo nome; venga il tuo regno; sia fatta la tua volontà, come in cielo così in terra. 

Dacci oggi il nostro pane quotidiano, e rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori, e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male.  Se voi infatti perdonerete agli uomini le loro colpe, il Padre vostro celeste perdonerà anche voi; ma se voi non perdonerete agli uomini, neppure il Padre vostro perdonerà le vostre colpe”.

3) Riflessione

  • Il vangelo di oggi ci presenta la preghiera del Padre Nostro, il Salmo che Gesù ci ha lasciato. Ci sono due redazioni del Padre Nostro: quella di Luca (Lc 11,1-4) e quella di Matteo (Mt 6,7-13). La redazione di Luca è più breve. Luca scrive per le comunità che venivano dal paganesimo. Cerca di aiutare le persone che stanno iniziando il cammino della preghiera. Nel Vangelo di Matteo, il Padre Nostro si trova nella parte del Discorso della Montagna, dove Gesù orienta i discepoli nella pratica delle tre opere di pietà: elemosina (Mt 6,1-4), preghiera (Mt 6,5-15) e digiuno (Mt 6,16-18). Il Padre Nostro fa parte di una catechesi per i giudei convertiti. Loro erano abituati a pregare, ma avevano certi vizi che Matteo voleva correggere. Nel Padre Nostro, Gesù riassume tutto il suo insegnamento in sette preci rivolte al Padre. In queste sette richieste, riprende le promesse dell’Antico Testamento e ordina di chiedere al Padre che ci aiuti a realizzarle. I primi tre si riferiscono al nostro rapporto con Dio. Gli altri quattro hanno a che vedere con il rapporto comunitario che abbiamo con gli altri.
  • Matteo 6,7-8: L’introduzione al Padre nostro. Gesù critica le persone per le quali la preghiera era una ripetizione di formule magiche, di parole forti, rivolte a Dio per obbligarlo a rispondere alle loro richieste e necessità. Chi prega deve cercare in primo luogo il Regno, molto più degli interessi personali. L’accoglienza della preghiera da parte di Dio non dipende dalla ripetizione delle parole, bensì dalla bontà di Dio che è Amore e Misericordia. Lui vuole il nostro bene e conosce i nostri bisogni, prima ancora delle nostre preghiere.
  • Matteo 6,9a: Le prime parole: “Padre Nostro, che sei nei cieli!” Abba, Padre, è il nome che Gesù usa per rivolgersi a Dio. Esprime l’intimità che lui ha con Dio e manifesta il nuovo rapporto con Dio che deve caratterizzare la vita della gente nelle comunità cristiane (Gal 4,6; Rm 8,15). Matteo aggiunge al nome del Padre l’aggettivo nostro e l’espressione che sei nei cieli La vera preghiera è un rapporto che ci unisce al Padre, ai fratelli e alle sorelle, alla natura. La familiarità con Dio non è intimista, ma esprime la consapevolezza di appartenere alla grande famiglia umana, a cui partecipano tutte le persone, di tutte le razze e di tutti i credi: Padre Nostro. Pregare il Padre ed entrare nell’intimità con Lui, è anche mettersi in sintonia con le grida di tutti i fratelli e le sorelle. E’ cercare il Regno di Dio in primo luogo. L’esperienza di Dio Padre è il fondamento di fraternità universale.
  • Matteo 6,9b-10: Le tre richieste per la causa di Dio: il Nome, il Regno, la Volontà. Nella prima parte del Padre nostro, chiediamo di restaurare il nostro rapporto con Dio. Per farlo, Gesù chiede (a) la santificazione del Nome rivelato nell’Esodo in occasione della liberazione dall’Egitto; (b) chiede la venuta del Regno, atteso dalla gente dopo il fallimento della monarchia; (c) chiede il compimento della Volontà di Dio, rivelata nella Legge che stava nel centro dell’Alleanza. Il Nome, il Regno, la Legge, sono i tre assi tratti dall’Antico Testamento che esprimono come deve essere il nuovo rapporto con Dio. Le tre richieste indicano che bisogna vivere nell’intimità con il Padre, facendo conoscere il suo Nome, facendolo amare, facendo in modo che il suo Regno di amore e di comunione diventi realtà, che si faccia la sua Volontà così in terra come in cielo. Nel cielo, il sole e le stelle obbediscono alla legge di Dio e creano l’ordine dell’universo. L’osservanza della legge di Dio “così in terra come in cielo” deve essere sorgente e specchio dell’armonia e del benessere per tutta la creazione. Questo rapporto rinnovato con Dio diventa visibile solo nel rapporto rinnovato tra di noi che, da parte sua, è oggetto di altre quattro richieste: il pane quotidiano, il perdono dei debiti, il non cadere in tentazione, la liberazione dal Male.
  • Matteo 6,11-13: Le quattro richieste per i fratelli: Pane, Perdono, Vittoria, Libertà. Nella seconda parte del Padre nostro chiediamo di restaurare e rinnovare il rapporto tra le persone. Le quattro richieste indicano come devono essere trasformate le strutture della comunità e della società in modo che tutti i figli e le figlie di Dio vivano con uguale dignità. “Il Pane quotidiano” (Mt 6,11): ricorda la manna di ogni giorno nel deserto (Es 16,1-36), La manna era una “prova” per vedere se la gente era capace di seguire la Legge del Signore (Es 16,4), cioè, se era capace di accumulare cibo solamente per un giorno in segno di fede che la provvidenza divina passa per l’organizzazione fraterna. Gesù invita a camminare verso un nuovo esodo, verso una nuova convivenza fraterna che possa garantire il pane per tutti. La richiesta del “perdono dei debiti” (6,12): ricorda l’anno sabbatico che obbligava i creditori a perdonare tutte i debiti ai fratelli (Dt 15,1-2). L’obiettivo dell’anno sabbatico e dell’anno giubilare (Lv 25,1-22) era disfare le disuguaglianze e ricominciare di nuovo. Come pregare oggi: “Rimetti a noi i nostri debiti come noi li rimettiamo ai nostri debitori”? I paesi ricchi, tutti cristiani, si arricchiscono grazie al debito esterno. Non cadere nella tentazione: la richiesta di “non cadere in tentazione” (6,13) ricorda gli errori commessi nel deserto, dove la gente è caduta nella tentazione (Es 18,1-7; Nm 20,1-13; Dt 9,7-29), per imitare Gesù che fu tentato e vinse (Mt 4,1-17). Nel deserto, la tentazione spingeva la gente a seguire altri cammini, a ritornare indietro, a non intraprendere il cammino della liberazione e a esigere da Mosè che la guidava. Liberazione dal Male: il male è il Maligno, Satana, che cerca di deviare e che, in molti modi, cerca di portare le persone a non seguire il cammino del Regno, indicato da Gesù. Tentò Gesù ad abbandonare il Progetto del Padre ed essere il Messia secondo le idee dei farisei, scribi e altri gruppi. Il Maligno allontana da Dio ed è motivo di scandalo. Entrò anche in Pietro (Mt 16,23) e tentò anche Gesù nel deserto. Gesù lo vinse (Mt 4,1-11).

4) Per un confronto personale

  • Gesù dice “rimetti a noi i nostri debiti”, ma oggi noi diciamo “perdona le nostre offese” cosa è più facile: perdonare le offese o rimettere i debiti?
  • Come sei solito/a pregare il Padre Nostro: meccanicamente o ponendo tutta la tua vita ed il tuo impegno nelle parole che pronunci?

5) Preghiera finale

I monti fondono come cera davanti al Signore,  davanti al Signore di tutta la terra.  I cieli annunziano la sua giustizia 

e tutti i popoli contemplano la sua gloria. (Sal 96)

Lectio Divina: venerdì, 23 giugno, 2023 

Tempo Ordinario

Preghiera

O Dio, fortezza di chi spera in te, ascolta benigno le nostre invocazioni, e poiché nella nostra debolezza nulla possiamo senza il tuo aiuto, soccorrici con la tua grazia, perché fedeli ai tuoi comandamenti possiamo piacerti nelle intenzioni e nelle opere. Per il nostro Signore Gesù Cristo…

Lettura del Vangelo secondo Matteo 6,19-23

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano. Perché là dov’è il tuo tesoro, sarà anche il tuo cuore.

La lucerna del corpo è l’occhio; se dunque il tuo occhio è chiaro, tutto il tuo corpo sarà nella luce; ma se il tuo occhio è malato, tutto il tuo corpo sarà tenebroso. Se dunque la luce che è in te è tenebra, quanto grande sarà la tenebra!”

