Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi 7-13_giugno-2021

 

Lunedì, 7 giugno 2021  

Tempo ordinario  

Preghiera 

O Dio, sorgente di ogni bene,  ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto,  perché possiamo attuarli nella nostra vita.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,1-12

In quel tempo, vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola, li ammaestrava dicendo: 

“Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli. 

Beati gli afflitti, perché saranno consolati. 

Beati i miti, perché erediteranno la terra. 

Beati quelli che hanno fame e sete della giustizia, perché saranno saziati. 

Beati i misericordiosi, perché troveranno misericordia. 

Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio. 

Beati gli operatori di pace, perché saranno chiamati figli di Dio. 

Beati i perseguitati per causa della giustizia, perché di essi è il regno dei cieli. 

Beati voi quando vi insulteranno, vi perseguiteranno e, mentendo, diranno ogni sorta di male contro di voi per causa mia. Rallegratevi ed esultate, perché grande è la vostra ricompensa nei cieli. Così infatti hanno perseguitato i profeti prima di voi”. 

Riflessione 

Da oggi, inizio della 10a Settimana del Tempo Ordinario, fino alla 21ª Settimana del

Tempo Ordinario, i vangeli quotidiani sono tratti dal vangelo di Matteo. A partire dalla 22ª Settimana del Tempo Ordinario, fino al termine dell’anno liturgico, sono tratti dal vangelo di Luca. 

Nel vangelo di Matteo, scritto per le comunità di giudei convertiti della Galilea e Siria, Gesù è presentato come il nuovo Mosè, il nuovo legislatore. Nell’AT la Legge di Mosè venne codificata in cinque libri: Genesi, Esodo, Levitico, Numeri e Deuteronomio. Imitando l’antico modello, Matteo presenta la Nuova Legge in cinque grandi discorsi sparsi nel vangelo: 

  • Il Discorso della Montagna (Mt 5,1 a 7,29);
  • Il Discorso della Missione (Mt 10,1-42);
  • Il Discorso delle Parabole (Mt 13,1-52);
  • Il Discorso della Comunità (Mt 18,1- 35);
  • Il Discorso del Futuro del Regno (Mt 24,1 a 25,46).
  • Le parti narrative, intercalate tra i cinque Discorsi, descrivono la pratica di Gesù e mostrano come osservava la nuova Legge e la incarnava nella sua vita.
  • Matteo 5,1-2: Il solenne annuncio della Nuova Legge. D’accordo con il contesto del vangelo di Matteo, nel momento in cui Gesù pronuncia il Discorso della Montagna, c’erano appena quattro discepoli con lui (cf. Mt 4,18-22). Poca gente. Ma una moltitudine immensa stava dietro di lui (Mt 4,25). Nell’AT, Mosè salì sul monte Sinai per ricevere la Legge di Dio. Come avvenne con Mosè, Gesù sale sulla Montagna e, guardando la folla, proclama la Nuova Legge. È significativo il modo solenne con cui Matteo introduce la proclamazione della Nuova Legge: “Vedendo le folle, Gesù salì sulla montagna e, messosi a sedere, gli si avvicinarono i suoi discepoli. Prendendo allora la parola li ammaestrava dicendo: Beati i poveri in spirito, perché di essi è il regno dei cieli”. Le otto Beatitudini aprono in modo solenne il “Discorso della Montagna”. In esse Gesù definisce chi può essere considerato beato, chi può entrare nel Regno. Sono otto categorie di persone, otto porte di ingresso per il Regno, per la Comunità. Non ci sono altre entrate! Chi vuole entrare nel Regno dovrà identificarsi almeno con una di queste otto categorie.
  • Matteo 5,3: Beati i poveri in spirito. Gesù riconosce la ricchezza e il valore dei poveri (Mt 11,25-26). Definisce la propria missione in questi termini: “annunciare la Buona Novella ai poveri” (Lc 4,18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra su cui reclinare il capo (Mt 8,20). E a chi vuole seguirlo, ordina di scegliere: o Dio, o il denaro! (Mt 6,24). Nel vangelo di Luca si dice: “Beati voi poveri!” (Lc 6,20). Ma chi è il “povero in spirito”? È il povero che ha lo stesso spirito che animò Gesù. Non è il ricco, nemmeno il povero con la mentalità di ricco. Bensì è il povero che, come fa Gesù, pensa ai poveri e ne riconosce il valore. È il povero che dice: “Penso che il mondo sarà migliore quando il minore che soffre pensa al minore”.
  • Beati i poveri in spirito => di essi è il Regno dei Cieli
  • Beati i miti => erediteranno la terra
  • Beati gli afflitti => saranno consolati
  • Beati coloro che hanno fame e sete di giustizia => saranno saziati
  • Beati i misericordiosi => otterranno misericordia
  • Beati i puri di cuore => vedranno Dio
  • Beati i promotori di pace => saranno figli di Dio
  • Beati i perseguitati per causa della giustizia => di essi è il regno dei cieli
  • Matteo 5,4-9: Il nuovo progetto di vita. Ogni volta che nella Bibbia si cerca di rinnovare l’Alleanza, si ricomincia ristabilendo il diritto dei poveri e degli esclusi. Senza di questo, l’Alleanza non si rifà! Così facevano i profeti, così fa Gesù. Nelle beatitudini, Gesù annuncia il nuovo Progetto di Dio che accoglie i poveri e gli esclusi. Denuncia il sistema che esclude i poveri e che perseguita coloro che lottano per la giustizia. La prima categoria dei “poveri in spirito” e l’ultima categoria dei “perseguitati per causa della giustizia” ricevono la stessa promessa del Regno dei Cieli. E la ricevono fin da ora, nel presente, poiché Gesù dice “di essi è il Regno!” Il Regno è già presente nella loro vita. Tra la prima e l’ultima categoria, ci sono sei altre categorie che ricevono la promessa del Regno. In esse appare il nuovo progetto di vita che vuole ricostruire la vita nella sua totalità mediante un nuovo tipo di rapporto: con i beni materiali (1a coppia); con le persone tra di loro (2a coppia); con Dio (3a coppia). La comunità cristiana deve essere un esempio di questo Regno, un luogo dove il Regno comincia a prendere forma fin da ora.
  • Le tre coppie:
  • Prima coppia: i miti e gli afflitti: I miti sono i poveri di cui parla il salmo 37. Loro sono stati privati delle loro terre e le erediteranno di nuovo (Sal 37,11; cf Sal 37.22.29.34). Gli afflitti sono coloro che piangono dinanzi all’ingiustizia nel mondo e nella gente (cf. Sal 119,136; Ez 9,4; Tb 13,16; 2Pd 2,7). Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con i beni materiali: il possesso della terra ed il mondo riconciliato.
  • Seconda coppia: coloro che hanno fame e sete di giustizia ed i misericordiosi: Coloro che hanno fame e sete di giustizia sono coloro che desiderano rinnovare la convivenza umana, in modo che sia di nuovo d’accordo con le esigenze della giustizia. I misericordiosi sono coloro che hanno il cuore nella miseria degli altri perché vogliono eliminare le disuguaglianze tra fratelli e sorelle. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto tra le persone mediante la pratica della giustizia e della solidarietà.
  • Terza coppia: i puri di cuore ed i pacifici: I puri di cuore sono coloro che hanno uno sguardo contemplativo che permette loro di percepire la presenza di Dio in tutto. Coloro che promuovono la pace saranno chiamati figli di Dio, perché si sforzano affinché una nuova esperienza di Dio possa penetrare il tutto e riesca ad integrare il tutto. Queste due beatitudini vogliono ricostruire il rapporto con Dio: vedere la presenza di Dio che agisce in tutto, ed essere chiamati figlio e figlia di Dio.
  • Matteo 5,10-12: I perseguitati per causa della giustizia e del vangelo. Le beatitudini dicono esattamente il contrario di ciò che dice la società in cui viviamo. Infatti, nella società il perseguitato per la giustizia è considerato un infelice. Il povero è un infelice. Beato è colui che ha denaro e può andare al supermercato e spendere come vuole. Beato è colui che ha fama e potere. Gli infelici sono i poveri, coloro che piangono! In televisione, i teleromanzi divulgano questo mito della persona felice e realizzata. E senza che ce ne rendiamo conto, diventano il modello di vita per molti di noi. C’è ancora posto nella nostra società per queste parole di Gesù: “Beati i perseguitati per causa della giustizia e del vangelo! Beati i poveri! Beati coloro che piangono!”? E per me, che sono cristiano o cristiana, di fatto chi è beato?

