Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi Agosto-2022
LECTIO DIVINA AGOSTO 2022
Lunedì, 1 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 14,13-21
In quel tempo, avendo udito della morte di Giovanni Battista, Gesù partì su una barca e si ritirò in disparte in un luogo deserto. Ma la folla, saputolo, lo seguì a piedi dalle città. Egli, sceso dalla barca, vide una grande folla e sentì compassione per loro e guarì i loro malati.
Sul far della sera, gli si accostarono i discepoli e gli dissero: “Il luogo è deserto ed è ormai tardi; congeda la folla perché vada nei villaggi a comprarsi da mangiare”. Ma Gesù rispose: “Non occorre che vadano; date loro voi stessi da mangiare”. Gli risposero: “Non abbiamo che cinque pani e due pesci!”. Ed egli disse: “Portatemeli qua”.
E dopo aver ordinato alla folla di sedersi sull’erba, prese i cinque pani e i due pesci e, alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli li distribuirono alla folla.
Tutti mangiarono e furono saziati; e portarono via dodici ceste piene di pezzi avanzati. Quelli che avevano mangiato erano circa cinquemila uomini, senza contare le donne e i bambini.
Parola del Signore.
Riflessione
- Il cap.14 di Matteo in cui è inserito il racconto della moltiplicazione dei pani propone un itinerario che guida il lettore a una scoperta progressiva della fede in Gesù: dalla mancanza di fede da parte dei compaesani al riconoscimento del Figlio di Dio, passando attraverso il dono del pane. I concittadini di Gesù sono meravigliati della sua sapienza ma non comprendono che essa agisce dietro le sue opere. Inoltre avendo una conoscenza diretta della famiglia di Gesù, di sua madre, dei sui fratelli, e delle sue sorelle non riescono a cogliere in Gesù che la sola condizione umana: è il figlio del falegname. Non compreso nella sua patria, d’ora in avanti, Gesù vivrà in mezzo al suo popolo, al quale dedicherà tutta la sua attenzione e la sua solidarietà, guarendo e nutrendo le folle.
- La dinamica del racconto. Matteo ha narrato con cura l’episodio della moltiplicazione dei pane. L’episodio è racchiuso fra due espressioni di transizione in cui si riferisce che Gesù si ritira «in disparte» dalle folle, dai discepoli, dalla barca (vv.13-14; vv.22-23). Il v.13 non serve solo come transizione ma ci offre la ragione per cui Gesù si trova in un luogo deserto. Tale espediente serve a creare l’ambiente in cui avviene il prodigio. L’evangelista concentra il racconto sulla folla e sull’atteggiamento di Gesù nei riguardi di essa.
- Gesù è commosso nelle viscere. Al momento in cui Gesù arriva s’incontra con una folla che lo attende; al vedere le folle ne è commosso e guarisce i loro malati. È una folla «stanca e abbattuta come pecore senza pastore» (9,36; 20,34). Il verbo che esprime la compassione di Gesù è davvero pregnante: a Gesù «gli si spezzò il cuore»; corrisponde al verbo ebraico che esprime l’amore viscerale materno. È lo stesso sentimento provato da Gesù davanti alla tomba di Lazzaro (Gv 11,38). La compassione è l’aspetto soggettivo dell’esperienza di Gesù, che si rende effettiva con il dono del pane.
- Il dono del pane. Il racconto della moltiplicazione dei pani si apre con un’espressione, «venuta la sera» (v.15) che introdurrà il racconto dell’ultima cena (Mt 26,20) e anche quello della sepoltura di Gesù (Mt 27,57). A sera quindi, Gesù invita gli apostoli a dar da mangiare alla folla. In mezzo al deserto lontano dai villaggi e dalle città. Gesù e i discepoli si trovano dinanzi a un problema umano molto forte; dar da mangiare a quella folla numerosa che segue Gesù.
Ma essi non possono attendere a questo compito di provvedere ai bisogni materiali della folla senza il potere di Gesù. La loro risposta immediata è quella di rimandarli a casa. Di fronte al limite umano Gesù interviene e compie il miracolo sfamando tutta le gente che lo segue. Dar da mangiare è qui la risposta di Gesù, del suo cuore che si spezza di fronte a un bisogno umano molto concreto. Il dono del pane non solo è sufficiente a saziare la folla ma è così sovrabbondante che si ritiene necessario raccogliere gli avanzi. Che Matteo abbia dato un significato eucaristico all’episodio della moltiplicazione dei pani è dato dal v.19b: «e alzati gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò i pani e li diede ai discepoli»; anche il ruolo dei discepoli è ben evidenziato in quella funzione di mediazione tra Gesù e la folla: «e i discepoli li distribuirono alla folla» (v.19c). I gesti che accompagnano il miracolo sono identici a quelli che Gesù compirà più tardi nella «notte in cui fu tradito»: alza gli occhi, benedice i pani, li spezza. Da qui il valore simbolico del miracolo: può essere considerato un’anticipazione dell’Eucaristia. Inoltre il dar da mangiare alle folle da parte di Gesù è «segno» che lui é il messia e che imbandisce un banchetto di gioia per tutta l’umanità. I discepoli apprendono da Gesù che distribuisce loro i pani il valore della condivisione. Un gesto simbolico che contiene un fatto reale che va oltre l’episodio stesso e si proietta nel futuro: nella nostra eucaristia quotidiana, dove riviviamo quel gesto del pane spezzato, necessita che venga moltiplicato lungo l’arco della giornata.
Per un confronto personale
- Ti impegni a compiere gesti di solidarietà verso coloro che ti sono vicini o condividono più da vicino il cammino della vita? Dinanzi ai problemi molto concreti dei tuoi amici o parenti sai offrire il tuo aiuto e la tua disponibilità a collaborare per una via di soluzione?
- Gesù, prima, di spezzare il pane, alza gli occhi al cielo: tu sai ringraziare il Signore per il dono quotidiano del pane? Sai condividere con gli altri, specie con i più poveri, i tuoi beni?
Preghiera finale
Tieni lontana da me la via della menzogna, fammi dono della tua legge, Signore.
Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera, perché confido nei tuoi giudizi. (Sal 118)
Martedì, 2 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 14,22-36
In quei giorni, dopo che ebbe saziato la folla, Gesù ordinò ai discepoli di salire sulla barca e di precederlo sull’altra sponda, mentre egli avrebbe congedato la folla.
Congedata la folla, salì sul monte, solo, a pregare. Venuta la sera, egli se ne stava ancora solo lassù.
La barca intanto distava già qualche miglio da terra ed era agitata dalle onde, a causa del vento contrario. Verso la fine della notte egli venne verso di loro camminando sul mare.
I discepoli, nel vederlo camminare sul mare, furono turbati e dissero: “È un fantasma” e si misero a gridare dalla paura.
Ma subito Gesù parlò loro: “Coraggio, sono io, non abbiate paura”. Pietro gli disse:
“Signore, se sei tu, comanda che io venga da te sulle acque”. Ed egli disse: “Vieni!”.
Pietro, scendendo dalla barca, si mise a camminare sulle acque e andò verso Gesù. Ma per la violenza del vento, s’impaurì e, cominciando ad affondare, gridò: “Signore, salvami!”.
E subito Gesù stese la mano, lo afferrò e gli disse: “Uomo di poca fede, perché hai dubitato?”.
Appena saliti sulla barca, il vento cessò. Quelli che erano sulla barca gli si prostrarono davanti, esclamando: “Tu sei veramente il Figlio di Dio!”.
Compiuta la traversata, approdarono a Genesaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati, e lo pregavano di poter toccare almeno l’orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano.
Riflessione
- Il vangelo di oggi descrive la difficile e stancante traversata del mare di Galilea in una fragile barca, spinta da un vento contrario. Tra il Discorso delle Parabole (Mt 13) e della Comunità (Mt 18), c’è di nuovo, la parte narrativa (Mt 14 fino a 17). Il Discorso delle Parabole richiamava di nuovo la nostra attenzione sulla presenza del Regno. Ora, la parte narrativa mostra le reazioni a favore e contro Gesù provocate da questa presenza. A Nazaret lui non fu accettato (Mt 13,53-58) e il re Erode pensava che Gesù fosse una specie di reincarnazione di Giovanni Battista, da lui assassinato (Mt 14,1-12). La gente povera, però, riconosceva in Gesù l’inviato di Dio e lo seguiva nel deserto, dove avvenne la moltiplicazione dei pani (Mt 14,13-21). Dopo la moltiplicazione dei pani, Gesù si congeda dalla folla e ordina ai discepoli di attraversare il lago, come è descritto nel vangelo di oggi (Mt 14,22-36).
- Matteo 14,22-24: Iniziare la traversata a richiesta di Gesù. Gesù forza i discepoli ad entrare nella barca e ad andare verso l’altro lato del mare, dove c’era la terra dei pagani. Lui sale sul monte a pregare. La barca simbolizza la comunità. Ha la missione di dirigersi verso i pagani e di annunciare anche tra loro la Buona Novella del Regno che era un nuovo modo di vivere in comunità. Ma la traversata è stancante e lunga. La barca è agitata dalle onde, poiché il vento è contrario. Malgrado aver remato tutta la notte, manca molto prima di giungere a terra. Mancava molto alle comunità per fare la traversata verso i pagani. Gesù non fu con i suoi discepoli. Loro dovevano imparare ad affrontare insieme le difficoltà, uniti e rafforzati dalla fede in Gesù che li ha mandati. Il contrasto è grande: Gesù in pace insieme a Dio, pregando sulla cima della montagna, e i discepoli quasi persi là in basso, nel mare in rivolta.
- La traversata dall’altro lato del lago simbolizza anche la difficile traversata delle comunità della fine del primo secolo. Loro dovevano uscire dal mondo chiuso dell’antica osservanza della legge verso la nuova maniera di osservare la Legge dell’amore, insegnata da Gesù; uscire dalla consapevolezza di appartenere al popolo eletto, privilegiato da Dio tra tutti i popoli, per la certezza che in Cristo tutti i popoli si sarebbero uniti nell’unico Popolo dinanzi a Dio; uscire dall’isolamento dell’intolleranza verso il mondo aperto dell’accoglienza e della gratitudine. Anche noi oggi siamo in una traversata difficile verso un nuovo tempo ed un nuovo modo di essere Chiesa. Traversata difficile, però necessaria. Ci sono momenti nella vita in cui siamo assaliti dalla paura. La buona volontà non manca, ma non basta. Siamo come una barca che affronta il vento contrario.
- Matteo 14,25-27: Gesù si avvicina ma loro non lo riconoscono. Verso la fine della notte, cioè fra le tre e le sei del mattino, Gesù va incontro ai discepoli. Camminando sulle acque, giunge vicino a loro, ma loro non lo riconoscono. Gridavano per la paura, pensando che si trattasse di un fantasma. Gesù li calma dicendo: “Coraggio! Sono io! Non abbiate paura!” L’espressione “Sono io!” è la stessa con cui Dio cercò di superare la paura di Mosè quando lo mandò a liberare il popolo d’Egitto (Esodo 3,14). Per le comunità, sia di ieri che di oggi, era ed è molto importante aprirsi sempre di nuovo: “Coraggio! Sono io! Non abbiate paura!”
- Matteo 14,28-31: Entusiasmo e debolezza di Pietro. Sapendo che è Gesù, Pietro chiede di poter anche lui camminare sulle acque. Vuole sperimentare il potere che domina la furia del mare. Un potere che nella Bibbia appartiene solo a Dio (Gn 1,6; Sal 104,69). Gesù gli permette di essere partecipe di questo potere. Ma Pietro ha paura. Pensa che affonderà e grida: “Signore! Salvami!” Gesù lo assicura e lo riprende: “Uomo di poca fede! Perché hai dubitato?” Pietro ha più forza di quanto si immagina, ma ha paura dinanzi alle onde contrarie e non crede nel potere di Dio che lo abita. Le comunità non credono nella forza dello Spirito che c’è in loro e che agisce mediante la fede. E’ la forza della risurrezione (Ef 1,19-20).
- Matteo 14,32-33: Gesù è il Figlio di Dio. Dinanzi all’onda che avanza su di loro, Pietro affonda nel mare per mancanza di fede. Dopo che è salvato, lui e Gesù, tutti e due, salgano sulla barca ed il vento si calma. Gli altri discepoli, che si trovano sulla barca, rimangono stupiti e si prostrano dinanzi a Gesù, riconoscendo in lui il Figlio di Dio: “Tu sei veramente il Figlio di Dio”. Più tardi, anche Pietro professa la stessa fede in Gesù: “Tu sei il Messia, il Figlio del Dio vivo” (Mt 16,16). Così Matteo suggerisce che non è solo Pietro che sostiene la fede dei discepoli, ma che anche la fede dei discepoli sostiene la fede di Pietro.
- Matteo 14,34-36: Gli portarono tutti i malati. L’episodio della traversata termina con un finale bello: “Compiuta la traversata, approdarono a Genesaret. E la gente del luogo, riconosciuto Gesù, diffuse la notizia in tutta la regione; gli portarono tutti i malati, e lo pregavano di poter toccare almeno l’orlo del suo mantello. E quanti lo toccavano guarivano”.
Per un confronto personale
- Nella tua vita c’è stato un vento contrario così? Cosa hai fatto per vincerlo? E’ successo qualche volta in comunità? Come è stato superato?
- Qual è la traversata che oggi stanno facendo le comunità? Da dove a dove? Come ci aiuta tutto questo a riconoscere oggi la presenza di Gesù nelle onde contrarie della vita?
Preghiera finale
Tieni lontana da me la via della menzogna, fammi dono della tua legge, Signore.
Non togliere mai dalla mia bocca la parola vera, perché confido nei tuoi giudizi. (Sal 118)
Mercoledì, 3 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 15,21-28
In quel tempo, partito da Genesaret, Gesù si diresse verso le parti di Tiro e Sidóne. Ed ecco una donna cananea, che veniva da quelle regioni, si mise a gridare: “Pietà di me, Signore, figlio di Davide. Mia figlia è crudelmente tormentata da un demonio”. Ma egli non le rivolse neppure una parola.
Allora i discepoli gli si accostarono implorando: “Esaudiscila, vedi come ci grida dietro”. Egli rispose: “Non sono stato inviato che alle pecore perdute della casa di Israele”.
Ma quella si avvicinò e si prostrò dinanzi a lui dicendo: “Signore, aiutami!”.
Ed egli rispose: “Non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini”. “È vero, Signore, disse la donna, ma anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni”.
Allora Gesù le replicò: “Donna, davvero grande è la tua fede! Ti sia fatto come desideri”. E da quell’istante sua figlia fu guarita.
Riflessione
- Il pane dei figli e la grande fede di una cananea è il tema che presenta il brano liturgico tratto dal cap.15 di Matteo e che propone al lettore del suo vangelo un ulteriore approfondimento della fede in Cristo. L’episodio è preceduto da un’iniziativa dei farisei e scribi che scendono da Gerusalemme e danno luogo a uno scontro con Gesù, che è di breve durata, in quanto insieme ai suoi discepoli si allontanò per recarsi nella regione di Tiro e Sidone.
Mentre è in cammino viene raggiunto da una donna proveniente da qui luoghi pagani. Questa donna viene presentata da Matteo con l’appellativo di «cananea» che alla luce dell’At, appare in tutta la sua durezza. Nel libro del Deuteronomio gli abitanti di Canaan sono ritenuti gente piena di peccato per antonomasia, popolo cattivo e idolatrico.
- La dinamica del racconto. Mentre Gesù svolge in Galilea la sua attività ed é in cammino verso Tiro e Sidone, una donna gli si avvicina e inizia a importunarlo con una richiesta di aiuto per la sua figlia ammalata. La donna rivolge a Gesù con il titolo «figlio di Davide», un titolo che risuona strano sulla bocca di una pagana a che potrebbe essere giustificato per la situazione estrema che vive la donna. Si potrebbe pensare che questa donna creda già in qualche modo alla persona di Gesù come il salvatore finale, ma lo si esclude perché solo nel v.28 viene riconosciuto il suo atto di fede, proprio da Gesù. Nel dialogo con la donna Gesù sembra mostrare quella scontata distanza e diffidenza che vigeva fra il popolo d’Israele e i pagani. Da un lato Gesù conferma alla donna la priorità per Israele di accedere alla salvezza, e davanti all’insistente preghiera della sua interlocutrice Gesù sembra prendere le distanze; un atteggiamento incomprensibile al lettore ma nell’intenzione di Gesù esprime un alto valore pedagogico. Alla prima invocazione «Pietà di me, Signore, figlio di Davide» (v.22) Gesù non risponde. Al secondo intervento questa volta da parte dei discepoli che lo invitano ad esaudire la preghiera della donna, esprime solo un rifiuto che sottolinea quella secolare distanza fra il popolo eletto e i popoli pagani (vv.23b-24) Ma all’insistenza della preghiera della donna che si prostra davanti a Gesù, segue una risposta dura e misteriosa: «non è bene prendere il pane dei figli per gettarlo ai cagnolini» (v.26). La donna và oltre la durezza delle parole di Gesù e vi coglie un piccolo segnale di speranza: la donna riconosce che il piano di Dio portato avanti da Gesù interessa inizialmente il popolo eletto e Gesù chiede alla donna il riconoscimento di tale priorità; la donna sfrutta tale priorità per presentare un motivo forte per ottenere il miracolo: «Anche i cagnolini si cibano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (v.27). La donna ha superato la prova della fede: «Donna, davvero grande e la tua fede» (v.28); infatti, all’umile insistenza della sua fede risponde con un gesto di salvezza. Da questo episodio viene rivolto ad ogni lettore del Vangelo un invito ad avere quell’atteggiamento interiore di «apertura» verso tutti, credenti o no, vale a dire, disponibilità e accoglienza senza riserve verso qualsiasi uomo.
Per un confronto personale
- La parola inquietante di Dio ti invita a spezzare le tue chiusure e i tuoi piccoli schemi. Sei capace di accogliere tutti i fratelli che si accostano a te?
- Sei consapevole della tua povertà per essere capace come la cananea di affidarti alla parola salvifica di Gesù?
Preghiera finale
Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito.
Rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. (Sal 50)
Giovedì, 4 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 16,13-23
In quel tempo, essendo giunto nella regione di Cesarea di Filippo, Gesù chiese ai suoi discepoli: “La gente chi dice che sia il Figlio dell’uomo?”. Risposero: “Alcuni Giovanni il Battista, altri Elia, altri Geremia o qualcuno dei profeti”.
Disse loro: “Voi chi dite che io sia?”. Rispose Simon Pietro: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivente”.
E Gesù: “Beato te, Simone figlio di Giona, perché né la carne né il sangue te l’hanno rivelato, ma il Padre mio che sta nei cieli. E io ti dico: Tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia Chiesa e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del regno dei cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terrà sarà sciolto nei cieli”. Allora ordinò ai discepoli di non dire ad alcuno che egli era il Cristo.
Da allora Gesù cominciò a dire apertamente ai suoi discepoli che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno. Ma Pietro lo trasse in disparte e cominciò a protestare dicendo: “Dio te ne scampi, Signore; questo non ti accadrà mai”. Ma egli, voltandosi, disse a Pietro: “Lungi da me, satana! Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!”
Riflessione
- Siamo nella parte narrativa tra il Discorso delle Parabole (Mt 13) e il Discorso della Comunità (Mt 18). In queste parti narrative che legano tra di essi i cinque Discorsi, Matteo è solito seguire la sequenza del vangelo di Marco. Ogni tanto, cita altre informazioni, anche conosciute da Luca. E qui e là, cita testi che appaiono solamente nel vangelo di Matteo, come per esempio la conversazione tra Gesù e Pietro, nel vangelo di oggi. Questo testo riceve interpretazioni diverse e perfino opposte nelle diverse chiese cristiane.
- In quel tempo, le comunità coltivavano un legame affettivo molto forte con i capi che avevano dato origine alla comunità. Per esempio, le comunità di Antiochia in Siria, coltivavano il loro rapporto con la persona di Pietro. Quelle di Grecia, con la persona di Paolo. Alcune comunità dell’Asia, con la persona del Discepolo Amato e altre con la persona di Giovanni dell’Apocalisse. Un’identificazione con questi capi della loro origine aiutava le comunità a coltivare meglio la loro identità e spiritualità.
Ma anche poteva essere motivo di disputa, come nel caso della comunità di Corinto
(1 Cor 1,11-12).
- Matteo 16,13-16: Le opinioni della gente e dei discepoli riguardo a Gesù. Gesù chiede l’opinione della gente riguardo alla sua persona, il Figlio dell’Uomo. Le risposte sono variegate: Giovanni Battista, Elia, Geremia, alcuni profeti. Quando Gesù chiede l’opinione dei discepoli, Pietro diventa portavoce e dice: “Tu sei il Cristo, il Figlio del Dio vivo!” La risposta non è nuova. Prima i discepoli avevano detto la stessa cosa (Mt 14,33). Nel Vangelo di Giovanni, la stessa professione di fede viene fatta da Marta (Gv 11,27). Significa che in Gesù si realizzano le profezie del Vecchio Testamento.
- Matteo 16,17: La risposta di Gesù a Pietro: “Beato te, Simone!” Gesù proclama Pietro “Beato!”, perché ricevette una rivelazione del Padre. Anche qui la risposta di Gesù non è nuova.
Prima, Gesù aveva lodato il Padre perché gli aveva rivelato il Figlio ai piccoli e non ai sapienti (Mt 11,25-27) ed aveva fatto la stessa proclamazione di felicità ai discepoli che stavano vedendo ed udendo cose nuove che, prima di loro, nessuno sapeva né aveva udito dire (Mt 13,16).
- Matteo 16,18-20: Le attribuzioni di Pietro: Essere pietra e ricevere le chiavi del Regno. (a) Essere Pietra: Pietro deve essere pietra, cioè la base stabile per la chiesa in modo che possa resistere contro le porte dell’inferno. Con queste parole di Gesù a Pietro, Matteo incoraggia le comunità perseguitate della Siria e della Palestina che vedono in Pietro il leader che appartiene alle loro origini. Malgrado la persecuzione e la debolezza, la comunità ha una base ferma, garantita dalla parola di Gesù. La funzione di essere pietra con base nella fede evoca la parola di Dio al popolo in esilio: “ascoltatemi, voi che siete in cerca di giustizia, voi che cercate il Signore; guardate alla roccia (pietra) da cui siete stati tagliati, alla cava da cui siete stati estratti. Guardate ad Abramo vostro padre, a Sara che vi ha partorito; poiché io chiamai lui solo, lo benedissi e lo moltiplicai”. (Is 51,1-2). Indica che in Pietro esiste un nuovo inizio del popolo di Dio.
(b) Le chiavi del Regno: Pietro riceve le chiavi del Regno. Lo stesso potere di legare e sciogliere è dato anche alle comunità (Mt 18,18) ed agli altri discepoli (Gv 20,23). Uno dei punti in cui il vangelo di Matteo più insiste è la riconciliazione e il perdono. E’ uno dei compiti più importanti dei coordinatori e coordinatrici delle comunità. Imitando Pietro, devono legare e sciogliere, cioè, fare in modo che ci sia riconciliazione, accettazione reciproca, costruzione della fraternità, fino a settanta volte (Mt 18,22).
- Matteo 16,21-22: Gesù completa ciò che mancava alla risposta di Pietro, e costui reagisce.
Gesù comincia a dire: “che doveva andare a Gerusalemme e soffrire molto da parte degli anziani, dei sommi sacerdoti e degli scribi, e venire ucciso e risuscitare il terzo giorno”.
Dicendo che doveva andare e venire ucciso, o che era necessario soffrire, lui indicava che la sofferenza era prevista nelle profezie. Il cammino del Messia non è solo di trionfo e di gloria, anche di sofferenza e di croce! Se Pietro accetta Gesù come Messia e Figlio di Dio, deve accettarlo anche come Messia Servo che sarà ucciso. Ma Pietro non accetta la correzione di Gesù e cerca di dissuaderlo. Porta Gesù in disparte e lo rimprovera: “Dio te ne scampi, Signore! Questo non avverrà mai!”
- Matteo 16,23: La risposta di Gesù a Pietro: pietra di inciampo. La risposta di Gesù è sorprendente. Pietro voleva orientare Gesù prendendo l’iniziativa. Gesù reagisce: “Lungi da me Satana. Tu mi sei di scandalo, perché non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini!” Pietro deve seguire Gesù, e non il contrario. È Gesù che dà la direzione. Satana è colui devia la persona dal cammino tracciato da Gesù. Di nuovo, appare l’espressione pietra, ma ora in senso opposto. Pietro, ora è la pietra di appoggio, ora è la pietra di inciampo! Così erano le comunità all’epoca di Matteo, marcate dall’ambiguità. Così, siamo tutti noi e così è, secondo quanto detto da Giovanni Paolo II, il papato stesso, marcato dalla stessa ambiguità di Pietro: pietra di appoggio nella fede e pietra di inciampo nella fede.
Per un confronto personale
- Quali sono le opinioni che nella nostra comunità esistono su Gesù? Queste differenze nel modo di vivere e di esprimere la fede arricchiscono la comunità o rendono difficile il cammino?
- Che tipo di pietra è la nostra comunità? Qual è la missione che ne risulta per noi?
Preghiera finale
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo.
Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. (Sal 50)
Venerdì, 5 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 16,24-28
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua. Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà.
Qual vantaggio infatti avrà l’uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima? O che cosa l’uomo potrà dare in cambio della propria anima? Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni.
In verità vi dico: vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo regno”.
Riflessione
- I cinque versi del vangelo di oggi continuano le parole di Gesù a Pietro che abbiamo meditato ieri. Gesù non nasconde né mitiga le esigenze del discepolato. Non permette che Pietro prenda l’iniziativa e lo mette al suo giusto posto: “Lungi da me!” Il vangelo di oggi esplicita queste esigenze per tutti noi;
- Matteo 16,24: Prenda la sua croce e mi segua. Gesù trae le conclusioni che valgono fino ad oggi: “Se qualcuno vuol venire dietro a me rinneghi se stesso, prenda la sua croce e mi segua”.
