Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi 24-31_maggio-2021
Lunedì, 24 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera iniziale
Padre, mostraci la sapienza e l’amore che hai rivelato nel tuo Figlio. Aiutaci ad essere nelle parole e nei fatti simili a lui, che vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli. Amen.
Lettura
Dal Vangelo secondo Giovanni (19, 25-34)
25Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria madre di Cleopa e Maria di Màgdala. 26Gesù allora, vedendo la madre e accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco tuo figlio!». 27Poi disse al discepolo: «Ecco tua madre!». E da quell’ora il discepolo l’accolse con sé. 28Dopo questo, Gesù, sapendo che ormai tutto era compiuto, affinché si compisse la Scrittura, disse: «Ho sete». 29Vi era lì un vaso pieno di aceto; posero perciò una spugna, imbevuta di aceto, in cima a una canna e gliela accostarono alla bocca. 30Dopo aver preso l’aceto, Gesù disse: «È compiuto!». E, chinato il capo, consegnò lo spirito. 31Era il giorno della Parasceve e i Giudei, perché i corpi non rimanessero sulla croce durante il sabato – era infatti un giorno solenne quel sabato –, chiesero a Pilato che fossero spezzate loro le gambe e fossero portati via. 32Vennero dunque i soldati e spezzarono le gambe all’uno e all’altro che erano stati crocifissi insieme con lui. 33Venuti però da Gesù, vedendo che era già morto, non gli spezzarono le gambe, 34ma uno dei soldati con una lancia gli colpì il fianco, e subito ne uscì sangue e acqua.
Riflessione
- Gv 19,25-29: Maria, la donna forte che comprende il pieno significato di questo evento, ci aiuterà a rivolgere uno sguardo contemplativo al crocifisso. Il quarto Vangelo specifica che questi discepoli “stanno presso la croce” (Gv 19,25-26). Questo dettaglio ha un significato profondo. Solo il quarto Vangelo ci racconta che queste cinque persone stavano presso la croce. Gli altri evangelisti non lo dicono. Luca, per esempio, dice che tutti coloro che avevano conosciuto Gesù seguirono gli eventi a distanza (Lc 23,49). Anche Matteo dice che molte donne seguirono gli eventi da lontano. Queste donne avevano seguito Gesù dalla Galilea e lo avevano servito, ma ora lo seguivano da lontano (Mt 27,55-56). Come Matteo, Marco ci dà i nomi di coloro
che osservavano la morte di Gesù da lontano (Mc 15,40-41). Così soltanto il quarto Vangelo dice che la madre di Gesù, altre donne e il discepolo amato “stavano presso la croce”. Stavano lì come servi di fronte al loro re.
- Gv 19,30-34: Essi sono lì, coraggiosi, nel momento in cui Gesù ha già dichiarato che “È compiuto” (Gv 19,30). La madre di Gesù È presente in quell’ora, che alla fine “È venuta”. Quell’ora che era stata annunciata alla festa di nozze a Cana (Gv 2,1ss). Il quarto Vangelo sottolinea che alle nozze “c’era la madre di Gesù” (Gv 2,1). Così anche la persona che resta fedele al Signore al momento fatale, È un discepolo amato. L’evangelista non ci dice il nome di questo discepolo, in modo che ognuno di noi può specchiarsi in colui che ha conosciuto i misteri del Signore, che ha posato il capo sul petto di Gesù durante l’ultima cena (Gv 13,25). La madre che sta sotto la croce (cf. Gv 19,25), accetta il testamento di amore di suo Figlio e accoglie tutti nella persona del discepolo amato come figli e figlie da far rinascere alla vita eterna.
- Gesù ha una parte attiva nella sua morte, Egli non permette di essere ucciso come i ladri le cui gambe vengono spezzate (Gv 19,31-33), ma consegna il suo spirito (Gv 19,30). I dettagli richiamati dall’evangelista sono molto importanti: vedendo sua madre e accanto a lei il discepolo che lui amava, Gesù dice alla madre, “Donna, ecco tuo figlio”. Poi al discepolo dice: “Ecco tua madre” (Gv 19,26-27). Queste semplici parole di Gesù hanno il peso della rivelazione, sono parole che ci rivelano la sua volontà: “ecco tuo figlio” (v. 26); “ecco tua madre” (v. 27). Queste parole richiamano anche quelle pronunciate da Pilato sul Litostroto: “Ecco l’uomo” (Gv 19,5). Con quelle parole Gesù sulla croce, il suo trono, rivela la sua volontà e il suo amore per noi. È l’agnello di Dio, il pastore che dà la sua vita per il suo gregge. In quel momento, dalla croce, Gesù fa nascere la Chiesa, rappresentata da Maria, Maria di Cleopa e Maria Maddalena, insieme al discepolo amato (Gv 19,25).
Domande personali
- In che modo Maria mi propone un modello di genitorialità, di discepolato e di amore? Quale di questi ho messo in pratica nella mia vita?
- Maria È esempio di umiltà e di obbedienza; eppure anche lei È stata una guida come a Cana. Come guido gli altri, per quali strade, mentre io stesso sono anche davvero umile e obbediente?
Preghiera conclusiva
I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore È limpido, illumina gli occhi. (Sal 19,8)
Martedì, 25 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 10,28-31
In quel tempo, Pietro disse a Gesù: “Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”.
Gesù gli rispose: “In verità vi dico: non c’È nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”.
Riflessione
- Nel vangelo di ieri, Gesù parlava della conversazione tra i discepoli sui beni materiali: distanziarsi dalle cose, vendere tutto, dare ai poveri e seguire Gesù. Ossia, come Gesù, devono vivere in totale gratuità, mettendo la propria vita nella mano di Dio, servendo i fratelli e le sorelle (Mc 10,17-27). Nel vangelo di oggi Gesù spiega meglio come deve essere questa vita di gratuità e di servizio di coloro che abbandonano tutto per lui, Gesù, e per il Vangelo (Mc 10,28-31).
- Marco 10,28-31: Cento volte, ma d’ora in poi con persecuzioni. Pietro osserva: “Noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”. È come se dicesse: “Abbiamo fatto ciò che il Signore chiese al giovane ricco. Lasciammo tutto e ti abbiamo seguito. Spiegaci, come deve essere la nostra vita?” Pietro vuole che Gesù spieghi un poco di più il nuovo modo di vivere nel servizio e nella gratuità. La risposta di Gesù È bella, profonda e simbolica: “In verità vi dico: non c’È nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi, insieme a persecuzioni, e nel futuro la vita eterna. E molti dei primi saranno ultimi e gli ultimi i primi”. Il tipo di vita che scaturisce dal dono di tutto È l’esempio del Regno che Gesù vuole instaurare: (a) Estende la famiglia e crea comunità, aumenta cento volte il numero di fratelli e sorelle. (b) Produce la condivisione di beni, poiché tutti avranno cento volte di più case e campi. La provvidenza divina si incarna e passa per l’organizzazione fraterna, dove tutto È di tutti e non ci sono più persone nel bisogno. Loro mettono in pratica la legge di Dio che chiede “tra di voi non ci siano poveri” (Dt 15,4-11). Fu ciò che fecero i primi cristiani (At 2,42-45). È il vissuto perfetto del servizio e della gratuità. (c) Non devono aspettare in cambio nessun vantaggio, nessuna sicurezza, nessun tipo di promozione. Anzi in questa vita avranno tutto questo, ma con persecuzioni. Poiché, coloro che in questo mondo organizzato, a partire dall’egoismo e dagli interessi di gruppi e persone, vivono l’amore gratuito ed il dono di sé, saranno crocifissi come lo fu Gesù. (d) Saranno perseguitati in questo mondo, ma nel mondo futuro avranno la vita eterna di cui parlava il giovane ricco.
