Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi 20-26_Dicembre-2021

Lunedì, 20 dicembre 2021

IV settimana di Avvento

Preghiera

Tu hai voluto, o Padre, che all’annunzio dell’angelo la Vergine immacolata concepisse il tuo Verbo eterno, e avvolta dalla luce dello Spirito Santo divenisse tempio della nuova alleanza: fa’ che aderiamo umilmente al tuo volere, come la Vergine si affidò alla tua parola. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Lettura dal Vangelo secondo Luca 1,26-38

Nel sesto mese, l’angelo Gabriele fu mandato da Dio in una città della Galilea, chiamata Nazaret, a una vergine sposa di un uomo della casa di Davide, chiamato Giuseppe. La vergine si chiamava Maria.

Entrando da lei, disse: “Ti saluto, o piena di grazia, il Signore è con te”. A queste parole ella rimase turbata e si domandava che senso avesse un tale saluto. L’angelo le disse: “Non temere, Maria, perché hai trovato grazia presso Dio. Ecco concepirai un figlio, lo darai alla luce e lo chiamerai Gesù. Sarà grande e chiamato Figlio dell’Altissimo; il Signore Dio gli darà il trono di Davide suo padre e regnerà per sempre sulla casa di Giacobbe e il suo regno non avrà fine”.

Allora Maria disse all’angelo: “Come è possibile? Non conosco uomo”. Le rispose l’angelo: “Lo Spirito Santo scenderà su di te, su te stenderà la sua ombra la potenza dell’Altissimo. Colui che nascerà sarà dunque santo e chiamato Figlio di Dio. Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese per lei, che tutti dicevano sterile: nulla è impossibile a Dio”.

Allora Maria disse: “Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. E l’angelo partì da lei.

Riflessione

  • La visita dell’angelo a Maria evoca le visite di Dio a diverse donne del Vecchio

Testamento: Sara, madre di Isacco (Gen 18,9-15), Anna, madre di Samuel (1 Sam 1,918), la madre di Sansone (Gde 13,2-5). A tutte loro fu annunciata la nascita di un figlio con una missione importante nella realizzazione del piano di Dio. 

  • La narrazione comincia con l’espressione “Nel sesto mese”. É il sesto mese della gravidanza di Elisabetta. La necessità concreta di Elisabetta, una donna avanzata in età che aspetta il suo primo figlio con un parto a rischio, è lo sfondo di tutto questo episodio. Elisabetta è menzionata all’inizio (Lc 1,26) ed alla fine della visita dell’angelo (Lc 1,36.39).
  • L’angelo dice: “Ti saluto o piena di grazia, il Signore è con te!” Parole simili sono state dette anche a Mosè (Es 3,12), a Geremia (Ger 1,8), a Gedeone (Gde 6,12) e ad altre persone con una missione importante nel piano di Dio. Maria è sorpresa dal saluto e cerca di capire il significato di quelle parole. E’ realista. Vuole capire. Non accetta qualsiasi inspirazione.
  • L’angelo risponde: “Non temere, Maria!” Come avviene nella visita dell’angelo a Zaccaria, anche qui il primo saluto di Dio è sempre: ”Non temere!” Subito l’angelo ricorda le promesse del passato che saranno compiute grazie al figlio che nascerà e che deve ricevere il nome di Gesù. Lui sarà chiamato Figlio dell’Altissimo ed in lui si realizzerà il Regno di Dio. E’ questa la spiegazione dell’angelo in modo che Maria non si spaventi.
  • Maria è consapevole della missione che sta per ricevere, ma continua ad essere realista. Non si lascia trascinare dalla grandezza dell’offerta, ed osserva la sua condizione. Analizza l’offerta a partire da certi criteri che ha a sua disposizione. Umanamente parlando, non era possibile: “Come è possibile? Non conosco uomo.”
  • L’angelo spiega che lo Spirito Santo, presente nella Parola di Dio fin dalla Creazione (Genesi 1,2), riesce a realizzare cose che sembrano impossibili. Per questo, il Santo che nascerà da Maria sarà chiamato Figlio di Dio. Il miracolo si ripete fino ad oggi. Quando la Parola di Dio è accolta dai poveri, qualcosa di nuovo avviene grazie alla forza dello Spirito Santo! Qualcosa di nuovo e sorprendente come che un figlio nasce ad una vergine o un figlio nasce ad una donna di avanzata età, come

Elisabetta, di cui tutti dicevano che non poteva avere figli! E l’angelo aggiunge:“ Vedi: anche Elisabetta, tua parente, nella sua vecchiaia, ha concepito un figlio e questo è il sesto mese”. 

  • La risposta dell’angelo chiarisce tutto per Maria, e lei si dona:“Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto”. Maria usa per sé il titolo di Serva, ancella del Signore. Questo titolo di Isaia, che rappresenta la missione del popolo non come un privilegio, bensì come un servizio agli altri popoli (Is 42,1-9; 49,3-6). Più tarde, Gesù definirà la sua missione come un servizio: “Non sono venuto ad essere servito, ma a servire!” (Mt 20,28). Imparò dalla Madre!

Per un confronto personale

  • Cosa ti colpisce maggiormente nella visita dell’angelo Gabriele a Maria?
  • Gesù elogia sua madre quando dice: “Beato chi ascolta la Parola e la mette in pratica” (Lc 11,28). Come si rapporta Maria con la Parola di Dio durante la visita dell’Angelo?

Preghiera finale

Del Signore è la terra e quanto contiene,  l’universo e i suoi abitanti. È lui che l’ha fondata sui mari  e sui fiumi l’ha stabilita. (Sal 23)


 

Martedì, 21 dicembre 2021

IV settimana di Avvento

Preghiera

Ascolta, o Padre, le preghiere del tuo popolo in attesa del tuo Figlio che viene nell’umiltà della condizione umana: la nostra gioia si compia alla fine dei tempi quando egli verrà nella gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Lettura dal Vangelo secondo Luca 1,39-45

In quei giorni, Maria si mise in viaggio verso la montagna e raggiunse in fretta una città di Giuda. 

Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino le sussultò nel grembo. 

Elisabetta fu piena di Spirito Santo ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”.

Riflessione

  • Luca mette l’accento sulla prontezza di Maria nel servire, nell’essere L’angelo parla della gravidanza di Elisabetta e immediatamente, Maria si alza ed in fretta si reca ad aiutarla. Da Nazaret fino alla casa di Elisabetta c’erano più di 100 km, quattro giorni di viaggio, come minimo! Non c’erano né pullman, né treni.

Maria inizia a servire e compie la sua missione a favore del popolo di Dio. 

  • Elisabetta rappresenta il Vecchio Testamento che stava per terminare. Maria rappresenta il Nuovo Testamento. Il Vecchio Testamento accoglie il Nuovo con gratitudine e fiducia, riconoscendo in esso il dono gratuito di Dio che viene a realizzare ed a completare l’aspettativa della gente. Nell’incontro delle due donne si manifesta il dono dello Spirito. Il bambino salta di gioia nel seno di Elisabetta. Questa è la lettura della fede che Elisabetta fa delle cose della vita.
  • La Buona Notizia di Dio rivela la sua presenza nelle cose più comuni della vita umana: due donne di casa che si visitano per aiutarsi a vicenda. Visita, allegria, gravidanza, bambini, aiuto reciproco, casa, famiglia: Luca vuole che noi e le comunità percepiamo proprio questo e scopriamo in questo la presenza di Dio.
  • Elisabetta dice a Maria: “Benedetta tu fra le donne, e benedetto il frutto del tuo grembo!” Fino ad oggi, queste parole fanno parte del salmo più conosciuto e pregato nel mondo intero, l’Ave Maria.
  • “E beata colei che ha creduto nell’adempimento delle parole del Signore”. É l’elogio di Elisabetta a Maria ed il messaggio di Luca per le comunità: credere nella Parola di Dio, poiché la Parola di Dio ha la forza per adempiere tutto ciò che ci dice. E’ Parola creatrice. Genera vita nuova nel seno della Vergine, nel seno della gente che la accoglie con fede.
  • Maria ed Elisabetta si conoscevano già. Ma in questo incontro, loro scoprono, l’una nell’altra, un mistero che ancora non conoscevano, e che le riempie di molta gioia. Anche oggi incontriamo persone che ci sorprendono con la saggezza che posseggono e con la testimonianza di fede che ci danno. Qualcosa di simile ti è successo già? Hai incontrato persone che ti hanno sorpreso? Cosa ci impedisce di scoprire e di vivere l’allegria della presenza di Dio nella nostra vita?
  • L’atteggiamento di Maria dinanzi alla Parola esprime l’ideale che Luca vuole comunicare alle Comunità: non rinchiudersi in se stesse, ma uscire da sé, essere attente ai bisogni ben concreti delle persone e cercare di aiutare gli altri nella misura delle necessità.

Per un confronto personale

  • Mettendomi al posto di Maria e di Elisabetta: sono capace di percepire e sperimentare la presenza di Dio nelle cose semplici e comuni della vita di ogni giorno?
  • L’elogio di Elisabetta verso Maria: “Hai creduto!” Suo marito ebbe problemi nel credere ciò che l’angelo diceva. Ed io?

Preghiera finale

L’anima nostra attende il Signore,  egli è nostro aiuto e nostro scudo.  In lui gioisce il nostro cuore  e confidiamo nel suo santo nome. (Sal 32)


 

Mercoledì, 22 dicembre 2021

IV settimana di Avvento

Preghiera

O Dio, che nella venuta del tuo Figlio hai risollevato l’uomo dal dominio del peccato e della morte, concedi a noi, che professiamo la fede nella sua incarnazione, di partecipare alla sua vita immortale. Egli è Dio e vive e regna con te nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli

Lettura dal Vangelo secondo Luca 1,46-55

In quel tempo, Maria disse:  “L’anima mia magnifica il Signore  e il mio spirito esulta in Dio, mio salvatore,  perché ha guardato l’umiltà della sua serva. 

D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata.  Grandi cose ha fatto in me l’Onnipotente  e santo è il suo nome: 

di generazione in generazione la sua misericordia  si stende su quelli che lo temono.  Ha spiegato la potenza del suo braccio,  ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;  ha rovesciato i potenti dai troni,  ha innalzato gli umili;  ha ricolmato di beni gli affamati,  ha rimandato a mani vuote i ricchi.  Ha soccorso Israele, suo servo,  ricordandosi della sua misericordia,  come aveva promesso ai nostri padri,  ad Abramo e alla sua discendenza,  per sempre”.

Riflessione

  • Il cantico di Maria era uno dei cantici delle comunità dei primi cristiani. Rivela il livello di coscienza e la fermezza della fede che le animava internamente. Cantato nelle comunità, questo cantico di Maria insegna a pregare ed a cantare.
  • Luca 1,46-50: Maria inizia proclamando il cambiamento che avviene nella su avita sotto lo sguardo amoroso di Dio, pieno di misericordia. Per questo, canta felice:

“Esulto di gioia in Dio mio Salvatore”.

  • Luca 1,51-53: Dopo canta la fedeltà di Dio verso il suo popolo e proclama il cambiamento che il braccio del Signore stava compiendo a favore dei poveri e degli affamati. L’espressione “braccio di Dio” ricorda la liberazione dell’Esodo. E’ questa forza di salvezza e di liberazione di Yavé che produce i cambiamenti: dispersa i superbi (Lc 1,51), rovescia i potenti e innalza gli umili (Lc 1,52), rimanda a mani vuote i ricchi, ricolma di bene gli affamati (Lc 1,53).
  • Luca 1,54-55: Alla fine Maria ricorda che tutto questo è espressione della misericordia di Dio verso il suo popolo ed espressione della sua fedeltà alle promesse fatte ad Abramo. La Buona Notizia vista non come ricompensa per l’osservanza della Legge, bensì come espressione della bontà e della fedeltà di Dio alle sue promesse. E’ ciò che Paolo insegnava ai Galati ed ai Romani.