 

Per un confronto personale 

  • Tutti vogliamo essere felici. Tutti e tutte! Ma siamo veramente felici? Perché sì? Perché no? Come capire che una persona possa essere povera e felice allo stesso tempo?
  • Quali sono i momenti nella tua vita in cui ti sei sentito/a veramente felice? Era una felicità come quella che fu proclamata da Gesù nelle beatitudini, o era di un altro tipo?

Preghiera finale 

Alzo gli occhi verso i monti: da dove mi verrà l’aiuto? 

Il mio aiuto viene dal Signore, che ha fatto cielo e terra. (Sal 120)


 

Martedì, 8 giugno 2021  

Tempo ordinario

Preghiera 

O Dio, sorgente di ogni bene,  ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto,  perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Voi siete il sale della terra; ma se il sale perdesse il sapore, con che cosa lo si potrà render salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dagli uomini. Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città collocata sopra un monte, né si accende una lucerna per metterla sotto il moggio, ma sopra il lucerniere perché faccia luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli”. 

Riflessione 

Ieri, nel meditare le beatitudini, siamo passati per la porta d’entrata del Discorso della Montagna (Mt 5,1-12). Nel vangelo oggi riceviamo un’importante istruzione sulla missione della Comunità. Deve essere il sale della terra e la luce del mondo (Mt 5,13-16). Il sale non esiste per sé, ma per dare sapore al cibo. La luce non esiste per sé, ma per illuminare il cammino. La comunità non esiste per sé, ma per servire la gente. All’epoca in cui Matteo scriveva il suo vangelo, questa missione stava diventando difficile per le comunità convertite dei giudei. Malgrado vivessero nell’osservanza fedele della legge di Mosè, le stavano espellendo dalle sinagoghe, tagliate dal loro passato giudeo. In quanto a questo, tra i pagani convertiti, alcuni dicevano: “Dopo la venuta di Gesù, la Legge di Mosè era superata”. Tutto questo causava tensioni ed incertezze. L’apertura di alcuni sembrava criticare l’osservanza di altri, e viceversa. Questo conflitto generò una crisi

che portò a rinchiudersi nella propria posizione. Alcuni volevano andare avanti, altri volevano mettere la luce sotto il tavolo. Molti si chiedevano: “In definitiva, qual è la nostra missione?” Ricordando ed attualizzando le parole di Gesù, il vangelo di Matteo cerca di aiutarli. 

  • Matteo 5,13-16: Sale della terra. Usando immagini della vita di ogni giorno, con parole semplici e dirette, Gesù fa sapere qual è la missione e la ragion d’essere di una comunità cristiana: essere sale. In quel tempo, con il caldo che faceva, la gente e gli animali avevano bisogno di consumare molto sale. Il sale, consegnato dal fornitore in grandi blocchi nella piazza pubblica, era consumato dalla gente. Ciò che rimaneva, cadeva in terra e perdeva il suo sapore. “Non serve più a nulla, salvo essere gettato via e calpestato dagli uomini”. Gesù evoca questa usanza per chiarire ai discepoli e alle discepole la missione che devono svolgere.
  • Matteo 5,14-16: Luce del mondo. Il paragone è ovvio. Nessuno accende una candela per metterla sotto un moggio. Una città posta in cima ad una collina, non riesce a rimanere nascosta. La comunità deve essere luce, deve illuminare. Non deve aver paura di far vedere il bene che fa. Non lo fa per farsi vedere, ma ciò che fa può farsi vedere. Il sale non esiste per sé stesso. La luce non esiste per sé! Così deve essere la comunità. Non può rimanere rinchiusa in sé stessa. “Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli.”
  • Matteo 5,17-19: Non passerà neppure un iota della legge. Tra i giudei convertiti c’erano due tendenze. Alcuni pensavano che non era necessario osservare le leggi dell’AT, perché siamo salvati per la fede in Gesù e non per l’osservanza della Legge (Rom 3,21-26). Altri pensavano che loro dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1-2). In ciascuna delle due tendenze c’erano gruppi più radicali. Dinanzi a questo conflitto, Matteo cerca un equilibrio, al di là dei due estremi. La comunità deve essere lo spazio, dove questo equilibrio possa essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù continuava ad essere molto attuale: “Non sono venuto ad abolire la legge, ma a darle pieno compimento!” Le comunità non possono essere contro la Legge, né possono rinchiudersi nell’osservanza delle leggi. Come ha fatto Gesù, devono dare un passo, e mostrare in modo pratico che l’obiettivo che la legge vuole raggiungere nella vita è la pratica perfetta dell’amore.

Le diverse tendenze nelle prime comunità cristiane. Il piano di salvezza ha tre tappe unite tra di esse dalla vita: a) l’Antico Testamento: il cammino del popolo ebreo, orientato dalla Legge di Dio; b) La vita di Gesù di Nazaret: rinnova la Legge di Mosè partendo dalla sua esperienza di Dio, Padre e Madre; c) La vita delle Comunità:

attraverso lo Spirito di Gesù, cercavano di vivere la vita come la visse Gesù. L’unità di queste tre tappe genera la certezza della fede che Dio sta in mezzo a noi. Gli intenti di rompere o indebolire l’unità di questo piano di salvezza generavano vari gruppi e tendenze nelle comunità: 

  • I farisei non riconoscevano Gesù Messia ed accettavano solo l’AT. Nelle comunità c‘era gente che simpatizzava con la linea dei farisei (At 15,5).
  • Alcuni giudei convertiti accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui le comunità vivevano la presenza di Gesù risorto (At 15,1).
  • Altri, sia giudei che pagani convertiti, pensavano che con Gesù era giunta la fine dell’AT. D’ora in poi, solo Gesù e la vita nello Spirito.
  • C’erano anche cristiani che vivevano così pienamente la vita nella libertà dello Spirito, che non seguivano più la vita di Gesù di Nazaret, né l’Antico Testamento (1Cor 12,3).