- Gesù È la scelta dei poveri. Una duplice schiavitù marcava la situazione della gente all’epoca di Gesù: la schiavitù della politica di Erode, appoggiata dall’impero romano e mantenuta da tutto un sistema ben organizzato di sfruttamento e di repressione, e la schiavitù della religione ufficiale, mantenuta dalle autorità religiose dell’epoca. Per questo, il clan, la famiglia, la comunità, si stava disintegrando e una gran parte della gente viveva esclusa, emarginata, senza dimora, nella religione, nella società. Per questo c’erano diversi movimenti che cercavano un nuovo modo di vivere in comunità: esseni, farisei e, più tardi, gli zeloti. Nella comunità di Gesù c’era qualcosa di nuovo che la rendeva diversa dagli altri gruppi. Era l’atteggiamento verso i poveri e gli esclusi. Le comunità dei farisei vivevano separate. La parola “fariseo” vuol dire “separato”. Vivevano separati dalla gente impura. Molti farisei consideravano la gente ignorante e maledetta (Gv 7,49), in peccato (Gv 9,34). Gesù e la sua comunità, al contrario, vivevano insieme alle persone escluse, considerate impure: pubblicani, peccatori, prostitute, lebbrosi (Mc 2,16; 1,41; Lc 7,37). Gesù riconosce la ricchezza e il valore che i poveri posseggono (Mt 11,25-26; Lc 21,1-4). Li proclama felici, perché il Regno È loro, È dei poveri (Lc 6,20; Mt 5,3). Definisce la sua missione: “annunciare la Buona Novella ai poveri” (Lc 4, 18). Lui stesso vive da povero. Non possiede nulla per sé, nemmeno una pietra dove reclinare il capo (Lc 9,58). E a chi vuole seguirlo per condividere la stessa sorte, ordina di scegliere: o Dio o il denaro! (Mt 6,24). Ordina di scegliere a favore dei poveri! (Mc 10,21) La povertà che caratterizzava la vita di Gesù e dei discepoli, caratterizzava anche la missione. Al contrario di altri missionari (Mt 23,15), i discepoli e le discepole di Gesù non potevano portare nulla, né oro, né denaro, né due tuniche, né borsa, né sandali (Mt 10,9-10). Dovevano avere fiducia nell’ospitalità (Lc 9,4; 10,5-6). E se fossero stati accolti dalla gente, dovevano lavorare come tutti gli altri e vivere di ciò che ricevevano in cambio (Lc 10,7-8). Inoltre, dovevano occuparsi dei malati e dei bisognosi (Lc 10,9; Mt 10,8). Allora potevano dire alla gente: “Il Regno di Dio È in mezzo a voi!” (Lc 10,9).
Per un confronto personale
- Tu, nella tua vita, come metti in pratica la proposta di Pietro: “Abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito”?
- Condivisione, gratuità, servizio, accoglienza agli esclusi sono i segni del Regno. Come le vivo oggi?
Preghiera finale
Tutti i confini della terra hanno veduto la salvezza del nostro Dio. Acclami al Signore tutta la terra, gridate, esultate con canti di gioia. (Sal 97)
Mercoledì, 26 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 10,32-45
In quel tempo, Gesù, prendendo in disparte i Dodici, cominciò a dir loro quello che gli sarebbe accaduto: “Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai sommi sacerdoti e agli scribi: lo condanneranno a morte, lo consegneranno ai pagani, lo scherniranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno; ma dopo tre giorni risusciterà”. E gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: “Maestro, noi vogliamo che tu ci faccia quello che ti chiederemo”. Egli disse loro: “Cosa volete che io faccia per voi?” Gli risposero: “Concedici di sedere nella tua gloria uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. Gesù disse loro: “Voi non sapete ciò che domandate. Potere bere il calice che io bevo, o ricevere il battesimo con cui io sono battezzato?” Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e il battesimo che io ricevo anche voi lo riceverete. Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; È per coloro per i quali È stato preparato”. All’udire questo, gli altri dieci si sdegnarono con Giacomo e Giovanni. Allora Gesù, chiamatili a sé, disse loro: “Voi sapete che coloro che sono ritenuti capi delle nazioni le dominano, e i loro grandi esercitano su di esse il potere. Fra voi però non È così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti. Il Figlio dell’uomo infatti non È venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Riflessione
- Il vangelo di oggi narra il terzo annuncio della passione e, di nuovo, come nelle volte precedenti, ci mostra l’incoerenza dei discepoli (cf. Mc 8,31-33 e Mc 9,30-37). Gesù insiste nel servizio e nel dono della propria vita, e loro continuano a discutere sui primi posti nel Regno, uno a destra e l’altro a sinistra del trono. Tutto indica, quindi, che i discepoli continuano ad essere ciechi. Segno che l’ideologia dominante dell’epoca era penetrata profondamente nella loro mentalità. Malgrado il fatto di aver vissuto diversi anni con Gesù, loro non avevano cambiato il loro modo di vedere le cose. Guardavano Gesù con lo sguardo di prima. Volevano essere retribuiti per il fatto di seguire Gesù.
- Marco 10,32-34: Il terzo annuncio della passione. Erano in cammino verso Gerusalemme. Gesù li precedeva. Aveva fretta. Sapeva che l’avrebbero ucciso. Il profeta Isaia l’aveva annunciato (Is 50,4-6; 53,1-10). La sua morte non era il frutto di un destino cieco o di un piano prestabilito, ma la conseguenza dell’impegno assunto con la missione che ricevette dal Padre insieme agli esclusi del suo tempo. Per questo Gesù avverte i discepoli sulla tortura e la morte che affronterà a Gerusalemme. Il discepolo deve seguire il maestro, anche se se si tratta di soffrire con lui. I discepoli erano spaventati, e coloro che stavano dietro avevano paura. Non capivano cosa stava succedendo. La sofferenza non andava d’accordo con l’idea che avevano del messia.
- Marco 10,35-37: La richiesta del primo posto. I discepoli non solo non capiscono, ma continuano con le loro ambizioni personali. Giacomo e Giovanni chiedono un posto nella gloria del Regno, uno alla destra e l’altro alla sinistra di Gesù. Vogliono passare davanti a Pietro! Non capiscono la proposta di Gesù. Sono preoccupati solo dei propri interessi. Ciò rispecchia le tensioni ed il poco intendimento esistenti nelle comunità, al tempo di Marco, e che esistono fino ad oggi nelle nostre comunità. Nel vangelo di Matteo È la madre di Giacomo e di Giovanni che rivolge questa richiesta per i figli (Mt 20,20). Probabilmente, dinanzi alla situazione difficile di povertà e mancanza di lavoro crescente di quell’epoca, la madre intercede per i figli e cerca di garantire un impiego per loro nella venuta del Regno di cui Gesù parlava tanto.
- Marco 10,38-40: La risposta di Gesù. Gesù reagisce con fermezza: “Voi non sapete ciò che state chiedendo!” E chiede se sono capaci di bere il calice che lui, Gesù, berrà e se sono disposti a ricevere il battesimo che lui riceverà. È il calice della sofferenza, il battesimo di sangue! Gesù vuole sapere se loro, invece di un posto d’onore, accettano di dare la vita fino alla morte. I due rispondono: “Lo possiamo!” Sembra una risposta non pensata, perché, pochi giorni dopo, abbandoneranno Gesù e lo lasceranno solo nell’ora della sofferenza (Mc 14,50). Loro non hanno molta coscienza critica, né percepiscono la loro realtà personale. Quanto al posto di onore nel Regno accanto a Gesù, quello lo concede il Padre. Ciò che lui, Gesù, può offrire, È il calice e il battesimo, la sofferenza e la croce.
- Marco 10,41-44: Tra di voi, non sia così. Alla fine della sua istruzione sulla Croce, Gesù parla di nuovo, sull’esercizio del potere (Mc 9,33-35). In quel tempo, coloro che ostentavano il potere nell’Impero Romano non si occupavano della gente. Agivano secondo i propri interessi (Mc 6,17-29). L’Impero Romano controllava il mondo e lo manteneva sottomesso con la forza delle armi e, così, attraverso i tributi, le tasse e le imposte, riusciva a concentrare la ricchezza della gente nelle mani di pochi a Roma. La società era caratterizzata dall’esercizio repressivo ed abusivo del potere. Gesù ha un’altra proposta. Dice: “Fra voi però non È così; ma chi vuol essere grande tra voi si farà vostro servitore, e chi vuol essere il primo tra voi sarà il servo di tutti”. Insegna contro i privilegi e contro la rivalità. Rovescia il sistema ed insiste nel servizio, quale rimedio contro l’ambizione personale. La comunità deve presentare un’alternativa per la convivenza umana.