In quel tempo, la croce era la pena di morte che l’impero romano infliggeva agli emarginati e ai banditi. Prendere la croce e caricarla dietro Gesù era lo stesso che accettare di essere emarginati dal sistema ingiusto che legittimava l’ingiustizia. La Croce non è fatalismo, né esigenza del Padre. La Croce è la conseguenza dell’impegno liberamente assunto da Gesù per rivelare la Buona Notizia che Gesù è Padre e che, quindi, tutti e tutte dobbiamo essere accettati e trattati da fratelli e sorelle. A causa di questo annuncio rivoluzionario, Gesù fu perseguitato e non ebbe paura di dare la sua vita. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i suoi amici (Gv 15,13). La testimonianza di Paolo nella lettera ai Galati indica la portata concreta di tutto ciò: “Quanto a me invece, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. (Gal 6,14) E termina alludendo alle cicatrici delle torture da lui sofferte: “D’ora innanzi nessuno mi procuri fastidi: difatti io porto le stigmate di Gesù nel mio corpo” (Gal 6,17).
Matteo 16,25-26: Chi perde la vita per causa mia la troverà. Questi due versi esplicitano valori umani universali che confermano l’esperienza di molti cristiani e non cristiani. Salvare la vita, perdere la vita, trovare la vita. L’esperienza di molti è la seguente: Chi vive dietro beni e ricchezze, non è mai sazio. Chi si dona agli altri, dimentica di sé, sente una grande felicità. E’ l’esperienza delle madri che si donano, e di tanta gente che non pensano a sé, ma agli altri. Molti fanno e vivono così quasi per istinto, come qualcosa che viene dal fondo dell’anima.
Altri agiscono così perché hanno avuto un’esperienza dolorosa di frustrazione che li ha portati a cambiare atteggiamento. Gesù ha ragione nel dire: “Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia, la troverà”. Importante è il motivo: “per causa mia”, o come dice Marco: “per causa del Vangelo” (Mc 8,35). E termina dicendo: “Che giova, infatti, all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?” Questa ultima frase evoca il salmo dove si dice che nessuno è capace di pagare il prezzo di riscatto della vita: “Nessuno può riscattare se stesso, o dare a Dio il suo prezzo. Per quanto si paghi il riscatto di una vita, non potrà mai bastare per vivere senza fine, e non vedere la tomba” (Sal 49,8-
10).
- Matteo 16,27-28: Il Figlio dell’Uomo darà a ciascuno secondo la sua condotta. Questi due versi si riferiscono alla speranza riguardo alla venuta del Figlio dell’Uomo negli ultimi tempi, quale giudice dell’umanità, come è presentato nella visione del profeta Daniele (Dan 7,13-14).
Il primo verso dice: “Poiché il Figlio dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo, con i suoi angeli, e renderà a ciascuno secondo le sue azioni” (Mt 16,27). In questa frase si parla della giustizia del Giudice. Ognuno riceverà secondo la propria condotta. Il secondo verso dice: “Vi sono alcuni tra i presenti che non morranno finché non vedranno il Figlio dell’uomo venire nel suo Regno” (Mt 16,28). Questa frase è un avviso per aiutare a percepire la venuta di Gesù, Giudice, nei fatti della vita. Alcuni pensavano che Gesù sarebbe venuto dopo (1Ts 4,15-18).
Ma Gesù, di fatto, era già presente nelle persone, soprattutto nei poveri. Ma loro non lo percepivano, Gesù stesso aveva detto: “Ogni volta che avete aiutato il povero, l’infermo, il senza tetto, il carcerato, il pellegrino, ero io!” (cf. Mt 25,34-45).
Per un confronto personale
- Chi perde la vita, la trova. Qual è l’esperienza che ho al riguardo?
- Le parole di Paolo: “Quanto a me invece, non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo del quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo”. Ho il coraggio di ripeterle nella mia vita?
Preghiera finale
Celebrate con me il Signore, esaltiamo insieme il suo nome.
Ho cercato il Signore e mi ha risposto e da ogni timore mi ha liberato. (Sal 33)
Sabato, 6 agosto 2022
Trasfigurazione del Signore
Preghiera
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione.
Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
Chiave di lettura:
In questa Solennità, la Chiesa medita sulla Trasfigurazione di Gesù dinanzi ai tre discepoli che con lui giunsero sulla montagna. La Trasfigurazione avviene dopo il primo annuncio della Morte di Gesù (Lc 9,21-22). Questo annuncio aveva confuso i due discepoli, e soprattutto Pietro. Osserviamo da vicino, nei suoi minimi particolari, il testo che ci descrive la trasfigurazione in modo da renderci conto come questa esperienza diversa di Gesù ha potuto aiutare i discepoli a vincere e superare la crisi in cui si trovavano. Nel corso della lettura, cerchiamo di essere attenti a quanto segue: “Come avviene la trasfigurazione e quale è la reazione dei discepoli davanti a questa esperienza?”
Letture dalla seconda lettera di san Pietro apostolo – 2Pt 1,16-19
Carissimi, vi abbiamo fatto conoscere la potenza e la venuta del Signore nostro Gesù Cristo, non perché siamo andati dietro a favole artificiosamente inventate, ma perché siamo stati testimoni oculari della sua grandezza.
Egli infatti ricevette onore e gloria da Dio Padre, quando giunse a lui questa voce dalla maestosa gloria: «Questi è il Figlio mio, l’amato, nel quale ho posto il mio compiacimento». Questa voce noi l’abbiamo udita discendere dal cielo mentre eravamo con lui sul santo monte.
E abbiamo anche, solidissima, la parola dei profeti, alla quale fate bene a volgere l’attenzione come a lampada che brilla in un luogo oscuro, finché non spunti il giorno e non sorga nei vostri cuori la stella del mattino.
Lettura del Vangelo secondo Luca 9,28-36
In quel tempo, Gesù prese con sé Pietro, Giovanni e Giacomo e salì sul monte a pregare.
Mentre pregava, il suo volto cambiò d’aspetto e la sua veste divenne candida e sfolgorante. Ed ecco, due uomini conversavano con lui: erano Mosè ed Elìa, apparsi nella gloria, e parlavano del suo esodo, che stava per compiersi a Gerusalemme.
Pietro e i suoi compagni erano oppressi dal sonno; ma, quando si svegliarono, videro la sua gloria e i due uomini che stavano con lui.
Mentre questi si separavano da lui, Pietro disse a Gesù: «Maestro, è bello per noi essere qui. Facciamo tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elìa». Egli non sapeva quello che diceva.
Mentre parlava così, venne una nube e li coprì con la sua ombra. All’entrare nella nube, ebbero paura. E dalla nube uscì una voce, che diceva: «Questi è il Figlio mio, l’eletto; ascoltatelo!».
Appena la voce cessò, restò Gesù solo. Essi tacquero e in quei giorni non riferirono a nessuno ciò che avevano visto.
Riflessione
- La seconda lettura di questa festa ci offre la chiave di ingresso nel grande mistero di luce che celebriamo, entrando a partecipare alla grazia della Trasfigurazione. E la chiave di lettura, che apre la porta a questo nostro ingresso, all’incontro, all’abbraccio, è il cuore.
- Il cuore in quanto luogo ombroso, luogo della notte, ma allo stesso tempo, luogo della vita, ovvero grembo, utero. E qui, dentro la profondità di questa ombra capace di dare vita, noi siamo chiamati a scendere e a rimanere in vigilante attesa, senza addormentarci, senza lasciarci appesantire dalla stanchezza, dal sonno.
Si tratta, infatti, di saper attendere, finché non spunti il giorno e la stella del mattino sorga nei nostri cuori. Proprio come dice Pietro, nella seconda lettura della festa (2 Pietro 1, 16-19).
- La Trasfigurazione si realizza sulla vetta del monte, che è l’abisso ombroso del nostro cuore. Qui, in questo Luogo sacro e inviolabile, si manifesta, sfolgora e risplende il Cristo, col Volto pieno di luce per la preghiera (Lc 9,29; Mt 17,2).
Ma finché non sorga la Stella del mattino, il nostro Lucifero di salvezza; finché non si realizzi la creazione del nuovo giorno, il Giorno del sole di giustizia, che sorge dall’alto (Lc 1,78), noi dovremo sapere aspettare, rimanendo svegli (Lc 9,32). Il sonno, la discesa nell’oscurità della profondità, sono necessari, per noi, perché laggiù, alla scuola della solitudine e dell’ascolto assoluto, nel silenzio, noi possiamo imparare a riconoscere, a distinguere, a seguire i tratti del nostro Lucifero, il nostro Fosfòro, come scrive Pietro.
- Esiste, per noi, per ognuno di noi, un Portatore di Luce, una fonte, una sorgente di Luce, di Luce vera e vivente, che non si spegne, che non viene meno.
E’ la Stella del mattino, quella promessa al principio dell’Apocalisse (2,28) e poi rivelata, alla fine del libro e conosciuta, incontrata, amata: lo stesso Signore nostro Gesù Cristo, che si dichiara e si manifesta così: “Io sono la radice e la stirpe di Davide, la stella luminosa del mattino” (Ap 22,16).
Lui, che si dona a noi, senza prezzo, senza merito alcuno; solamente perché desidera sorgere, dare luce alla notte, ancora sempre di nuovo.
Per questo non ci spaventi più la tenebra, il buio, la notte; proprio qui, quando non c’è più alcuna luce, quando rimane solo l’ombra, il deserto, Lui sorge e risplende, come Stella che porta la luce al nostro cuore.
Il nostro Lucifero, Fosfòro, non tarda, certamente verrà; eccolo, già sorge, Stella, Sole nascente dall’alto e risalente dal più profondo buio del nostro cuore, dal nostro stesso essere.
- Lasciamoci anche noi prendere in disparte dal Signore, insieme a Pietro, Giacomo e Giovanni; saliamo con loro fino alla cima del Tabor; entriamo nella nube e ascoltiamo la voce del Padre. In grande, profondissimo silenzio, ascoltiamo. Nella forza della preghiera di Gesù, lasciamoci abbracciare, lasciamoci fare prigionieri di questo mistero dei misteri, che è la preghiera del Signore. Poiché qui noi vivremo; qui e solo qui noi potremo trovare la vera bellezza della vita. “E’ bello per noi essere qui, Signore!”. E’ bello per noi vivere, poiché siamo nella preghiera, siamo nell’incontro con te, con il Padre. Siamo nell’abbraccio, nel bacio, che ci fa nascere di nuovo, anche se vecchi. Sì, proprio nel bacio, nel soffio vitale. Infatti la parola “bocca”, peh e l’avverbio “qui”, poh, nell’ebraico sono scritte allo stesso modo: con le due radicali peh ed he. Appena due soffi, un alito, un respiro; appena tutta la potenza della vita del Padre, che si posa su di noi, che scende fin nel profondo del nostro cuore, del nostro essere. Appena tutta una vita, che comincia a esistere qui, nell’incontro di un bacio tra noi e la bocca di Dio, tra il nostro silenzio e la sua voce che dice: “Questi èil Figlio mio, l’amato mio, il prescelto mio”.
E allora si schiuderanno i nostri occhi e noi potremo vedere, potremo contemplare il volto radioso e luminoso di Cristo e riconosceremo in Lui, nei suoi tratti, nei suoi lineamenti di Sole, il nostro Fosfòro, Colui che porta la Luce vera, Colui che è la Luce per il nostro buio, per la nostra notte. Amen.
Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nella orazione.
- Qual è il punto di questo testo che più ti è piaciuto o che ti ha maggiormente colpito? Perché?
- Come avviene la trasfigurazione e qual è la reazione dei discepoli dinanzi a questa esperienza?
- Perché il testo presenta Gesù con vesti risplendenti mentre parla con Mosè e con Elia? Cosa significano per Gesù Mosè ed Elia? E cosa significano per i discepoli?
- Qual è il messaggio della voce del cielo per Gesù? E qual è il messaggio per i discepoli? e) Come trasfigurare, oggi, la vita personale e familiare, e la vita comunitaria nel nostro quartiere?
Preghiera di un Salmo: Salmo 96
Il Signore regna: esulti la terra, gioiscano le isole tutte.
Nubi e tenebre lo avvolgono, giustizia e diritto sostengono il suo trono.
I monti fondono come cera davanti al Signore, davanti al Signore di tutta la terra.
Annunciano i cieli la sua giustizia, e tutti i popoli vedono la sua gloria.
Perché tu, Signore, sei l’Altissimo su tutta la terra, eccelso su tutti gli dèi.
Domenica, 7 agosto 2022
Insegnamento di Gesù sulla vigilanza
Luca 12,32-48
Orazione iniziale
Vieni, Santo Spirito, riempi i cuori dei tuoi fedeli.
Tu che sei già venuto per farci fedeli, vieni ora a renderci beati.
Tu che sei venuto perché, con il tuo aiuto, potessimo gloriarci nella speranza della gloria dei figli di Dio, vieni di nuovo perché possiamo gloriarci anche del possesso di essa.
A te compete confermare, consolidare, perfezionare e portare a compimento.
Il Padre ci ha creati, il Figlio ci ha redenti: compi dunque ciò che appartiene a te.
Vieni a introdurci in tutta la verità, al godimento del sommo Bene, alla visione del
Padre, all’abbondanza di tutte le delizie, alla gioia delle gioie. Amen (Gualtiero di S. Vittore)
Lectio
- Chiave di lettura:
Siamo in un duplice contesto: la formazione dei discepoli e delle discepole durante il cammino di Gesù verso Gerusalemme (9,51-19,28) e la reazione dei pagani convertiti, nelle comunità lucane, dopo l’entusiasmo iniziale e il prolungarsi del ritorno del Signore. I discepoli hanno paura (9,45) della nuova prospettiva della missione di Gesù, che dovrà soffrire (9,22.43-44), continua a dominare in loro la mentalità di un Messia glorioso, più rassicurante. Così anche nelle nuove comunità cristiane (anni 80) comincia a riaffiorare lo spirito pagano. Meglio attendere prima di convertirsi stabilmente e profondamente, rimandare il cambiamento di vita e di mentalità. Gesù rassicura i discepoli e le discepole, con tre piccole parabole li fa riflettere sul significato dell’incontro con Dio, sul senso della vigilanza e della responsabilità di ciascuno nel momento presente.
- Una possibile divisione del testo:
12,32-35 introduzione
12,36-38 parabola del padrone che torna dalle nozze
12,39 parabola del ladro che scassina
12,40-41 i discepoli chiamati in causa
12,42-46 parabola dell’amministratore
12,47-48 conclusione c) Il testo:
32 Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno. 33 Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. 34 Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore. 35 Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;36 siate simili a coloro che aspettano il padrone quando torna dalle nozze, per aprirgli subito, appena arriva e bussa.37 Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. 38 E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro! 39 Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.40 Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». 41 Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?». 42 Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? 43Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro.44 In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi. 45 Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, 46 il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.47 Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse;48 quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche. A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
Momento di silenzio orante
perché la Parola possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.
- a) Alcune domande:
- Quali sentimenti ha suscitato in me la lettura del testo? Paura, fiducia, sorpresa, gioia, speranza, confusione . . . . ?
- La vita cristiana, quanto è gioia in me, quanto è peso. Quanto è dovere, quanto è amore?
- Il pensiero di una mia morte improvvisa cosa suscita in me?
- La comunione con Dio, in che misura è attesa, in che misura è possesso in me?
- La mentalità pagana del “carpe diem”, contraria ai valori evangelici, come si manifesta, oggi?
- Essere vigilanti, fedeli, operosi per il Regno e pronti, cosa comporta nella mia vita? b) Commento:
Pensiamo ad una catechesi sul ritorno del Signore.
12,32 Non c’è motivo per aver paura.
Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo regno.
Rassicurazione di Gesù di fronte alla paura dei discepoli attraverso la metafora del gregge (Gv 10; 21,15-17) e del buon pastore. Occorre temere i falsi profeti (Mt 7,15). Il Padre vuole che non si perda nessuno (Mt 18,12-16), Egli ci donerà ogni cosa (Rom 8,2832). Un posto ci è stato preparato fin dalla fondazione del mondo (Mt 25,34), siamo eredi con il Figlio (1Pt 1,3-5).
12,33-34 Accogliamo oggi la ricchezza del possesso di Dio, unico bene. Dio solo basta!
Vendete ciò che avete e datelo in elemosina; fatevi borse che non invecchiano, un tesoro inesauribile nei cieli, dove i ladri non arrivano e la tignola non consuma. Perché dove è il vostro tesoro, là sarà anche il vostro cuore.
Gesù aveva detto di non accumulare beni (Mt 6,20-21). La comunità cristiana aveva capito il senso della libertà dai beni e della loro condivisione (At 4,34) poiché il tempo si è fatto breve (1Cor 7,29-31). La vita nuova in Cristo diventa il criterio per il possesso di qualsiasi bene.
12,35 Impegniamoci nel quotidiano.
Siate pronti, con la cintura ai fianchi e le lucerne accese;Poiché al Padre è piaciuto darci il Regno, occorre essere pronti per prenderne possesso, dopo aver lasciato ogni impedimento. I Giudei si cingevano le lunghe vesti ai fianchi per poter lavorare meglio. Elia si cinge per correre (1Re 18,46). L’atteggiamento che Gesù raccomanda a coloro che aspettano la sua venuta è quella di mettersi all’opera, di non adagiarsi nella mediocrità
(1Ts 5,6-8; 1Pt 5,8; 1,13). La vigilanza è fondamentale per il cristiano. Più che un atteggiamento morale è la sua condizione di vita, ormai rivestito di Cristo e dedito al suo Regno.
12,37-38 L’incontro con Dio sarà meraviglioso.
Beati quei servi che il padrone al suo ritorno troverà ancora svegli; in verità vi dico, si cingerà le sue vesti, li farà mettere a tavola e passerà a servirli. E se, giungendo nel mezzo della notte o prima dell’alba, li troverà così, beati loro!
E’ sorprendente il gesto del padrone che si mette a servire i servi! E’ ciò che ha fatto Gesù lavando i piedi ai discepoli (Gv 13,4-5). La notte divisa in parti (Mc 13,35) secondo l’uso romano, diventa sempre più impegnativa per chi veglia. Il futuro è garantito dalla fedeltà creativa al Signore.
12,39 Non perdiamo tempo (e denaro!) nel prevedere il futuro.
Sappiate bene questo: se il padrone di casa sapesse a che ora viene il ladro, non si lascerebbe scassinare la casa.
Un argomento per la vigilanza è il fatto che non si sa quando il Signore verrà (Mt. 24,42-
51).
Sia il giorno del giudizio finale che quello della morte individuale sono sconosciuti. La sua venuta non può essere prevista (Ap 3,3). Questo impressionò molto i discepoli (1Ts
2,1-2; 2Pt 3,10).
12,40-41 L’amore e non l’appartenenza formale deve essere la nostra forza.
Anche voi tenetevi pronti, perché il Figlio dell’uomo verrà nell’ora che non pensate». Allora Pietro disse: «Signore, questa parabola la dici per noi o anche per tutti?».
Pietro, il suo uomo vecchio, pensa ancora a qualche privilegio, avendo abbandonato ogni cosa per andare con Gesù (Mt 19,27). Gesù aiuta a maturare la coscienza di Pietro rispondendo indirettamente con la parabola del buon amministratore.
La conversione è un processo che dura tutta la vita, anche per coloro che si sentono vicini al Signore.
12,42-44 Coniugare la vigilanza con la fedeltà al servizio che ci è stato affidato.
Il Signore rispose: «Qual è dunque l’amministratore fedele e saggio, che il Signore porrà a capo della sua servitù, per distribuire a tempo debito la razione di cibo? Beato quel servo che il padrone, arrivando, troverà al suo lavoro. In verità vi dico, lo metterà a capo di tutti i suoi averi.
Luca usa “amministratore” invece di “servo” (Mt 24,45) quasi a lasciar intendere la domanda posta in bocca a Pietro. I capi, in particolare, devono essere fedeli nel servizio.
12,45-46 Senza rimandare la nostra conversione ad un domani imprecisato.
Ma se quel servo dicesse in cuor suo: Il padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i servi e le serve, a mangiare, a bere e a ubriacarsi, il padrone di quel servo arriverà nel giorno in cui meno se l’aspetta e in un’ora che non sa, e lo punirà con rigore assegnandogli il posto fra gli infedeli.
Ci sono alcuni che hanno accolto con entusiasmo l’annuncio evangelico, ma ora, di fronte alle difficoltà presenti e agli impegni conseguenti, cominciano a riprendere le vecchie abitudini: violenza, intemperanza, abbandono agli istinti. Tutti valori contrari al vangelo.
12,47 Donando secondo la misura con cui abbiamo ricevuto.
Il servo che, conoscendo la volontà del padrone, non avrà disposto o agito secondo la sua volontà, riceverà molte percosse; quello invece che, non conoscendola, avrà fatto cose meritevoli di percosse, ne riceverà poche.
Il Signore renderà a ciascuno secondo le sue azioni (Mt 16,27) e secondo la grazia ricevuta (Rom 11,11-24). Giudei, pagani, convertiti o fedeli alla propria religione saranno giudicati secondo la loro retta coscienza.
12,48 Perché grande sarà la comunione eterna con Dio.
A chiunque fu dato molto, molto sarà chiesto; a chi fu affidato molto, sarà richiesto molto di più.
Alla fine della vita, secondo S. Giovanni della Croce, saremo giudicati sull’amore. Vedi anche Mt 25,15-16.
Salmo 32 (33), 1-5; 13-15; 18-22
Esultate, giusti, nel Signore; ai retti si addice la lode.
Lodate il Signore con la cetra, con l’arpa a dieci corde a lui cantate.
Cantate al Signore un canto nuovo, suonate la cetra con arte e acclamate.
Poiché retta è la parola del Signore e fedele ogni sua opera.
Egli ama il diritto e la giustizia, della sua grazia è piena la terra.
Il Signore guarda dal cielo,egli vede tutti gli uomini.
Dal luogo della sua dimora scruta tutti gli abitanti della terra, lui che, solo, ha plasmato il loro cuore e comprende tutte le loro opere.
Ecco, l’occhio del Signore veglia su chi lo teme, su chi spera nella sua grazia, per liberarlo dalla morte e nutrirlo in tempo di fame.
L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo.
In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome.
Signore, sia su di noi la tua grazia, perché in te speriamo.
Orazione finale
Arda nei nostri cuori, o Padre, la stessa fede che spinse Abramo a vivere sulla terra come pellegrino, e non si spenga la nostra lampada, perché vigilanti nell’attesa della tua ora siamo introdotti da te nella patria eterna. (Colletta 19 domenica C)
Lunedì, 8 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 17,22-27
In quel tempo, mentre si trovavano insieme in Galilea, Gesù disse ai suoi discepoli: “Il Figlio dell’uomo sta per esser consegnato nelle mani degli uomini e lo uccideranno, ma il terzo giorno risorgerà”. Ed essi furono molto rattristati.
Venuti a Cafarnao, si avvicinarono a Pietro gli esattori della tassa per il tempio e gli dissero: “Il vostro maestro non paga la tassa per il tempio?” Rispose: “Sì”.
Mentre entrava in casa, Gesù lo prevenne dicendo: “Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?” Rispose: “Dagli estranei”.
E Gesù: “Quindi i figli sono esenti. Ma perché non si scandalizzino, va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te”.
Riflessione
- I cinque versi del vangelo di oggi parlano di due temi assai diversi tra loro: (a) Il secondo annuncio della passione, morte e risurrezione di Gesù (Mt 17,22-23); (b) Informano sulla conversazione di Gesù con Pietro sul pagamento delle tasse e delle imposte al tempio (Mt 17,24-27).
- Matteo 17,22-23: L’annuncio della morte e risurrezione di Gesù. Il primo annuncio (Mt 16,21) aveva prodotto una forte reazione da parte di Pietro che non voleva saperne della sofferenza né della croce. Gesù aveva risposto con la stessa forza: “Lungi da me, satana!” (Mt 16,23) Qui, nel secondo annuncio, la reazione dei discepoli è più blanda, meno aggressiva. L’annuncio produce tristezza. Sembra che loro cominciano a comprendere che la croce fa parte del cammino. La prossimità della morte e della sofferenza pesa su di loro, generando un forte scoraggiamento. Anche se Gesù cerca di aiutarli, la resistenza di secoli contro l’idea di un messia crocifisso, era più grande.
- Matteo 17,24-25a: La domanda a Pietro degli esattori della tassa. Quando giungono a Cafarnao, gli esattori della tassa del Tempio chiedono a Pietro: “Il vostro maestro non paga la tassa per il Tempio?” Pietro risponde: “Sì!” Fin dai tempi di Neemia (V secolo aC), i giudei che erano ritornati dall’esilio in Babilonia, si impegnarono solennemente nell’assemblea a pagare le diverse tasse ed imposte per fare in modo che il Tempio continuasse a funzionare e per curare la manutenzione sia del servizio sacerdotale che dell’edificio del Tempio (Ne 10,33-40). Da ciò che emerge nella risposta di Pietro, Gesù pagava questa imposta come facevano tutti i giudei.
- Matteo 17,25b-26: La domanda di Gesù a Pietro sull’imposta. E’ strana la conversazione tra Gesù e Pietro. Quando loro giungono a casa, Gesù chiede: “Che cosa ti pare, Simone? I re di questa terra da chi riscuotono le tasse e i tributi? Dai propri figli o dagli altri?” Pietro risponde: “Dagli estranei”. E Gesù dice: “Quindi i figli sono esenti!”. Probabilmente, qui si rispecchia una discussione tra i giudei cristiani prima della distruzione del Tempio, nell’anno 70. Loro si chiedevano se dovevano o meno continuare a pagare l’imposta del Tempio, come facevano prima. Per la risposta di Gesù, scoprono che non hanno l’obbligo di pagare questa tassa: “I figli sono esenti”. I figli sono i cristiani, ma pur non avendo l’obbligo di pagare, la raccomandazione di Gesù e di farlo per non provocare scandalo.
