Lectio del giorno all’Oasi di Engaddi 1-6_giugno-2021

 

Martedì, 1 giugno 2021  

Tempo ordinario

Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza  tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,  allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,13-17

In quel tempo, i sommi sacerdoti, gli scribi e gli anziani mandarono a Gesù alcuni farisei ed erodiani per coglierlo in fallo nel discorso. E venuti, quelli gli dissero: “Maestro, sappiamo che sei veritiero e non ti curi di nessuno; infatti non guardi in faccia agli uomini, ma secondo verità insegni la via di Dio. È lecito o no dare il tributo a Cesare? Lo dobbiamo dare o no?” Ma egli, conoscendo la loro ipocrisia, disse: “Perché mi tentate? Portatemi un denaro perché io lo veda”. Ed essi glielo portarono. Allora disse loro: “Di chi è questa immagine e l’iscrizione?” Gli risposero: “Di Cesare”. Gesù disse loro: “Rendete a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”. E rimasero ammirati di lui. 

Riflessione 

Nel vangelo di oggi continua il confronto tra Gesù e le autorità. I sacerdoti e gli scribi erano stati criticati e denunciati da Gesù nella parabola della vigna (Mc 12,1-12). Ora, loro stessi chiedono ai farisei e agli erodiani di creare una trappola contro Gesù, per poterlo condannare. Fanno domande a Gesù sull’imposta da pagare ai romani. Era un tema polemico che divideva l’opinione pubblica. Gli avversari di Gesù vogliono a ogni costo accusarlo e diminuire così l’influenza che ha sulla gente. Gruppi, che prima erano nemici tra di loro, ora si uniscono per combattere contro Gesù che entrava nel loro terreno. Questo succede anche oggi. Molte volte, persone o gruppi, nemici tra di loro, si uniscono per difendere i loro privilegi contro coloro che li scomodano con l’annuncio della verità e della giustizia. 

  • Marco 12,13-14: La domanda dei farisei e degli erodiani. Farisei ed erodiani erano i leaders locali nei villaggi di Galilea. Da tempo, avevano deciso di uccidere Gesù (Mc 3,6). Ora, agli ordini dei sacerdoti e degli anziani, vogliono sapere se Gesù è a favore o contro il pagamento delle imposte ai romani, a Cesare. Domanda subdola, piena di malizia! Sotto l’apparenza di fedeltà alla legge di Dio, cercano motivi per poterlo accusare. Se Gesù dicesse: “Dovete pagare!”, loro potrebbero accusarlo di essere amico dei romani. Se lui dicesse: “Non dovete pagare!”, potrebbero accusarlo presso le autorità romane di essere sovversivo. Sembrava una strada senza uscita!
  • Marco 12, 15-17: La risposta di Gesù. Gesù percepisce l’ipocrisia. Nella sua risposta, non perde tempo in discussioni inutili, e va dritto al centro della questione. Invece di rispondere e di discutere la faccenda del tributo a Cesare, chiede di mostrargli una moneta e chiede: “Di chi è questa immagine ed iscrizione?” Loro rispondono: “Di Cesare!” Risposta di Gesù: “Allora, date a Cesare quel che è di Cesare, e a Dio quel che

è di Dio!” In pratica, loro riconoscevano già l’autorità di Cesare. Stavano già dando a Cesare ciò che era di Cesare, poiché usavano le sue monete per comprare e vendere e perfino per pagare le imposte del Tempio! Ciò che interessava Gesù era che “dessero a Dio ciò che è di Dio!”, cioè che restituissero a Dio la gente, da loro deviata, poiché con i loro insegnamenti bloccavano l’ingresso nel Regno (Mt 23,13). Altri spiegavano questa frase di Gesù in un altro modo: “Date a Dio ciò che è di Dio!”, cioè, praticate la giustizia e l’onestà come la Legge di Dio lo esige, perché la vostra ipocrisia nega a Dio ciò che gli è dovuto. I discepoli e le discepole devono esserne consapevoli! Poiché il fermento di questi erodiani e di questi farisei stava rendendoli ciechi. Imposte, tributi, tasse e decime. Al tempo di Gesù, la gente di Palestina pagava molte imposte, tasse, tributi e decime, sia ai romani che al Tempio. L’impero romano aveva invaso la Palestina nell’anno 63 a.C. ed impose molte tasse e tributi. Secondo i calcoli fatti, la metà o anche di più del salario familiare andava alle imposte, tributi, tasse e decime. Le imposte che i romani esigevano erano di due tipi: dirette e indirette: 

  • L’imposta Diretta era sulle proprietà e sulle persone. Imposta sulla proprietà (tributum soli): i fiscali del governo verificavano la grandezza della proprietà, della produzione e del numero di schiavi e fissavano la quantità da pagare.

Periodicamente, c’era una nuova fiscalizzazione mediante i censimenti.

L’imposta sulle persone (tributum capitis): era per le classi povere senza terra. Includeva sia gli uomini che le donne, tra i 12 ed i 65 anni. Era un’imposta sulla forza di lavoro: il 20% del reddito di ogni persona andava all’imposta.  ü L’imposta Indiretta era sulle transazioni di diverso tipo. Corona d’oro:

Originariamente si trattava di un regalo all’imperatore, ma divenne un’imposta obbligatoria. Veniva pagata in occasioni speciali, per esempio: feste e visite dell’imperatore. L’imposta sul sale: il sale era monopolio dell’imperatore. Bisognava pagare il tributo solo sul sale di uso commerciale. Per esempio, il sale usato dai pescatori per essiccare il pesce. Da qui viene la parola salario. Imposta sulla compravendita: Per ciascuna transazione commerciale si pagava l’1%. Questo denaro veniva pagato alla gente del fisco durante la fiera. Nell’acquisto di uno schiavo esigevano il 4%. In ogni contratto commerciale registrato, esigevano il 2%. Imposta per svolgere una professione: C’era bisogno per tutto di avere una licenza. Per esempio, un calzolaio nella città di Palmira pagava un denaro al mese. Un denaro era l’equivalente del salario di una giornata. Perfino le prostitute dovevano pagare. Imposta sull’uso delle cose di pubblica utilità: L’imperatore Vespasiano introdusse l’imposta per poter usare i gabinetti pubblici a Roma. Lui diceva “Il denaro non puzza!” 

  • Altre tasse ed obbligazioni: Pedaggio o dogana; Lavoro forzato; Spesa speciale per l’esercito (ospitare i soldati; pagare per il cibo delle truppe); Imposta per il Tempio ed il Culto.

Per un confronto personale 

  • Conosci qualche caso di gruppi o di persone che erano nemici tra di loro, ma che si sono uniti per perseguitare una persona onesta che li scomodava e denunciava? È successo qualche volta con te?
  • Che senso ha oggi la frase: “Dà a Cesare ciò che è di Cesare e a Dio ciò che è di Dio”?