Per un confronto personale

  • I cantici sono il termometro della vita delle comunità. Rivelano il grado di coscienza e di impegno. Esamina i cantici della tua comunità.
  • Analizza la coscienza sociale che emerge dal cantico di Maria. Nel 20° secolo dopo Cristo, questo canto è stato censurato dai militari di un paese dell’America Latina poiché considerato sovversivo.

Preghiera finale

Dalla polvere egli solleva il misero,  innalza il povero dalle immondizie,  per farli sedere insieme con i capi del popolo,  e assegnar loro un seggio di gloria. (1Sam 2)


 

Giovedì, 23 dicembre 2021

IV settimana di Avvento

Preghiera

Dio onnipotente ed eterno,  è ormai davanti a noi il Natale del tuo Figlio:  ci soccorra nella nostra indegnità 

il Verbo che si è fatto uomo nel seno della Vergine Maria  e si è degnato di abitare fra noi. Egli è Dio, e vive e regna con te…

Lettura dal Vangelo secondo Luca 1,57-66

In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei.

All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria. Ma sua madre intervenne: “No, si chiamerà Giovanni”. Le dissero: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome”.

Allora domandavano con cenni a suo padre come voleva che si chiamasse. Egli chiese una tavoletta, e scrisse: “Giovanni è il suo nome”. Tutti furono meravigliati. In quel medesimo istante gli si aprì la bocca e gli si sciolse la lingua, e parlava benedicendo Dio.

Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: “Che sarà mai questo bambino?” si dicevano. E davvero la mano del Signore stava con lui.

Riflessione

  • Nei capitoli 1 e 2 del suo vangelo, Luca descrive l’annuncio e la nascita dei due piccoli, Giovanni e Gesù, che occuperanno un posto importante nella realizzazione del progetto di Dio. Ciò che Dio avvia nell’AT, comincia a realizzarsi per mezzo di loro. Per questo, in questi due capitoli, Luca evoca molti fatti e persone dell’AT e giunge ad imitare lo stile dell’AT. Tutto questo per suggerire che con la nascita di questi due bambini la storia compie un giro di 180 gradi ed inizia il tempo della realizzazione delle promesse di Dio per mezzo di Giovanni e di Gesù, e con la collaborazione dei genitori Elisabetta e Zaccaria e Maria e Giuseppe.
  • C’è un certo parallelismo tra l’annuncio e la nascita dei due bambini:
    1. L’annuncio della nascita di Giovanni (Lc 1,5-25) e di Gesù (Lc 1,26-38)
    2. Le due mamme incinte si incontrano e sperimentano la presenza di Dio (Lc 1,27-

56) 

  1. La nascita di Giovanni (Lc 1,57-58) e di Gesù (Lc 2,1-20)
  2. La circoncisione nella comunità di Giovanni (Lc 1,59-66) e di Gesù (Lc 2,21-28)
  3. Il canto di Zaccaria (Lc 1,67-79) e il canto di Simeone con la profezia di Anna (Lc

2,29-32) 

  1. La vita nascosta di Giovanni (Lc 1,80) e di Gesù (Lc 2,39-52)
  • Luca 1,57-58: Nascita di Giovanni Battista. “In quei giorni, per Elisabetta si compì il tempo del parto e diede alla luce un figlio. I vicini e i parenti udirono che il Signore aveva esaltato in lei la sua misericordia, e si rallegravano con lei”. Come tante donne dell’AT, Elisabetta era sterile: Così come Dio ebbe pietà di Sara (Gen 16,1; 17,17; 18,12), di Rachele (Gen 29,31) e di Anna (1Sam 1,2.6.11) trasformando la sterilità in fecondità, così ebbe pietà di Elisabetta, ed ella concepì un figlio. Elisabetta si nascose per cinque mesi. Quando, dopo i cinque mesi, la gente potè vedere nel suo corpo la bontà di Dio verso Elisabetta, tutti si rallegrarono con lei. Questo ambiente comunitario, in cui tutti si coinvolgevano nella vita degli altri, sia nella gioia sia nel dolore, è l’ambiente in cui Giovanni e Gesù nacquero, crebbero e ricevettero la loro formazione. Un ambiente così segna la personalità degli uomini, per il resto della loro vita. Ed è proprio questo ambiente comunitario ciò che più ci manca oggi.
  • Luca 1,59: Dare il nome l’ottavo giorno. “All’ottavo giorno vennero per circoncidere il bambino e volevano chiamarlo col nome di suo padre, Zaccaria”. Il coinvolgimento della comunità nella vita della famiglia di Zaccaria, Elisabetta e Giovanni è tale che i parenti e vicini arrivano ad interferire perfino nella scelta del nome del bambino. Vogliono dare al bambino il nome del padre: Zaccaria!” Zaccaria vuol dire: Dio si è ricordato. Forse volevano esprimere la loro gratitudine a Dio per essersi ricordato di Elisabetta e di Zaccaria e per aver dato loro un figlio in vecchiaia.
  • Luca 1,60-63: Il suo nome sarà Giovanni! Ma Elisabetta interviene e non permette che i parenti si occupino della questione del nome. Ricordando l’annuncio del nome fatto dall’angelo a Zaccaria (Lc 1,13), Elisabetta dice: “No! Si chiamerà Giovanni”. In un luogo piccolo come è Ain Karem, in Giudea, il controllo sociale è molto forte. E quando una persona esce fuori dalle usanze comuni del luogo, viene criticata. Elisabetta non seguì le usanze del luogo e scelse un nome al di fuori dei modelli normali. Per questo, i parenti e i vicini reclamano dicendo: “Non c’è nessuno della tua parentela che si chiami con questo nome!” I parenti non cedono con facilità e fanno cenni al padre per sapere da lui come vuole che sia chiamato suo figlio. Zacaria chiede una tavoletta e scrive: “Il suo nome è Giovanni.” Tutti rimasero meravigliati, poiché devono aver percepito qualcosa del mistero di Dio che avvolgeva la nascita del piccolo.E questa percezione che la gente ha del mistero di Dio presente nei fatti così comuni della vita, Luca vuole comunicarla a noi. Nel suo modo di descrivere gli avvenimenti, Luca non è come un fotografo che registra solo ciò che gli occhi possono vedere. Lui è come una persona che si serve dei Raggi X che registrano ciò che l’occhio umano non può vedere. Luca legge i fatti con i Raggi X della fede che rivela ciò che l’occhio umano non percepisce.
  • Luca 1,64-66: La notizia del bambino si diffonde. “Tutti i loro vicini furono presi da timore, e per tutta la regione montuosa della Giudea si discorreva di tutte queste cose. Coloro che le udivano, le serbavano in cuor loro: “Chi sarà mai questo bambino?” si dicevano. E davvero la mano del Signore stava con lui”. Il modo in cui Luca descrive i fatti evoca le circostanze della nascita delle persone che nell’AT svolsero un ruolo importante nella realizzazione del progetto di Dio e la cui infanzia sembrava già marcata dal destino privilegiato che avrebbero avuto: Mosè (Es 2,1-10), Sansone (Jz 13,1-4 e 13,24-25), Samuele (1Sam 1,13-28 e 2,11).
  • Negli scritti di Luca troviamo molte evocazioni dell’Antico Testamento. Infatti i due primi capitoli del suo Vangelo non sono storie nel senso che noi oggi diamo alla storia. Sono, piuttosto, uno specchio per aiutare i lettori a scoprire che Giovanni e Gesù sono venuti a compiere le profezie dell’Antico Testamento. Luca vuole dimostrare che Dio, attraverso i due bambini, è venuto a rispondere alle più profonde aspirazioni del cuore umano. Da un lato, Luca mostra che il Nuovo Testamento realizza ciò che l’Antico prefigurava. Dall’altro, mostra che il nuovo supera l’antico e non corrisponde in tutto a ciò che la gente dell’Antico Testamento immaginava e sperava. Nell’atteggiamento di Elisabetta e Zaccaria, di Maria e di Giuseppe, Luca rappresenta un modello di come convertirsi e credere nel Nuovo che sta giungendo.

