Le Rivelazioni del Divino Amore – #9
Le Rivelazioni del Divino Amore LE SEDICI RIVELAZIONI
Nona Rivelazione
Allora il nostro buon Signore mi domandò: “Sei contenta che io abbia sofferto per te?”. Io dissi:
“Sì, buon Signore, e ti ringrazio moltissimo … “.
Allora disse Gesù:
“Se tu sei appagata, io sono contento.
L’aver sofferto la passione per te è per me una gioia,
una felicità, un gaudio eterno, e se potessi soffrire di più lo farei”.
In questo stato d’animo il mio spirito fu sollevato al
cielo e là io vidi tre cieli: a quella vista fui grandemente stupita e pensai: “Vedo tre cieli e tutti appartengono alla benedetta umanità di Cristo.
E nessuno è maggiore dell’altro, nessuno è minore,
nessuno è più alto, nessuno più basso, ma tutti sono
uguali quanto a gioia”.
Come primo cielo Cristo mi mostrò suo Padre … .
Non in un’immagine corporea, ma nelle sue proprietà e nel suo operare…
Questo vuol dire che vidi in Cristo ciò che il Padre è.
L’opera è questa: egli ricompensa suo Figlio Gesù cristo.
Questo dono e questa ricompensa, sono così gioiosi che il Padre non avrebbe potuto dargli una ricompensa che gli fosse più gradita. Perché il primo cielo, cioè il compiacimento del Padre mi mostrò come un cielo, ed era tutto pieno di beatitudine. Perché egli si compiace grandemente in tutto quello che Gesù ha fatto per la nostra salvezza; per il che noi non siamo suoi soltanto perché ci ha redenti, ma anche per il dono cortese di suo Padre.
Noi siamo la sua gioia, siamo la sua ricompensa, siamo la sua gloria, siamo la sua corona…
E che noi siamo la sua corona è una meraviglia singolare e una visione piena di gaudio…
Allora quello che vuol dire è questo:
“Perché mai non dovrei fare per amor tuo tutto quello che posso?
La morte non mi pesa, poiché io per tuo amore morirei tutte le volte che posso, non tenendo in conto le atroci sofferenze”.
E questo lo vidi come il secondo modo di contemplare la sua beata passione: l’amore che lo spinse a soffrirla supera tutti i suoi patimenti, come il cielo supera la terra. Perché il dolore fu un’impresa nobile, preziosa e gloriosa realizzata in una sola volta con la forza dell’amore. E l’amore era senza principio, è e sarà senza fine… E nel nome di questo amore egli disse con molta dolcezza queste parole: “Se potessi soffrire di più, soffrirei di più”.
Egli non disse: “Se fosse necessario soffrirei di più”, ma “Se io potessi soffrire di più”, perché anche se non fosse necessario ed egli potesse soffrire di più, egli lo farebbe. Questa opera della nostra salvezza fu ordinata da Dio secondo i suoi piani, e fu realizzata con tutta la dignità di cui Cristo era capace.
E qui io vidi una gioia piena in Cristo, perché la sua gioia non sarebbe stata piena se quanto fu fatto avesse potuto essere fatto in modo migliore.
E in queste tre parole:
“È una gioia, una felicità, un gaudio eterno per « furono mostrati i tre cieli, in questo modo: nella gioia intesi il compiacimento del Padre, nella felicità la gloria del Figlio, e nel gaudio eterno lo Spirito Santo.
Tutta la Trinità operò nella passione di Cristo, offrendoci abbondanza di virtù e pienezza di grazia mediante Lui.
Ma solo il figlio della Vergine soffrì, del che tutta la beata Trinità si rallegra eternamente.
Il Padre si compiace, il Figlio è glorificato, lo Spirito Santo gioisce.
E qui io vidi il terzo modo di contemplare la sua beata passione, vale a dire la gioia e la felicità che lo portano a trarre gaudio da essa.
Poiché il nostro cortese Signore mi mostrò la sua passione in cinque modi:
il primo è la testa che sanguina;
il secondo è lo scolorarsi del suo volto beato;
il terzo è l’abbondante sanguinare del corpo per le ferite della flagellazione;
il quarto è il suo progressivo e profondo essiccarsi
(questi quattro riguardano le sofferenze della passione)
e il quinto è quello che mi è appena stato mostrato sulla gioia e la beatitudine della passione.
Perché è volontà di Dio che abbiamo in lui un vero gaudio per la nostra salvezza, ed egli vuole che da questo venga a noi un potente conforto e una grande forza, e quindi vuole che la nostra anima sia gioiosamente occupata dalla sua grazia.
Perché noi siamo la sua gioia ed egli si compiace in noi eternamente, così come noi godremo in lui con la sua grazia.
… Ogni persona che dona con gioia presta poca attenzione alla cosa che dà, ma tutto il suo desiderio e il suo intento sono di far piacere e di recare sollievo a colui al quale dà il suo regalo.
E se colui che lo riceve, accoglie il dono con gioia e con riconoscenza, allora il gentile donatore non fa alcun conto di quello che ha speso e sofferto, per la gioia e la felicità che gli viene dal fatto di aver compiaciuto e confortato colui che Egli ama.
Tutto questo mi fu mostrato in modo assolutamente chiaro.