 

Preghiera finale 

Saziaci al mattino con la tua grazia: 

esulteremo e gioiremo per tutti i nostri giorni. 

Si manifesti ai tuoi servi la tua opera e la tua gloria ai loro figli. (Sal 89)


 

Mercoledì, 2 giugno 2021  

Tempo ordinario

Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza  tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,  allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,18-27

In quel tempo, vennero a Gesù dei sadducei, i quali dicono che non c’è risurrezione, e lo interrogarono dicendo: “Maestro, Mosè ci ha lasciato scritto che se muore il fratello di uno e lascia la moglie senza figli, il fratello ne prenda la moglie per dare discendenti al fratello. C’erano sette fratelli: il primo prese moglie e morì senza lasciare discendenza; allora la prese il secondo, ma morì senza lasciare discendenza; e il terzo egualmente, e nessuno dei sette lasciò discendenza. Infine, dopo tutti, morì anche la donna. Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie”. Rispose loro Gesù: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio? Quando risusciteranno dai morti, infatti, non prenderanno moglie né marito, ma saranno come angeli nei cieli. A riguardo poi dei morti che devono risorgere, non avete letto nel libro di Mosè, a proposito del roveto, come Dio gli parlò dicendo: Io sono il Dio di Abramo, il Dio di Isacco e di Giacobbe? Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”. 

Riflessione 

Nel vangelo di oggi continua il confronto tra Gesù e le autorità. Dopo i sacerdoti, gli anziani e gli scribi (Mc 12,1-12) e i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), ora appaiono i sadducei che fanno una domanda sulla risurrezione. Tema polemico, che causava litigi tra sadducei e farisei (Mc 12,18-27; cf. At 23,6-1). 

Nelle comunità cristiane degli anni settanta, epoca in cui Marco scrive il suo vangelo, c’erano alcuni cristiani che, per non essere perseguitati, cercavano di conciliare il progetto di Gesù con il progetto dell’impero romano. Gli altri che resistevano all’impero erano perseguitati, accusati ed interrogati dalle autorità o dai vicini che si sentivano infastiditi dalla loro testimonianza. La descrizione dei conflitti di Gesù con le autorità era un aiuto molto grande per i cristiani, per non lasciarsi manipolare dall’ideologia dell’impero. Nel leggere questi episodi di conflitto di Gesù con le autorità, i cristiani perseguitati si animavano e prendevano coraggio per continuare il cammino. 

  • Marco 12,18-23. I sadducei. I sadducei erano un élite aristocratica di latifondisti e commercianti. Erano conservatori. Non accettavano la fede nella risurrezione. In quel tempo, questa fede cominciava ad essere considerata dai farisei e dalla pietà popolare. Spingeva alla resistenza della gente contro il dominio sia dei romani che dei sacerdoti, degli anziani e dei sadducei stessi. Per i sadducei, il regno messianico era già presente nella situazione di benessere che stavano vivendo. Loro seguivano la cosiddetta “Teologia della Retribuzione” che distorceva la realtà. Secondo questa teologia, Dio retribuisce con ricchezza e benessere coloro che osservano la legge di Dio, e castiga con sofferenza e povertà coloro che praticano il male. Questo fa capire perché i sadducei non volevano cambiamenti. Volevano che la religione permanesse tale e quale era, immutabile come Dio stesso. Per questo non accettavano la fede nella risurrezione e nell’aiuto degli angeli, che sostenevano la lotta di coloro che cercavano mutamenti e liberazione.
  • Marco 12,19-23. La domanda dei sadducei. Giungono da Gesù per criticare e ridicolizzare la fede nella risurrezione, raccontano il caso fittizio della donna che si sposò sette volte ed alla fine morì senza avere figli. La cosiddetta legge del levirato obbligava la vedova senza figli a sposarsi con il fratello del defunto marito. Il figlio che sarebbe nato da questo nuovo matrimonio era considerato figlio del defunto marito. E così costui avrebbe avuto una discendenza. Ma nel caso proposto dai sadducei, la donna, malgrado il fatto di aver avuto sette mariti, rimase senza marito. Loro chiedevano a Gesù: “Nella risurrezione, quando risorgeranno, a chi di loro apparterrà la donna? Poiché in sette l’hanno avuta come moglie!” Era per dire che credere nella risurrezione portava la persona ad accettare l’assurdo.
  • Marco 12,24-27: La risposta di Gesù. Gesù risponde duramente: “Non siete voi forse in errore dal momento che non conoscete le Scritture, né la potenza di Dio?” Gesù spiega che la condizione delle persone dopo la morte sarà totalmente diversa dalla condizione attuale. Dopo la morte non ci sarà matrimonio, ma tutti saranno come angeli in cielo. I sadducei immaginavano la vita in cielo come la vita qui sulla terra. E Gesù alla fine conclude: “Non è un Dio dei morti ma dei viventi! Voi siete in grande errore”. I discepoli e le discepole sono avvertiti: chi sta dal lato di questi sadducei starà dal lato opposto di Dio!

Per un confronto personale 

  • Qual è oggi il senso della frase: “Dio non è un Dio dei morti, ma dei viventi!”?
  • Credo anch’io la stessa cosa nella risurrezione? Cosa significa per me “credo nella risurrezione della carne e nella vita eterna”?

Preghiera finale 

A te Signore levo i miei occhi, a te che abiti nei cieli. 

Ecco, come gli occhi dei servi alla mano dei loro padroni.  Come gli occhi della schiava alla mano della sua padrona,  così i nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio,  finché abbia pietà di noi. (Sal 122)


 

Giovedì, 3                                            

Tempo ordinario

Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza  tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,  allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,28b-34

In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” Gesù rispose: “Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l’unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. Allora lo scriba gli disse: “Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che egli è unico e non v’è altri all’infuori di lui; amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso vale più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: “Non sei lontano dal regno di Dio”. E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo. 

Riflessione 

Il vangelo di oggi presenta una bella conversazione tra Gesù e un dottore della legge. Il dottore vuole sapere da Gesù qual è il primo di tutti i comandamenti. Anche oggi molte persone vogliono sapere cosa è più importante nella religione. Alcuni dicono: essere battezzati. Altri: pregare. Altri dicono: andare a Messa o partecipare al culto della domenica. Altri dicono: amare il prossimo! Altri sono preoccupati con le apparenze o con gli incarichi nella chiesa. 