- Matteo 17,27: La conclusione della conversazione sul pagamento della tassa. Più strana ancora della conversazione è la soluzione che Gesù dà alla questione. Dice a Pietro: “Ma perché non si scandalizzino, va’ al mare, getta l’amo e il primo pesce che viene prendilo, aprigli la bocca e vi troverai una moneta d’argento. Prendila e consegnala a loro per me e per te”. Strano miracolo, strano come quei 2000 porci che si precipitarono nel mare (Mc 5,13). Qualunque sia l’interpretazione di questo fatto miracoloso, questo modo di risolvere il problema suggerisce che si tratta di un tema che non ha molta importanza per Gesù.
Per un confronto personale
- La sofferenza della croce scoraggia e intristisce i discepoli. E’ successo già nella tua vita?
- Come interpreti l’episodio della moneta trovata nella bocca del pesce?
Preghiera finale
Lodate il Signore dai cieli, lodatelo nell’alto dei cieli.
Lodatelo, voi tutti, suoi angeli, lodatelo, voi tutte, sue schiere. (Sal 148)
Martedì, 9 agosto 2022
Santa Teresa Benedetta della Croce (Edith Stein), vergine e martire
Patrona d’Europa
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono.
A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
Riflessione
- Oggi è la festa di santa Edith Stein che nel Carmelo assunse il nome di Teresa Benedetta della Croce. Per questo, il vangelo di oggi narra la parabola delle dieci vergini che dovevano dare il benvenuto allo sposo, quando fosse giunto per le nozze.
- Matteo 25,1ª: L’ inizio: “In quel tempo”. La parabola inizia con queste due parole: “In quel tempo”. Si tratta della venuta del Figlio dell’Uomo (cf Mt 24,37). Nessuno sa quando verrà questo giorno, questo tempo, “nemmeno gli angeli del cielo, né il figlio stesso, ma solamente il Padre” (Mt 24, 36). Non ci riusciranno gli indovini a fare calcoli. Il Figlio dell’Uomo verrà di sorpresa, quando la gente meno se lo aspetta (Mt 24,44). Può essere oggi, può essere domani, per questo l’avviso finale della parabola delle dieci vergini è: “Vigilate!” Le dieci fanciulle devono essere preparate per qualsiasi eventualità. Quando la polizia nazista bussò alla porta del monastero delle Suore Carmelitane di Echt nella provincia di Limburgia, nei Paesi Bassi, Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, era preparata. Assunse la Croce e prese il cammino del martirio nel campo di sterminio per amore verso Dio ed il suo popolo. Era una delle vergini prudenti della parabola.
- Matteo 25,1b-4: Le dieci vergini disposte per aspettare lo sposo. La parabola inizia così: “Il Regno del Cielo è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo”. Si tratta di fanciulle che dovevano accompagnare lo sposo per la festa delle nozze. Per questo, dovevano portare con sé le lampade, sia per illuminare il cammino, sia per rendere più luminosa la festa. Cinque di loro erano prudenti e cinque erano stolte. Questa differenza appare nel modo in cui si preparano alla funzione che dovranno svolgere. Insieme alle lampade accese, le prudenti avevano portato con sé l’olio di riserva, preparandosi per qualsiasi eventualità. Le stolte portarono solo le lampade e non pensarono a portare con sé un poco di olio di riserva.
- Matteo 25,5-7: Il ritardo imprevisto dell’arrivo dello sposo. Lo sposo ritarda. Non aveva precisato l’ora dell’arrivo. Nell’attesa, le fanciulle sono prese dal sonno. Ma le lampade continuano a consumare olio e si spengono poco a poco. Improvvisamente, nel mezzo della notte, si alza un grido: “Ecco lo sposo. Andategli incontro”. Tutte si svegliano, e cominciano a preparare le lampade che stavano già per spegnersi.
Dovevano mettere olio di riserva per evitare che le lampade si spegnessero.
- Matteo 25,8-9: Le diverse reazioni dinanzi al ritardo dello sposo. Solo ora le stolte si rendono conto che avrebbero dovuto portare con loro olio di riserva. Andarono a chiederlo alle prudenti: “Datemi un poco di olio per noi, perché le nostre lampade si stanno spegnendo”. Le prudenti non potettero rispondere a questa loro richiesta, perché in quel momento l’importante non era che le prudenti condividessero il loro olio con le stolte, ma che loro stessero pronte ad accompagnare lo sposo fino al luogo della festa. Per questo consigliarono: Andate piuttosto dai venditori e compratevene.
- Matteo 25,10-12: Il destino delle fanciulle prudenti e di quelle senza giudizio. Le stolte seguiranno il consiglio delle prudenti e vanno a comprare l’olio. Durante questa loro breve assenza arriva lo sposo e le prudenti possono accompagnarlo ed entrare con lui alla festa delle nozze. Ma la porta si chiude dietro di loro. Quando giungono le altre, busseranno alla porta e diranno: “Signore, Signore, apri la porta per noi!” e riceveranno la risposta: “In verità vi dico: io non vi conosco.”
- Matteo 25,13: La raccomandazione finale di Gesù per tutti noi. La storia di questa parabola è molto semplice e la lezione è evidente: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Morale della storia: non siate superficiali, guardate oltre il momento presente, cercate di scoprire la chiamata di Dio fin nelle minime cose della vita, perfino nell’olio che può mancare nel lumicino.
Per un confronto personale
- Ti è successo qualche volta nella vita di pensare all’olio di riserva della tua lampada?
- Conosci la vita di Santa Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce?
Preghiera finale
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca la sua lode.
Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino. (Sal 33)
Mercoledì, 10 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai comunicato l’ardore della tua carità al diacono san Lorenzo e lo hai reso fedele nel ministero e glorioso nel martirio, fa’ che il tuo popolo segua i suoi insegnamenti e lo imiti nell’amore di Cristo e dei fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 12,24-26
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità, in verità vi dico: se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto.
Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo, la conserverà per la vita eterna.
Se uno mi vuol servire mi segua, e dove sono io, là sarà anche il mio servo. Se uno mi serve, il Padre lo onorerà”.
Riflessione
- Il nostro brano contiene delle parole solenni e cruciali sulle modalità con cui la missione di Gesù e dei suoi discepoli «produce molto frutto». Ma in questa dichiarazione solenne e centrale di Gesù, «se il chicco di frumento caduto a terra non muore, rimane solo; se muore, invece, produce molto frutto» (v.24), è inserita in quel contesto narrativo di 12,12-36 dove si narra dell’incontro di Gesù come messia con Israele e del rifiuto di quest’ultimo della sua proposta messianica. Quali sono i temi principali che descrivono il messianismo di Gesù? I giudei attendevano un messia sotto le vesti di un re potente, che continuasse lo stile regale di Davide e restituisse a Israele il suo passato glorioso. Gesù, invece, pone al centro del suo messianismo il dono della sua vita e la possibilità data all’uomo di poter accettare il progetto di Dio sulla sua vita.
- La storia di un seme. Il dono della sua vita, come caratteristica cruciale del suo messianismo, Gesù lo tratteggia con una mini-parabola. Un evento centrale e decisivo della sua vita lo descrive attingendo all’ambiente agricolo, da cui prende le immagini per rendere interessanti e immediate le sue parole. È la storia di un seme: una piccola parabola per comunicare in modo semplice e trasparente con la gente: un seme inizia il suo percorso nei meandri oscuri della terra, ove soffoca e marcisce ma in primavera diventa uno stelo verdeggiante e nell’estate una spiga carica di chicchi di grano. Due sono i punti focali della parabola: il produrre molto frutto; il trovare la vita eterna. Il seme che sprofonda nell’oscurità della terra è stato interpretato dai Primi Padri della Chiesa un’allusione simbolica all’Incarnazione del Figlio di Dio. Nel terreno sembra che la forza vitale del seme sia destinata a perdersi perché il seme marcisce e muore. Ma poi la sorpresa della natura: in estate quando biondeggiano le spighe, viene svelato il segreto profondo di quella morte. Gesù sa che la morte sta per incombere sulla sua persona tuttavia qui non la vede come una bestia che divora. È vero che essa ha le caratteristiche di tenebra e di lacerazione, ma per Gesù contiene una forza segreta tipica del parto, un mistero di fecondità e di vita. Alla luce di questa visione si comprende un’altra espressione di Gesù: «Chi ama la sua vita la perde e chi odia la sua vita in questo mondo la conserverà per la vita eterna». Chi considera la propria vita come una fredda proprietà da vivere nel proprio egoismo, è come un seme chiuso in se stesso e senza prospettive di vita. Chi invece «odia la sua vita», un’espressione semitica molto incisiva per indicare la rinuncia a realizzare unicamente se stessi, sposta l’asse del significato di un’esistenza sulla donazione agli altri; solo così la vita diventa creativa: è fonte di pace, di felicità e di vita. È la realtà del seme che germoglia. Ma il lettore può cogliere nella miniparabola di Gesù un’altra dimensione, quella «pasquale». Gesù è consapevole che per portare l’umanità al traguardo della vita divina deve passare per la via oscura della morte in croce. Sulla scia di questa via anche il discepolo affronta la sua «ora», quella della morte, con la certezza che essa approderà alla vita eterna, vale a dire, alla comunione piena con Dio.
- In sintesi. La storia del seme è quella di morire per moltiplicarsi; la sua funzione è quella di un servizio alla vita. L’annientamento di Gesù è paragonabile al seme di vita sepolto nella terra. Nella vita di Gesù amare è servire e servire è perdersi nella vita degli altri., morire a se stessi per far vivere. Mentre sta per avvicinarsi la sua «ora», il momento conclusivo della sua missione, Gesù assicura i suoi con la promessa di una consolazione e di una gioia senza fine, accompagnata, da ogni tipo di turbamento.
Egli porta l’esempio del seme che deve marcire e della donna che deve partorire nelle doglie. Cristo ha scelto la croce per sé e per i suoi: chi vuole essere suo discepolo è chiamato a condividerne il suo stesso itinerario. Egli ha sempre parlato ai suoi discepoli con radicalità: «Chi vorrà salvare la propria vita la perderà. Chi la perderà per me la salverà» (Lc 9,24).
Per un confronto personale
- La tua vita esprime il dono di te stesso? È una semina di amore che fa nascere amore? Sei consapevole che per essere seme di gioia, perché ci sia la gioia nel campo di frumento è necessario il momento della semina?
- Puoi dire di aver scelto il Signore se poi non abbracci con lui la croce? Quando si scatena in te la dura lotta tra il «si» e il «no», tra il coraggio e la paura, tra la fede e l’incredulità, tra l’amore e l’egoismo, ti senti smarrito pensando che tali tentazioni non si addicono a chi segue Gesù?
Preghiera finale
Felice l’uomo pietoso che dà in prestito, amministra i suoi beni con giustizia. Egli non vacillerà in eterno: il giusto sarà sempre ricordato. (Sal 111)
Giovedì, 11 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 18,21-19,1
In quel tempo, Pietro si avvicinò a Gesù e gli disse: “Signore, quante volte dovrò perdonare al mio fratello, se pecca contro di me? Fino a sette volte?” E Gesù gli rispose:
“Non ti dico fino a sette, ma fino a settanta volte sette.
A questo proposito, il regno dei cieli è simile a un re che volle fare i conti con i suoi servi. Incominciati i conti, gli fu presentato uno che gli era debitore di diecimila talenti. Non avendo però costui il denaro da restituire, il padrone ordinò che fosse venduto lui con la moglie, con i figli e con quanto possedeva, e saldasse così il debito.
Allora quel servo, gettatosi a terra, lo supplicava: Signore, abbi pazienza con me e ti restituirò ogni cosa.
Impietositosi del servo, il padrone lo lasciò andare e gli condonò il debito.
Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Il suo compagno, gettatosi a terra, lo supplicava dicendo: Abbi pazienza con me e ti rifonderò il debito. Ma egli non volle esaudirlo, andò e lo fece gettare in carcere, fino a che non avesse pagato il debito. Visto quel che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto.
Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto.
Così anche il mio Padre celeste farà a ciascuno di voi, se non perdonerete di cuore al vostro fratello”.
Terminati questi discorsi, Gesù partì dalla Galilea e andò nel territorio della Giudea, al di là del Giordano.
Riflessione
- Nel vangelo di ieri abbiamo ascoltato le parole di Gesù sulla correzione fraterna (Mt 18,15- 20). Nel vangelo di oggi (Mt 18,21-39) il tema centrale è il perdono e la riconciliazione.
- Matteo 18,21-22: Perdonare settanta volte sette! Dinanzi alle parole di Gesù sulla correzione fraterna e la riconciliazione, Pietro chiede: “Quante volte devo perdonare? Sette volte?” Sette è un numero che indica una perfezione e, nel caso della proposta di Pietro, sette è sinonimo di sempre. Ma Gesù va oltre. Elimina tutto e qualsiasi limite possibile per il perdono: “Non ti dico fino a sette, ma settanta volte sette!” É come se dicesse:“No Pietro, devi perdonare sempre!” Poiché non c’è proporzione tra l’amore di Dio per noi ed il nostro amore verso il fratello. Qui si evoca l’episodio di Lamech del VT. “Lamech disse alle mogli: Ada e Silla ascoltate la mia voce; porgete l’orecchio al mio dire. Ho ucciso un uomo per una mia scalfittura e un ragazzo per un mio livido. Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamech settantasette” (Gen 4,23-24). Il compito delle comunità è quello di invertire il processo della spirale di violenza. Per chiarire la sua risposta a Pietro, Gesù racconta la parabola del perdono senza limiti.
- Matteo 18,23-27: L’atteggiamento del padrone. Questa parabola è un’allegoria, cioè, Gesù parla di un padrone, ma pensa a Dio. Ciò spiega gli enormi contrasti della parabola. Come vedremo, malgrado si tratti di cose molte quotidiane, c’è qualcosa in questa storia che non avviene nella vita quotidiana. Nella storia che Gesù racconta, il padrone segue le norme del diritto dell’epoca. Era un suo diritto prendere un impiegato con tutta la famiglia e tenerlo in prigione fino a quando non avesse pagato il suo debito compiendo un lavoro da schiavo. Ma dinanzi alla richiesta dell’impiegato indebitato, il padrone perdona il debito. Ciò che colpisce è la quantità del debito: dieci mila talenti. Un talento equivale a 35 kg. Secondo i calcoli fatti diecimila talenti equivalgono a 350 tonnellate di oro. Anche se il debitore e la sua famiglia avessero lavorato tutta la vita, non sarebbero mai stati capaci di mettere insieme 350 tonnellate di oro. Il calcolo estremo è fatto a proposito. Il nostro debito dinanzi a Dio è incalcolabile ed impagabile.
- Matteo 18,28-31: L’atteggiamento dell’impiegato. Appena uscito, quel servo trovò un altro servo come lui che gli doveva cento denari e, afferratolo, lo soffocava e diceva: Paga quel che devi! Costui gli doveva cento denari, cioè il salario di cento giorni di lavoro. Alcuni calcolano che si trattava di 30 grammi d’oro. Non c’era paragone tra i due! Ma ci fa capire l’atteggiamento dell’impiegato: Dio gli perdona 350 tonnellate di oro e lui non è capace di perdonare 30 grammi d’oro. Invece di perdonare, fa con il compagno ciò che il padrone potrebbe aver fatto, ma non fece. Fa mettere in carcere il suo compagno secondo le norme della legge, fino a che paghi tutto il debito. Atteggiamento disumano, che colpisce anche i suoi compagni. Visto quel
che accadeva, gli altri servi furono addolorati e andarono a riferire al loro padrone tutto l’accaduto. Anche noi avremmo fatto lo stesso, avremmo avuto lo stesso atteggiamento di disapprovazione.
- Matteo 18,32-35: L’atteggiamento di Dio. “Allora il padrone fece chiamare quell’uomo e gli disse: Servo malvagio, io ti ho condonato tutto il debito perché mi hai pregato. Non dovevi forse anche tu aver pietà del tuo compagno, così come io ho avuto pietà di te? E, sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non gli avesse restituito tutto il dovuto”. Dinanzi all’amore di Dio che perdona gratuitamente il nostro debito di 350 tonnellate di oro, è più che giusto da parte nostra perdonare il fratello che ha un piccolo debito di 30 grammi d’oro. Il perdono di Dio è senza limiti. L’unico limite per la gratuità della misericordia di Dio viene da noi stessi, dalla nostra incapacità di perdonare il fratello! (Mt 18,34). E’ ciò che diciamo e chiediamo nel Padre Nostro: “Perdona i nostri debiti, come noi li perdoniamo ai nostri debitori” (Mt 6,12-
15).
La comunità: spazio alternativo di solidarietà e di fraternità. La società dell’Impero Romano era dura e senza cuore, senza spazio per i piccoli. Loro cercavano un rifugio per il cuore e non lo trovavano. Le sinagoghe erano esigenti e non offrivano un luogo per loro. Nelle comunità cristiane, il rigore di alcuni nell’osservanza della Legge portava nella convivenza gli stessi criteri della società e della sinagoga. Così, nelle comunità, cominciavano ad apparire le stesse divisioni che esistevano nella società e nella sinagoga tra ricchi e poveri, dominio e sottomissione, uomo e donna, razza e religione. La comunità, invece di esser uno spazio di accoglienza, diventava un luogo di condanna. Unendo le parole di Gesù, Matteo vuole illuminare il cammino dei seguaci di Gesù, affinché le comunità siano uno spazio alternativo di solidarietà e di fraternità. Devono essere una Buona Notizia per i poveri.
Per un confronto personale
- C’è gente che dice: “Perdono, ma non dimentico!” E io? Sono capace di imitare Dio?
- Gesù dà l’esempio. Nell’ora della morte chiede perdono per i suoi assassini (Lc 23,34). Sono capace di imitare Gesù?
Preghiera finale
Dal sorgere del sole al suo tramonto sia lodato il nome del Signore. Su tutti i popoli eccelso è il Signore, più alta dei cieli è la sua gloria. (Sal 112).
Venerdì, 12 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 19,3-12
In quel tempo, si avvicinarono a Gesù alcuni farisei per metterlo alla prova e gli chiesero: “E` lecito ad un uomo ripudiare la propria moglie per qualsiasi motivo?”. Ed egli rispose: “Non avete letto che il Creatore da principio li creò maschio e femmina e disse: Per questo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno una carne sola? Così che non sono più due, ma una carne sola. Quello dunque che Dio ha congiunto, l’uomo non lo separi”.
Gli obiettarono: “Perché allora Mosè ha ordinato di darle l’atto di ripudio e mandarla via?”. Rispose loro Gesù: “Per la durezza del vostro cuore Mosè vi ha permesso di ripudiare le vostre mogli, ma da principio non fu così. Perciò io vi dico: Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra commette adulterio”.
Gli dissero i discepoli: “Se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi”. Egli rispose loro: “Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso. Vi sono infatti eunuchi che sono nati così dal ventre della madre; ve ne sono alcuni che sono stati resi eunuchi dagli uomini, e vi sono altri che si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire, capisca “.
Riflessione
- Sino al cap.18 Matteo ha mostrato come i discorsi di Gesù hanno segnato le varie fasi della progressiva costituzione e formazione della comunità dei discepoli attorno al loro Maestro. Ora in 19,1 questo piccolo gruppo si allontana dai territori della Galilea e arriva nei territori della Giudea. La chiamata di Gesù che coinvolge i suoi discepoli avanza ulteriormente fino alla scelta decisiva: l’accoglienza o il rifiuto della persona di Gesù. Tale fase avviene lungo la strada che porta a Gerusalemme (capp. 19-20), e infine con l’arrivo in città e presso il tempio (capp. 21-23). Tutti gli incontri che Gesù sperimenta nel corso di questi capitoli avvengono lungo questo percorso dalla Galilea a Gerusalemme.
- Incontro con i Farisei. Passando per la Transgiordania (19,1) il primo incontro è con i Farisei e il tema della discussione di Gesù con loro diventa motivo di riflessione per il gruppo dei discepoli. La domanda dei Farisei riguarda il divorzio ed in particolar modo mette Gesù in difficoltà circa l’amore all’interno del matrimonio, la realtà più solida e stabile per ogni comunità giudaica. L’intervento dei Farisei vuole mettere sotto accusa l’insegnamento di Gesù. Si tratta di un vero processo: Matteo lo considera come «mettere alla prova», «un tentare». La domanda è davvero cruciale: «È lecito a un uomo ripudiare la propria donna per qualsiasi motivo?» (19,3). Al lettore non sfugge il tentativo maldestro dei Farisei di interpretare il testo di Dt 24,1 per mettere in difficoltà Gesù: «Quando un uomo ha preso una donna e ha vissuto con lei da marito, se poi avviene che ella non trovi grazia ai suoi occhi, perché egli ha trovato in lei qualcosa di vergognoso, scriva per lei un libello di ripudio e glielo consegni in mano e la mandi via da casa». Questo testo aveva dato luogo lungo i secoli a innumerevoli discussioni: ammettere il divorzio per qualsiasi motivo; richiedere un minimo di cattiva condotta, un vero adulterio.
- È Dio che unisce. Gesù risponde ai Farisei ricorrendo a Gn 1,17: 2,24, riportando la questione alla volontà primaria di Dio creatore. L’amore, che unisce l’uomo e la donna, viene da Dio e per tale origine, unifica e non può separare. Se Gesù cita Gn 2,24: «L’uomo abbandonerà il padre e la madre e si unirà alla sua donna e i due saranno una sola carne» (19,5), è perché vuole sottolineare un principio singolare ed assoluto: è la volontà creatrice di Dio a unire l’uomo e la donna. Quando un uomo e una donna si uniscono in matrimonio, è Dio che li unisce; il termine «coniugi» viene dal verbo congiungere, coniugare, vale a dire, che la congiunzione dei due partner sessuali è l’effetto della parola creatrice di Dio. La risposta di Gesù ai Farisei raggiunge il suo culmine: il matrimonio è indissolubile nella sua originaria costituzione. Gesù prosegue questa volta attingendo a Ml 2,13-16: ripudiare la propria moglie è rompere l’alleanza con Dio e secondo i profeti questa alleanza viene vissuta soprattutto dagli sposi nella loro unione coniugale (Os 1-3; Is 1,21-26; Ger 2,2; 3,1.6-12; Ez 16; 23; Is 54, 6-10; 60-62). La risposta di Gesù appare in contraddizione con la legge di Mosé che concede la possibilità di concedere un attestato di divorzio. Nel motivare la sua risposta Gesù ricorda ai Farisei: se Mosé ha accordato questa possibilità è per la durezza del vostro cuore (v.8), più concretamente per la vostra indocilità alla Parola di Dio. La legge di Gn 1,26; 2,24 non è stata mai modificata, ma Mosé è stato costretto ad adattarla a un atteggiamento di indocilità. Il primo matrimonio non viene annullato dall’adulterio. All’uomo di oggi ed in particolar modo alle comunità ecclesiali la parola di Gesù dice chiaramente che non devono esserci dei divorzi; e, tuttavia, vediamo che ve ne sono; nella vita pastorale i divorziati vanno accolti, ai quali è sempre aperta la possibilità di entrare nel regno. La reazione dei discepoli non si fa attendere: «Se così è la condizione dell’uomo con la donna, non conviene sposarsi» (v.10). La risposta di Gesù continua a sostenere l’indissolubilità del matrimonio, impossibile alla mentalità umana ma possibile a Dio. L’eunuco di cui parla Gesù non é colui che non può generare ma colui, che separato dalla propria moglie, continua a vivere nella continenza, rimanendo fedele al primo legame coniugale: è eunuco nei confronti di tutte le altre donne.
Per un confronto personale
- Per quanto riguarda il matrimonio sappiamo accogliere l’insegnamento di Gesù con animo semplice senza adattarlo alle nostre legittime scelte di comodo?
- Il brano evangelico ci ha ricordato che il disegno del Padre sull’uomo e sulla donna è un mirabile progetto d’amore. Sei consapevole che l’amore ha una legge imprescindibile: comporta il dono totale e pieno della propria persona all’altro?
Preghiera finale
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. (Sal 50)
Sabato, 13 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno,
che ci dai il privilegio di chiamarti Padre, fa’ crescere in noi lo spirito di figli adottivi, perché possiamo entrare nell’eredità che ci hai promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 19,13-15
In quel tempo, furono portati a Gesù dei bambini perché imponesse loro le mani e pregasse; ma i discepoli li sgridavano.
Gesù però disse loro: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di questi è il regno dei cieli”. E dopo avere imposto loro le mani, se ne partì.
Riflessione
- Il vangelo è molto breve. Appena tre versetti. Descrive come Gesù accoglie i bambini.
- Matteo 19,13: L’atteggiamento dei discepoli dinanzi ai bambini. Portarono da Gesù alcuni bambini, affinché lui imponesse loro le mani e pregasse per loro. I discepoli ripresero le madri. Perché? Probabilmente d’accordo con le norme severe delle leggi dell’impurità, i bambini piccoli nelle condizioni in cui vivevano erano considerati impuri. Se loro toccavano Gesù, Gesù sarebbe divenuto impuro. Per questo, era importante evitare che giungessero vicino a lui e lo toccassero. Perché già era avvenuto una volta, quando un lebbroso toccò Gesù. Gesù rimase impuro e non poté più entrare nella città. Doveva rimanere in luoghi deserti (Mc 1,4-45).
- Matteo 19,14-15: L’atteggiamento di Gesù: accoglie e difende la vita dei bambini. Gesù riprende i discepoli e dice: “Lasciate che i bambini vengano a me, perché di essi è il Regno dei Cieli.” A Gesù non importa trasgredire le norme che impediscono la fraternità e l’accoglienza da dare ai piccoli. La nuova esperienza di Dio Padre ha marcato la vita di Gesù e gli dà occhi nuovi per percepire e valutare la relazione tra le persone. Gesù si mette al lato dei piccoli, degli esclusi e assume la sua difesa. Impressiona quando si mette insieme tutto ciò che la Bibbia dice su gli atteggiamenti di Gesù in difesa della vita dei bambini, dei piccoli:
- Ringraziare per il Regno presente nei piccoli. La gioia di Gesù è grande, quando vede che i bambini, i piccoli, capiscono le cose del Regno che lui annunciava alla gente. “Padre, io ti ringrazio!” (Mt 11,25-26) Gesù riconosce che i piccoli capiscono più dei dottori le cose del Regno!
