Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi 3-9_maggio-2021
Lunedì, 3 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Preghiera
O Dio, nostro Padre, che rallegri la Chiesa con la festa degli apostoli Filippo e Giacomo, per le loro preghiere concedi al tuo popolo di comunicare al mistero della morte e risurrezione del tuo unico Figlio, per contemplare in eterno la gloria del tuo volto. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Giovanni 14,6-14
In quel tempo, Gesù disse a Tommaso: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me. Se conoscete me, conoscerete anche il Padre; fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Gli disse Filippo: “Signore, mostraci il Padre e ci basta”. Gli rispose Gesù: “Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo? Chi ha visto me ha visto il Padre. Come puoi dire: Mostraci il Padre? Non credi che io sono nel Padre e il Padre È in me? Le parole che io vi dico, non le dico da me; ma il Padre che È in me compie le sue opere. Credetemi: io sono nel Padre e il Padre È in me; se non altro, credetelo per le opere stesse. In verità, in verità vi dico: anche chi crede in me, compirà le opere che io compio e ne farà di più grandi, perché io vado al Padre. Qualunque cosa chiederete nel nome mio, la farò, perché il Padre sia glorificato nel Figlio. Se mi chiederete qualche cosa nel mio nome, io la farò”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi, festa degli apostoli Filippo e Giacomo, È lo stesso che abbiamo meditato durante la quarta settimana di Pasqua, e narra la richiesta dell’apostolo Filippo a Gesù: “Mostraci il Padre, e questo ci basta”.
- Giovanni 14,6: Io sono la via, la verità e la vita. Tommaso aveva rivolto una domanda: “Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere il cammino?” (Gv 14,5). Gesù risponde: “Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Tre parole importanti. Senza la via, non si va. Senza la verità non si fa una buona scelta. Senza vita, c’È solo morte! Gesù spiega il senso. Lui È la via, perché “nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. E lui È la porta da dove entrano ed escono le pecore (Gv 10,9). Gesù È la verità, perché guardando lui, stiamo vedendo l’immagine del Padre. “Chi conosce me conosce il Padre!” Gesù È la vita, perché camminando come Gesù staremo uniti al Padre ed avremo vita in noi!
- Giovanni 14,7: Conoscere Gesù È conoscere il Padre. Tommaso aveva chiesto:”Signore, non sappiamo dove vai. Come possiamo conoscere la via?” Gesù risponde: “Io sono la via, la verità e la vita! Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me”. Ed aggiunse: “Se conoscete me, conoscete anche il Padre. Fin da ora lo conoscete e lo avete veduto”. Questa È la prima frase del vangelo di oggi. Gesù parla sempre del Padre, perché era la vita del Padre che appariva in tutto ciò che diceva e faceva. Questo riferimento costante al Padre provoca la domanda di Filippo.
- Giovanni 14,8-11: Filippo chiede: “Mostraci il Padre e ci basta!” Era il desiderio dei discepoli, il desiderio di molte persone delle comunità del Discepolo Amato ed È il desiderio di molta gente oggi. Come fa la gente per vedere il Padre di cui tanto parla Gesù? La risposta di Gesù È molto bella ed È valida fino ad oggi: “Filippo, da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto! Chi ha visto me ha visto il Padre!” La gente non deve pensare che Dio È lontano da noi, distante e sconosciuto. Chi vuole sapere come e chi È Dio Padre, basta che guardi Gesù. Lui lo ha rivelato nelle parole e nei gesti della sua vita! “Il Padre È in me ed io sono nel Padre!” Attraverso la sua obbedienza, Gesù si È identificato totalmente con il Padre. Lui faceva ogni momento ciò che il Padre gli mostrava di fare (Gv 5,30; 8,28-29.38). Per questo, in Gesù tutto È rivelazione del Padre! Ed i segni o le opere sono le opere del Padre! Come dice la gente: “Il figlio È il volto del padre!” Per questo in Gesù e per Gesù, Dio sta in mezzo a noi.
- Giovanni 14,12-14: Promessa di Gesù. Gesù fa una promessa per dire che la sua intimità con il Padre non È un privilegio solo suo, ma È possibile per tutti coloro che credono in lui. Anche noi, mediante Gesù, possiamo giungere a fare cose belle per gli altri come faceva Gesù per la gente del suo tempo. Lui intercede per noi. Tutto ciò che la gente chiede a lui, lui lo chiede al Padre e lo ottiene, sempre che sia per servire. Gesù È il nostro difensore. Se ne va ma non ci lascia senza difesa. Promette che chiederà al Padre e il Padre manderà un altro difensore o consolatore, lo Spirito Santo. Gesù giunse a dire che era necessario che lui andasse via, perché altrimenti lo Spirito Santo non sarebbe potuto venire (Gv 16,7). E lo Spirito Santo compirà le cose di Gesù in noi, se agiamo nel nome di Gesù ed osserviamo il grande comandamento della pratica dell’amore.
Per un confronto personale
- Gesù È la via, la verità e la vita. Senza la via, senza la verità e senza la vita non si vive.
Cerca di far entrare questo nella tua coscienza.
- Due domande importanti: Chi È Gesù per me? Chi sono io per Gesù?
Preghiera finale
I cieli narrano la gloria di Dio. e l’opera delle sue mani annunzia il firmamento. Il giorno al giorno ne affida il messaggio e la notte alla notte ne trasmette notizia. (Sal 18).