Ora, la grande preoccupazione del vangelo di Matteo è quella di mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret. 

Per un confronto personale 

  • Per te, nella tua esperienza di vita, a cosa serve il sale? La tua comunità è sale? Per te, cosa significa la luce nella tua vita? Come è luce la tua comunità?
  • Le persone del quartiere, come vedono la tua comunità? La tua comunità svolge una certa attrazione? È un segno? Di cosa? Per chi?

Preghiera finale 

Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia  per chi osserva il suo patto e i suoi precetti. 

Il Signore si rivela a chi lo teme, gli fa conoscere la sua alleanza. (Sal 24)


 

Mercoledì, 9 giugno 2021  

Tempo ordinario 

Preghiera 

Signore Dio nostro, fa’ che i tuoi fedeli, formati nell’impegno delle buone opere e nell’ascolto della tua parola, ti servano con generosa dedizione liberi da ogni egoismo, e nella comune preghiera a te, nostro Padre, si riconoscano fratelli. Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,17-19

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno senza che tutto sia compiuto. Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli”. 

Riflessione 

Il Vangelo di oggi insegna come osservare la legge di Dio in modo tale che la sua pratica indichi in cosa consiste il pieno compimento della legge (Mt 5,17-19). Matteo scrive per aiutare le comunità dei giudei convertiti a superare le critiche dei fratelli di razza che li accusavano dicendo: “Voi siete infedeli alla Legge di Mosè”. Gesù stesso era stato accusato di infedeltà alla legge di Dio. Matteo ha la risposta chiarificatrice di Gesù nei riguardi dei suoi accusatori. Così dà una luce per aiutare le comunità a risolvere il loro problema. 

Usando immagini della vita quotidiana, con parole semplici e dirette, Gesù aveva detto che la missione della comunità, la sua ragion d’essere, è quella di essere sale e luce! Aveva dato alcuni consigli rispetto ad ognuna delle due immagini. Poi vengono due o tre brevi versi del Vangelo di oggi: 

  • Matteo 5,17-18: Neppure una iota passerà dalla legge. C’erano varie tendenze nelle comunità dei primi cristiani. Alcune pensavano che non fosse necessario osservare le leggi dell’Antico Testamento, perché siamo salvi per la fede in Gesù e non per l’osservanza della legge (Rom 3,21-26). Altri accettavano Gesù, Messia, ma non accettavano la libertà di Spirito con cui alcune comunità vivevano la presenza di Gesù. Pensavano che essendo giudei dovevano continuare ad osservare le leggi dell’AT (At 15,1.5). Ma c’erano cristiani che vivevano così pienamente nella libertà dello Spirito, che non guardavano più né la vita di Gesù di Nazaret, né l’AT ed arrivavano a dire: “Anatema Gesù!” (1Cor 12,3). Osservando queste tensioni, Matteo cerca un equilibrio tra i due estremi. La comunità deve essere uno spazio dove l’equilibrio può essere raggiunto e vissuto. La risposta data da Gesù a coloro che lo criticavano continuava ad essere ben attuale per le comunità: “Non sono venuto per abolire la legge, ma per dare compimento!” Le comunità non potevano essere contro la Legge, né potevano rinchiudersi nell’osservanza della legge. Come Gesù, dovevano dare un passo avanti, e dimostrare, nella pratica, qual era l’obiettivo che la legge voleva raggiungere nella vita delle persone, cioè, nella pratica perfetta dell’amore. • Matteo 5,19: Non passerà nemmeno un segno. Ed a coloro che volevano disfarsi di tutta la legge, Matteo ricorda l’altra parola di Gesù: “Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli. Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli.” La grande preoccupazione del Vangelo di Matteo è mostrare che l’AT, Gesù di Nazaret e la vita nello Spirito non possono essere separati. I tre fanno parte dello stesso ed unico progetto di Dio e ci comunicano la certezza centrale della fede: il Dio di Abramo e di Sara è presente in mezzo alle comunità per la fede in Gesù di Nazaret che ci manda il suo Spirito.

Per un confronto personale 

  • Come vedo e vivo la legge di Dio: come orizzonte crescente di luce o come imposizione che delimita la mia libertà?
  • Cosa possiamo fare oggi per i fratelli e le sorelle che considerano tutta questa discussione come qualcosa di superato e non attuale? Cosa possiamo imparare da loro?

Preghiera finale 

Glorifica il Signore, Gerusalemme, loda il tuo Dio, Sion.  Perché ha rinforzato le sbarre delle tue porte,  in mezzo a te ha benedetto i tuoi figli. (Sal 147)


 

Giovedì, 10 giugno 2021  

Tempo ordinario  

Preghiera 

O Dio, sorgente di ogni bene, ispiraci propositi giusti e santi e donaci il tuo aiuto, perché possiamo attuarli nella nostra vita. Per il nostro Signore Gesù Cristo…  

Lettura dal Vangelo secondo Matteo 5,20-26  

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: “Io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli. Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio. Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono. Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all’ultimo spicciolo!”  