Per un confronto personale

  • Cosa ti ha maggiormente colpito nel modo in cui Luca descrive i fatti della vita?
  • Come leggo i fatti della mia vita? Come fotografia o come raggi X?

Preghiera finale

Tutti i sentieri del Signore sono verità e grazia  per chi osserva il suo patto e i suoi precetti.

Il Signore si rivela a chi lo teme,  gli fa conoscere la sua alleanza. (Sal 24)


 

Venerdì, 24 dicembre 2021

IV settimana di Avvento

Preghiera

Affrettati, non tardare, Signore Gesù: la tua venuta dia conforto e speranza a coloro che confidano nel tuo amore misericordioso. Tu sei Dio, e vivi e regni con Dio Padre, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

Lettura dal Vangelo secondo Luca 1,67-79

In quel tempo, Zaccaria, padre di Giovanni, fu pieno di Spirito Santo,  e profetò dicendo: “Benedetto il Signore Dio d’Israele,  perché ha visitato e redento il suo popolo,  e ha suscitato per noi una salvezza potente  nella casa di Davide, suo servo,  come aveva promesso  per bocca dei suoi santi profeti d’un tempo: 

salvezza dai nostri nemici,  e dalle mani di quanti ci odiano.

Così egli ha concesso misericordia ai nostri padri  e si è ricordato della sua santa alleanza,  del giuramento fatto ad Abramo, nostro padre,  di concederci, liberati dalle mani dei nemici,  di servirlo senza timore, in santità e giustizia  al suo cospetto, per tutti i nostri giorni.

E tu, bambino, sarai chiamato profeta dell’Altissimo perché andrai innanzi al Signore a preparargli le strade,  per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza  nella remissione dei suoi peccati,  grazie alla bontà misericordiosa del nostro Dio,  per cui verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge  per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre  e nell’ombra della morte  e dirigere i nostri passi sulla via della pace”.