Riflessione

  • Nel vangelo di oggi continuiamo le nostre riflessioni sul Discorso della Montagna. Due giorni fa e ieri abbiamo riflettuto sulla pratica delle tre opere di pietà: elemosina (Mt 6,1-4), preghiera (Mt 6,5-15) e digiuno (Mt 6,16-18). Il vangelo di oggi e di domani presenta quattro raccomandazioni sul rapporto con i beni materiali, esplicitando così come vivere la povertà della prima beatitudine: (a) non accumulare (Mt 6,19-21); (b) avere una visione corretta dei beni materiali (Mt 6,22-23); (c) non servire due padroni (Mt 6,24); (d) abbandonarsi alla provvidenza divina (Mt 6,25-34). Il vangelo di oggi presenta le due prime raccomandazioni: non accumulare beni (6,19-21) e non guardare il mondo con occhi malati (6,22-23).
  • Matteo 6,19-21: Non accumulare tesori sulla terra. Se, per esempio, oggi in TV si annuncia che il mese prossimo mancheranno nel mercato zucchero e caffè, tutti compreremo il massimo possibile di caffè e zucchero. Accumuliamo, perché non abbiamo fiducia. Nei quaranta anni di deserto, la gente è stata provata per vedere se era capace di osservare la legge di Dio (Es 16,4). La prova consisteva in questo: vedere se erano capaci di raccogliere solamente la manna necessaria per un solo giorno, e non accumulare per il giorno seguente. Gesù dice: “Non accumulatevi tesori sulla terra, dove tignola e ruggine consumano e dove ladri scassinano e rubano; accumulatevi invece tesori nel cielo, dove né tignola né ruggine consumano, e dove ladri non scassinano e non rubano.” Cosa significa accumulare tesori nel cielo? Si tratta di sapere dove pongo la base della mia esistenza. Se la pongo nei beni materiali di questa terra, corro sempre il pericolo di perdere ciò che ho accumulato. Se metto la base in Dio, nessuno potrà distruggerla ed avrò la libertà interiore di condividere con gli altri ciò che posso. Per fare in modo che questo sia possibile e vivibile, è importante giungere ad una convivenza comunitaria che favorisca la condivisione e l’aiuto reciproco, ed in cui la maggiore ricchezza o tesoro non è la ricchezza materiale, bensì la ricchezza o il tesoro della convivenza fraterna nata dalla certezza portata da Gesù: Dio è Padre e Madre di tutti. Perché là dove è il tuo tesoro, è anche

il tuo cuore. 

  • Matteo 6,22-23: La lucerna del corpo è l’occhio. Per capire ciò che Gesù chiede è necessario avere occhi nuovi. Gesù è esigente e chiede molto: non accumulare (6,1921), non servire Dio e il denaro insieme (6,24), non preoccuparsi del cibo e delle bevande (6,25-34). Queste raccomandazioni esigenti hanno a che vedere con quella parte della vita umana dove le persone hanno più angoscia e preoccupazioni. Fa parte anche del Discorso della Montagna, che è più difficile da capire e praticare. Per questo Gesù dice: “Se il tuo occhio è malato, ….”. Alcuni traducono occhio malato e occhio sano. Altri traducono occhio meschino e occhio generoso. E’ uguale. In realtà, la peggiore malattia che si possa immaginare è una persona chiusa in se stessa e nei suoi beni e che si fida solo di loro. È la malattia della meschinità! Chi guarda la vita con questi occhi vivrà nella tristezza e nell’oscurità. La medicina per curare questa malattia è la conversione, il cambio di mentalità e di ideologia. Mettere la base della vita in Dio e così lo sguardo diventa generoso e la vita tutta diventa luminosa, perché fa nascere la condivisione e la fraternità.
  • Gesù vuole un cambiamento radicale. Vuole l’osservanza della legge dell’anno sabbatico, dove viene detto che nella comunità dei credenti, non ci possono essere poveri (Dt 15,4). La convivenza umana deve essere organizzata in modo tale che una persona non debba preoccuparsi del cibo e delle bevande, dei vestiti e della casa, della salute e dell’educazione (Mt 6,25-34). Ma ciò è possibile se tutti cerchiamo prima il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33). Il Regno di Dio vuol dire permettere che Dio regni: è imitare Dio (Mt 5,48). L’imitazione di Dio porta alla condivisione giusta dei beni e dell’amore creativo, che genera una vera fraternità. La Provvidenza Divina deve essere mediata dall’organizzazione fraterna. Solo così è possibile eliminare qualsiasi preoccupazione per il domani (Mt 6,34).

Per un confronto personale

  • Gesù disse: “Là dove è il tuo tesoro, è anche il tuo cuore”. Dove si trova la mia ricchezza: nel denaro o nella fraternità?
  • Qual è la luce che ho nei miei occhi per guardare la vita, gli avvenimenti?

Preghiera finale

Il Signore ha scelto Sion,  l’ha voluta per sua dimora:  “Questo è il mio riposo per sempre;  qui abiterò, perché l’ho desiderato.” (Sal 131)

Lectio Divina: sabato, 24 giugno, 2023

Nascita del Precursore del Signore 

Luca 1, 57-66.80

1. Raccogliamoci in preghiera – Statio

Preghiera del Card. Mercier allo Spirito Santo 

O Dio, che hai istruito i tuoi fedeli, illuminando i loro cuori con la luce dello Spirito Santo, concedi a noi di avere nello stesso Spirito il gusto del bene e di godere sempre del suo conforto.

Gloria, adorazione, amore, benedizione a te eterno divino Spirito, che ci hai portato sulla terra il Salvatore delle anime nostre. E gloria e onore al Suo adorabilissimo cuore che ci ama di infinito amore.

O Spirito Santo, anima dell’anima mia, io Ti adoro: illuminami, guidami, fortificami, consolami, insegnami ciò che devo fare, dammi i tuoi ordini.

Ti prometto di sottomettermi a tutto ciò che permetterai mi accada: fammi solo conoscere la tua Volontà.

2. Lettura orante della Parola – Lectio

Dal Vangelo secondo Luca (1, 57-66. 80) 

57Per Elisabetta intanto si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. 58I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.59All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, 66

Zaccaria. 60Ma sua madre intervenne: «No, si chiamerà Giovanni». 61Le dissero: «Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome».62Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse.63Egli chiese una tavoletta, e scrisse: «Giovanni è il suo nome». Tutti furono meravigliati. 64In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio. 65Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. 66Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: «Che sarà mai questo bambino?» si dicevano. Davvero la mano del Signore stava con lui. 80Il fanciullo cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele.

3. Ruminare la Parola – Meditatio 

3.1. Chiave di lettura

Questo brano del vangelo fa parte dei così detti racconti dell’infanzia di Gesù. In modo particolare questo testo segue la scena della visitazione di Maria “nella casa di Zaccaria” (Lc 1, 40) dopo l’evento dell’annunciazione dell’angelo messaggero della nuova creazione. L’annunciazione infatti inaugura gioiosamente il compimento delle promesse di Dio al suo popolo (Lc 1, 26-38). La gioia dei tempi nuovi, che ha riempito Maria, inonda adesso il cuore di Elisabetta. Essa gioisce dell’annuncio portato da Maria (Lc 1, 41). Maria d’altronde “magnifica il Signore” (Lc 1, 46) perché ha operato in lei grandi cose, come ha operato grandi prodigi per il suo popolo bisognoso di salvezza. L’espressione “si compì il tempo” ci ricorda che questa realtà non colpisce soltanto Elisabetta partoriente, ma rivela anche qualcosa del progetto di Dio. San Paolo infatti ci dice che quando il tempo fu compiuto, Dio mandò il suo Unigenito “nato da donna, nato sotto la legge per riscattare coloro che erano sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli” di Dio (Gal 4, 4).

Nel vangelo Gesù parla infatti del compimento dei tempi, specialmente nel vangelo di Giovanni. Due di questi istanti sono le nozze di Cana (Gv 2, 1-12) e l’agonia sulla croce dove Gesù proclama che “tutto è compiuto” (Gv 19, 30). Nel compimento dei tempi Gesù inaugura un’era di salvezza. La nascita di Giovanni Battista inaugura questo tempo di salvezza. Egli, infatti, all’arrivo del Messia esulta e sussulta di gioia nel grembo di Elisabetta sua madre (Lc 1, 44). Più tardi egli definirà se stesso come l’amico dello sposo (Gesù) che esulta e gioisce per l’avvenimento delle nozze con la sua sposa, la Chiesa (Gv 3, 29).