- Difendere il diritto di gridare. Quando Gesù, entrando nel Tempio, rovescia i tavoli dei cambiavalute, furono i bambini a gridare: “Osanna al Figlio di Davide!” (Mt 21,15). Criticati dai capi dei sacerdoti e dagli scribi, Gesù li difende e nella sua difesa invoca le Scritture (Mt 21,16).
- Identificarsi con i piccoli. Gesù abbraccia i piccoli e si identifica con loro. Chi accoglie un piccolo, accoglie Gesù (Mc 9, 37). “E ogni volta che avete fatto queste cose a uno di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me (Mt 25,40).
- Accogliere e non scandalizzarsi. Una delle parole più dure di Gesù è contro coloro che sono causa di scandalo per i piccoli, cioè, che sono il motivo per cui i piccoli non credono più in Dio. Per questo, meglio sarebbe per loro legarsi al collo una pietra da molino ed essere gettati nell’abisso del mare (Lc 17,1-2; Mt 18,5-7). Gesù condanna il sistema, sia politico che religioso, che è motivo per cui i piccoli, la gente umile, perde la sua fede in Dio.
- Diventare come bambini. Gesù chiede ai suoi discepoli di diventare come bambini e di accettare il Regno come i bambini. Senza questo non è possibile entrare nel Regno (Lc 9,46- 48). Indica che i bambini sono professori degli adulti. Ciò non era normale. Siamo abituati al contrario.
- Accogliere e toccare (il vangelo di oggi). Madri con figli che giungono vicino a Gesù per chiedere la benedizione. Gli apostoli reagiscono e le allontanano. Gesù corregge gli adulti ed accoglie le madri con i bambini. Tocca i bambini e li abbraccia. “Lasciate che i piccoli vengano a me, non glielo impedite!” (Mc 10,13-16; Mt 19,13-15). Nelle norme dell’epoca, sia le mamme che i figli piccoli, vivevano, praticamente, in uno stato di impurità legale. Gesù non si lascia trascinare da questo.
- Accogliere e curare. Sono molti i bambini ed i giovani che lui accoglie, cura e risuscita: la figlia di Giairo, di 12 anni (Mc 5,41-42), la figlia della donna Cananea (Mc 7,29-30), il figlio della vedova di Naim (Lc 7,14-15), il bambino epilettico (Mc 9,25-26), il figlio del Centurione (Lc 7,9-10), il figlio del funzionario pubblico (Gv. 4,50), il fanciullo con i cinque pani ed i due pesci (Gv. 6,9).
Per un confronto personale
- Bambini: cosa hai imparato dai bambini lungo gli anni della tua vita? E cosa imparano i bambini da te su Dio, su Gesù e sulla vita?
- Qual è l’immagine di Dio che irradio ai bambini? Dio severo, buono, distante o assente?
Preghiera finale
Signore, rendimi la gioia di essere salvato, sostieni in me un animo generoso. Insegnerò agli erranti le tue vie e i peccatori a te ritorneranno. (Sal 50).
Domenica, 14 agosto 2022
Attenzione agli avvenimenti.
Gesù insegna a leggere i segni dei tempi
Luca 12,49-59
Orazione iniziale
Shaddai, Dio della montagna, che fai della nostra fragile vita la rupe della tua dimora, conduci la nostra mente
a percuotere la roccia del deserto, perché scaturisca acqua alla nostra sete. La povertà del nostro sentire
ci copra come manto nel buio della notte
e apra il cuore ad attendere l’ eco del Silenzio finché l’alba, avvolgendoci della luce del nuovo mattino,
ci porti,
con le ceneri consumate del fuoco dei pastori dell’Assoluto che hanno per noi vegliato accanto al divino Maestro, il sapore della santa memoria.
Lectio
- a) Il testo:
49 Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! 50 C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! 51 Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. 52 D’ora innanzi in una casa di cinque persone 53 si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». 54 Diceva ancora alle folle:
«Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. 55 E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade.
56 Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? 57 E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? 58 Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. 59 Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo». b) Momento di silenzio:
Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.
MEDITATIO
- a) Domande per la riflessione:
- Sono venuto a portare il fuoco sulla terra:il fuoco suppone una veemenza di sentimento e un centro di vita perché dove c’è luce, calore, forza, movimento c’è vita. E non vita che ristagna, vita che si alimenta di continuo. In me arde il fuoco della vita di Dio?
- Perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto?L’invito a discernere personalmente è quanto mai urgente in un mondo in cui le opinioni si rincorrono e fanno “massa”… Quanto mi faccio condizionare dai giudizi e dai criteri di scelta degli altri?
- Procura di accordarti con lui…Tu sei incamminato verso un tribunale perché pensi di stare nel giusto, ma anche l’avversario nutre la stessa certezza. Come mi sento di fronte a chi sento ostile? Mi sento sicuro di me al punto da andare a finire in tribunale oppure cerco di trovare un accordo cammin facendo?
- b) Analisi dettagliata del testo:
- 49. Sono venuto a portare il fuoco sulla terra; e come vorrei che fosse già acceso! Il fuoco che non si estingue viene dal cielo, è il fuoco dello Spirito che fa del tutto che esiste l’espressione luminosa e calda della presenza divina fra noi. Il battesimo dell’amore. Nasce la luce, nasce il pane, nasce l’acqua, nasce Dio! La croce, una nuova Betlemme, casa del Pane consumato, una nuova Emmaus, locanda del Pane spezzato, una nuova Betania, casa del Pane profumato offerto agli uomini per sempre.
- 50. C’è un battesimo che devo ricevere; e come sono angosciato, finché non sia compiuto! L’angoscia, sintomo di quelle paure che dal di dentro afferrano e deturpano, stravolgono e lasciano senza fiato, l’ha provata anche Gesù. Cosa si può contro l’angoscia? Nulla si può se non l’attesa che si compia ciò che è bene e che i timori siano coinvolti nell’evento atteso. L’angoscia stringe e può demolire ogni possibilità di movimento interiore. L’angoscia di chi ha fiducia e accoglie la vita, pur stringendo la persona in una morsa terribile, non demolisce, semmai fortifica in quanto rende l’attesa scevra di illusioni e di facili speranze.
- 51. Pensate che io sia venuto a portare la pace sulla terra? No, vi dico, ma la divisione. L’uomo cerca la pace. Ma quale pace? La pace del “non mi disturbare”, la pace del “non creiamoci problemi”, la pace del “tutto va bene”, una pace di superficie. Questa pace è quella terrena. Gesù è venuto a portarci la vera pace, la pienezza dei doni di Dio. Questa pace allora non si chiama più pace, ma in quanto va contro la pace apparente si chiama agli occhi del mondo “divisione”. Si può dire meglio che la pace di Cristo elegge e in quanto elegge discrimina, come una calamita che in un campo magnetico attrae a sé chi è della stessa “natura” ma non opera alcuna attrazione verso chi non è di natura simile.
- 52-53.D’ora innanzi in una casa di cinque persone si divideranno tre contro due e due contro tre; padre contro figlio e figlio contro padre, madre contro figlia e figlia contro madre, suocera contro nuora e nuora contro suocera». Tutto ciò che divide non viene da Dio, perché in Dio si fa unità. Ma nel Suo nome è possibile anche andare oltre il comandamento naturale. Onora il padre e la madre, dice la legge antica. E la legge nuova che è quella dell’amore senza limiti arriva però a dire: Chi ama il padre e la madre più di me non è degno di me. Divisione in tal caso si può intendere come priorità di amore, gerarchia di valori. A Dio, fonte della vita, spetta il primo posto. Al padre e alla madre che hanno accolto la vita, il secondo posto… è nella natura logica della creazione un tale ordine. Non è onore al padre e alla madre il disobbedire a Dio o il venir meno all’amore di Cristo. Perché l’amore del padre e della madre è amore di risposta, l’amore di Dio è amore generante.
- 54-55. Diceva ancora alle folle: «Quando vedete una nuvola salire da ponente, subito dite: Viene la pioggia, e così accade. E quando soffia lo scirocco, dite: Ci sarà caldo, e così accade. Prima di rimproverare le folle, Gesù apprezza ciò che di buono sono capaci di fare. Se una nube viene da ponente, è pioggia che arriva. E questa certezza è nata all’uomo dall’osservare i fenomeni naturali fino a formulare delle leggi. Se il vento è scirocco, arriva il caldo. Constatato e riflettuto, ci si regola di conseguenza.
- 56. Ipocriti! Sapete giudicare l’aspetto della terra e del cielo, come mai questo tempo non sapete giudicarlo? Perché non usare lo stesso criterio per gli eventi del momento presente? La storia parla. Perché non valutarla sulla base dell’esperienza? La logica che lega premesse e conseguenze è la stessa sugli eventi umani e soprannaturali. Il mondo delle relazioni, il mondo delle convinzioni religiose, il mondo delle attese umane… tutto soggiace alla stessa legge. Allora se si attende il Cristo da secoli come compimento delle promesse di Dio, e se questo Gesù di Nazareth compie le opere della fede con il dito di Dio perché dubitare che sia giunto il Regno di Dio? Questa è ipocrisia. Un non voler ammettere la fedeltà di Dio e intestardirsi ad attendere il compimento delle proprie vedute.
- 57. E perché non giudicate da voi stessi ciò che è giusto? Ciò che è giusto è sempre giudicabile. Non serve attendere i giudizi altrui. Eppure siamo sempre legati al pensiero e alle parole altrui, a ciò che accade e a ciò che si prospetta, a prospettive di successo e a mille esitamenti. Fidarsi del proprio corretto giudizio è saggio!
- 58. Quando vai con il tuo avversario davanti al magistrato, lungo la strada procura di accordarti con lui, perché non ti trascini davanti al giudice e il giudice ti consegni all’esecutore e questi ti getti in prigione. La saggezza e il giudizio di Gesù sono orientati a qualcosa di veramente utile. Non sperare di ricevere giustizia, perché nessuno è giusto tanto da poter evitare la condanna alla prigionia. Siamo tutti peccatori! E allora invece che appellarti a una giustizia falsa, quella per la quale ti ritieni degno di assoluzione, appellati alla concordia. Trova un accordo che non ti porti davanti a un giudice. Giudica tu i fatti e concludi che è sempre meglio non sentirsi affrancati da colpe. Lo dice san Paolo: Io neppure giudico me stesso… il mio giudice è il Signore. Lui sì…
- 59. Ti assicuro, non ne uscirai finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo». Chi non debiti? Perché vogliamo vivere la nostra vita in un tribunale per stabilire costantemente chi è colpevole e chi è innocente? Non sarà meglio vivere semplicemente, in accordo e armonia con chiunque, dal momento che tutti si cerca di volere il bene e tutti si ha come moneta di scambio la fragilità e la debolezza? c) Riflessione:
Potessimo anche noi portare il fuoco nella terra del nostro cuore! Un fuoco capace di espandersi senza fare danni di incendio, ma creando legami caldi di vivace scambio… Chi gioca con il fuoco si ritrova certamente con le mani bruciate, ma quanto beneficio per tutti. Il fuoco divide, crea cerchi di incontro e barriere di inaccessibile transito. Come in tutte le cose divine ci si ritrova ad un bivio: con Cristo o contro di lui. Sì, perché non bisogna mai dimenticare che è segno di contraddizione per ogni tempo, pietra di inciampo per quanti guardano in alto aspettandosi miracoli e prodigi e pietra angolare per chi guarda le sue mani stanche e afferra le mani di un carpentiere intento a costruire la casa della speranza, la Chiesa. Un tempo di grazia: come non riconoscerlo? Se passi accanto un fuoco acceso, ne senti il calore. E Cristo è fuoco acceso! Se attraversi un torrente in piena in una giornata afosa d’estate, ne senti la frescura e sei attratto da quel muoversi che viene a te per dissetarsi e donarti momenti di ristoro. E Cristo è acqua che zampilla per la vita eterna! Se nella notte ascolti il silenzio, non puoi non sentirti trepidante di attesa per la luce del nuovo giorno che si leverà. E Cristo è sole che sorge! È Parola che nella notte è silenzio e ad oriente si fa sillabe di nuovo dialogo. Perché non accorgerti che è giusto far cadere ogni ostilità e camminare con chiunque riconoscendolo come fratello? Se lo pensi come nemico, vai a cercare giustizia… Se lo pensi come fratello, ti nasce il pensiero di accudirlo e di fare insieme un tratto di strada, di condividere con lui le tue angosce e le tue ansie, di ascoltare da lui i suoi affanni. Perché vuoi a tutti i costi pagare il tuo debito fino all’ultimo spicciolo?
ORATIO
Salmo 31
Beato l’uomo a cui è rimessa la colpa, e perdonato il peccato.
Beato l’uomo a cui Dio non imputa alcun male e nel cui spirito non è inganno. Tacevo e si logoravano le mie ossa, mentre gemevo tutto il giorno.
Giorno e notte pesava su di me la tua mano, come per arsura d’estate inaridiva il mio vigore. Ti ho manifestato il mio peccato, non ho tenuto nascosto il mio errore.
Ho detto: «Confesserò al Signore le mie colpe» e tu hai rimesso la malizia del mio peccato.
Per questo ti prega ogni fedele nel tempo dell’angoscia.
Quando irromperanno grandi acque non lo potranno raggiungere.
Tu sei il mio rifugio, mi preservi dal pericolo, mi circondi di esultanza per la salvezza.
Ti farò saggio, t’indicherò la via da seguire; con gli occhi su di te, ti darò consiglio. Non siate come il cavallo e come il mulo privi d’intelligenza;
si piega la loro fierezza con morso e briglie, se no, a te non si avvicinano. Molti saranno i dolori dell’empio,
ma la grazia circonda chi confida nel Signore. Gioite nel Signore ed esultate, giusti, giubilate, voi tutti, retti di cuore.
CONTEMPLATIO
Signore, tu che scruti il mio cuore e fai dei miei timori i sentieri per creare novità di dono, entra nella mie angosce. Lì dove si perde la mia speranza e il tremore mi divora, lì dove ogni scintilla di grazia scotta le mie sicurezze e fa di me un cumulo di cenere, lì accendi di nuovo il fuoco dell’amore. Donami uno sguardo capace di penetrare la realtà e di afferrare il tuo sguardo che mi attende oltre il velo dell’apparenza. Non permettere che sia portato via da me il desiderio di comunione. E anche lì dove nel tuo nome io trovassi opposizione, resistenza, avversità possa entrare nell’angoscia della divisione per mantenere viva la fiamma dell’incontro con te!
Lunedì, 15 agosto 2022
La visita di Maria a Elisabetta
Luca 1,39-56
Lectio
- a) Orazione iniziale:
Spirito Santo, Spirito di sapienza, di scienza, di intelletto, di consiglio, riempici, ti preghiamo della conoscenza della Parola di Dio, riempici di ogni sapienza e intelligenza spirituale per poterla comprendere in profondità. Fa che sotto la tua guida noi possiamo comprendere il vangelo di questa solennità mariana. Spirito santo abbiamo bisogno di te, il solo che continuamente modella in noi la figura e la forma di Gesù. E ci rivolgiamo a te, Maria, Madre di Gesù e della Chiesa, che hai vissuto la presenza inebriante e totalizzante dello Spirito Santo, che hai sperimentato la potenza della sua forza in te, che l’hai visto operante nel tuo Figlio Gesù sin dal grembo materno, apri il nostro cuore e la nostra mente, perché siano docili all’ascolto della Parola di Dio. b) Lettura del vangelo:
39In quei giorni Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta.41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo42ed esclamò a gran voce: «Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? 44Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo.45E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore».
46Allora Maria disse:
«L’anima mia magnifica il Signore
47e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, 48perché ha guardato l’umiltà della sua serva.
D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. 49Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente. e Santo è il suo nome:
50di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono.
51Ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; 52ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili;
53ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato i ricchi a mani vuote.
54Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, 55come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre».
56Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua. c) Momenti di silenzio orante:
Il silenzio è una qualità di chi sa ascoltare Dio. Impegnati a creare in te un atmosfera di pace e di silenziosa adorazione. Se sei capace di stare in silenzio davanti a Dio potrai ascoltare il suo respiro che è Vita.
MEDITATIO
- a) Chiave di lettura:
Benedetta tu fra le donne
Nella prima parte del vangelo odierno risuonano le parole di Elisabetta, «Benedetta tu fra le donne», precedute da un movimento spaziale. Maria lascia Nazaret, collocata al nord della Palestina, per recarsi al sud, a circa centocinquanta chilometri, in una località che la tradizione ha identificato con l’attuale Ain Karem, poco lontana da Gerusalemme. Il muoversi fisico mostra la sensibilità interiore di Maria, che non è chiusa a contemplare in modo privato ed intimistico il mistero della divina maternità che si compie in lei, ma è proiettata sul sentiero della carità. Ella si muove per portare aiuto alla sua anziana cugina. Il recarsi di Maria da Elisabetta è connotato dall’aggiunta ‘in fretta’ che sant’Ambrogio interpreta così «Maria si avviò in fretta verso la montagna, non perché fosse incredula della profezia o incerta dell’annunzio o dubitasse della prova, ma perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall’intima gioia… La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze». Il lettore, però, sa che il motivo vero del viaggio non è indicato, ma lo può ricavare attraverso delle informazioni desunte dal contesto. L’angelo aveva comunicato a Maria la gravidanza di Elisabetta, già al sesto mese (cfr. v. 37). Inoltre il fatto che ella si fermerà tre mesi (cfr. v. 56), giusto il tempo perché il bambino possa nascere, permette di ritenere che Maria intendeva portare aiuto alla cugina. Maria corre e va là dove la chiama l’urgenza di una necessità, di un bisogno, dimostrando, cosi, una spiccata sensibilità e concreta disponibilità.
Insieme con Maria, portato in grembo, Gesù si muove con la Madre. Da qui è facile evincere il valore cristologico dell’episodio della visita di Maria alla cugina: l’attenzione è soprattutto su Gesù. A prima vista potrebbe sembrare una scena concentrata sulle due donne, in realtà, ciò che è importante per l’evangelista è il prodigio presente nel loro concepimento. La mobilitazione di Maria tende, in fondo, a far incontrare le due donne.
Appena Maria entra in casa e saluta Elisabetta, il piccolo Giovanni ha un sussulto. Secondo alcuni il sussulto non è paragonabile agli spostamenti del feto, sperimentati da ogni donna incinta. Luca usa un verbo greco particolare che significa propriamente ‘saltare’. Volendo interpretare il verbo, un po’ liberamente, lo si può indicare con ‘danzare’, escludendo così l’accezione di un fenomeno solo fisico. Qualcuno ha pensato che quella ‘danza’ la si potrebbe considerare una forma di ‘omaggio’ che Giovanni rende a Gesù, inaugurando, non ancora nato, quell’atteggiamento di rispetto e di sudditanza che caratterizzerà la sua vita: «Dopo di me viene uno che è più forte di me e al quale non son degno di sciogliere i legacci dei suoi sandali» (Mc 1,7). Un giorno lo stesso Giovanni testimonierà «Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l’amico dello sposo che è presente e l’ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv 3,29-30). Così commenta s. Ambrogio: «Elisabetta udì per prima la voce, ma Giovanni percepì per primo la grazia». Una conferma di questa interpretazione la troviamo nelle stesse parole di Elisabetta che, riprendendo al v. 44 lo stesso verbo greco già impiegato al v. 41, precisa: «Ha esultato di gioia nel mio grembo». Luca, con questi particolari, ha voluto evocare il prodigio verificatosi nell’intimità di Nazaret. Solo ora, grazie al dialogo con un’interlocutrice, il mistero della divina maternità lascia la sua segretezza e la sua dimensione individuale, per diventare un fatto noto, oggetto di apprezzamento e di lode.
Le parole di Elisabetta «Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me?» (vv. 42-43). Con un’espressione semitica che equivale a un superlativo («fra le donne»), l’evangelista vuole attirare l’attenzione del lettore sulla funzione di Maria: essere la «Madre del Signore». E quindi a lei viene riservata una benedizione («benedetta tu») e una beatitudine beata. In che consiste quest’ultima? Esprime l’adesione di Maria alla volontà divina. Maria non è solo destinataria di un arcano disegno che la rende benedetta, ma pure persona che sa accettare e aderire alla volontà di Dio. Maria è una creatura che crede, perché si è fidata di una parola nuda e che ella ha rivestito col suo «sì» di amore. Ora Elisabetta le riconosce questo servizio d’amore, identificandola «benedetta come madre e beata come credente».
Intanto Giovanni percepisce la presenza del suo Signore ed esulta, esprimendo con quel movimento interiore la gioia che scaturisce da quel contatto salvifico. Di tale evento si farà interprete Maria nel canto del Magnificat. b) Un canto di amore:
In questo canto Maria si considera parte degli anawim, dei ‘poveri di Dio’, di coloro che ‘temono Dio’ riponendo in Lui ogni loro fiducia e speranza e che sul piano umano non godono nessun diritto o prestigio. La spiritualità degli anawim può essere sintetizzata dalle parole del Salmo 37,79: «Nel silenzio sta innanzi a Dio e in lui spera», perché «coloro che sperano nel Signore possederanno la terra».
Nel Sal 86,6 l’orante, rivolgendosi a Dio, dice: «Dona al tuo servo la tua forza»: qui il termine ‘servo’ esprime il suo essere sottomesso, come anche il sentimento dell’appartenenza a Dio, di sentirsi sicuro presso di lui.
I poveri, nel senso strettamente biblico, sono coloro che ripongono in Dio una fiducia incondizionata; per questo sono da considerarsi la parte migliore, qualitativa, del popolo d’Israele.
Gli orgogliosi, invece, sono coloro che ripongono tutta la loro fiducia in se stessi.
Ora, secondo il Magnificat, i poveri hanno mille motivi per rallegrarsi, perché Dio glorifica gli anawim (Sal 149,4) e abbassa gli orgogliosi. Un’immagine presa dal NT, che traduce molto bene l’atteggiamento del povero dell’AT, è quella del pubblicano che con umiltà si batte il petto, mentre il fariseo compiacendosi dei suoi meriti si consuma nell’orgoglio (Lc 18,9-14). In definitiva Maria celebra quanto Dio ha operato in lei e quanto opera in ogni credente. Gioia e gratitudine caratterizzano questo inno alla salvezza che riconosce grande Dio ma che pure fa grande chi lo canta. c) Alcune domande per meditare:
- La mia preghiera è innanzitutto espressione d’un sentimento o celebrazione e riconoscimento dell’azione di Dio?
- Maria è raffigurata come la credente nella Parola del Signore. Quanto tempo dedico all’ascolto della Parola di Dio?
- La tua preghiera si alimenta alla Bibbia, come ha fatto Maria? Oppure sono dedito al devozionalismo che produce a getto continuo preghiere incolori e insapori? Sei convinto che ritornare alla preghiera biblica è sicurezza di trovare un alimento solido, scelto da Maria stessa?
- Sei nella logica del Magnificat che esalta la gioia del dare, del perdere per trovare, dell’accogliere, la felicità della gratuità, della donazione?
ORATIO
- a) Salmo 44 (45), 10-11; 12; 15b-16
Il salmo, in questa seconda parte, glorifica la regina. Nella liturgia odierna questi versetti sono applicati a Maria e ne celebrano la grandezza e la bellezza.
Figlie di re stanno tra le tue predilette; alla tua destra la regina in ori di Ofir. Ascolta, figlia, guarda, porgi l’orecchio, dimentica il tuo popolo e la casa di tuo padre. Al re piacerà la tua bellezza.
Egli è il tuo Signore: prostrati a lui. Con lei le vergini compagne a te sono condotte; guidate in gioia ed esultanza entrano nel palazzo del re. b) Preghiera finale:
La preghiera che segue è una breve meditazione sul ruolo materno di Maria nella vita del credente: «Maria, donna che sa gioire che sa esultare, che si lascia invadere dalla consolazione piena dello Spirito santo, insegnaci a pregare perché possiamo anche noi scoprire la fonte della gioia. Nella casa di Elisabetta, tua cugina, sentendoti accolta e capita nel tuo intimo segreto, prorompesti nell’inno di esultanza del cuore, parlando di Dio, di te in rapporto a Lui, e della inaudita avventura già avviata di essere madre di
Cristo e di noi tutti, popolo santo di Dio. Insegnaci a dare un ritmo di speranza e fremiti di gioia alle nostre preghiere, a volte logorate da amari piagnistei e intrise di mestizia quasi d’obbligo. Il Vangelo ci parla di te, Maria, e di Elisabetta: ambedue custodivate nel cuore qualcosa, che non osavate o non volevate manifestare a nessuno. Ciascuna di voi, però, si sentì compresa dall’altra, quel fatidico giorno della visitazione e aveste parole e preghiera di festa. Il vostro incontro divenne liturgia di ringraziamento e di lode al vostro ineffabile Dio. Tu, donna della gioia profonda, cantasti il Magnificat, rapita e stupita di quanto il Signore andava operando nell’umile sua serva. Magnificat è il grido, l’esplosione della gioia, che scoppia dentro ciascuno di noi, quando si sente accolto e compreso».
CONTEMPLATIO
La vergine Maria, tempio dello Spirito Santo, ha accolto con fede la Parola e si è consegnata interamente alla potenza dell’Amore. A motivo di ciò è diventata icona dell’interiorità, cioè tutta raccolta sotto lo sguardo di Dio e abbandonata alla potenza dell’Altissimo. Maria tace di sé, perché tutto in lei possa parlare delle meraviglie del Signore nella sua vita.
Martedì, 16 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 19,23-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”.
A queste parole i discepoli rimasero costernati e chiesero: “Chi si potrà dunque salvare?”.
E Gesù, fissando su di loro lo sguardo, disse: “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile”.