Martedì, 4 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Preghiera
O Padre, che nella risurrezione del tuo Figlio ci hai aperto il passaggio alla vita eterna, rafforza in noi la fede e la speranza, perché non dubitiamo mai di raggiungere quei beni che tu ci hai rivelato e promesso. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 14,27-31a
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Vi lascio la pace, vi dò la mia pace. Non come la dà il mondo, io la do a voi. Non sia turbato il vostro cuore e non abbia timore. Avete udito che vi ho detto: Vado e tornerò a voi; se mi amaste, vi rallegrereste che io vado dal Padre, perché il Padre È più grande di me. Ve l’ho detto adesso, prima che avvenga, perché quando avverrà, voi crediate. Non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe del mondo; egli non ha nessun potere su di me, ma bisogna che il mondo sappia che io amo il Padre e faccio quello che il Padre mi ha comandato”.
Riflessione
- Qui, in Gv 14,27, comincia l’addio di Gesù ed alla fine del capitolo 14, lui chiude la conversazione dicendo: “Alzatevi, andiamo via di qui!” (Gv 14,31). Ma invece di uscire dalla sala, Gesù continua a parlare per altri tre capitoli: 15, 16 e 17. Se leggiamo questi tre capitoli, vediamo all’inizio del capitolo 18 la frase seguente: “Detto questo, Gesù uscì con i suoi discepoli e andò di là dal torrente Cedron, dove c’era un giardino nel quale entrò con i suoi 34 discepoli” (Gv 18,1). In Gv 18,1, c’È la continuazione di Gv 14,31. Il vangelo di Giovanni È come un bell’edificio costruito lentamente, pietra su pietra, mattone su mattone. Qui e là, ci sono segni di rimaneggiamento. In qualche modo, tutti i testi, tutti i mattoni, fanno parte dell’edificio e sono Parola di Dio per noi.
- Giovanni 14,27: Il dono della Pace. Gesù comunica la sua pace ai discepoli. La stessa pace sarà data dopo la risurrezione (Gv 20,19). Questa pace È un’espressione della manifestazione del Padre, come aveva detto Gesù prima (Gv 14,21). La pace di Gesù È la fonte di gioia che lui ci comunica (Gv 15,11; 16,20.22.24; 17,13). È una pace diversa dalla pace che il mondo ci dà, diversa dalla Pax Romana. Alla fine del primo secolo la Pax Romana era mantenuta con la forza e con la repressione violenta contro i movimenti ribelli. La Pax Romana garantiva la disuguaglianza istituzionalizzata tra cittadini romani e schiavi. Questa non È la pace del Regno di Dio. La Pace che Gesù comunica È ciò che nell’AT si chiama Shalom. È l’organizzazione completa di tutta la vita attorno ai valori della giustizia, della fraternità e dell’uguaglianza.
- Giovanni 14,28-29: Il motivo per cui Gesù ritorna al Padre. Gesù ritorna al Padre per poter ritornare subito. Dirà alla Maddalena: “Non mi trattenere perché non sono ancora salito al Padre “ (Gv 20,17). Salendo verso il Padre, lui tornerà mediante lo Spirito che ci manderà (cf. Gv 20,22). Senza il ritorno verso il Padre non potrà stare con noi mediante lo Spirito.
- Giovanni 14,30-31a: Che il mondo sappia che io amo il Padre. Gesù aveva terminato l’ultima conversazione con i discepoli. Il principe di questo mondo vorrà imporsi sul destino di Gesù. Gesù morirà. In realtà, il Principe, il tentatore, il diavolo, non può nulla contro Gesù. Il mondo saprà che Gesù ama il Padre. Questa È la grande testimonianza di Gesù che può spingere il mondo a credere in lui. Nell’annuncio della Buona Novella non si tratta di divulgare una dottrina, né di imporre un diritto canonico, né di unire tutti in una organizzazione. Si tratta, anzi tutto, di vivere e di irradiare ciò che l’essere umano desidera e che ha di più profondo nel suo cuore: l’amore. Senza questo, la dottrina, il diritto, la celebrazione È solo una parrucca su una testa calva.
- Giovanni 14,31b: Alzatevi, andiamo via di qui. Sono le ultime parole di Gesù, espressione della sua decisione di essere obbediente al Padre e di rivelare il suo amore. In una delle preghiere eucaristiche, nell’ora della consacrazione si dice: “Alla vigilia della sua passione, volontariamente accettata”. In un altro luogo Gesù dice: “Per questo il Padre mi ama: perché io offro la mia vita, per poi riprenderla di nuovo. Nessuno me la toglie, ma la offro liberamente, poiché ho il potere di offrirla e il potere di riprenderla di nuovo. Questo comando ho ricevuto dal Padre mio” (Gv 10, 17-18).
Per un confronto personale
- Gesù dice: “Vi do la mia pace”. Come contribuisco alla costruzione della pace nella mia famiglia e nella mia comunità?
- Guardando nello specchio dell’obbedienza di Gesù verso il Padre, in quale punto potrei migliorare la mia obbedienza al Padre?
Preghiera finale
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza. (Sal 144)
Mercoledì, 5 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Preghiera
O Dio, che salvi i peccatori e li rinnovi nella tua amicizia, volgi verso di te i nostri cuori: tu
che ci hai liberato dalle tenebre con il dono della fede, non permettere che ci separiamo da te, luce di verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,1-8
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Io sono la vera vite e il Padre mio È il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto. Voi siete già mondi, per la parola che vi ho annunziato. Rimanete in me e io in voi. Come il tralcio non può far frutto da se stesso se non rimane nella vite, così anche voi se non rimanete in me. Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla. Chi non rimane in me viene gettato via come il tralcio e si secca, e poi lo raccolgono e lo gettano nel fuoco e lo bruciano. Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato. In questo È glorificato il Padre mio: che portiate molto frutto e diventiate miei discepoli”.