Il figlio non si chiamerà per suo padre Zaccaria ma Giovanni. Zaccaria ci ricorda che Dio non dimentica il suo popolo. Il suo nome infatti significa “Dio ricorda”. Suo figlio, adesso non potrà essere chiamato “Dio ricorda”, perché le promesse di Dio stavano compiendosi. La missione profetica di Giovanni deve indicare la misericordia di Dio.  Egli infatti si chiamerà Johanan, cioè “Dio è misericordia”. Questa misericordia si manifesta nella visita al popolo, proprio “come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti di un tempo” (Lc 1, 67-70). Il nome indica perciò l’identità e la missione del nascituro. Zaccaria scriverà il nome di suo figlio su una tavoletta perché tutti potessero vedere con meraviglia (Lc 1, 63). Questa tavola fa eco ad un’altra iscrizione, scritta da Pilato per essere appesa alla croce di Gesù. Questa iscrizione rivelava l’identità e la missione del crocifisso: “Gesù nazareno re dei Giudei” (Gv 19, 19). Anche questa scritta provocò la meraviglia di coloro che stavano a Gerusalemme per la festa.

In tutto Giovanni è precursore di Cristo. Già dalla sua nascita e infanzia egli punta a Cristo. “Chi sarà mai questo bambino?” Egli è “la voce che grida nel deserto” (Gv 1, 23), incitando tutti a preparare le vie del Signore. Non è lui il Messia (Gv 1, 20), ma lo indica con la sua predicazione e soprattutto con il suo stile di vita di ascesi nel deserto.  Egli intanto “cresceva e si fortificava nello spirito. Visse in regioni deserte fino al giorno della sua manifestazione a Israele” (Lc 1, 80).

3.1.1   Domande per orientare la meditazione e l’attualizzazione

  • Cosa ti ha colpito in questo brano e nella riflessione?
  • Giovanni si identifica come l’amico dello sposo. Secondo te, che significato ha questa immagine?
  • La chiesa ha sempre visto in Giovanni Battista il suo tipo. Egli è colui che prepara la strada del Signore. Ha questo una rilevanza per la nostra vita quotidiana?

4. Oratio

Benediciamo il Signore con Zaccaria (Lc 1, 68-79) 

«Benedetto il Signore Dio d’Israele, perché ha visitato e redento il suo popolo, e ha suscitato per noi una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo, come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: salvezza dai nostri nemici, e dalle mani di quanti ci odiano.

Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri e si è ricordato della sua santa alleanza, del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre, di concederci, liberati dalle mani dei nemici, di servirlo senza timore, in santità e giustizia al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei suoi peccati, grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio, per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre68 e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della pace».

5. Contemplatio

Adoriamo insieme la misericordia e la bontà di Dio ripetendo in silenzio: 

Gloria al Padre e al Figlio e allo Spirito Santo. Come era nel principio e ora e sempre  nei secoli dei secoli. 

Amen.

Lectio Divina: domenica, 25 giugno, 2023

Dare testimonianza del Vangelo senza paura 

Matteo 10,26-33

1. Preghiera iniziale

Nel buio di una notte senza stelle, la notte del non senso, tu,Verbo della vita, come lampo nella tempesta della dimenticanza sei entrato nei limiti del dubbio a riparo dei confini della precarietà per nascondere la luce.

Parole fatte di silenzio e di quotidianità le tue parole umane, foriere dei segreti dell’Altissimo: come ami lanciati nelle acque della morte per ritrovare l’uomo, inabissato nelle sue ansiose follie, e riaverlo, predato, per l’attraente fulgore del perdono.

A te, Oceano di Pace e ombra dell’eterna Gloria,io rendo grazie: mare calmo alla mia riva che aspetta l’onda, che io ti cerchi!

E l’amicizia dei fratelli mi protegga quando la sera scenderà sul mio desiderio di te. Amen.

2. Lettura

  1. Il testo:

Non li temete dunque, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. 26 Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello 69

che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. 27 E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. 28 Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. 29 Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati; 30 non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! 31Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli; 32 chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio

che è nei cieli. 33 

  1. Momento di silenzio:

Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.

3. Meditazione

  1. a) Domande per la riflessione:

Non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato: la verità sotto i veli del silenzio si espande più che se esposta alle mani avide di uomini sordi al soffio dello Spirito. La parola di Dio che ascolti dove la poni? In balia dei tuoi pensieri avventurieri o nel sacrario della tua accoglienza profonda?

Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce: Cristo parla nelle tenebre, nel segreto del cuore. Per offrire le sue parole alla luce queste devono passare per il tuo pensiero, dentro il tuo sentire, nelle tue viscere prima di risalire alle labbra. Le parole che abitualmente rivolgi agli altri sono le parole dette nel segreto da Lui oppure sillabe di pensieri che transitano per caso?

E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo: niente e nessuno potrà farti del male se Dio è con te. Potranno farti prigioniero, ma non potranno toglierti la libertà e la dignità tua perché sono inafferrabili da chiunque. Paure, timori, sospetti, ansie… potranno diventare un ricordo lontano. Quando le lascerai nella fiducia che Dio non ti abbandona mai e ha cura di te?

Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. La provvidenza di Dio può somigliare al

destino, ma è tutt’altro. Passeri che cadono a terra. Non è Dio che li butta a terra, ma quando cadono il Padre è lì. Non è Dio che manda la malattia, ma quando l’uomo si ammala, il Padre è lì con lui. Le nostre cose gli appartengono. La solitudine che spesso ci stringe non è abbandono. Volgeremo intorno lo sguardo per incontrare gli occhi di Cristo che vive con noi quel momento di desolazione?

Chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio: Dare a Cristo il coraggio della nostra fede in lui… questa esigenza di vita in cui Dio non è un accessorio, ma pane quotidiano e carta identificativa di sé ti interpella già oppure resta un desiderio nascosto? Anche tra i capi, dice Giovanni, molti credettero in lui, ma non lo riconoscevano apertamente a causa dei farisei, per non essere espulsi dalla sinagoga. Rischierai il tuo nome per Lui? 

  1. b) Chiave di lettura:

Non temete! È la parola chiave che, ripetuta tre volta, conferisce unità al brano.  Probabilmente è una unità letteraria che raccoglie quattro detti isolati. La fede esige come disposizione di fondo di non temere. Le tematiche che emergono: proclamazione pubblica del vangelo, (vv. 26-27), la disponibilità ad affrontare il martirio sacrificando la vita fisica per giungere alla vita eterna (v. 28), immagini di fiducia nella provvidenza (vv.

29-31), la professione coraggiosa della fede in Cristo (vv.32-33).

Di efficacia notevole le contrapposizioni: velato / svelato, nascosto / conosciuto, tenebre / luce, corpo / anima, riconoscere / rinnegare… che evidenziano le sponde della vita evangelicamente vissuta. I veli della conoscenza si aprono alla luce e sui tetti dell’universo la parola udita nel segreto corre. Tutto dell’uomo è presente al cuore di Dio, e se le creature della terra destano tenerezza quanto più la vita di una creaturafiglio. L’appartenenza fa la differenza nella testimonianza. Non può rinnegare le proprie radici paterne chi vive la figliolanza divina! 

  1. 26. Non li temete dunque, poiché non v’è nulla di nascosto che non debba essere svelato, e di segreto che non debba essere manifestato. Ciò che è nascosto non è riservato a pochi ma semplicemente custodito in attesa di essere manifestato. C’è un tempo per tenere nascosto e un tempo per manifestare, direbbe Qohèlet… saper custodire la verità nel segreto dei giorni che passano: questo è ciò che forgia la credibilità della manifestazione. Non si può gettare un seme all’aria, va custodito nel solco del cuore, va lasciato a se stesso mentre si trasforma morendo, va attentamente seguito nel suo germogliare e venire alla luce, finché la spiga non sarà matura e pronta al raccolto. Ogni parola di Dio richiede di passare attraverso il solco della propria storia per portare a suo tempo frutto abbondante.
  2. 27. Quello che vi dico nelle tenebre ditelo nella luce, e quello che ascoltate all’orecchio predicatelo sui tetti. Gesù parla nel segreto, noi parliamo nella luce. Dio

parla, noi ascoltiamo e diventiamo la sua bocca per altri. Le tenebre dell’ascolto, del mettere dentro, dell’assimilare precedono l’aurora di ogni annuncio. E quando dai tetti si udrà la buona notizia gli uomini saranno costretti a guardare in alto. Un tesoro di gloria racchiude ogni momento di ascolto, è un momento di attesa che prepara alla nascita della luce. 