Allora Pietro prendendo la parola disse: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito; che cosa dunque ne otterremo?”.
E Gesù disse loro: “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele.
Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi è la continuazione immediata del vangelo di ieri. Riporta il commento di Gesù riguardo alla reazione negativa del giovane ricco.
- Matteo 19,23-24: Il cammello e la cruna dell’ago. Dopo che il giovane se ne va, Gesù commenta la sua decisione e dice: “In verità vi dico: difficilmente un ricco entrerà nel regno dei cieli. Ve lo ripeto: è più facile che un cammello passi per la cruna di un ago, che un ricco entri nel regno dei cieli”. Due osservazioni riguardo a questa affermazione di Gesù: a) Il proverbio del cammello e della cruna dell’ago si usava per dire che una cosa era impossibile, umanamente parlando. b) L’espressione “che un ricco entri nel Regno” si tratta, in primo luogo, non dell’entrata nei cieli dopo la morte, ma dell’entrata nella comunità attorno a Gesù. E fino ad oggi è così. I ricchi difficilmente entrano e si sentono a casa nelle comunità che cercano di vivere il vangelo d’accordo con le esigenze di Gesù e che cercano di aprirsi ai poveri, agli emigranti ed agli esclusi dalla società .
- Matteo 19,25-26: La paura dei discepoli. Il giovane aveva osservato i comandamenti, ma senza capire il perché dell’osservanza. Qualcosa di simile stava accadendo con i discepoli. Quando Gesù li chiamò, fecero esattamente ciò che Gesù aveva chiesto al giovane: lasciarono tutto e andarono dietro a Gesù (Mt 4,20.22). Ma rimasero spaventati dall’affermazione di Gesù sulla quasi impossibilità da parte di un ricco di entrare nel Regno di Dio. Segno che non avevano capito bene la risposta di Gesù al giovane ricco: “Va, vendi tutto, dallo ai poveri e tu vieni e seguimi!” Perché, se l’avessero capito, non sarebbero rimasti così sorpresi dall’esigenza di Gesù. Quando la ricchezza o il desiderio di ricchezza occupa il cuore e lo sguardo, la persona non riesce a capire il senso della vita e del vangelo. Solo Dio può aiutare! “Questo è impossibile agli uomini, ma a Dio tutto è possibile.”
- Matteo 19,27: La domanda di Pietro. Lo sfondo dell’incomprensione dei discepoli appare nella domanda di Pietro: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. Che cosa dunque ne otterremo?” Malgrado la generosità così bella dell’abbandono di tutto, loro hanno ancora la vecchia mentalità. Hanno abbandonato tutto per ricevere qualcosa in cambio. Ancora non avevano capito bene il senso del servizio e della gratuità.
- Matteo 19,28-30: La risposta di Gesù. “In verità vi dico: voi che mi avete seguito, nella nuova creazione, quando il Figlio dell’uomo sarà seduto sul trono della sua gloria, siederete anche voi su dodici troni a giudicare le dodici tribù di Israele. Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre, o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in eredità la vita eterna. Molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”. In questa risposta, Gesù descrive il mondo nuovo, i cui fondamenti erano stati messi dal lavoro suo e dei discepoli. Gesù mette l’accento su tre punti importanti: (a) I discepoli si siederanno sui dodici troni accanto a Gesù per giudicare le dodici tribù di Israele (cf. Apc 4,4). (b) Riceveranno in cambio molte cose che avevano abbandonato: case, fratelli, sorelle, madre, figli, campi ed erediteranno la vita eterna. (c) Il mondo futuro sarà il rovescio del mondo attuale. Lì gli ultimi saranno i primi e i primi saranno gli ultimi. La comunità attorno a Gesù è seme e dimostrazione di questo nuovo mondo. Fino ad oggi le piccole comunità dei poveri continuano ad essere seme e dimostrazione del Regno.
- Ogni volta che nella storia della gente della Bibbia, sorge un movimento per rinnovare l’Alleanza, comincia ristabilendo i diritti dei poveri, degli esclusi. Senza ciò, l’Alleanza non si ricostruisce. E’ questo il senso e il motivo dell’inserimento e della missione della comunità di Gesù, in mezzo ai poveri. Attinge dalla radice ed inaugura la Nuova Alleanza.
Per un confronto personale
- Abbandonare case, fratelli, sorelle, padre, madre, figli, campi, in nome di Gesù. Come avviene questo nella tua vita? Cosa hai già ricevuto in cambio?
- Oggi, la maggior parte dei paesi poveri non è di religione cristiana, mentre la maggioranza dei paesi ricchi sì. Come si applica oggi il detto del cammello che non passa per la cruna di un ago?
Preghiera finale
Se dovessi camminare in una valle oscura,
non temerei alcun male, perché Signore, tu sei con me. Il tuo bastone e il tuo vincastro mi danno sicurezza. (Sal 22)
Mercoledì, 17 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 20,1-16
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna.
Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.
Uscito poi verso le nove del mattino, ne vide altri che stavano sulla piazza disoccupati e disse loro: Andate anche voi nella mia vigna; quello che è giusto ve lo darò. Ed essi andarono.
Uscì di nuovo verso mezzogiorno e verso le tre e fece altrettanto.
Uscito ancora verso le cinque, ne vide altri che se ne stavano là e disse loro: Perché ve ne state qui tutto il giorno oziosi? Gli risposero: Perché nessuno ci ha presi a giornata.
Ed egli disse loro: Andate anche voi nella mia vigna.
Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi.
Venuti quelli delle cinque del pomeriggio, ricevettero ciascuno un denaro. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. Nel ritirarlo però, mormoravano contro il padrone dicendo: Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo.
Ma il padrone, rispondendo a uno di loro, disse: Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio?
Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?
Così gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi”.
Riflessione
- l vangelo di oggi narra una parabola che solo Matteo riporta. Non c’è negli altri vangeli. Come in tutte le parabole, Gesù racconta una storia fatta di elementi quotidiani della vita della gente. Lui fa un ritratto della situazione sociale del suo tempo, in cui gli uditori si riconoscono. Ma nello stesso tempo, nella storia di questa parabola, avvengono cose che non avvengono mai nella realtà della vita della gente. Perché, parlando del padrone, Gesù pensa a Dio, a suo Padre. Per questo, nella storia della parabola, il padrone fa cose sorprendenti che non avvengono nella vita quotidiana degli uditori. In questo atteggiamento strano del padrone bisogna trovare la chiave per capire il messaggio della parabola.
- Matteo 20,1-7: Le cinque volte che il padrone esce alla ricerca degli operai. “Il regno dei cieli è simile a un padrone di casa che uscì all’alba per prendere a giornata lavoratori per la sua vigna. Accordatosi con loro per un denaro al giorno, li mandò nella sua vigna.” Così inizia la storia che parla da sé e non ha bisogno di molti commenti. In ciò che segue, il padrone esce quattro volte a chiamare gli operai perché vadano a lavorare nella sua vigna. Gesù allude alla terribile mancanza di impiego di quell’epoca. Alcuni dettagli della storia: (a) Il padrone stesso esce personalmente cinque volte per contattare operai. (b) Quando contatta gli operai, fissa il salario solo con il primo gruppo: un denaro al giorno. A quelli delle nove del mattino dice: Quello che è giusto, ve lo darò. Con gli altri non fissò nulla. Li contattò solo per lavorare nella vigna. (c) Alla fine della giornata, quando si trattava di dar la paga agli operai, il padrone ordina all’amministratore di occuparsi di questo servizio.
- Matteo 20,8-10: Lo strano modo di fare i conti alla fine della giornata. Quando fu sera, il padrone della vigna disse al suo fattore: Chiama gli operai e dà loro la paga, incominciando dagli ultimi fino ai primi. Qui, nel momento di fare i conti, avviene qualcosa di strano, che non avviene nella vita normale. Sembra che le cose si invertano. Il pagamento inizia da coloro che sono stati contattati appena qualche ora prima. Il pagamento è uguale per tutti: un denaro, come era stato combinato con coloro contattati all’inizio della giornata. Quando arrivarono i primi, pensavano che avrebbero ricevuto di più. Ma anch’essi ricevettero un denaro per ciascuno. Perché il padrone agisce così? Tu faresti così? E’ proprio in questo gesto sorprendente del padrone che è nascosta la chiave del messaggio di questa parabola.
- Matteo 20,11-12: La reazione nomale degli operai dinanzi allo strano atteggiamento del padrone. Gli ultimi a ricevere il salario sono quelli contattati per primi. Costoro, dice la storia, nel ricevere il pagamento cominciano a mormorare contro il padrone e dicono: “Questi ultimi hanno lavorato un’ora soltanto e li hai trattati come noi, che abbiamo sopportato il peso della giornata e il caldo”. E’ la reazione normale del buon senso. Penso che tutti noi avremmo la stessa reazione e diremmo la stessa cosa al padrone. O no?
- Matteo 20,13-16: La spiegazione sorprendente del Padrone che fornisce la chiave della parabola. La risposta del padrone è questa: “Amico, io non ti faccio torto. Non hai forse convenuto con me per un denaro? Prendi il tuo e vattene; ma io voglio dare anche a quest’ultimo quanto a te. Non posso fare delle mie cose quello che voglio? Oppure tu sei invidioso perché io sono buono?” Queste parole danno la chiave che spiega l’atteggiamento del padrone e indica il messaggio che Gesù ci vuole comunicare: (a) Il padrone non fu ingiusto, poiché agisce d’accordo con quello che aveva stipulato con il primo gruppo di operai: un denaro al giorno. (b) E’ decisione sovrana del padrone dare agli ultimi la stessa paga che aveva stipulato con quelli della prima ora. Costoro non hanno diritto a reclamare. (c) Agendo con giustizia, il padrone ha diritto di fare il bene che lui vuole con le cose che gli appartengono. L’operaio da parte sua ha questo stesso diritto. (d) La domanda finale tocca il punto centrale: Oppure, tu sei invidioso perché io sono buono? Dio è diverso! I suoi pensieri non sono i nostri pensieri (Is 55,8-9).
- Lo sfondo della parabola è la congiuntura di quell’epoca, tanto di Gesù come di Matteo. Gli operai della prima ora sono il popolo ebreo, chiamato da Dio a lavorare nella sua vigna. Loro sopportano il peso della giornata, da Abramo a Mosè, da oltre mille anni. Ora, nell’undicesima ora, Gesù chiama i pagani a lavorare nella sua vigna e loro giungono ad avere la preferenza nel cuore di Dio. “Così, gli ultimi saranno i primi e i primi, gli ultimi”.
Per un confronto personale
- Quelli dell’undecima ora arrivano, hanno vantaggi e ricevono priorità nella fila d’entrata del Regno di Dio. Quando tu aspetti due ore in fila, ed arriva una persona che senza dir nulla ti si mette davanti, tu l’accetteresti? Le due situazioni sono paragonabili?
- L’azione di Dio supera i nostri calcoli e il nostro modo umano di agire. Lui sorprende e a volte è scomodo. E’ successo a volte nella tua vita? Che lezione ne hai tratto?
Preghiera finale
Felicità e grazia mi saranno compagne tutti i giorni della mia vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni. (Sal 22)
Giovedì, 18 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 22,1-14
In quel tempo, Gesù riprese a parlare in parabole ai capi dei sacerdoti e agli anziani e disse: “Il regno dei cieli è simile a un re che fece un banchetto di nozze per suo figlio.
Egli mandò i suoi servi a chiamare gli invitati alle nozze, ma questi non vollero venire. Di nuovo mandò altri servi a dire: Ecco ho preparato il mio pranzo; i miei buoi e miei animali ingrassati sono già macellati e tutto è pronto; venite alle nozze. Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero. Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città. E disse ai suoi servi: Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze.
Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali. Il re entrò per vedere i commensali e, scorto un tale che non indossava l’abito nuziale, gli disse: Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì. Allora il re ordinò ai servi: Legatelo mani e piedi e gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti. Perché molti sono chiamati, ma pochi eletti”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi narra la parabola del banchetto che si trova in Matteo ed in Luca, ma con differenze significative, procedenti dalla prospettiva di ogni evangelista. Lo sfondo che conduce i due evangelisti a ripetere questa parabola è lo stesso. Nelle comunità dei primi cristiani, sia Matteo che Luca, continuava ben vivo il problema della convivenza tra i giudei convertiti ed i pagani convertiti. I giudei avevano norme antiche che impedivano loro di mangiare con i pagani. Anche dopo essere entrati nella comunità cristiana, molti giudei mantenevano l’usanza antica di non sedersi alla stesso tavolo con un pagano. Così Pietro ebbe conflitti nella comunità di Gerusalemme, per essere entrato a casa di Cornelio, un pagano e per aver mangiato con lui (At 11,3). Questo stesso problema era vivo in modo diverso nelle comunità di Luca e di Matteo. Nelle comunità di Luca, malgrado le differenze di razza, di classe e di genere, avevano un grande ideale di condivisione e di comunione (At 2,42; 4,32; 5,12). Per questo, nel vangelo di Luca (Lc 14,15-24), la parabola insiste nell’invito rivolto a tutti. Il padrone della festa, indignato per il mancato arrivo dei primi invitati, manda a chiamare i poveri, gli storpi, i ciechi, e li invita a partecipare al banchetto. Ma c’è ancora posto. Allora, il padrone della festa ordina di invitare tutti, fino a riempire la casa. Nel vangelo di Matteo, la prima parte della parabola (Mt 22,1-10) ha lo stesso obiettivo di Luca. Arriva a dire che il padrone della festa ordina di far entrare “buoni e cattivi” (Mt 22,10). Ma alla fine aggiunge un’altra parabola (Mt 22,11-14) sul vestito di festa, che insiste in ciò che è specifico dei giudei, la necessità di purezza per potere comparire dinanzi a Dio.
- Matteo 22,1-2: L’invito a tutti. Alcuni manoscritti dicono che la parabola fu raccontata per i capi dei sacerdoti e per gli anziani del popolo. Questa affermazione può servire perfino di chiave di lettura, perché aiuta a capire alcuni punti strani che appaiono nella storia che Gesù racconta. La parabola comincia così: “Il Regno dei Cieli è simile a un re che fece una festa di nozze per suo figlio”. Questa affermazione iniziale evoca la speranza più profonda: il desiderio della gente di stare con Dio per sempre. Diverse volte nei vangeli si allude a questa speranza, suggerendo che Gesù, il figlio del Re, è lo sposo che viene a preparare le nozze (Mc 2,19; Apoc 21,2; 19,9).
- Matteo 22,3-6: Gli invitati non vogliono venire. Il re invita in modo molto insistente, ma gli invitati non vogliono venire. “Ma costoro non se ne curarono e andarono chi al proprio campo, chi ai propri affari; altri presero i suoi servi, li insultarono e li uccisero.” In Luca sono i doveri della vita quotidiana ad impedire di accettare l’invito. Il primo dice: “Ho comprato un terreno. Devo vederlo!” Il secondo: “Ho comprato cinque paia di buoi e vado a provarli!” Il terzo: “Ho preso moglie. Non posso andare!” (cf. Lc 14,18-20). Secondo le norme e le usanze dell’epoca, quelle persone avevano il diritto e perfino il dovere di non accettare l’invito fatto (cf Dt 20,5- 7).
- Matteo 22,7: Una guerra incomprensibile. La reazione del re dinanzi al rifiuto è sorprendente. “Allora il re si indignò e, mandate le sue truppe, uccise quegli assassini e diede alle fiamme la loro città”. Come interpretare questa reazione così violenta? La parabola fu raccontata per i capi dei sacerdoti e per gli anziani del popolo (Mt 22,1), i responsabili della nazione. Molte volte, Gesù aveva parlato loro sulla necessità di conversione. Pianse perfino sulla città di Gerusalemme e disse: “Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stingeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata.” (Lc 19,41-44). La reazione violenta del re nella parabola si riferisce probabilmente al fatto secondo la previsione di Gesù. Quaranta anni dopo, Gerusalemme fu distrutta (Lc 19,41- 44; 21,6;).
- Matteo 22,8-10: Il banchetto non viene abolito. Per la terza volta, il re invita la gente. Dice ai suoi servi: “Il banchetto nuziale è pronto, ma gli invitati non ne erano degni; andate ora ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete, chiamateli alle nozze. Usciti nelle strade, quei servi raccolsero quanti ne trovarono, buoni e cattivi, e la sala si riempì di commensali”. I cattivi che erano esclusi, per essere considerati impuri, dalla partecipazione nel culto dei giudei, ora sono invitati, specificamente, dal re a partecipare alla festa. Nel contesto dell’epoca, i cattivi erano i pagani. Anche loro sono invitati a partecipare alla festa delle nozze.
- Matteo 22,11-14: Il vestito della festa. Questi versi raccontano che il re entrò nella sala della festa e vide qualcuno senza l’abito della festa. E il re chiese: ‘Amico, come hai potuto entrare qui senz’abito nuziale? Ed egli ammutolì”. La storia racconta che l’uomo fu legato mani e piedi e fu gettato fuori nelle tenebre. E conclude: “Molti sono i chiamati, ma pochi eletti”. Alcuni studiosi pensano che si tratti di una seconda parabola che fu aggiunta per mitigare l’impressione che rimane della prima parabola, dove si parla di “cattivi e buoni” che entrano per la festa (Mt 22,10). Pur ammettendo che non è certo l’osservanza della legge che ci dà la salvezza, bensì la fede nell’amore gratuito di Dio, ciò in nulla diminuisce la necessità di purezza del cuore quale condizione per poter comparire dinanzi a Dio.
Per un confronto personale
- Quali sono le persone che sono normalmente invitate alle nostre feste? Perché? Quali sono le persone che non sono invitate alle nostre feste? Perché?
- Quali sono i motivi che oggi limitano la partecipazione di molte persone nella società e nella chiesa? Quali sono i motivi che certe persone addicono per escludersi dal dovere di partecipare alla comunità? Sono motivi giusti?
Preghiera finale
Crea in me, o Dio, un cuore puro, rinnova in me uno spirito saldo. Non respingermi dalla tua presenza e non privarmi del tuo santo spirito. (Sal 50)
Venerdì, 19 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore, perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 22,34-40
In quel tempo, i farisei, udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducei, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della legge, lo interrogò per metterlo alla prova:
“Maestro, qual è il più grande comandamento della legge?”.
Gli rispose: “Amerai il Signore Dio tuo con tutto il cuore, con tutta la tua anima e con tutta la tua mente. Questo è il più grande e il primo dei comandamenti. E il secondo è simile al primo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Da questi due comandamenti dipende tutta la Legge e i Profeti”.
Riflessione
- Il testo s’illumina. Gesù si trova a Gerusalemme e precisamente nel Tempio dove è in corso un processo tra lui e i suoi avversari, sommi sacerdoti e scribi (20,18; 21,15), tra i sommi sacerdoti e anziani del popolo (21,23) e tra i sommo sacerdoti e i farisei (21,45). Il punto di controversia del dibattito è: l’identità di Gesù o del figlio di Davide, l’origine della sua identità, e quindi la questione circa la natura del regno di Dio. L’evangelista presenta questo intreccio di dibattiti con una sequenza di controversie che presentano un ritmo in crescendo: il tributo da pagare a Cesare (22,15-22), la risurrezione dei morti (22,23-33), il comandamento più grande (22,34-40), il messia, figlio e Signore di Davide (22,41-46). I protagonisti delle prime tre discussioni sono esponenti del giudaismo ufficiale che tentano di mettere in difficoltà Gesù su questioni cruciali. Queste dispute sono indirizzate a Gesù in quanto «Maestro» (rabbì), questo titolo dice al lettore la comprensione che gli interlocutori hanno di Gesù. Ma Gesù coglie l’occasione per condurli a porsi una domanda più cruciale: l’ultima presa di posizione circa la sua identità (22,41-46).
- Il comandamento più grande. Sulla scia dei sadducei che li hanno preceduti di nuovo i farisei pongono una questione a Gesù tra le più scottanti: il comandamento più grande. Premesso che i rabbini sempre evidenziavano la molteplicità delle prescrizioni (248 comandamenti) viene posta la domanda a Gesù su quale sia il precetto fondamentale. Tuttavia gli stessi rabbini avevano creato una vera casistica per ridurli il più possibile.: Davide ne elenca undici (Sal 15,2- 5), Isaia sei (Is 33,15), Miche tre (Mi 6,8), Amos due (Am 5,4) e Abacuc solo uno (Ab 2,4). Ma nell0intenzione dei farisei la questione va oltre la pura casistica, si tratta dell’essenza stessa delle prescrizioni. Gesù nel rispondere lega insieme l’amore di Dio e l’amore del prossimo, tanto da unirli in uno solo, pur senza rinunciare a dare la priorità al primo, cui subordina in modo stretto il secondo. Anzi tutte le prescrizioni della legge, ammontavano a 613, vengono messi in rapporto con quest’unico comandamento: l’intera legge trova significato e fondamento in quello dell’amore. Gesù opera un processo di semplificazione di tutti i precetti della legge: colui che mette in pratica il solo comandamento dell’amore non solo è in sintonia con la legge, ma anche con i profeti (v.40). Tuttavia la novità della risposta sta non tanto nel contenuto materiale quanto nella sua realizzazione: in Gesù, l’amore di Dio e per il prossimo trovano il suo contesto proprio, la sua ultima solidità. Vale a dire che l’amore per Dio e per il prossimo, mostrato e realizzato in qualche modo nella sua persona, orienta l’uomo a porsi davanti a Dio e agli altri mediante l’amore. L’unico comandamento in due, l’amore per Dio e per il prossimo, diventano le colonne portanti, non solo delle Scritture, ma anche della vita del cristiano.
Per un confronto personale
- L’amore per Dio e per il prossimo è per te solo un vago sentimento, un’emozione, un moto passeggero o una realtà che afferra tutta la tua persona: cuore, volontà, intelligenza e tratto umano?
- Tu sei stato creato per amare. Sei consapevole che la tua realizzazione avviene nell’amare Dio con tutto il cuore, con tutta l’anima, con tutta la mente? Tale amore richiede un riscontro di carità per i fratelli e le loro situazioni esistenziali. Lo vivi nella pratica quotidiana?
Preghiera finale
Ringrazino il Signore per la sua misericordia, per i suoi prodigi a favore degli uomini; poiché saziò il desiderio dell’assetato, e l’affamato ricolmò di beni. (Sal 106)
Sabato, 20 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano,
infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 23,1-12
In quel tempo, Gesù si rivolse alla folla e ai suoi discepoli dicendo: “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno.
Legano infatti pesanti fardelli e li impongono sulle spalle della gente, ma loro non vogliono muoverli neppure con un dito. Tutte le loro opere le fanno per essere ammirati dagli uomini: allargano i loro filatteri e allungano le frange; amano posti d’onore nei conviti, i primi seggi nelle sinagoghe e i saluti nelle piazze, come anche sentirsi chiamare ‘‘rabbì’’ dalla gente.
Ma voi non fatevi chiamare ‘‘rabbì’’, perché uno solo è il vostro maestro e voi siete tutti fratelli. E non chiamate nessuno ‘‘padre’’ sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo. E non fatevi chiamare ‘‘maestri’’, perché uno solo è il vostro Maestro, il Cristo.
Il più grande tra voi sia vostro servo; chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi fa parte di una lunga critica di Gesù contro scribi e farisei (Mt 23,139). Luca e Marco hanno appena qualche tratto di questa critica contro i capi religiosi dell’epoca. Solo il vangelo di Matteo la espone lungamente. Questo testo così severo lascia intravedere la polemica delle comunità di Matteo con le comunità dei giudei di quell’epoca in Galilea e Siria.
- Nel leggere questi testi fortemente contrari ai farisei dobbiamo prestare molta attenzione a non essere ingiusti contro il popolo ebreo. Noi cristiani, durante secoli, abbiamo avuto atteggiamenti contro i giudei e, per questo, contro i cristiani. Ciò che importa nel meditare questi testi è scoprire il suo obiettivo: Gesù condanna la mancanza di coerenza e la mancanza di sincerità nella relazione con Dio e con il prossimo. Lui sta parlando di ipocrisia tanto quella di ieri come della nostra, oggi!
- Matteo 23,1-3: L’errore di fondo: dicono, ma non fanno.Gesù si rivolge alla moltitudine e ai discepoli e critica gli scribi e i farisei. Il motivo dell’attacco é l’incoerenza tra le parole e i fatti. Parlano e non fanno. Gesù riconosce l’autorità e la conoscenza degli scribi. “Sulla cattedra di Mosè si sono seduti gli scribi e i farisei. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno!”
- Matteo 23,4-7: L’errore di fondo si manifesta in molti modi. L’errore di fondo è l’incoerenza: “Dicono, ma non fanno”.Gesù enumera i diversi punti che rivelano l’incoerenza. Alcuni scribi e farisei imponevano pesanti leggi sulla gente. Loro conoscevano bene le leggi, però non le praticavano, né usavano la loro conoscenza per alleggerire il carico sulle spalle della gente. Facevano tutto per essere visti ed elogiati, si servivano di tuniche speciali per la preghiera, a loro piacevano i primi posti ed essere salutati sulla piazza pubblica. Volevano essere chiamati “Maestro”. Rappresentavano un tipo di comunità che manteneva, legittimava e alimentava le differenze di classe e di posizione sociale. Legittimava i privilegi dei grandi e la posizione inferiore dei piccoli. Ora, se c’è una cosa che a Gesù non piace è l’apparenza che inganna.
- Matteo 23,8-12: Come combattere l’errore di fondo. Come deve essere una comunità cristiana? Tutte le funzioni comunitarie devono essere assunte come un servizio: “Il più grande tra di voi sia il vostro servo!” Nessuno dovete chiamare Maestro (Rabbino), né Padre, né Guida. Poiché la comunità di Gesù deve mantenere, legittimare ed alimentare non le differenze, bensì la fraternità. Questa è la legge fondamentale: “Voi tutti siete fratelli e sorelle!” La fraternità nasce dall’esperienza di Gesù di Dio Padre, e che fa di tutti noi fratelli e sorelle. “Chi invece si innalzerà sarà abbassato e chi si abbasserà sarà innalzato”.