Riflessione
- I Capitoli dal 15 al 17 del Vangelo di Giovanni ci presentano diversi insegnamenti di Gesù che l’evangelista mette insieme e colloca qui nel contesto amico e fraterno dell’ultimo incontro di Gesù con i suoi discepoli: Gv 15,1-17: Riflessioni attorno alla parabola della vite Gv 15,18 a 16,4a: Consigli sul modo di comportarsi se siamo perseguitati Gv 16,4b-15: Promessa sulla venuta dello Spirito Santo Gv 16,16-33: Riflessioni sull’addio ed il ritorno di Gesù Gv 17,1-26: Il Testamento di Gesù in forma di preghiera
- I Vangeli di oggi e di domani presentano una parte della riflessione di Gesù attorno alla parabola della vite. Per capire bene tutta la portata di questa parabola, È importante studiare bene le parole usate da Gesù. Ed È anche importante osservare da vicino una vite o una qualsiasi pianta per vedere come cresce e come avviene il legame tra tronco e rami, e come il frutto nasce dal tronco e dai rami.
- Giovanni 15,1-2: Gesù presenta il paragone della vite. Nell’Antico Testamento, l’immagine della vite indicava il popolo di Israele (Is 5,1-2). La gente era come una vite che Dio piantò con molta tenerezza sulle colline della Palestina (Sal 80,9-12). Ma la vite non corrisponde a ciò che Dio si aspettava. Invece di uva buona produce un frutto acerbo che non È buono a nulla (Is 5,3-4). Gesù È la nuova vite, la vera vite. In una unica frase ci consegna il paragone. Dice: “Io sono la vera vite e mio Padre È il vignaiolo. Ogni tralcio che in me non porta frutto, lo toglie e ogni tralcio che porta frutto, lo pota perché porti più frutto!”. La potatura È dolorosa, ma È necessaria. Purifica la vite, così cresce e dà più frutti.
- Giovanni 15,3-6: Gesù spiega ed applica la parabola. I discepoli sono già puri. Sono stati già potati dalla parola che udirono da Gesù. Fino ad oggi, Dio opera la potatura in noi mediante la sua Parola che ci giunge dalla Bibbia e da tanti altri mezzi. Gesù allunga la parabola e dice: “Io sono la vite, e voi siete i tralci!” Non si tratta di due cose distinte: da un lato la vite, dall’altro i tralci. No! La vite non esiste senza i tralci. Noi siamo parte di Gesù. Gesù È il tutto. Affinché un ramo possa produrre frutto, deve essere unito alla vite. Solo così riesce a ricevere la linfa. “Senza di me non potete far nulla!” Il ramo che non dà frutto viene tagliato. Si secca ed È pronto per essere bruciato. Non serve a nulla, nemmeno per la legna!
- Giovanni 15,7-8: Rimanete nell’amore. Il nostro modello È quello che Gesù stesso visse nella sua relazione con il Padre. Dice: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore!” Insiste nel dire che dobbiamo rimanere in lui e che le sue parole devono rimanere in noi. Ed arriva a dire: “Se rimanete in me e le mie parole rimangono in voi, chiedete quel che volete e vi sarà dato!” Poiché ciò che più vuole il Padre È che diventiamo discepoli e discepole di Gesù e, così, produciamo molto frutto.
Per un confronto personale
- Quali sono state le potature o i momenti difficili nella mia vita che mi hanno aiutato a crescere? Quali le potature o momenti difficili che abbiamo avuto nella nostra comunità e che ci hanno aiutato a crescere?
- Ciò che mantiene la pianta unita e viva, capace di dare frutti, È la linfa che la percorre. Qual È la linfa che percorre la nostra comunità e che la mantiene viva, capace di produrre frutti?
Preghiera finale
Cantate al Signore un canto nuovo, cantate al Signore da tutta la terra. Cantate al Signore, benedite il suo nome. (Sal 95)
Giovedì, 6 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Preghiera
O Dio, che per la tua grazia da peccatori ci fai giusti e da infelici ci rendi beati, custodisci in noi il tuo dono, perché, giustificati mediante la fede, perseveriamo nel tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,9-11
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
Riflessione
- La riflessione attorno alla parabola della vite comprende i versetti dall’1 al 17. Oggi meditiamo sui versetti dal 9 all’11. Dopodomani, il vangelo del giorno salta i versetti dal 12 al 17 e riprende dal versetto 18, che ci presenta un altro tema. Per questo, includiamo i versetti dal 12 al 17 e si riprende dal 18, che parla di un altro tema. Per questo, includiamo oggi un breve commento dei versetti dal 12 al 17, poiché in essi sboccia il fiore e la parabola della vite mostra tutta la sua bellezza.
- Il vangelo di oggi È di soli tre versetti che continuano il vangelo di ieri e danno più luce per applicare il paragone della vite alla vita delle comunità. La comunità È come una vite. Passa per momenti difficili. È il momento della potatura, momento necessario per produrre più frutti. 37
- Giovanni 15,9-11: Rimanere nell’amore, fonte della gioia perfetta. Gesù rimane nell’amore del Padre, osservando i comandamenti che da lui riceve. Noi rimaniamo nell’amore di Gesù osservando i comandamenti che lui ci ha lasciato. E dobbiamo osservarli nella stessa misura in cui lui ha osservato i comandamenti del Padre: “Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore”. È in questa unione dell’amore del Padre e di Gesù che si trova la fonte della vera gioia: “Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena”.