Riflessione

  • Il Cantico di Zaccaria è uno dei molti cantici delle comunità dei primi cristiani che troviamo sparsi negli scritti del Nuovo Testamento: nei vangeli (Lc 1,46-55; Lc 2,14; 2,29-32), nelle lettere paoline (1Cor 13,1-13; Ef 1,3-14; 2,14-18; Fil 2,6-11; Col 1,15-20) e nell’Apocalisse (1,7; 4,8; 11,17-18; 12,10-12; 15,3-4; 18,1 fino a 19,8). Questi cantici ci danno un’idea di come erano vissute la fede e la liturgia settimanale in quei primi tempi. Lasciano intravedere una liturgia che era, nello stesso tempo, celebrazione del mistero, professione di fede, animazione della speranza e catechesi.
  • Qui nel Cantico di Zaccaria, i membri di quelle prime comunità cristiane, quasi tutti giudei, cantano l’allegria di essere stati visitati dalla bontà di Dio che, in Gesù, venne a compiere le promesse. Il cantico ha una bella struttura, ben elaborata. Sembra una lenta ascesa che conduce i fedeli verso l’alto della montagna, da dove osservano il cammino percorso fin da Abramo (Lc 1,68-73), sperimentano l’inizio del compiersi delle promesse (Lc 1,74-75) e da lì guardano avanti prevedendo il cammino che il bambino Giovanni deve percorrere fino alla nascita di Gesù: il sole di giustizia che viene a preparare per tutti il cammino della Pace (Lc 76-79).
  • Zaccaria inizia lodando Dio perchè ha visitato e redento il suo popolo (Lc 1,68) suscitando una salvezza potente nella casa di Davide, suo servo (Lc 1,69) come aveva promesso per bocca dei suoi santi profeti (Lc 1,70). E descrive in cosa consiste questa salvezza potente: salvarci dai nostri nemici e dalle mani di quanti ci odiano (Lc 1,71). Questa salvezza è il risultato non del nostro sforzo, bensì della bontà misericordiosa di Dio che ricordò la sua santa alleanza ed il giuramento fatto ad Abramo, nostro padre (Lc 1,72). Dio è fedele. E’ questo il fondamento della nostra sicurezza.
  • A continuazione Zaccaria descrive in cosa consiste il giuramento di Dio ad Abramo: è la speranza che “liberati dalle mani dei nemici possiamo servirlo, senza timore, in santità e giustizia, al suo cospetto, per tutti i nostri giorni”. Ecco il grande desiderio della gente di quel tempo, che continua ad essere il grande desiderio di tutti i popoli di tutti i tempi: vivere in pace, senza timore, servendo Dio ed il prossimo, in santità e giustizia, tutti i giorni della nostra vita. E’ questo l’alto del monte, il punto di arrivo, che spuntò all’orizzonte con la nascita di Giovanni (Lc 1,73-75).
  • Ora l’attenzione del cantico si dirige verso Giovanni, il bambino appena nato. Sarà profeta dell’Altissimo, perché andrà innanzi al Signore a preparargli le strade, per dare al suo popolo la conoscenza della salvezza nella remissione dei peccati (Lc 1,76-77). Qui abbiamo un’allusione chiara alla profezia messianica che diceva: “Non dovranno più istruirsi gli uni gli altri dicendo: Riconoscete il Signore, perché tutti mi conosceranno, dal più piccolo al più grande, dice il Signore, perché io perdonerò la loro iniquità e non mi ricorderò più del loro peccato” (Ger 31,34). Nella Bibbia, “conoscere” è sinonimo di “sperimentare”. Il perdono e la riconciliazione ci fanno sperimentare la presenza di Dio.
  • Tutto questo sarà frutto dell’azione misericordiosa del cuore di Dio e avverrà pienamente con la venuta di Gesù: il sole che sorge dall’alto per rischiarare quelli che stanno nelle tenebre e nell’ombra della morte e dirigere i nostri passi sulla via della Pace (Lc 1,78-79).

Per un confronto personale

  • A volte è bene leggere il cantico come se fosse per la prima volta, in modo da poter scoprire in esso tutta la novità della Buona Notizia di Dio.
  • Hai sperimentato qualche volta la bontà di Dio? Hai sperimentato qualche volta il perdono di Dio?

Preghiera finale

Canterò senza fine le grazie del Signore, 

con la mia bocca annunzierò la tua fedeltà nei secoli,  perché hai detto: 

“La mia grazia rimane per sempre”;  la tua fedeltà è fondata nei cieli. (Sal 88)


 

Sabato, 25 dicembre 2021

Il prologo del Vangelo di Giovanni

Giovanni 1,1-18

Preghiera

Nel buio di una notte senza stelle, la notte del non senso,  tu, Verbo della vita, 

come lampo nella tempesta della dimenticanza  sei entrato nei limiti del dubbio  a riparo dei confini della precarietà  per nascondere la luce.

Parole fatte di silenzio e di quotidianità  le tue parole umane, foriere dei segreti dell’Altissimo:  come ami lanciati nelle acque della morte 

per ritrovare l’uomo, inabissato nelle sue ansiose follie,  e riaverlo, predato, per l’attraente fulgore del perdono.

A te, Oceano di Pace e ombra dell’eterna Gloria, io rendo grazie: 

mare calmo alla mia riva che aspetta l’onda, che io ti cerchi! E l’amicizia dei fratelli mi protegga  quando la sera scenderà sul mio desiderio di te. Amen.

Lettura

  1. a) Il testo:

1 In principio era il Verbo, il Verbo era presso Dio e il Verbo era Dio. 2 Egli era in principio presso Dio: 3 tutto è stato fatto per mezzo di lui, e senza di lui niente è stato fatto di tutto ciò che esiste. 4 In lui era la vita e la vita era la luce degli uomini; 5 la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta. 6 Venne un uomo mandato da Dio e il suo nome era Giovanni. 7 Egli venne come testimone per rendere testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui. 8 Egli non era la luce, ma doveva render testimonianza alla luce. 9 Veniva nel mondo la luce vera, quella che illumina ogni

uomo. 10 Egli era nel mondo, e il mondo fu fatto per mezzo di lui, eppure il mondo non lo riconobbe. 11 Venne fra la sua gente, ma i suoi non l’hanno accolto. 12 A quanti però l’hanno accolto, ha dato potere di diventare figli di Dio: a quelli che credono nel suo nome, 13 i quali non da sangue, né da volere di carne, né da volere di uomo, ma da Dio sono stati generati. 14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi; e noi vedemmo la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre, pieno di grazia e di verità. 15 Giovanni gli rende testimonianza e grida: “Ecco l’uomo di cui io dissi: Colui che viene dopo di me mi è passato avanti, perché era prima di me”. 16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto e grazia su grazia. 17 Perché la legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. 18 Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato. b) Momento di silenzio: 

Lasciamo che la voce del Verbo risuoni in noi.