- Il gruppo dei Farisei.Il gruppo dei farisei nasce nel II secolo prima di Cristo, con la proposta di un’osservanza più perfetta della Legge di Dio, soprattutto delle prescrizioni sulla purezza. Loro erano più aperti alle novità che i Sadducei. Per esempio, accettavano la fede nella risurrezione e la fede negli angeli, cosa che i Sadducei non accettavano. La vita dei farisei era una testimonianza esemplare: pregavano e studiavano la legge per otto ore al giorno; lavoravano otto ore per poter sopravvivere; si dedicavano al riposo otto ore. Per questo, erano molto rispettati dalla gente. E così, aiutavano la gente a conservare la propria identità e a non perderla, nel corso dei secoli.
- La mentalità chiamata farisaica.Con il tempo, i farisei si afferrano al potere e non ascoltano più gli appelli della gente, né la lasciano parlare. La parola “fariseo” significa “separato”. La loro osservanza era così stretta e rigorosa che si distanziavano dal resto della gente. Per questo erano chiamati “separati”. Da qui nasce l’espressione “mentalità farisaica” E’ tipica delle persone che pensano di conquistare la giustizia mediante un’osservanza rigida e rigorosa della Legge di Dio. Generalmente, sono persone che hanno paura, che non hanno il coraggio di assumere il rischio della libertà e della responsabilità. Loro si nascondono dietro le leggi e le autorità. Quando queste persone ottengono una funzione importante, diventano dure e insensibili per nascondere la propria imperfezione.
- Rabbino, Guida, Maestro, Padre.Sono i quattro titoli che Gesù proibisce alla gente di usare. Oggi, nella Chiesa, i sacerdoti sono chiamati “padre”. Molti studiano in università della Chiesa ed ottengono il titolo di “Dottore” (maestro). Molte persone fanno direzione spirituale e si consigliano con persone che sono chiamati “Direttore spirituale” (guida). Ciò che importa è tener conto del motivo che spinse Gesù a proibire l’uso di questi titoli. Se fossero usati dalla persona per affermare la sua posizione di autorità e il suo potere, questa persona sarebbe nell’errore e sarebbe criticata da Gesù. Se fossero usati per alimentare ed approfondire la fraternità ed il servizio, non sarebbero criticati da Gesù.
Per un confronto personale
- Quali sono i motivi che ho per vivere e lavorare in comunità?
- La comunità, come mi aiuta a correggere e migliorare le mie motivazioni?
Preghiera finale
Ascolterò che cosa dice Dio, il Signore: egli annunzia la pace.
La sua salvezza è vicina a chi lo teme e la sua gloria abiterà la nostra terra. (Sal 84)
Domenica, 21 agosto 2022
La porta stretta e
l’annuncio della conversione dei pagani
Luca 13,22-30
Lectio
- a) Orazione iniziale:
Siamo davanti a te, o Padre, e non sapendo come dialogare con te ci facciamo aiutare dalle parole che il tuo figlio Gesù ha pronunziato per noi. Donaci di ascoltare la risonanza sconvolgente di questa parola: «Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno». È una parola che tu dici a ogni uomo e a ogni donna che l’orecchio al vangelo di tuo Figlio. Donaci di comprenderla. Per poter leggere la tua Scrittura e gustarla, sentirla ardere come un fuoco dentro di me, ti supplichiamo o Padre: donaci il tuo Spirito. E tu Maria, Madre della contemplazione, che hai conservato a lungo nel cuore, le parole, gli eventi, i gesti di Gesù, donaci di contemplare la Parola, di ascoltarla, di lasciarla penetrare nel cuore. b) Lettura del vangelo:
In quel tempo,22Gesù passava per città e villaggi, insegnando, mentre era in cammino verso
Gerusalemme.23Un tale gli chiese: «Signore, sono pochi quelli che si salvano?». Rispose:24«Sforzatevi di entrare per la porta stretta, perché molti, vi dico, cercheranno di entrarvi, ma non ci riusciranno.25Quando il padrone di casa si alzerà e chiuderà la porta, rimasti fuori, comincerete a bussare alla porta, dicendo: Signore, aprici. Ma egli vi risponderà: Non vi conosco, non so di dove siete. 26Allora comincerete a dire: Abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza e tu hai insegnato nelle nostre piazze. 27Ma egli dichiarerà: Vi dico che non so di dove siete. Allontanatevi da me voi tutti operatori di iniquità! 28Là ci sarà pianto e stridore di denti, quando vedrete Abramo, Isacco e Giacobbe e tutti i profeti nel regno di Dio e voi cacciati fuori.29Verranno da oriente e da occidente, da settentrione e da mezzogiorno e siederanno a mensa nel regno di Dio.
30Ed ecco, ci sono alcuni tra gli ultimi che saranno primi e alcuni tra i primi che saranno ultimi».
- c) Momenti di silenzio orante:
Per mettersi in «religioso ascolto» della voce di Dio occorre un clima di silenzio, di calma interiore. Occorre creare nel proprio cuore «un angolo tranquillo in cui poter avere un contatto con Dio» (E. Stein) e poter realizzare una comunicazione profonda tra te e la Parola. Se non stai in silenzio davanti a Dio, in silenzio ad interrogare il suo volto, aprirai sì le labbra, ma a dire il vuoto.
MEDITATIO
- a) Chiave di lettura:
Il brano della liturgia di questa domenica è inserito nella seconda parte del vangelo di
Luca e dove la città di Gerusalemme, meta del cammino esistenziale e teologico di Gesù, è menzionata varie volte di cui tre fanno parte dell’itinerario liturgico postpasquale: Lc 9,51 (13a domenica ordinaria “C”), Lc 13,22-30 (21a domenica ordinaria “C”) e Lc 17,11 (28a domenica ordinaria “C”). La notizia di viaggio, collocata all’inizio del testo evangelico, aiuta il lettore a ricordarsi di essere in cammino con Gesù verso Gerusalemme. Il cammino verso la città santa è il filo rosso che attraversa tutta la seconda parte del vangelo (Lc 9,51-19,46) e la maggior parte dei racconti è introdotta da verbi di movimento che presentano Gesù e i suoi discepoli come pellegrini o itineranti. Il cammino di Gesù verso la città santa non è in senso stretto un itinerario geografico, ma corrisponde a un viaggio teologico, spirituale. Tale percorso coinvolge anche il discepolo e il lettore del vangelo: l’essere in «cammino» di Gesù li configura come itineranti nel loro mandato di annunciare il vangelo.
All’interno di questo viaggio si affaccia la polemica con il mondo giudaico che in Lc 13,10-30 è racchiusa in tre episodi: 13,10-17 (la guarigione della donna curva), 18-21 (le parabole del granello di senapa e del lievito) e in 22-30 (il discorso della porta stretta). Quest’ultimo è il testo proposto dalla liturgia della Parola di questa domenica ed è così articolato. Innanzitutto una notizia di viaggio che crea lo sfondo al discorso di Gesù che viene presentato mentre «passava per città e villaggi, insegnando» (v.22). È una caratteristica lucana contraddistinguere il ministero di Gesù come itineranza.
Ora, in una tappa di questo itinerario verso Gerusalemme un tale interpella Gesù con una domanda: quanti sono quelli che si salvano? La risposta di Gesù non proferisce alcun numero circa i salvati ma con un’esortazione-ammonizione, «sforzatevi», indica un atteggiamento da assumere: «entrare per la porta stretta». L’immagine richiama al discepolo e alla comunità di Luca di indirizzare la propria preoccupazione sull’impegno esigente che il cammino della fede richiede. Subito dopo Gesù introduce l’insegnamento vero e proprio con una parabola che associa all’immagine della porta stretta quella del padrone di casa che, quando la chiude, non fa più entrare nessuno (v.25). Tale particolare evoca la finale della parabola delle dieci vergini in Mt 25,10-12. Tali esempi stanno a indicare che c’è un tempo intermedio nel quale bisogna impegnarsi per ricevere la salvezza prima che la porta si chiuda in modo definitivo e irreversibile.
Anche la partecipazioni a momenti fondanti la vita della comunità, la cena del Signore («abbiamo mangiato e bevuto in tua presenza») e la proclamazione della Parola («tu hai insegnato nelle nostre piazze»), se non supportate da uno un impegno di vita, non possono evitare il pericolo della condanna. Il vangelo di Luca ama presentare Gesù che partecipa alla mensa di chi lo invita, ma non tutti coloro che siedono a tavola con lui hanno automaticamente diritto alla salvezza definitiva che è venuto ad annunciare con l’immagine del convito. Così, anche, l’aver ascoltato il suo insegnamento non ti assicura automaticamente che sarai salvato. Infatti, in Luca l’ascolto della parola di Gesù è condizione indispensabile per essere discepolo, ma non è sufficiente, occorre la decisione di seguire il maestro, custodendo il suo insegnamento e portare frutto nella perseveranza (Lc 8,15).
Coloro che non sono riusciti ad entrare per la porta stretta prima che si chiudesse vengono chiamati «operatori di iniquità»: sono coloro che non si sono impegnati a realizzare il piano di Dio. La loro situazione futura viene presentata in modo figurativo con un’espressione che dice l’irreversibilità di non essere salvati: «Là sarà pianto e stridore di denti» (v.28).
È interessante il riferimento ai grandi patriarchi biblici (Abramo, Isacco, Giacobbe) e a tutti i profeti: essi entreranno a far parte del regno di Dio. Se ai contemporanei di Gesù questa affermazione poteva sembrare che la salvezza era appannaggio d’Israele, per i cristiani della comunità di Luca costituiva un monito a non considerare in modo automatico questa modalità salvifica. Il regno che Gesù annuncia diventa il luogo in cui s’incontrano discepoli che vengono da «oriente e occidente, da settentrione a mezzogiorno» (v.29). Il discorso di Gesù inaugura un dinamismo di salvezza che coinvolge tutta l’umanità e si rivolge soprattutto ai poveri e agli ammalati (Lc 14,15-24). Luca, più degli altri evangelisti, è sensibile all’annuncio di una salvezza universale e presenta Gesù che offre la promessa della salvezza non più ristretta a Israele, ma a tutti i popoli.
Un segno di questa mutata condizione di salvezza è l’affermazione finale:«quelli che sono ultimi saranno i primi e quelli che sono primi saranno ultimi» (v.30).
Un’affermazione che indica come Dio sconvolge e capovolge i meccanismi della logica umana: nessuno deve confidare nelle posizioni che ha raggiunto, ma è invitato a prendere sintonizzarsi continuamente sull’onda del vangelo. b) Alcune domande:
- i) La porta stretta della salvezza richiama la necessità da parte dell’uomo di impegnarsi nell’accedere a tale dono. L’immagine non dice che Dio vuole rendere difficile l’accesso alla salvezza, ma sottolineare la corresponsabilità dell’uomo, la concretezza della fatica e dell’impegno per raggiungerla. Il passare per la porta stretta – secondo Cipriano – indica trasformazione: «Chi non desidera essere trasformato prima possibile a immagine di Cristo?». L’immagine della porta stretta è simbolo dell’opera di trasformazione che impegna il credente in un lento e progressivo lavorio su stesso per affinarsi come personalità plasmata dal vangelo. Più propriamente l’uomo che rischia la perdizione è colui che non si propone alcuna meta e non si impegna in nessuna relazione di reciprocità con Dio, con gli altri e con il mondo. Spesso la tentazione dell’uomo è di proporsi altre porte, apparentemente più facili e utilizzabili, come quelle del ripiegamento egoistico, fare meno dell’amicizia con Dio e delle relazioni con gli altri. Ti impegni a costruire relazioni libere e mature o sei ripiegato su te stesso? Sei convinto che la salvezza ti è donata mediante la dimensione relazionale di comunione con Dio e con gli altri?
- ii) La salvezza è una realtà possibile per tutti. Ogni uomo può conseguirla, ma a tale offerta da parte di Gesù occorre una effettiva e personale risposta da parte dell’uomo. Nell’insegnamento di Gesù non vi è alcun uso della minaccia per coscientizzare l’uomo circa la salvezza ma un invito ad essere pienamente consapevoli dell’opportunità straordinaria ed irreversibile del dono della misericordia e della vita nel confronto e nel dialogo con Dio. Verso cosa e verso chi orienti la tua vita? Quale uso fai della tua libertà? Sai accogliere l’invito di Dio ad essere corresponsabile della tua salvezza oppure ti abbandoni alla dispersione-perdizione?
- iii) Dinanzi alla domanda di quel tale che chiese a Gesù: «Signore, sono pochi, quelli che si salvano?» nessuno può ritenersi un privilegiato. La salvezza appartiene a tutti e tutti siamo chiamati. La porta per accedervi può rimanere chiusa per chi pretende di entrarvi con i bagagli ingombranti delle personali inconsistenze. Senti il desiderio di entrare a far parte di quella «schiera infinita che da oriente a occidente siederanno alla mensa del regno di Dio»? E se ti percepisce ultimo (piccolo, semplice, peccatore, curvato dalla sofferenza…) non disperare se vivi di amore e di speranza. Gesù ha detto che gli ultimi saranno i primi.
ORATIO
- Salmo 116 (117), 1; 2
Lodate il Signore, popoli tutti, voi tutte, nazioni, dategli gloria. Forte è il suo amore per noi e la fedeltà del Signore dura in eterno.
- Preghiera finale:
O Signore, fa che sentiamo la vivezza della tua Parola che abbiamo ascoltato; taglia, ti preghiamo, i nodi delle nostre incertezze, dei cavilli, dei nostri «se» e «ma» che ci impediscono di entrare nella salvezza per la porta stretta. Donaci di accogliere senza paure, senza troppe incertezze, la Paola di Dio che ci invita all’impegno e all’operosità della vita di fede. O Signore, fa che la tua Parola ascoltata in questo domenica, giorno del Signore, ci liberi dalle false sicurezze circa la salvezza e ci dia gioia, ci rinforzi, ci purifichi e ci salvi. E tu, Maria, modello di ascolto e di silenzio, aiutaci a essere vivi, autentici, di capire che tutto ciò che è difficile diventa facile, ciò che è oscuro diventa luminoso in forza della Parola.
CONTEMPLATIO
La contemplazione è il momento culminante della lettura biblica meditata e pregata.
Contemplare è entrare in un rapporto di fede e di amore, mediante l’ascolto della
Parola, con Dio che è vita e verità e che in Cristo ci ha rivelato il suo volto. La Parola di Dio ti svela quel volto nascosto in ogni pagina della Sacra Scrittura. Basta guardare con ammirazione, aprirsi alla luce, lasciare che ti penetri. È l’estasi che si sperimenta davanti al bello e al buono. Prolunga nella tua vita di ogni giorno il clima di questa grande comunicazione che hai sperimentato con Dio nell’ascolto della sua Parola e conserva il gusto della bellezza nel dialogo con gli altri, nel lavoro che svolgerai.
Lunedì, 22 agosto 2022
Beata Vergine Maria Regina
Preghiera
O Dio, che hai preparato beni invisibili per coloro che ti amano, infondi in noi la dolcezza del tuo amore,
perché, amandoti in ogni cosa e sopra ogni cosa, otteniamo i beni da te promessi, che superano ogni desiderio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 1,26-38
Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata
Nazaret, a una vergine, promessa sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria. Entrando da lei, disse: «Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te». A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: «Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine».
Allora Maria disse all’angelo: «Come è possibile? Non conosco uomo». Le rispose l’angelo: «Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio». Allora Maria disse: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto». E l’angelo partì da lei.
Riflessione
- Oggi è la festa di Maria Regina. Il testo che meditiamo nel vangelo descrive la visita dell’angelo a Maria (Lc 1,26-38). La Parola di Dio giunge a Maria non attraverso un testo biblico, bensì da un’esperienza profonda di Dio, manifestata nella visita dell’angelo. Nel NT, molte volte, l’Angelo di Dio è Dio stesso. Fu grazie alla meditazione fatta sulla Parola scritta di Dio nella Bibbia che Maria fu capace di percepire la Parola viva di Dio nella visita dell’Angelo. Oggi avviene la stessa cosa con la visita di Dio nelle nostre vite. Le visite di Dio sono frequenti. Ma per mancanza di assimilazione e meditazione della Parola scritta di Dio nella Bibbia, non ci rendiamo conto della visita di Dio nelle nostre vite. La visita di Dio è così presente e così continua che, molte volte, non la percepiamo e, per questo, perdiamo una grande occasione di vivere in pace e con gioia.
- Luca 1,26-27: La Parola entra nella vita. Luca presenta le persone e i luoghi: una vergine chiamata Maria, promessa sposa ad un uomo, chiamato Giuseppe, della casa di David. Nazaret, una piccola città in Galilea. Galilea era periferia. Il centro era Giudea e la capitale Gerusalemme. L’angelo Gabriele é l’inviato da Dio a questa giovane vergine che abitava in periferia. Il nome Gabriele significa Dio é forte. Il nome Maria significa amata da Yavé o Yavé è il mio Signore. La storia della visita di Dio a Maria inizia con l’espressione: “Al sesto mese”. Si tratta del “sesto mese” di gravidanza di Elisabetta, parente di Maria, una donna di una certa età, che ha bisogno di aiuto. La necessità concreta di Elisabetta fa da sfondo a tutto l’episodio. Si trova all’inizio (Lc 1,26) e alla fine (Lc 1,36.39).
- Luca 1,28-29: La reazione di Maria. Fu nel Tempio che l’angelo apparve a Zaccaria. A Maria le appare nella sua casa. La Parola di Dio raggiunge Maria nell’ambiente di vita di ogni giorno. L’angelo dice. “Ti saluto o piena di grazia! Il Signore è con te!” Parole simile a quelle che erano state dette a Mosè (Ex 3,12), a Geremia (Jr 1,8), a Gedeone (Jz 6,12), a Ruth (Rt 2,4) e a Molti altri. Aprono l’orizzonte per la missione che queste persone dell’Antico Testamento devono svolgere al servizio del popolo di Dio. Intrigata dal saluto, Maria cerca di capirne il significato. E’ realista, si serve della propria testa. Vuole capire. Non accetta qualsiasi apparizione o ispirazione.
- Luca 1,30-33: La spiegazione dell’angelo. “Non temere, Maria!” Questo è sempre il primo saluto di Dio all’essere umano: non avere paura! Subito dopo, l’angelo ricorda le grandi promesse del passato che si realizzeranno mediante il figlio che nascerà da Maria. Questo figlio deve ricevere il nome di Gesù. Sarà chiamato Figlio dell’Altissimo e in lui si realizzerà, finalmente, il Regno di Dio promesso a Davide, che tutti stavano aspettando ansiosamente. Questa è la spiegazione che l’angelo dà a Maria in modo che non si spaventi.
- Luca 1,34: Nuova domanda di Maria. Maria si rende conto della missione importante che sta per ricevere, ma continua ad essere realista. Non si lascia trasportare dalla grandezza dell’offerta e guarda la sua condizione: “Come è possibile? Non conosco uomo!” Lei analizza l’offerta a partire da criteri che noi, esseri umani, abbiamo a disposizione. Poiché, umanamente parlando, non era possibile che quella offerta della Parola di Dio si realizzasse in quel momento.
- Luca 1,35-37: Nuova spiegazione dell’angelo. “Lo Spirito Santo si poserà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio.” Lo Spirito Santo, presente nella Parola di Dio fin dalla Creazione (Genesi 1,2), riesce a realizzare cose che sembrano impossibili. Per questo, il Santo che nascerà da Maria sarà chiamato Figlio di Dio. Quando oggi la Parola di
Dio è accolta dai poveri senza studio, qualcosa di nuovo avviene grazie alla forza dello Spirito Santo! Qualcosa di nuovo e di sorprendente come che un figlio nasce ad una vergine o come il figlio che nasce a Elisabetta, una donna già entrata in età, di cui tutti dicevano che non poteva avere figli! E l’angelo aggiunge: “E vedi, Maria, anche Elisabetta è al sesto mese!”
- Luca 1,38: Maria si dona. La risposta dell’angelo chiarisce tutto a Maria. Lei si dona a ciò che l’angelo stava chiedendo: “Ecco sono la serva del Signore! Avvenga di me quello che hai detto”. Maria usa per sé il titolo di Serva, impiegata del Signore. Il titolo viene da Isaia, che presenta la missione del popolo non come un privilegio, bensì come un servizio agli altri (Is 42,1-9; 49,3-6). Più tardi, il figlio che stava per essere generato in quel momento, definirà la sua missione: “Non sono venuto per essere servito, ma per servire!” (Mt 20,28). Impara dalla madre!
- Luca 1,39: La forma che Maria trova per servire. La Parola di Dio giunge a Maria e la fa uscire da sé per servire gli altri. Lei lascia il luogo dove stava e va verso la Giudea, a più di quattro giorni di viaggio, per aiutare la sua cugina Elisabetta. Maria inizia servendo e compie la sua missione a favore del popolo di Dio.
Per un confronto personale
- Come percepisci la visita di Dio nella tua vita? Sei stato già visitato? Sei stato già una visita di Dio nella vita degli altri, soprattutto dei poveri? Questo testo, come ci aiuta a scoprire le visite di Dio nella nostra vita?
- La Parola di Dio si è incarnata in Maria. Come la Parola di Dio sta prendendo carne nella mia vita personale e nella vita della comunità?
Preghiera finale
Ringrazino il Signore per la sua misericordia, per i suoi prodigi a favore degli uomini; poiché saziò il desiderio dell’assetato, e l’affamato ricolmò di beni. (Sal 106)
Martedì, 23 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 23,23-26
In quel tempo, Gesù parlò dicendo : “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello!
Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza. Fariseo cieco, pulisci prima l’interno del bicchiere, perché anche l’esterno diventi netto!”
Riflessione
- Il vangelo di oggi riporta altri due ‘Guai a voi…’ di cui Gesù parla contro i capi religiosi del suo tempo. I due ‘Guai a voi…’ di oggi denunciano la mancanza di coerenza tra parola ed atteggiamento, tra esterno ed interno. Continuiamo oggi la nostra riflessione iniziata ieri.
- Matteo 23,23-24: Il quinto Guai a voi…! contro coloro che insistono nell’osservanza e dimenticano la misericordia: “Che pagate la decima della menta, dell’aneto e del cumino, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà”. Questo quinto Guai a voi! di Gesù è contro i capi religiosi di quell’epoca, può essere ripetuto contro molti religiosi dei secoli successivi, fino ad oggi. Molte volte, in nome di Gesù, insistiamo su i dettagli e dimentichiamo la misericordia. Per esempio, il giansenismo ridusse ad arido il vissuto della fede, insistendo in osservanze e penitenze che deviarono la gente dal cammino dell’amore. La suora carmelitana Teresa di Lisieux crebbe nell’ambiente giansenista che marcava la Francia della fine del XIX secolo. A partire da una dolorosa esperienza personale, seppe recuperare la gratuità dell’amore di Dio, forza che deve animare dal di dentro l’osservanza delle norme. Poiché, senza l’esperienza dell’amore, le osservanze fanno di Dio un idolo.
- Matteo 23,25-26: Il sesto ‘Guai a voi…’ contro coloro che puliscono le cose fuori e sono sporchi dentro: “che pulite l’esterno del bicchiere e del piatto mentre all’interno sono pieni di rapina e d’intemperanza”. Nel Discorso della Montagna, Gesù critica coloro che osservano alla lettera la legge e trasgrediscono lo spirito della legge. Lui dice: “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Avete inteso che fu detto: non commettere adulterio, ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore” (Mt 5,21-22.27-28). Non basta osservare alla lettera la legge. Non basta non uccidere, non rubare, non commettere adulterio, non giurare, per essere fedeli a ciò che Dio ci chiede. Osserva pienamente la legge di Dio solo colui che, oltre alla lettera, va fino alla radice e strappa da dentro di sé “i desideri di rapina e intemperanza” che possono condurre all’assassinio, alla rapina, all’adulterio. La pienezza della legge si realizza nella pratica dell’amore.
Per un confronto personale
- Sono due espressioni di ‘Guai a voi…’, due motivi per ricevere una critica da parte di Gesù. Quale dei due si applica a me?
- Osservanza e gratuità: quali delle due si applica in me?
Preghiera finale
Annunziate di giorno in giorno la salvezza del Signore.
In mezzo ai popoli narrate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. (Sal 95)
Mercoledì, 24 agosto 2022
San Bartolomeo, Apostolo
Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Giovanni 1,45-51
In quel tempo, Filippo incontrò Natanaele e gli disse: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret”.
Natanaele esclamò; “Da Nazaret può mai venire qualcosa di buono?”. Filippo gli rispose:
“Vieni e vedi”.
Gesù intanto, visto Natanaele che gli veniva incontro, disse di lui: “Ecco davvero un
Israelita in cui non c’è falsità”. Natanaele gli domandò: “Come mi conosci?”. Gli rispose
Gesù: “Prima che Filippo ti chiamasse, io ti ho visto quando eri sotto il fico”. Gli replicò Natanaele: “Rabbi, tu sei il Figlio di Dio, tu sei il re d’Israele!”. Gli rispose Gesù: “Perché ti ho detto che ti avevo visto sotto il fico, credi? Vedrai cose maggiori di queste!”. Poi gli disse: “In verità, in verità vi dico: vedrete il cielo aperto e gli angeli di Dio salire e scendere sul Figlio dell’uomo”.
Riflessione
- Gesù ritornò a Galilea. Incontrò Filippo e lo chiamò dicendogli: “Seguimi!” Lo scopo della chiamata è sempre lo stesso: “seguire Gesù”. I primi cristiani cercarono di conservare i nomi dei primi discepoli, e di alcuni conservarono perfino il cognome ed il nome del luogo di origini. Filippo, Andrea e Pietro erano di Betsaida (Gv 1,44). Natanaele era di Cana. Oggi molti dimenticano i nomi delle persone che erano all’origine della loro comunità. Ricordare i nomi è un modo di conservare l’identità.