- Marco 10,45: Il riassunto della vita di Gesù. Gesù definisce la sua missione e la sua vita: “Il Figlio dell’Uomo non È venuto per essere servito, ma per servire e per dare la propria vita in riscatto di molti”. Gesù È il Messia Servo, annunciato dal profeta Isaia (cf. Is 42,1-9; 49,1-6; 50,4-9; 52,13-53,12). Imparò da sua madre che disse all’angelo: “Ecco l’ancella del Signore!” (Lc 1,38). Proposta totalmente nuova per la società di quel tempo. In questa frase in cui lui definisce la sua vita, appaiono i tre titoli più antichi, usati dai primi cristiani per esprimere e comunicare agli altri ciò che significava per loro: Figlio dell’Uomo, Servo di Yavé, colui che riscatta gli esclusi (colui che libera, che salva). Umanizzare la vita, servire i fratelli e le sorelle, accogliere gli esclusi.
Per un confronto personale
- Giacomo e Giovanni chiedono il primo posto nel Regno. Oggi molte persone pregano per chiedere denaro, promozioni, guarigioni, successo. Cosa cerco io nella mia relazione con Dio e cosa chiedo a Dio nella preghiera?
- Umanizzare la vita, servire i fratelli e le sorelle. Accogliere gli esclusi. È il programma di Gesù, È il nostro programma. Come le metto in pratica?
Preghiera finale
Il Signore ha manifestato la sua salvezza, agli occhi dei popoli ha rivelato la sua giustizia. Egli si È ricordato del suo amore, della sua fedeltà alla casa di Israele. (Sal 97)
Giovedì, 27 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera
Concedi, Signore, che il corso degli eventi nel mondo si svolga secondo la tua volontà nella giustizia e nella pace, e la tua Chiesa si dedichi con serena fiducia al tuo servizio. Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Lettura del Vangelo
Dal Vangelo secondo Marco 10,46-52
In quel tempo, mentre Gesù partiva da Gerico insieme ai discepoli e a molta folla, il figlio di Timeo, Bartimeo, cieco, sedeva lungo la strada a mendicare. Costui, al sentire che c’era Gesù Nazareno, cominciò a gridare e a dire: “Figlio di Davide, Gesù, abbi pietà di me!” Molti lo sgridavano per farlo tacere, ma egli gridava più forte: “Figlio di Davide, abbi pietà di me!” Allora Gesù si fermò e disse: “Chiamatelo!” E chiamarono il cieco dicendogli: “Coraggio! Alzati, ti chiama!” Egli, gettato via il mantello, balzò in piedi e venne da Gesù. Allora Gesù gli disse: “Che vuoi che io ti faccia?” E il cieco a lui: “Rabbunì, che io riabbia la vista!” E Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato”. E subito riacquistò la vista e prese a seguirlo per la strada.
Riflessione
- Il vangelo di oggi descrive la guarigione del cieco Bartimeo (Mc 10,46-52) che chiude il lungo insegnamento di Gesù sulla Croce. All’inizio dell’insegnamento, c’era la guarigione di un cieco anonimo (Mc 8,22-26). Le due guarigioni di ciechi sono il simbolo di ciò che avveniva tra Gesù e i discepoli.
- Marco 10,46-47: Il grido del cieco Bartimeo. Finalmente, dopo una lunga traversia, Gesù ed i discepoli giungono a Gerico, ultima fermata prima di salire verso Gerusalemme. Il cieco Bartimeo È seduto lungo la strada. Non può partecipare alla processione che accompagna Gesù. Ma lui grida, invocando l’aiuto di Gesù: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!” Lungo i secoli, mediante la pratica dei monaci del deserto, questa invocazione del povero Bartimeo divenne ciò che si È soliti chiamare “La preghiera di Gesù”. I monaci la ripetono verbalmente, tutto il tempo, e scende dalla bocca al cuore. La persona, dopo un poco di tempo, non prega più, nel senso che lei stessa diventa preghiera.
- Marco 10,48-51: Gesù ascolta il grido del cieco. Il grido del povero disturba. Coloro che vanno in processione cercano di farlo tacere. Ma “egli gridava più forte!” E Gesù, cosa fà? Ascolta il grido del povero, si ferma e lo manda a chiamare! Coloro che volevano far tacere il grido incomodo del povero, ora, a richiesta di Gesù, sono obbligati a portare il povero verso Gesù: “Coraggio, alzati, perché Gesù ti sta chiamando”. Bartimeo lascia tutto e si dirige verso Gesù. Non aveva quasi niente. Appena un mantello. Ciò che aveva per coprire il suo corpo (cf. Es 22,25-26). Era la sua sicurezza, l’unica cosa che possedeva. Gesù chiede: “Cosa vuoi che io faccia?” Non basta gridare. Bisogna sapere perché si grida! “Rabbunì, Maestro mio! Che io riabbia la vista!” Bartimeo aveva invocato Gesù con pensieri non del tutto giusti, poiché il titolo di “Figlio di Davide” non era del tutto appropriato. Gesù stesso l’aveva criticato (Mc 12,35-37). Ma Bartimeo aveva più fede in Gesù di quanto esprimessero le sue idee su Gesù. Non esprime esigenze come fece Pietro. Sa dare la sua vita accettando Gesù senza imporre condizioni, ed il miracolo avvenne.
- Marco 10,52: La tua fede ti ha salvato. Gesù gli disse: “Va’, la tua fede ti ha salvato.” In quello stesso istante Bartimeo iniziò a vedere di nuovo e seguiva Gesù lungo il cammino. La sua guarigione È frutto della sua fede in Gesù. Guarito, lui lascia tutto, segue Gesù lungo il cammino e sale con lui verso il Calvario a Gerusalemme. Bartimeo diventa discepolo modello per tutti noi che vogliamo “seguire Gesù lungo il cammino” in direzione verso Gerusalemme. In questa decisione di camminare con Gesù si trova la sorgente di coraggio e il seme della vittoria sulla croce. Poiché la croce non È una fatalità, né un’esigenza di Dio. È la conseguenza dell’impegno assunto con Dio, di servire i fratelli e di rifiutare il privilegio.
- La fede È una forza che trasforma le persone. La guarigione del cieco Bartimeo chiarisce un aspetto molto importante di come deve essere la fede in Gesù. Pietro aveva detto a Gesù: “Tu sei il Cristo!” (Mc 8,29). La sua dottrina era giusta, poiché Gesù È il Cristo, il Messia. Ma quando Gesù disse che il Messia doveva soffrire, Pietro reagì e non accettò. Pietro aveva una giusta dottrina, ma la sua fede in Gesù non era molto giusta. Bartimeo, al contrario, aveva invocato Gesù con il titolo di “Figlio di Davide!” (Mc 10,47). A Gesù non piaceva molto questo titolo (Mc 12,35-37). Per questo, pur invocando Gesù con una dottrina non del tutto corretta, Bartimeo aveva fede e fu guarito! Diversamente da Pietro (Mc 8,32-33), credette più in Gesù che nelle idee che lui aveva su Gesù. Si convertì e seguì Gesù lungo il cammino verso il Calvario! (Mc 10,52). La comprensione totale della sequela di Gesù non si ottiene per mezzo di un insegnamento teorico, ma con l’impegno pratico, camminando con lui lungo il cammino del servizio e della gratuità, dalla Galilea fino a Gerusalemme. Chi insiste nel mantenere l’idea di Pietro, cioÈ, del Messia glorioso senza la croce, non capirà nulla di Gesù e non giungerà mai ad avere l’atteggiamento del vero discepolo. Chi crede in Gesù e si “dona” (Mc 8,35), accetta di “essere l’ultimo” (Mc 9,35), di “bere il calice e portare la croce” (Mc 10,38). Costui/costei come Bartimeo, pur avendo idee non del tutto corrette, riuscirà a percepire e “seguirà Gesù lungo il cammino” (Mc 10,52). In questa certezza di camminare con Gesù si trova la fonte di coraggio e il seme della vittoria sulla croce.
Per un confronto personale
- Una domanda indiscreta: “Nel mio modo di vivere la fede, sono come Pietro o come Bartimeo?
- Oggi, nella chiesa, la maggioranza della gente È come Pietro o come Bartimeo?