  • Marco 12,28: La domanda del dottore della Legge. A un dottore della legge, che aveva assistito al dibattito di Gesù con i sadducei (Mc 12,23-27), piacque la risposta di Gesù, e percepì in lui una grande intelligenza e volle approfittare dell’occasione per fargli una domanda: “Qual è il primo di tutti i comandamenti?” In quel tempo, i giudei avevano una enorme quantità di norme che regolamentavano nella pratica l’osservanza dei Dieci Comandamenti della Legge di Dio. Alcuni dicevano: “Tutte queste norme hanno lo stesso valore, poiché vengono tutte da Dio. Non spetta a noi introdurre distinzioni nelle cose di Dio”. Altri dicevano: “Alcune leggi sono più importanti di altre, per questo obbligano di più!” Il dottore voleva sapere l’opinione di Gesù.
  • Marco 12,29-31: La risposta di Gesù. Gesù risponde citando un passaggio della Bibbia per dire che il primo comandamento è “amare Dio con tutto il cuore, con tutta la tua mente e con tutte le tue forze!” (Dt 6,4-5). Al tempo di Gesù, i giudei pii fecero di questo testo del Deuteronomio una preghiera che recitavano tre volte al giorno: al mattino, a mezzogiorno e la sera. Tra loro era conosciuta come è oggi tra noi il Padre Nostro. E Gesù aggiunse, citando di nuovo la Bibbia: “Il secondo è questo: ”Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c’è altro comandamento più importante di questi”. (Lv 19,18). Risposta breve e profonda! È il riassunto di tutto ciò che Gesù ha insegnato su Dio e sulla vita (Mt 7,12).
  • Marco 12,32-33: La risposta del dottore della legge. Il dottore è d’accordo con Gesù e tira la conclusione: “Si, amarlo con tutto il cuore e con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come sé stesso al più di tutti gli olocausti e i sacrifici”. Ossia, il comandamento dell’amore è più importante che i comandamenti relazionati con il culto ed i sacrifici nel Tempio. Questa affermazione veniva già dai profeti dell’Antico Testamento (Os 6,6; Sal 40,6-8; Sal 51,16-17). Oggi diremmo che la pratica dell’amore è più importante di novene, promesse, messe, preghiere e processioni. Marco 12,34: Il riassunto del Regno. Gesù conferma la conclusione del dottore e dice: “Non sei lontano dal Regno!” Infatti, il Regno di Dio consiste nel riconoscere che l’amore verso Dio è uguale all’amore verso il prossimo. Perché se Dio è Padre, noi tutti siamo sorelle e fratelli e dobbiamo mostrare questo nella pratica, vivendo in comunità. “Da questi due comandamenti dipendono la legge e i profeti!” (Mt 22,4) I discepoli e le discepole devono fissare nella memoria, nell’intelligenza, nel cuore, nelle mani e nei piedi questa legge importante dell’amore: non si arriva a Dio se non attraverso il dono totale al prossimo! 
  • Il primo e più importante comandamento. Il più importante e primo comandamento fu e sarà sempre: “Amare Dio con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutte le forze” (Mc 12,30). Nella misura in cui il popolo di Dio, lungo i secoli, ha approfondito il significato e la portata dell’amore di Dio, si è reso conto che l’amore di Dio è vero e reale solo nella misura in cui si concretizza nell’amore al prossimo. Per questo, il secondo comandamento che chiede l’amore per il prossimo, è simile al primo comandamento dell’amore per Dio (Mt 22,39; Mc 12,31). “Se qualcuno dicesse “Amo Dio!”, ma odia suo fratello, è un menzognero” (1 Gv 4,20). “Tutta la legge e i profeti dipendono da questi due comandamenti” (Mt 22,40).

Per un confronto personale 

  • Per te, cosa è più importante nella religione e nella vita? Quali sono le difficoltà concrete per poter vivere ciò che consideri più importante?
  • Gesù dice al dottore: “Non sei lontano dal Regno”. Oggi, io sono più vicino o più lontano dal Regno di Dio del dottore elogiato da Gesù?

Preghiera finale 

Fammi conoscere, Signore, le tue vie, insegnami i tuoi sentieri.  Guidami nella tua verità e istruiscimi,  perché sei tu il Dio della mia salvezza. (Sal 24)


 

Venerdì, 4                                           

Tempo ordinario 

Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza  tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,  allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,35-37

In quel tempo, Gesù continuava a parlare, insegnando nel tempio: “Come mai dicono gli scribi che il Messia è figlio di Davide? Davide stesso infatti ha detto, mosso dallo Spirito Santo: ‘‘Disse il Signore al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici come sgabello ai tuoi piedi’’. Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?” E la numerosa folla lo ascoltava volentieri. 

Riflessione 

Nel vangelo dell’altro ieri, Gesù criticava la dottrina dei sadducei (Mc 12,24-27). Nel vangelo di oggi, critica l’insegnamento dei dottori della legge. E questa volta la sua critica non è diretta all’incoerenza della loro vita, ma all’insegnamento che loro trasmettono alla gente. In un’altra occasione, Gesù aveva criticato la loro incoerenza e aveva detto alla gente: “I dottori della Legge e i farisei hanno autorità per interpretare la Legge di Mosè. Quanto vi dicono, fatelo e osservatelo, ma non fate secondo le loro opere, perché dicono e non fanno” (Mt 23.2-3). Ora, lui si mostra riservato riguardo a coloro che insegnavano la speranza messianica, e basa la sua critica su argomenti tratti dalla Bibbia. 