MEDITAZIONE

  1. a) Domande per la riflessione:
  • Dio che è luce ha scelto di fugare le tenebre dell’uomo, facendosi lui stesso tenebra. L’uomo è nato cieco (cfr Gv 9.1-41): la cecità è per lui la condizione creaturale. Il gesto simbolico di Gesù di raccogliere del fango per spalmarlo sugli occhi del cieco nato di Giovanni sta a dire la novità dell’incarnazione: è un gesto di nuova creazione. A quel cieco i cui occhi sono ancora ricoperti con il fango della creazione viene chiesto non un atto di fede, ma di obbedienza: andare alla piscina di Siloe che significa “inviato”. E l’inviato è Gesù. Sapremo obbedire alla Parola che ogni giorno giunge a noi?
  • L’uomo cieco nel vangelo di Giovanni è un povero: non pretende nulla, non chiede nulla. Anche noi spesso viviamo la cecità quotidiana con la rassegnazione di chi non merita orizzonti diversi. Ci riconosceremo privi di tutto, perché sia anche a noi destinato

il dono di Dio, dono di redenzione della carne, ma soprattutto dono di luce e di fede? 

  • «La legge fu data per mezzo di Mosè, la grazia e la verità vennero per mezzo di Gesù Cristo. Dio nessuno l’ha mai visto: proprio il Figlio unigenito, che è nel seno del Padre, lui lo ha rivelato» (Gv 1,17-18). L’intelligenza di ciò che accade nella storia della nostra vita ci porta ad uscire dalla cecità della presunzione e a contemplare la luce che brilla sul volto del Figlio di Dio.

I nostri occhi, inondati di luce, aprono gli eventi. Quando riusciremo a vedere Dio tra di noi? 

  1. b) Chiave di lettura:

Giovanni, un uomo che ha avuto modo di veder splendere la luce, che ha visto, udito, toccato, la luce. In principio il Verbo era: costantemente rivolto verso l’amore del Padre ne è diventato la spiegazione vera, l’unica esegesi (Gv 1,18), la rivelazione del suo amore. Nel logos era la vita e la vita era luce, ma le tenebre non l’hanno accolto. Nell’AT la rivelazione del Verbo di Dio è rivelazione di luce: ad essa corrisponde la pienezza della grazia, la grazia della grazia, che ci è data in Gesù, rivelazione dell’amore senza limiti di Dio (Gv 1,4-5, 16). Anche tutta la testimonianza dell’AT è una testimonianza di luce: da Abramo a Giovanni Battista, Dio manda testimoni della sua luce; Giovanni Battista è l’ultimo di essi: annuncia la luce che sta per venire nel mondo e riconosce in Gesù la luce attesa (Gv 1,6-8;15).

Dabar IHWH è la comunicazione di Dio con l’uomo, avvenuta per tutti coloro che Dio ha chiamato e coloro sui quali cadde, sui quali venne la parola del Signore (cfr Is 55, 1011). Come dice Agostino: La Parola di Dio è la vera luce. 

La parola esce dalla bocca di Dio, ma conserva tutta la sua forza, è persona, crea e sostiene il mondo. Questa parola che crea e salva viene identificata con la Torah con la quale Israele intende la rivelazione divina nella sua totalità, con la Sapienza: Da Sion

uscirà la legge e da Gerusalemme la parola del Signore (Is 2,3). 

Il memra (aramaico) è il concetto che è servito a Giovanni per passare dal dabar al logos: nei targum il memra ha una funzione creatrice, ma soprattutto rivelatrice che si esprime in modo particolare attraverso l’immagine della luce. Nel Targum Neophiti, nel famoso poema delle quattro notti su Es 12,42 sta scritto: «La prima notte fu quella in cui IHWH si manifestò sul mondo per crearlo: il mondo era deserto e vuoto e la tenebra ricopriva la faccia dell’abisso. E il memra di IHWH era la luce che brillava». Nel Targum Jerushalaim il manoscritto 110 dice: «Con la sua parola IHWH brillava ed illuminava». 

Il midrash sottolinea che la legge era prima del mondo, era vita, era luce: «Le parole della Torah sono luce per il mondo» (Midrash Dt Rabba 7.3). Figlia unigenita di Dio, la Torah è stata scritta con fuoco nero nella fiamma bianca e giace sulle ginocchia di Dio mentre Dio siede sul trono di gloria (cfr Midrash al Salmo 90.3).

Il logos-luce si fa presente nel mondo. Tutto è vita in lui: il Verbo sostituisce la Torah. Si trascendono i segni, e più che sostituzione si assiste a un adempimento. Se la Torah per il giudeo è figlia di Dio, Giovanni mostra che essa è il logos che fin dall’inizio è presso Dio, è Dio. Questo logos si fa carne: uomo, caduco, limitato, finito, mettendo la sua gloria nella carne. Egli ha messo la sua tenda, skené, tra di noi, è diventato shekinah di Dio tra di noi, e ha fatto vedere la gloria, la presenza schiacciante di Dio agli uomini. La gloria che abitava nella tenda dell’esodo (Es 40,34-38), che abitava nel tempio (1 Re 8,10), ora abita nella carne del Figlio di Dio. È una vera epifania. La shekinah diventa visibile, perché la shekinah è Cristo, luogo della presenza e della gloria divina. C’è chi ha visto la gloria di Dio: l’Unigenito pieno di grazia e di verità; lui viene a rivelarci il volto del Padre, l’unico che può farlo perché è nel seno del Padre. Da questa pienezza di vita ha origine la nuova creazione. Mosè ha dato la legge, Cristo dà la grazia e la verità, l’amore e la fedeltà. Nel Figlio si può contemplare Dio senza morire perché chi vede il Figlio vede il Padre: Gesù è l’esegesi, la narrazione della vita divina.

E il luogo di rivelazione è la sua carne. Ecco perché Giovanni dirà nel compimento dell’ora: «Noi abbiamo visto la sua gloria» (Gv 1, 14), dove per “ora della glorificazione” non si vedono altro che tenebre. La luce è nascosta nel suo dare la vita per amore degli uomini, nell’amore fino alla fine, senza tirarsi indietro, rispettando la libertà dell’uomo di crocifiggere l’Autore della vita. Dio è glorificato nel momento della passione: un amore compiuto, definitivo, senza limiti, un amore dimostrato fino alle estreme conseguenze. È il mistero della luce che si fa strada nelle tenebre, sì perché l’amore ama l’oscurità della notte: quando la vita si fa più intima e le proprie parole muoiono per vivere nel respiro delle parole della persona amata la luce è nell’amore che illumina quell’ora di espropriazione, ora in cui si perde se stessi per ritrovarsi restituiti nell’abbraccio della vita.