Preghiera finale
Buono È il Signore, eterna la sua misericordia, la sua fedeltà per ogni generazione. (Sal 99)
Venerdì, 28 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera
Signore, Padre misericordioso, Tu hai scelto ognuno dei tuoi figli, perché diventi annunciatore del tuo amore nel mondo e porti così il frutto buono della tua Presenza in mezzo a tutte le genti. Fa’ che il nostro frutto rimanga, grazie alla nostra comunione con Te e il Figlio tuo, Gesù; aiutaci ad accoglierlo quale nostro Amico e Maestro, che entra ogni giorno nel tempio sacro della nostra vita. Egli possa ogni giorno rinnovare la sua alleanza con noi, grazie alla fede e alla preghiera colma di fiducioso abbandono. Amen.
Lettura
Dal Vangelo secondo Marco (11, 11-25)
11Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l’ora tarda, uscì con i Dodici verso Betània. 12La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. 13Avendo visto da lontano un albero di fichi che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se per caso vi trovasse qualcosa ma, quando vi giunse vicino, non trovò altro che foglie. Non era infatti la stagione dei fichi. 14Rivolto all’albero, disse: «Nessuno mai più in eterno mangi i tuoi frutti!». E i suoi discepoli l’udirono. 15Giunsero a Gerusalemme. Entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e quelli che compravano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiamonete e le sedie dei venditori di colombe 16e non permetteva che si trasportassero cose attraverso il tempio. 17E insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le nazioni? Voi invece ne avete fatto un covo di ladri». 18Lo udirono i capi dei sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutta la folla era stupita del suo insegnamento. 19Quando venne la sera, uscirono fuori dalla città. 20La mattina seguente, passando, videro l’albero di fichi seccato fin dalle radici. 21Pietro si ricordò e gli disse: «Maestro, guarda: l’albero di fichi che hai maledetto È seccato». 22Rispose loro Gesù: «Abbiate fede in Dio! 23In verità io vi dico: se uno dicesse a questo monte: “Levati e gettati nel mare”, senza dubitare in cuor suo, ma credendo che quanto dice avviene, ciò gli avverrà. 24Per questo vi dico: tutto quello che chiederete nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi accadrà. 25Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che È nei cieli perdoni a voi le vostre colpe».
Meditazione
- “Gesù entrò a Gerusalemme, nel tempio”. Una delle caratteristiche di questo brano È il continuo movimento di Gesù, espresso dal ripetersi, in alternanza, dei verbi “entrare” e “uscire” (vv. 11; 12; 15; 19). Il Signore, infatti, viene continuamente nella nostra vita, entra nel nostro spazio, nella nostra esperienza, passa, cammina in mezzo a noi e con noi, ma poi se ne va, si allontana, si lascia cercare e aspettare, e di nuovo torna e si lascia trovare. Non disdegna di entrare nella Città santa, nel tempio, così come dentro di noi, nel nostro cuore, offrendoci la sua visita di salvezza.
- “Ebbe fame”. Il verbo che qui troviamo, sulla penna di Marco, È lo stesso usato anche da Matteo e da Luca nel racconto delle tentazioni nel deserto (Mt 4, 2; Lc 4, 2) e vuole esprimere tutta una condizione di debolezza, di fragilità, di bisogno, di stanchezza. Gesù cerca qualcosa di più che un semplice frutto per placare la sua fame; non chiede qualcosa a un fico fuori stagione, ma chiede al suo popolo, chiede a noi, il cibo buono dell’amore, quello che viene imbandito alla tavola dell’alleanza, del sì detto con fiducia e abbandono.
- “un albero di fichi che aveva delle foglie”. La figura dell’albero di fichi, che occupa un posto centrale in questo brano, È un simbolo molto forte di Israele, popolo eletto; del tempio e del culto reso a Dio al suo interno; e infine anche di noi stessi, se lo vogliamo, della verità più profonda del nostro cuore. Le foglie del fico rimandano con chiarezza all’esperienza di Adamo nel giardino di Eden, al suo contatto col peccato, alla sua nudità e alla conseguente vergogna. Gesù, fermandosi presso questo fico nel suo viaggio verso Gerusalemme e puntando il suo sguardo sulle foglie che nascondono la mancanza di frutti, in realtà toglie il velo alla nostra verità e mette a nudo il nostro cuore, non per condannare, ma per salvare, per guarire. Il frutto del fico È infatti dolce; il Signore cerca la dolcezza dell’amore per parlare alla nostra vita. Il fico sterile, vuoto di frutti e di vita, anticipa, così, il tempio svuotato di senso, profanato e reso inutile da un rapporto con Dio, che È solo fuga, che È non-incontro. Come Adamo, così anche Israele e forse anche noi.
- “quelli che vendevano e compravano”. La scena della purificazione del tempio (vv. 1517), che Marco inserisce tra i due momenti del racconto già anticipato della maledizione al fico senza frutti, È molto forte e animata. Questa volta siamo chiamati a porre la nostra attenzione su verbi e vocaboli quali “scacciare”, “rovesciò”, “non permetteva”; “vendevano”, “compravano”, “cambiamonete”, “venditori”, “ladri” “trasportare cose”. Gesù inaugura un’economia nuova, nella quale “senza prezzo noi siamo venduti e senza denaro siamo riscattati” (Is 52, 3), “non per denaro e non per regali noi siamo riscattati” (Is 45, 13) e “non a prezzo di argento e oro noi siamo liberati, ma con il sangue prezioso di Cristo, agnello senza difetti e senza macchia” (1 Pt 1, 18-
19).
- “casa di preghiera”. Dal tempio santo noi siamo condotti nella casa, Dimora di Dio, dove il vero sacrificio È la preghiera, cioÈ l’incontro faccia a faccia con Lui, come di figli col proprio Padre. Qui nulla si compra, non c’È denaro, ma solo il dono del cuore che si apre con piena fiducia alla preghiera e alla fede.
- “l’albero di fichi seccato fin dalle radici”. Infatti sono proprio questi i nuovi temi che le parole di Marco vogliono offrire alla nostra meditazione, continuando nella lettura del brano. Occorre uscire dal tempio per entrare nella casa, occorre uscire dalla compravendita per entrare nel dono e nella fiducia: l’albero senza frutti È inaridito e sembra stare nel mezzo della strada per indicare il cammino nuovo da percorrere, col sorgere del nuovo mattino (v. 20), un cammino verso Dio e verso i fratelli.
- “abbiate fede senza dubitare”. Con questa bellissima espressione Gesù ci aiuta a scendere nel profondo di noi stessi e a prendere contatto col nostro cuore, nella verità. Il testo greco ha un verbo stupendo, tradotto qui con “dubitare” e che vuole esprimere addirittura una spaccatura interiore, una divisione, un combattimento fra parti diverse. Gesù ci invita, così, a porre una fiducia assoluta in Lui e nel Padre, per non venire spezzati dentro. In modo pieno e completo noi possiamo avvicinarci a Dio, possiamo essere in relazione con Lui, senza bisogno di foglie per mascherarci, senza cominciare a contare le monete e calcolare il prezzo da pagare, senza fare separazioni dentro di noi, ma offrendoci totalmente a Lui, così come siamo, quelli che siamo, portando con noi il frutto buono e dolce dell’amore.
- “quando vi mettete a pregare, perdonate”. E non può essere altro che così: il termine e il nuovo inizio del cammino di fede e di preghiera, nella vita del cristiano, si trova nella relazione coi fratelli e le sorelle, nell’incontro con loro, nello scambio, nel dono reciproco. Non esiste preghiera, culto a Dio, tempio santo, sacrificio gradito a Dio, non esiste frutto o dolcezza senza l’amore per il fratello e la sorella. Marco lo chiama perdono, Gesù lo chiama amore, l’unico frutto capace di colmare la nostra fame, di sollevare ogni nostra stanchezza.
Alcune domande
- Meditando questo brano ho incontrato due figure molto forti: l’albero di fico e il tempio, entrambi senza frutto, senza vita e amore. Ho visto Gesù, che con la sua venuta e la sua opera forte e sicura, ha cambiato questa situazione, offrendo un volto nuovo alla vita. Riesco a riconoscere il mio bisogno di lasciarmi raggiungere dal Signore, di lasciarmi toccare da Lui? Mi vedo, in alcuni aspetti di me, della mia vita, come il fico sterile, senza frutti o come il tempio, luogo freddo di commerci e di calcoli? Sento dentro di me il desiderio di poter donare anch’io il frutto dolce dell’amore, dell’amicizia, della condivisione? Ho fame della preghiera, del vero rapporto con il Padre?