  • Marco 12,35-36: L’insegnamento dei dottori della Legge sul Messia. La propaganda ufficiale del governo, come pure quella dei dottori della Legge diceva che il messia sarebbe venuto in qualità di Figlio di Davide. Era il modo per insegnare che il messia sarebbe un re glorioso, forte e dominatore. Così gridò la gente la domenica delle Palme: “Benedetto il Regno che viene del nostro padre Davide!” (Mc 11,10). Anche così gridò il cieco di Gerico: “Gesù, figlio di Davide, abbi pietà di me!” (Mc 10,47).
  • Marco 12,37: Gesù questiona l’insegnamento dei dottori sul Messia. Gesù questiona questo insegnamento dei dottori. Cita un salmo di Davide: “Il Signore disse al mio Signore: Siedi alla mia destra, finché io ponga i tuoi nemici a sgabello dei tuoi piedi!” (Sal 110,1) E Gesù aggiunge: “Se Davide stesso lo chiama Signore: come dunque può essere suo figlio?” Ciò significa che Gesù non era completamente d’accordo con l’idea di un messia Signore Glorioso, che sarebbe venuto quale re potente per dominare ed imporsi su tutti i suoi nemici. Marco aggiunge che alla gente piacque la critica di Gesù. Infatti la storia informa che i “poveri di Yavé“ (anawim) erano in attesa del messia non dominatore, ma servo di Dio per l’umanità.
  • Le diverse forme di speranza messianica. Lungo i secoli, la speranza messianica crebbe, assumendo forme diverse. Quasi tutti i gruppi e i movimenti dell’epoca di Gesù erano in attesa della venuta del Regno, ma ognuno a modo suo; farisei, scribi, esseni, zelati, erodiani, sadducei, i profeti popolari, i discepoli di Giovanni Battista, i poveri di Yavè. Potevano distinguersi tre tendenze nella speranza messianica della gente, al tempo di Gesù.
    1. Messia inviato personale di Dio: Per alcuni, il Regno futuro doveva arrivare mediante un inviato di Dio, chiamato Messia o Cristo. Sarebbe stato unto per poter svolgere questa missione (Is 61,1). Alcuni speravano che lui fosse un profeta; altri che fosse un re, un discepolo o un sacerdote. Malachia, per esempio, aspetta il profeta Elia (Mal 3,23-24). Il Salmo 72 aspetta un re ideale, un nuovo Davide. Isaia aspetta ora un discepolo (Is 50,4), ora un profeta (Is 61,1). Lo spirito impuro gridava: “Io so chi sei tu: il santo di Dio! (Mc 1, 24). Segno che c’era gente che aspettava un messia che fosse sacerdote (Santo o Santificato). I poveri di Yavé (anawim) aspettavano il Messia “Servo di Dio”, annunciato da Isaia.
    2. Messianismo senza messia. Per altri, il futuro sarebbe arrivato all’ improvviso, senza mediazione, né aiuto da parte di nessuno. Dio stesso sarebbe venuto in persona per realizzare le profezie. Non ci sarebbe stato un messia propriamente detto. Sarebbe stato un messianismo, senza messia. Di ciò ci si rende conto nel libro di Isaia, dove Dio stesso arriva con la vittoria in mano (Is 40,9-10; 52,7-8).
    3. Il Messia è già giunto. C’erano anche gruppi che non aspettavano il messia. Per loro la situazione attuale doveva continuare com’era, poiché pensavano che il futuro era già giunto. Questi gruppi non erano popolari. Per esempio, i sadducei non aspettavano il messia. Gli erodiani pensavano che Erode fosse un re messianico.
  • La luce della risurrezione. La risurrezione di Gesù è la luce che illumina all’ improvviso tutto il passato. Alla luce della risurrezione i cristiani cominceranno a leggere l’Antico Testamento e scopriranno in esso nuovi significati che prima non potevano essere scoperti, perché mancava la luce (cf 2Cor 3,15-16). Loro cercavano nell’AT le parole per esprimere la nuova vita che stavano vivendo in Cristo. Lì trovavano la maggior parte dei titoli di Gesù: Messia (Sal 2,2), Figlio dell’Uomo (Dn 7,13; Ez 2,1), Figlio di Dio (Sal 2,7; 2 Sm 7,13), Servo di Yavè (Is 42,1; 41,8), Redentore (Is 41,14; Sal 19,15; Rt 4,15), Signore (LXX) (quasi 6000 volte!). Tutti i grandi temi dell’AT sfociano in Gesù e trovano in Lui la loro piena realizzazione. Nella risurrezione di Gesù sboccia il seme e secondo quanto detto dai Padri della Chiesa, tutto l’Antico Testamento diventa Nuovo Testamento.

Per un confronto personale 

  • Qual è la speranza per il futuro del mondo di oggi in cui viviamo?
  • La fede nella Risurrezione, influisce nel modo di vivere la tua vita?

Preghiera finale 

Aspetto da te la salvezza, Signore,  e obbedisco ai tuoi comandi. 

Osservo i tuoi decreti e i tuoi insegnamenti:  davanti a te sono tutte le mie vie. (Sal 118)


 

Sabato, 5                                            

Tempo ordinario 

Preghiera 

O Dio, che nella tua provvidenza  tutto disponi secondo il tuo disegno di salvezza,  allontana da noi ogni male e dona ciò che giova al nostro vero bene.  Per il nostro Signore Gesù Cristo… 

Lettura dal Vangelo secondo Marco 12,38-44

In quel tempo, Gesù diceva alla folla mentre insegnava: “Guardatevi dagli scribi, che amano passeggiare in lunghe vesti, ricevere saluti nelle piazze, avere i primi seggi nelle sinagoghe e i primi posti nei banchetti. Divorano le case delle vedove e ostentano di fare lunghe preghiere; essi riceveranno una condanna più grave”. E sedutosi di fronte al tesoro, osservava come la folla gettava monete nel tesoro. E tanti ricchi ne gettavano molte. Ma venuta una povera vedova vi gettò due spiccioli, cioè un quattrino. Allora, chiamati a sé i discepoli, disse loro: “In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri. Poiché tutti hanno dato del loro superfluo, essa invece, nella sua povertà, vi ha messo tutto quello che aveva, tutto quanto aveva per vivere”. 

Riflessione 

Nel vangelo di oggi stiamo giungendo alla fine del lungo insegnamento di Gesù ai discepoli. Dalla prima guarigione del cieco (Mc 8,22-26) fino alla guarigione del cieco Bartimeo a Gerico (10,46-52), i discepoli camminano con Gesù verso Gerusalemme, ricevendo da Lui molte istruzioni sulla passione, morte e risurrezione e le conseguenze per la vita del discepolo. Giunti a Gerusalemme, assistono ai dibattiti di Gesù con i commercianti nel Tempio (Mc 11,15-19), con i sommi sacerdoti e scribi (Mc 11,27 a 12,12), con i farisei, erodiani e sadducei (Mc 12,13-27), con i dottori della legge (Mc 12,28-37). Ora, nel vangelo di oggi, dopo l’ultima critica contro gli scribi (Mc 12,38-40), Gesù istruisce i discepoli. Seduto di fronte al tesoro del Tempio, richiamava la loro attenzione sul gesto della condivisione da parte di una vedova povera. In questo gesto loro devono cercare la manifestazione della volontà di Dio (Mc 12,41-44). 