Riflessione  

  • Il testo del vangelo di oggi è collocato in un’unità più grande: Mt 5,20 fino a Mt 5,48. In essa Matteo ci mostra come Gesù interpretava e spiegava la Legge di Dio. Cinque volte ripete la frase: “Avete inteso che fu detto agli antichi, ma io vi dico!” (Mt 5,21.27.33.38.43). Secondo alcuni farisei, Gesù stava eliminando la legge. Ma era esattamente il contrario. Lui diceva. “Non pensate che sono venuto ad abolire la Legge ed i Profeti. Non sono venuto ad abolire, ma a completare. (Mt 5,17). Dinanzi alla Legge di Mosè, Gesù ha un atteggiamento di rottura e di continuità. Rompe con le interpretazioni sbagliate che si rinchiudevano nella prigione della lettera, ma riafferma in modo categorico l’obiettivo ultimo della legge: raggiungere la giustizia maggiore, che è l’Amore.
  • Nelle comunità per le quali Matteo scrive il suo vangelo c’erano opinioni diverse rispetto alla Legge di Mosè. Per alcuni, non aveva più senso, per altri doveva essere osservata fino ai minimi dettagli. Per questo, c’erano molti conflitti e litigi. Alcuni dicevano degli altri che erano imbecilli ed idioti. Matteo cerca di aiutare i due gruppi a capire meglio il vero senso della Legge e presenta alcuni consigli di Gesù per aiutare a affrontare e superare i conflitti che sorgono nel seno della famiglia e nella comunità.
  • Matteo 5,20: La vostra giustizia deve superare quella dei farisei. Questo primo verso dà la chiave generale di tutto ciò che segue in Mt 5,20-48. L’evangelista indica alle comunità come devono praticare la giustizia più grande che supera la giustizia degli scribi e dei farisei e che porterà all’osservanza piena della legge. Poi, dopo questa chiave generale sulla giustizia più grande, Matteo cita cinque esempi ben concreti di come praticare la Legge, in modo che la sua osservanza porti alla pratica perfetta dell’amore. Nel primo esempio del vangelo di oggi, Gesù rivela ciò che Dio voleva nel consegnare a Mosè il quinto comandamento: “Non uccidere!”
  • Matteo 5,21-22: Non uccidere. “Avete inteso che fu detto agli antichi: Non uccidere; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio.” (Es. 20,13) Per osservare pienamente questo quinto comandamento non basta evitare l’assassinio. Bisogna sradicare da dentro di sé tutto ciò che in un modo o nell’altro possa condurre all’assassinio, per esempio, l’ira, l’odio, il desiderio di vendetta, lo sfruttamento, etc. “chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio”. Ossia, chi si adira contro il fratello, merita già lo stesso castigo di condanna dal tribunale che, secondo l’antica legge, era riservato all’assassino! E Gesù va molto più lontano. Vuole sradicare la radice dell’assassinio: Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna. Detto con altre parole, osservo veramente il comandamento “Non uccidere” se riesco a togliere dal mio cuore qualsiasi sentimento di ira che porta ad insultare il fratello. Cioè se giungo alla perfezione dell’amore.
  • Matteo 5,23-24: Il culto perfetto voluto da Dio. “Se dunque presenti la tua offerta sull’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare e va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.” Per poter essere accettati da Dio, ed essere uniti a Lui, bisogna riconciliarsi con il fratello, con la sorella. Prima della distruzione del Tempio, nell’anno ‘70, quando i cristiani partecipavano ancora a pellegrinaggi a Gerusalemme per portare le loro offerte sull’altare del Tempio, loro ricordavano sempre questa frase di Gesù. Ora, negli anni 80, nel momento in cui Matteo scrive, il Tempio e l’Altare non esistevano più. La comunità stessa era passata ad essere il Tempio e l’Altare di Dio (1Cor 3,16).
  • Matteo 5,25-26: Riconciliare. Uno dei punti su cui maggiormente insiste il vangelo di Matteo è la riconciliazione, poiché nelle comunità di quell’epoca c’erano molte tensioni tra i gruppi con tendenze diverse, senza dialogo. Nessuno voleva cedere dinanzi all’altro. Matteo illumina questa situazione con parole di Gesù sulla riconciliazione che richiedono accoglienza e comprensione. Poiché l’unico peccato che Dio non riesce a perdonare è la nostra mancanza di perdono agli altri (Mt 6,14). Per questo, cerca la riconciliazione, prima che sia troppo tardi!
  • L’ideale della giustizia più grande. Per cinque volte, Gesù cita un comandamento o un’usanza dell’antica legge: Non uccidere (Mt 5,21), Non commettere adulterio (Mt 5,27), Non giurare il falso (Mt 5,33), Occhio per occhio, dente per dente Mt 5,38), Amare il prossimo e odiare il nemico (Mt 5,43). E per cinque volte, critica il modo antico di osservare questi comandamenti ed indica un cammino nuovo per raggiungere la giustizia, l’obiettivo della legge (Mt 5,22-26; 5, 28-32; 5,34-37; 5,39-42; 5,44-48). La parola Giustizia è presente sette volte nel Vangelo di Matteo (Mt 3,15; 5,6.10.20; 6,1.33; 21,32). L’ideale religioso dei giudei dell’epoca era “essere giusti davanti a Dio”. I farisei insegnavano: “La persona raggiunge la giustizia davanti a Dio quando osserva tutte le norme della legge in tutti i suoi dettagli!” Questo insegnamento generava un’oppressione legalistica e produceva molte angosce alle persone di buona volontà, poiché era molto difficile che una persona potesse osservare tutte le norme (Rom 7,21- 24). Per questo, Matteo raccoglie parole di Gesù sulla giustizia mostrando che porta a superare la giustizia dei farisei (Mt 5,20). Per Gesù, la giustizia non viene da ciò che faccio per Dio osservando la legge, ma da ciò che Dio fa per me, accogliendomi con amore, come un figlio, una figlia. Il nuovo ideale che Gesù propone è questo: “Essere perfetto come il Padre del cielo è perfetto!” (Mt 5,48). Ciò vuol dire: io sarò giusto davanti a Dio, se cerco di accogliere e perdonare le persone come Dio mi accoglie e mi perdona gratuitamente, malgrado i miei molti difetti e peccati.

Per un confronto personale  

  • Quali sono i conflitti più frequenti nella nostra famiglia? E nella nostra comunità? È facile la riconciliazione nella famiglia e nella comunità? Sì o no? Perché?
  • I consigli di Gesù, come possono aiutarmi a migliorare i rapporti nell’ambito della nostra famiglia e della comunità?

Preghiera finale

Signore, tu visiti la terra e la disseti: la ricolmi delle sue ricchezze. Il fiume di Dio è gonfio di acque; tu fai crescere il frumento per gli uomini. (Sal 64)


 

Venerdì, 11 giugno 2021  

Un soldato trafigge il Cuore di Gesù  Giovanni 19,31-37 

LECTIO 

  1. Orazione iniziale:

Donaci, Signore Gesù, di sostare in atteggiamento di ascolto davanti alla tua Parola. Aiutaci a non essere frettolosi, di non avere la mente e il cuore immersi nella superficialità e nella distrazione. Se saremo capaci di meditare sulla tua Parola, di certo, faremo l’esperienza di essere invasi dal fiume di tenerezza, di compassione, di amore, che dal tuo cuore trafitto riversi sull’umanità. Donaci di comprendere il simbolismo del sangue e dell’acqua che sgorgano dal tuo cuore. Fa che possiamo raccogliere, anche noi, quel sangue e quell’acqua per partecipare alla tuo infinita passione di amore e di sofferenza nella quale ti sei fatto carico di ogni nostra sofferenza fisica e morale. Il meditare su quei simboli della tua passione spacchi i nostri egoismi, le nostre chiusure, le nostre freddezze. Quell’acqua e quel sangue, di cui la parola del vangelo oggi ci parla, lenisca le nostre ansie e angosce, lavi la nostra vanagloria, purifichi la nostra cupidigia, trasformi le nostre paure in speranze, le nostre tenebre in luce. Mentre ci apriamo alla forza della tua Parola ti diciamo con il cuore e la vita: «Gesù, tu sei davvero la rivelazione dell’amore». 

  1. Lettura del vangelo:

31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero in croce durante il sabato (era infatti un giorno solenne quel sabato), chiesero a Pilato che fossero loro spezzate le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe al primo e poi all’altro che era stato crocifisso insieme con lui. 33Venuti però da Gesù e vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati gli colpì il costato con la lancia e subito ne uscì sangue ed acqua. 35Chi ha visto ne dà testimonianza e la sua testimonianza è vera ed egli sa che dice il vero, perché anche voi crediate. 36Questo infatti avvenne perché si adempisse la Scrittura:

Non gli sarà spezzato alcun osso. 37E un altro passo della Scrittura dice ancora:

Volgeranno lo sguardo a colui che hanno trafitto.  c) Momenti di silenzio orante: 

Il silenzio sia in questo incontro con la Parola davvero preghiera: un parlare con Dio, un ascoltare Colui che si rivela ti chiama per nome, sei invitato a farti uno in Lui. 