  1. 28. E non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo, ma non hanno potere di uccidere l’anima; temete piuttosto colui che ha il potere di far perire e l’anima e il corpo nella Geenna. Si può aver paura di coloro che possono colpire ciò che non è l’uomo in pienezza: arrestare la vita terrena non equivale a morire. L’unico davvero temibile è Dio. Ma Dio anche dopo la morte conserva la vita all’uomo, perciò non c’è da temere. Qualsiasi cosa accada, Dio è con l’uomo. È questa una certezza che permette di navigare tra le burrasche più devastanti perché i tesori dell’uomo sono custoditi in Dio, e dalle mani di Dio nessuno può rapire gli eletti.
  2. Due passeri non si vendono forse per un soldo? Eppure neanche uno di essi cadrà a terra senza che il Padre vostro lo voglia. Due passeri, un soldo. Un valore minimo che pure è nel pensiero del Padre. Dove la vita palpita, lì è Dio, interamente. Questa cura attenta incanta e consola… e invita a porre ascolto a tutto ciò che vibra e porta l’immagine santa dell’Eterno splendore. Due passeri: due piccolissime creature, di vita breve. Il valore alle cose non è dato dalla grandezza e dalla potenza, ma da ciò che anima ciò che è “corpo”. Quindi ogni spazio abitato che accoglie l’impronta del Creatore è luogo di incontro con lui, testimonianza della sua premura.
  3. Quanto a voi, perfino i capelli del vostro capo sono tutti contati. La premura di Dio arriva a contare i capelli del nostro capo. È assurdo il Signore nel suo modo di amare! Quando la desolazione e l’abbandono diventano le parole del nostro oggi, basterà contare qualche capello dei nostri per fare memoria della presenza di Dio per noi. La protezione del padre celeste non mancherà mai ai discepoli di Gesù. Il Mistero che tutto abbraccia non può venire meno verso coloro che hanno scelto di seguire il suo Figlio, lasciando la terra delle loro sicurezze umane.
  4. Non abbiate dunque timore: voi valete più di molti passeri! Se Dio spreca i suoi pensieri per due passeri quanto più ne avrà per noi! Scompare il timore di fronte a questa immagine viva della sensibilità umana e religiosa di Cristo. Dio è a favore dell’uomo, non contro di lui. E se fa silenzio non è per noncuranza, ma perché i suoi pensieri su di noi hanno prospettive più ampie che varcano gli orizzonti della temporalità terrena.
  5. Chi dunque mi riconoscerà davanti agli uomini, anch’io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli. Quando in una piazza gremita ti trovi tra volti sconosciuti, fai esperienza di estraneità. Ma appena intravedi un volto familiare, ti si allarga il cuore e ti fai strada fino a farti vicino. Questo riconoscersi permette di manifestarsi davanti agli altri e di esporsi. Cristo tra la folla è il volto familiare da riconoscere come Maestro e Signore della nostra vita. E quale timore può trattenere se si pensa che Lui ci riconoscerà davanti al Padre nei cieli?
  6. Chi invece mi rinnegherà davanti agli uomini, anch’io lo rinnegherò davanti al Padre mio che è nei cieli. Possiamo pensare a un Gesù vendicativo? Non è un discorso di

“rendere pane per focaccia”, ma un discorso che nasce da un incontro esistenziale.  Cristo non potrà riconoscere come proprio chi avrà scelto tutto all’infuori di lui, è un discorso di fedeltà e di rispetto della libertà umana. Dio rispetta la creatura al punto tale da non interferire nello spazio del suo errare. Il vangelo esige appartenenza, non parole o azioni. Il cuore abita il cielo, quando Cristo è il suo battito di vita!

4. Preghiera (salmo 21,23-32)

Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, ti loderò in mezzo all’assemblea. 

Lodate il Signore, voi che lo temete, gli dia gloria la stirpe di Giacobbe, lo tema tutta la stirpe di Israele; perché egli non ha disprezzato né sdegnato l’afflizione del misero, non gli ha nascosto il suo volto, ma, al suo grido d’aiuto, lo ha esaudito. 

Sei tu la mia lode nella grande assemblea, scioglierò i miei voti davanti ai suoi fedeli.  I poveri mangeranno e saranno saziati, loderanno il Signore quanti lo cercano: «Viva il loro cuore per sempre».

Ricorderanno e torneranno al Signore tutti i confini della terra, si prostreranno davanti a lui tutte le famiglie dei popoli. 

Poiché il regno è del Signore, egli domina su tutte le nazioni. 

A lui solo si prostreranno quanti dormono sotto terra, davanti a lui si curveranno quanti discendono nella polvere. 

E io vivrò per lui, lo servirà la mia discendenza. 

Si parlerà del Signore alla generazione che viene; annunzieranno la sua giustizia; al popolo che nascerà diranno: «Ecco l’opera del Signore!»

5. Contemplazione

Signore, tra i veli del ricevuto e non dato che io possa meditare e accogliere tutto di te.  Non un ripetitore inconsapevole sia il mio annunciarti, ma una parola posseduta in quanto abitata e lungamente masticata. Si sveli ai miei sensi la bellezza della tua presenza, e nel mistero del tuo donarti incessante scenda il velo dell’incontro ravvicinato con te. Il tesoro nascosto da secoli è ora conosciuto, e dalle tenebre una luce si è levata per i secoli, l’aurora di un giorno senza tramonto che, rilucendo su ciò che l’amore ha creato e il peccato infranto, faccia nuove tutte le cose. Ti riconoscerò, mio Dio, davanti ai miei fratelli perché sarà impossibile per me tenere nascosta la lampada che tu hai acceso nella mia vita. Chi mi darà parole che mi creano e fanno del mio limite una definizione meravigliosa di ciò che sono, io, in particolare, come nessun altro? Solo tu, Signore, hai parole di vita eterna. E io le mangerò e le offrirò, a costo di essere divorato con loro. Mi basterà sentirmi un passerotto per ritrovare speranza quando la bufera mi bagnerà, perché i soldi che tu dai per i passeri non si contano nella tua bisaccia. Amen.

Lectio Divina: lunedì, 26 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 7,1-5  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non giudicate, per non essere giudicati; perché col giudizio con cui giudicate sarete giudicati; e con la misura con la quale misurate sarete misurati. Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? 

Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”.

3) Riflessione  

  • Nel vangelo di oggi continuiamo a meditare sul Discorso della Montagna che si trova nei capitoli da 5 a 7 del vangelo di Matteo. Durante la 10a e l’11a Settimana del Tempo Ordinario abbiamo visto i capitoli 5 e 6. Durante questi giorni vedremo il capitolo 7. Questi tre capitoli, 5, 6 e 7 offrono un’idea di come si faceva la catechesi nelle comunità dei giudei convertiti nella seconda metà del primo secolo in Galilea ed in Siria. Matteo unisce ed organizza le parole di Gesù per insegnare come deve essere il modo nuovo di vivere la Legge di Dio.
  • Dopo aver spiegato come ristabilire la giustizia (Mt 5,17 a 6,18) e come restaurare l’ordine della creazione (Mt 6,19-34), Gesù insegna come deve essere la vita in comunità (Mt 7,1-12). Alla fine, presenta alcune raccomandazioni e consigli (Mt 7,1327). A continuazione, ecco uno schema di tutto il Discorso della Montagna:

Matteo 5,1-12: Le Beatitudini: apertura solenne della nuova Legge 

Matteo 5,13-16: La nuova presenza nel mondo: Sale della terra e Luce del mondo 

Matteo 5,17-19: La nuova pratica della giustizia: rapporto con l’antica legge 

Matteo 5, 20-48: La nuova pratica della giustizia: osservando la nuova Legge 

Matteo 6,1-4: La nuova pratica delle opere di pietà: l’elemosina 

Matteo 6,5-15: La nuova pratica delle opere di pietà: la preghiera 

Matteo 6,16-18: La nuova pratica delle opere di pietà: il digiuno 

Matteo 6,19-21: Il nuovo rapporto con i beni materiali: non accumulare 

Matteo 6,22-23: Il nuovo rapporto con i beni materiali: visione corretta 

Matteo 6,24: Il nuovo rapporto con i beni materiali: Dio o il denaro 

Matteo 6,25-34: Il nuovo rapporto con i beni materiali: aver fiducia nella Provvidenza 

Matteo 7,1-5: La nuova convivenza comunitaria: non giudicare 

Matteo 7,6: La nuova convivenza comunitaria: non disprezzare la comunità

Matteo 7,7-11: La nuova convivenza comunitaria: la fiducia in Dio genera la condivisione 