  • Marco 12,38-40: La critica dei dottori della Legge. Gesù richiama l’attenzione dei discepoli sul comportamento tracotante ed ipocrita di alcuni dottori della legge. A loro piaceva immensamente girare per le piazze indossando lunghe tuniche, ricevere il saluto della gente, occupare i primi posti nelle sinagoghe ed avere posti d’onore nei banchetti. A loro piaceva entrare nelle case delle vedove e fare lunghe preci in cambio di denaro! E Gesù dice: “Questa gente riceverà una grave condanna!” Marco 12,41-42. L’obolo della vedova. Gesù e i suoi discepoli, seduti dinanzi al tesoro del Tempio, osservano che tutti lasciano lì la loro elemosina. I poveri gettano pochi centesimi, i ricchi gettano monete di grande valore. Il tesoro del Tempio riceveva molto denaro. Tutti portavano qualcosa per la manutenzione del culto, per il sostentamento del clero e per la conservazione dell’edificio. Una parte di questo denaro era usata per aiutare i poveri, perché in quel tempo non c’era la previdenza sociale. I poveri dipendevano dalla carità pubblica. E i poveri che avevano bisogno di maggiore aiuto, erano gli orfani e le vedove. Loro non avevano nulla. Dipendevano in tutto dall’aiuto degli altri. Ma pur senza avere nulla, loro si sforzavano di condividere. Così, una vedova molto povera, mette la sua elemosina nel tesoro del Tempio. Appena pochi centesimi! 
  • Marco 12,43-44. Gesù indica dove si manifesta la volontà di Dio. Cosa vale di più: i dieci centesimi della vedova o i mille dollari dei ricchi? Per i discepoli, i mille dollari dei ricchi erano molto più utili dei dieci centesimi della vedova. Loro pensavano che i problemi della gente potevano risolversi solo con molto denaro. In occasione della moltiplicazione dei pani, avevano detto a Gesù: “Dobbiamo andare noi a comprare duecento denari di pane e dare loro da mangiare?” (Mc 6,37) Infatti, per chi pensa così, i dieci centesimi della vedova non servono a nulla. Ma Gesù dice: “Questa vedova che è povera ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri”. Gesù ha criteri diversi. Richiama l’attenzione dei suoi discepoli sul gesto della vedova, ed insegna loro dove loro e noi dobbiamo cercare la manifestazione della volontà di Dio: nei poveri e nella condivisione. Molti poveri di oggi fanno lo stesso. La gente dice: “Il povero non lascia morire di fame un altro povero”. Ma a volte, nemmeno questo è possibile. La signora Cícera che dalla zona interna di Paraíba, Brasile, andò a vivere nella periferia della capitale, diceva: “All’interno, la gente era povera, ma aveva sempre una cosetta da dividere con il povero che bussava alla porta. Ora che sono nella grande città, quando vedo un povero che bussa alla porta, mi nascondo di vergogna, perché in casa non ho nulla da condividere con lui!” Da un lato, gente ricca che ha tutto, ma che non vuole condividere. Dall’altro: gente povera che non ha quasi nulla, ma che vuole condividere il poco che ha.
  • Elemosina, condivisione, ricchezza. La pratica dell’elemosina era molto importante per i giudei. Era considerata una “buona opera”, poiché la legge dell’Antico Testamento diceva: “Poiché i bisognosi non mancheranno mai nel paese; perciò io ti dò questo comandamento e ti dico: apri generosamente la mano al tuo fratello povero e bisognoso nel tuo paese”. (Dt 15,11). Le elemosine, depositate nel tesoro del Tempio, sia per il culto, sia per i bisognosi, per gli orfani e per le vedove, erano considerate un’azione gradita a Dio. Dare l’elemosina era un modo di riconoscere che tutti i beni appartengono a Dio e che noi siamo semplici amministratori di questi beni, in modo che ci sia vita abbondante per tutti. La pratica della condivisione e della solidarietà è una delle caratteristiche delle prime comunità cristiane: “Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano l’importo di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli” (At 4,34-35; 2,44-45). Il denaro della vendita, offerto agli apostoli, non era accumulato, bensì “poi veniva distribuito a ciascuno secondo il bisogno” (At 4,35b; 2,45). L’entrata di persone più ricche nelle comunità fece entrare nella comunità la mentalità dell’accumulazione e bloccò il movimento di solidarietà e di condivisione. Giacomo avverte queste persone: “E ora voi, ricchi: piangete e gridate per le sciagure che vi sovrastano. Le vostre ricchezze sono imputridite, e le vostre vesti sono state divorate dalle tarme.” (Gc 5,1- 3). Per imparare il cammino del Regno, tutti abbiamo bisogno di diventare alunni di quella vedova povera, che condivise tutto ciò che aveva, il necessario per vivere (Mc 12,41-44).

 

 

Per un confronto personale 

  • Come mai i due spiccioli della vedova possono valere più dei mille dollari dei ricchi? Guarda bene il testo e dì perché Gesù elogia la vedova povera. Quale messaggio racchiude oggi per noi questo testo?
  • Quali difficoltà e quali gioie hai incontrato nella tua vita nel praticare la solidarietà e la condivisione con gli altri?

Preghiera finale 

Della tua lode, Signore,  è piena la mia bocca, della tua gloria, tutto il giorno.  Non mi respingere nel tempo della vecchiaia,  non abbandonarmi quando declinano le mie forze. (Sal 70).


 

Domenica, 6 giugno 2021  

L’istituzione dell’Eucaristia La suprema prova dell’amore Marco 14,12-16.22-26

Orazione iniziale 

Signore Gesù, invia il tuo Spirito, perché ci aiuti a leggere la Scrittura con lo stesso sguardo, con il quale l’hai letta Tu per i discepoli sulla strada di Emmaus. Con la luce della Parola, scritta nella Bibbia, Tu li aiutasti a scoprire la presenza di Dio negli avvenimenti sconvolgenti della tua condanna e della tua morte. Così, la croce che sembrava essere la fine di ogni speranza, è apparsa loro come sorgente di vita e di risurrezione. 

Crea in noi il silenzio per ascoltare la tua voce nella creazione e nella Scrittura, negli avvenimenti e nelle persone, soprattutto nei poveri e sofferenti. La tua Parola ci orienti, affinché anche noi, come i due discepoli di Emmaus, possiamo sperimentare la forza della tua risurrezione e testimoniare agli altri che Tu sei vivo in mezzo a noi come fonte di fraternità, di giustizia e di pace. Questo noi chiediamo a Te, Gesù, figlio di Maria, che ci hai rivelato il Padre e inviato lo Spirito. Amen. 

Lettura 

  1. a) Chiave di lettura:

Oggi, festa del Corpus Christi, la Chiesa ci pone dinanzi l’Ultima Cena, l’ultimo incontro di Gesù con i suoi discepoli. Fu un incontro teso, pieno di contraddizioni. Giuda aveva già deciso di tradire Gesù (Mc 14,10). Pietro lo ha negato già (Mc 14,30). Gesù lo sapeva. Ma non perdette la calma né il senso dell’amicizia. Al contrario, proprio durante quest’Ultima Cena istituì l’Eucaristia e realizzò il supremo gesto del suo amore per loro (Gv 13,1). 

I quattro versi che descrivono l’eucaristia (Mc 14,22-25) fanno parte di un contesto assai più ampio (Mc 14,1-31). I diversi eventi, narrati prima e dopo l’eucaristia, aiutano molto a capire meglio il significato del gesto di Gesù. Prima del gesto dell’eucaristia, Marco narra la decisione delle autorità di uccidere Gesù (Mc 1,1-2), il gesto di fedeltà della donna anonima che unge Gesù in vista della sua sepoltura (Mc 14,3-9), il patto del tradimento di Giuda (Mc 14,10-11), la preparazione della pasqua (Mc 14,12-16) e l’indicazione del traditore (Mc 14,17-21). Dopo quel gesto, segue l’avviso di fuga da parte di tutti (Mc 14,26-28) e l’annuncio della negazione di Pietro (Mc 14,29-31). 