MEDITATIO 

  1. a) Chiave di lettura – contenuto e divisione:

Il brano del vangelo inizia con la menzione della Pasqua, dei «giudei» e con una richiesta a Pilato (19,31). Tale episodio ha per l’evangelista un’importanza straordinaria. Il cuore del brano evangelico è la trafittura del costato, da cui sgorgano sangue e acqua. Da notare nel racconto il cumulo dei simboli: il sangue che raffigura la morte, simbolo dell’amore fino all’estremo; l’acqua, da cui deriva la vita, è simbolo dell’amore dimostrato e comunicato. Nel contesto della Pasqua tali simboli indicano il sangue dell’Agnello che vince la morte e l’acqua la fonte che purifica. La carica simbolica del racconto vuole evidenziare che quest’amore (sangue) salva dando la vita definitiva (acqua-Spirito). Quanto l’evangelista ha visto, è il fondamento della fede. Il racconto è così articolato. Innanzitutto l’obbligo del riposo festivo del giorno dopo la pasqua provoca la richiesta fatta a Pilato che i corpi vengano tolti (19,31); segue la scena che si svolge sulla croce, in cui un soldato trafigge il costato di Gesù (19,32- 34); infine la testimonianza dell’evangelista, basata sulla Legge e sui profeti (19,35-37).  b) Il riposo festivo e la richiesta a Pilato (19,31-33): 

I dirigenti giudei, in forza della purezza legale richiesta dalla Pasqua ormai imminente e preoccupati che l’esecuzione della morte di Gesù potesse profanare il giorno del sabato o la stessa festa di Pasqua, «chiesero a Pilato affinché facesse spezzare loro le gambe e li facesse togliere». Essi non pensano minimamente che la loro Pasqua è stata sostituita da quella di Gesù. Significativa è la menzione dei corpi. Non solo, quello di Gesù ma anche di quelli crocifissi con lui. Come ad esprimere la solidarietà di Gesù verso quelli che sono crocifissi con lui e verso ogni uomo. Il corpo di Gesù sulla croce che lo rende solidale con tutti gli uomini, è per l’evangelista il santuario di Dio (2,21). I corpi dei crocifissi non potevano restare sulla croce il giorno di sabato, era in gioco la preparazione della festa più solenne della tradizione ebraica. Ma ugualmente la festa sarà privata del suo contenuto tradizionale e sostituito da quello della morte e resurrezione di Gesù. «I giudei» rivolgono a Pilato delle richieste concrete: vengano spezzate le gambe ai corpi dei crocifissi perché si acceleri la loro morte e venga tolto l’ingombro che essi rappresentano in questo particolare momento. Nessuna di queste richieste si realizza nei confronti di Gesù: i soldati non gli spezzeranno le gambe; nemmeno lo toglieranno dalla croce.  c) Il costato trafitto (19,34): 

Difatti, i soldati spezzano le gambe a coloro che sono con Gesù, ma giunti da Gesù, vedendolo «che era già morto, non gli spezzarono le gambe». É significativo che i soldati spezzino le gambe ai crocifissi con Gesù. Essi che sono vivi, ora che è morto Lui, possono morire anche loro. É come dire che Gesù precedendoli con la sua morte ha aperto loro la via verso il Padre, ed essi lo possono seguire. Affermando che non gli spezzarono le gambe, l’evangelista sembra dire: Nessuno può togliere la vita a Gesù, egli l’ha data di propria iniziativa (10,17s; 19,30). «Uno dei soldati, con una lancia, gli trafisse il costato, e immediatamente uscirono sangue e acqua». Il lettore si trova sorpreso del gesto del soldato, perché se era già morto, quale la necessità di trafiggerlo? Evidentemente l’ostilità continua dopo la morte: la trafittura con la punta della lancia vuole distruggerlo per sempre. Questo gesto di odio permette a Gesù di dare amore che produce vita. Il fatto è di un’importanza eccezionale e possiede una grande ricchezza di significato. Il sangue che esce dal costato trafitto di Gesù simboleggia la sua morte, che egli accetta per salvare l’umanità; è espressione della sua gloria, del suo amore fino all’estremo (1,14; 13,1); è la donazione del pastore che si dona per le pecore (10,11); è l’amore dell’amico che da la vita per i suoi amici (15, 13). Questa estrema prova d’amore, che non si arresta davanti al supplizio della morte in croce, è oggetto di contemplazione per noi in questo giorno di solennità del Sacro Cuore di Gesù. Dal suo costato trafitto sgorga l’amore, che al tempo stesso è inseparabilmente suo e del Padre. Anche l’elemento dell’acqua che sgorga rappresenta, a sua volta, lo Spirito, principio di vita. Il sangue e l’acqua evidenziano il suo amore dimostrato e il suo amore comunicato. L’allusione ai simboli dell’acqua e del vino nelle nozze di Cana è palese: è giunta l’ora in cui Gesù dà il vino del suo amore. Ora hanno avuto inizio le nozze definitive. La legge dell’amore estremo e sincero (1,17) che egli manifesta sulla croce, ribadita nel suo comandamento, «come io vi ho amati, così amatevi anche voi gli uni gli altri (13,34), viene infusa nel cuore dei credenti con lo Spirito. Il progetto divino dell’amore viene completato in Gesù nel fluire del sangue e dell’acqua (19,28-30); ora si attende che si realizzi il completamento negli uomini. In tale completezza l’uomo sarà aiutato dallo Spirito che sgorga dal costato trafitto di Gesù che, trasformandoli in uomo nuovo, gli darà la capacità d’amare e di diventare figlio di Dio (1, 12).  d) Testimonianza dell’evangelista e della Scrittura: 

Davanti allo spettacolo di Gesù trafitto sulla croce, l’evangelista, dà prova di una grande e solenne testimonianza, perché tutti quelli che lo ascoltano giungano a credere. Questa manifestazione definitiva e suprema sarà il fondamento della fede dei discepoli futuri. Da notare che solo in questo episodio l’evangelista si rivolge ai suoi lettori col «voi»: «affinché anche voi giungiate a credere». Il costato trafitto di Gesù sulla croce è il grande segno verso il quale convergono tutti quei personaggi menzionati lungo il vangelo, ma soprattutto i lettori odierni, ai quali viene concesso di comprendere il pieno significato dell’esistenza di Gesù. Il racconto del costato trafitto è, per l’evangelista, la chiave interpretativa del suo darsi per la salvezza dell’umanità. E anche se tale segno può sembrare paradossale al lettore odierno, nel piano di Dio diventa manifestazione della sua potenza salvifica. Non poteva scegliere Dio un altro segno per manifestarsi come amore che salva? Perché ha scelto quella di un uomo condannato a morte e morto su una croce? Quale immagine di Dio Gesù realizza in questo segno: Dio si manifesta soltanto nell’amore generoso capace di dare vita.  e) Alcune domande: 

  • Nella tua preghiera personale quale importanza ricopre la contemplazione del cuore trafitto di Gesù? Ti lasci coinvolgere dai simboli del sangue e dell’acqua che esprimono il dono misterioso di Dio alla tua persona e all’umanità?
  • Hai mai pensato che dove si ha il massimo del rifiuto di Dio e della morte di Cristo, inizia, anche il momento della grazia, della misericordia, del dono dello Spirito, della vita di fede?
  • Come vedi le tue debolezze? Ti accade di considerarle come lo strumento e il luogo della misericordia, soprattutto quando sai ammetterle? Non sai che possono essere lo strumento con cui Dio evangelizza il tuo cuore, ti salva, ti perdona, e ti fa nascere all’amore con amore?
  • Le persone che si allontanano da Dio, i giovani difficili, le violenze, le ostilità… spesso creano dentro di noi motivi di lamentela, di disagio, di amarezza, di sconforto, di scetticismo. Non hai mai pensato che Dio sta salvando gli uomini nel loro peccato e a partire da esso? Hai mai pensato ai tanti uomini, donne, giovani, che nelle carceri

o nelle comunità di recupero dei tossicodipendenti sperimentano in coloro che li aiutano l’incontro con il Signore e si sentono da lui amati e salvati? 