PREGHIERA

Deponi, o Gerusalemme, 

la veste del lutto e dell’afflizione,  rivèstiti dello splendore della gloria  che ti viene da Dio per sempre. 

Avvolgiti nel manto della giustizia di Dio,  metti sul capo il diadema di gloria dell’Eterno,  perché Dio mostrerà il tuo splendore  ad ogni creatura sotto il cielo. 

Sarai chiamata da Dio per sempre: 

Pace della giustizia e gloria della pietà.  Sorgi, o Gerusalemme,  e sta’ in piedi sull’altura e guarda verso oriente;  vedi i tuoi figli riuniti da occidente ad oriente,  alla parola del Santo,  esultanti per il ricordo di Dio. 

Dio ha stabilito di spianare ogni alta montagna e le rupi secolari,  di colmare le valli e spianare la terra  perché Israele proceda sicuro sotto la gloria di Dio.  Anche le selve e ogni albero odoroso  faranno ombra ad Israele per comando di Dio.  Perché Dio ricondurrà Israele con gioia  alla luce della sua gloria,  con la misericordia e la giustizia  che vengono da lui. Baruc 5,1-9 

CONTEMPLAZIONE

Padre della luce, vengo a te con tutto il grido del mio esistere. Dopo passi di bene e scivolamenti nel male arrivo a capire, perché ne faccio esperienza, che da solo non esisto se non nel buio delle tenebre. Senza la tua luce non vedo nulla. Sei tu infatti la fonte della vita, tu, Sole di giustizia, che apri i miei occhi, tu la via che conduce al Padre. Oggi sei venuto tra noi, Parola eterna, come luce che continua ad attraversare le pagine della storia per offrire agli uomini i doni della grazia e della letizia nel deserto della carestia e dell’assenza: il pane e il vino del tuo Nome santo che nell’ora della croce diventeranno il segno visibile dell’amore consumato ci fanno nascere con te da quel grembo fecondo che è la Chiesa, la culla della tua vita per noi. Come Maria vogliamo restarti accanto per imparare ad essere come lei, pieni della grazia dell’Altissimo. E quando le nostre tende accoglieranno la nube dello Spirito nel fulgore di una parola pronunciata ancora carpiremo la Gloria del tuo Volto e benediremo in un silenzio adorante senza più ritrosie la Bellezza dell’essere una sola cosa con te, Verbo del Dio vivente.


 

Domenica, 26 dicembre 2021

Maria e Giuseppe incontrano Gesù  tra i dottori nel Tempio di Gerusalemme

Luca 2, 41-52 

Orazione iniziale

Padre che sei nei cieli, tu sei mio creatore, mi accogli attraverso Gesù Cristo tuo figlio, mi guidi con il tuo Santo Spirito. Apri la mia mente perché possa comprendere il senso della vita che mi hai donato, il progetto che hai su di me e su coloro che mi hai posto a fianco. Infiamma il mio cuore perché possa aderire con gioia ed entusiasmo alla tua rivelazione. Rafforza la mia volontà debole, rendila disponibile a unirsi agli altri per adempiere insieme la tua volontà e così rendere il mondo, come una famiglia, più simile alla tua immagine. Tu che vivi e regni nei secoli dei secoli. Amen

Lectio: Lettura dal Vangelo secondo Luca 2,41-52

41 I suoi genitori si recavano tutti gli anni a Gerusalemme per la festa di Pasqua. 42 Quando egli ebbe dodici anni, vi salirono di nuovo secondo l’usanza; 43 ma trascorsi i giorni della festa, mentre riprendevano la via del ritorno, il fanciullo Gesù rimase a Gerusalemme, senza che i genitori se ne accorgessero. 44 Credendolo nella carovana, fecero una giornata di viaggio, e poi si misero a cercarlo tra i parenti e i conoscenti; 45 non avendolo trovato, tornarono in cerca di lui a Gerusalemme. 46 Dopo tre giorni lo trovarono nel tempio, seduto in mezzo ai dottori, mentre li ascoltava e li interrogava. 47 E tutti quelli che l’udivano erano pieni di stupore per la sua intelligenza e le sue risposte. 48 Al vederlo restarono stupiti e sua madre gli disse: “Figlio, perché ci hai fatto così? Ecco, tuo padre e io, angosciati, ti cercavamo”. 49 Ed egli rispose: “Perché mi cercavate? Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” 50 Ma essi non compresero le sue parole. 51 Partì dunque con loro e tornò a Nazaret e stava loro sottomesso. Sua madre serbava tutte queste cose nel suo cuore. 52 E Gesù cresceva in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini.

Momento di silenzio

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita.

Meditatio: Alcune domande 

per orientare la meditazione e l’attualizzazione.

Perché l’evangelista Luca narra questo episodio della vita di Gesù? Qual è il culmine, il centro del brano? Arriva il momento in cui le relazioni famigliari (comunitarie) diventano tese e difficili, sorgono incomprensioni. Cerchiamo l’autonomia e l’indipendenza? Cosa o chi diventa più importante ad un certo punto della nostra esistenza? Gli affetti, le relazioni, l’affermazione di sé, i valori, gli affari, la morale si possono ordinare gerarchicamente? Quando la famiglia (una comunità multietnica), come oggi spesso viene a trovarsi, è “allargata”, con genitori risposati, conviventi, figlie e figli, sorelle e fratelli, nonni e nonne, parenti di un genitore e non dell’altro, su quale punto fermo ci si può appoggiare? Ci si può sottomettere a qualcuno o solo ribellarsi?