La liturgia di questo giorno taglia un pezzettino del testo, pero mantiene l’essenziale della narrazione dell’istituzione dell’Eucaristia (Mc 14,12-16.22-26). Nel testo che trascriviamo conserviamo i versi 17-21 ed i versi 27-31, omessi nel testo della Messa. Nel commento potremmo limitarci al testo proposto dalla liturgia del giorno. Nel corso della lettura, pensiamo di stare con Gesù ed i discepoli nella sala, partecipando all’Ultima Cena, e cerchiamo di fissare la nostra attenzione in ciò che più ci colpisce e che tocca il nostro cuore. 

  1. b) Una divisione del testo per aiutarne la lettura:
  • Marco 14,12: I discepoli vogliono sapere dove celebrare la Pasqua
  • Marco 14,13-15: Gesù dà istruzioni su dove e come preparare la Pasqua
  • Marco 14,16: I discepoli fanno ciò che Gesù dice loro di fare
  • Marco 14,17-21: L’annuncio del tradimento di Giuda
  • Marco 14,22-24: Gesù dà un senso nuovo al pane ed al vino
  • Marco 14,25-26: Parole finali
  • Marco 14,27-31: L’annuncio della dispersione di tutti e della negazione di Pietro
  1. c) Il Testo dal Vangelo secondo Marco 14,12-16.22-26

12Il primo giorno degli Azzimi, quando si immolava la Pasqua, i suoi discepoli gli dissero: «Dove vuoi che andiamo a preparare perché tu possa mangiare la Pasqua?». 13Allora mandò due dei suoi discepoli dicendo loro: «Andate in città e vi verrà incontro un uomo con una brocca d’acqua; seguitelo 14e là dove entrerà dite al padrone di casa: Il Maestro dice: Dov’è la mia stanza, perché io vi possa mangiare la Pasqua con i miei discepoli? 15Egli vi mostrerà al piano superiore una grande sala con i tappeti, già pronta; là preparate per noi». 16I discepoli andarono e, entrati in città, trovarono come aveva detto loro e prepararono per la Pasqua. 17Venuta la sera, egli giunse con i Dodici. 18Ora, mentre erano a mensa e mangiavano, Gesù disse: «In verità vi dico, uno di voi, colui che mangia con me, mi tradirà». 19Allora cominciarono a rattristarsi e a dirgli uno dopo l’altro: «Sono forse io?». 20Ed egli disse loro: «Uno dei Dodici, colui che intinge con me nel piatto. 21Il Figlio dell’uomo se ne va, come sta scritto di lui, ma guai a quell’uomo dal quale il Figlio dell’uomo è tradito! Bene per quell’uomo se non fosse mai nato!». 22Mentre mangiavano prese il pane e, pronunziata la benedizione, lo spezzò e lo diede loro, dicendo: «Prendete, questo è il mio corpo». 23Poi prese il calice e rese grazie, lo diede loro e ne bevvero tutti. 24E disse: «Questo è il mio sangue, il sangue dell’alleanza versato per molti. 25In verità vi dico che io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio». 26E dopo aver cantato l’inno, uscirono verso il monte degli Ulivi. 27Gesù disse loro: «Tutti rimarrete scandalizzati, poiché sta scritto: Percuoterò il pastore e le pecore saranno disperse. 28Ma, dopo la mia risurrezione, vi precederò in Galilea». 29Allora Pietro gli disse: «Anche se tutti saranno scandalizzati, io non lo sarò». 30Gesù gli disse: «In verità ti dico: proprio tu oggi, in questa stessa notte, prima che il gallo canti due volte, mi rinnegherai tre volte». 31Ma egli, con grande insistenza, diceva:

«Se anche dovessi morire con te, non ti rinnegherò». Lo stesso dicevano anche tutti gli altri. 

 

Momento di silenzio orante 

perché la Parola di Dio possa entrare in noi ed illuminare la nostra vita. 

Alcune domande

per aiutarci nella meditazione e nella orazione

  • Qual è il punto di questo testo che ti ha colpito di più e purché?
  • Quali sono, uno per uno, i diversi eventi che il testo descrive?
  • Quale l’atteggiamento di Gesù davanti a Giuda che lo tradisce, e davanti a Pietro che lo nega? Cosa significa il gesto di Gesù che spezza il pane dicendo: “Prendete e mangiate! Questo è il mio corpo che sarà dato per voi!” Come aiuta questo testo a capire meglio l’Eucaristia? 
  • Guarda nello specchio del testo, entra nel tuo cuore e chiediti: “Sono come Pietro che negò? Sono come Giuda che tradì? Sono come i dodici che fuggirono? O sono come la donna anonima che rimase fedele (Mc 14,3-9)?”

Per coloro che desiderano approfondire il testo  a) Contesto: 

Siamo nella sala dell’Ultima Cena. Gli eventi di due giorni prima aumentarono le tensioni tra Gesù e le autorità. L’entrata solenne di Gesù a Gerusalemme (Mc 11,1-11), l’espulsione dei venditori dal tempio (Mc 11,12-26), le discussioni con i sacerdoti, gli scribi e gli anziani (Mc 11,27 a 12,12), con i farisei e gli erodiani (Mc 12,13-17), con i sadducei (Mc 12,18-27), con gli scribi (Mc 12,28-40), la riflessione sulle offerte dei ricchi e dei poveri (Mc 12,41-44), l’annuncio della distruzione del Tempio (Mc 13,1-3) ed il discorso del giudizio finale (Mc 13,4-37): tutto ciò fece crescere l’opposizione dei grandi contro Gesù. Da un lato la donna anonima, una discepola fedele, che accettava Gesù come Messia, e crocifisso (Mc 14,2-9). Dall’altro i discepoli, che non riuscivano a capire né tanto meno ad accettare la Croce, e che volevano fuggire, negare e tradire (Mc 14,17-21.27-31). Ed in mezzo a questo ambiente teso e minacciante, avviene il gesto d’amore di Gesù che si dona totalmente spezzando il pane per i suoi discepoli. Negli anni ’70, all’epoca di Marco, molti cristiani per paura, avevano rifiutato, negato o tradito la loro fede. Ed ora loro si chiedevano: “Noi abbiamo rotto il rapporto con Gesù. Non sarà che anche lui ruppe il rapporto con noi? Forse possiamo ritornare?” Non c’era una risposta chiara. Gesù non ha lasciato scritto nulla. E fu riflettendo sui fatti e ricordando l’amore di Gesù come i cristiani furono scoprendo la risposta. Come vedremo nel commento, Marco, nel modo di descrivere l’Ultima Cena, comunica la risposta che scopre a queste domande delle comunità. E cioè, l’accoglienza e l’amore di Gesù superano la sconfitta ed il fallimento dei discepoli. Il ritorno è possibile sempre!  b) Commento del testo: 

Marco 14,12-16: Preparazione della Cena Pasquale. 