Matteo 7,12: La nuova convivenza comunitaria: la Regola d’Oro 

Matteo 7,13-14: Raccomandazioni finali: scegliere il cammino sicuro 

Matteo 7,15-20: Raccomandazioni finali: il profeta si conosce dai frutti 

Matteo 7,21-23: Raccomandazioni finali: non solo parlare, ma anche praticare 

Matteo 7,24-27: Raccomandazioni finali: costruire la casa sulla roccia 

  • Il vissuto comunitario del vangelo (Mt 7,1-12) e la prova essenziale. É dove si definisce la serietà dell’impegno. La nuova proposta di vita in comunità abbraccia diversi aspetti: non osservare la pagliuzza nell’occhio del fratello (Mt 7,1-5), non gettare le perle ai porci (Mt 7,6), non aver paura di chiedere cose a Dio (Mt 7,7-11). Questi consigli culminano nella Regola d’Oro: fare all’altro ciò che ti piacerebbe che l’altro facesse a te (Mt 7,12). Il vangelo di oggi presenta la prima parte: Matteo 7,1-5.
  • Matteo 7,1-2: Non giudicate e non sarete giudicati. La prima condizione per una buona convivenza comunitaria è non giudicare il fratello o la sorella, ossia, eliminare i preconcetti che impediscono la convivenza trasparente. Cosa significa questo concretamente? Il vangelo di Giovanni dà un esempio di come Gesù viveva in comunità con i discepoli. Gesù dice: “Non vi chiamo servi, perché il servo non sa cosa fa il padrone; io vi chiamo amici perché vi ho comunicato tutto ciò che ho udito dal Padre mio” (Gv 15,15). Gesù è un libro aperto per i suoi compagni. Questa trasparenza nasce dalla sua totale fiducia nei fratelli e nelle sorelle ed ha la sua radice nella sua intimità con il Padre che gli dà la forza di aprirsi totalmente agli altri. Chi vive così con i suoi fratelli e sorelle, accetta l’altro come è, senza preconcetti, senza imporgli condizioni previe, senza giudicarlo. Mutua accettazione, senza finzioni. E’ una trasparenza totale! Ecco l’ideale della nuova vita comunitaria, nata dalla Buona Novella che Gesù ci porta: Dio è Padre e Madre e, quindi, tutti noi siamo fratelli e sorelle. E’ un ideale difficile ma molto bello ed attraente come l’altro: ”Siate perfetti come il Padre del cielo è perfetto” (Mt 5,48).
  • Matteo 7.3-5: Vedi la pagliuzza e non la trave. Subito Gesù dà un esempio: “Perché osservi la pagliuzza nell’occhio del tuo fratello, mentre non ti accorgi della trave che hai nel tuo occhio? O come potrai dire al tuo fratello: permetti che tolga la pagliuzza dal tuo occhio, mentre nell’occhio tuo c’è la trave? Ipocrita, togli prima la trave dal tuo occhio e poi ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”. Nell’udire questa frase siamo soliti pensare ai farisei che disprezzavano la gente considerandola ignorante e loro si consideravano migliori degli altri (cf. Gv 7,49; 9,34). In realtà, la frase di Gesù serve a tutti noi. Per esempio, oggi molti di noi cattolici siamo meno fedeli al vangelo che i non cattolici. Osserviamo la pagliuzza nell’occhio dei nostri fratelli e non vediamo la trave di orgoglio prepotente collettivo nei nostri occhi. Questa trave fa sì che oggi molte persone hanno difficoltà a credere nella Buona Novella di Gesù.

4) Per un confronto personale

  • Non giudicare l’altro ed eliminare preconcetti: su questo punto qual è la mia esperienza personale?
  • Pagliuzza e trave: qual è la trave in me che rende difficile la mia partecipazione alla vita in famiglia e in comunità?

5) Preghiera finale

Signore, dirigimi sul sentiero dei tuoi comandi,  perché in esso è la mia gioia. 

Piega il mio cuore verso i tuoi insegnamenti  e non verso la sete del guadagno. (Sal 118)

Lectio Divina: martedì, 27 giugno, 2023 

Tempo ordinario 

1) Preghiera

Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 7,6.12-14  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. 

Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. 

Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!”.

3) Riflessione

  • Discernimento e prudenza nell’offrire le cose di valore. Nelle relazioni con gli altri Gesù mette innanzitutto in guardia da alcuni pericolosi atteggiamenti. Il primo è quello di non giudicare (7,1-5): è una vera e propria proibizione, «non giudicate», un azione che vita ogni valutazione di disprezzo o di condanna degli altri. Il giudizio ultimo è una competenza esclusiva di Dio; le nostre cifre di misura e i nostri criteri sono relativi; sono condizionati dalla nostra soggettività. Qualsiasi condanna degli altri diventa una condanna di se stessi, in quanto ci pone sotto il giudizio di Dio e ci si autoesclude dal perdono. Se il tuo occhio è puro, vale a dire, è libero da ogni giudizio verso i fratelli, puoi con loro relazionarti in maniera vera davanti a Dio. E veniamo alle parole di Gesù offerte dal testo liturgico: «Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi» (7,6).
  • A prima vista questo “detto” di Gesù sembra strano alla sensibilità del lettore odierno. Può rappresentare un vero enigma. Ma si tratta di un modo di dire, di un linguaggio semitico che chiede di essere interpretato. Al tempo di Gesù come anche nella cultura antica i cani non erano molto apprezzati perché ritenuti semi-selvatici e randagi (U.Luz). Ma veniamo all’aspetto positivo e didattico-sapienziale delle parole di Gesù: Non profanare le cose sante è, in fondo, un invito a usare prudenza e discernimento. Nell’AT le cose sante sono la carne per il sacrificio (Lv 22,14; Es 29,33ss; Nm 18,8-19). Anche l’accostamento con il divieto di gettare le perle ai porci è incomprensibile. Per gli Ebrei i maiali sono animali impuri, la quintessenza della ripugnanza.
  • Al contrario le perle sono quanto di più prezioso si possa avere. Il monito di Gesù riguarda chi sfama i cani randagi con la carne consacrata destinata al sacrificio. Un tale comportamento è malvagio ma anche di solito imprudente perché di solito ad essi non si dava da mangiare e quindi a causa della loro fame insaziabile potevano tornare indietro e assalire i loro «benefattori». Le perle a livello metaforico potevano indicare gli insegnamenti dei sapienti o le interpretazioni sulla «torâh». Nel vangelo di Matteo la perla è immagine del regno di Dio (Mt 13,45ss). L’interpretazione che l’evangelista ne fa riportando questo monito di Gesù è soprattutto teologico. Sicuramente l’interpretazione che ci pare più consona al testo è la lettura ecclesiale delle parole di Gesù: un monito ai missionari cristiani a non predicare il vangelo a chicchessia (Gnilka. Luz).
  • Seguire un cammino. Nella parte finale del discorso (7,13-27), poi Matteo, riporta, tra gli altri, un ammonimento conclusivo di Gesù che invita a fare una scelta decisiva per entrare nel regno dei cieli: la porta stretta (7,13-14). La parola di Gesù non è solo qualcosa da comprendere e interpretare ma deve soprattutto diventare vita. Ora, per entrare nel regno dei cieli è necessario seguire un cammino ed entrare nella pienezza della vita attraverso una «porta». Il tema del «cammino» è molto caro all’AT

(Dt 11,26-28; 30,15-20; Ger 21,8; Sal 1,6; Sal 118,29-30; Sal 138,4; Sap 5,6-7 ecc.). Il cammino rappresentato dalle due porte conduce a traguardi diversi. Un significato coerente con gli ammonimenti di Gesù sarebbe che, alla porta larga è collegato il cammino largo che conduce alla perdizione, vale a dire, il percorrere una strada ampia è sempre un fatto piacevole, ma questo non viene detto nel nostro testo. Piuttosto ci sembra che Matteo concordi con la concezione giudaica del «cammino»: sulla scia di Dt 30, 19 e Ger 21,8 ci sono due vie che si contrappongono, quello della morte e quello della vita. Saper scegliere tra i due diversi modi di vita è decisivo per entrare nel regno dei cieli. Chi sceglie la via stretta, quella della vita deve sapere che è piena di afflizioni; stretta vuol dire provata nella sofferenza per la fede.

4) Per un confronto personale

  • Qual è l’impatto della parola di Gesù nel tuo cuore? L’ascolti per vivere sotto lo sguardo del Padre e per essere trasformato nella tua persona e nei rapporti con i fratelli?
  • La parola di Gesù, ovvero, Gesù stesso è la porta che fa entrare nella vita filiale e fraterna. Ti lasci guidare, attirare dalla via stretta ed esigente del vangelo? Oppure segui la strada larga e facile che consiste nel fare quello che piace o che ti porta a soddisfare ogni tuo desiderio, trascurando i bisogni degli altri?

5) Preghiera finale

Ricordiamo, Dio, la tua misericordia dentro il tuo tempio. 

Come il tuo nome, o Dio, 

così la tua lode si estende ai confini della terra;  è piena di giustizia la tua destra. (Sal 47)

Lectio Divina: mercoledì, 28 giugno, 2023

Tempo ordinario

1) Preghiera

Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 7,15-20  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci. Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere”.