- Giovanni 15,12-13: Amare i fratelli come lui ci ama. Il comandamento di Gesù È uno solo: “amarci gli uni gli altri, come lui ci ha amati!” (Gv 15,12). Gesù supera l’Antico Testamento. Il criterio antico era: “Amerai il tuo prossimo come te stesso” (Lev 18,19).
Il nuovo criterio È: “Che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati”. Qui lui disse la frase: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici!”
- Giovanni 15,14-15 Amici e non servi. “Voi siete miei amici se farete ciò che vi comando”, cioè, la pratica dell’amore fino al dono totale di sé! Subito dopo Gesù aggiunge un ideale altissimo per la vita dei discepoli. Dice: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone. Ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi!” Gesù non aveva più segreti per i suoi discepoli e per le sue discepole. Ci ha detto tutto ciò che udì dal Padre! Questo È lo splendido ideale della vita in comunità: giungere ad una trasparenza totale, fino al punto di non avere più segreti tra di noi e di poter avere piena fiducia nell’altro, poter condividere l’esperienza che abbiamo di Dio e della vita, e così arricchirci reciprocamente. I primi cristiani riuscirono a realizzare questo ideale per alcuni anni. Loro “erano un solo cuore ed un’anima sola” (At 4, 32; 1,14; 2,42.46).
- Giovanni 15,16-17: Gesù ci ha scelti. Non siamo stati noi a scegliere Gesù. Lui ci ha scelti, ci ha chiamati e ci ha affidato la missione di andare e dare frutto, frutto che rimanga. Noi abbiamo bisogno di lui, ma anche lui ha bisogno di noi e del nostro lavoro per poter continuare a fare oggi ciò che fece per la gente di Galilea. L’ultima raccomandazione: “Questo vi comando: che vi amiate gli uni gli altri!”
- Il simbolo della vite nella Bibbia. La gente della Bibbia coltivava viti e produceva buon vino. La raccolta dell’uva era una festa, con canti e danze. E ciò dette origine al canto della vigna, usato dal profeta Isaia. Lui paragona il popolo di Israele ad una vigna (Is 5,1-7; 27,2-5; Sal 80,9-19). Prima di lui, il profeta Osea aveva già paragonato Israele ad una vigna esuberante che quanti più frutti produceva, più moltiplicava le sue idolatrie (Os 10,1). Questo tema È stato utilizzato da Geremia, che paragonò Israele ad una vigna bastarda (Ger 2,21), da cui furono sradicati i rami (Ger 5,10; 6,9). Geremia usa questi simboli perché lui stesso aveva una vigna che fu calpestata e devastata dagli invasori (Ger 12,10). Durante la schiavitù in Babilonia, Ezechiele usò il simbolo della vite per denunciare l’infedeltà del popolo di Israele. Lui raccontò tre parabole sulla vite:
- La vite bruciata che non serve più a nulla (Ez 15,1-8);
- La vite falsa piantata e protetta da due acque, simboli dei re di Babilonia ed Egitto, nemici di Israele (Ez 17,1-10).
- La vite distrutta dal vento orientale, immagine della schiavitù di Babilonia (Ez 19,10-14). Il paragone della vite fu usato da Gesù in diverse parabole: gli operai della vigna (Mt 21,1-16); i due figli che devono lavorare nella vigna (Mt 21,33-32); coloro che affittarono la vigna, non pagarono il padrone, bastonarono i suoi servi ed uccisero il figlio del padrone (Mt 21,33-45); il fico sterile piantato nella vigna (Lc 13,6-9); la vite e i suoi tralci (Gv 15,1-17).
Per un confronto personale
- Siamo amici e non servi. Come vedo questo nel mio rapporto con le persone?
- Amare come Gesù ci amò. Come cresce in me questo ideale d’amore?
Preghiera finale
Annunziate di giorno in giorno la salvezza del Signore; in mezzo ai popoli narrate la sua gloria, a tutte le nazioni dite i suoi prodigi. (Sal 95)
Venerdì, 7 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Preghiera
Donaci, o Padre, di uniformare la nostra vita al mistero pasquale che celebriamo nella gioia, perché la potenza del Signore risorto ci protegga e ci salvi. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,12-17
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: Questo È il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome, ve lo conceda. Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.
Riflessione
- Il vangelo di Giovanni 15,12-17 È stato già meditato pochi giorni fa (…. o sarà ripreso tra qualche giorno). Riprendiamo alcuni punti di quel giorno.
- Giovanni 15,12-13: Amare i fratelli come lui ci ha amati. Il comandamento di Gesù È uno solo: “amarci come lui ci amò!” (Gv 15,12). Gesù supera l’Antico Testamento. Il criterio antico era il seguente: “Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Lv 18,19). Il nuovo criterio È: “Amatevi come io vi ho amato”. E la frase che fino ad oggi cantiamo
dice: “Non c’È amore più grande di colui che dà la vita per il fratello!”