- Filippo incontra Natanaele e parla con lui di Gesù: “Abbiamo trovato colui del quale hanno scritto Mosè nella Legge e i Profeti, Gesù, figlio di Giuseppe di Nazaret.” Gesù è colui a cui si riferisce tutta la storia dell’Antico Testamento.
- Natanaele chiede: “Da Nazaret può mai uscire qualcosa di buono?” Probabilmente, nella sua domanda spunta anche la rivalità che esisteva tra i piccoli villaggi della stessa regione: Cane e Nazaret. Inoltre, secondo l’insegnamento ufficiale degli scribi, il Messia sarebbe venuto da Betlemme, in Giudea. Non poteva venire da Nazaret in Galilea (Gv 7,41-42). Andrea da la stessa risposta che Gesù aveva dato agli altri due discepoli: “Venite e vedete voi stessi!” Non è imponendo, bensì vedendo che le persone si convincono. Di nuovo lo stesso cammino: incontrare, sperimentare, condividere, testimoniare, condurre verso Gesù!
- Gesù vede Natanaele e dice: “Ecco un Israelita autentico, in cui non c’è inganno”. Ed afferma che già lo conosceva quando era sotto il fico. Come poteva essere Natanaele un “israelita autentico” se non accettava Gesù in qualità di Messia? Natanaele “era sotto il fico”. Il fico era il simbolo di Israele (cf. Mi 4,4; Zc 3,10; 1Re 5,5). Israelita autentico è colui che sa disfarsi delle sue proprie idee quando percepisce che non concordano con il progetto di Dio. L’israelita che non è disposto ad operare questa conversione non è né autentico, né onesto. Natanaele è autentico. Lui aspettava il messia secondo l’insegnamento ufficiale dell’epoca. (Gv 7,41- 42.52). Per questo, all’inizio, non accettava un messia venuto da Nazaret. Ma l’incontro con Gesù lo aiutò a capire che il progetto di Dio non sempre è come la gente immagina o desidera che sia. Lui riconosce il suo inganno, cambia idea, accetta Gesù come messia e confessa: “Maestro, tu sei il Figlio di Dio: tu sei il re di Israele!” La confessione di Natanaele è appena l’inizio: Chi sarà fedele, vedrà il cielo aperto e gli angeli salire e scendere sopra il Figlio dell’uomo. Sperimenterà che Gesù è il nuovo legame tra Dio e noi, esseri umani. E’ il sogno di Giacobbe divenuto realtà (Gen 28,10-22).
Per un confronto personale
- Qual è il titolo di Gesù che più ti piace? Perché?
- Hai avuto un intermediario tra te e Gesù?
Preghiera finale
Giusto è il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere. (Sal 145,17)
Giovedì, 25 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 24,42-51
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Vegliate, perché non sapete in quale giorno il Signore vostro verrà. Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa. Perciò anche voi state pronti, perché nell’ora che non immaginate, il Figlio dell’uomo verrà. Qual è dunque il servo fidato e prudente che il padrone ha preposto ai suoi domestici con l’incarico di dar loro il cibo al tempo dovuto? Beato quel servo che il padrone al suo ritorno troverà ad agire così! In verità vi dico: gli affiderà l’amministrazione di tutti i suoi beni.
Ma se questo servo malvagio dicesse in cuor suo: Il mio padrone tarda a venire, e cominciasse a percuotere i suoi compagni e a bere e a mangiare con gli ubriaconi, arriverà il padrone quando il servo non se l’aspetta e nell’ora che non sa, lo punirà con rigore e gli infliggerà la sorte che gli ipocriti si meritano: e là sarà pianto e stridore di denti”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi parla della venuta del Signore alla fine dei tempi e ci esorta alla vigilanza. All’epoca dei primi cristiani, molte persone pensavano che la fine di questo mondo era vicina e che Gesù sarebbe ritornato dopo. Oggi molte persone pensano che la fine del mondo è vicina. Per questo, è bene riflettere sul significato della vigilanza.
- Matteo 24,42: Vigilanza. “Quindi, vegliate! Perché non sapete quando il Signore vostro verrà”. Riguardo al giorno e all’ora della fine del mondo, Gesù aveva detto: “Quanto poi a quel giorno o a quell’ora, nessuno li conosce, neanche gli angeli nel cielo, e neppure il Figlio, ma solo il Padre!” (Mc 13,32). Oggi, molta gente vive preoccupata pensando alla fine del mondo. Per le strade delle città, hai visto scritto sui muri: Gesù ritornerà! E come sarà questa venuta? Dopo l’anno 1000, appoggiandosi all’Apocalisse di Giovanni, la gente cominciò a dire (Apoc 20,7): “1000 anni sono passati, ma 2000 anni non passeranno!” Per questo, nella misura in cui si avvicinava l’anno 2000, molti erano preoccupati. C’era perfino gente che, angosciata con la prossimità della fine del mondo, giunse a commettere il suicidio. Altri, leggendo l’Apocalisse di Giovanni, giunsero a predire l’ora esatta della fine. Ma l’anno 2000 passò e nulla avvenne. La fine del mondo non giunse! Molte volte, l’affermazione “Gesù ritornerà” viene usata per fare paura alla gente ed obbligarla a frequentare una determinata chiesa! Altri, di tanto sperare e speculare attorno alla venuta di Gesù, non si rendono più conto della sua presenza in mezzo a noi, nelle cose più comuni della vita, nei fatti di ogni giorno.
- La stessa problematica c’era nelle comunità cristiane dei primi secoli. Molte persone delle comunità dicevano che la fine di questo mondo era vicina e che Gesù sarebbe ritornato. Alcuni della comunità di Tessalonica in Grecia, appoggiandosi alla predicazione di Paolo, dicevano: “Gesù ritornerà!” (1 Tes 4,13-18; 2 Tes 2,2). Per questo, c’erano perfino persone che non lavoravano più, perché pensavano che la venuta fosse cosa di pochi giorni e settimane “Lavorare, perché, se Gesù ritornerà dopo?” (cf 2Ts 3,11). Paolo risponde che non era così semplice come loro immaginavano. E a coloro che avevano smesso di lavorare diceva: “Chi non vuole lavorare, non ha diritto di mangiare!” Altri rimanevano a guardare il cielo, aspettando il ritorno di Gesù sulle nuvole (cf At 1,11). Altri si ribellavano perché ritardava la sua venuta (2Pd 3,4-9). In generale i cristiani vivevano nell’aspettativa della venuta imminente di Gesù. Gesù veniva a realizzare il Giudizio Finale per terminare con la storia ingiusta di questo mondo ed inaugurare la nuova fase della storia, la fase definitiva del Nuovo Cielo e della Nuova Terra. Pensavano che questo sarebbe avvenuto dopo una o due generazioni. Molte persone sarebbero state ancora vive quando Gesù fosse apparso di nuovo, glorioso nel cielo (1Ts 4,16-17; Mc 9,1). Altri, stanchi di aspettare, dicevano: “Non tornerà mai! (2 Pd 3,4).
- Fino ad oggi la venuta di Gesù ancora non è avvenuta! Come capire questo ritardo? Perché non ci rendiamo conto che Gesù è già tornato e che vive in mezzo a noi: “Io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo.” (Mt 28,20). Lui è già al nostro fianco, nella lotta a favore della giustizia, della pace, della vita. La pienezza non è ancora giunta, ma una garanzia del Regno è già in mezzo a noi. Per questo, aspettiamo con ferma speranza la liberazione piena dell’umanità e della natura (Rm 8,22-25). E mentre speriamo e lottiamo, diciamo con certezza: “Già sta in mezzo a noi!” (Mt 25,40).
- Matteo 24,43-51: L’esempio del padrone di casa e dei suoi servi. “Questo considerate: se il padrone di casa sapesse in quale ora della notte viene il ladro, veglierebbe e non si lascerebbe scassinare la casa”. Gesù lo dice chiaramente. Nessuno sa nulla rispetto all’ora: “Quanto a questo giorno e a questa ora, nessuno sa nulla, né gli angeli, né il Figlio, ma solamente il Padre!”
Ciò che importa non è sapere l’ora della fine di questo mondo, bensì avere uno sguardo capace di percepire la venuta di Gesù già presente in mezzo a noi nella persona del povero (cf Mt 25,40) e in tanti altri modi ed avvenimenti della vita di ogni giorno. Ciò che importa è aprire gli occhi ed aver presente l’impegno del buon servo di cui Gesù parla nella parabola.
Per un confronto personale
- A quali segnali la gente fa riferimento per dire che la fine del mondo è vicina? Tu pensi che la fine del mondo sia vicina?
- Cosa rispondere a coloro che dicono che la fine del mondo è vicina? Qual è la forza che ti spinge a resistere e ad avere speranza?
Preghiera finale
Signore, ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande sei tu Signore e degno di ogni lode, la tua grandezza non si può misurare (Sal 144)
Venerdì, 26 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
Mostraci la tua continua benevolenza, o Padre, e assisti il tuo popolo, che ti riconosce suo pastore e guida; rinnova l’opera della tua creazione e custodisci ciò che hai rinnovato. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 25,1-13
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Il regno dei cieli è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo. Cinque di esse erano stolte e cinque sagge; le stolte presero le lampade, ma non presero con sé olio; le sagge invece, insieme alle lampade, presero anche dell’olio in piccoli vasi. Poiché lo sposo tardava, si assopirono tutte e dormirono. A mezzanotte si levò un grido: Ecco lo sposo, andategli incontro! Allora tutte quelle vergini si destarono e prepararono le loro lampade. E le stolte dissero alle sagge: Dateci del vostro olio, perché le nostre lampade si spengono. Ma le sagge risposero: No, che non abbia a mancare per noi e per voi; andate piuttosto dai venditori e compratevene. Ora, mentre quelle andavano per comprare l’olio, arrivò lo sposo e le vergini che erano pronte entrarono con lui alle nozze, e la porta fu chiusa. Più tardi arrivarono anche le altre vergini e incominciarono a dire: Signore, signore, aprici! Ma egli rispose: In verità vi dico: non vi conosco. Vegliate dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora.
Riflessione
- Oggi è la festa di santa Edith Stein che nel Carmelo assunse il nome di Teresa Benedetta della Croce. Per questo, il vangelo di oggi narra la parabola delle dieci vergini che dovevano dare il benvenuto allo sposo, quando fosse giunto per le nozze.
- Matteo 25,1a: L’ inizio: “In quel tempo”. La parabola inizia con queste due parole: “In quel tempo”. Si tratta della venuta del Figlio dell’Uomo (cf Mt 24,37). Nessuno sa quando verrà questo giorno, questo tempo, “nemmeno gli angeli del cielo, né il figlio stesso, ma solamente il Padre” (Mt 24, 36). Non ci riusciranno gli indovini a fare calcoli. Il Figlio dell’Uomo verrà di sorpresa, quando la gente meno se lo aspetta (Mt 24,44). Può essere oggi, può essere domani, per questo l’avviso finale della parabola delle dieci vergini è: “Vigilate!” Le dieci fanciulle devono essere preparate per qualsiasi eventualità. Quando la polizia nazista bussò alla porta del monastero delle Suore Carmelitane di Echt nella provincia di Limburgia, nei Paesi Bassi, Edith Stein, suor Teresa Benedetta della Croce, era preparata. Assunse la Croce e prese il cammino del martirio nel campo di sterminio per amore verso Dio ed il suo popolo. Era una delle vergini prudenti della parabola.
- Matteo 25,1b-4: Le dieci vergini disposte per aspettare lo sposo. La parabola inizia così: “Il Regno del Cielo è simile a dieci vergini che, prese le loro lampade, uscirono incontro allo sposo”. Si tratta di fanciulle che dovevano accompagnare lo sposo per la festa delle nozze. Per questo, dovevano portare con sé le lampade, sia per illuminare il cammino, sia per rendere più luminosa la festa. Cinque di loro erano prudenti e cinque erano stolte. Questa differenza appare nel modo in cui si preparano alla funzione che dovranno svolgere. Insieme alle lampade accese, le prudenti avevano portato con sé l’olio di riserva, preparandosi per qualsiasi eventualità. Le stolte portarono solo le lampade e non pensarono a portare con sé un poco di olio di riserva.
- Matteo 25,5-7: Il ritardo imprevisto dell’arrivo dello sposo. Lo sposo ritarda. Non aveva precisato l’ora dell’arrivo. Nell’attesa, le fanciulle sono prese dal sonno. Ma le lampade continuano a consumare olio e si spengono poco a poco. Improvvisamente, nel mezzo della notte, si alza un grido: “Ecco lo sposo. Andategli incontro”. Tutte si svegliano, e cominciano a preparare le lampade che stavano già per spegnersi. Dovevano mettere olio di riserva per evitare che le lampade si spegnessero.
- Matteo 25,8-9: Le diverse reazioni dinanzi al ritardo dello sposo. Solo ora le stolte si rendono conto che avrebbero dovuto portare con loro olio di riserva. Andarono a chiederlo alle prudenti: “Datemi un poco di olio per noi, perché le nostre lampade si stanno spegnendo”. Le prudenti non potettero rispondere a questa loro richiesta, perché in quel momento l’importante non era che le prudenti condividessero il loro olio con le stolte, ma che loro stessero pronte ad accompagnare lo sposo fino al luogo della festa. Per questo consigliarono: Andate piuttosto dai venditori e compratevene.
- Matteo 25,10-12: Il destino delle fanciulle prudenti e di quelle senza giudizio. Le stolte seguiranno il consiglio delle prudenti e vanno a comprare l’olio. Durante questa loro breve assenza arriva lo sposo e le prudenti possono accompagnarlo ed entrare con lui alla festa delle nozze. Ma la porta si chiude dietro di loro. Quando giungono le altre, busseranno alla porta e diranno: “Signore, Signore, apri la porta per noi!” e riceveranno la risposta: “In verità vi dico: io non vi conosco.”
- Matteo 25,13: La raccomandazione finale di Gesù per tutti noi. La storia di questa parabola è molto semplice e la lezione è evidente: “Vegliate, dunque, perché non sapete né il giorno né l’ora”. Morale della storia: non siate superficiali, guardate oltre il momento presente, cercate di scoprire la chiamata di Dio fin nelle minime cose della vita, perfino nell’olio che può mancare nel lumicino.
Per un confronto personale
- Ti è successo qualche volta nella vita di pensare all’olio di riserva della tua lampada?
- Conosci la vita di Santa Edith Stein, Teresa Benedetta della Croce?
Preghiera finale
Benedirò il Signore in ogni tempo, sulla mia bocca la sua lode. Io mi glorio nel Signore, ascoltino gli umili e si rallegrino. (Sal 33)
Sabato, 27 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Matteo 25,14-30
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli questa parabola: “Avverrà come di un uomo che, partendo per un viaggio, chiamò i suoi servi e consegnò loro i suoi beni. A uno diede cinque talenti, a un altro due, a un altro uno, a ciascuno secondo la sua capacità, e partì.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, andò subito a impiegarli e ne guadagnò altri cinque. Così anche quello che ne aveva ricevuti due, ne guadagnò altri due.
Colui invece che aveva ricevuto un solo talento, andò a fare una buca nel terreno e vi nascose il denaro del suo padrone.
Dopo molto tempo il padrone di quei servi tornò, e volle regolare i conti con loro.
Colui che aveva ricevuto cinque talenti, ne presentò altri cinque, dicendo: Signore, mi hai consegnato cinque talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque. Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Presentatosi poi colui che aveva ricevuto due talenti, disse: Signore, mi hai consegnato due talenti; vedi, ne ho guadagnati altri due. Bene, servo buono e fedele, gli rispose il padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone.
Venuto infine colui che aveva ricevuto un solo talento, disse: Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotterra: ecco qui il tuo.
Il padrone gli rispose: Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse. Toglietegli dunque il talento, e datelo a chi ha i dieci talenti.
Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha. E il servo fannullone gettatelo fuori nelle tenebre; là sarà pianto e stridore di denti”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi ci narra la parabola dei talenti. Questa parabola era tra due parabole: la parabola delle Dieci Vergini (Mt 25,1-13) e la parabola del Giudizio Finale (Mt 25,31-46). Le tre parabole chiariscono ed orientano le persone sulla venuta del Regno. La parabola delle Dieci Vergini insiste sulla vigilanza: il Regno può arrivare in qualsiasi momento. La parabola del Giudizio Finale dice che per possedere il Regno bisogna accogliere i piccoli. La parabola dei Talenti orienta su come fare per far crescere il Regno. Parla dei doni o carismi che le persone ricevono da Dio. Ogni persona ha delle qualità, sa qualcosa che può insegnare agli altri. Nessuno è solo alunno, nessuno è solo professore. Impariamo gli uni dagli altri.
Una chiave per capire la parabola: Una delle cose che più influisce nella vita della gente è l’idea che ci facciamo di Dio. Tra i giudei della linea dei farisei, alcuni immaginavano che Dio fosse un giudice severo, che trattava alle persone secondo il merito conquistato dalle osservanze. Ciò produceva paura ed impediva alle persone di crescere. Soprattutto impediva che si aprissero uno spazio dentro di sé, per accogliere la nuova esperienza di Dio che Gesù comunicava. Per aiutare queste persone, Matteo racconta la parabola dei talenti.
- Matteo 25,14-15: La porta d’ingresso nella storia della parabola. Gesù racconta la storia di un uomo che, prima di viaggiare, distribuisce i suoi beni ai servi, dando loro cinque, due o un talento, secondo la capacità di ognuno. Un talento corrisponde a 34 chili d’oro, il che non è poco. In definitiva, ognuno riceve lo stesso, perché riceve “secondo la sua capacità”. Ogn’uno riceve la sua piccola o grande coppa piena. Il padrone se ne va all’estero e vi rimane molto tempo. La storia produce una certa suspense. Non si sa con quale scopo il padrone consegna il suo denaro ai servi, né si sa quale sarà la fine.
- Matteo 25,16-18: Il modo di agire di ogni servo. I due primi lavorano e fanno duplicare i talenti. Ma colui che ha ricevuto un talento lo sotterra per non perderlo. Si tratta dei beni del Regno che sono dati alle persone e alle comunità secondo le loro capacità.
Tutti ricevono qualche bene del Regno, ma non tutti rispondono allo stesso modo!
- Matteo 25,19-23: Rendiconto del primo e del secondo servo, e risposta del Signore. Dopo molto tempo, il padrone ritorna. I due primi dicono la stessa cosa: “Signore, mi hai consegnato cinque/due talenti; ecco, ne ho guadagnati altri cinque/due!” E il padrone dà la stessa risposta: “Bene, servo buono e fedele, gli disse il suo padrone, sei stato fedele nel poco, ti darò autorità su molto; prendi parte alla gioia del tuo padrone!”
- Matteo 25,24-25: Rendiconto del terzo servo. Il terzo servo giunge e dice. “Signore, so che sei un uomo duro, che mieti dove non hai seminato e raccogli dove non hai sparso; per paura andai a nascondere il talento sotto terra: ecco qui il tuo!” In questa frase appare un’idea sbagliata di Dio che è criticata da Gesù. Il servo considera Dio come un padrone severo. Dinanzi a un Dio così, l’essere umano ha paura e si nasconde dietro l’osservanza esatta e meschina della legge. Pensa che, agendo così, la severità del legislatore non lo castigherà. In realtà, una persona così non crede in Dio, ma crede solo in se stessa e nella sua osservanza della legge. Si rinchiude in sé, si allontana da Dio e non riesce a preoccuparsi degli altri. Diventa incapace di crescere come una persona libera. Questa immagine falsa di Dio isola l’essere umano, uccide la comunità, termina con la gioia ed impoverisce la vita.
- Matteo 25,26-27: La risposta del Signore al terzo servo. La risposta del Signore è ironica. Dice: “Servo malvagio e infingardo, sapevi che mieto dove non ho seminato e raccolgo dove non ho sparso; avresti dovuto affidare il mio denaro ai banchieri e così, ritornando, avrei ritirato il mio con l’interesse!” Il terzo impiegato non è stato coerente con l’immagine severa che aveva di Dio. Se lui immaginava che Dio era severo, avrebbe dovuto per lo meno mettere il denaro in banca. Ossia è condannato non da Dio ma dall’idea sbagliata che aveva di Dio e che lo lascia più immaturo e timoroso di quanto doveva essere. Non gli era stato possibile essere coerente con quella immagine di Dio, perché la paura lo disumanizza e gli paralizza la vita.
- Matteo 25,28-30: La parola finale del Signore che chiarisce la parabola. Il padrone ordina di andare a prendere il talento e di darlo a colui che ne ha dieci, “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha”. Ecco la chiave che chiarisce tutto. In realtà, i talenti, il “denaro del padrone”, i beni del Regno, sono l’amore, il servizio, la condivisione. E’ tutto quello che fa crescere la comunità e rivela la presenza di Dio. Chi si chiude in sé con la paura di perdere il poco che ha, costui perderà perfino quel poco che ha. Ma la persona che non pensa a sé, e si dona agli altri, cresce e riceve a sua volta, in modo inesperto, tutto ciò che ha dato e molto di più. “Chi perde la vita la ottiene, e ottiene la vita chi ha il coraggio di perderla”
- La moneta diversa del Regno. Non c’è differenza tra coloro che hanno ricevuto di più o di meno. Tutti hanno il loro dono secondo la loro capacità. Ciò che importa è che questo dono sia messo al servizio del Regno e faccia crescere i beni del Regno che sono amore, fraternità, condivisione. La chiave principale della parabola non consiste nel far rendere e produrre i talenti, ma nel relazionarsi con Dio in modo corretto. I due primi non chiedono nulla, non cercano il proprio benessere, non tengono per sé, non si chiudono in se stessi, non calcolano. Con la maggiore naturalezza del mondo, quasi senza rendersene conto e senza cercarsi merito, cominciano a lavorare, in modo che il dono dato da Dio renda per Dio e per il Regno. Il terzo ha paura, e per questo non fa nulla. D’accordo con le norme dell’antica legge, lui agisce correttamente. Si mantiene nelle esigenze. Non perde nulla e non guadagna nulla. Per questo, perde perfino ciò che aveva. Il regno è rischio. Chi non vuole correre rischi, perde il Regno!
Per un confronto personale
- Nella nostra comunità, cerchiamo di conoscere e valorizzare i doni di ogni persona? La nostra comunità è uno spazio dove le persone possono far conoscere e mettere a disposizione i loro doni? A volte, i doni di alcuni generano invidia e competitività negli altri. Come reagiamo?
- Come capire la frase: “Perché a chiunque ha sarà dato e sarà nell’abbondanza; ma a chi non ha sarà tolto anche quello che ha?”
Preghiera finale
L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. In lui gioisce il nostro cuore e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)
Domenica, 28 agosto 2022
La parabola dei primi e gli ultimi posti:
chi si umilia sarà esaltato Luca 14,1.7-14
Ascolto del testo
- Preghiera iniziale
Signore, abbiamo tutti un insaziabile bisogno di ascoltarti, e lo sai, perché tu stesso ci hai creati così. «Tu solo hai parole di vita eterna» (Gv 6,68). In queste parole crediamo, di queste parole abbiamo fame e sete; per queste parole, in umiltà e amore, impegniamo tutta la nostra fedeltà. «Parla, Signore, perché il tuo servo ti ascolta» (1 Sam 3,9). È la preghiera trepidante dell’inconsapevole Samuele; la nostra è un po’ diversa, ma è stata proprio la tua voce, la tua Parola, a cambiare la trepidazione dell’antica preghiera nell’anelito di comunione di un figlio che grida al Padre suo: Parla ché il tuo figlio ti ascolta.
- Lettura del vangelo:
1Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservarlo.7Osservando poi come gli invitati sceglievano i primi posti, disse loro una
parabola: 8«Quando sei invitato a nozze da qualcuno, non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te 9e colui che ha invitato te e lui venga a dirti: Cedigli il posto! Allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto. 10Invece quando sei invitato, và a metterti all’ultimo posto, perché venendo colui che ti ha invitato ti dica: Amico, passa più avanti. Allora ne avrai onore davanti a tutti i commensali. 11Perché chiunque si esalta sarà umiliato, e chi si umilia sarà esaltato». 12Disse poi a colui che l’aveva invitato: «Quando offri un pranzo o una cena, non invitare i tuoi amici, né i tuoi fratelli, né i tuoi
parenti, né i ricchi vicini, perché anch’essi non ti invitino a loro volta e tu abbia il contraccambio. 13Al contrario, quando dai un banchetto, invita poveri, storpi, ciechi; 14e sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa alla risurrezione dei giusti».
- Momenti di silenzio orante:
Per essere raggiunti dalla parola di Cristo e perché la Parola fatta carne, che è Cristo, possa abitare i nostri cuori e noi vi possiamo aderire, è necessario che ci sia ascolto e silenzio profondo.
La Parola s’illumina (lectio)
- a) Contesto:
La parabola sulla scelta dei posti viene raccontata in giorno di sabato quando ormai Gesù è a Gerusalemme, dove si compirà il mistero pasquale, dove si celebrerà l’eucarestia della nuova alleanza, a cui segue, poi, l’incontro con il vivente e l’incarico di missione dei discepoli che prolunga quella storica di Gesù. La luce della pasqua fa vedere il cammino che il Signore fa percorrere a tutti quelli che sono chiamati a rappresentarlo come servo,diakonos, in mezzo alla comunità, raccolta attorno alla mensa. È il tema lucano della commensalità o convivialità. Le realtà più belle Gesù le ha realizzate, proclamate e insegnate a tavola in una cornice conviviale.