3) Riflessione

  • Stiamo giungendo alle raccomandazioni finali del Discorso della Montagna. Paragonando il vangelo di Matteo con quello di Marco si percepisce una grande differenza nel modo in cui i due presentano l’insegnamento di Gesù. Matteo insiste più sul contenuto dell’insegnamento e lo organizza in cinque grandi discorsi, dei quali il primo è il Discorso della Montagna (Mt 5 a 7). Marco, per più di quindici volte, dice che Gesù insegnava, ma raramente dice ciò che insegnava. Malgrado queste differenze, i due concordano su un punto: Gesù insegnava molto. Insegnare era ciò che Gesù faceva di più (Mc 2,13; 4,1-2; 6,34). Voleva farlo sempre (Mc 10,1). Matteo si interessa al contenuto. Ma vuol dire che Marco non lo fa? Dipende da ciò che intendiamo dire quando parliamo di contenuto! Insegnare non è solo questione di comunicare verità in modo che la gente le impari a memoria. Il contenuto non si limita a parole, ma è composto anche di gesti e consiste nel modo in cui Gesù è solito relazionarsi con le persone. Il contenuto non è mai staccato dalla persona che lo comunica. La persona, infatti, è la radice del contenuto. Il contenuto buono senza bontà è come latte caduto a terra. Non convince e non avviene la conversione.
  • Le raccomandazioni finali e il risultato del Discorso della Montagna nella coscienza della gente occupano il vangelo di oggi (Mt 7,15-20) e di domani (Mt 7,21-29). (La sequenza dei vangeli dei giorni della settimana non sempre è la stessa dei vangeli stessi.) Matteo 7,13-14: Scegliere il cammino sicuro Matteo 7,15-20: Il profeta è conosciuto dai frutti Matteo 7,21-23: Non solo parlare, ma agire Matteo 7,24-27: Costruire la casa sulla roccia Matteo 7,28-29: La nuova coscienza della gente
  • Matteo 7,15-16ª: Attenzione con i falsi profeti. Al tempo di Gesù, c’erano profeti di ogni tipo, persone che annunciavano messaggi apocalittici per coinvolgere la gente nei diversi movimenti di quell’epoca: Esseni, farisei, zeloti ed altri (cf. At 5,36-37). Quando Matteo scrive c’erano anche allora profeti che annunciavano messaggi diversi dal messaggio proclamato dalle comunità. Le lettere di Paolo menzionano questi movimenti e tendenze (cf 1Cor 12,3; Gal 1,7-9; 2,11-14;6,12). Non deve essere stato facile alle comunità fare il discernimento degli spiriti. Da qui l’importanza delle parole di Gesù sui falsi profeti. L’avvertenza di Gesù è molto forte: “Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci”. L’immagine stessa viene usata quando Gesù manda i discepoli e le discepole in missione: “Vi mando

come agnelli tra i lupi” (Mt 10,16 e Lc 10,3). L’opposizione tra il lupo rapace e il mite agnello è irreconciliabile, a meno che il lupo si converta e perda la sua aggressività come suggerisce il profeta Isaia (Is 11,6; 65,25). Ciò che importa qui nel nostro testo è il dono del discernimento. Non è facile discernere gli spiriti. A volte succede che interessi personali o di gruppo portino le persone a proclamare falsi quei profeti che annunciano la verità che scomoda. Ciò è avvenuto con Gesù stesso. Lui fu eliminato e messo a morte, considerato un falso profeta dalle autorità religiose del tempo. Ogni tanto, la stessa cosa è successa e continua a succedere nella nostra chiesa. 

  • Matteo 7,16b-20 : Il paragone dell’albero e dei suoi frutti. Per aiutare a discernere gli spiriti, Gesù usa il paragone del frutto: “Dai loro frutti li potete riconoscere”. Un criterio simile era già stato suggerito dal libro del Deuteronomio (Dt 18,21-22). E Gesù aggiunge: “Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco.” Nel vangelo di Giovanni,

Gesù completa il paragone: “Ogni tralcio che in me non porta frutto, il Padre lo taglia. I tralci che danno frutto li pota perché portino più frutto. Il ramo che non rimane unito alla vite non può dare frutto. Questi rami sono raccolti, gettati nel fuoco e bruciati” (Gv 15,2.4.6).

4) Per un confronto personale

  • Falsi profeti! Conosci qualche caso in cui una persona buona e onesta che proclamava una verità scomoda è stata condannata come un falso profeta?
  • A giudicare dai frutti dell’albero della tua vita personale, come ti definisci: falso/a o vero/a?

5) Preghiera finale

Signore, distogli i miei occhi dalle cose vane,  fammi vivere sulla tua via. 

Ecco, desidero i tuoi comandamenti;  per la tua giustizia fammi vivere. (Sal 118)

Lectio Divina: giovedì, 29 giugno, 2023 

Gesù disse a Pietro: “Tu sei Pietra!”

Pietra di appoggio e pietra di inciampo 

Matteo 16,13-23

1. Orazione iniziale

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’ hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.

2. Lettura

  1. Una chiave di lettura:

Il testo liturgico della festa dei santi Pietro e Paolo è preso dal Vangelo di Matteo: 16,1319. Nel commento che facciamo includiamo anche i versetti 20-23. Perché nell’insieme del testo, dai versetti 13 a 23, Gesù rivolgendosi a Pietro per due volte lo chiama “pietra”. Una volta pietra di fondamento (Mt 16,18) e una volta pietra di inciampo (Mt 16,23). Le due affermazioni si completano mutuamente. Durante la lettura del testo è bene fare attenzione agli atteggiamenti di Pietro e alle parole solenni, che Gesù gli rivolge in due occasioni.

  1. Una divisione del testo per aiutare nella lettura:

13-14: Gesù vuole sapere le opinioni del popolo al suo riguardo. 

15-16: Gesù interpella i discepoli e Pietro confessa: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio!”  17-20: Risposta solenne di Gesù a Pietro (frase centrale della festa di oggi). 

21-22: Gesù chiarifica il significato di Messia, ma Pietro reagisce e non accetta. 

22-23: Risposta solenne di Gesù a Pietro. 

  1. b) Il testo:

13 Essendo giunto Gesù nella regione di Cesarea di Filippo, chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?” 14 Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri

Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”. 15 Disse loro: “Voi chi dite che io sia?” 16

Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”. 17 E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. 18 E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. 19 A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli”. 20 Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo. 21 Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. 22 Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. 23 Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”

  1. Momento di silenzio orante

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

4. Alcune domande

per aiutarci nella meditazione e nell’orazione. 

  1. Quale punto ha richiamato di più la mia attenzione?
  2. Quali sono le opinioni del popolo su Gesù? Cosa pensano Pietro e i discepoli su Gesù?
  3. Chi è Gesù per me? Chi sono io per Gesù?
  4. Pietro è pietra in due modi: quali?
  5. Che tipo di pietra è la nostra comunità?
  6. Nel testo appaiono molte opinioni su Gesù e varie maniere di presentare la fede. Oggi pure esistono molte opinioni differenti su Gesù. Quali opinioni sono conosciute dalla nostra comunità? Quale missione risulta da tutto questo per noi?

5. Una chiave di lettura

per coloro che desiderano approfondire meglio il tema. 

  1. Il contenuto:

Nelle parti narrative del suo Vangelo, Matteo usa seguire l’ordine del Vangelo di Marco.  Talvolta egli cita un’altra fonte nota a lui e a Luca. Poche volte presenta informazioni proprie che appaiono solo nel suo vangelo, come è il caso del vangelo di oggi. Questo testo, con il dialogo fra Gesù e Pietro, riceve interpretazioni diverse, perfino opposte nelle varie chiese cristiane. Nella chiesa cattolica costituisce il fondamento del primato di Pietro. Senza diminuire affatto l’importanza di questo testo, conviene situarlo nel contesto del Vangelo di Matteo, nel quale, in altri testi, le stesse qualità conferite a Pietro sono attribuite quasi tutte anche ad altre persone. Non sono una esclusiva di Pietro. 

  1. Commento del testo:
  2. Matteo:16,13-16: Le opinioni del popolo e dei discepoli nei riguardi di Gesù.

Gesù vuole sapere l’opinione del popolo nei suoi riguardi. Le risposte sono le più varie: Giovanni Battista, Elia, Geremia, uno dei profeti. Quando Gesù interroga sulla opinione dei discepoli stessi, Pietro a nome di tutti dice: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!”

Questa risposta di Pietro non è nuova. Anteriormente, dopo il cammino sulle acque, già gli altri discepoli avevano fatto una simile professione di fede: “Veramente tu sei il Figlio di Dio!” (Mt 14,33). E’ il riconoscimento che in Gesù si realizzano le profezie dell’Antico Testamento. Nel Vangelo di Giovanni la stessa professione di fede è fatta da Marta: “Tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che è venuto nel mondo” (Gv 11,27). 