- Giovanni 15,14-15: Amici e non servi. “Voi siete miei amici se fate ciò che vi comando”, cioÈ la pratica dell’amore fino al dono totale di sé! Subito Gesù presenta un ideale altissimo per la vita dei suoi discepoli. Dice: “Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa ciò che fa il suo padrone. Vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi!” Gesù non aveva più segreti per i suoi discepoli. Ci racconta tutto ciò che ha udito dal Padre! Ecco l’ideale stupendo della vita in comunità: giungere ad una trasparenza totale, al punto di non avere più segreti tra di noi e poter aver fiducia pienamente l’uno nell’altro, poter parlare dell’esperienza che abbiamo di Dio e della vita e, così, poterci arricchire a vicenda. I primi cristiani riusciranno a raggiungere questo ideale dopo molti anni. “Avevano un solo cuore ed un’anima sola” (At 4,32; 1,14; 2,42.46).
- Giovanni 15,16-17: Gesù ci ha scelti. Non siamo noi che abbiamo scelto Gesù. Lui ci incontrò, ci chiamò e ci affidò la missione di andare e dare frutto, frutto che duri. Noi abbiamo bisogno di lui, ma anche lui vuole aver bisogno di noi e del nostro lavoro per poter continuare e fare oggi per la gente ciò che faceva per la gente di Galilea. L’ultima raccomandazione: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri!”
Per un confronto personale
- Amare il prossimo come Gesù ci ha amato. Ecco l’ideale di ogni cristiano. Come lo vivo?
- Tutto ciò che ho udito dal Padre ve l’ho raccontato. Ecco l’ideale della comunità:
giungere ad una trasparenza totale. Come lo viviamo nella mia comunità?
Preghiera finale
Saldo È il mio cuore, o Dio, saldo È il mio cuore.
Voglio cantare, voglio inneggiare:
svégliati, mio cuore, svegliatevi, arpa e cetra, voglio svegliare l’aurora. (Sal 57/56,8-9)
Sabato, 8 maggio 2021
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, che nel battesimo ci hai comunicato la tua stessa vita, fa’ che i tuoi figli, rinati alla speranza dell’immortalità, giungano con il tuo aiuto alla pienezza della gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,18-21
In quel tempo, disse Gesù ai suoi discepoli: “Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me. Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che È suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia. Ricordatevi della parola che vi ho detto: Un servo non È più grande del suo padrone. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra. Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato”.
Riflessione
- Giovanni 15,18-19: L’odio del mondo.”Se il mondo vi odia, sappiate che prima di voi ha odiato me”. Il cristiano che segue Gesù È chiamato a vivere in modo contrario alla società. In un mondo organizzato a partire dagli interessi egoistici di persone e gruppi, chi cerca di vivere ed irradiare l’amore sarà crocifisso. È stato questo il destino di Gesù. Per questo, quando un cristiano È molto elogiato dai poteri di questo mondo ed È esaltato quale modello per tutti dai mezzi di comunicazione, È bene non fidarsi troppo. “Se foste del mondo, il mondo amerebbe ciò che È suo; poiché invece non siete del mondo, ma io vi ho scelti dal mondo, per questo il mondo vi odia”. È stata la scelta di Gesù che ci ha separato. È basandoci su questa scelta o vocazione gratuita di Gesù che abbiamo la forza di sopportare la persecuzione e la calunnia e che possiamo avere gioia, malgrado le difficoltà.
- Giovanni 15,20: Il servo non È più grande del suo signore. “Un servo non È più grande del suo signore. Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi; se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra”. Gesù aveva già insistito su questo stesso punto nella lavanda dei piedi (Gv 13,16) e nel discorso della Missione (Mt 10,24-25). Ed È questa identificazione con Gesù che, lungo due secoli, dette tanta forza alle persone per continuare il cammino ed È stata fonte di esperienza mistica per molti santi e sante martiri.
- Giovanni 15,21: Persecuzione a causa di Gesù. “Ma tutto questo vi faranno a causa del mio nome, perché non conoscono colui che mi ha mandato”. L’insistenza ripetuta dei vangeli nel ricordare le parole di Gesù che possano aiutare le comunità a capire il perché delle crisi e delle persecuzioni È un segno evidente che i nostri fratelli e le nostre sorelle delle prime comunità non ebbero una vita facile. Dalla persecuzione di Nerone dopo Cristo fino alla fine del primo secolo, loro vivevano sapendo che potevano essere perseguitati, accusati, incarcerati ed uccisi in qualsiasi momento. La forza che li sosteneva era una certezza che Gesù comunicava che Dio era con loro.
Per un confronto personale
- Gesù si rivolge a me e mi dice: Se tu fossi del mondo, il mondo amerebbe ciò che È tuo. Come applico questo nella mia vita?
- In me ci sono due tendenze: il mondo e il vangelo. Quale dei due ha la precedenza?
Preghiera finale
Buono È il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione. (Sal 99)
Domenica, 9 maggio 2021
Tempo di Pasqua
Il comandamento di Gesù, Giovanni 15,9-17
Orazione iniziale
O Padre, che sei la fonte della vita e sempre ci sorprendi con i tuoi doni, donaci la grazia di rispondere all’appello del tuo Figlio Gesù che ci ha chiamato amici, affinché seguendo Lui, nostro maestro e pastore, impariamo ad osservare i suoi comandamenti, la nuova e definitiva Legge che È Lui stesso, via di accesso per arrivare a te e in te rimanere. Per Cristo tuo Figlio e nostro Signore.
Il testo
Dal Vangelo secondo Giovanni 15,9-17
9Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi. Rimanete nel mio amore. 10Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. 11Questo vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena. 12Questo È il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. 13Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici. 14Voi siete miei amici, se farete ciò che io vi comando. 15Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamati amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi. 16Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto e il vostro frutto rimanga; perché tutto quello che chiederete al Padre nel mio nome ve lo conceda.
17Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri.
