La  lotta contro il tempo

La  lotta contro il tempo

 

Messaggio di Medjugorje a Mirjana del 2 Maggio 2013 

 

 “Cari figli, vi invito nuovamente ad amare e non a giudicare. Mio Figlio, per volontà del Padre Celeste, è stato in mezzo a voi per mostrarvi la via della salvezza, per salvarvi e non per giudicarvi. Se volete seguire mio Figlio, non giudicherete ma amerete, come il Padre Celeste ama voi. Anche quando state più male, quando cadete sotto il peso della croce, non disperatevi, non giudicate, ma ricordate che siete amati e lodate il Padre Celeste per il suo amore. Figli miei, non deviate dalla strada per cui vi guido. Non correte verso la perdizione. La preghiera ed il digiuno vi rafforzino, affinché possiate vivere come il Padre Celeste vorrebbe; affinché siate i miei apostoli della fede e dell’amore; affinché la vostra vita benedica coloro che incontrate; affinché siate una cosa sola col Padre Celeste e con mio Figlio. Figli miei, questa è l’unica verità, la verità che porta alla vostra conversione e poi alla conversione di tutti coloro che incontrate e che non hanno conosciuto mio Figlio, di tutti coloro che non sanno cosa significa amare. Figli miei, mio Figlio vi ha donato i pastori: custoditeli, pregate per loro. Vi ringrazio!

 

 

 

O mio Signore, mio Dio, ho realizzato che mi oriento, che mi affido per come riesco. La mia vita a Te, come a ciò che è utile e conveniente seguire.  Devo avere una migliore conoscenza di Te. Tu hai detto: ”  [1]«Da tanto tempo sono con voi e tu non mi hai conosciuto, Filippo?”

Io guardo dalla finestra e penso di star vivendo nell’attesa, non naturale al mio cuore, di un evento ignoto che cancelli le attuali e passate posizioni, che renda incerte ed aleatorie tutte le supposizioni, tutti gli slanci del momento.

Che strano spartiacque quello che esiste trai vivi e i morti.

Io dico vorrei, vorrei… Forse vorrei che la Volontà di Dio fosse la mia! Sarebbe meglio che la mia fosse quella di Dio. Entrambe sono da scoprire: la mia è mutevole come le nubi, quella di Dio richiede impegno.

Da quel raggio che sale dalla storia, intuisco e intravedo, il flusso continuo che la vita conduce. Sapermi unire a quel flusso, questo è ciò che dovrei riuscire a fare. Non che non l’abbia cercato prima: Dio sa quanto l’ho bramato.

Le persone della tua vita, quelle che hanno un volto e un nome, non sono una particolarità contingente e nemmeno un emblema di una generalità indefinita. Quelle persone sono l’assoluto che Dio ha messo nella tua vita e come tali le devi considerare.

Penso a quando Ti incontrerò. Ora realizzo che il mio è umano desiderio che emerge dalle falle di una vita da ricostruire, così com’è la vita di ciascuno che nasce al mondo.

Infatti da tempo medito sull’innamoramento.

E mentre salirò al monte Sinai, penserò a quel che devo fare e chiedo al Signore che me ne educhi il cuore. Avrei potuto essere migliaia di altre persone, seguire altre strade, fare altre cose e solo perché c’è lo scoglio fermo del mio Dio, posso riuscire ad accettare quel che è, che è stato e che sarà.

Mi piace pensarti Gesù perché mi fai rivivere ciò che ho vissuto, in una nuova luce, riappropriandomi nel Tuo amore, di tutti quei momenti vissuti senza piena ragione. Tu dai vita al mio passato, al mio presente e al mio futuro. Voglio vedere, mio Signore, come verrai a visitarmi. Osserverò l’aprirsi di quella porta, di questa porta che è nell’anima mia, di come questo giorno evolva, simile alle nubi nel cielo.

Bisogna sostituire il seno di mamma, la voce ed il sorriso della maestra, l’alone trasparente della “donna mia”, il vento tiepido sul viso, la luna notturna tra le palme, la protezione dei dati.

Come vorrei amare le cose create, guardarle tutte con occhi familiari. Come vorrei amare ogni uomo, saperlo amare così com’è.

Sono qui, perso nella mia  casa, punto che svanisce allargando lo sguardo verso l’universo che si apre.  Sono qui ed aspetto un incontro, aspetto la novità.