  1. Matteo: 16,17: La risposta di Gesù a Pietro: Beato te, Pietro!

Gesù proclama “beato”, Pietro, perché ha ricevuto una rivelazione dal Padre. Anche qui la risposta di Gesù non è nuova. Anteriormente Gesù aveva fatto una identica proclamazione di beatitudine ai discepoli perché vedevano e udivano cose che nessuno prima conosceva (Mt 13,16), e aveva lodato il Padre perché aveva rivelato il Figlio ai piccoli e non ai sapienti (Mt 11,25). Pietro è uno dei piccoli ai quali il Padre si rivela. La percezione della presenza di Dio in Gesù non “viene dalla carne né dal sangue”, ossia non è frutto di studio né è merito di uno sforzo umano, ma è un dono che Dio concede a chi vuole. 

  1. Matteo: 16,18-20: Le qualifiche di Pietro: Essere pietra di fondamento e prendere possesso delle chiavi del Regno.
  2. Essere Pietra: Pietro deve essere pietra, cioè deve essere fondamento fermo per la chiesa, tanto che essa possa resistere contro gli assalti delle porte degli inferi. Con queste parole di Gesù a Pietro, Matteo incoraggia le comunità sofferenti e perseguitate della Siria e della Palestina, che vedevano in Pietro la leadership che le aveva segnate dall’origine. Nonostante fossero deboli e perseguitate, esse hanno un fondamento solido, garantito dalle parole di Gesù. In quel tempo le comunità coltivavano un legame affettivo molto forte con i capi che avevano dato origine alla comunità. Così le comunità della Siria e della Palestina coltivavano il loro legame con la persona di Pietro. Quelle della Grecia, con la persona di Paolo. Alcune comunità dell’Asia con la persona del Discepolo amato e altre con la persona di Giovanni dell’Apocalisse. Una identificazione con questi leader delle loro origini le aiutava a coltivare meglio la propria identità e spiritualità. Ma poteva anche essere motivo di conflitto, come nel caso della comunità di Corinto (1Cor 1,11-12). Essere pietra come fondamento della fede evoca la parola di Dio al popolo in esilio di Babilonia: “Voi che cercate Dio e siete in cerca di giustizia, guardate alla roccia dalla quale siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai” (Is 51,1-2). Applicata a Pietro, questa qualità di pietra-fondamento indica un nuovo inizio del popolo di Dio.
  • Le chiavi del Regno: Pietro riceve le chiavi del Regno per legare e sciogliere, cioè per riconciliare tra loro e con Dio. Lo stesso potere di legare e sciogliere è dato alle comunità (Mt 18,8) e ai discepoli (Gv 20,23). Uno dei punti sui quali il Vangelo di Matteo più insiste è la riconciliazione e il perdono (Mt 5,7.23-24.38-42.44-48; 6,14-15; 18,15-35). Il fatto è che negli anni 80 e 90, là in Siria c’erano molte tensioni nelle comunità e divisioni nelle famiglie a causa della fede in Gesù. Alcuni lo accettavano come Messia e altri no, e ciò era fonte di molti contrasti e conflitti. Matteo insiste sulla riconciliazione. La riconciliazione era e continua ad essere uno dei compiti più importanti dei coordinatori e delle coordinatrici delle comunità. Imitando Pietro, devono legare e sciogliere, cioè operare perché vi sia riconciliazione, accettazione mutua, costruzione della vera fraternità.
  • La Chiesa: la parola Chiesa, in greco ekklesia, appare 105 volte nel Nuovo Testamento, quasi esclusivamente negli Atti e nelle Lettere. Solamente tre volte nei Vangeli, e solo in Matteo. La parola significa “assemblea convocata” o “assemblea scelta”. Essa indica il popolo che si raduna convocato dalla Parola di Dio, e cerca di vivere il messaggio del Regno che Gesù ci ha portato. La Chiesa o la comunità non è il Regno, ma uno strumento e un segno del Regno. Il Regno è più grande. Nella Chiesa, nella comunità, deve o dovrebbe apparire agli occhi di tutti quello che accade quando un gruppo umano lascia Dio regnare e prendere possesso della sua vita.
  1. d) Matteo: 16,21-22: Gesù completa quello che manca nella risposta di Pietro, e questo reagisce e non accetta.

Pietro aveva confessato: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente!” Conforme all’ideologia dominante del tempo, egli immaginava un Messia glorioso. Gesù lo corregge: “E’ necessario che il Messia soffra e sia ucciso in Gerusalemme”. Dicendo “è necessario”, egli indica che la sofferenza già era prevista nelle profezie (Is 53, 2-8). Se i discepoli accettano Gesù come Messia e Figlio di Dio, devono accettarlo anche come Messia Servo che va a morire. Non solo il trionfo della gloria ma anche il cammino della croce! Ma Pietro non accetta la correzione di Gesù e cerca di dissuaderlo. e) Matteo: 16,23: La risposta di Gesù a Pietro: pietra di inciampo.

La risposta di Gesù è sorprendente: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”Satana è colui che ci allontana dal cammino che Dio ha tracciato per noi. Letteralmente, Gesù dice: “Fermati dietro di me!” (vada retro! In latino). Pietro voleva prendere la guida e indicare la direzione del cammino. Gesù dice: “Dietro a me!” Chi indica la direzione e il ritmo non è Pietro ma Gesù. Il discepolo deve seguire il maestro. Deve vivere in conversione permanente. La parola di Gesù era anche un messaggio a tutti coloro che guidavano le comunità. Essi devono “seguire” Gesù e non possono mettersi davanti come Pietro voleva fare. Non solo essi o esse che possono indicare la direzione o lo stile. Al contrario, come Pietro, invece di pietra di sostegno, possono diventare pietra di inciampo. Così erano alcuni leader delle comunità al tempo di Matteo. C’erano delle ambiguità.  Così può succedere tra noi oggi!  iii) Ampliando le informazioni dei vangeli su Pietro: Un ritratto di San Pietro

Pietro da pescatore di pesci si trasformò in pescatore di uomini (Mc 1,7). Era sposato (Mc 1,30). Uomo buono, molto umano. Era portato naturalmente a fare il capo tra i dodici primi discepoli di Gesù. Gesù rispettò questa tendenza naturale e fece di Pietro l’animatore della sua prima comunità (Gv 21,17). Prima di entrare nella comunità di Gesù, Pietro si chiamava Simone bar Jona (Mt 16,17), Simone figlio di Giona. Gesù gli diede il soprannome di Cefao Pietra, che poi diviene Pietro (Lc 6,14). Per natura, Pietro poteva essere tutto, meno che pietra. Era coraggioso nel parlare, ma nell’ora del pericolo si lasciava prendere dalla paura e fuggiva. Per esempio, quella volta quando Gesù arrivò camminando sopra le acque, Pietro chiese: “Gesù, posso anch’io venire da te sulle acque?” Gesù gli rispose: “Vieni, Pietro!” Pietro scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque. Ma quando giunse un’onda più alta del solito, s’impaurì, cominciò ad affondare e gridò: “Salvami, Signore!” Gesù lo afferrò e lo salvò (Mt 14,28-31). Nell’ultima cena, Pietro disse a Gesù: “Io non ti rinnegherò mai, Signore!” (Mc 14,31); ma poche ore dopo, nel palazzo del sommo sacerdote, davanti ad una serva, quando Gesù gia era stato arrestato, Pietro negò con giuramento di avere legami con Gesù (Mc 14,6672). Nell’orto degli olivi, quando Gesù fu arrestato, egli giunse perfino a sguainare la spada (Gv 18,10), ma poi fuggì, lasciando Gesù solo (Mc 14,50). Per natura Pietro non era pietra! Eppure, questo Pietro così debole e tanto umano, tanto eguale a noi, diventò pietra, perché Gesù ha pregato per lui dicendo: “Pietro, io ho pregato per te, perché non venga meno la tua fede. E tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli” (Lc 22,3132). Per questo, Gesù poteva dire: “Tu sei Pietra e su questa pietra io edificherò la mia Chiesa” (Mt 16,18). Gesù lo aiutò ad essere pietra. Dopo la risurrezione, in Galilea, Gesù apparve a Pietro e gli domandò due volte: “Pietro mi ami?” E Pietro rispose due volte:

“Signore, tu sai che io ti amo” (Gv 21,15.16). 

Quando Gesù fece la stessa domanda per la terza volta, Pietro rimase addolorato. Deve essersi ricordato di averlo rinnegato tre volte. Alla terza domanda, egli rispose: “Signore, tu sai tutto! 

Tu sai che ti amo!” E fu in quel momento che Gesù gli affidò la cura delle sue pecore, dicendo: “Pietro, pasci le mie pecorelle!” (Gv 21,17). Con l’aiuto di Gesù la fermezza della pietra andava crescendo in Pietro e si rivelò nel giorno di Pentecoste.

Nel giorno di Pentecoste, dopo la discesa dello Spirito santo, Pietro aprì la porta della sala, dove stavano tutti riuniti, a porte chiuse per paura dei giudei (Gv 20,19), infuse coraggio e cominciò ad annunciare la Buona Novella di Gesù al popolo (At 2,14-40). E non si fermò più! 