ORATIO 

  1. Isaia 12,2; 4cd; 5-6

Ecco, Dio è la mia salvezza; io confiderò, non temerò mai, perché mia forza e mio canto è il Signore; egli è stato la mia salvezza. 

Lodate il Signore, invocate il suo nome; manifestate tra i popoli le sue meraviglie, proclamate che il suo nome è sublime. 

Cantate inni al Signore, perché ha fatto opere grandi, ciò sia noto in tutta la terra.

Gridate giulivi ed esultate, abitanti di Sion, perché grande in mezzo a voi è il Santo di

Israele 

  1. Preghiera finale:

Al termine di questo momento di ascolto della Parola attingiamo a un prezioso sussidio di preghiere scaturite da uno studio amoroso e sapienziale della Bibbia. 

La preghiera inizia con l’ascolto e spinge ad agire «con cuore puro e retta coscienza». Il titolo della preghiera è «Ch’io ami, Signore!»: É sogno fatuo immaginare l’umanità unita, nella quale ciascuno è felice di stare con gli altri e di sentirsi utile, compreso ed amato? Quante volte, quanti uomini, ieri, oggi e in futuro, han fatto e faranno tale sogno, Signore! perché è nella natura umana il bisogno dell’unità, l’ansia della carità. L’amore, questa legge che unisce l’universo, è il motivo e la vocazione, che Tu, o Signore, affidi a ciascuno che viene alla vita. E vivere significa sentirsi amati e avere capacità di amare: quando ci si sente soli, quando intorno c’è il vuoto, l’assenza di amore, pare che la vita non abbia valore, non abbia motivo, non abbia colore! Come mai, allora, Signore, non tutti e non sempre cercano l’amore; né vivono per gli altri, né riescono a donare sé stessi? Donarsi vicendevolmente, significa trasformare in dono l’esistere della terra. Fa, o Signore, ch’io comprenda e viva questa meravigliosa vocazione all’amore! (Lucio Renna) 

CONTEMPLATIO 

Sulla terra, la conoscenza che possiamo avere di Dio, consiste in un silenzio divino. Con la lectio divina la fame della Parola non è spenta, ma si fa più acuta. Diceva

Sant’Agostino: «Lo trovi solo per cercarlo più avidamente». Il cuore quando è sedotto dalla Parola si sente morire se l’incontro differisce. Ed è ciò che sperimenta Teresa d’Avila: «Muero por que no muero» (muoio perché non muoio). 

Per avviare questo momento contemplativo voglio citare tre frasi della Beata Elisabetta della Trinità. Insieme sono tratti da una sezione che ha come titolo un «inno» al dolore, ma non dobbiamo pensare che la sofferenza sia stata l’Assoluto della sua vita. Anzi lei afferma che siamo chiamati ad «entrare nella gioia del Signore». 

Il primo pensiero: «É qualche cosa di grande, di così divino la sofferenza! Mi sembra che se i Beati in cielo potessero invidiarci qualche cosa, c’invidierebbero questo tesoro. É una leva così potente sul cuore del buon Dio!» (Lettera al Signore Angles, 14 agosto 1904). 

Il secondo: «La sofferenza è una corda che produce dei suoni più belli ancora ed essa

(l’anima) ama farsene il suo strumento per commuovere più deliziosamente il cuore di

Dio» (Ritiro Come si può trovare il cielo sulla terra). E infine: «Nulla commuove il cuore di Dio come la sofferenza. Se non si può desiderarla e andarle incontro, si accettino almeno le prove che Dio ci manda. Più egli ama un’anima, più la fa soffrire» (Diario, 17 marzo 1889). 

Perché la Beata Elisabetta della Trinità vede nella sofferenza «qualcosa di grande e di divino che commuove il cuore di Dio?». Perché è la strada seguita da Cristo. Nella Pasqua di Cristo, passione e morte da una parte, e resurrezione dall’altra, sono unite come il concavo e il convesso.


 

Sabato, 12 giugno 2021  

Tempo ordinario 

Preghiera 

O Dio, che hai preparato una degna dimora dello Spirito santo nel cuore della beata Vergine Maria, per sua intercessione concedi anche a noi, tuoi fedeli, di essere tempio vivo della tua gloria. Per il nostro Signore… 

Lettura dal Vangelo secondo Luca 2, 41-51

41I suoi genitori si recavano ogni anno a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono secondo la consuetudine della festa. 43Ma, trascorsi i giorni, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44Credendo che egli fosse nella comitiva, fecero una giornata di viaggio e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai maestri, mentre li ascoltava e li interrogava. 47E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48Al vederlo restarono stupiti, e sua madre gli disse: «Figlio, perché ci hai fatto questo? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo». 49Ed egli rispose loro: «Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?». 50Ma essi non compresero ciò che aveva detto loro. 51Scese dunque con loro e venne a Nàzaret e stava loro sottomesso. Sua madre custodiva tutte queste cose nel suo cuore. 