- Seguendo Gesù lungo la via, posso anch’io entrare nel mattino nuovo della sua Legge, del suo insegnamento. Riesco a riconoscere le spaccature che porto nel mio cuore? Dove mi sento più diviso, più insicuro, più confuso? Perché non riesco a fidarmi totalmente di mio Padre? Perché ancora zoppico su due piedi, come dice il profeta Elia (cfr. 1 Re 18, 21). Io lo so che il Signore È Dio e allora voglio seguire Lui! Non da solo, però, ma aprendo il cuore a tanti fratelli e sorelle, facendomi amico e compagni di viaggio, per condividere la gioia e la fatica, la paura e l’entusiasmo del cammino; so per certo che seguendo il Signore sarò felice.
Preghiera finale
Signore, voglio cantare un canto nuovo! Cantate al Signore un canto nuovo; la sua lode nell’assemblea dei fedeli. Gioisca Israele nel suo creatore, esultino nel loro re i figli di Sion. Lodino il suo nome con danze, con tamburelli e cetre gli cantino inni. Il Signore ama il suo popolo, incorona i poveri di vittoria. Esultino i fedeli nella gloria, facciano festa sui loro giacigli. Le lodi di Dio sulla loro bocca e la spada a due tagli nelle loro mani. (Salmo 149)
Sabato, 29 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera Signore,
Padre buono e misericordioso, Tu hai mandato dal Cielo il tuo Figlio Gesù, per rivelare a noi l’autorità e la dolcezza del tuo Amore. Manda ancora su di noi il tuo Spirito Santo, come discese su Cristo dopo il Battesimo nelle acque del Giordano e mentre si aprono i cieli e risuona la tua voce di salvezza: “Tu sei il Figlio mio, l’amato”, i nostri cuori non discutano, né si chiudano, ma in piena fiducia possano accogliere la tua luce e il tuo abbraccio di Padre, oggi e sempre. Amen.
Lettura
Dal Vangelo secondo Marco (11, 27-33)
27Andarono di nuovo a Gerusalemme. E, mentre egli camminava nel tempio, vennero da lui i capi dei sacerdoti, gli scribi e gli anziani 28e gli dissero: «Con quale autorità fai queste cose? O chi ti ha dato l’autorità di farle?». 29Ma Gesù disse loro: «Vi farò una sola domanda. Se mi rispondete, vi dirò con quale autorità faccio questo. 30Il battesimo di Giovanni veniva dal cielo o dagli uomini? Rispondetemi». 31Essi discutevano fra loro dicendo: «Se diciamo: “Dal cielo”, risponderà: “Perché allora non gli avete creduto?”. 32Diciamo dunque: “Dagli uomini”?». Ma temevano la folla, perché tutti ritenevano che Giovanni fosse veramente un profeta. 33Rispondendo a Gesù dissero: «Non lo sappiamo». E Gesù disse loro: «Neanche io vi dico con quale autorità faccio queste cose».
Meditazione
- “Con quale autorità?”. La parola “autorità” È centrale in questo breve brano e racchiude il segreto del cammino di fede e di crescita spirituale che possiamo compiere, se ci lasciamo guidare dalla Parola, nella meditazione di questo Vangelo. La domanda provocatoria rivolta a Gesù dai suoi avversari fa capire subito quanta distanza ci sia tra Lui e loro ed È per questo che non può esserci una risposta. “Autorità” risuona sulla bocca dei sacerdoti e degli scribi come “potere”, “forza”, “dominio”, “capacità di imporre leggi e giudicare”. Ma per Gesù “autorità” È un’altra cosa, come possiamo comprendere se teniamo presente che nella lingua ebraica questa parola viene da una radice che significa anche “farsi simile a”. Infatti Gesù mette subito in chiaro qual È l’orizzonte in cui Lui si muove, in cui cammina (v. 27) e in cui vuole condurre anche noi: quello della somiglianza col Padre, quello del rapporto d’amore con Lui, come tra Padre e figlio. Non È un caso che Egli subito nomini il battesimo di Giovanni…
- “Il battesimo di Giovanni…”. Gesù ci conduce subito con chiarezza al punto di partenza, alla fonte, là dove possiamo ritrovare veramente noi stessi, nell’incontro con Dio. Sulle rive del fiume Giordano, dove Lui ha ricevuto il Battesimo, È preparato anche il nostro posto, perché, come Lui, scendiamo nell’acqua, nel fuoco dell’Amore e ci lasciamo segnare col Sigillo dello Spirito santo, ci lasciamo raggiungere e raccogliere e visitare da queste parole: “Tu sei il mio Figlio, l’amato” (Mc , 11). Gesù ci dice che non esiste altra autorità, altra grandezza o ricchezza che questa.
- “Dal cielo o dagli uomini?”. Vogliamo stare con Dio o con gli uomini, seguire Lui o loro, entrare nella luce dei Cieli aperti (Mc 1, 10) o rimanere nel buio della nostra solitudine?
- “Rispondetemi”. È bellissima questa parola di Gesù, ripetuta con forza per due volte (vv. 29 e 30). Lui chiede una scelta precisa, una decisione chiara, sincera, autentica fino in fondo. Il verbo “rispondere”, in greco, vuole esprimere proprio questo atteggiamento, questa capacità di fare distinzione, di separare bene le cose. Il Signore vuole invitarci ad entrare nel profondo di noi stessi per lasciarci attraversare dalle sue Parole e così, in questo rapporto forte con Lui, imparare sempre più a tirar fuori da noi stessi le decisioni importanti della nostra vita o anche solo delle nostre giornate. Ma c’È ancora qualcosa in più in questo verbo così semplice e così bello. La radice ebraica esprime, allo stesso tempo, la risposta, ma anche la miseria, la povertà, l’afflizione, l’umiltà. CioÈ non può esserci vera risposta, se non nell’umiltà, se non nell’ascolto. Gesù sta chiedendo ai sacerdoti e agli scribi, ma anche a noi, di entrare in questa dimensione di vita, in questa attitudine dell’anima: il farci umili davanti a Lui, il riconoscere la nostra povertà, il nostro bisogno di Lui, perché solo questa può essere la vera risposta alle sue domande.
- Discutevano fra loro”. Un altro verbo importante, che ci aiuta a capire un po’ meglio il nostro mondo interiore. Questo discutere, infatti, È un “parlare attraverso”, così come intuiamo da una traduzione letterale del verbo greco usato da Marco. Queste persone, che incontriamo nel brano, sono spaccate dentro, sono attraversate da una ferita; non sono tutte d’un pezzo davanti a Gesù. Parlano tra di loro, portando insieme diverse ragioni e considerazioni; invece di entrare in quel rapporto e in quel dialogo col Padre che È stato inaugurato con il Battesimo di Gesù, rimangono fuori, a distanza, come il figlio della parabola, che rifiuta di entrare al banchetto dell’amore (cfr. Lc 15, 28). Anche loro non credono alla Parola del Padre, che ancora una volta ripete: “Tu sei il Figlio mio, l’amato: in te ho posto il mio compiacimento” (Mc 1, 11) e continuano a cercare e a volere la forza dell’autorità e del potere piuttosto che la debolezza dell’amore.
Alcune domande
- Il Signore mi insegna che la sua autorità, anche nella mia esistenza, non È dominio, né forza di oppressione, ma È amore, È capacità di farsi simile, di farsi vicino. Desidero accogliere questa autorità di Gesù nella mia vita, desidero entrare veramente in questo rapporto di somiglianza con Lui. Sono pronto a fare i passi che questa scelta comporta? Sono deciso a seguire questo percorso fino in fondo?
- Forse, accostandomi a questo Vangelo, non mi sarei aspettato di venire riportato all’episodio del Battesimo e a quell’esperienza così fondamentale e fontale del rapporto con Dio Padre. Invece, ancora una volta, il Signore ha voluto rivelarmi il suo amore così immenso, che non indietreggia davanti a nessuna fatica, a nessun ostacolo pur di raggiungermi. Ma il mio cuore com’È, in questo momento, davanti a Lui? Riesco a sentire la voce del Padre che mi parla e mi chiama “figlio”, pronunciando il mio nome? Riesco ad accogliere questa sua dichiarazione d’amore? Mi fido, Gli credo, mi consegno a Lui? Scelgo il Cielo o ancora la terra?