Per causa di questo annuncio coraggioso della risurrezione, fu arrestato (At 4,3).  Nell’interrogatorio gli fu proibito di annunciare la buona novella (At 4,18), ma Pietro non obbedì alla proibizione. Egli diceva: “Noi pensiamo che dobbiamo obbedire più a Dio che agli uomini!” (At 4,19; 5,29). Fu arrestato di nuovo (At 5,18.26). Fu fustigato (At 5,40).

Ma egli disse: “Grazie tante. Ma noi continueremo!” (cfr At 5,42).

La tradizione narra che, alla fine della vita, quando era a Roma, Pietro ebbe ancora un momento di paura. Ma poi tornò sui suoi passi; fu arrestato e condannato alla morte di croce. Egli chiese però di essere crocifisso a testa in giù. Pensava che non era degno di morire allo stesso modo del maestro Gesù. Pietro fu fedele a se stesso fino alla fine! 

6. Salmo 103 (102) 

Ringraziamento Benedici il Signore, anima mia, quanto è in me benedica il suo santo nome.

Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici.

Egli perdona tutte le tue colpe, guarisce tutte le tue malattie; salva dalla fossa la tua vita, ti corona di grazia e di misericordia; egli sazia di beni i tuoi giorni e tu rinnovi come aquila la tua giovinezza.

Il Signore agisce con giustizia e con diritto verso tutti gli oppressi.

Ha rivelato a Mosè le sue vie, ai figli d’Israele le sue opere.

Buono e pietoso è il Signore, lento all’ira e grande nell’amore.

Egli non continua a contestare e non conserva per sempre il suo sdegno.

Non ci tratta secondo i nostri peccati, non ci ripaga secondo le nostre colpe. Come il cielo è alto sulla terra, così è grande la sua misericordia su quanti lo temono; come dista l’oriente dall’occidente, così allontana da noi le nostre colpe.

Come un padre ha pietà dei suoi figli, così il Signore ha pietà di quanti lo temono.

Perché egli sa di che siamo plasmati, ricorda che noi siamo polvere.

Come l’erba sono i giorni dell’uomo, come il fiore del campo, così egli fiorisce.

Lo investe il vento e più non esiste e il suo posto non lo riconosce.

Ma la grazia del Signore è da sempre, dura in eterno per quanti lo temono; la sua giustizia per i figli dei figli, per quanti custodiscono la sua alleanza e ricordano di osservare i suoi precetti.

Il Signore ha stabilito nel cielo il suo trono e il suo regno abbraccia l’universo.

Benedite il Signore, voi tutti suoi angeli, potenti esecutori dei suoi comandi, pronti alla voce della sua parola.

Benedite il Signore, voi tutte, sue schiere, suoi ministri, che fate il suo volere.

Benedite il Signore, voi tutte opere sue, in ogni luogo del suo dominio. Benedici il Signore, anima mia.

7. Orazione Finale

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

Lectio Divina: venerdì, 30 giugno, 2023 

Tempo ordinario

1) Preghiera 

Dona al tuo popolo, o Padre, di vivere sempre nella venerazione e nell’amore per il tuo santo nome, poiché tu non privi mai della tua guida coloro che hai stabilito sulla roccia del tuo amore. 

Per il nostro Signore Gesù Cristo…

2) Lettura dal Vangelo secondo Matteo 8,1-4  

Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: “Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi”. E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: “Lo voglio, sii sanato”. E subito la sua lebbra scomparve. Poi Gesù gli disse: “Guardati dal dirlo a qualcuno, ma va’ a mostrarti al sacerdote e presenta l’offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro”.

3) Riflessione

  • Nei capitoli da 5 a 7 abbiamo ascoltato le parole della nuova Legge proclamata da Gesù sulla Montagna. Ora, nei capitoli 8 e 9, Matteo indica come Gesù metteva in pratica ciò che aveva appena insegnato. Nei vangeli di oggi (Mt 8,1-4) e di domani (Mt 8,5-17), vediamo da vicino i seguenti episodi che rivelano come Gesù praticava la legge: la guarigione di un lebbroso (Mt 8,1-4), la guarigione del servo del centurione romano (Mt 8,5-13), la guarigione della suocera di Pietro (Mt 8,14-15) e la guarigione di numerosi malati (Mt 8,14-17).
  • Matteo 8,1-2: Il lebbroso chiede: “Signore, basta volerlo per essere sanati?” Un lebbroso arriva vicino a Gesù. Era un escluso. Chi lo avesse toccato sarebbe diventato impuro! Per questo, i lebbrosi dovevano essere allontanati (Lv 13,45-46). Ma quel lebbroso ebbe molto coraggio. Trasgredì le norme della religione per poter entrare in contatto con Gesù. Giunto vicino, dice: Se vuoi, tu puoi sanarmi! Ossia: “Non c’è bisogno di toccarmi! Basta che il Signore lo voglia ed io sono curato”. Questa frase rivela due cose: a) la malattia della lebbra che rendeva impuri; b) la malattia della solitudine a cui era condannata la persona dalla società e dalla religione. Rivela anche la grande fede dell’uomo nel potere di Gesù.
  • Matteo 8,3: Gesù lo tocca e dice: Lo voglio! Sii purificato. Pieno di profonda compassione, Gesù guarisce due malattie. In primo luogo, per curare la solitudine, prima di dire qualsiasi parola, tocca il lebbroso. E’ come se dicesse: “Per me, tu non sei un escluso. Non ho paura di diventare impuro toccandoti. E ti accolgo come un fratello!” Poi cura la lebbra dicendo: Lo voglio! Sii sanato! Il lebbroso, per poter entrare in contatto con Gesù, aveva trasgredito le norme della legge. Così Gesù, per poter aiutare quell’escluso e rivelare il nuovo volto di Dio, trasgredisce le norme della sua religione e tocca il lebbroso.
  • Matteo 8,4: Gesù ordina all’uomo di mostrarsi ai sacerdoti. In quel tempo, un lebbroso per poter essere riammesso in comunità, aveva bisogno di un certificato di guarigione confermato da un sacerdote. E’ come oggi. Il malato esce dall’ospedale solo se ha un certificato firmato dal medico del reparto. Gesù obbliga la persona ad ottenere il documento, in modo da poter vivere con normalità. Obbliga le autorità a riconoscere che l’uomo era stato sanato. Gesù non solo sana, ma vuole che la persona sanata possa vivere con gli altri. Reintegra la persona nella convivenza fraterna. Il vangelo di Marco aggiunge che l’uomo non si presentò ai sacerdoti. Anzi, “andatosene, (il lebbroso) cominciò a divulgare la notizia, tanto che Gesù non poteva entrare pubblicamente nella città. Rimaneva fuori, in luoghi segreti” (Mc 1,45). Perché Gesù non poteva più entrare pubblicamente nella città? Perché aveva toccato il lebbroso ed era diventato impuro dinanzi alle autorità religiose che incarnavano la legge dell’epoca. Per questo ora, Gesù stesso, era un impuro e doveva essere allontanato da tutti. Non poteva più entrare nelle città. Ma Marco fa vedere che alla gente importavano poco queste norme ufficiali, perché da tutte le parti venivano a Gesù! Sovvertimento totale! Il messaggio che ci dà Marco è il seguente: per portare la Buona Novella di Dio alla gente, non bisogna aver paura di trasgredire le norme religiose che sono contrarie al progetto di Dio e che impediscono la fraternità e l’amore. Anche se questo comporta difficoltà alla gente, come lo fu per Gesù.
  • In Gesù, tutto è rivelazione di ciò che lo abita interiormente! Non solo annuncia la Buona Novella del Regno. Lui ne è un esempio, un testimone vivo del Regno, una rivelazione di Dio. In lui appare ciò che avviene quando un essere umano lascia regnare Dio, lascia che Dio occupi il centro della sua vita.

4) Per un confronto personale

  • In nome della Legge di Dio, i lebbrosi erano esclusi e non potevano vivere con gli altri. Nella nostra chiesa ci sono costumi e norme non scritti che, fino ad oggi, emarginano le persone e le escludono dalla convivenza e dalla comunione. Tu conosci persone così? Qual è la tua opinione al riguardo?
  • Gesù ebbe il coraggio di toccare il lebbroso. Tu avresti questo coraggio?

5) Preghiera finale

Benedirò il Signore in ogni tempo,  sulla mia bocca sempre la sua lode.

Io mi glorio nel Signore:  i poveri ascoltino e si rallegrino. (Sal 33)

 


 
 

 

Preghiera a San Michele Arcangelo, 
da recitarsi al termine della S. Messa

 

 

Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.

 


 
Print Friendly, PDF & Email