Meditazione 

  • “Ogni anno per la festa di Pasqua”. Queste parole ci aiutano a definire meglio il contesto spirituale in cui il brano si svolge e perciò diventano, per noi, la porta di ingresso nel mistero, nell’incontro con il Signore e con la sua opera di grazia e misericordia su di noi. Insieme a Maria e a Giuseppe, insieme a Gesù, anche noi possiamo vivere il dono di una nuova Pasqua, di un “attraversamento”, un superamento, un movimento spirituale che ci porta “oltre”, al di là. Il passaggio è chiaro e forte; lo intuiamo seguendo la Vergine Maria in questa sua esperienza con il Figlio Gesù. È il passaggio dalla strada al cuore, dalla dispersione all’interiorità, dall’angoscia alla pacificazione. Non resta che metterci in cammino, che scendere anche noi in strada e unirci alla carovana, alla comitiva dei pellegrini che stanno salendo a Gerusalemme per la celebrazione della festa di Pasqua.
  • “si recavano”. Questo è solo il primo di una lunga serie di verbi di movimento, che si susseguono lungo i versetti di questo brano. Forse può aiutarci fissarli con un po’ di attenzione: “vi salirono”; “riprendevano la via”; “comitiva” (dal latino cum-ire, “camminare insieme”); “viaggio”; “tornarono”; “scese con loro”, “venne”. E in parallelo con questo grande movimento fisico, c’è anche un profondo movimento spirituale, caratterizzato dal verbo “cercare”, espresso anch’esso ripetutamente: “si misero a cercarlo”; “tornarono in cerca di lui”; “angosciati, ti cercavamo”; “perché mi cercavate?”. Questo ci fa capire che il viaggio, il vero percorso al quale questa Parola del Signore ci invita, non è un viaggio fisico, ma spirituale; è un viaggio di ricerca di Gesù, della sua Presenza nella nostra vita. È questa la direzione in cui dobbiamo muoverci, insieme a Maria e a Giuseppe.
  • “Si misero a cercarlo”. Visto che abbiamo individuato il nucleo centrale del brano, il suo messaggio fondamentale, è importante che ci apriamo a una comprensione più profonda di questa realtà. Anche perché Luca usa due verbi diversi per esprimere la “ricerca”, il primo – anazitéo- ai vv. 44 e 45, che indica una ricerca accurata, ripetuta, attenta, come di chi passa in rassegna qualcosa, dal basso all’alto e il secondo -zitéo- ai vv. 48 e 49, che indica la ricerca di qualcosa che si è perso e che si vuole ritrovare. Gesù è l’oggetto di tutto questo movimento profondo e interiore dell’essere; è l’oggetto del desiderio, della brama del cuore…
  • “angosciati”. È molto bello vedere come Maria apra il suo cuore davanti a Gesù, raccontandogli tutto quello che ha vissuto, quello che ha sentito dentro di sé. Lei non teme di mettersi a nudo davanti a suo Figlio, di consegnare a Lui i sentimenti e le esperienze che l’hanno segnata nel profondo. Ma che cos’è questa angoscia, questo dolore che ha visitato Maria e Giuseppe nella ricerca di Gesù, che si era smarrito? Il termine che incontriamo viene usato solo quattro volte in tutto il Nuovo Testamento e sempre da Luca. Lo troviamo sulla bocca del ricco epulone, che lo ripete parlando di sé, ormai nell’inferno, lontano da Dio, quando dice: “Soffro terribilmente” (Lc 16, 2425). E poi ritorna negli Atti, quando Luca racconta della partenza di Paolo da Efeso e mette in luce il dolore di quella separazione: “sapevano che non avrebbero più rivisto il suo volto” (At 20, 38). Dunque l’angoscia che prova Maria nasce precisamente dalla separazione, dall’assenza, dalla lontananza di Gesù. Quando Lui non c’è, scende l’angoscia nel nostro cuore. Ritrovarlo è l’unico modo possibile per recuperare la gioia di vivere.
  • “custodiva tutte queste cose nel suo cuore”. Maria non comprende le parole di Gesù, il mistero della sua vita e della sua missione e per questo tace, accoglie, fa spazio, scende nel cuore. Questo è il vero percorso di crescita nella fede e nel rapporto col Signore. Ancora una volta Luca ci offre un verbo molto bello e significativo, un composto del verbo “custodire” – dià – tiréo, che vuol dire, alla lettera “custodire attraverso”. Cioè l’operazione spirituale che Maria compie dentro di sé e che ci consegna, come dono prezioso, come eredità buona per il nostro rapporto col Signore, è quella che ci conduce in un percorso intenso, profondo, che non si ferma alla superficie, o a metà, che non torna indietro, ma va fino in fondo. Maria ci prende per mano e ci guida attraverso tutto il nostro cuore, tutti i suoi sentimenti, le sue esperienze. E laggiù, nel segreto di noi stesso, nel nostro intimo, impareremo a ritrovare il Signore Gesù, che forse avevamo smarrito.

Alcune domande 

  • Questa Parola del Signore, nella sua semplicità, è anche molto chiara, molto diretta. L’invito a partire, a prendere parte alla festa di Pasqua, è rivolto anche a me. Decido, allora, di alzarmi, di mettermi in movimento, di affrontare il pezzo di strada che il Signore mette davanti a me? E ancora: accetto di entrare a far parte della comitiva di coloro che hanno deciso nel loro cuore il santo viaggio?
  • Sento mia l’esperienza della ricerca del Signore? Oppure non mi sembra importante, non ne sento la mancanza, mi pare di poter fare da me? Nella mia vita, mi sono mai accorto di aver perso il Signore, di averlo lasciato lontano, di averlo dimenticato?
  • E l’angoscia, quella di cui parla Maria, è mai stata mia compagna di viaggio, presenza triste nelle mie giornate, o in periodi anche lunghi della mia vita? Forse sì. Scoprire, grazie a questa Parola, che l’angoscia è provocata dall’assenza del Signore, dalla perdita di Lui, mi è d’aiuto, mi offre una luce, una chiave di lettura per la mia vita? La via del cuore, che Maria traccia con tanta chiarezza davanti a me, oggi, mi sembra percorribile? Ho voglia di impegnarmi in questa sfida, con me stesso, con l’ambiente che mi circonda, magari proprio con chi mi vive più vicino? Sono disposto a scegliere di scendere un po’ più in profondità, per imparare a “custodire attraverso”, cioè fino in fondo, con tutto me stesso? Per me il Signore e il rapporto con Lui è così importante, così coinvolgente? È Lui, sì o no, l’Amico prezioso, la Presenza più cara alla quale io voglio aprire, voglio spalancare il mio cuore? … 

Preghiera finale 

Il mio cuore esulta nel Signore, mio salvatore. 

Il mio cuore esulta nel Signore, la mia forza s’innalza grazie al mio Dio. 

Si apre la mia bocca contro i miei nemici, perché io gioisco per la tua salvezza. 

L’arco dei forti s’è spezzato, ma i deboli si sono rivestiti di vigore. 

I sazi si sono venduti per un pane, hanno smesso di farlo gli affamati. 

La sterile ha partorito sette volte e la ricca di figli è sfiorita. 

Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire. 

Il Signore rende povero e arricchisce, abbassa ed esalta.  Solleva dalla polvere il debole, dall’immondizia rialza il povero, 

per farli sedere con i nobili e assegnare loro un trono di gloria. (Cantico di Anna, 1 Samuele 2, 1-8)


 

Domenica, 13 giugno 2021  

Le parabole del Regno di Dio Il Regno è come un seme Marco 4,26-34 

Orazione iniziale 

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. 

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen. 

Lettura 

  1. a) Una divisione del testo per aiutarne la lettura
  • Mc 4,26-29: La parabola del seme che spunta da solo
  • Mc 4,30-32: La parabola del grano di senapa
  • Mc 4,33-34: La conclusione sulle parabole
  1. b) Il testo: Marco 4,26-34

In quel tempo, Gesù diceva [alla folla]: «Così è il regno di Dio: come un uomo che getta il seme sul terreno; dorma o vegli, di notte o di giorno, il seme germoglia e cresce. Come, egli stesso non lo sa. Il terreno produce spontaneamente prima lo stelo, poi la spiga, poi il chicco pieno nella spiga; e quando il frutto è maturo, subito egli manda la falce, perché è arrivata la mietitura». Diceva: «A che cosa possiamo paragonare il regno di Dio o con quale parabola possiamo descriverlo? È come un granello di senape che, quando viene seminato sul terreno, è il più piccolo di tutti i semi che sono sul terreno; ma, quando viene seminato, cresce e diventa più grande di tutte le piante dell’orto e fa rami così grandi che gli uccelli del cielo possono fare il nido alla sua ombra». Con molte parabole dello stesso genere annunciava loro la Parola, come potevano intendere. Senza parabole non parlava loro ma, in privato, ai suoi discepoli spiegava ogni cosa. 