Lettura
- Il contesto del presente brano già contribuisce a determinarne il tono: ci troviamo nel lungo discorso di Gesù ai discepoli durante l’ultima cena, dopo aver compiuto quel gesto che, secondo la narrazione di Giovanni, qualifica il ministero di Gesù come amore fino al suo compimento, il lavare i piedi ai discepoli (Gv 13,1-15). Guardando a questi intensi capitoli possiamo riconoscervi un dinamismo che va dal gesto in quanto tale, la lavanda dei piedi, un gesto in linea con quelle opere che Gesù ha compiuto ponendole come segno che esprime la sua identità e fa appello alla fede di chi vede e ascolta, al lungo discorso rivolto ai discepoli nell’espressione di commiato ma anche nell’indicazione di atteggiamenti da assumere e realtà da attendere, fino alla preghiera cosiddetta “sacerdotale” di Gesù al Padre (Gv 17), preghiera che oltrepassa i confini della cerchia dei suoi discepoli per rivolgersi a beneficio di tutti i credenti in tutti i tempi. Un movimento ascensionale della narrazione che coincide con l’innalzamento di Gesù sulla croce, innalzamento percepito e messo in luce da Giovanni come glorificazione salvifica di Gesù e che qualifica ulteriormente la Pasqua come passaggio del Verbo che dagli uomini torna al Padre.
- Nel discorso di Gesù le frasi si susseguono incalzandosi e concatenandosi in un vortice comunicativo che tuttavia non opprime col suo ritmo, non stanca. Ogni espressione possiede una sua compiutezza semplice e incisiva che si inserisce nel mondo espressivo del Gesù secondo Giovanni nella continuità dei temi e dei termini usati di preferenza.
- Nel contesto immediatamente precedente Gesù ha parlato di sé come della vera vite (Gv 15,1); già questa immagine È contorniata da due relazioni: il Padre che È il vignaiolo e i discepoli che sono i tralci. È un’immagine rivelativa: prima di essere un’esortazione finalizzata ai discepoli, essa È espressione di un dato di fatto: il Padre ha cura della pianta preziosa, della relazione che si È instaurata tra Gesù e i suoi, così come gli stessi discepoli vivono una realtà di comunione che li qualifica fin da ora. L’esortazione È espressa nelle stesse battute attraverso le quali l’immagine viene esplicitata e si incentra sul verbo “rimanere”; i discepoli sono chiamati a rimanere in Gesù così come fanno i tralci nella vite, per avere vita e potere fruttificare. Il tema della fruttificazione, ma anche il tema del chiedere e ottenere che ritroveremo nei nostri versetti, È già anticipato qui, offrendoci un esempio dello stile giovanneo di accenno e ripresa approfondita. Certamente al v. 9 il tono del discorso subisce un cambiamento: non c’È più alcuna immagine, ma il diretto riferimento ad una relazione: “Come il Padre ha amato me, così anch’io ho amato voi”. Gesù si pone in mezzo ad un percorso discendente che va da Dio agli uomini. Già il verbo “amare” si era presentato in precedenza al capitolo 14 in concomitanza con l’osservanza dei comandamenti; ora esso rispunta per condurre ad una nuova sintesi nel nostro brano laddove i “comandamenti” lasciano il passo al “comandamento” che È quello di Gesù: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri” (Gv 15,17). La relazione di reciprocità viene ripresa subito dopo un inciso all’imperativo: “rimanete nel mio amore”; dal verbo “amare” al sostantivo “amore” per indicare che l’azione procedente dal Padre e passata attraverso il Figlio agli uomini ha creato e crea un nuovo stato di cose, una possibilità che fino a quel momento era impensabile. E al versetto 10 la reciprocità viene compiuta nel percorso inverso: l’osservanza dei comandamenti di Gesù È per i discepoli il modo per rispondere al suo amore, in analogia e in reale continuità con l’atteggiamento del Figlio che ha osservato i comandamenti del Padre e per questo anch’egli rimane nel suo amore. La prospettiva È allora molto diversa da quel legalismo che aveva monopolizzato i concetti di “legge” e “comandamenti”: tutto È riportato da Gesù nella sua prospettiva più vera: una risposta d’amore all’amore ricevuto, l’annuncio della possibilità di stabilità nella presenza di Dio. Anche la frase al v. 11 diventa un ulteriore uscita dalla prospettiva legalistica: il fine È la gioia, anch’essa una gioia di relazione: la gioia di Gesù nei discepoli, la loro gioia presente in pienezza.
- Al v. 12, come già accennato, il discorso si fa più stringente: Gesù afferma che i suoi comandamenti sono uno solo: “che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati”; notiamo come la linea di relazionalità sia la stessa, sempre in chiave di risposta: i discepoli si ameranno nella modalità in cui Gesù ha amato loro. Ma ciò che segue ristabilisce in termini assoluti la primarietà del dono di Gesù: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici” (v. 13); È questa l’opera insuperabile del suo amore, un’azione che alza il grado di coinvolgimento al suo livello massimo: il dono della vita. Da qui una cospicua digressione su questo nuovo nome dato ai discepoli: “amici”; un appellativo che viene ulteriormente circostanziato nella contrapposizione ad un’altra categoria, quella dei “servi”; la differenza sta nella non conoscenza del servo riguardo ai progetti del suo padrone: il servo È chiamato ad eseguire e basta. Il discorso di Gesù sta seguendo il suo filo: proprio perché ha amato i discepoli e sta per dare la vita per loro, egli ha rivelato loro il progetto suo e del Padre, lo ha fatto attraverso i segni e le opere, lo farà nella sua più grande opera, la sua morte in croce. Ancora una volta Gesù segnala il suo rapporto stringente col Padre: “tutto ciò che ho udito dal Padre l’ho fatto conoscere a voi” (v. 15). È tuttavia nel cuore dell’affermazione di Gesù sui discepoli come amici che non viene dimenticato quanto espresso in precedenza: “Voi siete miei amici se farete ciò che io vi comando” (v. 14).