In totale contrasto con la discepola anonima che unse Gesù, Giuda, uno dei dodici, decise di tradire Gesù e cospirò con i nemici che gli promisero denaro (Mc 14,10-12). Gesù sa che sarà tradito. Ma pur anche così, cerca di fraternizzare con i discepoli nell’ultima cena. Sicuramente avranno speso bastante denaro per poter affittare “quella sala grande, al piano superiore, con tappeti” (Mc 14,15). Poi, essendo la notte di pasqua, la città era super affollata di gente di passaggio. E quindi la popolazione triplicava. Era difficile trovare una sala per riunirsi. Nella notte di Pasqua, le famiglie venute da tutte le parti del paese, portavano il loro agnello per essere sacrificato nel tempio e, subito dopo, ogni famiglia nella celebrazione intima e ben familiare in casa, celebravano la Cena Pasquale e mangiavano l’agnello. La celebrazione della Cena pasquale era presieduta dal padre di famiglia. Per questo, Gesù, presiedeva la cerimonia e celebrava la pasqua insieme ai suoi discepoli, la sua nuova “famiglia” (cf. Mc 3,33-35). Quella “sala grande al piano superiore” rimase nella memoria dei primi cristiani come il luogo della prima eucaristia. E l¡ dove si riunirono dopo l’Ascensione del Signore di Gesù (At 1,13), e lì stavano riuniti quando scese lo Spirito Santo nel giorno di Pentecoste (At 2,1). Deve essere stato nella stessa sala dove si riunivano per pregare durante la persecuzione (At 4,23.31) e dove Pietro li incontrò dopo la sua liberazione (At 12,12). La memoria è concreta, legata a tempi e luoghi della vita.  Marco 14,22-26: L’Eucaristia: il gesto supremo d’amore. 

L’ultimo incontro di Gesù con i discepoli si svolge nell’ambiente solenne della tradizionale celebrazione di Pasqua. Il contrasto è molto grande. Da un lato, i discepoli, che si sentono insicuri, e non capiscono nulla di quanto succede. Dall’altro lato, Gesù, calmo e padrone della situazione, che presiede la cena e compie il gesto di spezzare il pane, invitando gli amici a prendere il suo corpo ed il suo sangue. Lui fa ciò per cui sempre pregò: dare la sua vita affinché i suoi amici potessero vivere. È questo il senso profondo dell’eucaristia: imparare da Gesù a distribuirsi, a darsi, senza paura delle forze che minacciano la vita. Perché la vita è più forte della morte. La fede nella risurrezione annulla il potere della morte. Terminata la cena, uscendo con i suoi amici verso l’Orto, Gesù annuncia che tutti l’abbandoneranno: Fuggiranno o si disperderanno! Ma già li avvisa: “Dopo la risurrezione, vi precederò in Galilea!” Loro rompono il rapporto con Gesù, ma non Gesù con loro! Lui continua ad aspettarli in Galilea, nello stesso luogo dove, tre anni prima, li aveva chiamati per la prima volta. Ossia, la certezza della presenza di Gesù nella vita del discepolo è più forte dell’abbandono e della fuga! Gesù continua a chiamare. Chiama sempre! Il ritorno è sempre possibile! È questo l’annuncio di Marco ai cristiani degli anni ’70 e per tutti noi. Per il suo modo di descrivere l’Eucaristia, Marco accentua ancor più il contrasto tra il gesto di Gesù e l’atteggiamento dei discepoli. Prima del gesto d’amore, parla del tradimento di Giuda (Mc 14,17-21) e, dopo il gesto di Gesù, parla dell’annuncio della negazione di Pietro e della fuga dei discepoli (Mc 14,26-31). In questo modo, pone l’accento sull’amore incondizionato di Gesù, che supera il tradimento, la negazione e la fuga degli amici. È la rivelazione dell’amore gratuito del Padre! Chi lo sperimenterà dirà: “Né potenze, né altezza, né profondità, ne alcun’altra creatura potrà mai separarci dall’amore di Dio, in Cristo Gesù, nostro Signore!” (Rm 8,39). 

  1. c) Ampliando le informazioni:
  • La celebrazione della Pasqua nel tempo di Gesù

La Pasqua era la festa principale dei giudei. In essa si commemorava la liberazione dall’Egitto, che si trova all’origine del popolo di Dio. Ma più che una semplice memoria dell’Esodo, la Pasqua era una porta che si apriva, di nuovo ogni anno, affinché tutte le generazioni potessero avere accesso a quella stessa azione liberatrice di Dio che, nel passato, aveva generato il popolo. Mediante la celebrazione della Pasqua, ogni generazione, ogni persona, attingeva dalla stessa fonte da cui avevano attinto i padri, nel passato, all’essere liberati dalla schiavitù d’Egitto. La celebrazione era come una rinascita annuale. Nel tempo di Gesù, la celebrazione della Pasqua era fatta in modo tale che i partecipanti potessero percorrere lo stesso cammino che fu percorso dal popolo, dopo la liberazione dall’Egitto. Affinché questo potesse avvenire, la celebrazione si svolgeva con molti simboli: erbe amare, agnello mal arrostito, pane senza fermentare, calice di vino, ed altro. Durante la celebrazione, il figlio minore doveva chiedere al padre: “Papà, perché questa notte è diversa dalle altre? Perché mangiamo erbe amare? Perché l’agnello è mal cotto? Perché il pane non è fermentato?” Ed il padre rispondeva, raccontando con libertà i fatti del passato: “Le erbe amare ci permettono di sperimentare la durezza e l’amarezza della schiavitù. L’agnello mal cotto evoca la rapidità dell’azione divina che libera il popolo. Il pane non fermentato indica il bisogno di rinnovamento e di conversione costanti. Ricorda anche la mancanza di tempo per preparare il tutto, essendo assai rapida l’azione divina”. Questo modo di celebrare la Pasqua, presieduta dal padre di famiglia, dava libertà e creatività al presidente nel modo di condurre la celebrazione. 