- Non posso pensare di uscire da questa meditazione senza aver dato la mia risposta. Gesù me lo chiede espressamente; quel “Rispondetemi” È rivolto anche a me, oggi. Ho imparato che non può esserci una versa risposta senza un vero ascolto e il vero ascolto può nascere solo dall’umiltà… Sono questi i passi che desidero fare? Oppure voglio continuare a rispondere solo spinto dalle mie convinzioni, dai miei vecchi modi di pensare e di sentire, dalla mia saccenteria e autosufficienza?
- Un’ultima cosa. Se guardo al mio cuore, mi vedo forse un po’ diviso anch’io, come gli avversari di Gesù? C’È una ferita che mi attraversa e non i permette di essere tutto d’un pezzo come cristiano, come amico di Cristo, come suo discepolo? Cosa c’È, nella mia vita, che mi spezza dentro, che mi divide da Lui?
Preghiera finale
I precetti del Signore fanno gioire il cuore. La legge del Signore È perfetta, rinfranca l’anima; la testimonianza del Signore È stabile, rende saggio il semplice. I precetti del Signore sono retti, fanno gioire il cuore; il comando del Signore È limpido, illumina gli occhi. Il timore del Signore È puro, rimane per sempre; i giudizi del Signore sono fedeli, sono tutti giusti, più preziosi dell’oro, di molto oro fino, più dolci del miele e di un favo stillante. (Salmo 18, 8-11)
Domenica, 30 maggio 2021
Risurrezione e missione “Io sono con voi tutti i giorni” Matteo 28,16-20
Orazione iniziale
Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’ hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, È apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen.
Lettura
- a) Una chiave di lettura:
La liturgia della domenica della Santissima Trinità riporta gli ultimi versetti del Vangelo di Matteo (Mt 28, 16-20). All’inizio del Vangelo, Matteo presentava Gesù come Emmanuele, Dio con noi (Mt 1,23). Ora, nell’ultimo versetto del suo Vangelo, Gesù comunica la stessa certezza: “Sono con voi fino alla fine del mondo” (Mt 28,20). Questo era il punto centrale della fede delle comunità degli anni ottanta (dC), e continua ad essere il punto centrale della nostra fede. Gesù È l’Emmanuele, Dio con noi. È anche la prospettiva per adorare il mistero della SS. Trinità. b) Il testo:
Dal Vangelo secondo Matteo 28,16-20
16 li undici discepoli, intanto, andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro fissato. 17Quando lo videro, gli si prostrarono innanzi; alcuni però dubitavano. 18E Gesù, avvicinatosi, disse loro: “Mi È stato dato ogni potere in cielo e in terra. 19Andate dunque e ammaestrate tutte le nazioni, battezzandole nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito santo, 20insegnando loro ad osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Momento di silenzio orante
perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.
Alcune domande
per aiutarci nella meditazione e nell’orazione.
- Qual È il punto che più ha richiamato la tua attenzione nel testo? Perché?
- Qual È l’immagine di Gesù che questo testo ci comunica?
- In quale maniera il mistero della Trinità appare in questo testo?
- In Atti 1,5 Gesù annuncia il battesimo nello Spirito santo. In Atti 2,38 Pietro parla del battesimo nel nome del Signore Gesù. Qui si parla del battesimo nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo. Qual’è la differenza tra queste tre affermazioni, o si tratta di uno stesso battesimo?
- Qual È esattamente la missione che Gesù conferisce agli Undici? Quale È oggi la missione delle nostre comunità come discepoli e discepole di Gesù? Secondo il testo, dove possiamo trovare la forza e il coraggio per compiere la nostra missione?
Una chiave di lettura
per approfondire il tema.
Il contesto:
- Matteo scrive per le comunità giudeo-cristiane di Siria-Palestina. Erano criticate dai fratelli giudei che affermavano che Gesù non poteva essere il messia promesso e, pertanto, il loro modo di vivere era sbagliato. Matteo cerca di offrire un sostegno per la loro fede e le aiuta a comprendere che Gesù È realmente il messia che È venuto a realizzare le promesse fatte da Dio in passato, attraverso i profeti. Un riassunto del messaggio di Matteo alle comunità si trova nella promessa finale di Gesù ai discepoli, che meditiamo in questa domenica della SS. Trinità.
Commento del testo:
- Matteo 28,16: La prima e ultima apparizione di Gesù risorto agli Undici discepoli. Gesù apparve anzitutto alle donne (Mt 28,9) e, attraverso le donne, fece sapere agli uomini che dovevano andare in Galilea per vederlo di nuovo. In Galilea avevano ricevuto la prima chiamata (Mt 4, 12.18) e la prima missione ufficiale (Mt 10,1-16). È là, in Galilea, che tutto ricomincerà di nuovo: una nuova chiamata, una nuova missione! Come nell’Antico Testamento, le cose importanti accadono sempre sulla montagna, la Montagna di Dio.
- Matteo 28,17: Alcuni dubitavano. Al vedere Gesù, i discepoli si prostrano davanti a lui. La prostrazione È la posizione di chi crede e accoglie la presenza di Dio, anche se essa sorprende e oltrepassa la capacità umana di comprensione. Alcuni, pertanto, dubitano. Tutti i quattro Evangeli accentuano il dubbio e l’incredulità dei discepoli di fronte alla risurrezione di Gesù (Mt 28,17; Mc 16,11.13.14; Lc 24,11.24.37-38; Gv 20,25). Serve a mostrare che gli apostoli non erano stati ingenui, e per animare le comunità degli anni ottanta (dC) che avevano ancora dei dubbi.
- Matteo 28,18: L’autorità di Gesù. “Mi È stato dato ogni potere sulla terra”. Frase solenne che assomiglia molto a quell’altra affermazione: “Tutto mi È stato dato dal Padre mio” (Mt 11,27). Simili sono alcune affermazioni di Gesù riportate nel vangelo di Giovanni: “Sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani” (Gv 13,3) e “Tutto ciò che È mio È tuo e tutto ciò che È tuo È mio” (Gv 17,10). La stessa convinzione di fede riguardo a Gesù traspare nei cantici conservati nelle lettere di Paolo (Ef 1,3-14; Fil 2,611; Col 1,15-20). In Gesù si manifestò la pienezza della divinità (Col 1,19). Questa autorità di Gesù, nata dalla sua identità con Dio Padre, dà fondamento alla missione che gli Undici stanno per ricevere ed È la base della nostra fede nella SS. Trinità.
- Matteo 28,19-20ª: La triplice missione. Gesù comunica una triplice missione: far discepole tutte le nazioni, battezzarle nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo e insegnar loro ad osservare tutto quello che aveva comandato.
- Diventare discepolo/discepola: Il discepolo convive con il maestro e da questo impara nella convivenza quotidiana. Forma comunità con il maestro e lo segue, cercando di imitare il suo modo di vivere e di convivere. Discepolo È quella persona che non assolutezza il proprio pensiero, ma È sempre disposto ad imparare. Come il “servo di Yahvé”, il discepolo, la discepola, tende l’orecchio per ascoltare quello che Dio ha da dire (Is 50,4).
- Battezzare nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo: La Buona Novella di Dio che Gesù ci ha portato È la rivelazione che Dio È il Padre e che pertanto tutti siamo fratelli e sorelle. Questa nuova esperienza di Dio, Gesù l’ha vissuta e ottenuta a nostro vantaggio con la sua morte e risurrezione. È il nuovo Spirito che egli ha diffuso sui seguaci nel giorno di Pentecoste. In quel tempo, essere battezzato in nome di qualcuno significava assumere pubblicamente l’impegno di osservarne il messaggio annunciato. Per cui, essere battezzato nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito santo era lo stesso che essere battezzato nel nome di Gesù (At 2,38) e lo stesso che essere battezzato nello Spirito Santo (At 1,5). Significava e significa assumere pubblicamente l’impegno di vivere la Buona Novella che Gesù ci ha dato: rivelare attraverso la fraternità profetica che Dio È Padre e lottare perché siano superate le divisioni e le separazioni tra gli esseri umani, e affermare che tutti siamo figli e figlie di Dio.
- Insegnare ad osservare tutto quello che Gesù ha ordinato: Non insegniamo dottrine nuove né nostre, ma riveliamo il volto di dio che Gesù ci ha rivelato. È da questo che deriva tutta la dottrina che ci fu trasmessa dagli apostoli.