E’ un gran dono la memoria ed un gran dolore, guardare l’alba che già cede al sole e poi di nuovo alla notte misteriosa, a chiudere una volta che si ruota.

Aspettavamo l’alba per l’ultimo giorno di nonna sul suo letto, aspettavamo uscendo nella notte a respirare il nostro raccontare. E’ un gran dono la memoria, per un cugino andato, cresciuto e mai più rivisto.

Il mio pensiero corre, come allora, a quelle formiche a cui nessuno pensa, quel rimanere fisso sulle cose concrete e non dare troppa importanza a ciò che vuol essere centro ed invece fa più male.

Se lo sguardo fosse sempre quello incosciente di un futuro illimitato, allora sarebbe più ludico e salottiero, esplorare le umane risorse, prendere posizioni poi da lasciare, crescere ciclicamente come le mode. Invece tutto questo va fatto nel provvisorio, nel vacuo, nell’incertezza di una vita da vivere senza garanzie di buon funzionamento, secondo i nostri criteri e parametri.

Quando gocciola il cielo e piove di quel modo che pare il modo giusto, si allinea il tempo al cuore e ricompaiono le immagini: il lampione chiaro nella notte, quei fili brillanti che tracciano l’aria e quel suono delle [2]“sette pietre” che danno sostanza a quelle lacrime spontanee.

Se mi guardo dentro, al centro di me stesso…

Perché son qui? Cosa sto facendo? Cosa sto aspettando?

Se vuoi vivere l’attimo, devi pensarlo come generato dall’eternità, come indipendente da qualsiasi relativismo e anche da determinismi non per forza presenti, per contrarietà. Devi viverlo come se la sua realtà presenta quel che è percepibile ai nostri sensi.

Tengo duro, non mollo e vivo, rivivo l’esistenza, come un luogo multidimensionale: fisicamente e spiritualmente. Nelle manidi Dio è il frutto della memoria.

Cos’è che rende un cuore misericordioso? Certo io penso a quel che è la mia vita ma quel che mi amareggia un po’ è l’essere concentrato innanzitutto sull’aspetto esistenziale. Come se il vivere le cose del cuore, in modo naturalmente esplicito, fosse un lusso che “le cose della vita” non ti permettono di fare o è necessario esser partecipi di un modello di santità.

E’ normale sentirsi come una candela che si accorcia: i fatti dicono questo, è a pelle, razionale.

Oh! Quei tramonti in arrivo che richiamavano a casa. Finivano i voli fuori dal nido inconsistente.

Avrebbe qualche giustificazione, seppur blanda, lasciarsi andare a qualche malumore sgarbato verso gli altri, se fosse vero che non siamo sotto l’occhio del Maestro, se non fosse tutto significante quel che facciamo ma fosse un vivere lasciato alle angherie del tempo e del caso. C’è Dio dietro la nostra vita e il significato è molto più alto di quando seguivi quegli ideali parziali, non bastanti alla fame d’amore del tuo cuore.

Col peccato abbiamo scelto, ci siamo procurati questa condizione, questo percorso. Questo, così com’è e senza che ne conoscessimo i dettagli, salvo l’allontanarci da Dio. Ora, se questa è la via che dobbiamo percorrere ed essendo tutto nelle mani di Dio, debbo pensare che quel che passiamo è pensato da Lui per noi. Quindi, per i principi di causa-effetto e per quello dei contrari, se analizzo le cose che vivo, in questo modo comprendo cosa Dio vuole da me, da noi.

Sono altre le strade da percorrere, direi anzi la strada maestra. Lo dice bene Gesù quando parla della porta stretta. [3]Bisogna incamminarsi senza esitazione, con lo stesso spirito di quando piccolo entravo nel bosco, col cuore aperto a qualcosa di grande.

Nelle piaghe di Gesù poniamo gli avvenimenti della nostra vita, quelli belli e quelli brutti, quelli felici di cui vogliamo perpetuare la vita, quelli dolorosi del peccato e della sofferenza, di cui vorremmo avere la purificazione.[4]

Lo sguardo sugli altri. Chi è venuto prima, chi è ancora sotto il nostro sguardo e chi è nella memoria o nell’ignoto alla nostra conoscenza.

Io confido nel dialogo continuo, anche dopo questa parentesi terrena, l’unica che conosco e a cui sto attaccato come un naufrago al suo scoglio.