Nel capitolo 14 Luca, con la sua arte di abile narratore, dipinge un quadro, in cui sovrappone due immagini: Gesù a mensa definisce il volto della nuova comunità, convocata attorno alla mensa eucaristica. La pagina è suddivisa in due scene: prima l’invito a pranzo in casa di uno dei capi dei farisei, in giorno di festa, sabato (Lc 14, 1-6); poi l’insegnamento con due piccole parabole sul modo di scegliere i posti a tavola e i criteri per fare gli inviti (Lc 14, 7-14); infine la parabola sulla grande cena (Lc 14,15-16), che riguarda ancora il problema degli invitati: chi parteciperà alla mensa del regno? Questa si prepara fin d’ora nel rapporto con un Gesù, che convoca attorno a sé le persone nella comunità-chiesa. b) Esegesi:
- il sabato: giorno di festa e di liberazione
Ecco il brano lucano: «Un sabato era entrato in casa di uno dei capi dei farisei per pranzare e la gente stava ad osservano» (Lc 14, 1). In un giorno festivo Gesù è invitato da un responsabile del movimento degli osservanti o farisei. Gesù sta a mensa. In questo contesto avviene il primo episodio: la guarigione di un uomo idropico impedito per la sua menomazione fisica dal partecipare alla mensa. Quelli che sono colpiti nella carne sono esclusi dalle comunità degli osservanti come si sa dalla Regola di Qumran. Il pranzo del sabato ha un carattere festivo e sacro soprattutto per gli osservanti della legge. Il giorno di sabato infatti si fa memoria settimanale dell’esodo e della creazione. Gesù proprio nel giorno di sabato ridà la libertà e reintegra nella piena salute un uomo idropico.
Egli quindi giustifica il suo gesto davanti ai maestri ed osservanti della legge con queste parole: «Chi di voi, se un asino o un bue gli cade nel pozzo, non lo tira subito fuori in giorno di sabato?». Dio è interessato alle persone e non solo alle proprietà dell’uomo. Il sabato non si riduce ad un’osservanza esterna del riposo sacro, ma è a favore dell’uomo. Con questa preoccupazione rivolta all’uomo, è data anche la chiave per definire i criteri di convocazione in questa comunità simboleggiata dalla mensa: come fare la scelta dei posti? chi invitare e chi alla fine parteciperà al banchetto del regno? Il gesto di Gesù è programmatico: il sabato è fatto per l’uomo. Egli realizza nel giorno di sabato quello che è il significato fondamentale della celebrazione della memoria dell’uscita dall’Egitto e della creazione.
- sulla scelta dei posti e degli invitati
I criteri per scegliere i posti non si basano sulle precedenze, sui ruoli o la notorietà, ma si ispirano all’agire di Dio che promuove gli ultimi, «perché chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato» (Lc 14, 11). Questo principio che chiude la parabola del nuovo galateo, quello del rovesciamento dei criteri mondani, allude all’azione di Dio per mezzo del passivo «sarà esaltato». Dio esalta i piccoli e i poveri così come Gesù ha introdotto nella commensalità della festa sabbatica l’idropico escluso.
Vengono poi i criteri per la scelta degli invitati. Sono esclusi i criteri di raccomandazione e di solidarietà corporativa: «Non invitare i tuoi amici, né i tuoi parenti, né i ricchi vicini…» «Al contrario, quando dai un banchetto invita, poveri, storpi, zoppi, ciechi…» (Lc 14, 12.13). L’elenco incomincia con i poveri, che nel vangelo di Luca sono i destinatari delle beatitudine: «Beati voi poveri, perché vostro è il regno di Dio». Nell’elenco degli invitati i poveri sono precisati come i menomati fisicamente, gli handicappati, esclusi dalle confraternite farisaiche e dal rituale del tempio (cf 2Sam 5, 8; Lv 21, 18).
Questo stesso elenco si ritrova nella parabola della grande cena: poveri, storpi, ciechi e zoppi prendono il posto degli invitati di riguardo (Lc 14, 21).
Questa seconda parabola sui criteri di scelta degli invitati si conclude con questa proclamazione: «E sarai beato perché non hanno da ricambiarti. Riceverai infatti la tua ricompensa nella risurrezione dei giusti» (Lc 14, 14), nel tempo finale, quando Dio manifesterà la sua signoria comunicando la vita eterna. A questo punto c’è una frase di un commensale che fa da raccordo tra le due piccole parabole e la parabola sulla grande cena. «Uno dei commensali, avendo udito ciò, disse: «Beato chi mangerà il pane del regno di Dio!”» (Lc 14, 15). Questa parola che richiama la beatitudine del regno e la condizione per parteciparvi mediante l’immagine del banchetto, «mangiare il pane», introduce la parabola della grande cena nel suo significato escatologico. Però questo banchetto finale, che è il regno di Dio e la piena comunione con lui, è preparato dalla commensalità attuale. Gesù racconta questa parabola per interpretare la convocazione degli uomini con l’annuncio del regno di Dio e attraverso la sua azione storica.
La parola m’illumina (per meditare)
- Gesù stando in casa del fariseo che l’aveva invitato a pranzo osserva come gli invitati ricerchino i primi posti. È un atteggiamento molto comune nella vita, non solo quando si sta a tavola: ciascuno cerca sempre il primo posto nell’attenzione e nella considerazione da parte degli altri. Tutti, cominciando da noi stessi, ne abbiamo esperienza. Ma badiamo bene, le parole di Gesù che esortano ad astenersi dal cercare il primo posto non sono semplicemente una esortazione di buon galateo; esse sono una regola di vita. Gesù chiarisce che è il Signore a donare a ciascuno la dignità e l’onore, non siamo noi stessi a darceli, magari vantando i nostri meriti. Come ha fatto nelle Beatitudini, Gesù rovescia il giudizio e i comportamenti di questo mondo. Chi si riconosce peccatore e umile viene esaltato da Dio, chi invece pretende riconoscimenti e primi posti rischia di autoescludersi dal banchetto.
- «Non metterti al primo posto, perché non ci sia un altro invitato più ragguardevole di te… allora dovrai con vergogna occupare l’ultimo posto» (Lc 14,8-9). Sembra che Gesù voglia prendersi gioco degli infantili tentativi degli invitati che si destreggiano per raggiungere la posizione migliore; ma il suo intento ha uno scopo più serio. Parlando ai capi d’Israele mostra quale è il potere che edifica le relazioni del regno: “Chiunque si esalta sarà umiliato e chi si umilia sarà esaltato” (Lc 14,11). Descrive loro “il buon uso del
potere” fondato sull’umiltà. È lo stesso potere che Dio sprigiona nell’umanità nell’incarnazione: “Al servizio della volontà del Padre, affinché tutta la creazione ritorni a lui, il Verbo non considerò «un tesoro geloso la sua uguaglianza con Dio, ma spogliò se stesso, assumendo la condizione di servo e divenendo simile agli uomini; apparso in forma umana, umiliò se stesso facendosi obbediente fino alla morte e alla morte di croce.” (Fil 2,6-8). Questa kenosi gloriosa del Figlio di Dio” ha la capacità di “guarire, riconciliare e liberare tutta la creazione. L’umiltà è la forza che edifica il regno e la comunità dei discepoli, la Chiesa.
Per pregare – Salmo 23
Il salmo pare ruotare attorno ad un titolo “Il Signore è il mio pastore”. I santi sono l’immagine del gregge in cammino: essi sono accompagnati dalla bontà e lealtà di Dio, finché giungono definitivamente alla case del Padre (L.Alonso Schökel, I salmi della fiducia, Dehoniana libri, Bologna 2006, 54)
Il Signore è il mio pastore: nulla manca. In verdi pascoli mi fa riposare mi conduce, a fonti tranquille e ristora le mie forze; mi guida per il sentiero giusto facendo onore al suo nome. Anche se vado per valli oscure, non ho paura, perché tu vieni con me,
il tuo bastone e il tuo vincastro mi rasserenano. Mi prepari una mensa di fronte ai nemici,
mi ungi il capo con profumi, il mio calice trabocca.
La tua bontà e la tua fedeltà mi seguono Per tutta la vita, e abiterò nella casa del Signore per lunghissimi anni.
Preghiera finale
«Signore, grazie alla tua luce che è scesa in me, è dilagata nella mia vita la convinzione che sono un peccatore. Ho capito un po’ più a fondo che il tuo Figlio Gesù è il mio Salvatore.
La mia volontà, il mio spirito, tutto il mio essere si aggrappa a Lui. Mi vinca l’onnipotenza del tuo amore, Dio mio. Travolga le resistenze che spesso mi rendono ribelle, le nostalgie che mi spingono ad essere svogliato, pigro; vinca tutto il tuo amore perché io possa essere un felice trofeo della tua vittoria.
Alla tua fedeltà è ancorata la mia speranza. Sia che debba crescere nel turbine della civiltà, sono un convertito in fiore e tu vigili su questa primavera sbocciata dal Sangue del Figlio tuo.
Ad uno ad uno tu ci guardi, ci curi, vegli su di noi; tu, il Coltivatore di questa primavera della vita eterna: tu, Padre di Gesù e Padre nostro; tu, Padre mio!» (Anastasio Ballestrero).
Lunedì, 29 agosto 2022
Martirio di San Giovanni Battista
Preghiera
O Dio, che unisci in un solo volere le menti dei fedeli, concedi al tuo popolo di amare ciò che comandi
e desiderare ciò che prometti, perché fra le vicende del mondo là siano fissi i nostri cuori dove è la vera gioia. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Marco 6,17-29
In quel tempo, Erode aveva fatto arrestare Giovanni e lo aveva messo in prigione a causa di Erodiade, moglie di suo fratello Filippo, che egli aveva sposata. Giovanni diceva a Erode: “Non ti è lecito tenere la moglie di tuo fratello”. Per questo Erodiade gli portava rancore e avrebbe voluto farlo uccidere, ma non poteva, perché Erode temeva
Giovanni, sapendolo giusto e santo, e vigilava su di lui; e anche se nell’ascoltarlo restava molto perplesso, tuttavia lo ascoltava volentieri.
Venne però il giorno propizio, quando Erode per il suo compleanno fece un banchetto per i grandi della sua corte, gli ufficiali e i notabili della Galilea. Entrata la figlia della stessa Erodiade, danzò e piacque a Erode e ai commensali. Allora il re disse alla ragazza: “Chiedimi quello che vuoi e io te lo darò”. E le fece questo giuramento: “Qualsiasi cosa mi chiederai, te la darò, fosse anche la metà del mio regno”.
La ragazza uscì e disse alla madre: “Che cosa devo chiedere?”. Quella rispose: “La testa di Giovanni il Battista”. Ed entrata di corsa dal re fece la richiesta dicendo: “Voglio che tu mi dia subito su un vassoio la testa di Giovanni il Battista”. Il re ne fu rattristato; tuttavia, a motivo del giuramento e dei commensali, non volle opporle un rifiuto.
E subito mandò una guardia con l’ordine che gli fosse portata la testa [di Giovanni]. La guardia andò, lo decapitò in prigione e portò la testa su un vassoio, la diede alla ragazza e la ragazza la diede a sua madre. I discepoli di Giovanni, saputa la cosa, vennero, ne presero il cadavere e lo posero in un sepolcro.
Riflessione
- Oggi commemoriamo il martirio di San Giovanni Battista. Il vangelo riporta la descrizione di come Giovanni Battista fu ucciso, senza processo, durante un banchetto, vittima della corruzione e della prepotenza di Erode e della sua corte.
- Marco 6,17-20. A causa della prigione e dell’assassinio di Giovanni. Erode era un impiegato dell’Impero Romano. Chi comandava in Palestina, fin dal 63 prima di Cristo, era Cesare, l’imperatore di Roma. Insisteva soprattutto su un’amministrazione efficiente che proporzionasse reddito all’Impero e a lui. La preoccupazione di Erode era la sua propria promozione e la sua sicurezza. Per questo, reprimeva qualsiasi tipo di corruzione. A lui piaceva essere chiamato benefattore del popolo, ma in realtà era un tiranno (cf. Lc 22,25). Flavio Giuseppe, uno scrittore di quell’epoca, informa che il motivo della prigione di Giovanni Battista, era la paura che Erode aveva di una sommossa popolare. La denuncia di Giovanni Battista contro la morale depravata di Erode (Mc 6,18), fu la goccia che fece straboccare il bicchiere, e Giovanni fu messo in carcere.
Marco 6,21-29: La trama dell’assassinio. Anniversario e banchetto di festa, con danze ed orge. Era un ambiente in cui i potenti del regno si riuniscono e in cui si formavano le alleanze.
La festa contava con la presenza “dei grandi della corte, due ufficiali e due persone importanti della Galilea”. E’ questo l’ambiente in cui si trama l’assassinio di Giovanni Battista. Giovanni, il profeta, era una denuncia viva di questo sistema corrotto. Per questo, lui fu eliminato con il pretesto di una vendetta personale. Tutto questo rivela la debolezza morale di Erode. Tanto potere accumulato in mano di un uomo senza controllo di sé! Nell’entusiasmo della festa e del vino, Erode fa un giuramento leggero a una giovane ballerina. Superstizioso come era, pensava che doveva mantenere il giuramento. Per Erode, la vita dei sudditi non valeva nulla. Marco racconta il fatto dell’assassinio di Giovanni così come è, e lascia alle comunità il compito di trarne le conclusioni.
- Tra le linee, il vangelo di oggi dà molte informazioni sul tempo in cui Gesù viveva e sul modo in cui era svolto il potere da parte dei potenti dell’epoca. Galilea, la terra di Gesù, fu governata da Erode Antipa, figlio del re Erode, il Grande, dal 4 prima di Cristo fino al 39 dopo Cristo. In tutto, 43 anni! Durante tutto il tempo in cui Gesù visse, non ci fu cambiamento di governo in Galilea! Erode era signore assoluto di tutto, non rendeva conto a nessuno, faceva come gli pareva. Prepotenza, mancanza di etica, potere assoluto, senza controllo da parte della gente!
- Erode costruì una nuova capitale, chiamata Tiberiade. Seffori, l’antica capitale, era stata distrutta dai romani in rappresaglia contro una sommossa popolare. Ciò avvenne quando Gesù aveva circa sette anni. Tiberiade, la nuova capitale, fu inaugurata tredici anni dopo, quando Gesù aveva circa 20 anni. Era chiamata così per far piacere a Tiberio, l’imperatore di Roma. Tiberiade era un luogo strano in Galilea. Era lì dove vivevano i re “i grandi della sua corte, gli ufficiali, i notabili della Galilea” (Mc 6,21). Era lì che vivevano i padrone delle terre, i soldati, la polizia, i giudici molte volte insensibili (Lc 18,1-4). Verso di lì erano canalizzate le imposte e il prodotto della gente. Era lì che Erode faceva le sue orge di morte (Mc 6,21-29). Non risulta nei vangeli che Gesù fosse entrato nella città.
Durante quei 43 anni di governo di Erode, si creò una classe di funzionari fedeli al progetto del re: scribi, commercianti, padroni di terre, fiscali del mercato, pubblicani ed esattori, militari, polizia, giudici, promotori, capi locali. La maggior parte di questo personale viveva nella capitale, godendo dei privilegi che Erode offriva, per esempio l’esenzione dalle imposte. Un’altra parte viveva nei villaggi. In ogni villaggio o città c’era un gruppo di persone che appoggiava il governo. Vari scribi e farisei erano legati al sistema e alla politica del governo. Nei vangeli, i farisei appaiono con gli erodiani (Mc 3,6; 8,15; 12,13), e ciò rispecchia l’alleanza esistente tra il potere religioso e il potere civile. La vita della gente nei villaggi della Galilea era molto controllata, sia dal governo che dalla religione. Era necessario molto coraggio per iniziare qualcosa di nuovo, come fecero Giovanni e Gesù! Era lo stesso che attrarre su di sé la rabbia dei privilegiati, sia del potere religioso come del potere civile, sia a livello locale che statale.
Per un confronto personale
- Conosci casi di persone che sono morte vittime della corruzione e del dominio dei potenti? E qui tra di noi, nella nostra comunità e nella Chiesa, ci sono vittime di autoritarismo e di eccesso di potere? Dà un esempio.
Superstizione, corruzione, viltà, marcavano l’esercizio del potere di Erode. Paragonalo con l’esercizio del potere religioso e civile oggi, sia nei vari livelli sia della società che della Chiesa.
Preghiera finale
In te mi rifugio, Signore, ch’io non resti confuso in eterno. Liberami, difendimi per la tua giustizia, porgimi ascolto e salvami. (Sal 70)
Martedì, 30 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 4,31-37
In quel tempo, Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente. Rimanevano colpiti dal suo insegnamento, perché parlava con autorità.
Nella sinagoga c’era un uomo con un demonio immondo e cominciò a gridare forte: “Basta! Che abbiamo a che fare con te, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci? So bene chi sei: il Santo di Dio!”
Gesù gli intimò: “Taci, esci da costui!” E il demonio, gettatolo a terra in mezzo alla gente, uscì da lui, senza fargli alcun male.
Tutti furono presi da paura e si dicevano l’un l’altro: “Che parola è mai questa, che comanda con autorità e potenza agli spiriti immondi ed essi se ne vanno?” E si diffondeva la fama di lui in tutta la regione.
Riflessione
- Nel vangelo di oggi vediamo da vicino due fatti: l’ammirazione della gente per il modo di insegnare di Gesù e la guarigione di un uomo posseduto da un demonio impuro. Non tutti gli evangelisti raccontano il fatto allo stesso modo. Per Luca, il primo miracolo è la calma con cui Gesù si libera dalla minaccia di morte da parte della gente di Nazaret (Lc 4,29-30) e la guarigione dell’uomo posseduto (Lc 4,33-35). Per Matteo, il primo miracolo è la guarigione dei malati e degli indemoniati (Mt 4,23) o, più specificamente, la guarigione di un lebbroso (Mt 8,1-4). Per Marco, l’espulsione di un demonio (Mc 1,23-26). Per Giovanni, il primo miracolo fu a Cana, dove Gesù trasformò l’acqua in vino (Gv 2,1-11). Così, nel modo di raccontare le cose, ciascun evangelista indica qual è stata secondo lui la più grande preoccupazione di Gesù.
Luca 4,31: Il cambiamento di Gesù verso Cafarnao: “Gesù discese a Cafarnao, una città della Galilea, e il sabato ammaestrava la gente”. Matteo dice che Gesù andò a vivere a Cafarnao (Mt 4,13). Cambiò residenza. Cafarnao era una piccola città all’incrocio tra due strade importanti: quella che veniva dall’Asia Minore ed andava verso Petra al sud della Transgiordania, e l’altra che veniva dalla regione dei due fiumi: il Tigre e l’Eufrate e scendeva verso l’Egitto. Il cambiamento verso Cafarnao facilitava il contatto con la gente e la divulgazione della Buona Notizia.
- Luca 4,32: Ammirazione della gente per l’insegnamento di Gesù. La prima cosa che la gente percepisce è che Gesù insegna in modo diverso. Colpisce non tanto il contenuto, quanto il suo modo di insegnare: “Gesù parlava con autorità.” Marco aggiunge che per questo suo modo diverso di insegnare, Gesù creava una coscienza critica tra la gente nei riguardi delle autorità religiose del suo tempo. La gente percepisce e paragona: “Insegna con autorità, diverso dagli scribi” (Mc 1,22.27). Gli scribi dell’epoca insegnavano citando le autorità. Gesù non cita nessuna autorità, bensì parla partendo dalla sua esperienza di Dio e della sua vita.
- Luca 4,33-35: Gesù lotta contro il potere del male. Il primo miracolo è l’espulsione di un demonio. Il potere del male si impossessava delle persone, alienandole. Gesù restituisce le persone a se stesse, restituendo loro la coscienza e la libertà. Lo fa grazie alla forza della sua parola: “Taci, esci da costui!” Ed in un’altra occasione dice: “Se invece io scaccio i demoni con il dito di Dio, è dunque giunto a voi il regno di Dio.” (Lc 11,20). Anche oggi, molta gente vive alienata da se stessa, soggiogata dai mezzi di comunicazione, dalla propaganda del governo e del commercio. Vive schiava del consumismo, oppressa dai debiti e minacciata dai creditori. La gente pensa che non vive bene se non ha tutto ciò che la propaganda annuncia. Non è facile espellere questo potere che oggi aliena tanta gente, e restituire le persone a loro stesse
- Luca 1,36-37: La reazione della gente: ordina agli spiriti impuri. Gesù non solo ha un modo diverso di insegnare le cose di Dio, ma provoca anche ammirazione nella gente per il suo potere sugli spiriti impuri: “Che parola è questa che comanda con autorità e potenza gli spiriti immondi e questi se ne vanno?” Gesù apre un cammino nuovo in modo che il popolo possa mettersi dinanzi a Dio a pregare e ricevere la benedizione promessa ad Abramo. Doveva prima purificarsi. C’erano molte leggi e norme che rendevano difficile la vita della gente ed emarginavano molte persone, considerate impure. Ma ora, purificate dalla fede in Gesù, le persone potevano di nuovo mettersi in presenza di Dio e pregarlo, senza necessità di ricorrere alle norme di purezza complicate e spesso dispendiose.
Per un confronto personale
- Gesù causa ammirazione tra la gente. L’attuazione della nostra comunità nel quartiere causa ammirazione tra la gente? Che tipo di ammirazione?
- Gesù scaccia il potere del male e restituisce le persone a se stesse. Oggi molte persone vivono alienate da tutto e da tutti. Come restituirle a sè stesse?
Preghiera finale
Paziente e misericordioso è il Signore, lento all’ira e ricco di grazia. Buono è il Signore verso tutti,
la sua tenerezza si espande su tutte le creature. (Sal 114)
Mercoledì, 31 agosto 2022
Tempo ordinario
Preghiera
O Dio, nostro Padre,
unica fonte di ogni dono perfetto,
suscita in noi l’amore per te e ravviva la nostra fede, perché si sviluppi in noi il germe del bene e con il tuo aiuto maturi fino alla sua pienezza. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo secondo Luca 4,38-44
In quel tempo, Gesù uscito dalla sinagoga entrò nella casa di Simone. La suocera di Simone era in preda a una grande febbre e lo pregarono per lei. Chinatosi su di lei, intimò alla febbre, e la febbre la lasciò. Levatasi all’istante, la donna cominciò a servirli.
Al calar del sole, tutti quelli che avevano infermi colpiti da mali di ogni genere li condussero a lui. Ed egli, imponendo su ciascuno le mani, li guariva.
Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.
Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro. Egli però disse: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”.
E andava predicando nelle sinagoghe della Giudea.
Riflessione
- Il vangelo di oggi narra quattro fatti diversi: la guarigione della suocera di Pietro (Lc 4,38- 39), la guarigione di molti malati (Lc 4, 40-41), la preghiera di Gesù in un luogo deserto (Lc 4,42) e la sua insistenza nella missione (Lc 4,43-44). Con piccole differenze Luca segue ed adatta le informazioni tratte dal vangelo di Marco.
- Luca 4,38-39: Gesù ridona la vita, per il servizio. Dopo aver partecipato alla celebrazione del sabato, nella sinagoga, Gesù entra in casa di Pietro e guarisce sua suocera. La guarigione fa sì che lei si ponga immediatamente in piedi. Recuperata la salute e la dignità, si mette al servizio della gente. Gesù non solo guarisce, ma guarisce in modo tale che la persona si mette al servizio della vita.
- Luca 4,40-41: Gesù accoglie e guarisce gli emarginati. Verso sera, con lo spuntare della prima stella nel cielo, terminato il sabato, Gesù accoglie e guarisce i malati ed i posseduti che la gente gli porta. Malati e posseduti erano le persone più emarginate in quell’epoca. Loro non avevano a chi far ricorso. Erano alla mercede della carità pubblica. Inoltre, la religione le considerava impure. Loro non potevano prendere parte alla comunità. Era come se Dio le rifiutasse e le escludesse. Gesù le accoglie e le guarisce imponendo le mani su ciascuno. Così è chiaro in cosa consiste la Buona Notizia di Dio e ciò che vuole fare nella vita delle persone: accogliere gli emarginati e gli esclusi ed integrarli nella convivenza.
“Da molti uscivano demoni gridando: “Tu sei il Figlio di Dio!” Ma egli li minacciava e non li lasciava parlare, perché sapevano che era il Cristo.” In quel tempo, il titolo di Figlio di Dio non aveva ancora la densità e la profondità che ha oggi per noi. Gesù non lasciava parlare i demoni. Non voleva una propaganda facile dettata da espulsioni spettacolari.
- Luca 4,42a: Rimanere uniti al Padre per mezzo della preghiera. “Sul far del giorno uscì e si recò in un luogo deserto. Ma le folle lo cercavano, lo raggiunsero e volevano trattenerlo perché non se ne andasse via da loro.” Qui Gesù appare pregando. Compie uno sforzo enorme per avere a disposizione tempo e luogo adatti alla preghiera. Si reca in un luogo deserto per poter stare da solo con Dio. Molte volte, i vangeli ci parlano della preghiera di Gesù, nel silenzio (Lc 3,21-22; 4,1-2.3-12; 5,15-16; 6,12; 9,18; 10,21; 5,16; 9,18; 11,1; 9,28;23,34; Mt 14,22-23; 26,38; Gv 11,41-42; 17,1-26; Mc 1,35; Lc 3,2122). Attraverso la preghiera lui mantiene viva la coscienza della sua missione.
- Luca 4,42b-44: Mantenere viva la coscienza della propria missione e non pensare al risultato. Gesù diventa conosciuto. La gente lo segue e non vuole che se ne vada. Gesù non risponde a questa richiesta e dice: “Bisogna che io annunzi il regno di Dio anche alle altre città; per questo sono stato mandato”. Gesù aveva ben chiara la sua missione. Non si ferma al risultato già ottenuto, ma vuole mantenere ben viva la coscienza della sua missione. E’ la missione ricevuta dal Padre che l’orienta quando prende decisioni. Per questo sono stato mandato! E qui nel testo questa coscienza così viva spunta quale frutto della preghiera.
Per un confronto personale
- Gesù passava molto tempo a pregare e a stare solo con il Padre, e cercava questo tempo. Io dedico tempo alla preghiera e a stare solo/a con Dio?
- Gesù aveva una chiara coscienza della sua missione. Ed io, cristiano/a ho coscienza di avere qualche missione o vivo senza missione?
Preghiera finale
L’anima nostra attende il Signore, egli è nostro aiuto e nostro scudo. In lui gioisce il nostro cuore
e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)
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