- Gli ultimi versetti del nostro brano rilanciano l’immagine della vite, con in più quanto È già stato affermato: È Gesù che ha scelto i suoi discepoli, non viceversa, l’iniziativa È partita da lui. L’immagine però È dinamizzata: differentemente da una vigna, piantata nel terreno, i discepoli sono costituiti perché vadano e proprio in questo andare portino frutto; il frutto, poi, È destinato a rimanere (stesso verbo dell’invito a rimanere nell’amore di Gesù), altra qualificazione di stabilità che riequilibra il dinamismo.
- La loro identità di discepoli È fondata sulla scelta operata da Gesù e prospetta un percorso da fare, un frutto da portare. Tra il passato della chiamata, il presente dell’ascolto e il futuro della fruttificazione, il quadro del discepolato sembra completo. C’È tuttavia ancora Qualcuno da mettere in luce, c’È ancora un atteggiamento da proporre. “Fare frutto” può sbilanciare i discepoli verso un’operatività unilaterale; la particella “perché” lega invece la fruttuosità a quanto segue: chiedere e ricevere, sperimentare l’indigenza e il dono elargito con abbondanza (“tutto quello che chiederete”) e gratuitamente. Quel Qualcuno che Gesù rivela È il Padre, fonte dell’amore e della missione del Figlio, il Padre al quale ci si può rivolgere nel nome del Figlio in quanto si È rimasti nel suo amore. E la conclusione È posta in modo solenne e lapidario: “Questo vi comando: amatevi gli uni gli altri”.
Meditazione
- Le parole di Gesù a poca distanza dalla sua glorificazione indicano alla Chiesa il significato della sequela e le sue esigenze. Sono parole forti, rispecchianti la gloria di Colui che si consegnerà e donerà di propria iniziativa la sua vita per la salvezza del mondo (cfr. Gv 10,17-18); ma sono anche parole accorate, e perciò semplici, essenziali, vicine, concatenate, tipiche di un discorso di commiato dove la ripetizione diventa appello dolcemente pressante. Essere discepoli del Cristo È innanzitutto un dono: È Lui che ha scelto i suoi, È Lui che ha rivelato loro la sua missione e sta rivelando il grande “retroscena” del progetto di salvezza: il volere del Padre, l’amore tra il Padre e il Figlio che ora si comunica agli uomini. I discepoli adesso conoscono, a differenza del passato dei primi passi della storia della salvezza e del presente di coloro che si sono chiusi scegliendo di non comprendere il valore delle opere compiute dal Figlio per volontà del Padre; questa loro conoscenza donata chiede e chiederà delle opzioni conseguenti per non rimanere una vuota quanto sterile pretesa (cfr. 1Gv 4,8.20). “Rimanere” nell’amore di Gesù e osservare i suoi “comandamenti” È innanzitutto una rivelazione, il dono di una possibilità suprema che libera l’uomo dalla condizione servile persino nei riguardi di Dio per porlo in una nuova relazione con Lui improntata a reciprocità, la relazione tipica dell’amicizia. “Rimanere nel suo amore” È quello che i Sinottici chiamerebbero il “regno di Dio”, nuova situazione nella storia prima ferita dal peccato e ora liberata.
- Nella cultura ebraica l’osservanza dei comandamenti era legata ad una precettistica che scendeva spesso nei particolari anche minimi; tutto ciò aveva ed ha un suo valore, testimoniando così lo sforzo di fedeltà a Dio da parte dei pii israeliti; il rischio però, comune a tutte le realtà umane, era quello di perdere di vista l’iniziativa di Dio enfatizzando la risposta umana. Gesù nel Vangelo di Giovanni ripristina e perciò rinnova il campo semantico della “legge” e dei “comandamenti” con il concetto di “amore” e con l’invito a “rimanere”. Egli rinnova e personalizza, in quanto annuncia e mostra l’amore del Padre dando la vita per salvare il mondo; È amore che rivela la sua qualità non in astratto, ma nel volto concreto e incontrabile del Cristo che ama “sino alla fine” e vive in prima persona l’amore più grande. Più volte Gesù ha descritto il suo rapporto col Padre; il fatto che egli si ponga qui sotto il segno dell’obbedienza al Padre, qualifica l’obbedienza stessa; essa È l’obbedienza non di un servo, ma del Figlio; e l’opera da compiere, i “comandamenti del Padre mio”, non sono qualcosa di esterno a Gesù, ma ciò che Lui conosce e desidera con tutto se stesso. Il Verbo che era presso il Padre È sempre con lui a fare le cose che gli sono gradite in una comunione di operatività che genera vita. Ed È proprio questo che Gesù chiede ai suoi discepoli, tenendo conto che quel “come il Padre ha amato… come io vi ho amati” non rimane a livello di esemplarità, ma si pone a livello fontale, generativo: È l’amore del Padre la sorgente dell’amore espresso dal Figlio, È l’amore del Figlio la sorgente dell’amore che i discepoli potranno dare al mondo.