Momento di silenzio orante 

perché la Parola di Dio possa entrare in noi e illuminare la nostra vita.

Alcune domande 

per aiutarci nella meditazione e nella orazione. 

  • Qual è il punto che ti ha maggiormente colpito? Perché?
  • Gesù non spiega le parabole. Racconta le storie e sveglia negli altri l’immaginazione e la riflessione della scoperta. Cosa hai scoperto tu nelle due parabole?
  • L’obiettivo delle parole è rendere la vita trasparente. Lungo gli anni, la tua vita è diventata più trasparente o è avvenuto il contrario?

Per coloro che vogliono approfondire il tema 

  1. Per capire meglio Perché Gesù insegna per mezzo di parabole:

Gesù racconta molte parabole. Tutte tratte dalla vita della gente! Così aiutava le persone a scoprire le cose di Dio nella vita di ogni giorno, vita che diventava trasparente. Poiché lo straordinario di Dio si nasconde nelle cose ordinarie e comuni della vita di ogni giorno. La gente capiva le cose della vita. Nelle parabole riceve la chiave per aprirla e trovare in essa i segni di Dio. 

Per mezzo delle parabole, Gesù aiutava la gente a percepire la presenza misteriosa del Regno nelle cose della vita. Una parabola è un paragone. Lui usa le cose conosciute ed evidenti della vita per spiegare le cose invisibili e sconosciute del Regno di Dio. Per esempio, la gente della Galilea capiva quando si parlava di semi, di terreno, di pioggia, di sole, di sale, di fiori, di pesci, di raccolto, etc. E Gesù usa proprio queste cose conosciute dalla gente, nelle sue parabole, per spiegare il mistero del Regno. 

La parabola del seminatore è un ritratto della vita dei contadini. In quel tempo, non era facile vivere dell’agricoltura. I terreni erano pieni di pietre. Molti arbusti. Poca pioggia, molto sole. Inoltre, molte volte, la gente per abbreviare le distanze passava attraverso i campi e calpestava le piante (Mc 2,23). Ma malgrado ciò, ogni anno, l’agricoltore seminava e piantava, fiducioso nella forza del seme, nella generosità della natura.  La parabola non dà tutto fatto, ma induce a pensare e fa scoprire a partire dall’esperienza che gli uditori hanno del seme. Induce alla creatività ed alla partecipazione. Non è una dottrina che arriva pronta per essere insegnata e decorata. La Parabola non dà acqua imbottigliata, bensì conduce alla fonte. L’agricoltore che ascolta, dice: “Seme nella terra, io so cos’è! Ma Gesù dice che questo ha a che fare con il Regno di Dio. Che sarà?”. E già è possibile immaginare le lunghe conversazioni della folla. La parabola si muove con la gente e la spinge ad ascoltare la natura e a pensare alla vita. 

  1. Commento del testo

È bello vedere Gesù che, sempre di nuovo, cerca nella vita e negli avvenimenti, elementi ed immagini che possano aiutare la gente a percepire e sperimentare la presenza del Regno. Nel vangelo di oggi, di nuovo, racconta due brevi storie che avvengono tutti i giorni nella vita di tutti noi: “La storia del seme che cresce da solo” e “la storia del piccolo seme di senape che cresce e diventa grande”. 

  • La storia del seme che cresce da solo.

L’agricoltore che pianta conosce il processo: seme, filino verde, foglia, spiga, grano. L’agricoltore sa aspettare, non falcia il grano prima del tempo. Ma non sa come la terra, la pioggia, il sole e il seme abbiano questa forza di far crescere una pianta dal nulla fino alla frutta. Così è il Regno di Dio. È un processo, ci sono tappe e momenti di crescita. Avviene nel tempo. Produce frutto al momento giusto, ma nessuno sa spiegare la sua forza misteriosa. Nessuno ne è il padrone! Solo Dio! 

  • La storia del piccolo granello di senape che cresce e diventa grande.

Il granello di senape è piccolo, ma cresce, e, alla fine, gli uccelli fanno il loro nido tra i suoi rami. Così è il Regno. Inizia molto piccolo, cresce ed estende i suoi rami. La parabola lascia aperta una domanda che riceverà una risposta nel vangelo, più tardi: chi sono gli uccellini? Il testo suggerisce che si tratta dei pagani che non potranno entrare in comunità e partecipare al Regno. 

  • Gesù spiega la parabola ai suoi discepoli.

In casa, soli con Gesù, i discepoli vogliono sapere il significato della parabola. Loro non lo capiscono. Gesù rimane attonito dinanzi alla loro ignoranza (Mc 4,13) e in quell’occasione risponde con una frase difficile e misteriosa. Dice ai suoi discepoli: “A voi è stato confidato il mistero del regno di Dio; a quelli di fuori invece tutto viene esposto in parabole, perché guardino, ma non vedano, ascoltino, ma non intendano, perché non si convertano e venga loro perdonato!” Questa frase spinge la gente a chiedersi: Ma allora a cosa serve la parabola? Per chiarire o per nascondere? Forse Gesù si serve di parabole affinché la gente continui a vivere nell’ignoranza e non arrivi a convertirsi? Certamente no! Poiché nel vangelo di oggi Marco dice che Gesù usava parabole “secondo quello che potevano intendere” (Mc 4,33). 

La parabola rivela e nasconde allo stesso tempo! Rivela a coloro che sono dentro, che accettano Gesù, Messia Servo. Nasconde a coloro che insistono nel considerarlo il Messia, il Re grandioso. Costoro capiscono le immagini della parabola, ma non riescono a coglierne il significato. 

Orazione – Salmo 96 

Grande è il Signore e degno di ogni lode 

Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome, annunziate di giorno in giorno la sua salvezza. In mezzo ai popoli raccontate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. Grande è il Signore e degno di ogni lode, terribile sopra tutti gli dei. 

Tutti gli dei delle nazioni sono un nulla, ma il Signore ha fatto i cieli. Maestà e bellezza sono davanti a lui, potenza e splendore nel suo santuario. Date al Signore, o famiglie dei popoli, date al Signore gloria e potenza, date al Signore la gloria del suo nome.  Portate offerte ed entrate nei suoi atri, prostratevi al Signore in sacri ornamenti. Tremi davanti a lui tutta la terra. Dite tra i popoli: “Il Signore regna!”. Sorregge il mondo, perché non vacilli;  giudica le nazioni con rettitudine. Gioiscano i cieli, esulti la terra, frema il mare e quanto racchiude; esultino i campi e quanto contengono,  si rallegrino gli alberi della foresta davanti al Signore che viene, perché viene a giudicare la terra. Giudicherà il mondo con giustizia e con verità tutte le genti. 

Orazione finale 

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa’ che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa’ che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

 


 
 

 

Preghiera a San Michele Arcangelo, 
da recitarsi al termine della S. Messa

 

 

Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.

 


 
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