- Matteo 28,20b: Dio con noi fino alla fine dei tempi. Questa È la grande promessa, la sintesi di tutto quello che È stato rivelato fin dall’inizio. È il riassunto del Nome di Dio, il riassunto di tutto l’Antico Testamento, di tutte le promesse, di tutte le aspirazioni
del cuore umano. È il riassunto finale della buona novella di Dio, trasmessa dal Vangelo di Matteo.
La storia della rivelazione del Nome di Dio Uno e Trino:
- Un nome, quando lo si sente per la prima volta, È appena un nome. Ma nella misura in cui si convive con la persona, il nome diviene la sintesi della persona. Quanto maggiore È la convivenza con la persona, tanto maggiore sarà il significato e il valore del suo nome. Nella Bibbia Dio riceve molti nomi e molti titoli che esprimono ciò che egli significa o può significare per noi. Il nome proprio di Dio È YHWH. Questo nome appare già nella seconda narrazione della creazione, nella Genesi (Gen 2,4). Ma il suo significato profondo (risultato di una lunga convivenza attraverso i secoli, e passato anche per la “notte oscura” della crisi dell’esilio in Babilonia) È descritto nel libro dell’Esodo in occasione della vocazione di Mosè (Es 3, 7-15). La convivenza con Dio lungo i secoli diede significato e densità a questo nome di Dio.
- Dio disse a Mosè: “Vai a liberare il mio popolo” (Es 3,10). Mosè ha paura e si giustifica fingendo ragioni di umiltà: “Chi sono io?” (Es 3,11). Dio risponde: “Vai! Io sarò con te” (Es 3,12). Anche se sa che Dio starà con lui nella missione di liberare il popolo oppresso dal faraone, Mosè ha paura e si giustifica nuovamente, domanda sul nome di Dio. Dio risponde riaffermando semplicemente quello che stava dicendo: “Io sono colui che sono”. Ossia, certamente sono con te, di questo non puoi dubitare. E il testo continua dicendo: “Dirai al popolo: Io-Sono mi ha mandato a voi!”. E termina concludendo: Questo È il mio nome per sempre: questo È il titolo con cui sarò ricordato di generazione in generazione” (Es 3,14-15).
- Questo breve testo, di grande densità teologica esprime la convinzione più profonda della fede del popolo di Dio: Dio È con noi. Egli È l’Emmanuele. Presenza intima, amica, liberatrice. Tutto questo si riassume nelle quattro lettere YHWH del nome che noi pronunciamo come Yahwhè: Egli È in mezzo a noi. È la stessa certezza che Gesù comunica ai discepoli e discepole nella promessa finale sulla montagna: “Sarò con voi tutti i giorni, fino alla fine dei tempi” (Mt 28,20). La Bibbia permette di avere dubbi di tutto, meno di una cosa: del Nome di Dio, cioè della presenza di Dio in mezzo a noi, espressa dal suo stesso nome Yahwhè: “Egli È in mezzo a noi”. Il nome Yahwhè appare più di 7000 volte, solamente nell’Antico Testamento! È lo stoppino della candela attorno alla quale si collocò la cera delle storie.
- Il tragico successe (e continua a succedere) quando nei secoli posteriori all’esilio in Babilonia, il fondamentalismo, il moralismo e il ritualismo fecero sì che, poco a poco, quello che era una volta vivo e amico, presente e amato, diventasse una figura rigida e severa, appesa, indebitamente, nelle pareti della Sacra Scrittura, e che faceva crescere paura e distanza tra Dio e il suo popolo. Così negli ultimi secoli prima di Cristo, il nome YHWH non si poteva più pronunciare. Al suo posto, si diceva Adonai, tradotto poi con Kyrios, che significa Signore. La religione strutturata attorno alla osservanza delle leggi, il culto centrato nel tempio di Gerusalemme e la chiusura nella razza, crearono una nuova schiavitù che soffocava l’esperienza mistica e impediva il contatto con il Dio vivo. Il Nome che doveva essere come un vetro trasparente per rivelare la Buona Novella del volto amico e attraente di Dio, diventò uno specchio che mostrava solamente la faccia di colui che in esso si rimirava. Tragico inganno dell’auto-contemplazione! Non bevevano più direttamente dalla fonte, ma dall’acqua imbottigliata dai dottori della legge. Fino ad oggi continuiamo a bere molta acqua dal deposito, e non dalla sorgente.
- Con la sua morte e risurrezione Gesù tolse le chiusure (Col 2,14), ruppe lo specchio dell’auto contemplazione idolatra e aprì di nuovo la finestra attraverso la quale Dio ci mostra il suo volto e ci attrae a sé. Citando un cantico della comunità, san Paolo proclama nella lettera ai Filippesi: “Gesù ha ricevuto un nome che È al di sopra ogni altro nome, perché nel nome di Gesù ogni ginocchio si pieghi nei cieli, sulla terra e sotto terra; e ogni lingua proclami che Gesù Cristo È il Signore” (Fil 2, 9-11). Nel giorno di Pentecoste Pietro terminò il suo primo annuncio rivelando la grande scoperta che l’esperienza della risurrezione aveva significato per lui: “Che tutto il popolo sappia: Dio ha costituito Gesù Cristo Signore”. Gesù morto e risorto, È la rivelazione che Dio, lo stesso di sempre, È e continua ad essere YHWH (Adonai, Kyrios, Signore), presenza intima, amica e liberatrice in mezzo al suo popolo, vincitore di ogni barriera, anche della propria morte. A partire da Gesù e in Gesù, il Dio dei padri, che sembrava tanto distante e severo, acquistò i tratti di un Padre buono, pieno di tenerezza. Abba! Padre Nostro! Per noi cristiani, la cosa più importante non È confessare che Gesù È Dio, ma testimoniare che Dio È Gesù! Dio si fa conoscere in Gesù. Gesù È la chiave per una nuova lettura dell’Antico Testamento. Egli è il nuovo Nome di Dio.
- Questa nuova rivelazione del Nome di Dio in Gesù È frutto della totale gratuità dell’amor di Dio, della sua fedeltà al proprio Nome. Ma può giungere fino a noi, questa fedeltà, grazie all’obbedienza totale e radicale di Gesù: “Obbediente fino alla morte, e alla morte di croce” (Fil 2,8). Gesù giunse a identificarsi in tutto con la volontà di Dio. Egli stesso disse: “Io faccio sempre quello che il Padre mi comanda” (Gv 12,50). “Il mio cibo È fare la volontà del Padre” (Gv 4,34). Per questo egli È totale trasparenza, rivelazione del Padre: “Chi vede me vede il Padre!” (Gv 14,9). In lui abitava la “pienezza della divinità” (Col 1,19). “Io e il Padre siamo una cosa sola” (Gv 10,30). Questa obbedienza non È facile. Gesù ha avuto momenti difficili, nei quali giunse a gridare: “Passi da me questo calice!” (Mc 14,36). Come dice la lettera agli Ebrei: “Con forti grida e lacrime supplicò colui che poteva salvarlo da morte” (Ebr 5,7). Vinse per mezzo dell’orazione. Per questo diventò per noi rivelazione e manifestazione piena del Nome, di quello che il Nome significa per noi. L’obbedienza di Gesù non È di tipo disciplinare, ma È profetica. È azione rivelatrice del Padre. Per mezzo di essa, si spezzarono i vincoli e si squarciò il velo che nascondeva il volto di Dio. Si aprì per noi un nuovo cammino fino a Dio. Meritò per noi il dono dello Spirito che egli ci ottiene quando lo chiediamo al Padre nel suo nome nella preghiera (Lc 11,13). Lo Spirito È acqua viva che egli ci meritò con la sua risurrezione (Gv 7,39). È attraverso il suo Spirito che egli ci istruisce, rivelando il volto di Dio Padre (Gv 14,26; 16,12-13).
Salmo 145 (144)
Gesù realizza il Regno
O Dio, mio re, voglio esaltarti e benedire il tuo nome in eterno e per sempre.
Ti voglio benedire ogni giorno, lodare il tuo nome in eterno e per sempre.
Grande È il Signore e degno di ogni lode, la sua grandezza non si può misurare.
Una generazione narra all’altra le tue opere, annunzia le tue meraviglie.
Proclamano lo splendore della tua gloria e raccontano i tuoi prodigi.