- Conoscenza e prassi sono dunque intimamente legate nella prospettiva del “Vangelo spirituale”, così come È stato definito il Vangelo di Giovanni fin dai tempi dei Padri della Chiesa. La fede stessa, quando È autentica, non sopporta dicotomie nei confronti della vita.
- I discepoli appaiono in questi versetti come oggetto della cura premurosa del loro maestro; egli non si dimenticherà di loro neppure nell’imminenza della prova, quando pregherà il Padre per loro e “per quelli che per la loro parola crederanno…” (Gv 17,20). All’orizzonte dell’ascolto, dell’accoglienza e dell’impegno c’È la loro gioia, che È la stessa del loro maestro. E Lui che li ha scelti, con quei criteri che solo Dio conosce, una elezione che ricorda la scelta di Israele, il più piccolo di tutti i popoli; È Gesù che li ha costituiti, li ha istruiti, resi forti; tutti ciò assume un significato ancora più intenso se letto alla luce della Pasqua e della Pentecoste; sembra un paradosso, ma È proprio questo a cui sono chiamati: essere saldi/rimanere eppure andare. Saldezza e dinamicità la cui fonte È ancora il mistero di Dio, per il quale il Verbo era presso il Padre eppure ha posto la sua tenda in mezzo a noi (cfr. Gv 1,2.14).
- Essere costituiti in saldezza, andare e portare frutto duraturo definisce così il compito dei discepoli dopo la Pasqua del Signore Gesù; ma tutto ciò È posto nei nostri versetti come legato all’invito a chiedere al Padre nel nome di Gesù. Dal Padre, in Cristo e con la forza del Consolatore È attesa dunque la grazia per amare e, amando, testimoniare.
Orazione
Dal brano emergono alcuni elementi che possono rinnovare il nostro stile di preghiera:
- Una preghiera che sia realmente “trinitaria”, non soltanto nel senso della consapevolezza o dell’espressione, ma anche della dinamica inerente alla preghiera stessa.
- L’esigenza di unità tra la preghiera e la vita; la preghiera come specchio, espressione e verifica della vita di fede. – La gioia che deve accompagnare l’atteggiamento dell’orazione.
- La valorizzazione di tutto ciò che È umano (consapevolezza della relazione, gusto della preghiera, esperienza di gioia, percezione di unione con Dio) ma anche la sua relativizzazione nella prospettiva che tutto È dono.
Salmo 119,129-136
Meravigliosa È la tua alleanza, per questo le sono fedele.
La tua parola nel rivelarsi illumina, dona saggezza ai semplici. Apro anelante la bocca, perché desidero i tuoi comandamenti. Volgiti a me e abbi misericordia, tu che sei giusto per chi ama il tuo nome. Rendi saldi i miei passi secondo la tua parola e su di me non prevalga il male. Salvami dall’oppressione dell’uomo e obbedirò ai tuoi precetti.
Fa’ risplendere il volto sul tuo servo e insegnami i tuoi comandamenti. Fiumi di lacrime mi scendono dagli occhi, perché non osservano la tua legge.
Contemplazione
- La Parola di Dio ci chiama a ribadire nel cuore e nei fatti la novità del nostro essere discepoli del Figlio. I quattro aspetti di relazionalità con Dio, di lettura della realtà, di impegno nella realtà e di attenzione alla vita della Chiesa vorrebbero porsi come semi di contemplazione in quanto radice di atteggiamenti e di possibili scelte.
- Relazionalità con Dio: crescere nella consapevolezza di essere inseriti nel rapporto trinitario: siamo pensati, voluti, donati, salvati tra il Padre e il Figlio nello Spirito; porre sempre le nostre azioni come risposta all’amore di Dio che ci ha amati per primo.
- Lettura della realtà: riconoscere il riflusso nel privato da parte di persone ed istituzioni, così come la banalizzazione del concetto di “amore” sia nella sua interpretazione materialistica che nelle fughe spiritualistiche. Accorgersi, d’altro canto, delle attese di relazione gratuita e liberante, così come delle esperienze di donazione autentica che il più delle volte restano nell’ombra.
- Impegno nella realtà: il dare la vita (in tutte le sue forme) come espressione concreta e valorizzante dell’amore; l’importanza di nuove comunicazioni di esperienze e di sapienza nel perseguire i frutti della testimonianza del Vangelo nel mondo che Dio vuole salvare. La vita della Chiesa come vita di relazione in relazione: percepire la Chiesa non soltanto ad immagine della Trinità, ma “dentro” la Trinità stessa. Recuperare il senso della libertà e della gioia nella comunità dei credenti.
Orazione finale
Signore Gesù Cristo, ti ringraziamo per la cura attenta con la quale hai istruito e sempre istruisci i tuoi discepoli. Lode a te, o Signore, vincitore del peccato e della morte, perché hai messo in gioco tutto quanto era tuo, persino la tua relazione infinita col Padre nello Spirito: tu l’hai posta di fronte a noi che rischiamo di non comprenderla, di banalizzarla, di dimenticarla, ce ne hai parlato affinché comprendessimo quale grande amore ci ha generati. Fa’, o Signore, che rimaniamo in te come i tralci rimangono uniti alla vite che li sostiene e li nutre e per questo fruttificano; donaci uno sguardo di fede e di speranza che sappia passare dalle parole, dai desideri alla concretezza delle opere, a immagine di te, che ci hai amato fino alla fine, donando la tua vita a noi perché avessimo la vita in te. Tu che vivi e regni con Dio Padre nell’unità dello Spirito Santo per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Commenti recenti