  • Eucaristia: La Pasqua celebrata da Gesù nell’Ultima Cena

Fu con l’intenzione di celebrare la Pasqua dei giudei che Gesù, alla vigilia della sua morte, si riunì con i suoi discepoli. Era il suo ultimo incontro con loro. Per questo, lo chiamiamo incontro dell’“Ultima Cena” (Mc 14, 22-26; Mt 26, 26-29; Lc 22,14-20). I molti aspetti della Pasqua dei giudei continuano ad essere validi per la celebrazione della Pasqua di Gesù e ne sono lo sfondo. Aiutano a capire tutta la portata dell’Eucaristia. Approfittando della libertà che il rituale gli dava, Gesù dette un nuovo significato ai simboli del pane e del vino. Nel distribuire il pane disse: “Prendete e mangiate, questo è il mio corpo dato per voi!” Nel distribuire il calice con il vino disse: “Prendete e bevete, questo è il mio sangue sparso per voi e per molti.” Ed infine, consapevole del fatto che si trattava dell’ultimo incontro, l’“ultima cena” Gesù disse: “Io non berrò più del frutto della vite fino al giorno in cui lo berrò nuovo nel regno di Dio” (Mc 14,25). In questo modo, lui univa la sua dedizione, simbolizzata nel pane spezzato e condiviso, all’utopia del Regno. Eucaristia vuol dire celebrare la memoria di Gesù che dà la sua vita per noi, affinché ci sia possibile di vivere in Dio ed avere accesso al Padre. Ecco il senso profondo dell’eucaristia: rendere presente in mezzo a noi, e sperimentare nella propria vita, l’esperienza di Gesù che si dona, morendo e risuscitando. 

  • La celebrazione dell’Eucaristia da parte dei primi cristiani

Non sempre i cristiani sono riusciti a mantenere questo ideale dell’Eucaristia. Negli anni ’50, Paolo critica la comunità di Corinto che, nel celebrare la cena del Signore faceva esattamente il contrario, poiché alcuni prendono prima il loro pasto, e così uno ha fame, l’altro è ubriaco (1 Cor 11,20-22). Celebrare l’eucaristia come memoriale di Gesù vuol dire assumere il progetto di Gesù. Vuol dire assimilare il progetto di Gesù. Vuol dire assimilare la sua vita condivisa, messa completamente al servizio della vita dei poveri. Al termine del primo secolo, il vangelo di Giovanni, invece di descrivere il rito dell’Eucaristia, descrive come Gesù si inginocchiava per compiere il servizio più comune di quel tempo: lavare i piedi. Al termine del servizio, Gesù non disse: “Fate questo in memoria di me” (come nell’istituzione dell’Eucaristia in Lc 22,19; 1Cor 11,24), ma disse: “Fate ciò che io ho fatto” (Gv 13,15). Invece di ordinare di ripetere il rito, il vangelo di Giovanni chiede atteggiamenti di vita che mantengano viva la memoria del dono senza limiti che Gesù fa di sé. I cristiani della comunità di Giovanni sentivano il bisogno di insistere più nel significato dell’Eucaristia come servizio che del rito in sé. 

  • Riassumendo

Dimenticare la ricchezza della pasqua dei giudei, quando si celebra un’Eucaristia, è come gettare a terra la parete dove è appeso il quadro. La ricchezza della celebrazione della Pasqua, così come veniva fatta nel Vecchio Testamento e nel tempo di Gesù, aiuta ad approfondire il senso dell’Eucaristia ed evita la routine che banalizza tutto. Riassumendo quanto visto, ecco alcuni aspetti che possono arricchire le nostre celebrazioni: 

  • Prendere coscienza dell’oppressione in cui viviamo ancora – masticare erbe amare
  • Ricordare la liberazione dall’oppressione – la risposta del padre alle domande del

figlio

  • Sperimentare la rapidità della forza liberatrice di Dio – carne mal cotta e pane senza fermentare
  • Celebrare l’alleanza, assumere di nuovo l’impegno – impegnarsi mangiando il pane che Gesù offre
  • Ringraziare per le meraviglie di Dio per noi – gesti di lode
  • Rianimare la fede, la speranza e l’amore – animazione reciproca
  • Ricordare quanto già fatto e ancora non fatto – ricordare ciò che Dio fece per noi
  • Ricreare in noi lo stesso dono che Gesù fece di sé – lavare i piedi
  • Vivere la passione, la morte e la risurrezione – del mistero permanente della vita
  • Compiere la comunione, generatrice di fraternità – gesti di pace e di aiuto

Pregare con un Salmo: Salmo 16 (15) 

Il Signore è mia parte di eredità  Proteggimi, o Dio: in te mi rifugio. 

Ho detto a Dio: «Sei tu il mio Signore, senza di te non ho alcun bene».  Per i santi, che sono sulla terra,  uomini nobili, è tutto il mio amore. 

Si affrettino altri a costruire idoli: 

io non spanderò le loro libazioni di sangue  né pronunzierò con le mie labbra i loro nomi. 

 

Il Signore è mia parte di eredità e mio calice:  nelle tue mani è la mia vita. 

Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi,  è magnifica la mia eredità. 

Benedico il Signore che mi ha dato consiglio;  anche di notte il mio cuore mi istruisce.  Io pongo sempre innanzi a me il Signore,  sta alla mia destra, non posso vacillare. 

 

Di questo gioisce il mio cuore, esulta la mia anima;  anche il mio corpo riposa al sicuro, 

perché non abbandonerai la mia vita nel sepolcro,  né lascerai che il tuo santo veda la corruzione.  Mi indicherai il sentiero della vita,  gioia piena nella tua presenza,  dolcezza senza fine alla tua destra. 

 

Orazione Finale 

Signore Gesù, ti ringraziamo per la tua Parola che ci ha fatto vedere meglio la volontà del Padre. 

Fa che il tuo Spirito illumini le nostre azioni e ci comunichi la forza per eseguire quello che la Tua Parola ci ha fatto vedere. 

Fa che noi, come Maria, tua Madre, possiamo non solo ascoltare ma anche praticare la Parola. Tu che vivi e regni con il Padre nell’unità dello Spirito Santo, nei secoli dei secoli. Amen.

 

 

 


 
 

 

Preghiera a San Michele Arcangelo, 
da recitarsi al termine della S. Messa

 

 

Il 13 ottobre 1884, al termine della celebrazione della S. Messa, Leone XIII udì una voce dal timbro gutturale e profondo che diceva: “Posso distruggere la tua Chiesa: per far questo ho bisogno di più tempo e di più potere” Il Papa udì anche una voce più aggraziata che domandava: “Quanto tempo? Quanto potere?”
La voce gutturale rispose: “Dai settantacinque ai cento anni e un più grande potere su coloro che si consegnano al mio servizio”; la voce gentile replicò: “Hai il tempo…” Profondamente turbato, Leone XIII dispose che una speciale preghiera, da lui stesso composta, venisse recitata al termine della S. Messa.

San Michele Arcangelo, difendici nella battaglia: sii tu nostro sostegno contro la perfidia e le insidie del diavolo.
Che Dio eserciti il suo dominio su di lui, te ne preghiamo supplichevoli.
E tu, o principe della milizia celeste, con la potenza divina,
ricaccia nell’Inferno satana e gli altri spiriti maligni i quali errano nel mondo per perdere le anime.
Amen.

 


 
Print Friendly, PDF & Email