Dicono la stupenda tua potenza e parlano della tua grandezza.
Diffondono il ricordo della tua bontà immensa, acclamano la tua giustizia.
Paziente e misericordioso È il Signore, lento all’ira e ricco di grazia.
Buono È il Signore verso tutti, la sua tenerezza si espande su tutte le creature.
Ti lodino, Signore, tutte le tue opere e ti benedicano i tuoi fedeli. Dicano la gloria del tuo regno e parlino della tua potenza, per manifestare agli uomini i tuoi prodigi e la splendida gloria del tuo regno.
Il tuo regno È regno di tutti i secoli, il tuo dominio si estende ad ogni generazione.
Il Signore sostiene quelli che vacillano e rialza chiunque È caduto.
Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa e tu provvedi loro il cibo a suo tempo.
Tu apri la tua mano e sazi la fame di ogni vivente.
Giusto È il Signore in tutte le sue vie, santo in tutte le sue opere.
Il Signore È vicino a quanti lo invocano, a quanti lo cercano con cuore sincero.
Appaga il desiderio di quelli che lo temono, ascolta il loro grido e li salva.
Il Signore protegge quanti lo amano, ma disperde tutti gli empi. Canti la mia bocca la lode del Signore e ogni vivente benedica il suo nome santo, in eterno e sempre.
Orazione Finale
Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.
Lunedì, 31 maggio 2021
Tempo ordinario
Preghiera
Dio onnipotente ed eterno, che nel tuo disegno di amore hai ispirato alla beata Vergine Maria, che portava in grembo il tuo Figlio, di visitare sant’Elisabetta, concedi a noi di essere docili all’azione del tuo Spirito, per magnificare con Maria il tuo santo nome. Per il nostro Signore Gesù…
Lettura
Dal Vangelo secondo Luca 1,39-56
In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto È giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. Allora Maria disse: “L’anima mia magnifica il Signore e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore, perché ha guardato l’umiltà della sua serva. D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata. Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente e Santo È il suo nome: di generazione in generazione la sua misericordia si stende su quelli che lo temono. Ha spiegato la potenza del suo braccio, ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore; ha rovesciato i potenti dai troni, ha innalzato gli umili; ha ricolmato di beni gli affamati, ha rimandato a mani vuote i ricchi. Ha soccorso Israele, suo servo, ricordandosi della sua misericordia, come aveva promesso ai nostri padri, ad Abramo e alla sua discendenza, per sempre”. Maria rimase con lei circa tre mesi, poi tornò a casa sua.
Riflessione
- Oggi È la festa della visitazione della Vergine, e il vangelo narra la visita di Maria a sua cugina Elisabetta. Quando Luca parla di Maria, pensa alle comunità del suo tempo che vivevano sparse nelle città dell’Impero Romano ed offre loro in Maria un modello di come devono rapportarsi alla Parola di Dio. Una volta, udendo Gesù parlare di Dio, una donna del popolo esclamò: “Beato il ventre che ti ha portato e il seno da cui hai preso il latte” elogiando la madre di Gesù. Immediatamente, Gesù rispose: “Beati piuttosto coloro che ascoltano la parola di Dio e la osservano” (Lc 11,27-28). Maria È il modello della comunità fedele che sa vivere e praticare la Parola di Dio. Nel descrivere la visita di Maria a Elisabetta, lui insegna come devono agire le comunità per trasformare la visita di Dio in servizio ai fratelli e alle sorelle.
- L’episodio della visita di Maria ad Elisabetta mostra ancora un altro aspetto tipico di Luca. Tutte le parole e gli atteggiamenti, soprattutto il cantico di Maria, formano una grande celebrazione di lode. Sembra una descrizione di una liturgia solenne. Così, Luca, evoca l’ambiente liturgico e celebrativo, in cui Gesù si formò ed in cui le comunità devono vivere la propria fede.
- Luca 1,39-40: Maria va a visitare sua cugina Elisabetta. Luca mette l’accento sulla prontezza di Maria nel rispondere alle esigenze della Parola di Dio. L’angelo le parlò della gravidanza di Elisabetta e Maria, immediatamente, si alza per verificare ciò che l’angelo le aveva annunciato, ed esce di casa per aiutare una persona nel bisogno. Da Nazaret fino alle montagne di Giuda ci sono più di 100 km! Non c’erano pullman, né treni!
- Luca 1,41-44: Il saluto di Elisabetta. Elisabetta rappresenta l’Antico Testamento che termina. Maria, il Nuovo che inizia. L’Antico Testamento accoglie il Nuovo con gratitudine e fiducia, riconoscendo in esso il dono gratuito di Dio che viene a realizzare e completare qualsiasi aspettativa della gente. Nell’incontro delle due donne si manifesta il dono dello Spirito che fa che la creatura salti di gioia nel seno di Elisabetta. La Buona Novella di Dio rivela la sua presenza in una delle cose più comuni della vita umana: due donne di casa che si scambiano la visita per aiutarsi. Visita, gioia, gravidanza, bambini, aiuto reciproco, casa, famiglia: Luca vuol far capire e far scoprire alle comunità (e a noi tutti) la presenza del Regno. Le parole di Elisabetta, fino ad oggi, fanno parte del salmo più conosciuto e più recitato in tutto il mondo, che È l’Ave Maria.
- Luca 1,45: L’elogio che Elisabetta fa a Maria. “Beata colei che ha creduto, nell’adempimento delle parole del Signore”. È l’avviso di Luca alle Comunità: credere nella Parola di Dio, poiché ha la forza di realizzare ciò che ci dice. È Parola creatrice. Genera una nuova vita nel seno di una vergine, nel seno della gente povera ed abbandonata che l’accoglie con fede.
- Luca 1,46-56: Il cantico di Maria. Molto probabilmente, questo cantico, era già conosciuto e cantato nelle comunità. Lei insegna come deve essere pregato e cantato. Luca 1,46-50: Maria inizia proclamando il cambiamento avvenuto nella sua vita sotto lo sguardo amorevole di Dio, pieno di misericordia. Per questo, canta felice: “Esulto di gioia in Dio, mio Salvatore”. Luca 1,51-53: canta la fedeltà di Dio verso il suo popolo e proclama il mutamento che il braccio di Yavé sta producendo a favore dei poveri e degli affamati. L’espressione “braccio di Dio” ricorda la liberazione dell’Esodo. È questa forza salvatrice di Dio ciò che dà vita al mutamento: disperde gli orgogliosi (1,51), rovescia dai troni i potenti ed innalza gli umili (1,52), rimanda a mani vuote i ricchi e ricolma di beni gli affamati (1,53). Luca 1,54-55: Alla fine, lei ricorda che tutto ciò È espressione della misericordia di Dio verso il suo popolo ed espressione della sua fedeltà alle promesse fatte a Abramo. La Buona Novella non È una risposta all’osservanza della Legge, ma espressione della bontà e della fedeltà di Dio alle promesse fatte. È ciò che Paolo insegnava nelle lettere ai Galati e ai Romani. Il secondo libro di Samuele racconta la storia dell’Arca dell’Alleanza. Davide volle metterla a casa sua, ma si impaurì e disse: “Come potrà venire da me l’Arca del Signore?” (2 Sam 6,9) Davide ordinò così che l’Arca fosse messa nella casa di ObedEdom. “E l’Arca del Signore rimase tre mesi in casa de Obed-Edom, e il Signore benedisse Obed-Edom e tutta la casa” (2 Sam 6,11). Maria, in attesa di Gesù, È come l’Arca dell’Alleanza che, nell’Antico Testamento, visitava le case delle persone portando benefici. Lei si reca a casa di Elisabetta e vi rimane tre mesi. E mentre si trova in casa di Elisabetta, tutta la famiglia È benedetta da Dio. La comunità deve essere come la Nuova Arca dell’Alleanza. Visitando la casa delle persone, deve portare benefici e la grazia di Dio alla gente.
Per un confronto personale
- Cosa ci impedisce di scoprire e di vivere la gioia della presenza di Dio nella nostra vita?
- Dove e come la gioia della presenza di Dio avviene oggi nella mia vita e in quella della comunità?
Preghiera finale
Benedici il Signore, anima mia, quanto È in me benedica il suo santo nome. Benedici il Signore, anima mia, non dimenticare tanti suoi benefici. (Sal 102)
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