Questo devo confessarti Gesù, perché solo a Te, solo in Te posso trovare e devo, lo spazio, il luogo del cuore dove esprimere quel che sento dentro me.

Durante la visione di una festa in un villaggio marocchino:

in quelle piccole cose, in quel villaggio raccolto intorno ai bisogni del corpo e dell’anima, emerge il sentirsi al posto giusto, adagiato nel cuore di Dio.

Che strani percorsi quelli del pensiero. Ora son liberi e pur timorosi, si introducono in buie selve, si inerpicano per tragitti impervi.

E’ realtà ciò che è nel nostro cuore: quel che vi transita e quel che vi rimane.

Cosa mi ha donato lo Spirito Santo? Quel qualcosa che è mio e che devo far fruttare?

Chi mi parla e mi consola, lo fa dall’eternità.

Lei, Maria…

Tutto può sembrare perder significato se ti allontani dal tuo centro e ti perdi nelle innumerevoli circostanze che si accavallano nel piano dell’esistenza. Riassume però significato, pur nella nostra condizione di orizzonti limitati, se consideri tutto alla luce di Dio.

Quand’ero più giovane mi sentivo uno sconosciuto ora che sono maturo mi sento uno che non conta nulla uno schivato, come se dopo i quarant’anni non contasse più: quella fu la mia crisi e ne cerco le soluzioni reali, come se cercassi una soluzione qui sulla terra al vivere e non so se è possibile.

Dio provvederà: la cosa che più desidero è vincere il tempo.

Dovrei ancora lavorare?

Tutto è andato come Dio voleva, mi manca solo che siamo non immortali e quindi con tempo limitato: un giorno lo saremo. Io voglio vivere come si deve vivere il passato, finora è stato vissuto nell’ansia, con passo circospetto ma il ritorno alla Casa del Padre ci renderà immortali.

Sento la necessità di far pace con tutto vorrei che il senso andasse oltre le apparenze che la gioia superasse la paura e che sia più forte di noi non può essere il timore il sentimento più alto quello che prevale.

Oggi pomeriggio, un momento di gioia, improvvisa, che non sentivo da tempo, e questo pensiero in cui Dio mi dice: “Figlio mio, tu puoi creare degli automi che, malgrado qualche imperfezione, faranno quel che tu ti aspetti da loro: esecuzione di comandi prestabiliti. Io non faccio così, Io creo esseri liberi, di cui, anche se conosco ogni piccola particella, non posso poi pensare per loro, sarei ancora Io e non loro: Io sono in attesa del loro cuore.”

Io sto sempre a meditare e parlo con Lui, sempre, ma non è sforzo, è come respirare, non mi toglie la vita presente: è insieme.

In ogni cosa vedo degli spunti: è tutta cosa Sua;

così la penso e vedo.

Devo dimenticare chi sono per il mondo: quella è l’immagine di uno specchio distorto, riflessa da altre immagini riflesse, deturpata da luci artificiali, da polvere e sporco depositati. Devo far riferimento a quel che sono per Dio: solo in Lui posso conoscermi e sapere chi sono.

Prima non ero qui, non ero quasi mai in questi posti: io vivevo staccato dalla quotidianità; questa mi era zavorra all’anima intera. Poi le vicende mi fecero aggrappare alle cose personali che mi sfuggivano. Un continuo attingere alla memoria, perfino la collettiva veniva inglobata nella individuale. Si potrebbe pensare ad un esercizio forzato di nostalgia ma in realtà così non è. Forse sì un certo amareggiamento per non saper comprendere il perché di tutte queste morti continue. Tutto confluiva nelle risposte che sappiamo darci e che ci hanno insegnato ma il viverle è altra cosa. Il motivo principale che col tempo s’è andato affinando, è il sostare in angoli del tempo, come all’angolo sotto casa, per vedere passare le notizie amiche. Lì in attesa che la luce cada sulla scena nell’esatto momento stabilito e mostri il suo volto, il suo messaggio, la sua melodia.

[1]      Gv 14, 6-14  

[2]      “Seven Stones”, canzone dei Genesis dall’album “The nursery crime” Ed. Charisma 1971

[3]      Lc 13, 22-30

[4]      L. Piccarreta: Orologio delle 24 ore

 

Dai miei scritti,

Remo Rosati

6 Luglio 2023

 

 

L’autore Remo Rosati rivendica i diritti sui testi riportati nel sito a sua firma

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