Una chiave di lettura

Ci troviamo nei cosiddetti racconti dell’infanzia secondo Luca (cap. 1-2), nel brano finale. Un prologo teologico e cristologico più che storico, in cui vengono presentati i motivi che ritorneranno frequenti nella catechesi lucana: il Tempio, il viaggio verso

Gerusalemme, la filiazione divina, i poveri, il Padre misericordioso, ecc. Con una lettura retrospettiva, nell’infanzia di Gesù già appaiono evidenti i segni della sua vita futura. Maria e Giuseppe conducono Gesù a Gerusalemme per partecipare ad uno dei tre pellegrinaggi (a Pasqua, a Pentecoste, per la festa delle Capanne) prescritti dalla Legge (Dt 16,16). Durante i sette giorni legali di festa, la gente partecipava al culto ed ascoltava i Rabbi che discutevano sotto il portico del Tempio. “Il fanciullo Gesù rimase a

Gerusalemme”, la città che il Signore ha scelto per sua sede (2Re 21,4-7; Ger 3,17; Zc 3,2), dov’è il Tempio (Sal 68,30; 76,3; 135,21), unico luogo di culto per il giudaismo (Gv 4,20). Gerusalemme è il luogo in cui “tutto ciò che fu scritto dai profeti riguardo al Figlio dell’uomo si compirà” (Lc 18,21), il luogo della “sua dipartita” (Lc 9,31.51; 24,18) e delle apparizioni del risorto (Lc 24,33.36-49). I genitori “si misero a cercarlo” con ansia e affanno (44.45.48.49). Come è possibile perdere un figlio, non accorgersi che Gesù non è nella carovana? E’ il Cristo che deve seguire gli altri o il contrario? “Dopo tre giorni” termina la “passione” e ritrovano Gesù nel Tempio, tra i dottori, insegnando, tra lo stupore generale. Cominciano a svelarsi le caratteristiche della sua missione che trovano il loro compendio nelle prime parole pronunciate da Gesù nel vangelo di Luca “Perché mi cercavate? 

Non sapevate che io devo occuparmi delle cose del Padre mio?” Ma chi è il padre suo? Perché cercarlo? E’ lo stesso padre delle ultime parole di Gesù, secondo Luca, sulla croce “Padre, nelle tue mani consegno il mio spirito” (23,46) e nell’ascensione al cielo “E io manderò su di voi quello che il Padre mio ha promesso” (24,49). Occorre, prima di tutto, obbedire a Dio, come ben aveva capito Pietro, dopo la Pentecoste (At 5,29), cercare il Regno di Dio e la sua giustizia (Mt 6,33), cercare il Padre nella preghiera (Mt 7,7-8), cercare Gesù (Gv 1,38) per seguirlo. Gesù dichiara la sua dipendenza – “io devo” – nei confronti del Padre celeste. Egli ce lo fa conoscere nella sua immensa bontà (Lc 15), ma con ciò crea anche una distanza e una rottura nei confronti dei suoi. Prima dei legami affettivi, della realizzazione personale, degli affari… viene il progetto di Dio. “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice! Tuttavia non sia fatta la mia, ma la tua volontà” (Lc 22, 42). Per la madre Maria comincia a realizzarsi la profezia di Simeone (Lc 2,34), “ma essi non compresero”. L’incomprensione dei suoi è anche quella dei discepoli di fronte all’annuncio della passione (18,34). Ribellarsi? Sottomettersi? Andarsene? Gesù “tornò a Nazaret e stava loro sottomesso”, dice Luca, e Maria “serbava tutte queste cose nel suo cuore”. 

L’atteggiamento di Maria esprime lo sviluppo della fede di una persona che cresce e progredisce nell’intelligenza del mistero. Gesù rivela che l’obbedienza a Dio è la condizione essenziale per realizzarsi nella vita, per un cammino di condivisione nella famiglia e nelle comunità. 

L’obbedienza al Padre è ciò che ci rende fratelli e sorelle, c’insegna a obbedirci l’un l’altro, ad ascoltarci l’un l’altro e a riconoscere l’uno nell’altro il progetto di Dio. In questo clima si creano le condizioni per crescere “in sapienza, età e grazia davanti a Dio e agli uomini” e camminare insieme.

Oratio: Salmo 83 (84)

Canto del pellegrino 

Quanto sono amabili le tue dimore,  Signore degli eserciti! L’anima mia languisce  e brama gli atri del Signore. Il mio cuore e la mia carne  esultano nel Dio vivente. Anche il passero trova la casa,  la rondine il nido,  dove porre i suoi piccoli,  presso i tuoi altari, 

Signore degli eserciti, mio re e mio Dio.

Beato chi abita la tua casa:  sempre canta le tue lodi! Beato chi trova in te la sua forza  e decide nel suo cuore il santo viaggio. Passando per la valle del pianto  la cambia in una sorgente,  anche la prima pioggia l’ammanta di benedizioni. Cresce lungo il cammino il suo vigore,  finché compare davanti a Dio in Sion.

Signore, Dio degli eserciti, ascolta la mia preghiera,  porgi l’orecchio, Dio di Giacobbe.

Contemplatio: Preghiera finale

Ti ringrazio, Padre, Signore del cielo e della terra, perché mi hai rivelato la tua bontà e il tuo amore. Sei veramente l’Unico che possa dare senso pieno alla mia vita. Amo mio padre, ma tu sei il Padre, amo mia madre, ma tu sei la Madre. Anche se non avessi conosciuto l’amore dei genitori so che tu sei l’Amore, sei con me e mi attendi nella tua dimora eterna, preparata per me fin dalla creazione del mondo. Fa che, insieme con me, possano adempiere la tua volontà anche i miei famigliari, sorelle e fratelli, tutti coloro che fanno un cammino comunitario con me e così anticipare su questa terra e poi godere in cielo le meraviglie del tuo amore. Amen.

 


 
 

 

Preghiera a San Michele Arcangelo, 
da recitarsi al termine della S. Messa

 

 

Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.

 


 
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